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La concezione del tempo nell'opera di Nietzsche: l'eterno ritorno dell'uguale, Appunti di Filosofia

Filosofia della StoriaFilosofia di BergsonFilosofia del tempoFilosofia di RicoeurFilosofia di Nietzsche

Nel documento viene esplorata la concezione del tempo secondo Nietzsche, con particolare riferimento all'eterno ritorno dell'uguale. Nietzsche critica la concezione cristiana lineare del tempo, caratterizzata da origine e fine, e propone una concezione ciclica, tipicamente pagana, che permette alla volontà di riappropriarsi del passato. Vengono inoltre discusse le implicazioni di questa concezione per la morale e la filosofia di Bergson e Ricoeur.

Cosa imparerai

  • Come influiscono le idee di Bergson e Ricoeur sulla concezione di tempo di Nietzsche?
  • Come la concezione di tempo di Nietzsche influisca sulla morale?
  • Che concezione del tempo critica Nietzsche nella sua opera?
  • Che concezione di tempo propone Nietzsche in opposizione alla concezione cristiana?
  • Perché Nietzsche critica la concezione cristiana del tempo?

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 19/01/2022

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Scarica La concezione del tempo nell'opera di Nietzsche: l'eterno ritorno dell'uguale e più Appunti in PDF di Filosofia solo su Docsity! Prima tematica del pensiero di NIETZSCHE La dottrina dell’eterno ritorno dell’uguale L’eterno ritorno dell’uguale ci dice la concezione di nietzsche del tempo che è CICLICA. Per capire il perché l’autore esprima questa concezione ciclica del tempo come eterno ritorno dell'uguale bisogna capire la concezione che lui critica: CONTRAPPONE LA CONCEZIONE DEL TEMPO A QUELLA CRISTIANA: nella concezione cristiana del tempo, il tempo è lineare,ciò significa ha un’origine ed una fine ha un alfa e un omega nascita e morte Per tanto è un tempo che scorre sempre in una direzione In questa concezione lineare del tempo vi è un difetto: è una concezione dell’irreversibilità del tempo Ciò che è passato non potrà più tornare, è immodificabile ed è qualcosa che in qualche modo grava su noi senza che noi possiamo farci nulla. Il nemico della concezione di nietzsche del tempo è questo irrevocabilità del passato: L’immaginare il passato come una porzione di tempo sulla quale la volontà non può nulla. E’ inaccettabile il fatto che il tempo passato in quanto immodificabile e irrevocabile sia immune alla volontà di potenza. Di conseguenza il passato si trasforma per l’uomo in un peso e in una colpa secondo nietzsche perché rappresenta la concezione cristiana per la quale il passato che grava su tutti gli uomi è l’atto iniziale del peccato originale. Una colpa originaria che non abbiamo commesso noi che appartiene ad un passato remoto,che appartiene alla storia dell’umanità che continua a gravare sulle nostre spalle,costituisce un fardello per le nostre decisioni presenti. Questa cosa è inaccettabile per Nietzsche ed è ciò a cui lui si contrappone. Contro questa concezione lineare del tempo in cui il passato grava, egli propone una concezione ciclica, tipicamente pagana Questa è una concezione circolare per cui il tempo non va da un punto iniziale a uno finale in una sola direzione, ma ritorna ciclicamente. Il tempo è un anello che torna eternamente. Per capire ciò si prendono in considerazione due brani tratti dallo Zarathustra: Il primo è sulla redenzione, perché quello che gli interessa è redimere il passato, ovvero fare in modo che la volontà si possa riappropriare del passato, ciò che non è possibile nella descrizione cristiana del tempo. L’oggi e il passato sulla terra – ah, amici miei – questo è per me il massimo di ciò che non posso sopportare; e non saprei vivere, se non avessi anche la visione di ciò che necessariamente verrà. Uno che vede e vuole e crea, egli stesso un futuro e un ponte verso il futuro tutto ciò è Zarathustra. Siccome Zarathustra è l’immagine dell’uomo che transita, è teso verso il futuro… Quindi la concezione abituale cristiana del tempo ci priva della tensione verso il futuro. Lui invece si propone di riappropriarsi con la volontà di questo futuro. E il senso di tutto il mio operare è che io immagini come un poeta e ricomponga in uno ciò che è frammento ed enigma e orrida casualità. E come potrei sopportare di essere uomo, se l’uomo non fosse anche poeta e solutore di enigmi e redentore della casualità! Essere poeta per l’uomo della volontà di potenza significa che ciò che noi riteniamo essere frutto della casualità deve seguire un ordine ben necessario (quello del tempo CICLICO) Redimere coloro che sono passati e trasformare ogni ‘così fu’ in un ‘così volli che fosse!’ – solo questo può essere per me redenzione! Questa è la frase chiave nella concezione dell’eterno ritorno dell’uguale: IL TRAFORMARE IL COSì FU IN COSì VOLLI CHE FOSSE il così fu è il passato come un qualcosa che mi è accaduto, un fatto rispetto al quale non posso fare nulla. Trasformarlo in un così volli che fosse significa redimere il passato, la volontà si riappropria del passato, sono io ad aver deciso quel fatto, non è un fardello che mi porto sulle spalle. Questo è proprio contro concezione cristiana del rimorso e del rimpianto. L’ idea dell’ irrevocabilità di decisioni prese in passato che hanno modificato la nostra vita. Tutto questo va a deprimere la nostra volontà di vivere,la nostra volontà di potenza dobbiamo liberarci dei rimorsi e del rimpianti Per fare questo: Bisogna riappropriarsi della visione ciclica del tempo. ‘Così fu’ – così si chiama il digrignar di denti della volontà e la sua mestizia più solitaria. Impotente contro ciò che è già fatto, la volontà sa male assistere allo spettacolo del passato. La volontà non riesce a volere a ritroso; non potere infrangere il tempo e la voracità del tempo, – questa è per la volontà la sua mestizia più solitaria. […] E poiché in colui che vuole è la sofferenza di non poter volere a ritroso, – così il volere stesso e la vita in tutto e per tutto dovrebbero essere – punizione! Prima di tutto genealogie della morale è il titolo di una delle sue opere. Genealogia significa che una serie di valori etici li consideriamo assoluti e atemporali, non bisogna uccidere le persone. Riteniamo che sia un valore inscritto nella natura umana è astorica. Di questi i valori morali bisogna fare una genealogia,vedere come storicamente ci sono stati inculcati in testa. Ancora una volta vi è questo riferimento polemico contro il cristianesimo come versione religiosa della filosofia greca,del pensiero di socrate e platone. Non a caso definisce il cristianesmo un platonismo per il popolo. Secondo lui non ha fatto altro che tradurre in termini più volgari ciò che il platonismo era per i filosofi. L’idea di unire il concetto di verità con il concetto di bene e di libertà. SCOPRIRE IL MODO IN CUI CI SONO STATI INCUlcati i valori etici In questo frammento si nota come lui ribalti la concezione della responsabilità. Nietzsche va contro la dialettica e contro il pensiero di hegel. Qui demolisce l’idea che ci sia un rapporto tra libertà e responsabilità, demolisce il valore cristiano della responsabilità che chiameremmo compassione. Davvero, io cercai di aiutare in un modo o nell’altro i sofferenti: ma mi è sempre sembrato di far cosa migliore, quando imparavo a meglio gioire. Da quando vi sono uomini, l’uomo ha gioito troppo poco: solo questo, fratelli, è il nostro peccato originale! Imparare a meglio gioire è per noi il modo migliore di disimparare a far male agli altri e ad escogitare cose che fanno male. Per questo io mi lavo la mano che ha aiutato il sofferente, per questo mi lavo anche l’anima. Perché: di aver visto il sofferente, di questo io mi sono vergognato a cagione della sua vergogna; e, nell’aiutarlo, ho offeso duramente il suo orgoglio. Contro la morale cristiana che ci dice di aiutare il prossimo, di amare il prossimo… Nietzsche dice non bisogna amare il prossimo ognuno deve amare se stesso fondamentalmente. La compassione non ha niente di positivo se è un pensare che l’altro sia debole e che abbia bisogno del mio aiuto. Ciascuno non deve avere bisogno dell’aiuto degli altri, il modo migliore per aiutare gli altri è gioire per noi stessi, ciascuno dovrebbe gioire per se stesso e quindi bisogna lavarsi le mani piratescamente, bisogna lavarsi l’anima dal senso di colpa nei confronti degli altri : che è l’emblema per lui della morale cristiana ovvero la morale del gregge. Qual è l’accusa nei confronti della morale cristiana come morale del gregge degli schiavi? Secondo lui il cristianesimo ci ha indotti a pensare che il debole, il misero, l’umile è tale per colpa di chi invece forte. Quindi in qualche modo i deboli sono legittimati a comandare sui forti perché laddove non arrivano con le loro forze fisiche, con loro forza bruta, arriva però questo senso di colpa che inculcano all’altro. Guai a coloro che amano, se non hanno un elevatezza che sia superiore alla loro compassione! Questo è il significato di questa contrapposizione rispetto alla compassione pura e semplice: bisogna accompagnare la generosità con un amore innanzitutto per se stessi: l’elevatezza L'essere virtuosi significa credere nella propria volontà di potenza. Una morale dei dominatori(contro la morale degli schiavi) è estranea al gusto dei contemporanei e per essi spiacevole nel rigore del suo principio, che si hanno doveri unicamente verso i propri simili; che nei riguardi degli individui di rango inferiore e di tutti gli estranei sia lecito agire a proprio arbitrio o “come vuole il cuore” e comunque “al di là del bene e del male”. Fratelli miei, come un fresco vento impetuoso, giunge Zarathustra a tutti coloro che sono stanchi del cammino; e molti nasi ancora egli farà starnutire! Il mio libero alito penetra attraverso tutte le mura, fino a giungere dentro le carceri e gli spiriti incarcerati! La volontà libera: perché volere è creare: così insegno io. E solo per creare voi dovete imparare! Nietzsche dice quale significato ha per lui la libertà. La libertà è crearsi da sé la propria libertà,quindi è esattamente il sentirsi libero da qualsiasi vincolo morale, ivi compresa la responsabilità,la compassione verso gli altri. E’ questa la libertà,la volontà libera. Quindi la libertà coincide con la volontà di potenza, è completamente svincolata dal senso di responsabilità: si è liberi nella misura in cui io mi creo la mia propria libertà come la volontà di potenza agisce? trasformando il così fu in così volli che fosse: ciò che è stato è stato un prodotto della mia decisione. la libertà di Nietzsche coincide con la necessità. La libertà è desiderare le cose per quello che esattamente sono, amare la realtà per come è già: questa è la fedeltà alla terra. Voi creatori, uomini superiori! Si è gravidi solo per il proprio figlio(lasciamo solo per la nostra progenie,il proprio figlio è la figura che contrappone al prossimo nel crstianesimo) Non lasciatevi menare per il naso, non lasciatevi convincere! Chi è mai il vostro prossimo? E se anche agite ‘per il prossimo’, – pure non create nulla per lui! Disimparatemi questo ‘per’, creatori: proprio la vostra virtù vuole che voi non facciate alcuna cosa con ‘per’ e ‘a causa’ e ‘perché’. Tappatevi l’orecchio a queste false parolette. ‘Per il prossimo’ è solo la virtù della piccola gente: in mezzo ad essa si dice ‘uguale e uguale’ e ‘una mano lava l’altra’: – essi non hanno né il diritto né la forza al vostro egoismo! (qui parla male dei cristiani, per loro siamo tutti uguali,c’è un livellamento di tutti) Nel vostro egoismo, o creatori, è la previdenza e la provvidenza della donna gravida! Ciò che mai alcuno vide con gli occhi, il frutto – è ciò che il vostro amore intero protegge, e tiene di conto e nutre. Questo frutto è lo stesso egoismo,l'amare se stessi e i proprio figlio,ciò che ci appartiene, non l’altro Là dove è tutto il vostro amore, presso il vostro figlio, là è anche la vostra intera virtù! La vostra opera, la vostra volontà è il vostro ‘prossimo’: non lasciatevi indurre a riconoscere falsi valori! Contro la morale cristiana che ci invita ad amare gli altri, dobbiamo amare noi stessi,è un invito all’egoismo virtuoso, solo amando noi stessi ci liberiamo dal ricatto morale per cui io sono felice nella visione cristiana solo quando amo gli altri. Dobbiamo godere il nostro sacro egoismo. Questo è anche il passaggio che si compia per nietzsche dal nichilismo attivo da quello passivo. Il nichilismo passivo è il decadimento di ogni valore,che è implicito alla storia stessa del cristianesimo, il cristianesimo conduce alla sua stessa fine,porta alla dissoluzione dei valori. il fine di tutti valori lo dobbiamo accogliere con gioia (nichilismo gaio) nichilismo attivo: cioè l’assenza di ogni valore è la più alta morale, non deve esserci nessun valore morale se non il nutrimento del proprio sacro egoismo, cioè non devo essere vittima della fine dei valori ( nichilismo passivo)ma devo gioire devo goderne appieno (nichilismo attivo) BERGSON Il tempo non è più né una costante metafisica né puramente un oggetto di misurazione scientifica. La vera novità della concezione filosofia del tempo di inizio 900 è che si comincia a pensare il tempo come un qualcosa di cui fa esperienza un io. Una coscienza, una soggettività come vive il tempo? il tempo quindi non è un oggetto di studio,ma è ciò che costituisce la mia esperienza di singolo. Si pensa al tempo come componente fondamentale della vita. DIFFERENZA CON KANT Ricoeur dice che questo modo nuovo di concepire il tempo, o meglio APORIA FENOMENOLOGICA DEL TEMPO* Nello stesso problema ci ha messo le mani la letteratura di inizio 900 che, ascoltando il discorso filosofico della fenomenologia, secondo Ricoeur, ha interpretato lo stesso problema (l’aporia) utilizzando uno strumento che la filosofia non ha ovvero la finzione. Virginia Woolf e Thomas Mann, ad esempio, riescono a utilizzare i personaggi di finzione per rappresentare in modo diverso il tempo storico, cioè per mostrare come delle coscienze potessero vivere il tempo in un modo diverso da quello normale. SCHOPENHAUER schopenhauer considera Kant il pensatore decisivo dell’età moderna. L’elemento che Schopenhauer ama nel kantismo, fino a farne il punto di partenza della propria dottrina, è la distinzione tra fenomeno e noumeno. Kant considerava il fenomeno l’oggetto dell’esperienza sensibile e il noumeno/la cosa in sé, inconoscibile dall’intelletto umano. Schopenhauer estremizza questa distinzione facendone un vero e proprio dualismo gnoseologico e ontologico. Da una parte vi sono i fenomeni, che sono considerati come semplici apparenze, come volti superficiali delle cose, dall’altra c’è il noumeno considerato come quella dimensione sostanziale delle cose medesime, che sfugge alla conoscenza intellettuale. Partendo da questa visione dualistica, il mondo e l’intera realtà è “rappresentazione e volontà”: i fenomeni sono l’apparenza, l’illusione, cioè il mondo della rappresentazione, dominato dal principio di causalità. La vera realtà noumenica è invece, celata da un “velo di Maya”, è il mondo come volontà. La volontà per Schopenhauer è una forza irrazionale non rappresentabile ed irriducibile alla considerazione logico-scientifica, ed agisce nella natura, e nell’uomo, determinando una universale condizione di affanno e schiavitù nella lotta per l’esistenza. L’uomo può liberarsi da questa schiavitù , soltanto annullando la propria volontà di vivere. Schopenhauer parla di “nolonta” a cui l’uomo può aspirare, ovvero rinuncia alla propria individualità ed esigenze . Sono tre le strade che l’uomo può scegliere di perseguire come vie di liberazione: ● la contemplazione artistica ● la moralità, specialmente la compassione ● l’ascesi Schopenhauer usa il termine volontà non nel senso di intenzione cosciente, volere razionale, ma, al contrario, nel senso di impulso, energia, forza irrazionale, che non è diretto al conseguimento di qualche scopo razionalmente determinato; è inconscia, sottratta allo spazio ed al tempo, eterna ed infinita, senza causa e priva di scopo. La volontà non obbedisce né alla ragione, né alla morale, perciò la volontà di vivere, è una forza cieca, un desiderio, che si mostra in forme diverse finoo al culmine dell’uomo, quando cioè giunge alla piena consapevolezza di se stessa. La visione di Schopenhauer è fondamentalmente pessimista: se la volontà è per tutti gli uomini, un continuo desiderio,un'insaziabile ricerca, da questa incessante ricerca, non può che derivare uno stato di continuo bisogno, una condizione di vuoto, che si manifesta come sofferenza e dolore. Anche se l’uomo arriva ad appagare un suo desiderio, si tratterà sempre di un piacere momentaneo, perché altri e sempre nuovi desideri si faranno sentire. L’appagamento dice Schopenhauer è come l’elemosina che “gettata al mendicante, prolunga oggi la sua vita per continuare domani il suo tormento”. L’uomo non ha vie d’uscita, “la sua vita oscilla come un pendolo, di qua e di là tra il dolore e la noia” perché la vita è “ una faticosa “battaglia per l’esistenza con la sola certezza della sconfitta finale”. Il tempo è un fluire inesorabilmente, e nel trascorrere consuma le cose. La vita è ” una morte rinviata, e dove la morte deve vincere “. Nonostante la sua visione pessimistica della realtà, Schopenhauer esclude il suicidio, perché esso non è una via di liberazione perché l’uomo che si uccide nega la vita e non la volontà. ARTHUR SCHOPENHAUER: IL MONDO COME VOLONTÀ’ E RAPPRESENTAZIONE Schopenhauer parte dalla considerazione che: “il mondo è una mia rappresentazione”. Che il mondo sia una nostra rappresentazione, che nessuno di noi possa uscire da se stesso e vedere le cose per quello che sono, che tutto ciò di cui si ha conoscenza certa si trovi dentro alla nostra coscienza, è la verità della filosofia moderna da Cartesio a Barkley, ed è una verità antica. Il mondo è rappresentazione e la rappresentazione ha due metà essenziali, necessarie e inseparabili che sono l’oggetto e il soggetto. Il soggetto della rappresentazione è ciò che tutto conosce senza essere conosciuto da alcuno. L’oggetto della rappresentazione, ciò che è conosciuto, è condizionato dalle forme a priori dello spazio e del tempo: ogni cosa esiste nello spazio e nel tempo. Il soggetto, invece, è fuori dello spazio e del tempo. Il soggetto e l’oggetto sono inseparabili: ciascuna delle due metà non ha senso né esistenza se non per mezzo dell’altra e in ordine all’altra, ovvero ciascuna esiste con l’altra e con essa si dilegua. Da ciò segue che il Materialismo è in errore perché nega il soggetto riducendolo a materia e l’Idealismo è parimenti sbagliato perché nega l’oggetto riducendolo al soggetto. Per Schopenhauer non può in alcun modo darsi un’esistenza assoluta e in se stessa obiettiva; essa è impensabile. Tutto ciò che è obiettivo ha sempre ed essenzialmente la sua esistenza nella coscienza di un soggetto ed è quindi condizionato dal soggetto e dalle sue forme rappresentative. In altri termini il mondo, che viene considerato come la realtà in sé è invece un insieme di rappresentazioni condizionate dalle forme a priori della coscienza che, per Schopenhauer, sono: il tempo, lo spazio e la causalità. IL MONDO Il mondo, dunque, è una mia rappresentazione ordinata dalle categorie dello spazio, del tempo e della causalità. L’intelletto ordina e sistema, attraverso la teoria della causalità, i dati delle intuizioni spazio-temporali, e coglie così i nessi tra gli oggetti. Ma l’intelletto non ci porta oltre il mondo sensibile. Il mondo come rappresentazione è, pertanto, fenomeno e per questo non è possibile una reale e netta distinzione tra il sogno e la veglia: il sogno ha soltanto meno continuità e coerenza della veglia. Il mondo come rappresentazione non è la cosa in sé, è fenomeno. Ma Schopenhauer non parla, al pari di Kant, del fenomeno come di una rappresentazione che non concerne e non può cogliere il noumeno, cioè la cosa in sé. Mentre per Kant il fenomeno è l’unica realtà conoscibile, per Schopenhauer, il fenomeno è l’illusione, l’apparenza che copre il volto delle cose (“il velo di Maya” come chiamano la conoscenza del mondo nella religione indiana – Maia è la potenza magica di cui si servono gli Dei per assumere aspetti illusori) e che vela la realtà delle cose nella loro essenza primigenia ed autentica. Ebbene, questa essenza della realtà, il noumeno che per Kant resta inconoscibile, può, ad avviso di Schopenhauer, venire raggiunta. Egli paragona la via che conduce all’essenza della realtà ad una sorta di passaggio sotterraneo che porta proprio all’interno di quella fortezza che era impossibile espugnare dal di fuori. Difatti, l’uomo è, sì, rappresentazione e fenomeno, ma non è soltanto questo, giacché esso è anche soggetto conoscente. Per di più l’uomo è anche corpo. Al soggetto conoscente il corpo è dato in due maniere del tutto diverse: 1. certo noi possiamo guardare e parlare del nostro corpo come di un qualsiasi altro oggetto, ed in questo caso esso è fenomeno. 2. Ma è attraverso il nostro corpo che noi sentiamo di vivere, che noi sentiamo l’intima essenza del proprio fenomeno che non è altro che la sua volontà. E questa volontà non rientra nel modo di conoscenza in cui soggetto ed oggetto si contrappongono l’un l’altro, ma ci si presenta per una via immediata, come geniale intuizione nell’intimità del proprio io, come qualcosa di immediatamente conosciuto da ciascuno. L’essenza del nostro essere è, dunque, volontà; l’immersione nel profondo di noi stessi ci fa scoprire che noi siamo volontà. Ma simultaneamente questa immersione squarcia “il velo di Maya”, nel senso che, la coscienza e il sentimento del nostro corpo come volontà ci portano a riconoscere che tutta l’universalità dei fenomeni, pur così diversi nelle loro manifestazioni, ha una sola identica essenza, che prende il nome di volontà. E chi avrà compreso questo vedrà volontà nella forza che fa crescere e vegetare la pianta, in quella che dà forma al cristallo, nella gravità ecc. È Questa la riflessione che rende possibile oltrepassare il fenomeno e pervenire alla cosa in sé. I fenomeni sono molteplici, la volontà è invece unica. Ed è cieca, libera, senza scopo ed irrazionale.
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