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Il positivismo tra Francia e Inghilterra, Appunti di Filosofia

Caratteristiche generali del positivismo e John Stuart mill

Tipologia: Appunti

2018/2019

In vendita dal 16/02/2022

daniela-romanelli
daniela-romanelli 🇮🇹

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Scarica Il positivismo tra Francia e Inghilterra e più Appunti in PDF di Filosofia solo su Docsity! IL POSITIVISMO EUROPEO LE CARATTERISTICHE GENERALI Diffusione della cultura positivista prende avvio negli anni 30/40 dell'800, assume dimensioni europee fra il 1840 e 1860, divenendo poi Nella seconda metà dell'800 la cultura dominante. Il primo positivismo nasce in Francia nel 1830 ( positivismo sociale): è stato vviato il passaggio dal romanticismo al positivismo, che è l'ideologia della borghesia liberale Europea, classe dominante da metà secolo in poi. Il marxismo della seconda metà dell'800 è l'ideologia, invece, del proletario. Queste due ideologie si diffondono nello stesso arco di tempo. La diffusione del positivismo avviene, infatti, nella fase del” Trionfo della borghesia” (Hobsbawn). In Francia negli anni 1830-1840 c'è il passaggio dalla cultura romantica a quella positivistica: l'intellettuale positivista si pone in maniera contrapposta a quello romantico; L'opposizione è fra poesia e scienza, fra il poeta romantico e lo scienziato, l'ingegner, il tecnico. I caratteri generali del positivismo sono contrapposte a quelli della tradizione culturale romantica: Il positivismo nasce da matrici culturali che risalgono al illuminismo, alla tradizione culturale empirico kantiana. A partire da Kant, infatti, avevano preso forma le diverse correnti filosofiche: l'idealismo romantico di Hegel, a Kant contrapposto, a cui si associa poi Marx. Fuori dalla Germania Non c'è solo l'idealismo hegeliano, ma un tradizione di pensiero che interpreta Kant in modo diverso, in chiave empiristica e Psicologistica. Le matrici del positivismo vanno Cercate in Francia e d'Inghilterra in una tradizione di pensiero empiristico criticistica, che rimanda ed empirismo ed illuminismo. E’ questa l'interpretazione psicologica del pensiero kantiano. c'è dunque un legame tra positivismo e illuminismo, basato sull'empirismo, cioè una conoscenza dei fatti osservati in maniera empiristica. C’è lo studio dei dati positivi, di che è osservabile. Il termine positivismo si riferisce all'oggetto della conoscenza, “ i fatti positivi”, ciò che è positivamente osservabile. Il positivismo della seconda metà dell'800 ha le sue matrici nell'illuminismo; l'ideologia della borghesia rivoluzionaria, il positivismo è l'ideologia della borghesia dominante. Nell'illuminismo c'è la fiducia nelle capacità della ragione umana, a cui è affidato una funzione emancipativa, per da ogni tipo di oppressione ( uscire dallo stato di minorità) Se I romantici si affidavano a poesia e musica, il positivismo torna alla ragione scientifica (0 Kant), che ha una funzione emancipativa da ogni forma di oppressione. E’ questo il periodo del mito della scienza, promotore dello sviluppo del ?: c'è una fiducia totale nelle capacità della scienza di risolvere tutti i problemi dell'umanità ( legame scienza progresso) l'Illuminismo kantiano era una forma di criticismo: Kant aveva ricostruito le fondamenta di validità del sapere scientifico, demolite precedentemente da Hume, delineando però i limiti della ragione umana e della Scienza: la scienza è l'unica forma di sapere valido, Ma è un sapere valido solo fino a quando si mantiene entro l'orizzonte fenomenico. Se si oltrepassa il limite dell'esperienza, si arriva ad una conoscenza falsa ( critica alla metafisica). I positivisti invece pensavano che la scienza avesse la possibilità di spiegare e conoscere tutto: viene assolutizzato. si perde così la dimensione critica tipica di Kant. Si passa dalla fiducia nella scienza al mito della scienza. Altra differenza fondamentale è che se per Kant , la ragione ha una doppia dimensione ● Regione legata all’esperienza e alla conoscenza ● Ragione che critica l’agire umano Per il positivismo c’è una netta separazione fra scienza ed agire umano, “fra fatti e valori” (max Webber). I fatti sono il sapere scientifico, la ragione (scienze positive), i valori sono normative, fanno parte della dimensione ideale (la norma è un modello, non un fatto, le idee valori di Platone) La ragione scientifica non si può occupare dei valori, che hanno a che fare solo con la dimensione dell’agire umano e della prassi. L’agire umano non è guidato dalla ragione, ma dalle scelte irrazionali o pre-logiche che l’uomo fa. Per Kant “la legge morale viene dalla ragione “, per i positivisti l’agire umano è guidato dalle scelte per razionali. Da qui il nichilismo della ragione scientifica, che rinuncia a guidare l’agire umano: la fiducia assoluta nella ragione scientifica non consente all’uomo di scegliere la scienza come guida del proprio agire; ( paradosso= la scienza non valuta, non aiuta a scegliere tra i principi di valori, la “scienza è avalutativa” (max Webber)) I valori non sono oggetto della scienza, non sono fatti osservabili. La ragione scientifica del positivismo non guida l’agire umano; per il positivismo l’unica forma razionale di conoscenza è la scienza, contrapposto a ciò che non è scienza. Il termine positivismo viene da positivo, positivi sono infatti i dati positivamente osservabili. La scienza si occupa di ciò che è empiricamente osservabili, è un sapere concreto, pratico utile rigoroso; ad esso si contrappone la filosofia metafisica: essa è astratta, non riguarda i fatti, è inutile, priva di precisione e rigore. Il positivismo ha a che fare con la scienza come sapere utile, concreto ed efficace. Positivismo e romanticismo rappresentano due forme di sapere diverse: uno legata ai fatti, l’altro vago, astratto ed inutile. L’intellettuale positivista si contrappone al poeta romantico. Tra positivismo e romanticismo ci sono, però, sottili analogie. Una consiste nel fatto che come nel romanticismo c’è l’assolutizzazione dell’arte, veicolo privilegiato per conoscere l’essenza della realtà, nel positivismo c’è la stessa assolutizzazione relativa alla scienza: l’unica vera forma di conoscenza, La scienza positiva. Il positivismo è così un romanticismo della scienza; ci sono varie analogie con il romanticismo stesso per quanto riguarda la concezione del tempo e della storia, lineare, cumulativa è progressista; l’analogia sta nel fatto che la realtà è storia, e se Hegel , idealista, pone come soggetto della storia lo spirito, Comte pone come soggetto della storia umanità in generale. Nel positivismo evoluzionistico inglese alla legge della dialettica hegeliana, chiave interpretativa della realtà, sostituisce il principio dell’evoluzione: la realtà è dinamica, movimento non spiegato tramite la dialettica ma attraverso l’evoluzione della specie di Darwin, spiegazione del divenire e del cambiamento della realtà. Su queste basi possiamo trovare una somiglianza fra concezione del mondo positivista e concezione del mondo romantico. Il Positivismo è formato da vari positivismi: nella cultura europea ci sono vari positivismo nazionali; in più ci sono due fasi del positivismo. La prima si sviluppa dal positivismo sociale francese con rappresentanti Saint-Simon e Comte e John Stuart Mill. Nella seconda metà dell’ottocento (positivismo egemone in Europa) c’è il positivismo, Che si ispira all’evoluzione della specie di Darwin. Rappresentante dal punto di vista filosofico è Spencer. Negli ultimi decenni dell’ottocento c’è la crisi del positivismo, parallela alla crisi del liberalismo europeo. Vengono messi in discussione i due miti della scienza del progresso: autore di ciò Nietzsche, unito a Freud e Bergson. Sul piano scientifico invece c’è la crisi della fisica e della meccanica classica e delle geometrie euclidee: nascono sia la meccanica Per Locke i principi della conoscenza hanno determinate caratteristiche perché la nostra mente ha determinate caratteristiche: se la mente umana muta, devono mutare i principi della nostra conoscenza. (Principio di identità e non contraddizione non ha valore assoluto, non è verità in sé, è l’atto soggettivo di pensare che genera gli oggetti della conoscenza. ) L’impostazione del problema della validità del sapere ha connotazioni sia empiristica che antidogmatica: non ci sono principi assoluti validi per se stessi. Tutta la filosofia ottocentesca e in parte novecentesca è un commento del pensiero di Kant: da un lato c’è l’idealismo (Hegel Marx) dall’altra l’empirismo che si afferma in Francia e si sviluppa in Inghilterra col positivismo inglese. L’idealismo contesta il pensiero kantiano poiché pensa che la critica della metafisica di Kant sia sbagliata: è possibile un sapere assoluto, una conoscenza totale della realtà metempirica, cioè che vada oltre i singoli dati empirici, per Kant la dialettica era confutazione, per Hegel può darci un sapere totale della realtà, e ciò allontana la filosofia della scienza ( scienze filosofiche di Hegel). In Inghilterra invece c’è la derivazione empiristica: tutta la nostra conoscenza deve basarsi sull’esperienza dei singoli dati empirici; ciò si sofferma sul particolare specifico ( =/= Hegel conoscenza totale) che si può osservare empiristicamente: ciò implica l’importanza data dal positivismo alle scienze fisiche, perché sono scienze empirico sperimentale si basano su singoli dati empirici. L’empirismo partiva dal presupposto fondamentale da cui era partito Kant: l’imperialismo è la base per la conoscenza. Mill vuole chiarire i fondamenti della validità del sapere; vuole dare scientificità all’uomo, trasferire il modello scientifico del meccanismo all’ambito sociale dell’uomo, creando le scienze sociali e domani. Lo stesso Mill, però, Si rende conto che non è possibile trasportare il metodo di indagine scientifica delle leggi causali della natura all’uomo come essere sociale.Il metodo scientifico non è valido per il mondo umano. Mill esamina Le forme di ragionamento e di inferenza. Partendo dal punto di vista di Hume, viene attribuito un assoluto privilegio a ragionamento induttivo: se il positivismo sancisce la conoscenza dei fatti osservabili, è chiaro che l’inferenza induttiva sì alla base della conoscenza. Mill assegna un primato All’induttivismo ma dice che inferenza deduttiva è una forma camuffata dell’induttivismo, non esiste il deduttivismo; il ragionamento va Dal particolare al particolare attraverso il generale, da una proposizione particolare ad un particolare passando per l’enunciato generale. Mette in discussione l’esistenza di un enunciato universale, a priori, non derivate dall’esperienza. Il ragionamento deduttivo partiva da principi che derivano dall’esperienza e dalla generalizzazione empirica. Mette in discussione questi principi. Per il positivismo il ragionamento non può che basarsi dunque nel particolare empirico. Ciò sembra portare Mill adesco rodere il ragionamento analitico deduttivo che implica il ricorso alle ipotesi. Il ragionamento deduttivo è basato su premessa maggiore, premessa minore e particolare particolare . Meal dice che la premessa universale non è che è un riepilogo della generalizzazione empirica: le conclusioni vengono da una precedente generalizzazione Empirica. Parla poi dell’induttivismo (premessa particolare ed osservatIva, seconda premessa particolare e poi conclusione generale: l’inferenza deriva da una generalizzazione empirica) la generalizzazione empirica è diversa dalla premessa universale del ragionamento deduttivo perché essa non è una premessa universalmente valida, vera. Per Mill dunque esiste un solo tipo di ragionamento: si va sempre dal particolare al particolare, ogni enunciato universale non è frutto della generalizzazione empirica. Emerge però il problema della validità della generalizzazione empirica: Se arrivano ad una conclusione attraverso i dati empirici, come è possibile avere la certezza che questa conclusione sia valida. Il problema della validità della generalizzazione empirica aveva portato Hume allo scetticismo scientifico ma soprattutto ad un versante Psicologico: sono abitudine e credenze che ci portano a credere che da A abbiamo B. La validità è data solo dalle nostre abitudini e dalla necessità di credere nelle conclusioni che otteniamo. È una nostra necessità, ma non c’è un fondamento ontologico che si ? Mill scegliere un’altra strada (diversa da quella pre logico è psicologica di Hume), dicendo che la validità della generalizzazione empirica si basa su un principio universale di regolarità ed uniformità presente nel farsi dei fenomeni naturali. Hume aveva declassato questo principio a credenza (scetticismo scientifico). È grazie a questo principio che la generalizzazione empirica porta una considerazione generale valida: È l’uniformità della natura garantire la validità (portandosi dietro il principio di causalità necessaria) quando Mill ritiene di poter dare validità alla generalizzazione empirica, egli subisce l’obiezione che il principio dell’uniformità della natura non è un principio, è frutto di una precedente generalizzazione empirica, e ciò provocherebbe un circolo vizioso. Mill replica dicendo che questo principio di uniformità e frutto di una generalizzazione empirica; però la generalizzazione empirica che ci permette di formulare questo principio è speciale, deriva da altre: 1. generalizzazione per semplice enumerazione 2. generalizzazione per enumerazione completa. La prima osserva è l’osservazione di un numero limitato di cose e dati empirici, la seconda è l’osservazione di tutti casi, di tutti gli enti (fisica celeste di aristotele). Per Mill, acquisito che non è possibile le numerazione completa, il principio generale di uniformità della natura è il risultato di un numero di osservazioni talmente ampio da essere assimilato alle numerazione completa. Perciò esso può essere il principio per tutte le altre generalizzazioni empiriche, basate tutte sulla semplice e numerazione. Mill dunque spiega come non si cada nel rischio di parlare di un presupposto a priori, e ci dice che c’è un principio di grande certezza e validità che possa rendere valido il sapere empirico. LE SCIENZE SOCIALI Nel sesto libro del sistema di logica, Mill affronta la questione del metodo delle scienze sociali spostandosi su un ambito umano così da creare una scienza sociale, Basata sull’uomo. Il metodo scientifico è applicato all’uomo: Mill dà alle scienze filosofiche uno statuto scientifico, dando loro un metodo della scienza moderna. La coscienza non può che riguardare il particolare empirico. E, quando Mill cerca di trasportare il metodo scientifico induttivo hanno un mito sociale ed umano si accorge che è impossibile: paradossalmente dopo aver sostenuto che il metodo induttivo è l’unico valido, esso non è applicabile al mondo umano, ma va usato quello ipotetico deduttivo. Egli qui riprende Comte E il suo positivismo sociale: egli aveva dato Scarso rilievo al problema del metodo (non esiste logica scienza) e aveva sostenuto l’importanza della componente ipotetica deduttiva. Mill, cercando di dare statuto scientifico alle scienze umane, mette a fuoco gli ostacoli Che trova nella sua strada: 1. È difficile prevedere per Mill il comportamento va umano, perché non è regolare. La regolarità era un attributo alla natura dato della scienza moderna, per Mill nel mondo umano non c’è. 2. I comportamenti umani sono liberi, non soggettivati alla necessarietà naturale. Per la natura vale il principio di causalità necessaria: in natura non c’è libertà ma necessità (determinismo naturale, Cartesio e Kant) per Kant il mondo della natura e il mondo della necessità, mentre quello umano e il mondo della libertà. Mill dice che il modello valido della scienza Galileiana-cartesiana non va applicata all’uomo. Constatando, che l’uomo è libero, Mill ci dice che ciò è vero se consideriamo le cose da un punto di vista metafisico, il linea di principio. E, mentre sul piano empirico, di fatto, è possibile trovare delle regolarità nelle azioni umane: io sono libero per principio, ma di fatto agisco tendenzialmente sempre allo stesso modo. Mill poi dice che il mondo umano è molto complesso, la realtà umana è l’oggetto di indagine più complessa: mentre in natura possiamo osservare ad una spiegazione razionale dei fenomeni naturali riconducendo l’effetto alle cause, nel mondo umano c’è un elevatissima complessità di fattori che danno vita ad un fenomeno. Mill dice poiché l’uomo può riprodurre artificialmente la natura, Per via sperimentale un fenomeno naturale, mentre non possiamo riprodurre sperimentalmente i comportamenti umani di cui abbiamo fatto esperienza. Perciò va seguito un metodo deduttivo concreto e storico: Mill afferma che per determinare un fenomeno umano e sociale va ricercata una molteplicità di fattori in gioco; si ipotizza che alcuni fattori siano in gioco nella determinazione di un fenomeno. Va fatta una Forma di verifica, essendo nel metodo deduttivo geometrico e cartesiano. Per Mill va verificata l’ipotesi, ma non sperimentalmente (anche se poi lascerà la sua psicologia sperimentale che si basa sull’esperimento) ma storicamente: è necessario indagare nel passato, i momenti del passato in cui sono presente le condizioni che sono all’origine del darsi di un fenomeno attuale: note le stesse condizioni attuali nel passato, verifica se nel passato si sono verificati gli stessi fenomeni che accadono adesso. Mill dà così uno statuto scientifico alle scienze umane, pur trattando una scientificità diversa. RIFLESSIONE ETICO-POLITICA La riflessione etico-politica è presente in “ on liberty” ed “utilitarismo”. Essa è influenzata dalla tradizione politica liberale inglese di Locke e dalle riflessioni di Tocqueville (sui rischi e sui difetti della democrazia in America) altra influenza fondamentale è quello dell’utiIitarismo inglese di Bentham. L'utilitarismo dI Mill è una riforma in senso altruistico dell’utilitarismo di Bentelan. Vi è poi la traduzione del positivismo sociale francese di San Simone e di Comte, legato ai socialisti Ricardiani. I San Simonisti e i socialisti Ricardiani hanno una visione critica della società moderna capitalistica, muovendo una critica al principio del libero mercato, evidenziandone i limiti e i risvolti negativi, criticando il principio della proprietà privata. Influenza di ciò è sia nell’”utilitarismo” che nei “principi della proprietà privata” UTILITARISMO ETICO Mill rielabora la dottrina utilitaristica che risale a Bentham, fondatore dell’utilitarismo inglese, dottrina etico politica. La dottrina dell’utilitarismo si basa su alcuni principi fondamentali che derivano dal pensiero di Adam Smith, di Hume, dei sentimentalisti e di Cesare Beccaria. Sia in Bentham che in mill ci sono principi fondamentali, ● l’utilitarismo è una forma di edonismo etico, il bene si identifica con l’utile e con il piacere. L'edonismo etico si contrappone all’etica kantiana in cui virtù e felicità si contrappongono (etica deontologica del dovere). Il massimo bene si identifica con il piacere, l’utile si identifica con il bene. ● L’ etica dell’utilitarismo è consequenzialistica: valuta l’agire umano in base alle conseguenze che ciò produce. L’etica kantiana è invece etica dell’intenzione: l’uomo è buono se è buona l’intenzione che lo ha spinto ad agire. ● Aggregazionismo: un’azione è più o meno buona se essa ha prodotto benefici per un numero elevato di persone: se sommo gli effetti delle mie azioni su più persone, vedo quanto una mia azione (politica) sia stata utile, cioè benefica, per gli altri. etica pubblica e moralità privata: in un ambito privato, se non danneggia gli altri membri della società, posso agire come voglio. La libertà è la libertà dell’individuo, che è libertà negativa ed è diritto all’autonomia personale. Negli stati costituzionali e nella democrazia moderna liberale, secondo Mill e Tocqueville, la democrazia implica rischi e pericoli. Nelle società democratiche prende forma una inedita forma di autorità e di dominio che Mill definisce “dittatura della maggioranza”: l’individuo si deve difendere dal potere che la maggioranza (il numero) ha nei confronti dell’individuo: va difesa l’autonomia individuale. Non ci si limita più degli eccessi del potere del monarca assoluto , ma del potere della maggioranza, che si presenta sotto forma di dittatura. Nelle società democratiche so crea una dinamica per la quale le diverse opinioni tendono ad uniformarsi; c’è una tendenza al conformismo e al livellamento e all’unanimità, che rappresenta una minaccia per l’autonomia dell’individuo. La maggioranza esercita una pressione perché l’individuo si uniformi, si adegui alla maggioranza, all’opinione pubblica. Perciò Mill rivendica il valore della diversità: la salute della democrazia sta nella presenza più ampia possibile di di defense di opinioni; se c’è unanimità o tendenza all’unanimità la democrazia è a rischio. Secondo lo stesso ragionamento, grande importanza hanno le minoranze, e dunque il dissenso e il conflitto democratico , cioè il conflitto tra posizioni diverse. L’αρετή guerriera è trasferita nell’agone pubblico, conflitto con le parole. Per Mill la democrazia dovrebbe garantire un miglioramento nelle condizioni di vita; la democrazia è la via per estendere istruzione e conoscenza, limitando l'ignoranza. Il parlamento è come un’αγορά in cui ci si confronta, la democrazia politica ha grande valore perché il pensiero critico si forma solo in questo modo, col confronto. Non vi è possibilità di creare un pensiero critico se non attraverso il confronto L, il dibattito politico. C’è dunque un rimando alla democrazia diretta, la democrazia greca, che è un antidoto al conformismo e all’unanimità della democrazia, alla “dittatura democratica della maggioranza”. Vi è dunque una sorta di carenza di individualità. LA “LIBERTÀ DI” Per Mill l’autonomia dell’individuo implica che ogni indici debba avere la possibilità di far valere le proprie idee e la propria posizione all’interno della comunità. Dalla varietà di opinioni viene il conflitto dialettico e quindi lo spirito critico. Mill qui però non parla di libertà dell’individuo-atomi , ma del l’individuo collocato nella società politica; è una libertà positiva, è “libertà di”, vi è il passaggio dalla libertà liberale a quella democratica, dal l’individuo al cittadino. C’è una visione della libertà intesa come libertà democratica; il modello politico É quello dell’agorà della πολις, della democrazia diretta greca; la democrazia non consiste nella dittatura della maggioranza ma nelle libertà dei cittadini di volere la propria opinione. Mill però comprende che questo ideale democratico non è realizzabile nella società moderna e complessa. Dunque: LE CONSIDERAZIONI SUL GOVERNO RAPPRESENTATIVO Cioè , sulla democrazia rappresentativa. Preso atto del rischio della degenerazione della democrazia in dittatura della maggioranza, Mill comprende che la democrazia rappresentativa è l’unica realmente realizzabile ( =/= da Marx: democrazia rappresentativa come sistema astratto e formale) . Mill sostiene il suffragio universale (che arriverà in Europa nel XX secolo) e il principio della proporzionalità a: il sistema elettorale deve essere proporzionale ( =/= maggIoritario presente in Inghilterra all’epoca di Mill) Il sistema proporzionale indica in parlamento l’opzione di tutti; il sistema maggioritario individua un solo vincitore (no spazio alle minoranze). Per Mill suffragio universale e il proporzionale hanno dei rischi ● Democrazia=dittatura della maggioranza: se c’è una classe sociale più numerosa essa avrà la maggioranza e governerà (critica di Platone alla democrazia come degenerazione) sostenendo i propri interessi, c’è il rischio della “dittatura di classe”, nella società di Mill la classe dei lavoratori ● L'incompetenza: il suffragio universale e il sistema proporzionale premiano le classi sociali più numerose, dei lavoratori, che all’epoca erano incompetenti (non avevano la “conoscenza filosofica”). Mill individua gli antidoti a questi limiti: il voto multipli, il voto di ciascun cittadino non vale alla stessa maniera, il voto di un uomo della classe più alta vale quanto più voti dei più umili. Mill accantono questo sistema e disse che se ci sono uomini preparati, candidati in un determinato collegio elettorale, essi possono essere votati da elettori che appartengono ad altri collegi elettorali. Per Mill il grado di competenza è legato al ruolo sociale: il mi? non può governare; questa è una contraddizione: Mill è stato accusato di essere un elitista, perché legittima il diritto a governare ad un’élite , perché legittima il diritto a governare ad un’elite ( =/= tutti partecipano alla vita politica). Questo elitarismo fa assomigliare la posizione di Mill a quella di Platone, che assegna “all’elite del sapere ” dei filosofi il compito di governare. Ciò è strettamente legato al problema della competenza di chi governa; per qualcuno Mill è un elitista spurio: a differenza di Platone che differenzi i governanti (filosofi) dai governati (la terza asse che obbedisce), Mill parla della libertà eguale di tutti i cittadini di partecipare alla vita politica: l’importanza che Mill dà alla partecipazione di tutti i cittadini al processo di formazione della volontà comune, impedisce che Mill sia considerato un elista puro. In questo secondo scritto ci sono le considerazioni di Mill sulla democrazia parlamentare, in cui il governo risponde al Parlamento. Mill si pone il problema della competenza di chi fa parte del parlamento è dice che chi si siede in parlamento non ha le capacità per scrivere le leggi, che devono essere chiare e facili da attuare. Mill concepisce una “commissione legislativa” che abbia il compito di codificare, di redimere le leggi come espressione della volontà pubblica, del Parlamento ( un’agorá in cui ogni deputato ha il diritto di far valere la propria opinione e partecipare al processo di individuazione della volontà comune) il parlamento è espressione del popolo sovrano, della volontà comune che viene redatta da questa commissione di esperti. Torna il parlamento della competenza: il parlamento eletto a suffragio universale rischia di non avere le capacità di redimere leggi chiare e facili da attuare. Mill concepisce il parlamento come bicamerale: ● Camera del popolo (bassa) ● Camera degli ? Di stato In Inghilterra solo la la camera dei comuni è elettiva. Per mill la camera bassa deve essere eletta a suffragio universale, con il rischio dell’incompetenza. La camera alta non deve essere elettiva, ma di essa fanno parte di diritto tutti coloro che hanno ricoperto egregiamente importanti cariche pubbliche. La camera alta è , dunque, chiamata a correggere l’operato della camera bassa, non c’è un bicameralismo perfetto, perché le due camere si formano in maniera diversa e hanno funzioni diverse. Per Mill fondamentale è il “problema del numero” e della dittatura della maggioranza” IL RAPPORTO TRA PARTECIPAZIONE E INCOMPETENZA, IL PRINCIPIO DELLA GOVERNABILITÀ Per Mill nel suo sistema istituzionale c’è la questione del rapporto fra partecipazione (libertà dei cittadini di partecipare alla vita pubblica) e competenza, che esclude dalla partecipazione attiva un parte consistente dei cittadini. Non si possono però, contrapporre partecipazione e competenza. Mill parla di 2 competenze ● Competenza liberativa, assegnata a tutti. Tutti i cittadini sono considerati capaci di partecipare alla vita pubblica, di dialogare per far emergere una volontà comune. È questa l’αρετή politica (mito di Prometeo di protagora) ● Competenza tecnica che non è di tutti, non tutti i cittadini hanno la possibilità di legiferare LA DITTATURA DELLA MAGGIORANZA E IL PRINCIPIO DELLA GOVERNABILITÀ Per Mill la maggioranza cerca di tramutarsi nella dittatura della maggioranza, sia parlamentare che opinione pubblica. Per Mill c’è il diritto delle minoranze di partecipare alla discussione del parlamento. In parlamento vanno espresse tutte le opinione, anche della più piccola minoranza. Quando è il momento di decidere è lecito, però, che decida la maggioranza, ma solo dopo il processo liberativo. Si governa dunque col principio della maggioranza: la maggioranza ha il diritto di decidere, di governare.
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