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Analisi del fenomeno delle celebrità ridicole su YouTube in Italia - Prof. Brilli, Sintesi del corso di Cultural Studies

Il fenomeno della celebrità ridicola su youtube italia, attraverso la ricerca di personaggi ridicoli che hanno ottenuto notorietà guidata dal ridicolo. L'analisi utilizza come caso di studio i personaggi ridicoli di youtube italia che hanno almeno un video con più di 100.000 visualizzazioni su youtube a maggio 2014. Le fasi attraversate dal fenomeno dei personaggi ridicoli su youtube italia, le categorie dei commenti ai personaggi, le modalità di editing dei remix parodici e le operazioni comuni come la caricatura del personaggio tramite l'imitazione e la trasformazione in canzoni.

Tipologia: Sintesi del corso

2022/2023

Caricato il 28/03/2024

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alida-bruno 🇮🇹

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Scarica Analisi del fenomeno delle celebrità ridicole su YouTube in Italia - Prof. Brilli e più Sintesi del corso in PDF di Cultural Studies solo su Docsity! YOUTUBE FREAK SHOW CAPITOLO 1 - LA STAR E LO ZIMBELLO: LA DERISIONE FRA RITI E MEDIA 1.1 SIGNIFICATI SOCIALI DELLA DERISIONE: DALL’ESPULSIONE ALLA CENTRALITA’ Esiste un carattere della celebrità che l’avvicina alla figura dello zimbello. Questa sottile dimensione si può osservare già nel confronto dell’etimologia dello zimbello con quella della star. Il nome “zimbello” deriva dal latino cymbellum, che si usava per chiamare a raccolta le persone. Un passaggio fondamentale è quello da cymbellum a cembel, termine che si riferisce a un piccolo uccello tenuto legato per una zampa ma lasciato libero di svolazzare, impiegato dai cacciatori come esca per attirare e catturare i suoi simili. L’accezione di esca e soggetto che lusinga e attira l’attenzione costituisce un uso minoritario ma comunque presente del termine “zimbello”. Divo deriva dal latino divus, che significa divino o pertinente agli dèi, e a sua volta proviene da dyvias, usato per indicare il divino ma anche lo splendore delle stelle. Per quanto dissimili, le figure della stella e dell’esca animale suggeriscono una comune topologia: un punto fisso che coordina e attira il gruppo sulla base della sua separazione. Entrambe sono centrali e insieme esteriori rispetto al gruppo. Un primo punto di contatto tra fama e derisione è il loro comune statuto di fenomeni collettivi. L’intuizione di Bergson esposta nel suo saggio “Il riso” del 1900, per cui uno dei caratteri fondamentali del riso è la necessità che qualcuno gli faccia eco, ha trovato numerose conferme. Dallo studio di migliaia di conversazioni, lo psicologo Robert Provine ha rilevato ad esempio la tendenza a ridere davanti allo stesso stimolo il 30% delle volte in più quando si è in compagnia piuttosto che da soli. La risata serve a segnalare un situazione di bassa tensione o scarso pericolo. Nelle analisi condotte da Provine, infatti, meno del 20% delle risate era preceduta da espressioni intenzionalmente divertenti, mentre nella maggior parte dei casi servivano a marcare un contesto amichevole e rilassato. Ciò su cui ci interessa concentrarci è però quanto la risata si manifesta nella forma della derisione, ossia quando è diretta a un bersaglio che condivide alcuni caratteri essenziali con il soggetto che deride. Anche quando ridiamo di un animale leggiamo ad esempio nelle loro sembianze un viso buffo o nei loro movimenti azioni impacciate che comprendiamo nel nostro repertorio motorio. Se la vicinanza è una condizione necessaria alla derisione, altrettanto necessario è il suo allontanamento. La derisione può rivelarsi uno strumento capace di designare le norme e i margini del gruppo attraverso la definizione dei suoi outsider. Sul gruppo che deride entra in azione il ruolo socio-positivo della risata, la quale: - Alza il morale del gruppo; - Aumenta il consenso interno verso valori condivisi; - Accorcia la distanza sociale tra i membri; - Fornisce riferimenti e un linguaggio comune che rimarca l’appartenenza al gruppo. Sul soggetto di cui si ride si riversa invece la componente socio-negativa del riso, per cui il bersaglio viene svilito, umiliato e posto in una condizione di inferiorità. La polarità fra riso socio-positivo e socio-negativo si colloca in una lunga linea genealogica del pensiero occidentale che ha rimarcato il potere esiliante della risata. A Hobbes in particolare viene associata l’origine della superiority theory, alla quale sono ricondotte quelle posizioni che vedono nella risata una demarcazione fra superiorità e inferiorità. In Hobbes troviamo la versione più estrema di tale concezione, per cui il riso scaturisce sempre da un sentimento di predominio e disprezzo diretto altre altrui manchevolezze, quale conseguenza inevitabile della nostra natura individualistica e competitiva. Una versione della teoria della superiorità sopravvive nel lavoro dello psicologo Charles Gruner, che assimila l’esperienza della risata a un senso di affermazione sopra i difetti dell’altro. Anche in quelle situazioni che descriviamo come divertimento innocuo e bonario, sostiene Gruner, è comunque in atto, per quanto in forma astratta, tale distinzione tra vincitori e vinti. La teoria del comico di Susan Purdie descrive una conformazione simile, ma traslando tale lotta sul piano del linguaggio. Purdie sostiene come l’atto comico rappresenti un’azione di padronanza del discorso, dove si forma un legame fra narratore e uditori che pone il bersaglio nella posizione di essere privato della “discursive potency”. Le analisi di Bergson e Sartre evidenziano come la risata si associ a un’interruzione dell’empatia. Il terzo fondamentale punto avanzato da Bergson sul riso è la momentanea insensibilità che lo accompagna. La risata libera temporaneamente il soggetto dall’usuale pressione sociale che impone un’apertura al sentimento altrui. Per Bergson ridiamo di fronte al palesarsi nell’umano di una “inelasticità meccanica” dove invece ci aspetteremmo di trovare una flessibilità tipica del vivente. La risata comporta una sanzione di tale maladattamento. Nell’umorismo si mette quindi in rilievo una mancanza di elasticità dovuta dal contrasto fra ostinazione e incoscienza dell’ambiente circostante, sia questo ambiente fisico (la risata verso l’andamento ostinato che inciampa perché non vede un ostacolo), sia questo ambiente sociale (il bersaglio ridicolo perché si ostina a mantenere un comportamento mentre è incosciente della disapprovazione del pubblico). Sartre arriva a descrivere la derisione nei termini di un sostituto del linciaggio, dove la persona oggetto del ridicolo non solo è esclusa da un gruppo, ma è momentaneamente espulsa dall’umanità in generale. Più recentemente lo psicologo sociale Michael Billig (2005) ha criticato quegli approcci all’umorismo che ne esaltano soltanto la componente salutare, sociopositiva e creativa. Billig sostiene come lo scherno sia centrale nell’esperienza quotidiana dell’umorismo. L’umorismo è anche uno strumento disciplinare con cui i membri della società riconoscono e rinforzano convenzioni, stereotipi e norme di condotta atte a mantenere l’ordine sociale. Billig sottolinea come il risibile esiste sempre sullo sfondo di un non-risibile. Possiamo quindi individuare una tendenza a mettere in luce una logica “immunizzante” della derisione: quando la risata unanime si concentra sui difetti di un determinato bersaglio, il gruppo determina l’antitesi dei propri valori etici o estetici, i quali vengono rinsaldati ponendo al di fuori la persona che li incarna in negativo. Tale modello è facilmente osservabile nell’antichità. Ne sono un esempio quei cerimoniali che dal medioevo si sono protratti fino al XX secolo e che prendono il nome di “charivari”. Essi consistevano in assembramenti festosi e rumorosi della comunità rurale, i quali si piazzavano presso le abitazioni di determinati individui per tormentarli e sbeffeggiarli. I bersagli scelti venivano incolpati di comportamenti lesivi della norma, al punto che le vittime erano spinte all’esilio e al suicidio. Una simile compresenza di divertimento, coordinazione di gruppo, regolazione e stigmatizzazione è rinvenibile ora in quelle pratiche come lo shitstorm o l’internet shaming, che vedono lo scagliarsi unanime del collettivo digitale contro una singola persona al fine di allontanarla dalla community o semplicemente per metterla in difficoltà. Tuttavia, accanto al paradigma della derisione come espulsione, va compreso anche un modello della derisione che mantiene il suo bersaglio all’interno dell’aggregato sociale. Esistono cioè occasioni nella società dove il potere distruttivo della risata è incasellato in forme controllate e costruttive. In tal senso il riso mostra una omologia con il sacro, in quanto necessita di un’opera di contenimento che blocchi la sua invasività. La commedia nel tempo ha costituito una delle modalità più efficaci di tale processo: nella commedia l’irrisione è contenuta e concessa sulla base della separazione fra piano del vissuto e piano del rappresentato. L’autonomia della fiction permette di ridere di soggetti che non si stanno danneggiando direttamente. Ciò che ci interessa qui sono però quelle situazioni di licenza della derisione che non ricorrono al dispositivo della finzione, ossia quelle occasioni socialmente istituite in cui la denigrazione è concessa e controllata. 1.1.1 DERISIONE E LIMINALITA’: I RITUALI D’INSULTO In numerose culture è possibile trovare casi di “mancanza di rispetto concessa” circoscritti negli spazi e nei tempi del rituale. Ad esempio la presenza in diverse società africane di “espressioni collettive di oscenità”, ossia momenti interni ai cerimoniali religiosi in cui il gruppo esprime parole volgari altrimenti proibite nella vita. Questi comportamenti collettivi si verificano in momenti di stress emotivo per la società, per cui le tensioni accumulate vengono sfogate in canali che le rendono inoffensive. La sospensione del rispetto che accompagna alcune manifestazioni rituali è stata interpretata nell’ottica terapeutica. Un’ulteriore spiegazione che l’antropologia ha messo in luce riguarda invece la funzione dello scherno rituale nel marcare passaggi di status. Turner in particolare ha evidenziato come, negli stadi liminali dei riti di passaggio, si rappresenti la morte simbolica dell’iniziato sottoponendolo a umiliazioni, insulti e mutilazioni. Nella derisione delle autorità ufficiali, dei dogmi, dei riti e delle regole, il carnevale proponeva la propria visione del mondo, lontana dalla serietà e dalle certezze del mondo ordinario. In questo contro-mondo la categorie estetica del grottesco gioca un ruolo fondamentale. Nel grottesco le componenti del corpo solitamente occultate dal decoro sono messe in mostra, mentre ciò che incute terrore è reso tangibile e perciò padroneggiabile. Per Bachtin, quindi, il carnevalesco possiede un potenziale liberatorio ed emancipatorio. Questa concezione del potere sovversivo del riso ha aperto un dibattito: - In diversi hanno attaccato la visione utopistica del potenziale rivoluzionario del carnevalesco, poiché esso riguarda un tipo di trasgressione autorizzata dal potere vigente; - Un’altra critica del riso festivo mette in discussione l’efficacia stessa della denigrazione del potere. La ridicolizzazione del potere nelle società moderne, sostiene Foucault, ne oggettiva la portata e la sostanza. Il fatto che esso resista alla sua abiezione, che possa essere denigrato e continuare a funzionare, ne mostra la componente ineluttabile, indipendente dal consenso della popolazione. La sospensione istituzionalizzata del rispetto va intesa nei termini di una costante tra legittimazione dell’ordine vigente ed emersione dell’anti-struttura, un’occasione in cui l’alternativa si fa visibile al mondo. Secondo Billig, il senso del ridicolo nella società odierna è fortemente proteso verso il primo lato di tale dialettica. Guardando la cultura mediale contemporanea vediamo si trova in un costante stato di trasgressione concessa, dove l’irriverenza carnevalesca, diventando una cifra quotidiana, rimane totalmente incapace di mettere in discussione il potere dominante. Al contrario, la messa in ridicolo di figure di potere come politici e celebrità è divenuta una componente integrale della loro presenza mediale. Detto questo, va ovviamente messo in luce come le soglie di contenimento del ridicolo non siano affatto scomparse. L’idea di un’estensione indiscriminata del carnevale si scontra infatti con i numerosi casi di public shaming, in cui l’irrisione può colpire gravemente la carriera, l’immagine pubblica e la vita privata di certi individui. In che rapporto, quindi, va inquadrata l’irriverenza concessa descritta da Billig in rapporto alla sacralità del self? Anziché leggere la messa in ridicolo delle celebrità come una scomparsa dei dispositivi culturali che incanalavano la derisione, è la visibilità mediale stessa che può essere esaminata come soglia del contenimento. Lo statuto di eccezionalità riconosciuto alle “persone dei media” si riscontra non solo nelle dinamiche della venerazione e dell’emulazione, ma anche nella logica della mancanza di rispetto concessa. Osserviamo quindi tale intreccio di visibilità e derisione lungo tre percorsi che designano altrettanti idealtipi mediali: la mondanizzazione della celebrità, il ritorno del buffone nell’arena televisiva e la mediatizzazione del freak show. 1.2 VISIBILITA’ E DERISIONE NELLO SPAZIO DEI MEDIA 1.2.1 L’AMBIVALENZA DELLA STAR: LA CELEBRITA’ FRA ADORAZIONE E DEGRADAZIONE Numerosi studiosi hanno messo in luce l’influenza sempre più pervasiva dei soggetti celebri e della cultura della celebrità. Tale impatto riguarda il modo in cui istituzioni, relazioni e identità sono organizzate attorno personalità altamente visibili e riconoscibili. Parallelamente, però, esiste anche un impatto della celebrità nella maniera in cui pratiche, valori e aspirazioni precedentemente tipiche dell’industria delle star entrano a far parte dell’orizzonte di possibilità delle persone “comuni”. È il caso, ad esempio, delle tattiche di micro-celebrity, quando gli utenti gestiscono la propria presentazione online considerando amici e contatti come una fanbase. Il desiderio del pubblico riconoscimento non è una prerogativa della contemporaneità. Da secoli esiste l’impiego di strategie atte ad amplificare e controllare l’immagine pubblica di determinate figure, come è stato per Alessandro magno, Giulio Cesare o Luigi XVI di Francia. È però importante mettere in chiaro come l’attuale costrutto della celebrità non sia un semplice sinonimo di notorietà e prestigio. Gli studi sul tema riconoscono almeno altre tre componenti, oltre alla fama, che caratterizzano le celebrità: - La distanza sociale , per cui il rapporto con la celebrità passa dal riconoscimento di uno status più elevato o comunque da un’asimmetria nella relazione; - L’attenzione alla vita privata , nel senso che l’interesse verso la celebrità non è ristretto alla sua attività nello spettacolo, nello sport, nella politica, ma anche e soprattutto alla sua vita privata; - L’amministrazione di questa narrazione personale attraverso i media , ossia il fatto che l’attenzione alla vita della celebrità è coltivata all’interno di un ecosistema mediale a cui partecipano riviste di gossip, programmi televisivi, social media, consulenti di immagine e agenzie di relazioni pubbliche. La celebrità come la conosciamo oggi è un fenomeno che appare attorno al secondo decennio del Novecento, periodo che vede la comparsa di rubriche e riviste specifiche dedicate agli aspetti privati delle star. Secondo Van Krieken, inoltre, la celebrità si realizza a partire da tre trasformazioni legate allo sviluppo della modernità: - L’idea di celebrità come performance del sé trova le sue radici nell’evoluzione della società di corte, dove il controllo strategico e teatralizzato dell’identità diventa uno dei fattori chiave dell’acquisizione del potere; - La celebrità è poi debitrice della costruzione moderna dell’individualismo e della meritocrazia, per cui il singolo può acquisire attraverso le sue azioni un ammontare di prestigio, riconoscimento e visibilità che lo distinguono dalla massa; - Infine, l’affermazione della celebrità dipende dalla progressiva sovrapposizione fra sfera pubblica e spazio dei media, per cui l’amministrazione strategica dell’immagine in pubblico passa dalle arene circoscritte della corte allo spazio di visibilità costituito dai media di massa. Sebbene il culto della celebrità si appoggi sulla narrazione meritocratica dell’individuo con capacità fuori dall’ordinario, ora il conseguimento della celebrità avviene attraverso forme plurali che non dipendono necessariamente da tale ideale. Secondo Rojek la celebrità può essere: - Ascribed, quando si è celebri per eredità, come nel caso delle famiglie reali e dei figli delle star; - Achieved, quando si tratta di una celebrità conseguita attraverso il compimento di una determinata impresa; - Attributed, quando è costruita attorno alla persona per mezzo di tecniche di marketing, pubbliche relazioni e presenza dei media. Rojek propone poi il termine “celetoid” per riferirsi a quelle figure che si trovano all’interno dell’attenzione dei media per un lasso di tempo estremamente breve e imprevedibile, collocandosi perciò al margine fra persone ordinarie e celebrità, come vincitori di lotterie o concorrenti di quiz televisivi. Da categoria residuale il celetoide è però passato ad acquisire una presenza consistente dell’attuale panorama mediale. Sono sempre più numerosi i casi di persone che, casualmente investite dalla fama, riescono a tramutare in celebrità l’improvvisa attenzione ricevuta grazie alla rete. Si pensi al caso di Paris Hilton, famosa per i suoi tentativi di essere famosa. Da un lato tali trasformazioni fanno trasparire come quello delle celebrità sia un mercato incredibilmente capace di auto-alimentarsi; dall’altro lato le stesse trasformazioni rappresentano l’ultimo tassello di un percorso di mondanizzazione che da lungo tempo interessa la celebrità. Questo riguarda un progressivo processo di concentrazione dell’attenzione del pubblico e dei media sugli aspetti più “terreni” delle star. Edgar Morin aveva già messo in luce nel 1957 la tendenza a volere “riportare le star sulla terra”. Come evidenzia Morin, la tendenza all’umanizzazione del divo avviene in connessione all’implementazione di “canali” che ne moltiplicano la presenza. L’avvicinamento fra pubblico e star va infatti posto lungo lo sviluppo delle tecnologie della comunicazione che hanno ridefinito di volta in volta la distanza sociale su cui la celebrità si sostanzia. Dalla capillarità della copertura giornalistica e fotografica, alle confessioni in televisione delle star, ai reality che utilizzano celebrità come concorrenti al fine di far emergere la loro ordinarietà, fino ad arrivare al modo in cui i social media coltivano la percezione di un accesso diretto e potenzialmente costante alle vite delle celebrità. Dallo sviluppo di Twitter in poi l’interazione con la celebrità diviene una concreta possibilità, tanto che alcuni studiosi sostengono che sia più corretto parlare di “interconnessione percepita”. L’abbassamento della star e l’innalzamento dell’individuo odierno si incontrano attorno allo spettacolo della forma della vita. Tuttavia, il fatto che le celebrità assumano le sembianze delle persone comuni non ha comportato la scomparsa della distanza fra i due ambiti. È invece il contrario ad essere vero: la possibilità di ispezionare e giudicare ogni elemento della vita dell’individuo famoso dipende proprio dal riconoscimento del suo statuto separato rispetto al mondo ordinario. Le celebrità sono oggetti ideali per il pettegolezzo, ciò perché sono come vicini di casa di cui tutti sanno tutto, ma che, a differenza di tali ipotetici vicini, si può parlare bene o male di loro senza addossarsi alcuna responsabilità. Gemini sottolinea a tal riguardo come la posizione della star sia per certi versi simile a quella della vittima sacrificale. Il suo essere oggetto del culto dei fan è inscindibile dal consumo cannibale della sua vita privata. Accanto alla narrazione delle celebrità come vettori di emulazione e desiderio, vi è anche un settore intento a capitalizzare sulla loro funzione di bersagli della derisione, soprattutto tramite la messa in luce delle faglie nella gestione dell’immagine della star. Il mondo delle celebrità è spesso concepibile nei termini di una “performance punitiva spettacolare”. Il comportamento negativo della star viene ritualmente condannato tramite la sua esposizione alla disapprovazione del pubblico. Tuttavia l’accento dei media sui crolli nervosi, le trasgressioni e le condotte irresponsabili delle celebrità non produce necessariamente una loro emarginazione. Secondo Cashmore, la relazione fra celebrità e scandalo ha conosciuto una significativa trasformazione attorno agli anni Novanta: da emergenza da tamponare perché distruttiva per la reputazione, lo scandalo è diventato un possibile agente di rinforzo della carriera. Ciò al punto che fra i nuovi profili della celebrità si fanno largo star “ubuesche”, la cui principale capacità è proprio quella di incarnare la controversia, di sovraesporla medialmente. Di fatto è sempre più difficile trovare star il cui potere non sia anche solo in parte ubuesco, in quanto la loro condizione di trascendenza è speculare alla loro condizione di “denigrabili”. La logica del “contratto sotteso”, per cui all’acquisizione della fama viene fatta corrispondere una parziale perdita del diritto al rispetto e alla privacy, rappresenta un’aspettativa sociale profondamente radicata nella nostra cultura. Talvolta il potere della fabbricazione del frak è tale che non necessita nemmeno di agganciarsi ad attributi concreti. Esistono infatti i self-made freak. Il freak show è prima di tutto un’impresa economica, a cui partecipano anche persone disposte di fingere un’anomalia pur di qualificarsi come freak. Qui l’anormale è in primo luogo uno showman. Prima dell’inizio del Ventesimo secolo non si trovano infatti casi documentati di denuncia del freak show come spettacolo offensivo. Nel nuovo secolo si assiste a uno slittamento del significato del freak. La visibilità dell’irregolarità cambia di segno, dal monstrum quale “cosa da mostrare” al mostro quale “soggetto da nascondere”. Le persone con anomalie fisiche e mentali passano ora sotto il controllo dei medici e degli psichiatrici, e spesso recluse in istituti e strutture apposite. Dalla scomparsa del freak show, localizzabile attorno al secondo decennio del Novecento, si aprono tre principali traiettorie lungo le quali la figura del freak viene rielaborata: - Essa è narrativizzata nei prodotti dell’industria culturale; - Estetizzata nella fotografia e nella performance artistica; - Riappropriata quale emblema dell’emancipazione in ambito subculturale. La narrativizzazione del corpo anomalo rappresenta uno dei motori fondamentali dell’industria culturale novecentesca. Dando concretezza visiva al mostro, il cinema celebra la sua stessa capacità di mostrare ciò che nella letteratura dell’Ottocento rimaneva soltanto oggetto dell’immaginazione. Il potere del freak si traduce in quelle forme proprie del cinema e della letteratura dell’orrore che utilizzano il corpo deforme come tecnologia dello spavento. Il sistema dell’arte rappresenta un secondo luogo in cui il freak sopravvive. L’arte contemporanea ha ripetutamente rintracciato nell’anomalia corporale un materiale di lavoro privilegiato, attraverso il quale sabotare la normatività di estetiche dominanti. Terza modalità di rielaborazione è quella della riappropriazione, con cui si segna un’inversione dell’etichetta del freak da stigma a strategia di auto-narrazione. Questa è rinvenibile nel modo in cui i giovani degli anni Sessanta vicini alla cultura Hippie si riferiscono a se stessi come “freak” per posizionarsi come antitetici alla normalità. Oltre a queste rielaborazioni del freak, ci sono forme mediali come i talk show che per certi versi riproducono il freak show quale dispositivo incentrato sulla spettacolarizzazione della devianza. Il talk show è il genere più frequentemente considerato come variante odierna del baraccone ottocentesco, con però due importanti distinzioni: - La devianza messa in scena è generalmente incentrata su stili di vita e attitudini sessuali piuttosto che sull’anomalia fisica; - Il soggetto esposto possiede un maggior grado di indipendenza rispetto al performer del freak show. Gamson fa notare che sebbene in tali programmi la differenza sia presentata in modo da attirare lo stupore, la derisione e la disapprovazione del pubblico, essi costituiscono comunque una piattaforma in cui trovano voce classi e sessualità marginalizzate, altrimenti scarsamente rappresentate in altri spazi mediali. Tale compresenza di riconoscimento e controllo rappresenta un paradosso della visibilità, per cui lo spettacolo manipolativo e il forum democratico compaiono come i due lati della stessa medaglia. I due poli sono necessari al successo dello spettacolo. Nel freak del talk show convergono quindi il pre-moderno “mostro come meraviglia”, il moderno “mostro come errore” e il post-moderno “mostro come riflessione sulla normalità”, filtrati dallo stile di presentazione compassionevole tipico del format del talk show. Ancora una volta, quindi, troviamo un tipo di sospensione del rispetto concessa che avviene come contropartita dell’ingresso nello spazio di rilevanza dei media. Nel caso del freak è una sospensione basata sull’alibi del soggetto atipico che è “necessario” mettere in mostra. CAPITOLO 2 – SOCIAL MEDIA E VISIBILITA’ CONNESSA 2.1 LO SPAZIO DEI MEDIA NEL CAMBIAMENTO DEL SENSO DELLA POSIZIONE NELLA COMUNICAZIONE Con il procedere della modernità molte soglie sono state naturalizzate. Una fra queste è l’asimmetria nell’accesso al mondo tra individui e media di massa. Negli ultimi due decenni le condizioni che permettevano di attribuire ai mass media il monopolio del contatto con il centro della vita sociale e la costruzione ideologica dell’esistenza stessa di tale centro, trovano una parziale messa in discussione. È stata osservata una crescente porosità fra tre confini chiave dell’ecologia dei media: - Quello fra consumatori e produttori; - Quello fra amatori e professionisti; - Quello fra comunicazioni personali e di massa. L’interscambio tra produzione e consumo è favorito dall’espandersi dell’accesso ai mezzi di produzione mediali, ma anche dalla maggiore visibilità di quelle tattiche precedentemente “silenziose e sottili” che da sempre accompagnano l’atto del consumo. Professionismo e amatorialità si intersecano in figure ibride come i pro-am, creatori di contenuti esterni al sistema dei professionisti che raggiungono il loro stesso standard di qualità. Comunicazione personale e di massa si intrecciano in quella che è stata chiamata autocomunicazione di massa o comunicazione personale di massa, ossia la possibilità che i singoli hanno di avviare forme di comunicazione broadcast in autonomia dalle industrie dei media tradizionali. L’inizio del millennio ha visto però un cambiamento più profondo. È quello che Boccia Artieri definisce come un “cambiamento del senso della posizione nella comunicazione”. I singoli passano cioè dal percepirsi come “oggetto” della comunicazione, al concepirsi come “soggetti” della stessa. Si fa largo una tendenza a “farsi media”: - Da un lato il “fare media” riguarda l’attitudine ad abbracciare i mezzi di produzione per creare i propri contenuti mediali; - Dall’altro il “diventare media” riguarda come le grammatiche dei media vengono incorporate nel modo in cui gli individui si osservano. Il farsi media si realizza come una vicinanza sempre più stretta fra vissuti e forme comunicative. Tale vicinanza riguarda sia l’agire del soggetto come poiesis, cioè come azione che ha il suo fine nella produzione di un oggetto esteriore a sé, sia l’agire del soggetto in quanto praxis, ossia l’azione che trova in se stessa la propria finalità. Sul piano della poiesis, il farsi media si manifesta nella produzione di contenuti mediali dove i vissuti sono sempre più evidenti. Dai primi diari online al vlogging. Sul piano della praxis, le vite vengono osservate tramite un meccanismo di immedesimazione/distacco simile a quello rivolto verso i personaggi e i mondi della fiction. Entrambi i piani contribuiscono a mutare il tipo di riflessività disponibile oggi agli individui, la quale si configura come un tipo di riflessività connessa. Questa riflessività è “connessa”: - Perché i social network permettono di confrontare il proprio vissuto con una miriade di possibilità di esistenza; - Perché essa non si svolge in maniera individuale, e i dialoghi interiori degli individui diventano oggetti visibili che possono essere validati o sanzionati dalla propria rete di contatti. Questa situazione si pone in continuità con quel tracciato che aveva portato già alcuni a definire la nostra come una “società performativa” prima dello sviluppo delle reti digitali. Abercrombie e Longhurst ci parlano di due processi stabilitisi entrambi con la modernità: - La concezione del mondo come spettacolo, ossia la tendenza ad osservare la quotidianità e i fatti del mondo sentendosi pubblico; - La costruzione narcisistica dell’individuo, cioè il modo in cui i soggetti pensano a se stessi come performer che controllano la propria immagine. Punto di approdo di tale percorso è il sostanziarsi di una “audience diffusa”, ovvero “si è audience tutto il tempo”. Con lo sviluppo dei social media le traiettorie compiono un ulteriore salto qualitativo. Ciò si realizza nel soggetto collettivo dei pubblici connessi. Tale concetto mette in luce come l’aggregazione sociale attraverso i media non riguardi più solo la logica di ricezione top-down tipica delle audience di massa, ma anche processi di elaborazione culturale bottom-up e orizzontale tra individui. I pubblici connessi: - Sono “pubblico” nel senso che costituiscono attraverso i social media uno spazio in pubblico. Su questo versante le loro azioni lasciano tracce visibili e persistenti; - Sono “pubblici” in un senso più vicino a quello di “audience”, in quanto sono organizzati attorno a comuni oggetti dell’attenzione. Nei pubblici connessi l’orientamento all’altro costituisce la condizione con cui gli utenti si muovono negli ambienti online. L’implicare la costante presenza potenziale di altri pubblici distingue il modello produttivo dei pubblici connessi da quello della folla e della comunità digitale: - Nella folla digitale sono le infrastrutture tecnologiche ad aggregare singole relazioni soggetto – oggetto fra loro disgiunte; - La comunità online è viceversa basata sulla relazione soggetto – soggetto, nel senso che la produzione avviene attraverso la cooperazione diretta e reciproca fra i membri. La specificità dei pubblici connessi risiede nella logica del soggetto – oggetto – altro soggetto – soggetto- …. Le azioni dei singoli avvengono cioè in maniera separata, ma pensate nell’ottica del successivo recupero da parte di altri utenti non immediatamente presenti. La performatività diffusa può assumere le fattezze di una “sorveglianza laterale”, ossia un regime in cui a svolgere l’azione del sorvegliante non è più un soggetto preciso, ma sono i pari tramite l’osservazione reciproca. Dall’altra parte, però, va anche osservato come l’osservazione reciproca online si attua non solo ai fini del controllo disciplinare, ma ci si tiene d’occhio per tenersi aggiornati, per valutare il benessere altrui, per sentirsi connessi a persone con le quali le relazioni si sono rarefatte. Parallelamente, proprio quando questa sorveglianza si trasforma in una competenza sociale di base, gli utenti hanno sviluppato tattiche di offuscamenti in risposta all’onnipresenza dello scrutinio umano, algoritmico e aziendale in rete. 2.2 IL NUOVO PESO DEI TRACCIATI INTERSOGGETTIVI: RELAZIONI, VISIBILITA’ E COMMON KNOWLEDGE Il mutato senso della posizione nella comunicazione dipende anche da come gli scambi quotidiani trovano ora modalità di ampliamento sia estensivo che intensivo. Le interazioni si espandono estensivamente in quanto possono ora essere intrattenute lungo dimensioni spaziali, temporali e sociali prima inimmaginabili. Ciò però che ci interessa di più è l’ampliamento intensivo delle interazioni. Esse, lasciando tracce digitali persistenti, replicabili, scalabili e ricercabili, forniscono alla comunicazione modalità di stabilizzazione precedentemente tipiche dei media di massa. Il punti cruciale è che tale capacità di costruire dei nuovi centri attorno a cui si concentra la comunicazione è sempre meno una proprietà esclusiva del medium e sempre più una condizione derivante dalle dinamiche di connessione fra pubblici. Si pensi ad esempio a quei casi in cui a diventare virali sono contenuti come conversazioni o audio su Whatsapp. Sono casi di scalabilità sociale, tramite una ricollocazione nella comunicazione compiuta dai pubblici. Nella loro esistenza tecnologica, le relazioni vanno incontro a un processo di ispessimento per cui smettono di essere filamenti invisibili. Nel momento in cui la tecnologia concretizza la presenza, la direzione e l’intensità delle relazioni, aumentano le possibilità del loro collegamento reciproco e quindi di osservare ciò che appare rilevante per il collettivo. Si pensi ad esempio all’usuale evenienza in cui i like ricevuti da un contenuto portano a interrogarci sul significato che quell’oggetto ha per il gruppo ed eventualmente a riprodurre o a distaccarci da quell’azione. Comprendere la direzione dell’audience significa per l’utente saper quali sono in quel momento i riferimenti comuni, conoscere cioè quali argomenti stanno entrando nel repertorio dei possibili oggetti delle conversazioni. In tal senso le piattaforme funzionano dando un rilievo strategico alla common knowledge. Stereotipi, norme sociali e celebrità sono tipici esempi di questo tipo, ossia oggetti che vengono richiamati nelle conversazioni non per un loro particolare valore intrinseco, ma perché se ne conosce la natura comune e perciò la capacità di facilitare la comunicazione. 2.3.3 IL CANALE Sul finire del 2006 il periodo di “innocenza” della piattaforma può dirsi concluso. La fine dell’infanzia di YouTube coincide con il compimento di tre tragitti: - La legittimazione pubblica del sito; - L’ibridazione tra procedure di produzione amatoriali e professionali; - La commercializzazione della piattaforma. Da questi processi la concezione di YouTube quale deposito/oblò vira progressivamente la metafora del canale. La legittimazione pubblica del sito: Quando nel dicembre del 2006 Time magazine nomina “You” come persona dell’anno, la copertina del periodico riporta l’immagine di un computer con al posto dello schermo il player video di YouTube. Lo “You” a cui si riferisce il Time è l’utente che con i nuovi servizi del web 2.0 abbraccia una nuova modalità collaborativa con cui attuare il cambiamento. Sebbene l’articolo citi vari social media oltre a YouTube, la scelta di simbolizzare attraverso quest’ultimo l’empowerment dell’individuo in rete rivela il progressivo smarcarsi dalla sua connotazione di spazio frivolo e privo di regole. YouTube comincia anche a svolgere la funzione di vetrina per candidati meno noti alle elezioni. Il miglioramento della reputazione della piattaforma è segnato anche dalla comparsa di soggetti istituzionali tutt’altro che marginali. Nel febbraio 2007 il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti crea il suo canale ufficiale; il 23 luglio 2007 la CNN conduce il primo dibattito presidenziale su YouTube; dall’ottobre 2007 anche la Famiglia Reale britannica possiede un proprio canale; nel gennaio 2009 anche la Santa Sede apre le sue porte alla piattaforma. Ulteriore legittimazione arriva nell’aprile 2009 con la vincita del prestigioso premio Peabody, assegnato alle eccellenze nella produzione dei media. Dal finire del 2006 si fa perciò avanti una connotazione del sito quale luogo di rappresentanza, in cui trovano posto le voci escluse dalla sfera pubblica mediatizzata, ma anche dove soggetti che hanno già spazio nei media tradizionali estendono la loro presenza. L’ibridazione fra stile amatoriale e professionale: Il secondo fattore a cui imputare l’ingresso nella fase matura è la convergenza fra modalità di produzione amatoriale e strategie di produzione commerciale. Dalla metà del 2006 inizia un progressivo percorso di regolamentazione dei contenuti mediali non creati dagli utenti. Universal Group Music e Sony contrattano la visione di alcuni dei loro programmi sulla piattaforma; altri ancora come la NBC stringono accordi con YouTube per utilizzare il sito come vetrina. Al di fuori delle grandi industrie dei media, sempre più gruppi musicali, filmmaker e artisti decidono di promuoversi mettendo gratuitamente i propri contenuti su YouTube. Il caso però che meglio parla dell’ibridazione tra auto-distribuzione dal basso e strategie commerciali è quello della vlogger LonelyGirl15. Nel giugno 2006 una giovane quindicenne di nome Bree inizia a raccontare le proprie vicende quotidiane su YouTube attraverso il nickname LonelyGirl15. Diventa rapidamente un fenomeno da centinaia di migliaia di visualizzazioni, attirando l’interesse delle maggiori testate giornalistiche statunitensi, ma anche di quotidiani italiani. Accanto al forte coinvolgimento emotivo della community verso le storie della ragazza, l’altro motivo dell’attenzione è costituito dal crescente dubbio sulla sua autenticità, che dà vita ad accese discussioni nei commenti e nei forum. A quattro mesi dalla sua comparsa si scopre difatti che Bree è in realtà Jessica Rose, attrice professionista, e che Lonelygirl15 è un’invenzione di una coppia di filmmaker statunitensi, creata per preparare il terreno al lancio di una webserie con lo stesso nome. Questa vicenda rappresenta al contempo una violazione e una legittimazione dell’identità di YouTube. Se da un lato contravviene all’ideologia dell’autenticità associata alla cultura del do-it-yourself della piattaforma, dall’altro ha messo in luce un nuovo spettro di possibilità espressive basate sull’interazione con il pubblico. Il suo successo è infatti dovuto in larga parte al modo in cui il progetto è riuscito a far leva su quei tratti di relazionalità consentiti da YouTube ma assenti dai media tradizionali. La seconda fase della vita di YouTube segna quindi il passaggio dall’azione dell’affacciarsi, all’azione del trasmettersi, nel senso di una rappresentazione più riflessiva del sé come prodotto. Su un versante troviamo dilettanti che usano YouTube come trampolino verso il professionismo. Sull’altro, professionisti che impiegano gli stilemi dei video amatoriali per sviluppare un coinvolgimento più forte. Ci sono poi casi di contenuti prodotti professionalmente dai media tradizionali la cui fama però esplode dal seguito acquisito su YouTube. La commercializzazione della piattaforma: La transazione a un’immagine di You Tube come canale è resa esplicita anche nel cambio del motto da “Your Digital Video Repository” a “Broadcast Yourself”. Il nuovo slogan è soltanto una delle numerose trasformazioni che seguono l’acquisto di YouTube da parte di Google, avvenuto il 9 ottobre 2006. Da tale acquisizione inizia una progressiva riappacificazione fra YouTube e la televisione, suo precedente antagonista. Già nel motto è leggibile l’ambiguità di questo avvicinamento: su un versante esso si riferisce alla capacità di far distribuire globalmente agli utenti i propri contenuti personali, ma dall’altro esprime l’abilità della piattaforma di redistribuire prodotti professionalmente già trasmetti in televisione. La politica di commercializzazione di YouTube attuata da Google è quindi descrivibile attraverso l’apertura a tre stakeholder: - Youtuber più celebri; - Produttori di PGC; - Inserzionisti pubblicitari. Youtuber più celebri: nel maggio 2007 YouTube lancia il Partner Program, il quale permette agli utenti che creano contenuti originali di monetizzare sui video proporzionalmente al numero e alla durata delle visualizzazioni ricevute. Ai creator è richiesto che essi godano si una buona reputazione, che i contenuti caricati non infrangano le regole della community e le norme sul copyright, e che i video generino un traffico apprezzabile per dimensioni e qualità. Se nella sua fase di deposito YouTube suggerisce un’idea paritaria, con il programma partner si vira verso una logica gerarchica, tesa a privilegiare i creatori più profittevoli. Sia YouTube, che numerosi soggetti esterni, iniziano a creare competizioni indirizzate specificamente agli youtuber, dove ai vincitori vengono forniti budget per la produzione di contenuti più elaborati o spazi di visibilità su altri media. L’idea della scoperta del talento nascosto diventa anche una delle principali narrazioni impiegate in questo periodo dagli altri media per inquadrare YouTube. Mentre nella sua prima fase dominava lo stupore verso la fama improvvisa priva di meriti, ora ricevono notevole visibilità quelle storie di salita al successo di artisti, musicisti e intrattenitori che tramite capacità individuali e duro lavoro trovano su YouTube la meritata fama che gli era stata negata dai gatekeeper tradizionali. Produttori di PGC (professional generated content): la contrattazione con il secondo principale stakeholder, i produttori di contenuti professionali, passa invece tramite un controllo capillare dei contenuti protetti da copyright, in modo da garantire l’esclusiva della distribuzione sul sito ai produttori originali. Nel giugno 2007 viene implementato il sistema Video ID, strumento che permette ai detentori dei diritti di autore di trovare i video che utilizzano illegalmente il materiale protetto. Dal 2010 viene utilizzato Content ID, dispositivo di ricerca ancora più raffinato, che individua video e audio protetti anche quando questi vengono modificati o presentano una qualità di riproduzione molto bassa. Malgrado le numerose controversie, il rapporto fra YouTube e l’industria del broadcast si stabilizza in una situazione prevalente di mutua collaborazione: la capacità di congiungere lo specifico pubblico con lo specifico contenuto è esattamente la potenzialità di YouTube mancante ai sistemi di trasmissione tradizionale, per cui tra i due si instaura una relazione di fruttifera complementarità. Inserzionisti pubblicitari: nell’agosto 2007 arriva quello che sarà il cambiamento maggiormente definitorio per il futuro di YouTube, ovvero la comparsa della pubblicità sul sito. L’intento di Google è infatti quello di massimizzare la capacità di distribuire messaggi pubblicitari personalizzati a un pubblico di massa, capitalizzando sul potenziale di connessione dei video più virali di YouTube. Google persegue questo obiettivo attraverso tre tipi di pubblicità a pagamento: - Canali brandizzati che i marchi pagano per poter customizzare (adeguare un prodotto alle esigenze di un singolo cliente); - I promoted video per cui pagando è possibile collocare il proprio contenuto in una posizione privilegiata; - Clip pubblicitarie durante la fruizione dei video. Con l’ingresso della piattaforma nella sua era pubblicitaria a cambiare sono anche le norme di moderazione dei contenuti. YouTube cerca infatti di venire incontro all’esigenza degli inserzionisti di non trovare le proprie pubblicità associate a clip oscene, violente, pornografiche o razziste. Nel dicembre 2008 YouTube annuncia regole più rigide nella regolazione del materiale sessualmente esplicito, ad esempio non permettendo agli utenti di mettere immagini ammiccanti nelle anteprime per scoraggiare dinamiche di clickbaiting. È leggibile la piena istituzionalizzazione commerciale di YouTube successiva all’acquisto di Google, e quindi la sua progressiva assimilazione nel panorama mediale contemporaneo. 2.3.4 LA FASE DELLE SOCIAL MEDIA STAR Sul finire del 2011 YouTube attua il più consistente redesign della sua storia. Nelle dichiarazioni di Google la nuova grafica serve a rendere il sito “un’apertura su vasto universo di intrattenimento”. Le modifiche apportate facilitano la capacità di condivisione sulle altre piattaforme. Nella sua terza era l’ibridazione avviene in relazione agli altri social media. L’integrazione più ragguardevole riguarda il modo in cui siti, blog e altri social media interagiscono con YouTube non solo come distributori secondari di video, ma come amplificatori delle conversazioni attorno agli youtuber più celebri. Il modello di produzione, interazione e fruizione che meglio identifica questo periodo è quello della social media star, inteso come soggetto che monetizza su un’attività continua di creazione di contenuti e la cui immagine è amministrata dall’integrazione fra più piattaforme sociali e occasioni di esposizione offline. YouTube passa da “database da guardare” a spazio in cui si alimenta una visibilità spendibile in plurimi contesti. Gli youtuber più noti partecipano ora a spettacoli itineranti e firma copie. Sempre più concorsi dedicati al web o al filmaking cominciano a inserire la voce “youtuber” fra le categorie in gara. L’industria cinematografica comprende il potenziale di connessione con il pubblico dei nuovi divi, per cui cominciano ad essere frequentemente ingaggiati come attori o comparse in film. A cavallo fra il 2011 e il 2012 la fuoriuscita delle social media star dalle recinzioni del canale è ormai un dato di fatto, fino ad arrivare all’agosto 2014 in cui una ricerca del settimanale Variety riporta come fra i teenager statunitensi le star di YouTube siano più popolari dei divi mainstream. Da questo punto di vista si può affermare come le social media star costituiscano una delle manifestazioni principali del processo di celibrificazione che caratterizza la nostra società, per cui le relazioni fra persone ordinarie assorbono i connotati delle relazioni esistenti fra le celebrità e il loro pubblico. A partire dal 2015, molti dei principali creatori di contenuti della community italiana di YouTube tendono a evitare la definizione di “youtuber” e a schivare il conseguente stigma di “idoli adolescenziali privi di sostanza”, preferendo espressioni come “videomaker” o “content creator”. Va anche posto l’accento su una differenza esistente tra l’esposizione online delle star classiche e quella delle social media star. Se le prime utilizzano i social media in un senso “concessivo”, cioè donando scorci sulla propria persona carica di valore per i fan, le seconde acquisiscono valore, in primo luogo, tramite la loro presenza costante in rete e coltivando un contatto “abbondante” sia online che offline per mezzo degli eventi dal vivo. L’altro fatto che sostanzia la fase delle social media star, infatti, è la penetrazione progressiva della serialità nelle strategie di produzione degli youtuber. Ciò è riscontrabile nel modo in cui gli youtuber articolano il rapporto fra varietà e continuità tramite tecniche di auto-serializzazione. Con tale termine si vogliono intendere le modalità con cui lo youtuber produce se stesso come serie, al fine di dirigere le aspettative del pubblico. Una prima netta differenza fra i vlogger della prima ora e le attuali social media star è infatti il modo in cui quest’ultimi impiegano: - Una ritualità della messa in scena: come la standardizzazione dell’introduzione e del saluto o l’utilizzo di sigle e ricorrenze visive; - Una gestione pianificata dell’attesa, nel senso dell’anticipazione lanciata dell’arrivo di un nuovo contenuto. La creazione di poop si dimostra come un’attività tutt’altro che individuale. I pooper collaborano attivamente realizzando video insieme, scambiandosi idee e consigli su come aggirare le norme del copyright. Da tale carattere comunitario si sviluppano anche alcune ricorrenze estetiche. Le pool italiane, ad esempio, sono particolarmente concentrate sul montaggio di giochi di parole demenziali e sulla giustapposizione di differenti situazioni televisive. A metà fra imitazione e campionamento risiedono invece le modalità parodiche di videocommento, in cui spezzoni del filmato originale sono intervallati dal commento dello youtuber. Anche qua i bersagli della parodia sono solitamente video virali, personaggi la cui esposizione online è giudicata fallimentare e, più recentemente, video televisivi o di precedenti ere della rete che si commentano con un misto di ironia e nostalgia. È interessante notare come sono proprio i testi più eccessivi, lacunosi, carenti e volgari della cultura popolare a configurarsi come “testi produttivi”, poiché invitano il lettore a scriverne le assenze, a riempirne i buchi e parodizzare le incoerenze. Nella cultura digitale tale produttività del testo lacunoso si palesa materialmente attraverso gli UGC. In una delle prime ricerche che hanno esaminato la presenza di caratteri ricorrenti fra i contenuti più memetici di YouTube, ossia quelli più capaci di sviluppare la rielaborazione degli utenti, rileva come il tratto più comune sia la presenza di oggetti o aspetti formali difettosi, grezzi o incompleti. Il rapporto fra “cattivi testi” e produttività degli utenti è fondativo della cultura di YouTube. Yotobi, forse il vlogger italiano più noto nei primi dieci anni della piattaforma, si è fatto conoscere con recensioni comiche di film di serie B. 2.3.6 COLLASSO E RICOMPOSIZIONE DEI CONTESTI Nel momento in cui i media elettronici permettono agli individui di accedere a flussi informativi che transitano fra più ambienti, lo spazio fisico perde progressivamente la capacità di determinare lo spazio sociale. Politici, giornalisti e altre figure in vista si trovano perciò a possedere un minor controllo sui contesti di ricezione e devono giostrare i propri output tenendo a mente una pluralità di pubblici invisibili che potrebbero interpretare differentemente le loro comunicazioni. Se con i media elettronici tale condizione riguarda principalmente le figure pubbliche, con quelli digitali essa comincia a diventare un attributo culturale diffuso. Interessante il caso di Bert is Evil, sito goliardico dedicato a fotomontaggi in cui il pupazzo Bert, personaggio del popolare show per bambini, viene raffigurato in compagnia dei malvagi della storia, come Hitler. Nel 2001 un tipografo bengalese trova online l’immagine di Bin Laden insieme a Bert e non comprendendo il carattere umoristico del fotomontaggio la utilizza per stampare poster da vendere a una imminente manifestazione pro Bin Laden. Il caso arriva all’attenzione del mondo occidentale quando circola una foto che riprende la protesta anti-americana, in cui uno dei membri del corteo espone un cartellone con Bin Laden accompagnato dal popolare pupazzo. Poster porta questo esempio per sostenere come la trasmissione di immagini, testi e suoni del dominio online possa essere allo stesso tempo silenzioso e incoerente e come internet, sradicando gli artefatti dal loro contesto originale, promuova una condizione di fraintendimento e incomprensione. Tale conclusione dello studioso americano non tiene conto della presenza di forze contrarie di ri-localizzazione dei significati culturali. Il fraintendimento culturale diventa con le tecnologie digitali un orizzonte diffuso che i singoli sono portati a dover amministrare quotidianamente. I pubblici connessi si trovano a dover inevitabilmente venire a patti con il collasso dei contesti. Tale evenienza non è una prerogativa degli ambienti digitali. Per esempio, incontrare il proprio insegnante delle scuole superiori mentre si beve con gli amici al bar può essere un caso di collasso dei contesti. Fra i pubblici connessi, tuttavia, tali occasioni avvengono con maggiore frequenza. A incrementare la difficoltà di controllo sulla distinzione fra contesti sono secondo Boyd le affordance proprie dei contenuti digitali: - Persistenza - Replicabilità - Scalabilità - Ricercabilità Gli individui si trovano a dover amplificare il management delle impressioni considerando la presenza di audience invisibili, pubblici non immediatamente presenti e difficili da anticipare a cui gli atti comunicativi possono giungere senza che l’enunciatore abbia la possibilità di riassestare il contesto. Su YouTube il collasso dei contesti si è impostato come un tratto talmente comune da aver definito la sua estetica degli inizi. Molte delle prime viral star di YouTube hanno acquisito visibilità tramite una circolazione che recide incrementalmente il legame con il suo contesto di origine, dando vita a quel caratteristico misto di sconcerto, divertimento e promiscuità interpretativa riassunto dalla tipica espressione wtf (what the fuck?). Viene descritto tale andamento come “reverse-snowball form”, ossia un tipo di progressione nel tempo lungo la quale si perdono le informazioni di contesto sull’esposizione originaria, riducendo via via la persona reale ad artefatto finzionale. In queste circostanze il recupero del controllo sulla propria immagine non è del tutto impossibile, ma fortemente costoso, in quanto richiede che l’azione di riassestamento possa anch’essa coinvolgere la condivisione degli utenti, superando o quantomeno raggiungendo, la visibilità della precedente immagine. Un tratto che collega queste performance virali è la presenza di una attenuazione del controllo sulla propria persona: istanti di rottura del contegno, attimi disinteressati di gioia e auto-compiacimento (Star Wars Kid o la Numa Numa Dance) o frammenti di imbarazzante sfogo emotivo (Leave Britney Alone) che nel passaggio dall’intimità casalinga all’arena globale trasformano in spettacolo pubblico l’intensità affettiva dell’agire privato. In altri casi è la condivisione dei pubblici che sottrae il controllo alla persona, evidenziando determinati tratti dell’esposizione in modo da renderli involontariamente comici (Antoine Dodson). Ecco perché i tentativi di perpetuare il coinvolgimento del pubblico cercando al contempo di ristabilire il controllo sulla propria immagine non vanno spesso a buon fine. Quando ad esempio Gray Brolsma, il ragazzo famoso per la Numa Numa Dance, ha cercato di trasformare la sua immagine in un marchio, il pubblico non ha colto favorevolmente l’iniziativa. Se quindi da un lato le affordance di accessibilità e usabilità dei social media permettono a chiunque di costruire online un versione curate di sé, quelle di condivisione e riproduzione possono rompere il legame con tale azione di cura, cristallizzando un’immagine sulla quale il creatore originale può perdere progressivamente l’accesso. Nonostante il collasso dei contesti alimentato dalle affordance di YouTube abbia alimentato fraintendimenti culturali e interpersonali, il suo farsi statuto quotidiano ha anche aperto a occasioni di riflessività connessa: da condizione “subita” dagli utenti, essa è passata a un livello di problematizzazione dal quale si sono ridefiniti sia i canoni dell’esposizione online, che le forme della consapevolezza del sé. Sia la piattaforma che gli utenti hanno cominciato ad attuare progressivamente un serie di strategie per la riduzione del fraintendimento. La fruizione del sito è passata negli anni dalla sensazione di esperire un database di frammenti slegati, all’esperienza di una sequenzialità di contenuti coerenti e serializzati. Dal canto loro gli utenti hanno fatto un uso più consapevole delle modalità di esposizione atte a indirizzare un particolare tipo di pubblico. Tali modalità sono assimilabili a quelle che Marwick ha sistematizzato come: - Micro-celebrity: consiste nel modo in cui amici e follower vengono trattati come un pubblico da mantenere tramite le tecniche tipiche del rapporto fra celebrità e fan, indirizzandosi a questi con un misto di distanza e intimità; - Lifestreaming: consiste nella pubblicazione costante di video, immagini e testi su di sé, in modo da suggerire al pubblico l’impressione di assistere al flusso continuo della vita del performance; - Self-branding: riguarda le pratiche con cui si sintetizza la propria immagine in una serie di segni visivi, sonori e comportamentali riconoscibili. Casi di disallineamento fra audience immaginata ed empirica continuano ad essere all’ordine del giorno. Spesso però si è assottigliato il tempo della loro circolazione e da essi non si originano più le viral star degli inizi. CAPITOLO 3 – MOSTRI DEL TUBO: IL FENOMENO DELLA CELEBRITA’ RIDICOLA SU YOUTUBE ITALIA 3.1 CONTESTO E METODOLOGIA DELLA RICERCA L’analisi utilizza come caso di studio i personaggi ridicoli di YouTube Italia. La ricerca si è sviluppata intorno a tre domande: - Costruzione: in che modo i pubblici connessi costruiscono il soggetto ridicolo? - Fruizione: quali affettività e piaceri legano i pubblici ai soggetti derisi? - Relazione: che relazioni si instaurano attorno al soggetto ridicolizzato? Il primo step è stato quello di compiere una ricerca di sfondo atta a mappare i casi italiani e internazionali di circolazione virale di contenuti guidati dall’azione di derisione dei pubblici digitali. Successivamente il campo è stato ristretto concentrandosi sul contesto nazionale e solo su quei casi che rispondevano ai seguenti criteri: - Località: il video è in lingua italiana; - Fama: il personaggio deve essere protagonista di almeno un video con più di 100.000 visualizzazioni su YouTube a maggio 2014; - Derisione: i video del personaggio in questione devono presentare commenti di derisione fra i primi 20 commenti più popolari; - Appartenenza alla rete: la fama del personaggio deve essere dovuta principalmente alla sua circolazione online; - Rielaborazione culturale: è necessaria la presenza di contenuti parodici prodotti dagli utenti che vedano i personaggi come protagonisti; - Etichettamento folksonomico: i personaggi devono essere qualificati da terzi come “fenomeno trash”, fenomeno da baraccone”, ecc.. Da questa fase sono emersi 94 personaggi rispondenti ai criteri stabiliti. 3.2 IL PANORAMA DEL RIDICOLO SU YOUTUBE ITALIA: LE ERE DEI PERSONAGGI 3.2.1 LA FASE POST-TELEVISIVA (2005-2008) Le prime manifestazioni di persone che trovano su YouTube Italia una notorietà guidata dal ridicolo sono fortemente collegate all’iniziale connotazione della piattaforma di deposito in cui caricare video personali e clip di altri media. Sono persone che possiedono già qualche tipo di notorietà, come musicisti e personaggi televisivi. Altri sono soggetti conosciuti in piccoli ambiti locali. Esiste di fatto una circolazione pre-YouTube da cui si origina la loro fama. Questa prima fase post-televisiva si pone quindi in forte continuità nei contenuti e nelle risposte del pubblico con un tipo di programma come Mai dire Tv, il quale ha ricavato dall’universo dei canali regionali italiani idoli buffoneschi caratterizzati da un misto di assurdità e veracità. I primi miti ridicoli di YouTube Italia inizialmente non hanno alcun tipo di interazione con l’audience del sito, essendo i loro video caricati da terzi. Caso esemplificativo è quello del giornalista sportivo Germano Mosconi. Lui è entrato nella mitologia del web italiano per i filmati che riportano le sue conciate blasfemie gridate nei fuori onda del telegiornale da lui condotto per l’emittente televisiva veronese Telenuovo. I video, risalenti agli anni Novanta, sono stati pubblicati su internet da ignoti attorno al 2004 e poi caricati su YouTube sul finire del 2005. Sia la ripresa che la circolazione delle clip è avvenuta inizialmente a sua insaputa e poi contro il consenso del giornalista. Ciononostante, Mosconi è diventato uno dei volti più rappresentativi di YouTube e del web italiano in generale. Benché siano passati quasi vent’anni i suoi video continuano ad essere postati nelle conversazioni online con la funzione di sfogo. Alcuni di questi video attirano l’attenzione del pubblico per la comicità involontaria dei protagonisti. Cercando di capitalizzare su tale reazione dell’audience, egli inizia a presentare appositamente artisti sempre più bizzarri, finché non fuoriesce dal campo dell’arte per intervistare, con lo stesso stile impassibile, le nuove star ridicole della rete. Più viene sommerso dalle critiche sul modo in cui sfrutta i meno fortunati e più si consolida la sua fama di impresario incurante delle convenzioni. La sua controversa notorietà non gli impedisce di costruire una carriera come ospite nelle discoteche. Diprè è in sostanza colui che ha alimentato maggiormente la traiettoria auto-riflessiva del fenomeno. Con lui, quel tipo di osservazione compiuta dal pubblico tesa a scovare l’individuo insolito e il bersaglio ridicolo, si è cristallizzata in uno spettacolo codificato. Tuttavia, ciò ha comportato un’inevitabile trasformazione nei processi di costruzione dei personaggi. Se nelle prime fasi erano il frutto di un’estetica del collasso dei contesti, incentrata sulla comicità involontaria, ora tale margine di incoscienza si assottiglia progressivamente. Tale consapevolezza della propria immagine si traduce nell’ingresso di logiche produttive di stampo commerciale nell’esposizione, tanto che in alcuni casi essi diventano veri e propri professionisti nel ridicolizzare se stessi. Nel 2014 il Web Show Awards, manifestazione in cui vengono premiati “i migliori volti del web”, prevede addirittura la voce “trash star” fra le categorie premiate. Una quarta spinta che ha ulteriormente definito il trash di YouTube è l’opposizione della community italiana. Dal dicembre 2013 e per tutto il 2014 gli youtuber si sono scagliati contro Diprè e i personaggi trash. Questi sono incolpati di rappresentare il degrado di YouTube Italia, propagando contenuti di pessimo gusto che abbassano il livello qualitativo generale e privano di attenzione i canali più meritevoli. Le critiche sono rivolte anche agli utenti che insultano questi personaggi amplificando la loro visibilità. Fra le denunce che hanno ricevuto maggiore risalto c’è quella dello youtuber Robforchetta. Dopo appena due giorni da suo appello, il canale di Diprè viene chiuso a causa delle eccessive segnalazioni per contenuti inadatti. Al passaggio della piattaforma dall’era del deposito a quella delle social media star, corrisponde sul versante del ridicolo un passaggio dall’era del wtf?, dove domina il collasso dei contesti, all’era del trash, contraddistinta da un uso consapevole del grottesco e della controversia. È proprio un tale eccesso di riflessività, sia dei protagonisti che del pubblico, che il trash raggiunge un punto di saturazione, crisi e possibile trasformazione. 3.2.5 LA CRISI DEL TRASH DI YOUTUBE Alla fine del 2014 numerosi utenti lamentano come il processo di trasformazione del trash abbia portato una crescente perdita della sorpresa e della genuinità del trash degli inizi. Dall’assottigliarsi dello spazio dell’inconsapevolezza si è perciò prodotta una faglia fra due tipologie di ridicolizzati: - Da una parte le trash star che coltivano la propria presenza online e dalla quale cercano occasioni di guadagno; - Dall’altra, ridicolizzati episodici che scompaiono a seguito dell’attenzione negativa. Il 2015 è quindi caratterizzato da una compresenza di trash performer in decadenza e clip di personaggi una tantum che riprendono quel gusto iniziale per il disallineamento fra audience immaginata e audience empirica, come nei casi di Enrico Pasquale Pratticò e di Marco Morrone, meglio conosciuto come “Saluta Antonio”. Il recupero di tale disallineamento è da imputarsi in primo luogo al ruolo di spazi fuori da YouTube, soprattutto Facebook e Whatsapp. In questo periodo i video su Facebook cominciano infatti ad acquisire una particolare preminenza, al punto che sul finire del 2014 viene riportato il sorpasso in termini di visualizzazioni di questi rispetto a quelli di YouTube. Sempre attorno al 2014 si comincia a parlare in Italia di “Facebook star”, ossia di adolescenti come Anthony di Francesco e Giuseppe Sapio che si fanno conoscere tramite uno stile di video breve, frammentario, di più bassa definizione e tendenzialmente frivolo, ma che permette di raccogliere un seguito rapidissimo rispetto a quello ricavabile con YouTube. Anche il trash di YouTube Italia perde gradualmente la sua connotazione di fenomeno omogeneo. L’etichetta “trash” non scompare, ma sembra subire un graduale ritorno all’associazione con il trash televisivo. Pagine Facebook e Instagram come Trash Italiano diverranno fra i produttori di intrattenimento digitale italiano più seguiti, ma il senso del ridicolo che veicolano si lega principalmente a figure pubbliche e personalità televisive, più che a persone comuni divenute famose attraverso lo scherno. È poi il momento in cui iniziano a svilupparsi anche in Italia le industrie degli influencer, per cui la fama online perde ormai gli ultimi connotati di accidentalità. Parallelamente, però, tra le culture popolari italiane nascono estetiche ed etichette che perimetrano un nuovo spazio del triviale: ignoranza, degrado, disagio, bomberismo, pastorizia sono categorie che i pubblici giovanili italiani usano per definire il culto ludico della grezzaggine, della regressione. Attorno a queste si creano miriadi di pagine, trend, memi, eventi. Sembrano designare una diversa conformazione del ridicolo, meno rivolta alla creazione di celebrità buffonesche e più all’auto-derisione del collettivo. 3.3 IL PROFILO DEI PERSONAGGI I soggetti al centro della fama ridicolizzante hanno alcuni tratti ricorrenti: su 94 casi 34 sono visibilmente minorenni, 67 sono di sesso maschile e il Sud Italia risulta come l’area geografica di origine prevalente. Guardando al contenuto, la tipologia più frequente è quella delle esibizioni di fronte alla webcam che comprende individui che si riprendono in contesti domestici mentre cantano, ballano, creano brevi sketch o provocano il pubblico. La seconda categoria più numerosa è quella dei rapper. Qua i personaggi si presentano tramite videoclip o tracce audio amatoriali. Seguono i vlogger adulti che espongono in maniera continuativa le proprie opinioni controverse. Altrettanto frequenti sono i messaggi, ossia singoli video in cui sono lanciati appelli, come la ricerca di un partner, richieste di ricongiungimento con l’ex o attacchi personali ai propri nemici. Troviamo poi alcuni personaggi tv che grazie alla rete ottengono una nuova esposizione oppure persone che si sono contraddistinte per la loro singolarità nei provini dei talent show e che hanno poi portato su YouTube le proprie performance. Circa un decimo del campione sono personaggi locali, i cui video vengono ripresi da terzi e poi caricati su YouTube, il più delle volte senza che i bersagli ne abbiano cognizione. Oltre ai rapper vi sono altri tipi di cantanti, per la maggior parte afferenti al genere dei “baby-neomelodici”. Gli artisti di Diprè sono le persone comparse soltanto nei video di Andrea Diprè. Infine, nell’insieme raccolto va anche compreso Diprè stesso nel suo ruolo di impresario, in quanto egli è anche un dileggiato, attaccato per il suo stile di vita dissoluto e per la sua condotta di sfruttatore. YouTube non è per tutti i personaggi il contesto mediale in cui si sono inizialmente esposti: 70 su 94 sono comparsi direttamente sulla piattaforma; 10 sono precedentemente apparsi in televisione; 9 provengono da altri social media; 3 provengono da videoclip distribuiti via DVD; 2 sono circolati online precedentemente a YouTube. Sebbene nel 31% dei casi il personaggio non è il solo responsabile dell’esposizione, si può comunque individuare come la totale incoscienza non faccia generalmente parte del fenomeno. Ciò trova riscontro anche nella tendenza a ripetere l’esibizione, infatti nel 73% dei casi essi compaiono in più di un video. Più di un terzo dei personaggi sono stati intervistati da Diprè e tale occasione si pone nel bene e nel male come un importante volano di possibilità. Le interviste possiedono un format ripetitivo e riconoscibile: dapprima Diprè esalta il personaggio; in secondo luogo, egli cerca di fargli ripetere quelle azioni ed espressioni che sono diventate dei tormentoni presso gli utenti. Quello delle frasi tipiche è infatti uno degli aspetti chiave del fenomeno. Esistono anche applicazioni che permettono di riprodurre in ogni occasione le espressioni idiomatiche delle trash star. Tali pratiche di selezione vengono ricomprese nelle performance dei personaggi più consci della propria immagine, i quali tendono a ripetere ed enfatizzare nei video le catchphrase che li hanno resi famosi. 3.4 LA COSTRUZIONE DELL’IDOLO RIDICOLO: LISTE, COMMENTI E PARODIE 3.4.1 LE LISTE DEI PERSONAGGI: ANALISI DELLE CATEGORIZZAZIONI DEGLI UTENTI La classificazione dei personaggi ridicoli è una parte integrante del modo in cui i pubblici ne fruiscono. Attraverso liste e selezioni gli utenti mettono ordine a un fenomeno molteplice, caotico. Quest’opera di sistematizzazione designa questi individui come oggetti anomali che necessitano di essere classificati, assegnando loro a un ambito di appartenenza e distinguendoli come devianti. Sono state ottenute 89 liste prodotte dagli utenti. Tali folksonomie mostrano diversi usi e interpretazioni che gli utenti fanno dei personaggi, nonché il modo in cui li associano a fenomeni congiunti. Si trovano liste che comprendono fra i personaggi trash del web anche politici e personalità televisive e liste che li assimilano a personaggi comici. Dallo stile di presentazione dei personaggi si sono rilevate sei principali modalità di introduzione: - Modalità celebrante: ricorre a un linguaggio ironico per esaltare i personaggi; - Modalità antinomica: mette in risalto l’ambigua compresenza di amore e odio verso i personaggi, ricorre cioè a una esaltazione “nonostante tutto” e a continui ribaltamenti fra assoluto positivo e assoluto negativo; - Modalità critica: introduce i personaggi invitando alla discussione e mettendo in risalto anche i caratteri più deleteri del fenomeno; - Modalità dileggiante: è meno riflessiva e più diretta al mix fra sdegno e divertimento; - Modalità espositiva: classifica e mette in mostra i personaggi senza esplicitare un tono affettivo. In video come “classifica: i nuovi mostri di YouTube”, questi sono raccolti come modalità da esporre. La loro messa in ordine è un esercizio necessario al di là che attirino desiderio o repulsione. 3.4.2 “FAI SCHIFO”,“TI STIMO”,“FAI TALMENTE SCHIFO CHE TI STIMO”: LE CATEGORIE DEI COMMENTI AI PERSONAGGI L’ambiguità della relazione fra utenti e personaggi è un tratto caratterizzante del fenomeno della celebrità ridicola. Ribrezzo e gusto, insulto e stima sembrano agire congiuntamente. Ad esempio, un registro comune è la mitizzazione canzonatoria, come quando tra i commenti ai video leggiamo epiteti quali “eroe”, “profeta”, “idolo”, o l’uso frequente del superlativo assoluto, per cui sotto canzoni amatoriali manchevoli dal punto di vista tecnico si scrive “worst song ever”. In questi casi non ci si limita a esprimere un parere, quanto a mettere in scena un disgusto che degrada e contemporaneamente eleva il suo oggetto, ponendolo al di fuori della norma e del quotidiano. Dai 42.940 commenti ai 30 video esaminati sono emerse 11 principali categorie di azioni: - Insulto: è fra le più frequenti e riconoscibili e riconosciamo l’insulto diretto, l’insulto aggressivo, cioè quello accompagnato da una minaccia violenta alla persona, l’insulto con battuta e l’insulto rimproverante; - Disgusto: nei commenti assimilabili al disgusto si esprime il proprio sentimento di disapprovazione verso il contenuto. Esso può manifestarsi come una semplice valutazione negativa, oppure attraverso il disgusto performativo, ossia quando si mette in scena in maniera iperbolica il proprio ribrezzo verso l’oggetto (“ODDIO I MIEI OCCHI”). Ai personaggi è quindi attribuito un carattere di invasività, per cui gli utenti li connotano come repulsivi ma allo stesso tempo impossibili da evitare; - Rabbia: in questa categoria rientrano le descrizioni dell’irritazione di fronte al video. Fanno parte del gruppo anche le espressioni di indignazione, quando ci si mostra offesi dal comportamento del personaggio. Fra i marcatori più utilizzati dell’indignazione si trova la preoccupazione verso l’evenienza che i più giovani possano vedere tali contenuti volgari e diseducativi. - Scherzo: in questa categoria il video commentato è utilizzato come base per la costruzione di battute. Sono distinguibili la battuta esplicita, l’osservazione sarcastica e la passione ironica, esatta controparte del disgusto performativo, quando cioè si costruisce la battuta mettendo in scena un eccesso di trasporto per il personaggio. Fra le battute si ripropongono standard e modelli retorici. Uno dei più frequenti è il tracciare somiglianze e parentele fra personaggi. Attorno allo scherzo si stabilizzano quindi gesti e gerghi ricorrenti, tanto che alcune battute diventano dei micro-tormentoni ripetuti sotto più video; - La stilizzazione sineddotica: remix dopo remix, l’individuo viene reso gradualmente una caricatura astratta, dalla quale sfumature e ambiguità del comportamento sono progressivamente cancellate. Durante la circolazione online l’attenzione collettiva tende a concentrarsi su un numero limitato di frammenti della loro originaria esposizione. Le peculiarità e le frasi tipiche frutto delle pratiche di selezione dei pubblici diventano sineddoche dell’intero soggetto; - L’invasività: quando si connotano i personaggi come forze inarrestabili, la cui propagazione procede senza controllo, al punto da invadere gli schermi degli utenti. Una delle impostazioni più comuni dei video commenti parodici ai video trash è quella di mostrarsi sopraffatti da questi contenuti. In definitiva, a emergere come tratto comune è la manipolabilità dei fenomeni trash, ossia l’aspettativa diffusa che chi sorpassa la soglia del ridicolo entri a far parte di un repertorio di segni liberamente usufruibili. Capita che verso la persona presa di mira non si nutre nessuna particolare predilezione, ma essa serve come base per perseguire la propria attività di intrattenitori. 3.5 ARCHETIPI DEL RIDICOLO: I MODELLI DI INTERAZIONE FRA PUBBLICI E PERSONAGGI I casi di fama ridicolizzante mostrano diversi modalità del rapporto fra pubblici e personaggio. Questi modelli di interazione ricorrenti danno vita a figure archetipiche relazionalmente costruite che sono state così codificate: - Miti del web: rappresentano quei personaggi che sono stati maggiormente separati dalla loro esistenza materiale, per divenire dei puri segni disponibili nel repertorio del folklore digitale. Sono coloro che hanno alimentato il maggiore numero di UGC, non solo in quanto bersagli di parodie, ma anche come frammenti della memoria condivisa del web usati nei remix. Essi attraggono principalmente reazioni di simpatia, ma anche una sorta di deferenza ludica verso la loro funzione di nomi tutelari della cultura del ridicolo online. Solitamente subiscono questo trattamento le figure che circolano da più tempo su YouTube. Per questo motivo è un modello che si presenta più spesso con gli idoli della fase post-televisiva (Richard Benson e Germano Mosconi). Le figure che rientrano in questo modello sono sempre degli adulti, talvolta di età avanzata e spesso di sesso maschile, per cui è ipotizzabile un collegamento fra la loro aura mitica e la loro immagine di anomali patriarchi; - Esibizionisti: la loro costruzione si presenta quando il personaggio viene attaccato per la sua ricerca dell’attenzione disgiunta da meriti effettivi. Gli insulti e lo scherno rivolti agli esibizionisti si accompagnano al rimprovero verso il loro ruolo di sabotatori dell’economia dell’attenzione di YouTube. Quella degli esibizionisti è una delle categorie che attira maggiore astio, a causa della componente attiva e consapevole delle loro performance. Contemporaneamente essi attraggono anche una minoranza di commenti di stima che apprezzano il loro carattere eccessivo e menefreghista delle critiche; - Bimbiminkia: attraverso questa etichetta il bersaglio viene giudicato come troppo giovane e inesperto per partecipare alla cultura mediale di YouTube. L’insulto e la derisione sono qui accompagnati dal rammarico sul decadimento delle nuove generazioni, nonché dallo sdegno verso la negligenza dei genitori che non controllano il comportamento in rete dei figli. Le reazioni meno negative comprendono la tenerezza e simpatia e la difesa dagli attacchi sferrati dagli altri utenti; - Freak: questo modello è incentrato sulla spettacolarizzazione della soggettività fuori dall’ordinario e riguarda quei casi in cui la persona è insieme derisa e apprezzata per la sua unicità. Le reazioni rivolte ai freak sono solitamente fra le più positive all’interno dell’universo degli idoli ridicoli. Fra i commenti sono presenti dubbi sul fatto che essi siano normali o meno e su quanto si rendano effettivamente conto del tipo di visibilità che li riguarda, ma anche attacchi diretti ai loro presentatori, accusati di sfruttare persone incapaci di intendere e di volere; - Predicatori: questo modello si verifica quando l’interesse dei pubblici si concentra sulle opinioni del personaggio. Per quanto egli venga giudicato stravagante, comico o eccessivo, si apprezza la spontaneità con cui esplicita certe idee. Tale apprezzamento si basa principalmente su una complicità ironica verso l’immediatezza con cui esprime giudizi socialmente sconvenienti o politicamente scorretti. Ci sono però anche casi in cui questo riesce a sviluppare un pubblico sincero, come nel caso di Matteo Montesi. Se all’inizio la sua fama era interamente guidata dallo scherno, egli ha ricavato nel lungo periodo centinaia di seguaci genuini, molti dei quali lo considerano a tutti gli effetti come un “moderno video-predicatore”; - Buffone: questo schema si attua quando il pubblico tratta il personaggio come una caricatura comica costruita o come un pagliaccio professionista che mette appositamente in primo piano il suo carattere ridicolo. Con il buffone il pubblico si dimostra particolarmente disinibito nell’insulto e nella derisione. In alcuni casi il buffone mira a provocare appositamente l’ostilità e il ribrezzo del pubblico. Coloro che si ritrovano inscritti in questo modello sono quelli che più spesso partecipano come ospiti alle serate in discoteca e sono quindi quelli più predisposti a capitalizzare sulla propria fama; - Artisti del fail: sono quei casi in cui l’attenzione è rivolta all’incompetenza e al fallimento artistico del personaggio. Il caso principe è quello del Lol Rap. Una componente essenziale di tale modello di interazione è la ricerca della “convinzione” dei personaggi. A questi è richiesta una carenza di auto-percezione. Nell’interazione con gli artisti del fail essi vanno osservati a debita distanza, privandoli, attraverso l’ironia, della possibilità di riflettere sui propri output. I modelli di interazione non si escludono reciprocamente. Un rapper eccentrico come Bello Figo, ad esempio, può essere trattato come artista del fail da quella parte dell’audience che legge in lui la convinzione di creare della musica di qualità, o come un buffone da coloro che sono invece convinti si tratti di un costrutto ridicolo appositamente studiato. Un tratto comune che emerge tra tutti i modelli è il mantenimento della distanza fra persone e pubblico. Il personaggio si trova sempre all’opposto dell’intimità, tratto invece familiare e ricercato nelle strategie di tutti i creator canonici. Non si rilevano gruppi di fan non goliardici loro dedicati, non ci sono video in cui rispondono alle domande degli utenti, così come è in generale limitata al massimo l’interazione con il pubblico sui social media. 3.6 I PERSONAGGI DA FUORI YOUTUBE: LA CROSSMEDIALITA’ DEL RIDICOLO Anche per le star del ridicolo la visibilità raggiunta su YouTube può essere valorizzata altrove. La partecipazione a eventi e serate in discoteca risulta la forma di conversione più frequente della fama ridicola. Più di un terzo dei personaggi è stato invitato a prendervi parte. Le serate che vedono coinvolti i personaggi sono principalmente school party indirizzati a un pubblico giovanile, ma anche gay night e trash party, eventi in cui spensieratezza e stravaganza costituiscono il tono estetico dominante. Altri ambiti in cui si estende la presenza dei personaggi comprendono pagine Facebook ufficiali, show radiofonici, produzioni musicali, film e cortometraggi, comparse sulle reti tv nazionali e su reti regionali o satellitari, un proprio sito web, merchandising, profili Twitter, Ask.fm e Instagram. A differenza dei creator più celebri, si nota come i personaggi non tendano a costruire un senso di intimità con il pubblico. Anche la radio risulta un medium particolarmente ricettivo verso i personaggi. “Il Ruggito del Coniglio”, programma radiofonico del 1995, dal 2000 comprende fra le sue rubriche la Coppa Rimetti, competizione in cui si sfidano le peggiori canzoni italiane in circolazione. Se la Coppa Rimetti ha trovato su YouTube una ricca fonte di approvvigionamento, essa dimostra anche come il gusto per il trash musicale preceda l’espansione delle piattaforme digitali. Un programma come “La Zanzara” ha basato il suo successo sulla messa in scena del “mostro” giornaliero. Anche per quanto riguarda la televisione scorgiamo questo doppio filo con i personaggi, quale antecedente genealogico da cui YouTube attinge il gusto e le modalità di esposizione del “mostro”, ma anche come luogo in cui tali individui amplificano la loro fama. Caso esemplare di questa influenza circolare è la rubrica I nuovi mostri di Striscia la notizia. Il format televisivo che registra però interscambi più frequenti con il mondo degli idoli ridicoli è quello dei talent show. Quando la tv si affaccia sui personaggi ridicoli del web lo fa mitigando la componente astiosa a cui sono sottoposti online, mantenendo però al contempo il loro carattere “fenomenale”. Questi vengono presentati tramite un tipo di messa in scena in cui l’irrisione della soggettività fuori dall’ordinario viene levigata da un atteggiamento compassionevole. Un esempio di tale ibrido di umanizzazione e mostrificazione è il servizio dedicato alla trash star Giuseppe Simone dal programma X-Love, spin-off de Le Iene. Giuseppe Simone si è fatto conoscere al pubblico di YouTube Italia tramite un video-annuncio in cui cercava partner della sua zona. Il segmento di X-Love si pone come obiettivo quello di trasformare il mostro del web in un gentiluomo. Facendo riflettere sulla sua attitudine inappropriata verso le donne e curando il suo trascurato aspetto fisico, il programma mette in scena la classica progressione del makeover show, dalla trasandata immagine originaria, all’uomo nuovo generato da rituale televisivo. Tuttavia, sebbene l’intento della trasformazione sia quello di addomesticare il carattere deviante del personaggio, il servizio deriva la sua attrattività proprio dalla messa in scena dell’anormalità. Lo sguardo televisivo, che da un lato si pone come l’agente capace di normalizzare le selvagge espressioni del web, finisce per impiegarne le medesime tecniche di spettacolarizzazione. 3.7 PERSONE-CONTENUTO La creazione del personaggio ridicolo è un processo solo in parte imputabile alla performance iniziale del deriso. Essa avviene invece per mezzo di un scrittura reticolare, dove le condivisioni, i commenti e i contenuti prodotti dagli utenti agiscono come atti selettivi. - Una prima modalità di questo processo si trova nelle pratiche di classificazione; - La seconda modalità è quella della caricaturizzazione, quando le azioni degli utenti ricavano un personaggio stilizzato dall’individuo. Soprattutto, tramite le parodie, i tratti più comici, bizzarri o irritanti vengono isolati dalla performance originaria e divengono sineddoche dell’intera persona; - Terza modalità della scrittura collettiva è la polarizzazione delle intenzioni, attraverso la quale si producono un numero limitato di interpretazioni; - La quarta operazione è la separazione fra il piano di esistenza dei personaggi e quello degli utenti; - Il quinto tipo di significazione è la costruzione dell’invasività. Ci si narra come vittime passive in balia del potere fatale del soggetto ridicolo. È in queste dinamiche di costruzione che troviamo più pienamente il senso del processo di enfreakment. Quest’ultimo di attua in due movimenti: su un lato stilizza, distanzia e silenzia la persona riducendola alla propria differenza; dall’altro, le eccentricità prodotte in questo modo vengono fatte collassare sotto un unico significante totalizzante del diverso. Vanno anche notate delle importante discontinuità tra la costruzione dei soggetti ridicoli online e il freak show: - La difformità fisica è un aspetto che emerge in alcuni casi ma che rimane marginale nel complesso. I caratteri spettacolarizzati hanno più a che vedere con l’inadeguatezza dell’auto-esposizione; - L’attitudine del pubblico verso i freak dei circhi di fine Ottocento non è primariamente di dileggio, ma è incentrata su un misto di stupore, ammirazione e incredulità; - A mutare radicalmente è l’orchestratore della messa in scena. Nel freak show il processo di enfreakment è in mano a un numero limitato di individui. Sebbene ora persistano impresari come Diprè, la scrittura del personaggio è opera dei pubblici connessi. La fama ridicolizzante attua quindi un processo di reificazione che produce persone-contenuto, oggetti aperti a plurimi usi e risposte emotive e liberamente utilizzabili. La persona-contenuto offre un tipo di spettacolo del ridicolo adatto all’attuale contesto socio-mediale: rispetto ai personaggi comici finzionali, essa incarna un tipo di comicità più in linea con la vicinanza fra vissuto e rappresentato; rispetto al ridicolizzato del gruppo dei pari, essa costituisce un bersaglio dello scherno apparentemente più sicuro e privo di conseguenze; rispetto allo zimbello televisivo, essa rappresenta un oggetto aperto alle aspettative dei pubblici incentrate sulla condizione partecipativa. Il caso delle star ridicole di YouTube mostra la varietà di traiettorie del farsi media. L’azione degli utenti trasforma l’auto-esposizione originaria in una graduale etero-esposizione, in cui l’immagine della persona è “presa in prestito” al fine di costituire l’intrattenimento connesso.
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