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Il primo cinquecento, Appunti di Storia Dell'architettura

Inquadramento storico Bramante: SM di San Satiro, Tribuna di SM delle Grazie, Chiostro di SM della Pace, Tempietto di SP in Montorio, Cortile del Belvedere, San Pietro, Coro di SM del Popolo, PCaprini Raffaello: Cappella Chigi, V.Madama Peruzzi: V.Farnesina, P.Massimo alle Colonne Sangallo il Giovane: P.Baldassini, P.Farnese Giulio Romano: P. Maccarani, VLante, P.Te Sanmicheli: Porta Nuova, Palio, P.Canossa, P.Pompei P.Vevilacqua Sansovino: P.Grimani, P. SMarco, Bibl. Marciana, Zecca

Cosa imparerai

  • Come descrive il documento la collaborazione di Raffaello e Giulio Romano con Bramante?
  • Come influenzò l'architettura di Bramante le tendenze artistiche del Cinquecento a Roma?
  • Come descrisse il documento la tendenza dell'architettura a rifarsi all'antico?
  • Che opere di Bramante sono descritte in questo documento?
  • Che artisti collaborarono con Bramante?

Tipologia: Appunti

2017/2018

In vendita dal 07/01/2022

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Scarica Il primo cinquecento e più Appunti in PDF di Storia Dell'architettura solo su Docsity! IL PRIMO CINQUECENTO giovedì 29 novembre 2018 09:26 INQUADRAMENTO STORICO Il Cinquecento fu il secolo in cui molti Stati italiani persero la loro libertà e l'Italia diventò sempre più teatro di contese. Nel 1494 Carlo VIII, re di Francia, invase il Regno di Napoli degli Aragonesi, dal quale si ritirò solo quando intervenne la Spagna di Ferdinando Il e la Germania di Massimiliano d'Asburgo. Nel 1499 il Ducato di Milano fu attaccato dai francesi; il re Luigi XII, alleato con Ferdinando, si spartì la penisola italica: alla Spagna andò il Regno di Napoli, mentre la Francia tenne il Regno di Milano. Nonostante l'intervento di una lega da parte di Giulio Il per scacciare la presenza francese, nel 1514 Francesco I, successore di Luigi XII, continuò a controllare i territori milanesi, la Svizzera si appropriò del Canton Ticino e gli spagnoli rimanevano nel Meridione. Nel 1519 divenne imperatore Carlo V ed ereditò tutti i territori spagnoli, le Fiandre, i territori degli Asburgo. La Francia, stretta da questa morsa, che sembrava ricordare il Sacro Romano Impero, fu costretta alla guerra; tra le varie vicende di questo periodo si annovera il rovinoso Sacco di Roma del 1527. Gli scontri fra Francesi e Spagnoli si prolungarono per quasi quarant'anni. Carlo V abdicò, il regno fu spartito, i Francesi furono sconfitti da Emanuele Filiberto di Savoia (comandante degli Spagnoli), nel 1559 fu firmata la pace di Cateau-Cambrésis dai francesi e si confermò così il predominio degli spagnoli su tutta l'Italia, anche in quegli stati che mantenevano una propria autonomia ma erano comunque attorniati dalla presenza ispanica. Furono anni tragici anche per l'unità cristiana. Sotto il pontificato di Leone X si avvertì l'esigenza di rinnovare il mondo della chiesa, in quegli anni coinvolto in scandali di vita lussuriosa e ciò sfociò nel 31 ottobre del 1517 con l'affissione delle 95 Tesi di Martin Lutero presso il castello di Wittenberg; tali tesi si fondavano su due principi: la libera interpretazione delle Sacre Scritture da parte dei fedeli e il principio della salvezza per mano solo della fede. Leone X condannò le tesi luterane, per cui molti stati che avevano abbracciato questa visione, soprattutto tedeschi, protestarono, portando all'avvento di nuove guerre di religione. Nel 1555 con la pace di Augusta venne resa legale e legittima la libertà di professione. Anche l'Italia fu pervasa da questo desiderio di riforma, che portò alla formazione di nuovi ordini come quello dei Gesuiti per mano dello spagnolo Ignazio da Loyola. La Chiesa risposte con la sua Controriforma. IL CINQUECENTO Nel 1550 Giorgio Vasari pubblica a Firenze le Vite de’ eccellenti architetti, pittori et scultori italiani. E un'opera divisa in tre parti, riguardanti il XIV, XV e XVI secolo, nello svolgimento delle quali l'autore vede un continuo progresso delle arti, a partire da Cimabue fino a culminare con Michelangelo. Nel ribadire che l'arte è imitazione della natura, afferma che alla terza età corrisponde una terza maniera, che è quella della perfezione delle arti. Tale maniera, che prende il nome di moderna, comincia con Leonardo da Vinci, che aveva sottolineato nelle sue opere i limiti degli artisti precedenti, limiti che aveva poi superato. Assieme a Leonardo, si annoverano Bramante, Raffaello e Michelangelo. Questi uomini cominciano ad incarnare la figura dell’artista a tutto tondo, capace di eccellere in qualsiasi arte egli si cimenti. E anche vero la condizione dell'artista migliora in tale periodo, passando da comune artigiano ad intellettuale; per cui, pittura, scultura ed architettura si allineano a quelle arti liberali, come poesia, grammatica, retorica... Così come un poeta può esprimere i sentimenti, anche il pittore, che si occupa del movimento del corpo, può farlo, e può dipingere sul bene e sul male. Sotto il pontificato di Gilio Il e Leone X, l'Italia è investita da un predominio artistico: il desiderio di Giulio Il era quello di restaurare e far rivivere le antiche glorie politiche e artistiche della Roma imperiale, politica che viene continuata anche dal suo successore Leone X, figlio di Lorenzo il Magnifico. Proprio egli si fece promotore di arte e lettere. Ma gli eventi politici e l'inquietudine religiosa portarono ad esiti diversi. Nel 1527, durante il pontificato di Clemente VII, che era in linea con la politica del cugino, Roma subisce un trauma profondissimo: il sacco ad opera delle truppe di Carlo V. Vaticano e chiese furono messe a ferro e fuoco. Era dal 410, con le orde dei Visigoti di Alarico, che Roma non subiva una così terribile calamità, che gettò nello sgomento tutto il mondo cristiano. La città riuscì comunque a risollevarsi in breve tempo: questo grazie alla presenza, più o meno continuata, di Michelangelo, che la portava ad essere sempre all'avanguardia dal punto di vista artistico; e in secondo luogo, proprio lo stesso sacco diede l'avvio alla diffusione di nuovo concezioni ed espressioni artistiche della maniera moderna, grazie a quegli artisti che erano stati allievi di Bramante, Raffaello e non per ultimo lo stesso Michelangelo. Se il Quattrocento aveva permesso il ritorno della maniera antica, degli ideali classici e la formazione delle prime collezioni, è solo nel Cinquecento che divenne un'attività capace di influenzare le tendenze artistiche. Tutte le opere d'arte appartenute all'antichità divennero oggetto di ricerca frenetica per aumentare le collezioni private, sia delle signorie che della stessa corte papale. Non a caso, fu proprio Giulio Il ad inserire nel cortile del Belvedere opere, parte della sua collezione privata. BRAMANTE Conosciuto come Bramante dal soprannome paterno, nacque nel 1444 presso una città di Urbino e si formò quindi alla scuola del cantiere urbinate. Dopo un probabile viaggio a Mantova, dal 1478 è attivo a Milano presso la corte di Ludovico Sforza e qui poté anche conoscere Leonardo da Vinci. Nel 1499 si recò a Roma, poco prima dell'occupazione francese di Milano. Proprio a Roma, sotto il pontificato di Giulio II, che poté mettere in atto le sue capacità architettoniche. Da Vasari viene definito come il creatore della grande maniera e verrà paragonato a Brunelleschi, che invece ne era l'inventore. Codifica l'ordine architettonico in maniera piena e riscopre l'ordine dorico, col suo fregio, triglifi e metope. La tendenza dell'architettura a rifarsi all'antico comincerà ad essere universale e grazie a Bramante si avrà accesso ad un linguaggio uguale per tutti. Tale codifica, come già accennato, avviene nel momento in cui è Papa a Roma Giulio II, il cui operato può essere descritto come combattivo, dato che lottava spesso per affermare la supremazia, militare e spirituale, dello Stato Pontificio sul resto della Penisola italica e di tutta l'Europa: ben presto Roma diventa una capitale imperiale. La sua politica è di restitutio urbis, ossia di restituire a Roma quel ruolo centrale che aveva sempre avuto, soprattutto nel mondo antico. Giulio Il comincia a collezionare dentro gli edifici cristiani opere pagane, verrà definito anche col termine di pontifex maximus (Augusto). E ad egli si deve la costruzione di una Nuova Basilica che supera tutte le altre dell'epoca: abbatte la vecchia di età paleocristiana e ne fa costruire una nuova. SANTA MARIA PRESSO SAN SATIRO La costruzione della chiesa fu cominciata nel Quattrocento ad opera del duca Sforza, ma più tardi proseguita da Ludovico il Moro come programma di rinnovamento delle arti nel ducato milanese; la chiesa fu costruita inglobando l'antico sacello di San Satiro, di età Romanica, ed è conosciuta per ospitare il celebre finto coro bramantesco. Bramante vi lavorò tra il 1482 e il 1486. L'edificio si compone di un corpo longitudinale a tre navate e un transetto, coperte da volta a botte, una cupola cassettonata ad imitazione del Pantheon si trova nell'intersezione dei bracci. | pilastri che sorreggono le volte a botte non presentano base. La cupola affiancata da volte a botte ricorda la Cappella de' Pazzi di Brunelleschi, al quale spesso Bramante si rifaceva. Così come a Brunelleschi si rifanno le navate laterali che continuano anche sui bracci longitudinali (Basilica di Santo Spirito). La mancanza di spazio data dalla presenza di una strada e quindi l'impossibilità di sfondare la parete di fondo portano Bramante ad idearsi un finto coro, che permetta quindi idealmente alla cupola di sorreggersi anche sul quarto lato. Tale finto coro viene ulteriormente legittimato grazie alla presenza di ori, fregi sfarzosi e giochi di luce. riferibile al pontificato di Giulio Il in cui la volta a crociera originaria fu trasformata in volta a vela, venne collocata la serliana alla finestra e vennero posti i due monumenti funebri di Andrea Sansovino. PALAZZO CAPRINI Progettato da Bramante intorno al 1510, era chiamato anche Palazzo di Raffaello (0 Casa di Raffaello) perché l'artista vi aveva preso dimora e vi morì. Fu trasformato nel XVI secolo fu poi distrutto nel XVII secolo. Nonostante ciò, fu un prototipo fondativo dell'architettura civile rinascimentale, rappresentando un modello di palazzo che avrà molti imitatori sia a Roma, sia altrove (Andrea Palladio). La facciata era caratterizzata da un alto basamento in finto bugnato gettato in casseforme, che comprendeva un piano inferiore, destinato a botteghe (come da tradizione medioevale) ed un piano mezzanino. Il piano nobile di cinque campate è scandito da un ordine di colonne doriche binate sormontate da una completa trabeazione, corrispondente ad un piano sottotetto di servizio che prendeva luce da fori sulle metope. La chiusura superiore riprende le mensole dell'Anfiteatro Flavio. RAFFAELLO SANZIO Figlio del pittore Giovanni Santi, Raffaello nasce ad Urbino il 28 Marzo 1483. Nella città capitale del ducato ha modo di educarsi nella bottega paterna e, soprattutto, è a contatto con le opere d'arte della corte dei Montefeltro. Nel 1504, grazie ad una lettera di Giovanni della Rovere, si reca a Firenze, attratto dalla presenza di Leonardo e Michelangelo. Raffaello vi rimane fino a quando, su invito di Giulio Il nel 1508, stimolato dall'architettura nuova di Bramante e dalla pittura di Michelangelo, si trasferisce a Roma. Qui si compie la sua maturazione artistica. Muore prematuro il 6 aprile 1520, mentre ancora era impegnato su un progetto molto importante per la CAPPELLA CHIGI L'emulazione per l'arte antica si vede anche nella produzione di Raffaello, che a x Roma avrà la possibilità di studiare dal MY" vivo le strutture dell’antico; oltre al [ | periodo della Roma imperiale, si rifarà b cd anche alla produzione dello stesso n Bramante. La cappella Chigi, monumento funebre, viene realizzata per Agostino Chigi, un banchiere senese, in un incarico risalente al 1511, e si configura come riflessione sull'architettura bramantesca e del Pantheon. È a pianta quadrata con spigoli smussati, che sembrano riecheggiare la forma dei quattro piloni del progetto bramantesco per la nuova Basilica, mentre il tamburo e la cupola, priva di lanterna, deriva dal Tempietto di San Pietro. Quest'ultima è cassettonata, derivante dal Pantheon così come il pronao (che lo stesso Raffaello aveva avuto modo di disegnare dal vero). Raffaello riporta in auge anche la decorazione a mosaico, che egli stesso disegna assieme all'aiuto del veneziano Luigi da Pace. Mosaici, marmi, oro e dipinti, così come sculture e ornamentazioni in bronzo ne decorano gli interni; ai lati della cappella vi si trovano anche piramidi per la commemorazione. VILLA MADAMA Talmente forte è nell'artista la convinzione della grandezza degli antichi, che per descrivere la sua opera, utilizza il loro stesso stile letterario, prendendo come esempio Plinio il Giovane. Progettata intorno al 1517 per ©. il cardinale Giulio de' Medici, la villa sorge sulle pentici di monte Mario, ma non fu mai conclusa; nonostante ciò fu esempio per gli architetti futuri di villa suburbana. Raffaello qui si ispira al concetto di ozio, riposo colto, tipico delle ville suburbane dell'antichità. Nelle sue intenzioni, la villa avrebbe dovuto comprendere diversi ambienti disposti su livelli, andando a sfruttare l'orografia del posto. Da un grande cortile esterno, una scalinata avrebbe permesso l'accesso ad un vestibolo, suddiviso in tre navate, in seguito ad un giardino circolare, attorno al quale si sarebbero disposte le stanze, sia ambienti di tipo privato che di rappresentanza. Una grande loggia avrebbe comunicato questo spazio con un giardino esterno e privato, coperto da mura. L'impianto prevedeva anche una cavallerizza, ossia stalle per tanti cavalli, terme ed un teatro. Il progetto fu solo realizzato in parte: metà del cortile circolare è oggi l'accesso, che quindi presenta una cacciata a forcipe, gli spazi abitativi si trovano nella loggia, suddivisa in tre navate e coperta, le due laterali da volte a crociera e quella centrale da una cupola. BALDASSARRE PERRUZZI Nasce in Toscana nel 1481 e muore a Roma il 1536, fu impegnato in vari campi: fu uno dei pochi da potersi considerare un "uomo universale", al pari di figure come Raffaello, capace di incidere sullo sviluppo delle arti in moltissimi settori. Si formò come pittore a Siena con Pinturicchio e Francesco di Giorgio Martini, al seguito del quale è probabile abbia iniziato un'attività architettonica, visto che gli è generalmente attribuito, a soli vent'anni, un ruolo progettuale per la Villa le Volte della famiglia Chigi. Nel 1503, incoraggiato da Agostino Chigi, si trasferì a Roma, continuando ad avere contatti con Siena. Infatti nel 1504 sembra sia stato aiuto del Pinturicchio durante la realizzazione degli affreschi nella Biblioteca Piccolomini, nella Cattedrale di Santa Maria Assunta e gli viene anche attribuito un ruolo nel cantiere della chiesa di San Sebastiano in Valle Piatta (c.1507). Mentre i contemporanei lo considerarono uno dei massimi artisti N del secolo, come risulta nella stessa opera di Vasari, nei secoli successivi fu presto dimenticato, fino fm alla riscoperta novecentesca. Risulta w 7 «x “e Pertanto piuttosto difficile, a parte le ns opere maggiori, completare il regesto i [= dei progetti. VILLA FARNESINA Nel 1505 Agostino Chigi commissiona a Baldassarre una villa nei pressi del Tevere; l'edificio passò nel 1579 in mano alla famiglia Farnese, da allora è conosciuto come “Villa Famesina”. L'edificio, a pianta rettangolare e con due ali avanzate, ha i piao terreno dominato da due logge tra loro ortogonali: la Loggia di Psiche, affrescata da Raffaello e dalla sua scuola, e la Loggia di Galatea, che dà sul Tevere. All'esterno la villa si ripropone come un edificio urbano, sviluppato su due livelli decorati verticalmente da lesene snelle e tuscaniche, che si basano su un podio. Le finestre sono trabeate e l'edificio si corona in alto con un fregio di festoni e putti. AI primo piano, vi è la Sala delle Colonne, dove si può riscontrare la capacità di Baldassarre come pittore: sulle pareti si trovano dilatazioni prospettiche, realizzate con colonne che si affacciano su una veduta urbana. Contrariamente ai suoi predecessori, questa illusione non è sottolineata dalla presenza di uno zoccolo, bensì vi è una continuità tra il reale e la finzione. PALAZZO MASSIMO ALLE COLONNE E nella ricostruzione e nelle modifiche al Palazzo Massimo alle Colonne, danneggiato durante il Sacco del 1527, che Peruzzi mette in campo tutte le sue capacità, avendo a che fare con una facciata curvilinea, i residuo dell'antico Teatro di Marcello, su cui si fonda l’edificio, e pone una risoluzione al problema della proporzione tra portico di facciata, àndito e cortile interno. Vasari riconosce in questo palazzo la svolta dell'architettura romana del primo Cinquecento. Il palazzo è reso simmetrico grazie all'acquisizione di una piccola porzione di una proprietà laterale. La parte inferiore dell'edificio è dominata dal vestibolo a forcipe, dal quale, tramite un basso andito assiale, si accede ad un cortile eccentrico ma regolare. Dotato di una sontuosa copertura piana e di un ornatissimo portale, il vestibolo è stretto fra due porzioni murarie scandite da paraste lisce. E preceduta da due coppie di colonne ioniche e altre due colonne sono affiancate da pilastri. Una trabeazione liscia, assieme ad un'altra fascia liscia, scandiscono orizzontalmente la facciata. Le colonne del primo piano sono alte, presentano piccole balaustre e sono architravate. Si incastrano su un muro trattato a bugnato. Le finestre del secondo piano sono rettangolari e presentano un tipo di cornice mai visto prima d'ora: ossia presentano delle volute. Le ultime, del mezzanino, sono più regolari. Qui si può cominciare a notare una prima rottura degli schemi classici: sporgenze dei balconi nel vuoto tra le colonne, rifiuto delle modanature, introduzione di una nuova cornice, rifiuto di trattare il muro in qualsiasi maniera, preferendo il bugnato. ANTONIO DA SANGALLO IL GIOVANE Appartiene alla famiglia di architetti più importante e numerosa del periodo rinascimentale, conosciuta anche come la setta nefasta dei Sangallo; infatti, è nipote di Antonio da Sangallo il Vecchio, anche lui molto legato alla dimensione architettonica degli antichi (realizzò il San Biagio a Montepulciano, croce greca con quattro prospetti identici). Antonio da Sangallo acquisisce fama a Roma come colui che sa realizzare al meglio un palazzo all'antica. Entra a far parte del Cantiere di San Pietro. TREAT. T PALAZZO BALDASSINI | v E una dimora signorile edificata per volere del giurista Melchiorre Baldassini, uomo dai molti incarichi nella cancelleria apostolica, che, tra il 1515 e il 1518, incaricò del progetto Antonio da Sangallo il Giovane fino ad allora assistente al cantiere di San Pietro. Si tratta di una delle prime opere autonome di Antonio da Sangallo, probabilmente contemporanea come progettazione a Palazzo Farnese e, al contrario di questo, costruita rapidamente, tanto che intorno al 1522 era praticamente completa. Le soluzioni tipologiche adottate nel palazzo Baldassini, che come impianto planimetrico riprende lo studio di Bramante, vengono considerate uno dei primi prototipi di una tipologia che influenzò l'architettura civile non solo del XVI secolo ma fino al XVIII secolo. L'ingresso è sottolineato da un portale che spicca plasticamente sulla severa facciata ed è affiancato da semicolonne doriche che sostengono una trabeazione. L'androne voltato a botte porta ad un ad un cortile di forma quadrilatera su cui si imposta tutta la costruzione e che si sviluppa in altezza con una loggia a due piani con paraste tuscaniche al primo livello e ioniche al secondo. La facciata non è articolata con ordini sovrapposti. Al piano terreno, le finestre con mensole e grate sostituiscono le botteghe presenti nei modelli bramanteschi. Il piano nobile è destinata ad accogliere gli ospiti illustri dei signori di Mantova. Venne costruita su due livelli: al piano nobile l'""Appartamento dell'Estivale" decorato con bugnato e semicolonne tortili, composto da sette stante. Nello spazio inferiore venne realizzato un porticato con arcate e volte. "Corte Rustica" si affaccia direttamente sul cortile interno, un ampio spazio rettangolare erboso a cielo aperto utilizzato per tornei e sfilate, dove i duchi esibivano i loro cavalli purosangue. Venne così chiamato "Cortile della Cavallerizza". MICHELE SANMICHELI Dopo aver soggiornato a Roma per compiere la sua formazione studiando l'arte di Bramante, Raffaello, Sansovino e Sangallo, rientrò a Verona dove ricevette, nel corso della vita, numerose e prestigiose commissioni. Ingaggiato dalla Serenissima come architetto militare, disegnò numerose fortificazioni nella vasta repubblica veneziana, assicurandosi così una grande fama. Lavorò molto anche in Dalmazia. Si occupò anche della progettazione di palazzi e architetture religiose di grande pregio. PORTA NUOVA Porta Nuova è un monumentale accesso al centro storico di Verona, edificato tra il 1532 e il 1540 nell'ambito di un importante rinnovamento della cinta muraria meridionale della città. Il monumento, in cui si può constatare una riuscita fusione tra le esigenze dell'architettura civile e quelle di ordine militare e che si rifà ai più nobili modelli del Rinascimento, fu giudicato assai positivamente da Giorgio Vasari. Situata tra il bastione della Santissima Trinità e il bastione dei Riformati, fu realizzata in concomitanza coi lavori di riallineamento della cinta muraria e lo smantellamento del muro che divideva la Cittadella fortificata dal resto dell'urbe. In questo contesto Sanmicheli ebbe la possibilità di mettere a punto una nuova concezione, dal punto di vista urbanistico, di questa ampia porzione della città veneta, predisponendo come punto focale proprio porta Nuova, che permetteva l'accesso ad un lungo rettifilo che tagliava la città. Il progetto ebbe come primo obiettivo il rinnovamento urbanistico della città, scopo addirittura preminente alle ragioni di ordine militare: Sanmicheli si pose l'obiettivo di assecondare lo spanciamento della città verso Sud. Dal punto di vista militare, egli vide porta Nuova come elemento della cinta muraria e in funzione di essa predispose i due bastioni situati sui fianchi, mentre dal punto di vista civile, la costruzione doveva valorizzare l'Arena e la ripresa dello schema urbanistico romano, basato su ordinati assi rettilinei, in contrapposizione alla disordinata urbanistica di epoca medievale. Questo programma all'atto pratico favorì gli scambi commerciali tra la campagna e il centro. La copertura della porta rimase per molti anni provvisoria e fu completata solo nel 1570. Il volume che compone la struttura della porta dava l'impressione di essere una parte integrante delle mura, in quanto non aggettava oltre la cortina muraria. Anche la sua altezza era limitata, in modo da renderla meno vulnerabile ai colpi delle artiglierie nemiche. Il blocco presenta due torri circolari ai lati, utilizzate dalle sentinelle e, in origine, coperte da un tetto in legno con manto di tegole, la cui forma consentiva un'ottima visuale del territorio circostante. La sommità non coperta della porta veniva utilizzata per il posizionamento delle artiglierie da fortezza. La pianta, rettangolare, è articolata come un elaborato disegno a tre corsie, definite da quattro grandi pilastri con paraste doriche a separazione. Dalle corsie laterali si poteva accedere ai posti di guardia, completi di camini, e a piccoli vani utilizzabili come celle. Gli interni sono quasi interamente coperti dal bugnato. La porta era accessibile dalla campagna grazie a ponti levatoi lignei calati sul ponte fisso di muratura. L'opera recupera alcuni elementi dell'architettura dell'antica Roma, specialmente delle antichità veronesi, tra cui soprattutto l'Arena per l'utilizzo del dorico e del bugnato. Questi rimandi, funzionali al programma politico della repubblica di Venezia che voleva munire et omnare le città da essa controllate ispirandosi alla grandezza dell'antica Roma, si fondevano saldamente alle due funzioni pratiche dell'edificio: via di comunicazione agevole tra urbanizzato e campagna e parte del sistema difensivo dell'abitato. Il prospetto originale verso la campagna riprendeva lo schema compositivo classico dell'arco trionfale ma, grazie alle forme mi 1 massicce e al bugnato che rivestiva completamente la porta, assumeva una visione più severa. La facciata si suddivide in una I I parte centrale col portale maggiore, in cui semicolonne e lesene accoppiate sorreggono un timpano, e in due parti laterali leggermente arretrate con piccoli portali. Questa facciata presentava un ordine dorico massiccio e tozzo, privo di base, e un paramento completamente rivestito a bugnato grezzo, comprese le semicolonne e le lesene, mentre il fregio, contenente metope e triglifi, appare quasi sbozzato. Dal lato della città, la parte centrale riproduce fedelmente la facciata anteriore, mentre ai lati si estende una sequenza di tre aperture ad arco: la più vicina alla porta permetteva l'accesso ad una scala, l'intermedia è un fornice carrabile, l'ultima permetteva l'accesso agli ambienti interni. Si utilizzò materiale lapideo e laterizio, che conferisce alla facciata un aspetto meno severo; nella facciata anteriore è stato utilizzato il marmo rosso di Verona, mentre qui il tufo. PORTA PALIO E un monumentale accesso di Verona fatto erigere tra il 1550 ed il 1561. Questa porta è il monumento più considerevole nato dalla ricerca rinascimentale sul tema del trionfo nella porta urbica, oltre che essere la più estrema manifestazione architettonica della politica del munire et ornare (proteggere e decorare). La decisione di costruire una porta in questa posizione venne presa negli anni trenta del Cinquecento da Francesco Maria | Della Rovere, in quanto era preoccupato della posizione in cui si trovava la piccola porta medievale del ; è I] “a Palio, un'apertura di secondaria importanza nelle mura scaligere, difficilmente difendibile: all'inizio si pensò ad una porta dalle dimensioni imponenti, ma il progetto fu presto scartato. Il secondo progetto prevedeva un frontespizio destinato a formare una piattaforma per l'artiglieria, mai realizzato in quanto dopo la morte del Sanmicheli si propense per concludere la struttura paso ai semplicemente con un tetto. Una relazione del 1571 riporta che la = — struttura era stata completata solo a metà dell'altezza prevista e dotata di una copertura temporanea, precisa inoltre che il progetto di Sanmicheli prevedeva un livello in più. La porta risultò alla fine di scarsa utilità, in quanto rimaneva aperta solo nei mesi estivi e in seguito alle modifiche apportate in opera non era nemmeno utilizzabile come cavaliere. La pianta è rettangolare, un grande blocco, anche maggiore di quello di Porta Nuova, composto da un grande androne centrale, aperto sul retrostante loggiato verso città, e collegato con la campagna tramite un passaggio carraio centrale e due passaggi pedonali laterali, ambedue controllati da due locali riservati al corpo di guardia. L'androne centrale non è suddiviso da pilastri, come si era soliti fare in costruzioni dalla medesima funzione, ma è articolato come un unico grande spazio libero coperto da una volta a crociera. Al piano superiore si trovano altri locali per il ricovero del corpo di guardia. Nonostante l'estensione notevole degli spazi interni, la struttura è dotata di pilastri e muri di notevole « spessore, visto che nel progetto originale dovevano È sostenere il peso dell'artiglieria. Rispetto alle altre porte realizzate da Michele Sanmicheli questa risulta avere un'ampiezza molto maggiore e un ordine più alto, tanto che il prospetto verso campagna assume una scala monumentale e un trattamento quasi sfarzoso, nonostante la porta dovesse adempiere a una funzione militare. Uno dei riferimenti per l'architetto è il teatro romano di Verona. La composizione della facciata è articolata da quattro coppie di colonne piuttosto distanziate l'una dall'altra, tanto che si forma una sequenza alternata di tre campate principali, in cui sono situate le porte, e quattro campate secondarie molto strette. Il paramento, a bugnato liscio e semicolonne di ordine dorico molto elaborate e dalle proporzioni slanciate sostenenti una trabeazione, è composto da elementi di tufo veronese. Il prospetto verso città (articolato come un portico con cinque aperture ad arco terminate da grandi chiavi di volta aggettanti, e divise tra di loro da coppie di semicolonne doriche) ha un aspetto completamente diverso rispetto alla facciata principale rivolta verso la campagna: si presenta un prospetto severo, in cui la superficie del muro non viene alleggerita da decorazioni. Una facciata posteriore così severa contrapposta a una facciata anteriore così sontuosa è spiegabile con la teoria dell'architetto e teorico Serlio: la porta doveva segnalare il limite tra città e campagna, quindi dall'interno della città essa doveva apparire come l'opera di natura, mentre dalla campagna doveva apparire come l'opera di mano dell'uomo. PALAZZO CANOSSA E un celebre palazzo privato veronese, considerato uno dei capolavori architettonici della città. Costruito su commissione della famiglia dei marchesi di Canossa, una delle famiglie più antiche ed illustri d'Italia, che si stabilisce nel Veronese agli inizi del XV secolo, i lavori cominciarono nel 1527. Di chiaro impianto manierista, non presenta l'entrata direttamente sulla strada, ma leggermente spostata in dentro, sotto un meraviglioso porticato. L'intervento di Michele Sanmicheli per Palazzo Canossa è contemporaneo a quello compiuto su palazzo Bevilacqua e che costituiranno successivamente degli esempi. Sanmicheli cercò di allineare la facciata del palazzo alle preesistenze del luogo, per dare un'impostazione scenografica alla via che permane tutt'oggi. PALAZZO POMPEI Fu costruito dal 1535 al 1540 dalla famiglia signorile Lavezzola. Nel 1579 il palazzo venne poi comprato dalla famiglia Pompei, che ne fu residente per diversi secoli. Tra l’Ottocento e il Novecento, le stanze rinascimentali furono accorpate agli edifici adiacenti in modo da creare la sede del museo civico di storia naturale. Già prima di diventare sede del museo, il palazzo ospitava una collezione privata dei proprietari. Il palazzo mostra una facciata semplice ma elegante, con due piani: il piano terra di ordine rustico con il bugnato in pietra, e quello superiore con gli elementi stilistici dell'ordine dorico. Agli angoli si trovano due pilastri, e tra di essi otto colonne scanalate, fra cui sono presenti delle finestre. Il materiale utilizzato per la costruzione è tutto proveniente dal veronese. La porta d'ingresso, costruita ad arco, presentava sopra la chiave di volta uno scudo, su cui probabilmente era raffigurato lo stemma di famiglia. All'interno l'asse centrale divide in due parti simmetriche la pianta dell'edificio, che è composta anche di un cortile quadrato tutto circondato da un colonnato rinascimentale. Al cortile colonnato si giunge da un vestibolo di ingresso, alla cui sinistra si trova una scala monumentale che porta al piano nobile.
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