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Processo esecutivo e contraddittorio: Tipologia, atti preliminari e titoli esecutivi, Appunti di Diritto Processuale Civile

Una dettagliata analisi del processo esecutivo e del contraddittorio, con un focus particolare sui tipi di esecuzione forzata (espropriazione e esecuzione in forma specifica), gli atti preliminari (titolo esecutivo e precetto), e la natura e il requisito di certezza del titolo esecutivo. Il testo illustra anche la differenza tra processo esecutivo e processo sommario, e la relativa garanzia del contraddittorio.

Tipologia: Appunti

2018/2019

Caricato il 21/12/2019

Rok.Giuemachi
Rok.Giuemachi 🇮🇹

4.8

(9)

5 documenti

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Scarica Processo esecutivo e contraddittorio: Tipologia, atti preliminari e titoli esecutivi e più Appunti in PDF di Diritto Processuale Civile solo su Docsity! Il processo di esecuzione L’esecuzione forzata Il processo esecutivo mira ad attuare concretamente la regola di diritto che sia stata anche eventualmente fissata all’esito di un procedimento ordinario di cognizione. Se la cognizione è proprio l’individuazione della regola del caso concreto, l’esecuzione è invece l’attuazione pratica e concreta, la modificazione della realtà in conformità alla regola del caso concreto, che risulta da un titolo esecutivo. Titolo esecutivo che potrà essere o un provvedimento giurisdizionale ovvero potrà essere anche un atto di natura contrattuale, quale il titolo di credito. Quindi non si tratta di giudicare, non si tratta più di accertare i fatti e applicare ad essi il diritto, ma si tratta di più che altro di agire, di modificare la realtà, di adeguare l’ordinamento a quello che è il dictum giudiziale o comunque la normativa contenuta nel titolo esecutivo. Con il processo, quindi, viene ad essere sostituita la volontà del soggetto passivo dell’espropriazione con il procedimento esecutivo, con una serie di atti processuali che realizzano quel mutamento della realtà normativa, o comunque quell’adeguamento della realtà alla norma, che non è stata possibile mediante l’adesione spontanea del soggetto passivo alla normativa stessa. Il processo esecutivo è comunque un vero e proprio processo. Si sviluppa infatti sulla base di una domanda, volta specificatamente alla tutela giurisdizionale esecutiva, ed è un processo che vede partecipare ad esso i tre soggetti del giudizio ordinario di cognizione e cioè il giudice e le parti, benché l’azione esecutiva, rispetto alla quella di cognizione, appaia più come un’azione unilaterale, in quanto il debitore è in una situazione che appare di assoggettamento al processo più che di partecipazione attiva (riservata al convenuto nell’ambito del giudizio ordinario di cognizione). Processo esecutivo e contraddittorio La situazione di soggezione del debitore nel processo esecutivo non fa venir meno comunque la vigenza del principio del contraddittorio: il contraddittorio comunque è garantito, seppure in maniera più formale, nella dinamica processuale, ed è garantito senz’altro dalla possibilità per il debitore di proporre le opposizioni all’esecuzione ed agli atti esecutivi. Quindi il contraddittorio è una sorta di contraddittorio eventuale e di contraddittorio differito rispetto al processo esecutivo, o meglio, esterno al processo esecutivo. Processo esecutivo: natura Una certa dottrina, proprio in virtù di questo differimento del contraddittorio rispetto al processo esecutivo, rintraccia un un’analogia tra il processo esecutivo ed il processo sommario. In realtà il processo esecutivo non si manifesta come alternativo rispetto al procedimento ordinario di cognizione, che è ciò che caratterizza il procedimento sommario rispetto al procedimento appunto di cognizione ordinario Qual è la caratteristica che fa del processo esecutivo un procedimento ordinario e ne esclude l’assimilabilità ad un procedimento sommario? Il processo esecutivo è comunque un procedimento necessario: le forme del processo esecutivo sono delle forme necessarie affinché si possa ottenere proprio quello che vuole il creditore, ovvero quel mutamento, quell’adeguamento forzato, coattivo della realtà alla normativa. Questa necessarietà porta quindi con sé che il processo esecutivo è comunque un procedimento ordinario, e non può ritenersi uno strumento alternativo. Il fatto che sia un processo chiaramente rende applicabile al processo esecutivo i principi generali applicabili al processo, contenuti nel Libro I del codice di procedura. Chiaramente saranno applicabili soltanto quei principi compatibili con la natura propria del processo esecutivo.  Senza dubbio sono inapplicabili i principi in materia di intervento, anche perché l’intervento dei creditori nel processo esecutivo è strettamente disciplinato nelle varie forme di procedimenti esecutivi che poi vedremo.  Ma sono senz’altro applicabili invece o il principio del contraddittorio, seppure con i limiti derivanti dalla struttura del processo esecutivo, o il principio di successione nel processo e nel diritto controverso, o il regime delle nullità, o il regime delle notificazioni salvo disposizioni di carattere peculiare e particolare che il legislatore, chiaramente come ogni volta, può stabilire. Tipologie di processi esecutivi Il processo esecutivo, o esecuzione forzata, è un termine nel quale in realtà si fanno confluire delle realtà alquanto diverse. I procedimenti esecutivi vanno suddivisi in due principali categorie:  l’espropriazione forzata nelle sue tre forme (espropriazione mobiliare, immobiliare e presso terzi);  l’esecuzione in forma specifica, Il codice civile, sotto l’unica denominazione di esecuzione forzata accomuna le due forme dell’espropriazione forzata e dell’esecuzione in forma specifica. Non esiste quindi nel processo esecutivo, con riferimento al processo esecutivo, un processo tipo, un processo base, che valga come modello per tutti i procedimenti, ma due tipi di esecuzione forzata: l’espropriazione e l’esecuzione in forma specifica. Le due tipologie di esecuzione sono volte a tutelare interessi e situazioni di carattere diverso: A. l’espropriazione forzata per crediti di denaro ovvero esecuzione forzata in forma generica è volta a garantire e a tutelare i diritti di credito e i diritti relativi, le situazioni quindi strumentali. Consiste nel procedimento esecutivo diretto a sottrarre coattivamente al debitore determinati beni facenti parte del suo patrimonio, ed a trasformarli pure coattivamente in denaro, per destinarli alla soddisfazione del creditore, ovvero all’assegnazione coattiva della titolarità dei crediti del debitore al creditore, sempre a soddisfacimento delle sue pretese. La funzione è quella di attuazione dell’obbligazione. Ad essere tutelati con l’espropriazione forzata sono le situazioni strumentali, i diritti di credito. L’art. 2740 c.c. prevede la garanzia patrimoniale del debitore, e cioè che il debitore risponda dell’adempimento delle sue obbligazioni con tutti i beni del suo patrimonio. L’art. 2910 c.c. esprime qual è, in via ultimativa, il diritto del creditore, affermando che il creditore, per conseguire quanto gli è dovuto, ha diritto di espropriare i beni del debitore. Con l’ espropriazione dei beni del debitore, la vendita degli stessi, e la distribuzione del ricavato si avrà l’adempimento dell’obbligazione, obbligazione che a seguito della distribuzione del ricavato verrà ad essere estinta per adempimento. È noto che le situazioni strumentali, i diritti di credito, sono quelli attraverso i quali avviene una modifica delle situazioni patrimoniali, uno spostamento di un bene dal patrimonio di un soggetto al patrimonio di un altro soggetto: che questo bene si caratterizzi per essere denaro - Necessario in quanto l’art. 474 c.p.c. ci dice che soltanto i creditori muniti di titolo esecutivo possono agire in executivis, possono avviare il processo esecutivo; se l’art. 2910 c.c. prevede genericamente che il creditore può far espropriare i beni del debitore, qui si chiarisce che in realtà non tutti i creditori possono far espropriare i beni del debitore, ma solo i creditori muniti di titolo esecutivo: solo questi possono infatti assumere la veste di attori nel processo esecutivo. Il titolo esecutivo è dunque un presupposto necessario in quanto senza titolo esecutivo il creditore non può promuovere l’esecuzione. - Il titolo esecutivo è presupposto sufficiente dell’esecuzione in quanto chi possiede il titolo non ha bisogno di provare altrimenti il proprio credito o il proprio diritto ad ottenere la cosa. Ciò perché al titolo esecutivo viene riconosciuta dal legislatore una efficacia incondizionata, nel senso che non è possibile far venir meno il processo esecutivo se non si fa venir meno il titolo esecutivo. Titolo esecutivo che si può far venir meno, a seconda dei casi, in modi diversi. Ma finché c’è il titolo esecutivo l’esecuzione prosegue ed è una condizione sufficiente affinché il processo esecutivo prosegua. L’azione esecutiva presuppone l’accertamento del diritto che sia stato fatto in sede in sede di cognizione oppure in sede stragiudiziale, accertamento che deve essere consacrato in un documento che lo rappresenti senza incertezze di modo che l’organo esecutivo lo rappresenti senza incertezze, di modo che l’organo esecutivo possa operare senza preoccupazioni. Questo documento è il titolo esecutivo. Per avviare l’esecuzione forzata è dunque necessario un titolo esecutivo e far valere un diritto certo, liquido ed esigibile (art. 474 c.p.c.). Il diritto di credito deve essere:  liquido, e cioè determinato nel suo ammontare, nei suoi estremi precisi oggettivi;  esigibile, cioè non sottoposto a condizione o termine, che non si sia verificata la prima ovvero che non sia scaduto il secondo.  certo: il requisito della certezza che il titolo esecutivo riesce a dare del diritto è il requisito più discusso e più problematico. Perché, in realtà, l’art.474 c.p.c. nell’elencare le tipologie di titoli esecutivi, mette insieme titoli esecutivi giudiziali e stragiudiziali, e anche all’interno dei titoli giudiziali mette dei provvedimenti estremamente differenti tra loro, che sono frutto di un procedimento con garanzie del tutto differenti. Il titolo esecutivo e la natura del diritto Siamo nell’ambito di quelle norme che vorrebbero essere omnicomprensive della disciplina dell’espropriazione forzata e dell’esecuzione in forma specifica, e quindi la legge utilizza l’espressione “diritto” senza specificare se si tratti di diritto di credito sia diritto assoluto (ma in realtà tutta la problematica più complessa attinente al titolo esecutivo riguarda più l’espropriazione forzata che non l’esecuzione in forma specifica). Per l’esecuzione in forma specifica, infatti, unico titolo esecutivo è la sentenza e quindi si tratta di vedere se la sentenza sia passata in giudicato o meno, se la sentenza, nonostante sia passata in giudicato, sia comunque esecutiva. Le problematiche connesse alla certezza del titolo esecutivo sono proprie invece delle altre tipologie di titoli esecutivi previste dalle legge, di natura stragiudiziale. Sono raccolti nella categoria dei titoli esecutivi sia, ad es., una sentenza passata in giudicato, dotata della forza e dell’immutabilità che sono note; sia un’ordinanza ex art. 186bis, che è sempre revocabile e modificabile; così come è titolo esecutivo anche la sentenza di primo grado, che è riformabile nel giudizio di appello. Quindi in realtà questo requisito della certezza è un requisito che viene volontariamente attribuito dal legislatore, ma che non trova una giustificazione in come il titolo esecutivo è intrinsecamente, cioè nella natura del titolo esecutivo. E’ semplicemente una scelta politica, legislativa, di attribuire o meno efficacia esecutiva ad un diritto riconosciuto e incarnato in un determinato titolo. La certezza dei titoli esecutivi non è legata alla certezza che dell’esistenza del diritto che il titolo dà, ma è legata semplicemente a scelte di carattere legislativo. Alla base di queste scelte ci sono delle esigenze pratiche di tutela di un diritto piuttosto di un altro, della tutela della circolazione più veloce di denaro rispetto ad altri beni; chiaramente, alla base di tali scelte, c’è la ricerca di un punto di equilibrio tra l’esigenza del creditore di veder rapidamente soddisfatto il proprio credito e l’esigenza di certezza del debitore a che l’azione esecutiva sia promossa per un debito effettivamente esistente. Titoli esecutivi giudiziali e stragiudiziali. L’art.474 elenca gli atti da considerarsi titoli esecutivi: Titoli giudiziali: le sentenze, i provvedimenti e gli altri atti ai quali la legge riconosce efficacia esecutiva. Quindi, oltre che le sentenze, anche le ordinanze, anche decreti, tipo ingiuntivi, e provvedimenti finali dei procedimenti sommari. [Con la novella del ’90 abbiamo visto il proliferare di provvedimenti giurisdizionali dotati di efficacia esecutiva. La sentenza di primo grado con il vecchio rito non era dotata di efficacia esecutiva ora lo è; quindi, è una scelta; non è che dal vecchio al nuovo rito la sentenza di primo grado è dotata di una certezza maggiore rispetto al passato, è sempre una sentenza di primo grado che viene emessa all’esito di un procedimento giurisdizionale con i criteri che lo governano; però c’è nel legislatore la scelta della prevalenza della esecutività. Mentre le sentenze ed i provvedimenti di natura condannatoria hanno bisogno di essere eseguiti concretamente, la condanna ha bisogno di essere concretizzata, non è in sé sufficiente se poi il soggetto passivo della condanna non mi si adegua spontaneamente alla sentenza. Titoli stragiudiziali:, commi 2-3 dell’art. 474 c.p.c. a) le scritture private autenticate, relativamente alle somme di denaro in esse contenute b) le cambiali e gli altri titoli di credito ai quali la legge riconosce efficacia esecutiva, c) gli atti pubblici ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge a riceverli. N.B.: L’autonoma menzione, nell’art. 474 c.p.c., dell’atto pubblico rispetto alla scrittura privata autenticata si spiega col fatto che: o l’atto pubblico, a differenza della scrittura privata autenticata, può dar luogo, alla luce del tenore testuale dell’art. 474 c.p.c., anche all’esecuzione forzata specifica per consegna o rilascio o la scrittura privata autenticata può fondare invece l’esecuzione per espropriazione forzata finalizzata alla soddisfazione coattiva dell’obbligazione, risultante dalla scrittura medesima, avente ad oggetto una somma di danaro. Il titolo esecutivo Ci possono essere chiaramente nella vita della contestazione del titolo esecutivo, delle cause che possono determinare la sospensione eventualmente del processo esecutivo, ma sono ipotesi accidentali, e sono comunque rimesse alla discrezionalità del giudice. Dunque non è necessariamente detto che si addivenga alla sospensione: potremmo avere un’esecuzione che arrivi a buon fine, sulla base di un titolo che venga poi successivamente caducato. Titoli esecutivi giudiziali e stragiudiziali Hanno efficacia di titolo esecutivo solo quelle sentenze e quei provvedimenti che hanno contenuto condannatorio, e cioè quelle sentenze e quei provvedimenti che non danno immediatamente la soddisfazione richiesta: una sentenza di accertamento soddisfa immediatamente quanto richiesto, in quanto è l’accertamento della situazione di fatto la domanda. Così pure pienamente soddisfacente per l’attore è una sentenza costitutiva, qual è ad es. quella ex art. 2932 c.c., che dal codice civile viene inserita nell’ambito dell’esecuzione forzata (ma che con essa non ha a che fare). Si tratta di una sentenza che, a fronte di un preliminare non eseguito, tiene luogo del contratto definitivo, quindi realizza l’obbligazione specifica alla conclusione del contratto definitivo: se lo scopo del giudizio è sostituire un contratto, questo è compiutamente raggiunto con la sentenza. Titoli esecutivi giudiziali e stragiudiziali: la spedizione in forma esecutiva Per i titoli giudiziali, nonché per gli atti ricevuti dal notaio o da altro pubblico ufficiale, l’idoneità a valere come titolo esecutivo è subordinata ad un elemento squisitamente formale, rappresentato dalla spedizione in forma esecutiva. Questa consiste nell’apposizione sul titolo della intestazione “Repubblica italiana – in nome della legge» e nell’apposizione della c.d. formula esecutiva: “Comandiamo a tutti gli ufficiali giudiziari che ne siano richiesti e a chiunque spetti, di mettere a esecuzione il presente titolo, al pubblico ministero di darvi assistenza e a tutti gli ufficiali della forza pubblica di concorrervi, qualora ne siano legalmente richiesti” (art. 475 c.p.c.) I titoli che hanno bisogno della spedizione in forma esecutiva sono le sentenze e gli altri provvedimenti dell’autorità giudiziaria nonché gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale: perché? La ragione è che l’originale di questi titoli si trova depositato, a seconda dei casi, presso la cancelleria o presso il pubblico ufficiale che ha ricevuto l’atto, dunque il creditore deve necessariamente servirsi di una copia autentica. La spedizione in forma esecutiva è consentita di regola una sola volta a favore di una determinata parte (sotto comminatoria di una pesante sanzione pecuniaria a carico del cancelliere o del pubblico ufficiale che contravvenga al divieto – cfr. art. 476). In tal modo, si mira ad evitare che il creditore possa utilizzare più copie autentiche del medesimo titolo al fine di promuovere diversi processi esecutivi. Il precetto Il precetto è un atto proveniente dal creditore di intimazione al debitore di adempiere l’obbligo risultante dal titolo, entro un termine non minore di dieci giorni, con l’avvertimento che mancando l’adempimento, si procederà ad esecuzione forzata Anch’esso è un atto preliminare o preparatorio del processo di esecuzione, come può facilmente rilevarsi dalla sua funzione di preannunciare l’inizio dell’azione esecutiva Il precetto è redatto dalla parte che risulta legittimata dal titolo esecutivo, al quale lo sottoscrive e provvede a farlo notificare al debitore dall’ufficiale giudiziario. Esso è un atto recettizio, in quanto inserendo lo stesso sul portale del Ministero della Giustizia in un’area pubblica denominata “Portale delle vendite pubbliche”, l’omessa pubblicazione sul portale comporta la dichiarazione di estinzione del processo esecutivo. Giudice dell’esecuzione L’organo direttivo del processo di esecuzione è il giudice dell’esecuzione (G.E.) la cui funzione si esplica: - attraverso il potere di ordinanza, in seguito a ricorso, anche orale, delle parti. Le ordinanze emesse nel corso del processo esecutivo possono essere revocate o modificate dallo stesso giudice dell’esecuzione fino a quando non abbiano avuto esecuzione - attraverso il potere di audizione degli interessati, esercitando mediante la fissazione di un’udienza apposita, con decreto comunicato dal cancelliere. A seguito della riforma del ’90 il giudice dell’esecuzione è infatti competente per le opposizioni: decide in funzione del giudice unico, senza rimessione della causa al Collegio. Con la riforma del 1999 giudice dell’esecuzione è sempre il Tribunale in composizione monocratica. Si tenga presente che il giudice dell’esecuzione viene nominato al momento della formazione del fascicolo dell’espropriazione, contenente all’inizio il titolo esecutivo e l’atto di precetto notificati e il pignoramento effettuato. Il D.Lgs. 116/2017 sula “Riforma organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace”, le cui funzioni sono state ampliate fino a ricomprendervi tra le altre l’espropriazione forzata di cose mobili come disposto dal nuovo art.15 bis. Tali modifiche entreranno in vgore dal 31.10.2021. L’esprorpiazione forzata L’espropriazione forzata è quel tipo di processo esecutivo costituito da un complesso di atti diretti a sottrarre coattivamente al debitore determiniati beni facenti parte del suo patrimonio ed a convertirli in denaro, con cui soddisfare il creditore. Essa è quindi una forma di esecuzione indiretta, a differenza dell’esecuzione in forma specifica, che può definirsi diretta, in quanto avente ad oggetto proprio il bene dovuto. Forme dell’espropriazione forzata Si conoscono tre tipologie, a seconda proprio dell’oggetto dell’espropriazione: 1. espropriazione mobiliare presso il debitore, che ha ad oggetto beni mobili che si trovano nella casa del debitore ovvero negli altri luoghi appartenenti al debitore; 2. espropriazione mobiliare presso terzi (o espropriazione di crediti), ossia di cose che si trovano in possesso di un terzo, di crediti che un terzo abbia nei confronti del debitore, ovvero di cose del debitore che si trovino presso un terzo; 3. espropriazione immobiliare, che ha chiaramente ad oggetto i beni immobili del debitore. Al fine di soddisfare il proprio credito il creditore può optare per l’una o per l’altra forma di espropriazione, ed ai sensi dell’art.483 può avvalersi cumulativamente dei diversi mezzi di espropriazione forzata provvisti dalla legge, ma su opposizione del debitore, il giudice dell’esecuzione, con ordinanza non impugnabile, può limitare la espropriazione al mezzo che il creditore sceglie, o in mancanza, a quello che il giudice stesso determina. In generale (art.483-512) il procedimento di espropriazione si svolge attraverso tre fasi 1. il pignoramento 2. la vendita o l’assegnazione del bene pignorato 3. la distribuzione del ricavato Il pignoramento Il pignoramento è il primo atto del processo esecutivo, l’atto con cui inizia qualunque forma di espropriazione . Esso subisce chiaramente un’influenza nelle sue modalità concrete di attuazione proprio in relazione a quello che è l’oggetto dell’espropriazione. In via generale, il pignoramento è l’ingiunzione che l’ufficiale fa al debitore di non disporre dei beni sottoposti all’espropriazione forzata, ossia di astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre alle garanzia del credito i beni che si assoggettano all’espropriazione e i frutti di essi (art.492). Oltre a determinare l’inizio dell’espropriazione, scopo del pignoramento è l’individuazione specifica dei beni sui quali l’espropriazione avrà luogo; cioè, quella garanzia patrimoniale che l’art. 2740 c.c. prevede in modo generico con il pignoramento viene a specificarsi, cioè vengono individuati i beni che concretamente verranno espropriati, venduti e il cui ricavato sarà diviso tra i creditori. Sotto il profilo soggettivo, il pignoramento è un atto dell’ufficiale giudiziario, che lo pone in essere su istanza del creditore previa esibizione da parte dello stesso del titolo esecutivo e del precetto ritualmente notificati Sotto il profilo oggettivo, consiste in un’ingiunzione fatta al debitore , previa l’esatta indicazione del credito e dei beni che vengono assoggettati all’espropriazione Quindi, effetti del pignoramento sono innanzitutto: 1) l’individuazione specifica dei beni oggetto dell’espropriazione; tale individuazione può essere altresì eseguita anche ai sensi dell’art.492 bis, attraverso la modalità telematica. Tale modalità deve essere autorizzata dal presidente del tribunale ove il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede. Se tale verifica ha dato esito positivo per l’istante il presidente del tribunale autorizza l’ufficiale giudiziario ad accedere alle banche dati delle pubbliche amministrazioni o a quelle alle quali le stesse possono accedere (anagrafe tributaria, archivio rapporti finanziari, etc..) terminata la verifica viene redatto processo verbale in cui sono richiamate le risultanze. Se i beni sono nel territorio di competenza dello stesso ufficiale giudiziario quest’ultimo procede d’ufficio all’esecuzione del pignoramento, diversamente il creditore dovrà rivolgersi all’ufficiale giudiziario del territorio territorialmente competente al pignoramento. 2) in secondo luogo la costituzione di un vincolo di indisponibilità sui beni ad opera del debitore. Il debitore comunque rimane titolare dei beni, in quanto con il pignoramento il debitore non perde automaticamente la proprietà o la titolarità dei suoi beni; addirittura il denaro oggetto della vendita dei beni è proprietà del debitore, tanto che, se vengono soddisfatti tutti i creditori e qualcosa avanza, chiaramente viene restituito al debitore. Il vincolo di indisponibilità non è altro che un vincolo di indisponibilità relativa, cioè una inopponibilità degli atti di disposizione su questi beni nei confronti dei creditori. B) Oggetto del pignoramento Il pignoramento può avere ad oggetto: — beni determinati, scelti fra tutti i beni rientranti nel patrimonio del debi- tore (art. 2910 comma 1 c.c.); — beni appartenenti a terzi (art. 2910 comma 2 c.c.) «quando sono vincola- ti a garanzia del credito o quando sono oggetto di un atto che è stato revoca- to perché compiuto in pregiudizio del creditore». - Beni impignorabili È —____— 3 | Non sono, invece, pignorabili: i fa perché non suscettibili di espropriazione: — ibenti demaniali dello Stato, beni delle Province e dei Comuni soggetti al regime del demanio pubblico (es. cimiteri); Ì — beni che fanno parte del patrimonio indisponibile dello Stato, delle Province e dei Comuni; | — edifici destinati all'esercizio del culto cattolico, anche se appartenenti a privati; i — Te cose sacre è quelle che servono all'esercizio del culto; — gliimmobili di cui agli arti. 14 e 16 del Trattato del Laterano dell'11-2-1929; — ibeni di Stati e sovrani stranieri, che abbiano una destinazione pubblica (es. residen- | î ze diplomatiche); — ibeni e le ragioni dotali destinate ad sustinenda onera matrimonii (non però i frutti | dotati); i — T'usufrutto legale degli ascendenti; I — idiritti di uso e di abitazione; | | — i beni del fondo patrimoniale e È fruiti di essi per i debiti contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia (arL170 c.c.}; — perché sottratti all'espropriazione: — quanto alle cose materiali (art. 514): — TVanello nuziale, i vestiti, la biancheria, i letti, gli utensili di casa e cucina; i — icommestibili e i combustibili necessari per un mese al mantenimento del debito- | re e della sua famiglia; — leanni e gli oggetti che il debitore ha l'obbligo di conservare per l'adempimento | di un pubblico servizio; — le decorazioni al valore, le lettere, i registri, gli scritti di famiglia; — glianimali di affezione o da compagnia tenuti presso la casa del debitore o negli altri luoghi a lui appartenenti, senza fini produttivi, alimentari o commerciali, nonché gli animali impiegati ai fini terapeutici o di assistenza del debitore, del coniuge, del con- vivente o dei figli (numeri aggiunti dalla L. 28-12-2015, n. 221, cd. green econoniv); una somma di denaro pari all'importo delle spese e dei crediti del credito. re pignorante e dei creditori intervenuti. Originariamente, il debitore che chiede la conversione deve depositare in can- celleria, unitamente all'istanza, la somma corrispondente ad wr quinto dell'im- porto dei crediti per i quali è stato eseguito il pignoramento o proposto inter- vento; è ammessa la possibilità del pagamento rateale della somma (per un massimo di 18 mesi) in caso di espropriazione immobiliare; l'istanza di con- versione può essere avanzata una sola volta, a pena di inammissibilità. Il D.L. 83/2015 conv. in L. 132/2015 è intervenuto nella procedura di con- versione del pignoramento aggiungendo anche i beni mobili. Rimane la fa- coltà per il giudice di concederla (può), se ricorrono giustificati motivi, ma la rateizzazione non è più di un anno e mezzo (18 mesi), ma può arrivare a tre anni (36 mesi). In più, ogni sei mesi il giudice distribuisce le somme versate dal debitore. Dette disposizioni (art. 495) si applicano anche ai pro- cedimenti pendenti alla data di entrata in vigore del decreto. Quando è già stata disposta la vendita, la stessa ha comunque luogo con l'osservanza del- le norme precedentemente in vigore e le disposizioni di cui al decreto si applicano quando il giudice o il professionista delegato dispone una nuova vendita. La liberazione dei beni mobili ed immobili dal pignoramento arriva solo col versamento dell'intera somma. Ulteriori modifiche all'istituto della conversione del pignoramento, tutte orientate in senso favorevole al debi- tore, sono state introdotte nell'art. 495 dal D.L. 14-12-2018, n. 135 conv. in L. 11-2-2019, n. 12: la somma da depositare in cancelleria unitamente all'istanza di conversione è ridotta da un quinto ad un sesto dell'importo del credito per cui è eseguito il pignoramento; la rateizzazione mensile mas- sima accordabile al debitore (quando le cose pignorate siano costituite da beni immobili o cose mobili) è elevata dagli originari 36 mesi sino a 48 mesi e il termine di tolleranza del ritardo nel pagamento delle rate è stato aumentato da 15 a 30 giorni. Tali modifiche non si applicano alle proce- dure esecutive in corso alla data di entrata in vigore della legge di conver- sione (pubblicata in G.U. del 12-2-2019, n. 36): esse quindi operano soltan- to per le procedure iniziate a partire dal 13-2-2019; — chiedere la riduzione del pignoramento quando il valore dei beni pigno- rati è superiore all'importo delle spese e dei crediti: anche la riduzione del pignoramento è disposta dal giudice. Perle procedure esecutive iniziate successivamente alla data di entrata in vigore del decreto (27-6-2015), il D.L. 83/2015 conv. in L. 132/2015 ha mo- dificato l'art. 497, stabilendo che la cessazione dell'efficacia del pignora- mento arriva dopo 45 giorni e non 90. Tale termine è perentorio, prescrit- to, cioè, a pena di decadenza. Esso rimane sospeso nel caso di opposizione agli atti esecutivi (art. 628); se vi è opposizione alla esecuzione, la sospensione non ha luogo automatica- i mente ma deve essere ordinata dal eiudie _______ __ Le forme del pignoramento sono influenzate dall’oggetto del pignoramento stesso. I. Il pignoramento mobiliare (art. 518), con l’apprensione diretta del bene mobile che si trova nella casa del debitore ovvero con la redazione di un verbale in cui sono specificatamente indicati i beni sottoposti a pignoramento e nominato il custode. II. Il pignoramento immobiliare avviene tramite notifica al debitore e successiva trascrizione di un atto nel quale sono esattamente indicati gli estremi richiesti dal c.c. per l’individuazione dell’immobile ipotecato con l’ingiunzione di cui all’art. 492 c.p.c. (art. 555). In quest’atto il terzo è invitato a presentarsi davanti al giudice per rendere la dichiarazione se esista o meno il suo debito nei confronti del debitore esecutato, ovvero se lui sia o meno in possesso di cose del debitore che siano suscettibili di essere oggetto di espropriazione. Quindi contiene l’atto notificato nell’espropriazione del terzo, sia l’ingiunzione di non disporre dei beni al debitore, sia questa citazione del terzo a comparire innanzi al giudice, e contestualmente anche l’intimazione al terzo di non consegnare i beni di cui sia possessore o di non adempiere l’obbligazione di cui sia debitore, se non su ordine del giudice. Il pignoramento presso terzi Il pignoramento dei crediti e delle cose che si trovano presso un terzo avviene attraverso la notifica di un atto complesso nei confronti del debitore e del terzo (art. 543). Il terzo è chiamato a rendere una dichiarazione davanti al giudice sull’esistenza dell’obbligo nei confronti del debitore, la quale potrà essere una dichiarazione positiva o negativa.  Nel caso sia positiva, si procederà con l’assegnazione o la vendita del credito o della cosa, secondo le forme normali.  Nel caso in cui sia totalmente o parzialmente negativa, il creditore potrà instaurare un giudizio per l’accertamento dell’esistenza del diritto del debitore nei confronti del terzo, al fine di stabilire l’assoggettabilità o meno del bene del terzo all’esecuzione forzata.
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