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il processo esecutivo, Dispense di Diritto Processuale Civile

riassunto fatto bene del volume 4 del Luiso per la preparazione dell'esame di diritto processuale civile

Tipologia: Dispense

2019/2020

Caricato il 07/08/2021

gianluca.arzillo.71
gianluca.arzillo.71 🇮🇹

4.3

(3)

6 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica il processo esecutivo e più Dispense in PDF di Diritto Processuale Civile solo su Docsity! LUISO VOLUME III-IL PROCESSO ESECUTIVO- ESECUZIONE DIRETTA E INDIRETTA Il diritto di azione e di difesa, previsti e garantiti dall’art.24 Cost. comprendono anche la tutela esecutiva. La norma costituzionale garantisce il diritto ad una tutela giurisdizionale efficace che si deve esplicitare in tutte le forme necessarie per la soddisfazione dei vari diritti: nella forma del processo di cognizione, cautelare e di esecuzione forzata. La Corte di Strasburgo ha più volte affermato che il diritto all'equo processo, previsto dall’art.6 della convenzione europea dei diritti dell'uomo, comprende anche la tutela esecutiva. E la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di alcune norme che, nella sostanza, impedivano la tutela esecutiva. All’inadempimento dell’obbligato si può reagire, in sede giurisdizionale esecutiva, con l'esecuzione forzata di retta. tta o @ Sihaesecuzione diretta tutte le volte in cui l'inerzia dell’obbligato è sostituita dall'attività dell'ufficio esecutivo, il quale si attiva in luogo dell'inadempiente, compie ciò che quest’ultimo avrebbe dovuto fare, e fa conseguire all’'avente diritto l'utilità che gli spetta secondo il diritto sostanziale. Poiché l’attività di ufficio è sostitutiva di quella che doveva tenere l’obbligato, è ovvio che il titolare del diritto non può ottenere di più (nè deve ottenere di meno) di quello che avrebbe ottenuto in virtù dell'adempimento spontaneo dell’obbligato. Questa tecnica ha un limite naturale: ovvero l'obbligo deve essere infungibile; per il titolare del diritto deve essere indifferente che la prestazione provenga personalmente del’’obbligato oppure da un terzo. Occorre precisare che la nozione di fungibil infungibi è diversa da quella disciplinata dagli artt.1285 cc.; qui essa sta ad indicare la sostituibilità o meno, da parte di un terzo (cioè l’uff esecutivo), della prestazione inadempiuta dall’obbligato. Fanno parte degli obblighi infungibili tutti quelli, in cui l'adempimento personale da parte dell’obbligato è determinante o a causa del contenuto personale della prestazione o perché si stratta di obblighi di astensione: tutti gli obblighi di astensione sono infungibili. ® Quando si è in presenza di obblighi infungibili si rende così necessaria l'esecuzione indiretta: occorre indurre l’obbligato ad adempiere, e ciò può essere ottenuto prevedendo che l'obbligato inadempiente vada incontro a conseguenze negative per lui più onerose dell'adempimento, conseguenze civili o penali: a) misure coercitive civili, quando sia previsto che a carico dell’inadempiente, sorge l'obbligo di pagare una certa somma di danaro, per ogni ulteriore periodo di inerzia o per ogni ulteriore violazione del dovere di astensione. La somma è quindi determinata con riferimento ad una unità temporale (giorno, settimana, mese)per l'inadempimento di obblighi di fare, e con riferimento ad ogni illecito commesso per la violazione degli obblighi di astensione. Il beneficiario delle somme versate può essere lo Stato (o altro ente pubblico) oppure la controparte. b) misure coercitive penali, quando sia previsto che, verificatesi i presupposti della tutela esecutive, gli ulteriori inadempimenti dell’obbligato integrano un'ipotesi di reato. Nel nostro ordinamento, oltre che ad un'esecuzione indiretta generalizzata per tutte le prestazioni infungibili (art.614-bis cpc), il legislatore qua e là prevede ipotesi specifiche do esecuzione indiretta, talvolta adottando la tecnica civilistica e talaltra quella penalistica. L'esecuzione indiretta in astratto potrebbe essere usata sia per obblighi infungibili che per quelli fungibili, ma di solito è utilizzata solo per quelli infungibili, perché come tecnica esecutiva ha degli inconvenienti: a) gli strumenti coattivi operano sulla volontà dell’obbligato, e quindi possono essere inefficaci, ove l’obbligato sia particolarmente determinato a non adempiere. b) in secondo luogo, lo strumento coattivo di natura penale costituisce un ulteriore appesantimento per una giurisdizione, quella penale, che è già sovraccarico. c) lo strumento coattivo di natura civile, è un'arma spuntata nei confronti di chi non ha un patrimonio con cui rispondere dell’obbligazione pecuniaria. AI contrario invece, l'esecuzione indiretta non serve se l'obbligato ha un patrimonio talmente ingente da essere insensibile al pagamento della somma. (ex di Lucio Verazio che si divertiva a schiaffeggiare le persone che incontrava, ed era seguito da un servitore). Dobbiamo chiederci ora cosa accada nell'ipotesi in cui l'esecuzione indiretta sia utilizzata per un diritto (accertato poi) inesistente. Se il giudice, nella sede competente, dichiara che chi ha subito l'esecuzione indiretta aveva diritto di tenere oppure di non tenere il comportamento a lui ripetitivamente vietato o imposto, allora ha fatto bene quel soggetto a non ottemperare all’ordine del giudice: egli aveva il diritto di non ottemperare. Quindi, una volta riformato il provvedimento, cade la sanzione penale e, se si tratta di sanzione civile, le somme pagate gli devono essere restituite. I PRESUPPOSTI E IL CONTENUTO DELLE MISURE GIURISDIZ. ESECUTIVE Document shared on www.docsity.com Downloaded by: gianluca.arzillo.71 (gianlucaarzillo@hotmail.it) Dal punto di vista generale esiste una differenza fondamentale fra la tutela dichiarativa (libro Il cpc) e quella esecutiva. Infatti sono diversi i presupposti affinché la “macchina processuale” si attivi nelle due ipotesi. ® il presupposto della tutela dichiarativa è costituito dalla semplice affermazione, da parte di chi richiede la tutela giurisdizionale, che esiste una situazione sostanziale che ha bisogno di quel tipo di tutela. La sentenza che il giudice dovrà emettere sulla base della sola richiesta, può essere di contenuto positivo o negativo per il richiedente. Ampliando il discorso ai possibili esiti del processo, vediamo i contenuti della misura dichiarativa che possono essere così definiti: in primo luogo, avremo una sentenza con cui il giudice dichiara che non esistono le condizioni processuali per dare le regole di condotta relative al diritto dedotto in giudizio. Tali sentenze sono provvedimenti che il giudice emette quando è carente anche una sola delle condizioni affinché possa scendere all'esame di merito. Una volta che sia sia superato positivamente l'esame delle condizioni per la pronuncia di merito, il contenuto della sentenza di merito si sbiadisce: da un lato avremo la sentenza di merito con cui si accoglie la domanda, dall’altro quella con cui si rigetta la domanda. ® se passiamo al processo esecutivo, la situazione è diversa. Perché si possa giungere all'emanazione della misura giurisdizionale esecutiva sono necessarie ulteriori condizioni (oltre all'affermazione del diritto e alla sussistenza dei presupposti processuali). La tipologia delle risposte dell’ufficio esecutivo non è tripartita, ma è soltanto bipartita, cioè l'ufficio esecutivo può o rifiutare la misura giurisdizionale richiesta o concederla. La misura giurisdizionale esecutiva di merito è sempre e costantemente a senso unico, cioè favorevole all'istante. Quindi il primo risultato è che nel processo esecutivo non è rilevante accertare se esiste o meno il diritto; si presuppone che il diritto esista e he abbia bisogno di tutela esecutiva. IL TITOLO ESECUTIVO Secondo l’art.474 cpc, l'esecuzione forzata può aver luogo in virtù di un titolo esecutivo. Il titolo esecutivo è la fattispecie da cui nasce un effetto giuridico, che è la tutelabilità esecutiva del diritto sostanziale, cioè la pretesa alla tutela esecutiva nei confronti dello stato, quella che si chiama anche azione esecutiva. Il titolo esecutivo costituisce la condizione necessaria perché l'ufficio esecutivo sia obbligato a fornire la tutela giurisdizionale richiesta. Per la sua soddisfazione un altro soggetto (l’obbligato) deve tenere un certo comportamento. L'ordinamento però non fornisce la tutela esecutiva a tutti i diritti per il solo fatto che, strutturalmente, si trovino nella condizione di essere soddisfatti attraverso l'adempimento di un altro soggetto. La fattispecie da cui nasce il diritto alla tutela esecutiva, è diversa e ulteriore rispetto alla fattispecie da cui nasce il diritto da tutelare in sede esecutiva. Dobbiamo quindi distinguere il diritto alla tutela esecutiva dal diritto oggetto dell'esecuzione. il diritto oggetto dell'esecuzione è il diritto sostanziale, il diritto alla tutela esecutiva è il diritto processuale a che l’ufficio esecutivo si mette i moto e ponga in essere le misure giurisdizionali previste. Il titolo esecutivo deve sorregge tutto quanto il processo esecutivo: esso deve esistere al momento dell’ini; e deve permanere per tutta la sua durata. Il primo comma dell’art. 474 cpc, stabilisce che l'esecuzione forzata non può avere luogo che in virtù di un titolo esecutivo “per un diritto certo, liquido, ed esigibile”. La giurisprudenza e la dottrina sono giunte alle seguenti conclusioni. lo di esso a) l’espressione diritto “certo” si riferisce essenzialmente all'esecuzione per consegna o rilascio e all'esecuzione per obblighi di fare. La certezza consiste nell’individuazione del bene oggetto dell’intervento esecutivo e del “fare” che deve essere compiuto. L'individuazione di ciò che deve esser compiuto è già tipizzata dal legislatore. L'esecuzione per obblighi di fare non è invece tipizzata dal legislatore. Anche l'esecuzione per obblighi di omettere non è tipizzata dal legislatore. b) l’espressione “diritto liquido” si riferisce essenzialmente ai crediti relativi a somme di danaro (o quantità di cose fungibili); il credito che spetta deve essere quantificato numericamente, direttamente nel titolo esecutivo oppure quantificabile con operazioni matematiche sulla base di elementi contenuti nello stesso titolo. Più incerta è la disciplina della rivalutazione. La condanna alla rivalutazione è calcolabile con un'operazione matematica. Il problema è che il tasso di inflazione di solito non risulta calcolato dal titolo esecutivo. Occorre tener conto che la giurisprudenza fa un'eccezione per il titolo esecutivo giudiziale. Prendendo spunto dal fatto che, in materia di efficacia dichiarativa della sentenza, per chiarire la portata precettiva della stessa pacificamente si può far riferimento a elementi esterni ed extratestuali, non desumibili dal titolo, ma risultanti dagli atti del processo. c) il diritto “esigibile” significa non sottoposto a termine o condizione. Il dato della esigibilità non deve essere riferito al momento della formazione del titolo ma al momento dell’esecuzione forzata. Un'ipotesi di non esigibilità è prevista dall'art. 478 cpc, quando l'efficacia del titolo esecutivo è subordinata alla prestazione di una cauzione. In questi casi, secondo l’art. 478 cpc “non si può iniziare l'esecuzione forzata finché questa non sia stata prestata”. Analogamente dispone l'art. 669-novies Ill cpc, con riferimento ai provvedimenti cautelari. La cauzione quindi non costituisce requisito per l'emanazione del provvedimento, sibbene Document shared on www.docsity.com Downloaded by: gianluca.arzillo.71 (gianlucaarzillo@hotmail.it) rapporto istante-esecutato (di diritto sostanziale), il titolo esecutivo non è idoneo a modificare la situazione di diritto sostanziale ed a rendere lecito un intervento esecutivo che, se doveroso sul piano processuale, è illecito sul piano del diritto sostanziale (e viceversa). Come tutte le fattispecie di effetti giuridici, da un lato vi sono gli elementi costitutivi dell'effetto giuridico: l’effetto si produce, allorché è completata la fattispecie costitutiva. Dall'altro lato ci sono gli elementi impeditivi, modificativi, estintivi in presenza dei quali l’effetto giuridico, pur quando si sia completata la fattispecie esecutiva, o non sorge, oppure una volta sorto si modifica o si estingue. ® in senso documentale, il titolo è un documento che rappresenta in modo completo la fattispecie del diritto a procedere a esecuzione forzata. E' una rappresentazione parziale della fattispecie del titolo esecutivo in senso sostanziale. Ex manca costantemente nel titolo esecutivo in senso documentale l'eventuale decorso del termine, che è fatto costitutivo del diritto a procedere ad esecuzione forzata. La principale divergenza fra titolo esecutivo in senso documentale e titolo esecutivo in senso sostanziale si verifica nel settore dei fatti estintivi e modificativi del diritto di procedere ad esecuzione forzata. Nella sentenza di primo grado, ad ex sono documenti solo i fatti costitutivi del diritto di procedere ad esecuzione. Ma il titolo esecutivo in senso documentale non può riportare l'eventuale sospensione dell'esecuzione da parte del giudice d’appello; oppure la riforma della sentenza. Questi, ed altri, sono elementi successivi alla formazione del documento, e come tali in nessun modo possono essere rappresentati nel titolo esecutivi in senso documentale. Allorchè le norme parlano di “titolo esecutivo”, dobbiamo distinguere a seconda che si riferiscano al titolo esecutivo in senso sostanziale o al titolo esecutivo in senso documentale. Nell’art. 474 | cpc, il legislatore si riferisce al titolo esecutivo in senso sostanziale, e quindi alla fattispecie del diritto di procedere ad esecuzione forzata, completa dei suoi elementi costitutivi, impeditivi e modificativi. Ma nell'art. 475 | cpc il legislatore, prescrivendo che il documento deve essere redatto secondo certe modalità e avere certi contenuti, si riferisce al pezzo di carta rappresentativo del diritto di procedere ad esecuzione forzata, e non all'attuale esistenza o meno di tale diritto: e quindi si riferisce al titolo esecutivo in senso documentale. L'ordinamento ha creato la figura del titolo esecutivo in senso documentale per rendere edotto l’ufficio esecutivo dell’esistenza del diritto di procedere ad esecuzione forzata. La semplificazione della cognizione dell’ufficio esecutivo si attua onerando il soggetto, che richiede l'intervento dell'ufficio esecutivo, di fornire la prova documentale dell’esistenza dei fatti costitutivi del diritto alla tutela esecutiva. Per individuare i titoli esecutivi in senso documentale, occorre distinguere le ipotesi previste previste dall’art. 474 || (scritture private autenticate e titoli di credito) e quelle previste dalla't. 4741 e Ill cpc (provvedimenti giudiziali e atti pubblici). Nel primo caso, il titolo esecutivo in senso documentale è rappresentato dall'originale del titolo esecutivo. Nel secondo caso, l'originale dell'atto resta custodito dal pubblico ufficiale che lo ha formato. il titolo esecutivo in senso documentale non è quindi costituito dall'originale dell'atto, ma da una sua copia. Siccome il titolo esecutivo in senso documentale è una copia, c'è il pericolo che entrino in circolazione una pluralità di titoli esecutivi in senso documentale. Il pericolo che vi siano in circolazione più titoli esecutivi è fronteggiato attraverso il meccanismo della spedizione in forma esecutiva ex art. 475 cpc. Tale meccanismo consiste nell’identificare la copia dell'atto, che costituisce titolo esecutivo in senso documentale, attraverso l'apposizione della formula riporta dall'art. 475 Il cpc, e nel differenziarla così dalle altre eventuali copie. La stessa disciplina dell'atto pubblico si applica anche alle scritture private il cui originale per obbligo di legge o volontà delle parti, resta depositato presso il notaio che le ha autenticate. Le parole che connotano la spedizione in forma esecutiva (art. 475 Ill cpc) costituiscono un reperto di archeologia giuridica. La formula esecutiva veniva utilizzata prima della codificazione napoleonica, quando l'esecuzione forzata era attività amministrativa e non giurisdizionale. La pronuncia del giudice doveva venire recepita dalla pubblica amministrazione, divenendo così un atto amministrativo. La ricezione avveniva con quel “comandiamo” che all’epoca costituiva un ordine del funzionario amministrativo che, in nome o per conto del re, comandava agli altri funzioni di dare attuazione al titolo. Poi l'esecuzione forzata è diventata attività giurisdizionale; è rimasta la formula, però con funzione diversa: contrassegnare l’unica copia dell'atto esecutivo che può fungere da titolo esecutivo in senso documentale. La spedizione in forma esecutiva non ha alcuna incidenza sul diritto di procedere ad esecuzione forzata. Se un atto ha efficacia esecutiva, la mantiene anche se il titolo esecutivo in senso documentale manca della formula esecutiva. EFFICACIA TITOLO ESECUTIVO VERSO TERZI Gli atti giurisdizionali sono di regola, atti concreti, producono i loro effetti verso i soggetti in essi stessi nominativamente individuati. Anche il titolo esecutivo ha il carattere della concretezza: esso individua nominativamente i destinatari dei suoi effetti. Il problema è se si può avere un processo esecutivo contro soggetti diversi da quelli individuati nominativamente dal titolo esecutivo. Molte sono le norme che prevedono esplicitamente o implicitamente che un certo atto è efficace verso soggetti doversi da quelli individuati nell'atto stesso. Per i provvedimenti giurisdizionali, l’art. 2909 cc prevede che la sentenza passata in giudicato ha effetti fra le parti, gli eredi e gli aventi causa. L'art. 111 cpc prevede che la sentenza emessa fra le parti originarie spiega i suoi effetti anche nei confronti del Document shared on www.docsity.com Downloaded by: gianluca.arzillo.71 (gianlucaarzillo@hotmail.it) successore del diritto controverso. L'art. 1595 cc prevede che la sentenza emessa noi confronti del conduttore ha effetto anche verso il subconduttore. Queste norme (e le altre simili) non sono però idonee a risolvere il problema perché prevedono che i provvedimenti in questione hanno “effetti” verso certi terzi, ma non anche che costituiscono titolo esecutivo verso questi terzi. In altri termini, contattare che l’atto (che funge da titolo esecutivo) è efficace verso certi terzi non vuol dire necessariamente che esso sia utilizzabile come titolo esecutivo da e contro questi terzi. Bisogna prendere in esame le norme che trattano espressamente di efficacia del titolo esecutivo verso i terzi. Esaminiamo dapprima l’art.475 Il cpc: la spedizione del titolo in forma esecutiva è possibile anche a favore di soggetti, non individuati nel titolo stesso come creditori, che siano “successori” dell’avente diritto. L'efficacia del titolo esecutivo a favore dei successori non è espressamente prevista nella norma, ma è da essa necessariamente presupposta. Dall’art.475 Il cpc si ricava che, insieme alla successione nel diritto sostanziale, si ha successione anche nel diritto (processuale) alla tutela esecutiva, che spettava al dante causa. La successione si definisce, infatti come quel fenomeno in virtù del quale gli effetti prodottisi in relazione ad un'entità giuridica si mantengono anche in relazione ad un'altra entità giuridica. La situazione del successore, oggettivamente diversa da quella del dante causa ma connessa per pregiudizialità-dipendenza con quest’ultima, acquista la tutelabili esecutiva che aveva la situazione pregiudiziale. Poiché la successione è avvenuta dopo la formazione dell’atto-titolo esecutivo, l’atto in questione ha, nei confronti del successore, e relativamente al modo di essere del diritto pregiudiziale, gli stessi effetti preclusivi che ha verso il dante causa. L'efficacia preclusiva riguarda il solo diritto pregiudiziale, non anche il diritto dipendente. Il successore non ha obbligo di dimostrare, neppure documentalmente, al soggetto che deve spedire il titolo in forma esecutiva, la sua qualità di successore. La tutela contro falsi successori, che hanno ottenuto la copia esecutiva affermando esistente una successione che in realtà non si è verificata, è data dall’opposizione all'esecuzione, che può proporre chi si vede minacciata l'esecuzione da un falso successore. L'efficacia, a favore del successore, del titolo esecutivo formatosi a favore del dante causa ha la funzione di evitare la necessità di instaurare un processo di cognizione nei confronti del debitore, al solo fine di accertare l’esistenza della successione. Orbene, di fronte a tali due rischi contrapposti, necessità di un processo di cognizione; possibilità che il titolo esecutivo sia utilizzato da chi non è effettivamente successore, il nostro ordinamento sceglie il secondo, rimettendo l'iniziativa dell’accertamento della qualità di successore all'eventuale contestazione dell’esecutato. Se l’esecutato non si oppone, non c’è contestazione e viene evitato un processo di cognizione. Nell’eventuale processo di opposizione spetta al creditore dimostrare ciò che ha affermato al momento in cui ha chiesto la spedizione del titolo esecutivo. Sulla base dell’art.477 cpc, il titolo esecutivo contro il de cuius ha efficacia contro gli eredi. Sul piano sostanziale si ha una situazione analoga, ma rovesciata, rispetto a quella prevista dall’art.475 cpc. L'erede è il titolare di un obbligo connesso per pregiudizialità-dipendenza con l'obbligo del de cuius. La funzionalità della norma è quella di evitare | creditore la necessità di instaurare un processo di cognizione. Un accertamento preventivo costituirebbe un’inutile spedita di attività. AI contrario dell’art.475 cpc, che ricomprende qualsiasi ipotesi di successione, l’art.477 cpc prevede che non qualunque ipotesi in cui si crea un nesso di dipendenza tra l'obbligo contemplato nel titolo esecutivo e l'obbligo di cui è titolare il terzo, ma solo la successione a titolo universale. Ma la previsione dell’art.477 cpc è estensibile analogicamente a tutte le altre ipotesi di successione, in quanto sussiste l'aedem ratio. Infatti, la relazione esistente fra l'obbligo pregiudiziale di cui al titolo esecutivo e quello dipendente del terzo è identica vuoi nell'ipotesi di successione universale vuoi in tutte le altre di successione a titolo particolare negli obblighi. Ma ciò è irrilevante quando concentriamo l’attenzione su quel singolo obbligo consacrato nel titolo esecutivo: rispetto a quel singolo obbligo il nesso che sussiste tra la situazione pregiudiziale e la situazione dipendente è lo stesso. Poiché la successione ereditari dà luogo, sotto tutti i profili rilevanti, ad un fenomeno analogo alle altre ipotesi in cui si verifica la nascita di un obbligo dipendente da quello consacrato nel titolo, niente osta ad estendere la disciplina dell’art.477 cpc, al di là dell'ipotesi espressamente prevista, a condizione che l'atto, che funge da titolo esecutivo, sia efficace nei confronti del titolare dell'obbligo dipendente. Per quanto riguarda invece art.2909 cc, si applica quando è pronunziata una sentenza di condanna ed il terzo, dopo il passaggio in giudicato della stessa, divine titolare di un diritto o di un obbligo dipendenti da quello oggetto nella pronunzia stessa. Art.111 cpc, si applica quando lo stesso tipo di successione ha luogo nel corso del processo. In virtù dell’art.1595 cc, la sentenza pronunciata fra locatore e conduttore ha effetti anche contro il subconduttore. Un'altra ipotesi, che ricorre di frequente nella prassi, è quella del socio illimitatamente responsabile di società di persone. poiché la sentenza che accerta l’esistenza di un obbligo sociale è vincolante nei confronti del socio, il titolo esecutivo formato nei confronti della società consente di procedere ad esecuzione forzata (anche) nei confronti del socio illimitatamente responsabile. Un'ulteriore fattispecie è data dall’art.2495 cc, in virtù del quale, dopo la cancellazione della società, i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi Document shared on www.docsity.com Downloaded by: gianluca.arzillo.71 (gianlucaarzillo@hotmail.it) riscosse in base al bilancio finale di liquidazione. Orbene, se al momento della cancellazione un creditore aveva già un titolo esecutivo contro la società cancellata, può utilizzarlo contro i singoli soci, naturalmente nei limiti delle somme da questi riscosse in sede di liquidazione. L'efficacia del titolo esecutivo a favore e contro terzi costituisce un'ulteriore ipotesi. Nei casi in cui l'esecuzione a favore o contro terzi è consentita dall'ordinamento, dal titolo esecutivo in senso documentale utilizzato non risulta che il terzo, il quale pretende di utilizzare, o contro il quale si pretende di utilizzare il titolo stesso, è effettivamente successore, e quindi non risulta neppure l’esistenza del diritto che si vuole vedere tutelato con l'esecuzione. Il titolo esecutivo in senso documentale contiene quindi la rappresentazione di una situazione sostanziale che sta a monte di quella oggetto dell’esecuzione. L'efficacia del titolo esecutivo a favore e contro i terzi non comporta problemi di diritto di difesa, perché l'esecutivo ha gli strumenti idonei per contestare la pretesa efficacia ultra partes del titolo esecutivo, con onere della prova a carico di chi afferma la sussistenza di tale efficacia. Ne consegue che il legislatore è libero nel creare ipotesi di efficacia del titolo esecutivo verso terzi, mentre non è libero nel creare ipotesi di efficacia della sentenza verso terzi. Rispetto a tale secondo fenomeno, egli è frenato dall’art.24 Cost. e può vincolare i terzi agli effetti della sentenza solo se ciò non contrasta con l’art.24 Cost. Nel primo caso, invece il legislatore è libero di articolare l'efficacia soggettiva del titolo esecutivo come meglio crede, trattandosi di una scelta di opportunità che non è vincolata da principi costituzionali. NOTIFICAZIONE DEL TITOLO ESECUTIVO E DEL PRECETTO Secondo l’art.479 cpc, il titolo esecutivo in senso documentale deve essere notificato all’esecutato prima dell'inizio dell'esecuzione forzata. contestualmente o successivamente deve essergli notificato anche il precetto, atto disciplinato dall’art.480 cpc. Il precetto è definito come l’intimazione ad adempiere all'obbligo risultante dal titolo esecutivo in un termine non inferiore ai 10 gironi, salvo che ai sensi dell'art.482 cpc sia autorizzato l’inizio immediato dell’esecuzione, con esonero dal rispetto di tale termine. Un elemento essenziale del precetto è l'indicazione delle parti del processo esecutivo. Normalmente queste sono i soggetti che risultano dal titolo esecutivo in senso documentale ma possono essere anche soggetti diversi. Se il titolo esecutivo è usato da o contro un terzo, le parti individuate nel precetto devono essere quelle nei cui confronti si svolgerà il processo esecutivo. Il precetto deve essere fatto all’erede, nonostante il titolo esecutivo porti il nome del de cuius. Eventuali divergenze fra titolo esecutivo documentale e sostanziale devono essere esplicitate nel precetto. La realtà consacrata nel titolo esecutivo documentale deve essere attualizzata nel precetto per tutti i mutamenti che si sono avuti tra la formazione del titolo e l'esecuzione forzata. L'art.480 cpc stabilisce che l’intimazione di cui al precetto, deve riguardare l'adempimento di obblighi risultanti dal titolo esecutivo. Per quanto riguarda l’individuazione dei beni (che saranno) sottoposti a esecuzione, bisogna distinguere. @ se al precetto segue un'esecuzione per consegna o rilascio o per obblighi di fare, bisogna identificare i beni oggetto dell’esecuzione, beni che, del resto sono già individuati nel titolo esecutivo @ seal precetto segue un’espropriazione, è necessario individuare il credito tutelato, ma non i beni che saranno pignorati. L'art.480 cpc prevede che nel precetto sia contenuta l'indicazione della data di notificazione del titolo esecutivo. Il precetto deve inoltre congenere la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio della parte istante nel comune in cui ha sede il giudice competente per l'esecuzione. La sottoscrizione del precetto è l’ultimo elemento. E' sufficiente anche la sottoscrizione personale del creditore, e non è necessaria quella del procuratore legale. non c'è ancora, in questa fase, obbligo di difesa tecnica, che invece scatta con l’inizio dell'esecuzione forzata. Un'eccezione all'obbligo di notificare il titolo esecutivo sono previste per titoli esecutivi documentali che vengono utilizzati in originale, e non in copia esecutiva ex art.475 cpc. Si tratta delle scritture private autenticate, degli accordi raggiunti in sede di mediazione di negoziazione assistita, e dei titoli di credito. In questi casi, non è possibile notificare il titolo esecutivo originale, e dunque il legislatore prevede che tale notificazione sia effettuata mediante la trascrizione del titolo esecutivo nel precetto. Il precetto è un atto del processo esecutivo, anche se anteriore all’inizio dell'esecuzione forzata. L'art.617 cpc, che regola uno dei possibili processi di cognizione incidentali al processo esecutivo, dispone, nel disciplinare l'opposizione agli atti esecutivi, che tale opposizione improponibile in relazione al titolo esecutivo ed al precetto, così come a tutti gli altri atti del processo esecutivo. La norma consente di qualificare il precetto come un atto del processo esecutivo anteriore all’inizio dell'esecuzione forzata: da ciò si ricava che il processo esecutivo inizia prima dell'esecuzione forzata. Il precetto produce gli effetti sostanziali della domanda giudiziale: l'impianto della decadenza, l'interruzione e la sospensione della prescrizione e così via (art.2943 | cc). Rispetto alla citazione e al ricorso, il precetto presenta anche una diversità: nella citazione e nel riscorso, contestualmente all’indicazione del diritto di cui si chiede la tutela, è presente anche la richiesta del provvedimento del giudice; nel precetto la richiesta di intervento dell’ufficio Document shared on www.docsity.com Downloaded by: gianluca.arzillo.71 (gianlucaarzillo@hotmail.it) rispetto del principio del contraddittorio. - L'art 486 cpc dispone che le domande delle parti si propongono con ricorso da depositare in cancelleria o oralmente, nel verbale di udienza. L'equivoco sta nell’assolutizzare le caratteristiche del processo di cognizione. Nel processo dichiarativo, se si giunge a una pronuncia di merito, tale pronuncia può essere favorevole sia l'attore sia al convenuto. Per quanto riguarda il processo esecutivo, è vero che, se esso ha luogo, necessariamente produce effetti a favore di una sola delle parti; però è anche vero che, se escludiamo dall'ambito del processo esecutivo ciò che è rilevante, cioè l’esistenza del diritto da tutelare, per tutto quanto riguarda gli elementi rilevanti per il suo svolgimento, non troviamo che il creditore ha più poteri del debitore; quando sia tratta di convincere l’ufficio esecutivo a compiere o non compiere una certa attività, la parola del creditore non è più attendibile di quella del debitore. - L'art.487 cpc prevede che i provvedimenti del giudice dell'esecuzione abbiano la forma dell'ordinanza, che può essere modificata o revocata fino a che non ha avuto esecuzione; una volta che sia stata eseguita, il giudice non può più modificarla. Passiamo ora ad analizzare la composizione dell'ufficio esecutivo. Gli uffici giudiziari competenti per l'esecuzione forzata sono indicati dagli artt.9 e 26 cpc. in senso verticale, per l'esecuzione forzata è sempre competente il tribunale. In senso orizzontale, territorialmente competente per l'espropriazione immobiliare e mobiliare, è il giudice del luogo dove si trova il bene; per l'espropriazione presso terzi è competente il giudice del luogo dove risiede il terzo debitore; per l'esecuzione forzata di obblighi degli obblighi di fare o di non fare è competente il giudice del luogo dove l'obbligo deve essere adempiuto; per l'esecuzione forzata per consegna e rilascio ritorna competente il giudice del luogo dove si trovano i beni. La competenza territoriale è ex artt.28 cpc, inderogabile dalla volontà delle parti. Quindi l’incompetenza è rilevabile anche di ufficio non solo dal giudice, ma anche dell'ufficiale giudiziario. Da non confondersi con la competenza per l'esecuzione ex art.9 e 26 cpc è la competenza per le cause di cognizione incidentali all'esecuzione, che sono veri e propri processi di cognizione, la la competenza per i quali è disciplinata dagli art.17 (competenza per valore) e 27 (competenza territoriale) cpc. L'uffcio esecutivo non è composto dal tribunale nel suo complesso, ma da uno o più giudici, ai quali vengono attribuite le mansioni di giudice dell'esecuzione. Assume ruolo importante l’ufficiale giudiziario che, in talune forme di esecuzione forzata, è l’unico soggetto a svolgere attività. L’ESPROPRIAZIONE FORZATA Il processo con cui si tutelano esecutivamente i crediti relativi a somme di danaro è l'espropriazione forzata, disciplinata dal titolo Il del libro III. Il fondamento dell’espropriazione forzata non sta nel cpc, ma nel cc, in particolare nell’art.2740, che va letto insieme all’art.2910. La responsabilità patrimoniale, di cui all’art.2740 cc, costituisce il fondamento di ogni forma di espropriazione forzata. Il secondo principio attiene al tipo di potere che i creditore ha sui beni del debitore. Ciò è chiarito dall’art.2910 cc, è la norma speculare all’art.2740 cc; la norma non dice che il creditore può impadronirsi dei beni del creditore per soddisfare il suo diritto: essa stabilisce che il creditore può far espropriare i beni del debitore, e non espropriare. Quindi il creditore ha un diritto processuale verso lo Stato, acciocché lo Stato eserciti il suo potere espropriativo nei confronti del debitore. Fra creditore, debitore e Stato si crea quindi una triangolazione: - lo Stato ha verso il debitore il potere di espropriare; - il creditore ha verso lo Stato il diritto (processuale) di ottenere che questo eserciti il potere di espropriare; il creditore ha verso il debitore il diritto (sostanziale) di credito. - il debitore, a sua volta, risponde con in propri beni dei suoi debiti non nel senso che i beni non sono suoi, ma nel senso che essi sono soggetti al potere espropriativo dello Stato, che è esercitato allorché lo richieda un creditore che ne ha diritto. Il processo di espropriazione forzata passa attraverso tre momenti: 1) il primo è costituito dall’individuazione e conservazione dell’elemento attivo del patrimonio del debitore. Quando l’art.2740 cc stabilisce che il debitore “risponde con tutti i suoi beni” non fa riferimento al bene materiale, ma al diritto sul bene. 2) Îl secondo momento è costituito dalla trasformazione del diritto pignorato. L'elemento attivo deve essere liquidato, trasforma in una somma di denaro. Tale fase non è necessaria quando oggetto del pignoramento è una somma di denaro. 3) il terzo momento è costituito dalla distribuzione del ricavato. Il diritto del debitore, oggetto del pignorato, è liquidato cioè trasformato in una somma di denaro, e con tale somma si paga il creditore. Document shared on www.docsity.com Downloaded by: gianluca.arzillo.71 (gianlucaarzillo@hotmail.it) Se l'espropriazione forzata passa attraverso i tre momenti indicati (individuazione/conservazione; liquidazione; soddisfazione del creditore), siccome gli elementi attivi circolano in modo diverso sul piano del diritto sostanziale, ne consegue che l'esecuzione si deve adattare al diverso modo di circolazione. | modi di circolazione che il nostro ordinamento conosce riguardano i diritti sui beni mobili, diritti sui beni immobili, diritti di credito. In corrispondenza a queste tre forme esistono tre diverse forme di espropriazione forzata. Per completezza dobbiamo aggiungere che il nostro ordinamento prevede altre due forme speciali di espropriazione per ipotesi particolari: quando oggetto dell'esecuzione è la contitolari di un bene o di un diritto su un bene, si ha l'espropriazione di beni indivisi. Quando si realizza quel particolare fenomeno che è la responsabilità senza debito, allorché il terzo risponde con beni proprio di un debito altrui, si ha l'espropriazione contro il terzo proprietario, esecutivo ma non debitore. IL PIENORAMENTO Ex art.491 cpc il pignoramento è l'atto iniziale dell’espropriazione forzata. Il processo esecutivo inizia con la notificazione del titolo esecutivo e del precetto. Il pignoramento è l'atto con cui si individuano e si conservano i diritti del debitore (elemento patrimoniale) sottoposti ad espropriazione. Gli elementi patrimoniali, per sere esportabili, devono essere trasferibili: un diritto non trasferibile non è neppure pignorabile. Se il diritto pignorato incontra limiti alla circolazione sul piano sostanziale, questi limiti si estendono anche all’espropriazione forzata. Il pignoramento, per raggiungere il proprio scopo, deve adattarsi ai diversi modi con cui i diritti circolano nel nostro ordinamento. Esistono tre forme di pignoramento: mobiliare, immobiliare, di crediti. Occorre soffermarsi sulla norma generale costituita dall’art.492 cpc, che è stata modificata dalla riforma del 2006. - il primo comma dell'articolo indica l'elemento comune a tutti i pignoramenti, cioè l’ingiunzione che l’uffi ciale giudiziario fa all’esecutivo nelle forme volta per volta previste dalle singole forme di pignoramento di astenersi dal compiere qualunque atto, diretto a sottrarre alla garanzia del credito i beni pignorati e gli eventuali frutti di essi. - il secondo comma prevede che, con l’atto di pignoramento, l’ufficiale giudiziario debba invitare il debitore ad effettuare, presso la cancelleria del tribunale, la dichiarazione di residenza o l’elezione del domicilio in un comune del circondario del tribunale stesso. @ Si noti in primo luogo che l’onere sorge per il debitore non direttamente dalla legge, ma dall’avviso effettuato all'atto del pignoramento. ® In secondo luogo, l'onere per il debitore sussiste anche se la sua residenza o il domicilio si trovano nella circoscrizione del tribunale. dunque la ratio della norma non è tanto quella di rendere più facili le notificazioni o le comunicazioni (se così fosse, sarebbe stato sufficiente limitare l'onere ai casi, nei quali la residenza e il domicilio si trovano al di fuori del circondario del tribunale), quanto di verificare se il debitore ha effettivamente interesse al processo esecutivo. Il legislatore in mancanza della dichiarazione di cui sopra, le notificazioni e comunicazioni al debitore vengano effettuate in cancelleria. ® Interzo luogo, le notificazioni e comunicazioni al debitore presso la cancelleria sono conseguenza non solo della mancata dichiarazione di residenza o domicilio del debitore, ma anche della sua “irreperibilità presso la residenza dichiarata o il domicilio eletto”. Ciò significa che la dichiarazione del debitore deve corrispondere a verità: se egli afferma di essere residente oppure elegge domicilio in un certo luogo, e poi si appura che ciò non è vero, la dichiarazione non ha effetti. - il quarto e quinto comma dell’art.492 cpc introducono nel nostro sistema il dovere del debitore di “manifestare” il proprio patrimonio. Il presupposto perché tale potere divenga attuale è costituito dalla insufficienza dei beni pignorati, o dalla lunga durata della loro liquidazione. Quando ciò accade, l’ufficiale giudiziario invita il debitore a rendere nota l’esistenza di altri beni pignorabili, indicandone gli estremi (luogo in cui si trovano per i beni mobili, generalità del terzo debitore per i crediti). L'omessa o falsa dichiarazione del debitore costituisce un illecito penale ai sensi dell’art.388 cp. Se il debitore risponde positivamente all'invito, dichiarando l’esistenza di tali beni, il pignoramento si considera fin da quel momento efficace nei suoi confronti agli effetti penali ed anche della custodia. Ugualmente, i frutti prodotti dal bene dopo questo momento appartengono all'esecuzione. Per il perfezionamento del pignoramento, e quindi per la sua opponibili ai terzi, è tuttavia necessario procedere al compimento delle attività volta per volta previste dalle varie forme di pignoramento (art.520 cpc per i mobili; art.543 per i crediti ed i mobili nella disponibilità del terzo; art. 555 per gli immobili). - La stessa disciplina si applica (art.492 VI cpc) se i beni pignorati divengono insufficienti per l’intervento di altri creditori. - Il settimo comma introduce l'altro meccanismo che, accanto alla Document shared on www.docsity.com Downloaded by: gianluca.arzillo.71 (gianlucaarzillo@hotmail.it) manifestazione del debitore di cui ai commi quarto e quinto, consente il reperimento dei beni pignorabili. Il creditore procedente può chiedere all'ufficiale giudiziario di effettuare ricerche presso l'anagrafe tributaria e le alte banche dati pubbliche. - l'ottavo comma introduce infine una speciale forma di ispezione per gli imprenditori commerciali. Sempre su istanza del creditore procedente, ed a sue spese, l'ufficiale nomina un professionista che esamina le scritture contabili, e redige una relazione che il professionista che esamina trasmette all'ufficiale giudiziario ed al creditore istante. Se dalla relazione risultano elementi attivi che il debitore non aveva dichiarato ai sensi dei comma IV e V, le spese sono carico del debitore. | due punti critici riguardano la individuazione degli elementi attivi del patrimonio(A) e la loro liquidazione a prezzo di mercato(B). A. Per quanto attiene il primo profilo, come già visto l’art.492 cpc, la riforma del 2006 ha introdotto un primo meccanismo di indagine sul patrimonio del debitore. La riforma del 2014 lo ha sviluppato, attraverso l’art.492-bis cpc. Il creditore procedente deve munirsi dell’autorizzazione del presidente del tribunale del luogo ove il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede, presentando una istanza ed esibendo un titolo esecutivo. Il tribunale deve verificare il diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata attraverso l'esame del titolo esecutivo in senso documentale. Dopo di che il presidente del tribunale autorizza l'ufficiale giudiziario a procedere alla ricerca telematica. Ottenuta l'autorizzazione, l’ufficiale giudiziario accede a tutte le banche dati tenute dalle PA, o alle quali le stesse possono accedere. Fra queste sono da segnalare l'anagrafe tributaria, compreso l'archivio dei rapporti finanziari, e le banche dati degli enti previdenziali, dalle quali potrà ricavarsi l’esistenza di eventi attivi del patrimonio del debitore nei confronti delle banche e di altri istituti finanziari, oppure l’esistenza di rapporti di lavoro o pensionistici. Una volta individuati questi elementi attivi, l'ufficiale giudiziario può procedere all'immediato pignoramento degli stessi (art.492-bis IIl e V cpc) oppure indicarli al creditorie affinché questi faccia una scelta fra i più elementi attivi (art.492-bis VI cpc). Se l'ufficiale giudiziario non è dotato delle strutture tecniche necessarie, il creditore può ottenere direttamente dai gestori delle banche dati le informazioni necessarie. Esaminiamo ora le singole fattispecie: A. Pignoramento mobiliare. Ex art.513 e ss.cpc, la richiesta di effettuare il pignoramento mobiliare è fatta dal creditore procedente all'ufficiale giudiziario in forma libera che, di solito, è orale. Pignorabile è il diritto di proprietà e qualunque altro diritto reale minore che abbia il carattere della trasferibilità. Ai fini del pignoramento non c'è bisogno di accertare previamente che il debitore abbia la proprietà del bene; c'è bisogno invece di un elemento processuale: l'appartenenza. La nozione di appartenenza si ricava dalla dislocazione spaziale dei beni mobili, dal fatto che si si trovano collocati in beni immobili di cui il debitore esecutivo abbia la disponibilità. Tale relazione serve solo a determinare quali siano i beni sottoponibili a pignoramento. Tutte le volte in cui l'appartenenza non coincide con la proprietà del bene divine utilizzabile lo strumento per far valere la non coincidenza fra il diritto processuale e il diritto sostanziale: l'opposizione di terzo ex art.619 cpc. L'appartenenza costituisce un criterio di semplificazione che evita di esperire, prima del pignoramento, indagini incerte e difficoltose. Bisogna distinguere l'oggetto dell'esecuzione dall'oggetto del processo esecutivo. Oggetto dell'esecuzione, in base agli art.2740 e 2919 cc, è la titolarità, in capo all’esecutato, di un diritto sostanziale trasferibile sul bene pignorato, perché solo a quelle condizioni un bene fa parte del suo patrimonio. Oggetto del processo esecutivo è invece l'appartenenza del bene, la sussistenza di quella situazione di natura processuale prevista dall’art.513 cpc. L'ordinamento ovviamene spera che tali situazioni coincidano: se non coincidono, sono previsti le adeguate contromisure. L'art.513 cpc fornisce la nozione fondamentale di appartenenza. a) possono essere pignorati i beni mobili che si trovano in un bene immobile (casa ed altri luoghi) “appartenente” al debitore. Si parla della loro disponibilità materiale da parte del debitore, a prescindere da qualsiasi titolo che possa legittimare tale disponibilità materiale. b) L’art.513 III cpc prevede che, su ricorso del creditore, il giudice può autorizzare il pignoramento mobiliare anche in relazione a beni che non si trovano in luoghi appartenenti al debitore, ma dei quali egli può direttamente disporre senza che colui, al quale appartiene l'immobile, in cui il bene mobile si trova, possa rifiutare all'esecutato di disporre direttamente di tale bene mobile. c) La terza possibilità si ha quando l'ufficiale giudiziario sottopone a pignoramento le cose del debitore che il terzo possessore consente di esibirgli. Della cosa mobile il debitore non ha la disponibilità perché tale cosa mobile è nel possesso o detenzione di terzo. In questi casi le possibilità sono due: o il terzo riconosce volontariamente che il bene posseduto è di proprietà del debitore e ne consente il pignoramento, o se rifiuta i consenso al pignoramento diretto, diviene necessario ricorrere al pignoramento presso terzi, in quanto occorre accertare la proprietà del bene mobile in capo al debitore, nel contraddittorio del terzo detentore o possessore. Document shared on www.docsity.com Downloaded by: gianluca.arzillo.71 (gianlucaarzillo@hotmail.it) esistente o non esistente l'obbligo del terzo. Nel primo caso il pignoramento si perfezionava, nel secondo invece il processo esecutivo si estingueva ed il pignoramento perdeva effetti. Nell’espropriazione dei crediti, dunque, il pignoramento si perfezionava alternativamente sulla base di una sentenza di accertamento oppure sulla base di una dichiarazione del terzo debitore. Quando, dunque, il creditore assegnatario, a fronte dell'eventuale inadempimento del terzo, si fosse trovato costretto a procedere ad esequie forza contro di lui, il terzo avrebbe potuto, per contestare l’esistenza del proprio debito, sollevare soltanto le contestazioni compatibili con l'efficacia preclusiva o della sua dichiarazione o della sentenza: solo allegando fatti modificativi ed estintivi successivi alla sua dichiarazione o all'udienza di precisazione delle conclusioni del processo da cui era scaturita la sentenza che aveva accertato il suo credito. L'ordinanza di assegnazione, era sottoponibile all'opposizione agli atti esecutivi ma solo per vizi processuali della stessa. Quand'’anche il giudice dell'esecuzione, errando, avesse assegnato un credito di entità superiore a ella risultante dalla dichiarazione o dalla sentenza, e il terzo assegnato non avesse proposto opposizione agli atti esecutivi, ciò non gli avrebbe comunque impedito di far valere, l'effettiva somma che lui doveva pagare. Infatti, l'ordinanza esecutiva è pronunciata nell'esercizio di un potere non decisorio. Si innesta qui la riforma del 2012. Il legislatore ha dunque previsto (art.548 Il cpc) che, se il terzo non invia la sua dichiarazione e neppure si presenta all'udienza, e il creditorie dichiara che non gli è pervenuta la sua dichiarazione, il giudice fissa un’altra udienza alla quale il terzo è invitato a comparire. L'ordinanza è notificata al terzo. Se anche a questa udienza il terzo non si presenta o, presentandosi, rifiuta di fare la dichiarazione “il credito pignorato, nei termini indicati dal creditore, si considera non contestato ai fini del procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione, e il giudice provvede a norma degli articoli 552 o 553”. La non contestazione ha effetti “ai fini del procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione”: ciò significa che nessuna efficacia di accertamento essa può produrre in ordine all'effettiva esistenza dell'obbligo del terzo. sicché il terzo potrà sempre contestare, attraverso un processo dichiarativo, di non essere debitore. L'art.548 III cpc prevede che il terzo può impugnare con l'opposizione agli atti esecutivi l'ordinanza di assegnazione “se prova di non avere avuto tempestiva conoscenza per irregolarità della notificazione o per caso fortuito o di forza maggiore”. In realtà la dizione letterale della norma non è precisa, perché la particella “ne” si riferisce all'ordinanza con il quale il giudice, si sensi del comma secondo, mancando la dichiarazione scritta del terzo, fissa un'udienza per la sua comparizione. Fin qui la riforma evita che l'inerzia del terzo debitore, equiparata dal codice del 1942 alla sua contestazione, costringa il creditore a procurarsi l'accertamento dell'obbligo del terzo in via preventiva e necessaria rispetto all'assegnazione del credito. Con il meccanismo previsto dall’art.548 cpc, l'accertamento dell’obbligo del terzo avviene in via successiva ed eventuale rispetto all'assegnazione del credito. Se, viceversa, il terzo pignorato rende una dichiarazione non conforme. invece il legislatore ha, anche qui, ritenuto di non fare precedere l'assegnazione dell’accertamento dell'obbligo del terzo, ed ha disposto (art.549 cpc) che “se sulla dichiarazione sorgono contestazioni, il giudice dell'esecuzione le risolve, compiuti i necessari accertamenti, con ordinanza”. E’ evidente che l'ordinanza del giudice non è in grado di decidere dell’effettiva esistenza dell'obbligo del terzo, in quanto anche per essa è ripetuto che produce effetti ai soli fini del procedimento in corso. In altri termini, è sicuro che “ i" del giudice del’esecuzione non sono effettuati con il fine di necessari accertamenti decidere una volta per tutte la questione relativa all'esistenza del credito pignorato. Resta da stabilire cosa accade se, “compiuti i necessari accertamenti”, il giudice non assegna il credito.In sostanza mentre in caso di assegnazione vi è la possibilità di aprire un processo di cognizione, esterno al processo esecutivo, in cui decidere se il terzo è o non è debitore, in caso di mancata assegnazione viene meno ogni possibilità di controversia esterna al processo esecutivo sullo stesso oggetto. Diviene quindi necessario individuare uno strumento cognitivo- contenzioso, a tutela del creditore procedente che si veda rifiutato l'assegnazione sulla base di un “accertamento” compiuto dal giudice dell'esecuzione e (quindi senza efficacia decisoria). GLI EFFETTI CONSERVATIVI DEL PIGNORAMENTO La disciplina degli effetti conservativi del pignoramento è contenuta nel codice covile. Per analizzare meglio i meccanismi previsti dal codice civile, occorre previamente individuare i pericoli che corre il creditore per il fatto che la tutela esecutiva, che egli richiede, non gli è concessa subito, ma dopo un determinato periodo di tempo. Intervallo di tempo in cui si possono verificare eventi capaci di pregiudicare la tutela esecutiva richiesta. a) | pericoli che egli corre sono due: da un lato, vi sono le modificazioni della realtà materiale che riguarda il bene su cui cade il diritto pignorato. Document shared on www.docsity.com Downloaded by: gianluca.arzillo.71 (gianlucaarzillo@hotmail.it) b) dall’atro lato, vi sono le modificazioni attinenti alla titolarità del diritto pignorato, attraverso atti di disposizione idonei a sottrarre il bene alla garanzia del credito. L'ordinamento fa fronte a questo secondo pericolo modificando la disciplina ordinaria e prevedendo una disciplina speciale per gli atti di disposizione compiuti dal debitore esecutivo dopo il pignoramento. Nell’individuazione di tale disciplina speciale occorre seguire il principio del minimo mezzo: l'alterazione delle regole ordinerei deve essere contenta nei limiti stranamente indispensabili al raggiungimento dello scopo. Esaminiamo dunque gli art.2912_ss.cc., tenendo conto che il pignoramento ha lo scopo di impedire che la circolazione del diritto pignorato pregiudichi il creditore che effettua il pignoramento. Ex art.2912 cc, il pignoramento comprende le pertinenze, gli accessori e i frutti del bene pignorato. | frutti che maturano dopo il pignoramento vengono acquisiti all'esecuzione, sia quelli civili che naturali. ciò è possibile perché, dal momento del pignoramento, il bene è affidato alla custodia di un soggetto, che ha l'obbligo d’amministrarlo nell'interesse dell’esecuzione, percependone all’uopo i relativi frutti. Ex art.1148 cc i frutti sono percepiti dal possessore e quindi la percezione dei frutti è conseguenza della situazione possessoria. Si è già detto che con riguardo ai beni immobili non è affatto sicuro che il pignoramento cada su un bene, di cui l’esecutato abbia il possesso. Mentre nel pignoramento dei beni mobili, in tal caso l'esecutivo non perde il possesso del bene semplicemente perché non lo aveva in precedenza, e quindi l’art.2912 cc non può operare e gli eventuali frutti continuano ad essere percepiti dall’effettivo possessore del bene in questione. - quindi se il bene immobile pignorato è in possesso dell’esecutivo, si applicano le norme sulla custodia: il debitore diviene custode del bene con i relativi obblighi ex art.2912 cc; e infine, i frutti maturati dopo il pignoramento sono percepiti solo materialmente dall’esecutato, che deve conservarli nell'interesse dell'esecuzione. - se il bene pignorato è posseduto da terzi al momento del pignoramento, allora il debitore esecutato non può diventare custode. Il debitore esecutato, possessore del bene al momento del pignoramento, perde dunque il possesso del bene: se ne mantiene la ma seriale disponibilità, ma nessuno acquista il possesso civilistico sul bene. ciò in quanto il creditore procedente, con il pignoramento, acquista un diritto non di natura sostanziale ma processuale. Ex art.2913 cc, gli atti di alienazione dei beni pignorati non hanno effetto in pregiudizio del creditore procedente e degli eventuali creditori che intervengano nell'esecuzione. L'eccezione riguarda il possesso di buona fede per i beni mobili non iscritti in pubblico registri. Il debitore esecutivo può far nascere a favore di un terzo, titolo originario un dirti sul bene pignorato sulla base della regola prevista dall’art.1153 cc (acquisto di buona fede di beni mobili). L'articolo sana no solo un difetto di titolarità ma anche un difetto di potere dispositivo. Se il terzo acquirente del bene mobile pignorato riceve il possesso in buona fede, acquista un diritto che è opponibile anche al creditore procedente. Per il pignoramento dei beni mobili il legislatore ha posto quindi una particolare attenzione alla custodia del bene., in quanto il custode avendo la materiale disponibilità, ha sempre la possibilità di sottrarre il bene all’esecuzione., consegnarono ad un terzo di buona fede. Il pregiudizio si verifica perché intercorre necessariamente un certo lasso di tempo fra il pignoramento e la vendita. La situazione è quindi simile (non identica) a quella che si verifica nel processo di cognizione, e che dà luogo alla successione nel diritto controverso. Gli strumenti astrattamente a disposizione dell'ordinamento per evitare il pregiudizio sono svariati. In primo luogo si potrebbe qualificare nullo l'atto di alienazione del bene pignorato: l'atto nullo non produce effetto, e quindi l’acquirente del bene pignorato non ne diviene proprietario. Osta a tale soluzione il principio del minimo mezzo. Un secondo meccanismo potrebbe consistere nell'affermare la inefficacia relativa sul piano sostanziale dell'atto di alienazione, ma si ritiene essere un soluzione eccessiva come la prima. Allora la regola da seguire è quella dell’inefficacia relativa sul piano processuale. Fatto di alienazione del bene sostanziale erga omnes (anche nei confronti del creditore procedente): ma tale trasferimento non è idoneo a fondare una opposizione ex art.619 cpc. Se l'acquirente del bene pignorato fonda la sua opposizione su un atto di disposizione, inefficace ex 2913cc rispetto al creditore, l'opposizione deve essere rigettata. L'art.2913 cc estende l'inopponibilità degli atti di disposizione del bene anche ai creditori che intervengono nell’escuzione, anche se l'intervento ha luogo dopo che il bene è stato alienato. C'è qui una netta differenza fra la disciplina dell’art.2913 cc e quella dell’art.111 cpc. Nella successione ex art.111 cpc, gli effetti della domanda giudiziale si verificano solo a favore di colui che la propone e no altri soggetti che intervengono nel processo, proponendo altre domande. | soggetti che propongono ulteriori domande nel processo in corso non sono protetti dalla domanda giudiziale originaria, mentre i creditori che intervengono nell'esecuzione sono protetti dal pignoramento originario. L'alienazione del bene pignorato muta l'oggetto dell’espropriazione? L’art.2913 cc deve conservare al creditore procedente i diritti che sul bene spettavano al debitore escutato. Oggetto dell’espropriazione rimane dunque il diritto del debitore e non quello dell'acquirente del bene pignorato. L’art.2914 cc individua i criteri per risolvere il conflitto fra l'esecuzione e gli aventi causa del debitore esecutivo, cioè coloro che abbiano acquistato diritti sul bene pignorato. L’art.2914 cc fornisce le regole che determinano la priorità fra l'atto di pignoramento e l'atto di alienazione. L'art.2914 cc prevede quattro fattispecie che risolvono il conflitto fra creditore procedente e nero acquirenti dal Document shared on www.docsity.com Downloaded by: gianluca.arzillo.71 (gianlucaarzillo@hotmail.it) debitore esecutato attraverso gli stessi criteri, con i quali si risolve il conflitto fra due aventi causa dello stesso dante causa, equiparando così il creditore procedente, nel conflitto con gli aventi causa del debitore esecutivo, ad un avente causa del debitore stesso. L'ipotesi presa in esame è: caio pignora un bene di Tizio; Sempronio avanza diritti sul,bene stesso in quanto afferma di averli derivati da Tizio. Chi prevale? ipotesi previste dall’art.2914: 1) Con riferimento ai beni immobili, si stabilisce che fra Sempronio, avente causa del debitore esecutato Tizio, e Caio, creditore pignorante, prevale colui che per primo ha trascritto, rispettivamente, l'atto di acquisto o il pignoramento. Secondo l’art. 2644cc nel caso di doppio atto di disposizione sullo stesso bene immobile prevale quello, dei due soggetti, che ha trascritto per primo il proprio atto. 2) Si stabilisce che, nell'ipotesi in cui oggetto di pignoramento è un credito che sia stato ceduto da part del debitore esecutivo a un terzo, il conflitto fra creditore pignorante e il cessionario si risolve sulla base della priorità fra il pignoramento e la notificazione della cessione al debitore ceduto, o l'accettazione della cessione da parte di costui con atto di data certa. Bisogna chiarire che l’atto di pignoramento, in quanto posto in essere da un pubblico ufficiale (uff giudiziario) è un atto pubblico che ha data certa. L'art.1265 cc, che riguarda la doppia cessione del credito, dà la stessa disciplina dell’art.2914 n.2 cc:fra i due creditori cessionari, prevale quello che ha notificato per primo la cessione oppure che visto per primo accettata la propria cessione con atto avente data certa. 3) Occorre prendere atto che, nel codice civile, non esiste una norma che disciplina il conflitto derivante dalla doppia alienazione di universalità di mobili. perché, in tale ipotesi, torna applicabile la regola generale, valida laddove il legislatore non stabilisca diversamente, e cioè che fra i due acquirenti prevale quello che ha un atto di sta certa anteriore. Anche qui il creditore procedente è equiparato a un avente causa del debitore esecutivo. Il codice civile ha disciplinato solo le ipotesi che derogano al criterio generale dell’atto di data certa anteriore e non quelle che ne fanno applicazione, anche se tale criterio è divenuto, causa le molte deroghe, residuale perché si applica solo alla doppia alienazione delle universalità di mobili. 4) Ultima ipotesi: il conflitto fra il creditore pignorate e l'acquirente di un bene mobile dal debitore esecutivo. L'art.1155 cc contiene due criteri per risolvere il conflitto: a) una delle parti ha acquisito in buona fede il possesso e allora è preferita all'altra: si ha qui un'applicazione dello stesso principio previsto dall’art.1153cc; b) se nessuno degli acquirenti acquisisce in buona fede il possesso del bene mobile, vale il criterio generale dell’atto di data certa anteriore. In quest’ultima ipotesi c'è qualcosa di particolare. colui che ha acquistato il bene mobile dal debitore prevale sul creditore procedente in due casi: se ha conseguito in buona fede il possesso del bene prima del pignorato; oppure se il suo acquisto da un atto di data certa anteriore al pignoramento. Soffermiamoci sul secondo criterio; si presuppone, in tale ipotesi, che il debitore esecutivo abbia venduto il bene mobile; che la vendita sia consacrata in un atto avente data certa, ma il venditore non abbia trasmesso il possesso del bene mobile all'acquirente e lo abbia conservato presso di sé; il bene si trova quindi nei luoghi immobili apparenti al debitore (art.513 cpc) e qui è pignorato. L'acquirente del bene mobile propone opposizione di terzo ex art.619 cpc, dimostra che il bene gli era stato venduto con atto di data certa anteriore al pignoramento e vince l'opposizione. Possiamo ora ad esaminare l’art.2915 | cc. Tale norma detta una disciplina identica a quella che si ha quando un soggetto acquista un diritto sul quale grava un vincolo di indisponibilità. Anche in questo caso, se il vincolo è trascritto prima della trascrizione dell'atto di acquisto, il vincolo prevale sull’atto di acquisto (beni mobili o immobili registrati). Se invece è trascritto prima dell’atto di acquisto e poi il vincolo di indisponibilità, allora prevale il primo sul secondo. Nel caso di beni mobili o universalità di mobili è invece rilevante l'atto di data certa anteriore. Più complesso è l’art.2915 Il cc. Occorre far riferimento agli art.2652 e 2653 cc. Essi prevedono una serie di domande giudiziali che sono soggette a trascrizione per essere opponibili a terzi. La trascrizione della domanda giudiziale ha un duplice effetto. Anzitutto ha un effetto di natura processuale: rispetto ai terzi la litispendenza si determina con riguardo al momento della trascrizione della domanda. Ove la trascrizione della domanda si anteriore alla trascrizione dell'acquisto del terzo contro il convenuto, la posizione dell’avente causa del convento è disciplinata dell’art.111 cc. Quindi la sentenza emessa al termine di quel processo è efficace e vincolante anche verso l’avente causa del convenuto. Questi non può contestare il contenuto della sentenza emessa contro il suo date causa. Non potendo l'attore instaurare un ordinario processo di cognizione contro l'esecuzione forzata, si rende necessario che egli proponga la domanda all’interno del processo esecutivo, attraverso l'opposizione di terzo ex art.619 cpc. La trascrizione della domanda, oltre all'effetto processuale ha talvolta anche effetti sostanziali: ciò accade nell'ipotesi previste dall’art.2652 cc. La priorità della trascrizione della domanda dell'attore contro il convenuto rispetto alla trascrizione dell'atto di acquisto dell’'avente causa del convenuto comporta le stesse conseguenze dea rivendicazione: la sentenza è efficace e vincolante anche verso l’avente causa del convenuto, che non può contestarne il contenuto. Viceversa la priorità della trascrizione dell'atto d'acquisto dell’avente causa rispetto alla trascrizione della domanda, Document shared on www.docsity.com Downloaded by: gianluca.arzillo.71 (gianlucaarzillo@hotmail.it) Per quanto attiene il problema della riduzione del pagamento. L’art.496 cpc stabilisce che, su istanza del debitore o anche d'ufficio, quando il valore dei beni pignorati è superiore all'importo delle spese e dei crediti di cui all’art.495, il giudice sentiti il creditore pignorate e i creditori intervenuti, può disporre la riduzione del pagamento. L'ipotesi è che siano stati pignorati più beni, perché altrimenti la riduzione non sarebbe possibile. Con la riduzione del pignoramento, alcuni beni vengono liberati dal pignoramento e ritornano nella libera disponibilità del debitore esecutato. Istituto analogo è previsto dall’art.546 Il cpc: nel caso di pignoramento di un pluralità di crediti nei confronti di più terzi debitori, il debitore può chiedere la riduzione dei pignoramenti o la dichiarazione di inefficacia di taluno di essi, qyalirg la somma dei crediti pignorati ecceda l’entità del credito precettato, aumenta del 50%. Un ultimo istituto da esaminare è la cessazione dell'efficacia del pignoramento. Il pignoramento può perdere efficacia se il crepiterò procedente non iscrive tempestivamente a ruolo il processo esecutivo. L'art.518 VI cpc per l'esecuzione mobiliare; l’art.577 cpc per il pignoramento immobiliare stabiliscono che l'ufficiale giudiziario, effettuato il pignoramento, invia gli atti al difensore del creditore procedente, il quale deve depositarne un copia, da lui autenticata, nel termine indicato intasi norme, iscrivendo la causa a ruolo. La cessazione può inoltre derivare dall’art.497 cpc. Con il precetto deve essere seguito dal pignoramento in uterine minimo di 10 e massimo di 90 gironi la richiesta di liquidazione del bene, cioè la ri chi esta del credi tore di passare alla fase successi va dell’espropriazione. Tale fase non ha luogo quando oggetto del pignoramento è un quid che non deve essere liquidato, cioè una somma di danaro: in tal caso si passa immediatamente alla fase della distribuzione del ricavato. Quando il pignoramento diviene inefficace, dobbiamo tener conto dell’art.562 cpc in materia di espropriazione immobiliare, la quale prevede la cancellazione della trascrizione del pignoramento. Se il pignoramento immobiliare perde efficacia, tuttavia rimane sempre nei registri immobiliari la sua trascrizione. Occorre, quindi, procedere alla cancellazione della trascrizione. La cancellazione del piantonato si effettua trascrivendo una loro atto, nel quale si dichiara che il pignoramento è divenuto inefficace; la cancellazione è un'operazione giuridica e non materiale. Occorre infine esaminare gli art.2668-bis e 2669-te cc. Abbiamo già visto che la trascrizione delle donde giudiziali ha efficacia per 20 anni, prima della scadenza dei quali la trascrizione deve essere rinnovata, altrimenti perde effetti. L'art.2668-ter cc estende alla trascrizione del pignoramento la disciplina della trascino delle domande. Se l’esecuzione forzata dura più di 20 anni, prima della scadenza del ventennio dalla trascrizione del pignoramento, questa deve essere rinnovata: altrimenti la trascrizione del pignoramento perde effetti. Può infatti accadere che il processo esecutivo si estingua senza che vi sia un provvedimento formale , e quindi senza che si abbia un ondine di cancellazione della trascrizione. ottenere un ordine di cancellazione può non essere semplice, soprattuto a distanza di tempo, perché occorre notificare la richiesta di cancellazione agli interessati, i quali, a distanza di anni, possono non essere facilmente individuabili e/o reperibili. La disposizione contenuta nell’art.2668-te cc consente di non tener conto delle trascrizioni dei pignoramenti effettuate oltre i 20 anni prima. INTERVENTO DEI CREDITORI L'intervento dei creditori nell’espropriazione trova il suo fondamento nell’art.2741 cc, che va letto congiuntamente all’art.2740 cc. Come l’art.2740 cc stabilisce che il debitore risponde dell'adempimento delle proprie obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri, così l’art.2741 cc stabilisce che i creditori hanno uguale diritto di essere soddisfatti sui beni del debitore, salve le cause legittime si prelazione: privilegi, pegno e ipoteca. Dalla lettura congiunta degli artt.2740 e 2741cc si ricava he le ragioni di prelazione sono l'uno meccanismo che incide sul principio della par condicio dei creditori. Le cause di prelazione nascono dal diritto sostanziale: il processo deve rispettare le cause di prelazione che esistono sulla base del diritto sostanziale e di regola non crea ragioni di prelazione che non esistono sulla base del diritto sostanziale. Quindi gli art.2740 e 2741 cc devono essere letti unitamente come se dicessero: il debitore risponde nei confronti di tutti i suoi creditori, secondo le regole del diritto sostanziale, dell'adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri; la tutela esecutiva dei diritti di credito deve essere strutturata in modo tale da attuare le prescrizioni del diritto sostanziale, e da non alterare le scelte del legislatore sostanziale. Fino alla riforma del 2006 tutti i creditori avevano la possibilità di intervenire nell'esecuzione aperta da uno di essi, per chiedere la soddisfazione del proprio diritto sulla base delle regole previste dal diritto sostanziale. - Modificando le scelte effettuate dal legislatore del 1942, l’art.499 | cpc limita l'intervento: a chi ha titolo esecutivo (anche successivo al pignoramento); a chi, al momento del pignoramento, ha un credito garantito da pegno, da prelazione scritta o da sequestro. - Per intervenire, il creditore deve depositare, nella cancelleria del giudice dell'esecuzione, un ricorso Document shared on www.docsity.com Downloaded by: gianluca.arzillo.71 (gianlucaarzillo@hotmail.it) contenente l'indicazione del credito e del titolo di esso nonché la domanda per partecipare alla distribuzione della somma ricavata:art.499 Il cpc. Se l'intervento si fonda sulle scritture contabili, queste debbono essere allegate all'atto di intervento in copia autentica. La disposizione sembrerebbe escludere l'intervento tradivo, in quanto prevede che l'intervento abbia luogo prima che sia tenuta l’udienza in cui è disposta la vendita o l'assegnazione. Il creditore che non sia munito di titolo esecutivo, e che abbia il potere di intervenire nell'esecuzione deve notificare al debitore l'atto di intervento e copia autentica delle scritture contabili, se l'intervento ha luogo in virtù di esse. - ‘art.499 V e VI cpc istituisce una sorta di procedimento di verificazione del credito per i soli creditori che sono legittimati ad intervenire, ma non hanno un titolo esecutivo. Con la stessa ordinata il giudice dell'esecuzione fissa un’udienza dinanzi a sé per la comparizione del debitore e dei creditori non muniti di titolo esecutivo. L'ordinanza è notificata, a cura di una delle parti, ai creditori ed al debitore: per quest'ultimo, vale la disposizione di cui all’art.492 Il cpc, e pertanto la notificazione gli sarà fatta i cancelleria, se non ha effettuato la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio, oppure se sia risultato irreperibile ad una successiva notificazione o comunicazione. All'udienza fissata, se il debitore non compare o, comparendo, riconosce l’esistenza in tutto o in parte dei crediti , questi acquisiscono il diritto di essere soddisfatti. Viceversa, se i crediti sono in tutto o in parte contestati, il creditore ha l'onere di proporre, nei 30 giorni successivi, una domanda idonea a munirlo di un titolo esecutivo. Nessun onera ha il creditore, se il processo volto ad ottenere il titolo esecutivo è già pendente, come necessariamente accade per i creditori sequestratari, in quanto altrimenti il sequestro sarebbe inefficace. 1 creditori che non rientrano in una di questa categorie non avranno alcuna possibilità di soddisfarsi, a meno che non ricorrano alla tutela di urgenza ex art.700 cpc, allegando il pregiudizio imminente ed irreparabile, che si concretizza nell’evaporarsi della garanzia patrimoniale del loro debitore. La scelta del legislatore della riforma tradisce il principio della par condicio. Gli effetti dell'intervento sono previsti in generale dall’art.500 cpc, cui si aggiungono gli art.526 cpc per i beni mobili e 564 cpc per i beni immobili. L'art.500 fa riferimento a due conseguenze dell'intervento: il diritto di prendere parte alla distribuzione del ricavato, ed il diritto di partecipare attivamente al processo esecutivo. Solo ai creditori che intervengono muniti di titolo esecutivo, queste due conseguenze sono assicurate in modo incondizionato. Inoltre chi interviene senza titolo esecutivo può prender parte alla distribuzione del ricavato solo se si verificano | condizioni previste dall’art.499 VI cpc, e pur partecipando all’espropriazione, non ha il potere di compiere gli atti necessari per farla procedere verso il suo sito finale. Viceversa, il creditore che ha un titolo esecutivo, ha di fronte a sé la scelta pregiudiziale se intervenire puramente e semplicemente oppure se compiere un pignoramento successivo. Se il creditore, munito di titolo esecutivo, opta per l'intervento, può anche ex art.500 cpc, provocare i singoli atti dell'espropriazione, cioè sostituirsi al creditore procedete nel compiere gli atti necessari alla prosecuzione del processo. Gli art.526 e 564 cpc stabiliscono che i creditori intervenuti partecipano all’espropriazione e se muniti di titolo esecutivo possono provocarne i singoli atti Da queste due norme, e dall’art.500, ricaviamo che il creditore intervenuto ha diritto di partecipare all’espropriazione; quindi, egli diventa parte del processo esecutivo, può provocare i singoli atti dell’espropriazione. L'atto più importante che il creditore può compiere è l'istanza di vendita, che deve essere effettuata in un termine non inferiore a 10 giorni e non superiore a 90 dal pignoramento. Inoltre, fino al momento in cui è stata compiuta la vendita, è necessaria la presenza alle udienze del processo di un creditori minuto di titolo esecutivo; anche qui il creditore procedente può essere sostituito da un creditore intervenuto, munito di titolo esecutivo. E così pure il creditore munito di titolo esecutivo può depositare l'eventuale documentazione necessaria per procedere alla vendita ecc. La posizione dei creditori muniti di titolo esecutivo è confermata dall’interpretazione che la giurisprudenza dà dell’art.631 cpc, secondo il quale la mancata comparizione a due udienze consecutive porta all'estinzione del processo esecutivo. Secondo la giurisprudenza, per evitare tale conseguenza, all'udienza deve essere presente almeno un creditore munito di titolo esecutivo. Se all'udienza si presentano solo creditori non muniti di titolo esecutivo, l'udienza si intende deserta. si tenga conto che l’art.631 cpc non si applica all'udienza di vendita, la quale viene effettuata anche se alla relativa udienza i creditori non sono presenti. La irrilevanza del titolo esecutivo successivamente alla vendita ha fatto sostenere a parte della dottrina che l'espropriazione sarebbe divisa in due fasi: 1) una fase di aggressione del patrimonio del debitore, che inizia con il pignoramento e termina con la vendita; 2) ed una fase di distribuzione del ricavato, che non parteciperebbe delle stesse caratteristiche della fase espropriativa. La prima fase si caratterizzerebbe, in base all’art.2740cc, la seconda avrebbe invece caratteristiche di diritto sostanziale: i creditori vi parteciperebbero in quanto semplicemente creditori. Vi è tuttavia una norma contraria a tale divisione biascia dell’espropriazione che ci fa concludere che, anche dopo la vendita, siamo ancora in sede di processo esecutivo: è l’art.632 cpc secondo il qual, se l'estinzione avviene dopo la vendita, la somma ricavata è consegnata al debitore. Quindi l'espropriazione forzata comprende anche la fase distributiva, perché se non la comprendesse, una volta Document shared on www.docsity.com Downloaded by: gianluca.arzillo.71 (gianlucaarzillo@hotmail.it) venduto il bene non ci sarebbe bisogno del processo esecutivo per distribuire il ricavato; i creditori avrebbero diritto di soddisfarsi sul ricavato anche se il processo esecutivo si estinguesse. Una particolare disciplina riguarda i creditori muniti di ragioni di prelazione. Alcuni hanno una posizione particolare: l’art.498 cpc stabilisce che essi debbono essere necessariamente avvertiti della pendenza del processo esecutivo; devono, cioè, essere avvertiti che è stato pignorato il bene su cui hanno un diritto di prelazione. Non tutti i creditori con diritto di prelazione devono essere avvertiti, ma solo i creditori le cui ragion di prelazione risultano da pubblici registri. Gli effetti della vendita forza sono tendenzialmente assimilabili agli effetti di una vendita di diritto comune ma sotto alcuni profili ne differisce: la vendita forzata ha l’effetto di estinguere i diritti di prelazione che gravano sul bene. Si noti che la vendita forzata non estingue tutti i diritti reali che vi siano sul bene, ma solo i diritti reali di garanzia. Per capire come mai solo creditori con prelazione risultante da pubblici registri devono essere avvertiti, dobbiamo distinguere - i creditori con diritto reale di garanzia, che risulta da pubblico registro - i creditori con diritto reale di garanzia che non risulta da pubblico registro - i creditori muniti di privilegio. Il creditore munito di semplice privilegio ha prelazione finché il bene rimane nel patrimonio del debitore; quando il bene esce dal patrimonio del debitore, viene ad estinguersi anche la prelazione. AI contrario, il diritto reale di garanzia ha sempre ad oggetto beni individuati; tutti i diritti reali di garanzia devono essere resi pubblici con i modi che l'ordinamento prevede. Il creditore mantiene così il diritto di prelazione nei confronti di qualunque soggetto divenga successivamente proprietario del bene. L’avvertimento che il creditore procedente deve dare a tali creditori, costituisce condizione necessaria per procedere alla vendita; sarebbe assurdo imporre al creditore pignorante l'obbligo di avvertire tutti quanti i creditori con prelazione. Però, abbiamo visto, anche i crepitio che non risultino iscritti nei pubblici registri perdono la loro prelazione con la vendita forzata del bene: eppure non è necessario che siano avvertiti. La diversità di trattamento si giustifica a seconda che si tratti di privilegio oppure di diritto reale di garanzia. Nel caso del privilegio il problema non si pone perché il privilegio sussiste fino a quando il bene permane nel patrimonio del debitore. Nel caso dei diritti reali di garanzia non iscritti, la vendita forzata ha un effetto estintivo della prelazione che la vendita di diritto comune non ha; il creditore munito di pegno può far valere il suo diritto contro qualunque soggetto a cui il proprietario trasferisca la proprietà del bene, ma non nei confronti dell’aggiudicatario. Per i diritti reali di garanzia che risultano iscritti nei pubblici registri scatta l'obbligo dell’art.498 cpc. Il creditore procedente dee notificare a costare un avviso contenente l’indicazione del creditore pignorante, del credito per il quale si procede e del titolo. in mancanza di tale notifica, il giudice deve rifiutarsi si emettere l'ordinanza di vendita. Il creditore procedente, sulla base dell’art.567 Il cpc, deve legare all'istanza di vendita i certificati delle trascrizioni ed iscrizioni; egli deve farsi rilasciare dalla conservatoria dei registri immobiliari un certificato in cui si attesta se vi sono e agli sono le iscrizioni di diritti reali di garanzia sul bene. E' impossibile, quindi che si dia luogo alla vendita senza che siano stati avvertiti i creditori iscritti; il mancato avvertimento può derivare o da un errore del conservatore nel controllare i registri o da una disattenzione del giudice. In ambo i casi il creditori privilegiato che non sia stato avvertito, ha diritto al risarcimento dei danni da parte del creditore pignorante o da parte del conservatore, se l’eroe è imputabile a quest’ultimo. L'intervento dei creditori può essere tempestivo o tardivo. Gli art.528 (per espropriazione immobiliare), 551 (espropriazione dei crediti) e 565 (espropriazione immobiliare) distinguono i creditori intervenuti tempestivamente o tardivamente con riferimento ai creditori chirografari, cioè ai creditori che non sono muniti di un diritto di prelazione. | creditori con prelazione, in qualunque momento del processo esecutivo intervengano, sono soddisfatti secondo l'ordine delle prelazioni previsto dal codice civile. Mentre i creditori chirografari tempestivi sono soddisfatti (dopo i creditori con prelazione) in ragione percentuale del loro credito, i creditori chirografari tardivi sono soddisfatti sul residuo che eventualmente avanza, dopo che siano stati soddisfatti per intero i chirografari tempestivi. Il momento che determina la tempestività dell'intervento normalmente è dato dalla prima udienza fissata per stabilire le modalità di assegnazione o di vendita, cioè l'udienza che apre la fase di liquidazione. La specificazione “ prima udienza fissata per l'autorizzazione della vendita” comporta che, se alla udienza fissata, per qualsiasi ragione, bene effettuato un rinvio ad un'udienza successiva, rilevante è la prima udienza e non quella in cui viene effettivamente autorizzata la vendita. Nel caso dell’art.525 III cpc, della piccola espropriazione mobiliare (che sia quando il valore dei beni pignorati non supera i 20.000,00 E) la tempestiva dell'intervento è misurata sull’istanza con cui il creditore pignorante chiede che sia fissata l'udienza per determinare le modalità di liquidazione. Ricordiamo che la fase di liquidazione si apre con il ricorso di un creditore munito di titolo esecutivo che chiede al giudice disporsi la vendita o la assegnazione del bene. A seguito di tale ricorso il giudice fissa l'udienza per stabilire le modalità di vendita o assegnazione. Quindi nella piccola espropriazione la tardività è anticipata rispetto a quella dell’espropriazione ordinaria. Per quanto riguarda l'espropriazione dei crediti, rilevante è la udienza di comparizione delle parti, fissata dal Document shared on www.docsity.com Downloaded by: gianluca.arzillo.71 (gianlucaarzillo@hotmail.it) Se è stata eccepita la nullità di un atto del processo esecutivo, e si è aperto un processo di cognizione incidentale per accertare tale nullità, qualora non vi fosse un meccanismo di raccordo fra i due processi niente impedirebbe al giudice del processo esecutivo di effettuare la vendita. Se dal processo di cognizione risultasse che il pignoramento era nullo e che il processo esecutivo doveva strutturarsi in maniera diversa, la conseguenza inevitabile sarebbe il travolgimento ex post degli effetti sostanziali. E ciò produrrebbe notevoli inconvenienti. La previsione degli art.530 e 569 cpc ricostruisce normativamente la necessaria pregiudizialità fra il rito e il merito, che è automatica nel processo di cognizione. Se è sollevata una questione di rito con l'opposizione agli atti esecutivi, bisogna decidere la questione di rito prima di emettere la misura giurisdizionale di merito. come il giudice della cognizione. Gli art.530 e 569 cpc stabiliscono che si abbia la decisione, con sentenza, dell'opposizione agli atti esecutivi e solo successivamente la pronuncia dell'ordinanza di vendita o assegnazione (se la sentenza con cui si decide l'opposizione accerta che l'atto esecutivo è valido; se invece dovesse accertare che l’atto è nullo, ciò imporrebbe l'emanazione dell’ordinanza di vendita o di assegnazione). Queste norme non prendono in considerazione l'eventuale, possibile impugnazione della sentenza che decide sull’opposizione agli atti esecutivi: esse non dicono che cosa accade se è impugnata la sentenza con la quale si afferma la validità del processo esecutivo. La lacuna dipende dal fatto che, nella stesura originaria del codice del 1942, la sentenza che decideva l'opposizione agli atti esecutivi era inimpugnabile cioè non assoggettabile ad alcun mezzo di impugnazione. Ma in virtù dell’art.111 Il Cost, la sentenza che decide l'opposizione agli atti esecutivi è suscettibile di impugnazione in Cassazione. La soluzione più corretta sembra essere che occorre attendere il giudicato, quindi la prima. Ciò per due motivi: - in primo luogo, il silenzio del legislatore non ha alcun significato. Quando gli art.530 e 569 cpc sono stati scritti, la sentenza che decideva l'opposizione gli atti esecutivi era inimpuganbile. - in secondo luogo, la pregiudizialità fra rito e merito deve essere mantenuta fin tanto che la parte ha diritto di far controllare con l’impugnazione la sentenza che decide l'opposizione. Siamo arrivati al punto in cui opposizioni agli atti non ce ne sono, oppure si è raggiunto un accordo, o c'è stata una sentenza passata in giudicato che le rigetta. Il giudice dispone con ordinanza la vendita forzata. Ma disporre la vendita o l'assegnazione significa anche attribuire un valore al bene. Ma è chiaro che la determinazione del valore fatta in quella sede dall'ufficiale giudiziario non può essere vincolante anche per quanto riguarda la vendita; sarà necessario procedere alla valutazione del bene ad opera di un soggetto competente cioè uno stimatore. LE SINGOLE FORME DI VENDITA FORZATA Nell’espropriazione immobiliare, la disciplina è unitaria per l'espropriazione diretta e per quella di beni mobili che il debitore ha presso terzi. | modi di liquidazione del bene mobile sono essenzialmente due: - la vendita a mezzo commissionario - la vendita all’incanto. A. Vendita a mezzo commissionario E’ disciplinata dagli art.532 e 533 cpc. Essa consiste nell’affidare la vendita del bene mobile, preventivamente stimato da un esperto, per un prezzo minimo stabilito dal giudice, ad un soggetto il quale lo vende a trattativa privata, attraverso un contratto che egli stipula con l'acquirente. L'incarico è normalmente conferito all'istituto vendite giudiziarie e può essere conferito ad un soggetto diverso dall'istituto vendite, solo se si tratta di beni con caratteristiche peculiari, che consigliano di rivolgersi ad un commerciante specializzato nel settore (art.532 | cpc). La liquidazione avviene con un atto che ha la natura, le caratteristiche e gli effetti di un ordinario atto negoziale di compravendita di un bene mobile. In sostanza l’atto traslativo è delegato ad un terzo. Il commissionario ha diritto ad un compenso che stabilisce il giudice stesso. B. Vendita all’incanto L'altra modalità di vendita è la vendita all’incanto disciplinata dagli art. 534 e 537 cpc. Secondo l’art.534 cpc, la vendita può essere affidata al cancelliere, o all'ufficiale giudiziario, o ad un istituto all'uopo autorizzato. Di solito viene affidata agli istituti vendite giudiziarie, che sono società che hanno, tra le altre finalità, anche quella di procedere alla vendita forzata dei beni mobili. Viene stabilito un prezzo minimo per l'incanto, viene fissata la data dell’incanto e nei giorni precedenti all’incanto l’incaricato si reca a ritirare i beni mobili del custode. L'aggiudicazione è fatta al maggior offerente. L'acquirente paga il prezzo e si porta via il bene, il soggetto incaricato della vendita versa all'esecuzione il ricavato, trattenendosi anche qui il compenso che per legge spetta all’incaricato. Nella vendita all'incanto dei beni mobili, il trasferimento della proprietà avviene al momento del pagamento del prezzo. Non si applica il principio consensualistico valido per i contratti (art.1376 cc). Document shared on www.docsity.com Downloaded by: gianluca.arzillo.71 (gianlucaarzillo@hotmail.it) Può darsi che la vendita del bene mobile non abbia luogo in alcuna delle due forme. Abbiamo così l'ipotesi della vendita fallita, cioè della vendita non effettuata per mancanza di offerenti. L'art.538 cpc prevede due possibilità: che si abbia l'assegnazione del bene, su richiesta di uno o più crediti, per il valore di stima che il giudice ha determinato prima di procedere alla vendita dello stesso; se nessuno chiede l’assegnazione, l’incaricato effettua una seconda vendita all’incanto ad un prezzo base inferiore del 20% rispetto al precedente. La seconda vendita a prezzo libero non può essere disposta, però, per gli oggetti d'oro e d’argento, i quali se invenduti debbono essere coattiv,ante assegnati per il loro valore intrinseco (art.539 cpc). Gli art.534-bis e 534-ter cpc disciplinano una forma particolare di vendita dei beni mobili registrati (autoveicoli, navi, aeromobili ecc). Il giudice può delegare le operazioni di vendita, con incanto o senza incanto, all'istituto vendite giudiziarie o ad un professionista iscritto all’apposito elenco tenuto presso il tribunale. Il procedimento di vendita su delega dei beni mobili registrati ha la stessa disciplina della vendita su delega degli immobili (art.591-bis cpc) che sarà esamina a suo tempo. Passiamo ora a vedere come si liquidano i crediti. Perfezionato il pignoramento, si può procedere alla liquidazione del credito, che avviene attraverso il trasferimento del creato dal debitore esercitato, che ne è titolare, ad un soggetto diverso. L'unica maniera per liquidare il credito è di trasferirlo ad un altro soggetto, per la riscossione. Il trasferimento costituisce, dal punto di vista del diritto sostanziale, una cessione del credito. Occorre però, tener presente una differenza; al contrario della cessione di diritto comune, che può aver luogo anche senza alcun previo accertamento di esistenza del credito, qui possiamo avere una vicenda pregressa costituita da una liquidazione di natura lato sensu confessori del terzo debitore, dichiarazione alla quale il terzo debitore è vincolato. Quindi le eccezioni opponibili dal terzo debitore all’assegnatario non possono contrastare con il contenuto della dichiarazione. l quale poi compirà l’atti Occorre inoltre tener conto del fatto che, in virtù degli effetti del pignoramento, il terzo debitore non può opporre all'assegnatario o all'acquirente del credito le eccezioni che non può opporre al creditore procedente. Se il credito pignorato è già scaduto, o scade entro 90 giorni, l'assegnazione è coattiva. L'art.553 cpc afferma che l'assegnazione ha luogo “salvo esazione”; ciò significa che la cessione avviene pro solvendo (cioè con la garanzia aggiunta della solvilità del debitore ceduto; pro soluto invece la cessazione avviene con garanzia della esistenza e validità del credito). Quello che l’art.533 cc esprime è più distesamente previsto dall'art. 2928 cc:”il diritto dell’'assegnatario verso il debitore che ha subito l'espropriazione non si estingue he con la riscossione del credito assegnato”. Pertanto al momento dell’assegnazione non avviene l'estinzione del diritto del creditore assegnatario ma tutti e due i diritti di credito rimangono coesistenti. Il creditore assegnatario mente i due diritti, uno verso il debitore esecutivo e l’altro verso il terzo debitore assegnato, fino al momento del pagamento. Nel momento in cui il terzo debitore assegnato paga il suo debito al creditore assegnatario, automaticamente si estingue anche, per la quantità corrispondete, il credito che l’assegnatario vanta nei confronti del debitore esecutivo. Quindi se il terzo assegnato è insolvente, sul piano del diritto sostanziale il creditore mantiene intatto il suo credito nei confronti del debitore originario. Più incerta è invece la disciplina dei crediti che scadono oltre i 90 giorni. L'art.533 Il cpc, dispone che i crediti che scadono oltre i 90 giorni possono essere assegnati o venduti. - sono assegnati se i creditori ne fanno domanda - sono venuti se nessuno dei creditori ne chiede l'assegnazione Se il credito è venduto, ciò significa che si trova un soggetto, il quale si rende cessionario del credito pagando una somma, ovviamente inferiore al valore nominale del credito. In questo caso la cessione avviene pro soluto: pertanto l'acquirente del credito paga subito, e un domani che va a riscuotere può anche trovare che il terzo debitore è insolvente. Il problema nasce se invece, i creditori ne chiedono l'assegnazione. Nel caso dei crediti scaduti o che scadono entro 90 gironi, l'assegnazione è coattiva, ed avviene pro solvendo; invece qui l'assegnazione ha luogo su domanda dei creditori. L'elemento che ci può giure a risolvere il problema è contenuto nell’art.553 Il cpc, il quale equipara la vendita del credito all'assegnazione su domanda. Siccome la vendita avviene sicuramente pro saluto, si deve pensare che anche l'assegnazione ha luogo pro soluto. Se così fosse il valore del credito per cui si procede è un valore scontato. Se il credito viene venduto, il terzo acquirente versa una somma di danaro, che poi è oggetto di distribuzione nei modi ordinari. Invece l'assegnazione del credito chiude il processo esecutivo, perché non c'è più niente da fare. L'assegnatario si trova nella posizione di chi deve curare la riscossione del credito di cui è divenuto titolare. - nel caso di assegnazione pro solendo curare la riscossione è un onere del creditore assegnatario, il quale non può rendersi inattivo, omettendo di compiere quanto necessario per riscuotere il credito. Se vuol mantenere tale Document shared on www.docsity.com Downloaded by: gianluca.arzillo.71 (gianlucaarzillo@hotmail.it) credito, deve fare tutto ciò che è necessario per riscuotere dall’assegnato. - nel caso di assegnazione pro soluto, il credito nei confronti del debitore esecutivo si è già estinto nel momento della assegnazione, per la somma corrispondente al valore dell’assegnazione stessa. Se il terzo debitore non paga, l'assegnatario deve provvedere alla tutela giudiziale del suo diritto di credito: per poter procedere all’esecuzione forzata deve avere un titolo esecutivo. Se il debitore esecutivo era già munito di un titolo esecutivo, l’assegnatario subentra nella possibilità di utilizzare tale titolo esecutivo ex art.475 cpc. se il debitore esecutato non aveva un titolo esecutivo può utilizzare come titolo esecutivo l'ordinanza di assegnazione. Gli art.548 | e 549 cpc prevedono la possibilità di fondare l'esecuzione contro il terzo sull’ordinanza di assegnazione. L'udienza in cui si stabiliscono le modalità per la vendita dell'immobile si svolge in modo analogo. Occorre premettere che il creditore procedente deve depositare entro 90 giorni dal pignoramento, deve essere allegata la documentazione prevista dall’art.567 cpc. A seguito della presentazione dell’istanza, il giudice incarica un esperto della stima del bene, e fissa l'udienza nella quale dispone la vendita del bene, e ne fissa le modalità. Le modalità di liquidazione del bene sono la vendita senza incanto (art. 570-572 cpc) e la vendita con incanto (artt.576 cpc): - La vendita senza incanto consiste in un invito a fare la propria offerta in cancelleria in busta chiusa, offerta che rimane sconosciuta fino a che non vengono aperte le buste. Possono partecipare tutti gli interessati (quindi anche i creditori), tranne il debitorie esecutato. Una forma particolare di modalità di offerta è quella fatta per persona da nominare, ad opera di un avvocato. costui può offrire una certa somma senza indicare il soggetto interessato all'acquisto; avvenuta l'aggiudicazione a suo favore (art.583), entro 3 giorni deve depositare in cancelleria il nome del vero acquirente. Da tale momento in poi la procedura prosegue con l'acquirente effettivo. Se non viene fatta la dichiarazione, l'aggiudicazione diviene definitiva a nome dell’avvocato. Si ricorre questa forma di offerta quando non si vuole far sapere che si è interessati all'acquisto del bene. Con il deposito in cancelleria dell'offerta in busta chiusa si deve versare una somma equivalente a 1/10 del prezzo offerto. Quando è scaduto il termine per il deposito, il giudice dell'esecuzione le apre e vede le offerte effettuate. Poi convoca tutte le parti del processo esecutivo e se l'offerta maggiore è superiore di almeno il 20% al valore di stima, l'immobile è immediatamente aggiudicato all’offerente (art.572 cpc). Altrimenti, si passa alla vendita all’incanto se il creditore procedente lo chiede, ovvero se il giudice lo ritiene opportuno. Qualora vi siano più offerte, il giudice dell'esecuzione invita i più offerenti ad una gara sull’offerta più alta (art.573 cpc). Quando il giudice ritiene di accogliere l'offerta, deve emettere due decreti. con il primo stabilisce le modalità di versamento del prezzo; se il versamento non è effettuato, il giudice provvede ad una rivendita all’incanto del bene e la cauzione che aveva versato l'acquirente vien incamerata nelle casse dell'esecuzione; e se, nella rivendita, il bene spunta un prezzo minore, per la differenza resta obbligato il soggetto offerente ed inadempiente. Se, viceversa, l'acquirente versa la somma con le modalità e nei termini previsti dal primo decreto, allora il giudice emette un secondo decreto, il decreto di trasferimento, che è l'atto terminale del procedimento di liquidazione, e che ha l’effetto di trasferire all'acquirente il diritto pignorato al debitore. - L'altra modalità di liquidazione è la vendita all’incanto. Essa inizia con il bando di vendita, ex art.576 cc, che stabilisce il giorno e l’ora in cui, nell'udienza pubblica, in presenza del giudice, si procedere alla vendita. | soggetti che possono partecipare sono gli stessi della vendita senza incanto; gli offerenti debbono prestare la stessa cauzione. All’udienza (che può tenersi anche se non è presente un creditore munito di titolo esecutivo: art.631 cpc), il giudice procede alla vendita all’incanto ex art.581 cpc. Ciascun soggetto, legittimato a partecipare ex art.580 fa oralmente la sua offerta. Trascorsi 3 minuti dall’ultima offerta senza che ne siano fatte di maggiori, il bene viene aggiudicato all'ultimo offerente. Si sono quindi individuati, l'offerente e il prezzo di vendita. L'art.584 stabilisce che, entro 10 giorni dall’incanto, possono essere fatte delle offerte in aumento di almeno 1/5 del prezzo raggiunto nell’aggiudicazione. Qui si innesta una specie di vendita senza incanto, cioè si passa alla vendita con le offerte in cancelleria. Uno o più offerenti in aumento depositano la propria offerta; il giudice convoca gli offerenti e l'aggiudicatario per la gara prevista dall'art. 573 cpc, dopodiché il giudice procede nel modo già visto. L'offerente all’incanto, o il vincitore nella gara di cui sopra, deve versare il prezzo nel modo stabilito nel bando di vendita; se non versa il prezzo, si producono le stesse conseguenze viste in relazione alla vedenti senza incanto. - Parte della dottrina sostiene che il trasferimento del bene avviene al momento dell’aggiudicazione. - L'art.586 cpc sembra suggerire la soluzione contraria perché esso espressamente stabilisce che il decreto trasferisce il bene all’aggiudicatario; in secondo luogo, perché dichiara il decreto di trasferimento titolo per la trascrizione, e infine, perché la possibilità per il giudice di non pronunciare il decreto, non sarebbe compatibile con il già avvenuto trasferimento della proprietà. Quindi il trasferimento avviene con il decreto e NON con l'aggiudicazione. Con il decreto di trasferimento si dispone Document shared on www.docsity.com Downloaded by: gianluca.arzillo.71 (gianlucaarzillo@hotmail.it) possibile procedere contro il titolare dei diritti di usufrutto, enfiteusi, superficie, nuda piena proprietà, perché i diritti di uso, abitazione e servitù non sono trasferibili sul piano del diritto sostanziale. Nella originaria versione della norma la distinzione aveva un senso: esecutato era il titolare di un diritto suscettibile di essere trasferito. Il pasticcio nasce quando, recependo la regola, il legislatore italiano (probabilmente per una sua svista) inserire anche l’usufrutto, che è un diritto trasferibile, nella categoria di quelli trasferibili. E così, se ci si limita a leggere l’art.2812 cc non si capisce la ratio della distinzione. | titolari dei diritti indicati nell’art.2812 | cc non divengono esecutati, tranne l'usufruttuario; il loro diritto con la vendita forzata si estingue per incompatibilità, e si trasforma in una somma di denaro che è l'equivalente del diritto estinto (art.2812 Il cc). | titolari dei diritti, che si estinguono con l'espropriazione, divengono quindi creditori privilegiati iscritti: privilegiati, perché hanno preferenza sui creditori ipotecari posteriori e sui creditori chirografari; iscritti, perché il loro credito deriva dalla trasformazione di un diritto che trae origine da un atto trascritto. Essi rientrano nella previsione dell’art.498 cpc, e quindi debbono essere avvertiti della pendenza del processo esecutivo. Essi possono, pertanto, intervenire nel processo esecutivo come creditori potenziali e quindi far valere le loro ragioni sul ricavato. se, poi, hanno motivi di difesa nel merito, cioè ritengono di non dover subire l’effetto estintivo, possono far valere le loro ragioni con l'opposizione di terzo ex. art.619 cpc. Se invece, l’ipoteca è valida ed efficace, il loro diritto si trasforma in un credito avente ad oggetto una somma di denaro. L'inciso contenuto nell’art.2919 cc “salvi gli effetti del possesso di buona fede” lo abbiamo trovato anche nell’art.2913 cc, il quale stabilisce che gli atti di disposizione del diritto pignorato non hanno effetto in pregiudizio del creditore procedente e dei creditori intervenuti, salvi gli effetti del possesso di buona fede per i beni mobili non iscritti in pubblici registri. La fattispecie dell’art.2913cc fa riferimento a un atto di disposizione che ampia il debitore esecutivo o più in generale il custode del bene mobile pignorato, il quale fa realizzare un acquisto a titolo originario a favore dell'acquirente, titolo che è prevalente rispetto a quello del creditore procedente, e quindi idoneo a sottrarre il bene dall’espropriazione. Ove l'alienazione provenga dall’esecutivo, la portata dell’art.1153cc non è quella di sanare un difetto di titolarità. L'art.1153cc serve a sanare un difetto di potere dispositivo, a superare il vincolo di indisponibilità creato dal pignoramento. Nell’art.2919cc, invece acquirente di buona fede non è il terzo al quale il custode aliena il bene mobile pignorato, ma è l'aggiudicatario il quale fonderà il suo acquisto ex art.1153cc sul titolo astrattamente idoneo costituito dalla vendita o assegnazione forzata, sulla consegna del bene mobile, e sulla buona fede, consistete nella mancata conoscenza che il bene non appartiene a colui che ha subito l'espropriazione. La buona fede qui consiste nel fatto che l'acquirente in vendita forzata non sa che il ben è di proprietà di un terzo. Nel caso dell’art.2913cc la buona fede consiste nel non sapere che il bene è pignorato. Nell'ipotesi in cui l'esecutivo non fosse titolare del diritto pignorato e trasferito, il conflitto fra il terzo proprietario del bene e l'acquirente in vendita forzata si risolve normalmente (perchè la vendita forzata per regola generale dà luogo ad un acquisto a titolo derivativo) a favore del terzo del terzo eccezionalmente (quando la vendita forzata dà luogo ad un acquatico a titolo originario) a favore dell’aggiudicatario. dobbiamo ora vedere la tutela di colui che, nel conflitto ipotizzato, rimane soccombente dall’acquaio a titolo originario. La disciplina è da dagli art.2920cc per la vendita, e 2926 per l'assegnazione. ex art.2920cc, se oggetto della vendita forzata è una cosa mobile, coloro che avevano la proprietà p altri diritti reali su di essa ma non hanno fatto valere le loro ragioni sulla somma ricavata dall’espropriazione, non possono farle valere nei confronti dell'acquirente di buona fede né possono ripetere dai creditori la somma loro distribuita. ® ilterzo può soddisfarsi sulla somma ricavata della vendita finché non sia stata distribuita , finché cioè essa è nelle casse dell'esecuzione. ® seilterzo (ormai ex) proprietario non ha fatto valere le sue ragioni sulla somma, egli non può ripetere la somma dai creditori ai quali è stata distribuita. Ora, l'acquisto a titolo originario ex. art.1153cc presuppone un titolo astrattamente idoneo (in questo caso la vendita forzata); la consegna del bene; la buona fede (che consiste sulla mancata conoscenza che l'esecutivo non era proprietario del bene pignorato; la buona fede è presunta, art.1147cc, e pertanto ciò che rileva, in realtà è la malafede che, come tute le situazioni psicologiche, non si può provare in via diretta, ma solo in via indiziaria). Il terzo proprietario del bene mobile pignorato, una volta che sia avvenuta la vendita forzata deve valutare se è in grado di o no di dimostrare che l’acquirente sapeva che il bene non apparteneva all’esecutato. Una volta dimostrato che, a causa della carenza di buona fede, non si è completata la fattispecie dell’art.1153cc, l'acquisto in vendita forzata è qualificabile come acquisto a titolo derivativo anziché come acquisto a titolo originario, e torna così applicabile la regola generale dell’art.2919cc in virtù della quale l'acquirente in vendita forzata acquista solo i diritti che sulla cosa spettavano a colui che ha subito l'espropriazione. rimangono, oltre il diritto sulla somma ricavata, altre due possibilità a favore del terzo che ha perso il proprio diritto perché si è realizzato un acquisto a titolo originario a favore dell’aggiudicatario. Una prima possibilità, prevista dallo stesso art.2920cc, presuppone la prova della mala fede del creditore procedente, il quale ha proseguito l'esecuzione nonostante sapesse che il bene pignorato non apparteneva Document shared on www.docsity.com Downloaded by: gianluca.arzillo.71 (gianlucaarzillo@hotmail.it) all’esecutato. Prova difficile da dare. Anche in questa ipotesi riscontriamo una divergenza fra la legittimità processuale e la liceità sostanziale. ® Dal punto di vista processuale se il pignoramento si è perfezionato nel rispetto degli art.513 cpc, esso è del tutto secundum ius, e così pure pienamente legittima dal punto di vista processuale è la vendita forzata. @ Tuttavia il creditore procedente, che chiede la vendita di un bene che egli sa non essere dell’esecutato, tiene un comportamento illecito sul piano sostanziale. Egli ha l'obbligo sostanziale di non far uso del suo potere processuale di chiedere la vendita del bene, che egli sa essere altrui. Una seconda possibilità derivane dai principi, è l'arricchimento senza causa noi confronti del debitore esecutato. L'arricchimento senza causa si fonda sulle seguenti considerazioni: il debitore ha pagato debiti suoi con beni di altri. Il terzo proprietario non può ripetere dai creditori la soma distribuita: pertanto, i creditori si tengono la somma, con la quale viene estinto il credito che avevano nei confronti dell’esecutato per la parte corrispondente alla somma ricevuta. E quindi l'esecutivo si arricchisce a spese del terzo ex proprietario, perché si libera dei propri debiti a spese altrui. Nell'ipotesi in cui il bene è assegnato, invece che venduto, la soluzione non cambia, perché anche il provvedimento di assegnazione costituisce un titolo astrattamente idoneo al trasferimento della proprietà. L'art. 2916cc contiene una disposizione particolare: i terzi che avevano la proprietà del bene mobile assegnato possono, entro il termine di 60 giorni dall’'assegnazione, rivolgersi all’assegnatario che ha ricevuto in buona fede il possesso del bene per farsi dare da costui la somma che egli si è trattenuto a soddisfazione totale o parziale del suo credito. Il terzo ex proprietario non può chiedere all’assegnatario la restituzione del bene, perché a favore dell’assegnatario si è creato un titolo di acquisto a titolo originario; però può chiedere che l’assegnatario gli paghi la somma corrispondente al credito soddisfatto con l'assegnazione. L'ultimo comma dell’art.2926cc stabilisce che, versando la somma in questione, l'assegnatario torna creditore del debitore perché il suo credito non è più soddisfatto. L'art.2926cc presuppone che si sia avuta un'assegnazione satisfattiva, perché, se l’assegnatario ha dovuto versare l’intero valore del bene, il problema non si pone in quanto il terzo ex proprietario trova nelle casse dell'esecuzione la somma corrispondente al valore pieno del bene. Quando la vendita forzata dà luogo ad un acquisto a titolo derivativo, nello scontro tra terzo proprietario e aggiudicatario, chi ci rimette è quest'ultimo, che perde il bene, in quanto niente ha acquistato da chi (l’esecutato) niente aveva. L’art.2921 | cc dà all'aggiudicatario evito il diritto non soltanto di farsi consegnare il ricavato della vendita ma, se questo è già stato distribuito, di andare dai creditori, per ripetere da ciascuno di essi la somma corrispondente a quella assegnata in sede di distribuzione del ricavato. Esistono alcune differenze fra vendita forzata e vendita di diritto comune, che sono in parte dedicate dall’art.2922 ce: 1) sulla base del primo comma “nella vendita forzata non ha luogo la garanzia per i vizi della cosa” quindi colui che acquista il bene in vendita forzata lo acquista nello stato di fatto in cui si trova; 2) sulla base del secondo comma “essa non può essere impugnata per causa di lesione”; cioè non ci può essere la rescissione per lesione (art.1448cc). Qui il presupposto è escluso dal fatto che la vendita forzata, che ha luogo attraverso l'esecuzione, non può costituite un approfittamento. 3) L'effetto estintivo dei diritti di garanzia ex.art.586 cpc. La vendita di diritto comune non è estintiva del diritto reale di garanzia. Nel caso di vendita forzata si ha l’estinzione dei diritti reali di garanzia sui beni oggetto della vendita. In caso di nullità del processo escutivo, i creditori non sono tenuti a restituire quanto hanno ricevuto. L'esecutivo non può agire in ripetizione nei confronti dei creditori intervenuti allegando la nullità del processo esecutivo, che è del tutto indifferente nei rapporti esecutato/creditori intervenuti. L’esecutivo deve fondare la ripetizione dell’indebito sull’inesistenza del credito, quindi su ragioni sostanziali, non processuali. Per quanto riguarda i rapporti tra esecutato e aggiudicatario-acquirente in vendita forzata la regola fondamentale è la seguente: la nullità degli atti esecutivi che hanno preceduto la vendita o l'assegnazione non ha effetto nei confronti dell’aggiudicatario. Le nullità del processo esecutivo anteriori al procedimento di vendita non sono opponibili all'acquirente o all’assegnatario, la posizione del quale è svincolata dalla validità degli atti anteriori al procedono di vendita, dei quali non è stato parte. Se sono fatte valere, il giudice non può disporre la vendita fino a che la controversia non sia risolta. Quindi la fase del processo anteriore all'udienza di vendita è sicuramente “ripulita” da tutte le nullità formali. Per quanto riguarda le nullità le nullità extraformali rilevabili in ogni stato e grado del processo, esse come sappiamo, hanno la caratteristica di inficiare ogni singolo atto del processo, e quindi si riproducono anche in relazione agli atti compiti posteriormente all'udienza di vendita, recedoli nulli. Le nullità del procedimento di vendita hanno invece una diversa disciplina, proprio perché l'aggiudicatario o l’assegnatario è parte di tale fase procedimentale. Quindi se si verifica una nullità nel subprocedimento di vendita, essa è opponibile all’aggiudicatario, ma non fuori del processo, a processo concluso. A tale regola si fa eccezione nel caso in cui l'acquirente abbia colluso col creditore procedente, approfittando della nullità per rendersi acquirente. L'art.2929cc parla di nullità degli atti esecutivi, e non della mancanza del diritto di procedere ad esecuzione forzata. Dobbiamo considerare che gli art,530 e 569 cpc, nel prevedere che il giudice posa procedere alla vendita forzata Document shared on www.docsity.com Downloaded by: gianluca.arzillo.71 (gianlucaarzillo@hotmail.it) soltanto dopo aver risolto le questioni relative alle nullità degli atti esecutivi, che siano state fatte valere, non fanno altro che assicurare anche nel processo esecutivo quella pregiudizialità tra rito e merito che il processo di cognizione assicura in maniera automatica, imponendo al giudice di decidere delle questioni di rito prima di quelle di merito. LA DISTRIBUZIONE DEL RICAVATO La distribuzione del ricavato è disciplinata in generale dagli art.509-512 cpc e dagli art.541 e 542 cpc per l'espropriazione mobiliare e dagli art. 596-598cpc per l’espropriante immobiliare. L'art.509 cpc stabilisce che la soma oggetto della distribuzione è composta da quanto proviene a titolo di prezzo o di conguaglio, rendita o provento di cose pignorate, multa e risarcimento danni da parte dell’aggiudicatario. Il primo e più rilevante problema ella distruzione del ricavato è l'ordine o traduzione dei crediti: 1) senza possibilità di deroga, anche in presenza di diritti di prelazione vi sono le spese della procedura. Hanno la precedenza perché costituiscono il corrispondente di ciò che è stato necessario fare per poter ottenere la somma da distribuire. 2) i creditori con diritto di prelazione: l’orine delle prelazioni è stabilito dall’art.2777cc. Se due crediti hanno lo stesso grado di prelazione, concorrono proporzionalmente tra loro. 3) i creditori chirografari tempestivi: ove la somma non sia sufficiente per tutti, si opera una ripartizione proporzionale. All’interno dei chirografari ci può essere un'ulteriore distinzione in virtù di quanto prevede l’art.499 IV cpc. Se l’intervenuto non segue l’invito del creditore procedente, quest’ultimo viene soddisfatto sul ricavato con preferenza rispetto al creditore intervenuto. 4) i creditori chirografari tardivi, cioè quelli intervenuti dopo l’udienza in cui si determinano le modalità di vendita o di assegnazione, o, nel caso di piccola espropriazione mobiliare, quelli intervenuti dopo il deposito dell'istanza con cui il creditore procedente chiede la fissazione dell'udienza per determinare le modalità di vendita o assegnazione. 5) l’esecutato per l'eventuale residuo. Dal punto di vista processuale, occorre distinguere a seconda che vi siano o non vi siano creditori intervenuti. se vi è un solo creditore da soddisfare, il giudice dell'esecuzione convoca le parti, e dispone il pagamento, a favore del creditore, di quanto gli è dovuto. Se invece vi sono più creditori da soddisfare, occorre procedere alla formazione di un piano di riparto. a) Per quanto riguarda la formazione del piano di riparto, vi sono differenze fra l'espropriazione mobiliare e quella immobiliare. Nell’espropriazione mobiliare i creditori possono presentare al giudice ® un piano di riparto concordato tra loro, già predisposto e sottoscritto da tutti i creditori; - l’art.541cpc stabilisce che il giudice dell'esecuzione provvede in conformità, se non c'è opposizione del debitore. - se c'è opposizione, si procede ai sensi dell’art.512cpc. - se non c'è opposizione del debitore, l'accordo dei creditori è vincolante per il giudice che non può discostarsene. ° Se manca un piano di riparto concordato, ogni creditore ex art.542cpc, può chiedere che si proceda alla distribuzione della somma ricavata “ognuno” vuol dire qualunque creditore intervenuto, anche non munito di titolo esecutivo. Il giudice prepara un piano di riparto, lo sottopone alle parti che possono approvarlo, e allora non c'è nessun problema; se invece qualcuno lo contesta, si procede ai sensi dell’art.512cpc per risolvere le contestazioni. b) Nell’espropriazione immobiliare le modalità di formazione del riparto sono diverse, pecche il giudice procede d'ufficio senza bisogno dell'istanza di parte. Il giudice prepara un piano di distribuzione, lo deposita in cancelleria e fissa un’udienza; - il cancelliere avvisa i creditori intervenuti e il debitore dell'avvenuto deposito e dell'udienza fissata; le parti hanno 10 giorni per consultare il piano di riparto. Se all'udienza non compaiono o comparendo non si oppongono, il piano di riparto è approvato. - oppure è possibile che in udienza si trovino d'accordo tra di loro per modificarlo e anche qui il giudice non può che prendere atto che c'è un accordo tra le parti e dove modificare il piano di riparto. Se invece il piano di riparto è contestato e sulle contestazioni non si raggiunge un accordo, allora occorre procedere ai sensi dell’art.512cpc. La questione più delicata riguarda la posizione del creditore, il cui credito si stato “contestato” dal debitore ex art.499 VI cpc. A favore dei creditori contestati, e che abbiano tempestivamente proposto la domanda volta ad ottenere un titolo esecutivo l’art.510 Il e Ill cpc prevede che il giudice dell'esecuzione disponga l'accantonamento delle somme ad essi eventualmente spettanti. Il piano disidrato vien predisposto tenendo conto anche di questi creditori, dopo di che le somme che, in base al piano, ad essi spetterebbero, sono accantonate “per il tempo necessario affinché i predetti creditori possano munirsi di titolo esecutivo e, in ogni caso, per un periodo di tempo non superiore a 3 anni”. Document shared on www.docsity.com Downloaded by: gianluca.arzillo.71 (gianlucaarzillo@hotmail.it) un diritto reale espropriabile: proprietà, nuda proprietà, enfiteusi, superficie, usufrutto. La peculiarità si verifica quando non tutti i contitolari del diritto sono assoggettabili all’espropriazione, cioè quando non esiste un titolo esecutivo nei confronti di tutti i contitolari di quel diritto. L'art.599 | cpc non è del tutto preciso quando afferma: "possono essere pignorati i beni indivisi anche quando non tutti i comproprietari sono obbligati verso il creditore”. Invece bisogna intendere: anche quando non tutti i comproprietari sono sottoponibili ad esecuzione forzata. Il problema nasce quando i contitolari non sono tutti assoggettabili ed espropriazione, vuoi perché non tutti sono debitori , vuoi perché manca un titolo di esecutivo contro alcuno di essi. Sia nell’uno, che nell'altro caso la quota può essere sottoposta ad espropriazione perché anche una quota garantisce i creditori ex art.2740cc. Ovviamente in questo caso titolo esecutivo e precetto si notificano al solo debitore contitolare del diritto assoggettabile all’espropriazione. Si effettua poi il pignoramento nelle forme ordinarie nei confronti del debitore esecutato: il creditore pignoramento deve però ex art.599 cpc, dare avviso, agli altri contitolari, dell'avvenuto pignoramento. L'avviso ha l’effetto di far divenire i contitolari parti del processo esecutivo. “Parti” del processo esecutivo, infatti, sono non solo il creditore procedente e il debitore esecutato, ma anche i creditore intervenui Parti non esecutate sono anche i contitolari, ed in quanto tali sono titolari di poteri e doveri processuali, e possono compiere atti all’interno del processo esecutivo. Insomma il pignoramento e l'avviso bloccano la situazione di fatto e di di momento in cui i contitolari ricevono l'avviso. | contitolari, sono convocati dal giudice insieme al creditore e al debitore. Ex art.600cpc, il giudice provvede, se i creditori o i contitolari la richiedono e quando è possibile, alla separazione in natura della quota, spettante al debitore. La separazione costituisce una particolare forma di divisione, che ha luogo quando oggetto della contitolari sono beni fungibili; dal punto di vista del diritto sostanziale, i beni fungibili si caratterizzano per il fatto che sono determinati a numero, peso e misura, e ciascuna unità ha valore equivalente alle altre. Si opera quindi la separazione, in base all'unità di misurazione dei rispettivi beni, secondo la quota che spetta ai singoli soggetti. Quando un bene è fungibile, diviene possibile la divisione dello stesso attraverso operazioni materiali, che vengono compiute all’interno del processo esecutivo. dopo la separazione ciascun proprietario si prende la parte che gli spetta, e la parte dell’esecutato viene liquidata. Se invece la separazione non è possibile, perché la contitolari non ha ad oggetto una quantità di beni fungibili, oppure nessuno la chiede, al giudice si impone una scelta. Il giudice deve disporre che si proceda alla divisone del bene, tranne che ritenga più fruttuosa la vendita della nota indivisa. Se il giudice dispone la vendita della quota indivisa, l'aggiudicatario subentra al posto dell'esecutivo nella contitolari del diritto. Se il giudice ritiene che la vendita della quota può non dare un esito soddisfacente, dispone che si proceda alla divisone giudiziale del bene, in relazione alla quale l’art.181disp.att.cpc stabilisce che è competente per materia lo stesso giudice dell'esecuzione. La divisione giudiziale si opera con un processo di cognizione. Il processo divisionale può essere sostituito da un accordo negoziale, al quale deve partecipare anche il creditore pignorante. L'art.1114cc stabilisce che la divisione si opera preferibilmente in natura: ciasuno dei contitolari ha diritto, se possibile ad avere una parte del bene in proprietà esclusiva. Ciò, naturalmente, presuppone che il bene sia divisibile. Occorre tener distinta la separazione in natura della divisione in natura. La separazione è tipica dei beni fungibili, ed indica quella particolare modalità di realizzazione della divisione consistente in operazioni di misurazione e di separazione materiale del bene in tante parti corrispondenti alle quote. La divisione è invece una divisione che avviene attraverso operazioni non materiali, ma giuridiche: individuazione e stima dei beni, formazione dei lotti che debbono essere omogenei. Se invece il bene è indivisibile, il bene è assegnato a chi l’ha richiesto. Se più ne chiedono l'assegnazione, si procede all'estrazione a sorte di colui al quale sarà attribuito l’intero bene. In ogni caso l’assegnatario paga agli altri condividendi il controvalore delle loro quote. Se nessuno ne chiede l'assegnazione, il bene è venduto all'asta, ed il ricavato è diviso secondo le rispettive quote. itto della contitolari così com'è nel Mentre si sta svolgendo il processo di divisione del bene, il processo esecutivo è sospeso automaticamente dal momento in cui viene proposta la domanda di divisone fino al momento in cui non sia intervenuto un accordo fra le parti oppure venga emessa una sentenza di primo grado passata in giudicato, oppure una sentenza di appello (art.627cpc al quale l’art.601 I cpc rinvia). All’espropriazione forzata dei beni appartenenti ad una comunione legale fra coniugi non si applicano gli art.599ss.cpc. La comunione legale, è una comunione senza quote. Iconici sono solidamente titolari di tutti gli elementi attivi della comunione. Inoltre nessun estraneo è ammesso a partecipare alla comunione. Pertanto: ® nessun problema pone l'espropriazione forzata di un bene appartenente alla comunione se il credito da tutelare rientra fra quelli previsti dall'art. 186c se del credito rispondono i beni della comunione, evidentemente potrà essere espropriata l’intera proprietà di ciascun bene. @ Seinvece il credito è personale di uno dei coniugi, e quindi i beni della comunione rispondono sussidiariamente fino al valore corrispondente alla quota del coniuge obbligato, il creditore potrà ugualmente espropriare la pena proprietà di ciascun bene. L'altro coniuge assume la qualità di esecutato, tranne che si tratti di espropriazione di beni Document shared on www.docsity.com Downloaded by: gianluca.arzillo.71 (gianlucaarzillo@hotmail.it) mobili, perché di questi ciascun coniuge può disporre solitariamente (art.184 III cc). L'altro coniuge potrà opporre che il valore del bene pignorato supera la metà valore della comunione. In tal caso, il ricavato della vendita che eccede la metà del valore della comunione legale sarà consegnato all’altro coniuge. L'’ESPROPRAZIONE CONTRO IL TERZO PROPRIETARIO L'espropriazione contro il terzo proprietario è prevista dall’art.602cpc per due ipotesi: a) quando il bene è gravato da pegno o ipoteca per un debito altrui e b) quando si tratta di un bene, la cui alienazione da parte del debitore è stata revocata per frode. La norma dà attuazione processuale a quanto è previsto nell’art.2910 Il cc, il quale stabilisce che possono essere espropriati anche i beni di un terzo, quando sono vincolati a garanzia del credito o quando sono oggetto di un atto che è stato revocato perchè compiuto in pregiudizio del creditore. Ambedue le norme forniscono i presupposti in presenza dei quali è possibile l'espropriazione di beni che non appartengono al patrimonio del debitore; nel qual caso si ha una scissione tra il debito e la responsabilità. a) L'ipotesi di bene gravato da pegno o ipoteca per un debito altrui può verificarsi per due fattispecie diverse, descritte nell'art.2808 l e Il cc. - L'art.2808 | cc, prevede che l’ipoteca attribuisce al creditore il diritto di espropriazione anche nei confronti del terzo che acquista i beni vincolati a garanzia del suo credito; quindi l’ipoteca dà il diritto di sequela: il creditore ipotecario può espropriare il bene non soltanto finché si trova nel patrimonio del debitore, ma anche se si trova nel patrimonio di un terzo, non obbligato sul piano del diritto sostanziale. L'articolo fa riferimento al fenomeno del debitore che concede ipoteca o pegno su un bene che fa parte del suo patrimonio, e successivamente lo aliena ad un terzo (oppure investe un terzo della nuda proprietà, dell’enfiteusi o della superficie). - Lo stesso fenomeno si può avere anche nell'ipotesi del terzo datore di pegno o di ipoteca prevista dall’art.2808 Il cc. L'ipoteca può essere concessa da un terzo a garanzia di un debito altrui. Tale scissione presuppone che la responsabilità sia limitata ad alcuni individuati elementi del patrimonio del responsabile. La scissione ha senso soltanto quando il terzo non debitore risponde dell'adempimento dell’altrui obbligazione con alcuni beni individuati. Nella garanzia oersoinale il garante risponde come debitore, sia pure accessorio, con tutto il suo patrimonio ex art.2740cc. Il terzo datore di pegno o ipoteca, o il terzo acquirente del bene ipotecario oppure oggetto di pegno, non sono personalmente obbligati; sono tenuti solo a sopportare che l'esportazione di svolga sul loro bene. Quando vi è ciccione fra debito e responsabilità, il creditore non può procedere all’espropriazione nei confronti del debitore, che non è titolar e del diritto sul bene, ma deve procedere ad espropriazione nei confronti del terzo, che vanta sul bene ipotecato un diritto di piena probità, di nuda proprietà, di superficie o enfiteusi. La necessità di far partecipare, al processo di espropriazione il titolare del diritto sul bene, di fargli assumere la qualità di soggetto esecutato, discende dagli effetti della vendita forzata ex. art.2919cc. Quindi il terzo proprietario deve partecipare al processo di espropriazione nella qualità di esecutato. b) Esaminiamo ora la seconda ipotesi di espropriazione contro il terzo proprietario, che riguarda i casi in cui il crede ha ottenuto una sentenza che dichiara inefficaci gli atti di alienazione del debitore, in quanto compiuti in suo pregiudizio. Il riferimento è in primo luogo all’azione revocatoria di cui agli art.2901cc e poi a tutte le altre ipotesi consimili in cui sono dichiarati inefficaci. In tutti questi casi si verifica una situazione simile a quella che si ha in seguito all’alienazione del bene oggetto di pegno o ipoteca. Nell’art. 2812cc gli atti di disposizione del proprietario del bene ipotecato non sono opponibili al creditore ipotecario. “Non opponibili” significa che non hanno effetto in pregiudizio del creditore ipotecario. Lo stesso problema si verifica con l’art.2901cc; l’accogliendo della domanda di revoca degli atti di disposizione porta alla dichiarazione di inefficacia degli stessi nei confini del creditore-attore. “Inefficacia” significa che tali atti non possono pregiudicare il creditore, ma ancora non sappiamo lo strumento tecnico con il quale si attua questa finalità. Ciò significa che l'accoglimento dell'azione revocatoria produce non un “rientro” del bene nel patrimonio del debitore alienante (sia pure a vantaggio del solo creditore) di tal che il creditore possa procedere all'esecuzione contro quest’ultimo in relazione a quel bene, sebbene la possibilità per il creditore di procedere all’espropriazione contro il terzo acquirente, nonostante che costui non sia debitore. Come il legislatore, nell'ipotesi di alienazione del bene ipotecato, non ha previsto che il creditore ipotecario possa espropriare il bene come se fosse ancora nel patrimonio di chi ha concesso l’ipoteca ma gli ha dato il potere di espropriare il bene nel patrimonio del terzo, così nell'azione revocatoria ha fornito il creditore del potere di aggredire esecutivamente il terzo, realizzando, quindi la stessa situazione dell’alienazione del bene ipotecato. Document shared on www.docsity.com Downloaded by: gianluca.arzillo.71 (gianlucaarzillo@hotmail.it) Il terzo acquirente in base all'atto revocato continua ad essere proprietario del bene nei confronti di tutti, anche nei confronti del creditore, ma è soggetto al potere espropriativo di costui. Anche il terzo acquirente in vista di un atto revocato, come il terzo acquirente del bene ipotecato, a tutti gli effetti non è debitore, perché sul piano sostanziale non deve niente al creditore, deve soltanto sopportare, tollerare, subire l'espropriazione che viene ad incidere nel suo patrimonio. Vediamo ora come si svolge il processo esecutivo contro il terzo proprietario. L'art.603cpc stabilisce che “titolo esecutivo e precetto debbono essere notificati al terzo”; ma ovviamente al terzo non è fatto precetto di pagare, perchè egli non è debitore. il precetto va fatto al solo debitore, e va notificato, per conoscenza , anche al terzo proprietario, il quale ha diversi strumenti per evitare l'espropriazione. Ex art.2858cc, il terzo acquirente dei beni ipotecati cha ha trascritto il titolo d'acquisto e che non è personalmente obbligato, se non preferisce pagare i creditori iscritti può rilasciare i beni agli stessi o liberali delle ipoteche; in mancanza, l'esecuzione segue contro di lui secondo le formule prescritte dal cpc. Pertanto il terzo può, a sua scelta: 1) pagare, adempiendo l'obbligo altrui. Pagando estingue il debito, ed estingue anche il potere di espropriazione del creditore; si ha così, una surrogazione legale nel diritto del creditore procedente (art. 1203cc). 2) chiedere la liberazione dei beni dalle ipoteche (art.2889cc e art. 792cpc). 3) rilasciare il bene ai creditori: cioè abbandona il bene ai creditori e l'espropriazione ha luogo nei confronti di un curatore speciale che nomina il tribunale. Ciò evita al terzo proprietario di comparire come esecutivo non debitore. Se non fa niente di tutto questo, il terzo proprietario assume la posizione di esecutato. Il pignoramento e gli atti di espropriazione si compiono nei suoi confronti, ed a lui si applicano tutte le disposizioni relative al debitore. Si verifica così una forma particolare di litisconsorzio necessario: in questo caso parti necessarie dell’espropriazione sono il debitore non esecutivo e l’esecutato non debitore. Tutti e due hanno gli stessi poteri e doveri, ma il divieto di rendersi acquirente in vendita forzata non vale per il terzo proprietario. Un'altra particolarità riguarda la distribuzione del ricavato: l'ordine di distribuzione è diverso rispetto a quello ordinario. 1 creditori che possono intervenire nell’espropriazione contro il terzo sono i creditori del terzo proprietario, e non i creditori del debitore, perché per questi ultimi il bene è efficacemente uscito dal patrimonio del loro debitore. AI contrario, nell’espropriazione contro il terzo possono intervenire i creditori del terzo, perché per essi il bene è nel patrimonio di costui. Pertanto, in sede di riparto avremo il seguente ordine: anzitutto il creditore ipotecario o il creditore che ha ottenuto la revoca dell'atto; poi i creditore dl terzo distinti in privilegiati, chirografari tempestivi e tardivi; infine, se avanza un residuo, questo deve essere consegnato al terzo e non al debitore. Il bene è quindi a tutti gli effetti un bene del terzo. Il terzo proprietario può, con l'opposizione all'esecuzione, contestare il diritto del creditore istante di procedere all’eccezione forzata. Se il terzo è processualmente equiparato al debitorie esecutato, ha gli stessi strumenti di difesa di costui. Dobbiamo tener conto che le condizioni, in presenza delle quali è lecita l'aggressione esecutiva del terzo, sono costituite da una fattispecie composta di due elementi: 1) che il creditore possa procedere all’espropriazione forzata nei confronti del debitore 2) che sussistano ipresupposti particolari che consentono l'espropriazione di un bene, che non fa parte del patrimonio del debitore. Altra condizione perché il terzo sia legittimamente espropriato è che suscita il credito che il credito che l’ipoteca vuole garantire, perché altrimenti non esiste neppure il potere di procedere all'esecuzione forzata. Il terzo espropriato può quindi contestare la sussistenza dell'obbligo garantito. L'art.2859cc distingue a seconda che la domanda con la quale è stata chiesta la condanna del debitore sia anteriore o posteriore alla trascrizione dell'atto di acquisto del terzo proprietario. - se la domanda è anteriore alla tradizione dell'atto di acquisto del terzo, il terzo proprietario può opporre al creditore, in sede di opposizione all'esecuzione, soltanto le difese che ancora spettano al debitore dopo la condanna. - se invece la trascrizione è anteriore alla posizione della domanda di condanna del debitore, il terzo non è vincolato al contenuto della pronuncia e può fondare la sua opposizione all'esecuzione anche su difese che la sentenza preclude al debitore. L'anteriorità o posteriorità della domanda è valutata con riferimento alla proposizione della stessa, e non alla sua trascrizione, perché le domande dirette alla condanna al pagamento di una somma di denaro non sono soggette a trascrizione. La norma pone il terzo acquirente in una posizione diversa da quella del debitore condannato. Il debitore condannato non può far valere le “eccezioni non poste”, espressione con la quale si intende dire che non può contestare l'accertamento contenuto nella sentenza facendo valere difese precluse dalla regola sui limiti temporali di efficacia della sentenza stessa. Si applica a costui la regola generale, in virtù della quale il provvedimento giurisdizionale non è vincolante per chi non è stato parte del processo, perché il terzo nel processo non ha potuto Document shared on www.docsity.com Downloaded by: gianluca.arzillo.71 (gianlucaarzillo@hotmail.it) L'obbligo di patì, al contrario è correlato ad un diritto altrui di invadere la sfera giuridica dell’obbligato, il quel deve appunto sopportare tale invasione. Dobbiamo distinguere gli obblighi di sopportare in relazione alla diversa struttura del diritto. In primo luogo vi sono gli obblighi di sopportare, correlati a un diritto il cui interesse sta nel risultato dell'attività che si deve compiere, nella sfera giuridica altrui, a proprie spese. L'ESECUZIONE PER CONSEGNA E RILASCIO Vediamo ora l'esecuzione per consegna e rilascio. Ex.art.2930cc, l'esecuzione per consegna o rilascio ha lo scopo di trasferire il potere di fatto sul bene, identificato nel titolo esecutivo, da colui che esercita attualmente tale potere di fatto a colui che ha diritto ad esercitarlo. Abbiamo il trasferimento della detenzione corpore del bene da colui che ha lo ius possessionis a colui che, secondo il titolo, ha lo ius possidenti. Tale trasferimento non opera alcuna modificazione della situazione sostanziale, che ha come oggetto il bene. E' modificato solo il potere di fatto sul bene. La qualificazione in termini possessori della situazione, che si viene a creare attraverso l'acquisizione del potere di fatto sul bene, non dipende dall'esecuzione forzata, ma dalla situazione sostanziale a tutela della quale è stato svolto il processo esecutivo. L'avente diritto acquista il possesso se sul bene gli è stata riconosciuta l’esistenza di un diritto reale; acquista la detenzione, se sul bene gli è stata riconosciuta l'esistenza di un diritto personale di godimento. Quindi anche la situazione possessoria che si viene a creare in capo all’avente diritto, che riceve il bene, si differenzia in base al tipo di diritto a tutela del quale si è avuta l'esecuzione. L'obbligo di consegna o rilascio viene attuato con le forme degli art. 605cpc in modo sempre uguale, qualunque sia il diritto riconosciuto. | titoli esecutivi che fondano l'esecuzione sono ex.art.474 Ill cpc, quelli previsti dai numeri 1 e 3 dell’art.474 Il cpc. Le scritture private autenticate ed i titoli di credito che abbiano per oggetto beni individuati (titoli rappresentativi art.1996 cc) non costituiscono, quindi titoli esecutivi idonei ad un'esecuzione per consegna e rilascio. Lo sono invece gli atti pubblici. Titolo esecutivo è anche il verbale di conciliazione giudiziale,che è ricompresi nel n.1 dell’art.474 Il. Per quanto riguarda la posizione dei terzi, ex.art.474-477 cpc, il titolo esecutivo è utilizzabile, a certe condizioni, da o contro un soggetto diverso da colui, che nel titolo stesso è nominativamente individuato, rispettivamente come creditore o debitore. Tutte le volte in cui l’ufficiale giudiziario trova il bene nella materiale disponibilità di un soggetto diverso da colui che è obbligato alla consegna o rilascio secondo il titolo, l'esecuzione deve ugualmente aver luogo, anche in pregiudizio del terzo. - Uno degli effetti dell’espropriazione è la creazione di un titolo di acquisto fra l'esecutato e l'aggiudicatario. Se il bene è di proprietà di chi non è esecutato, questi (salva l'applicazione dell’art.1153cc) non subisce alcun effetto dell’espropriazione. - Nell’esecuzione per consegna o rilascio si verifica un diverso fenomeno: ipotizziamo che l'esecuzione dia compiuta e la determinazione corpore del bene sia trasferita dall’ufficio esecutivo al procedente. Se il bene era nella materiale disponibilità di un terzo, l'esecuzione produce effetti nei confronti di costui, e non nei confronti di olio al quale il creditore ha fatto acquisire la qualità di esecutato. Fra espropriazione ed esecuzione in forma specifica vi è una differenza fondamentale. - Mentre la direzione degli effetti dell’espropriazione è soggettiva, perché dipende dall’individuazione dell’esecutato da parte del procedente (quindi, in sostanza, dalla domanda giudiziale esecutiva), e gli effetti si verificano solo nella sfera giuridica del soggetto che il creditore procedente individua come esecutato. - nell'esecuzione in forma specifica la direzione degli effetti dell'esecuzione è oggettiva, gli effetti si producono non secondo la scelta del creditore ma secondo l'effettiva situazione esistente: nei confronti del detentore corpore del bene, nell'esecuzione per consegna o rilascio; nei confronti di questi e del proprietario, nell'esecuzione per obblighi di fare. Nell’espropriazione il creditore individua come esecutato il soggetto, verso cui egli vuole che si producano gli effetti dell'esecuzione, ed è quindi garantito il rispetto del diritto di difesa dei terzi, perché gli effetti non si possono produrre nella sfera giuridica di soggetti diversi da quello prescelto dal creditore come esecutato. AI contrario, nell'esecuzione in forma specifica gli effetti si producono oggettivamente, e quindi il creditore deve individuare come parte esecutata il soggetto verso cui effettivamente si producono gli effetti dell'esecuzione. Quando il creditore intima precetto, lo deve fare nei confronti di colui che in quel momento ha la detenzione corpore del bene. - Se poi ha il potere di fatto sul bene è esecrabile in base all’art.477cpc, l'esecuzione p processualmente lecita; Document shared on www.docsity.com Downloaded by: gianluca.arzillo.71 (gianlucaarzillo@hotmail.it) - se invece non è soggetto all'efficacia del titolo esecutivo, l'esecuzione può essere da costui efficacemente ostacolata attraverso un'opposizione all'esecuzione. Sia nel processo di cognizione che in quello di espropriazione l'assunzione della qualità di destinatari degli effetti dei provvedimenti giurisdizionali è un posterius rispetto all'assegnazione della qualità di parte, assunzione che avviene tramite la domanda della parte. L'iter logico è il seguente: chi assume la qualità di parte diviene destinatario degli effetti della misura giurisdizionale. Invece nell'esecuzione in forma specifica il fenomeno è rovesciato: prima bisogna stabilire chi subirà in concreto gli effetti dell'esecuzione, e poi lo si fa (lo si deve far) diventare parte esecutata. Quindi l'essere destinatari degli effetti delle misure giurisdizionali è un prius rispetto all'assunzione della qualità di parte. Vediamo ora il procedimento per consegna o rilascio. Ex. art.605cpc, il precetto deve contenere la descrizione dei beni, descrizione che è già necessariamente contenuta nel titolo esecutivo. per la giurisprudenza, l’indicazione dei beni nel precetto è conseguentemente superflua. Unico soggetto dell'ufficio esecutivo necessariamente presente nell'esecuzione per consegna o rilascio è l'ufficiale giudiziario. Il giudice dell'esecuzione resta inattivo. La consegna del bene mobile avviene ex.art.606cpc. L'ufficiale giudiziario fa uso dei poteri conferitogli dall’art.513 Il cpc. L'ufficiale giudiziario ricerca il bene dove si trova. La norma ha la funzione di conferire all'ufficiale giudiziario il potere di aprire porte, vincere la resistenza dell'esecutivo o di terzi, ecc. e non di circoscrivere i luoghi, ai quali egli può accedere per ricercare il bene. Il rilascio del bene immobile avviene ex.art.608cpc. Deve essere dato all’esecutivo, almeno 10 giorni prima, il preavviso del giorno e dell’ora in cui avverrà l'immissione in possesso. Con la notifica del preavviso di rilascio ha inizio l'esecuzione forzata (art. 608 I cpc). Poiché dopo la notificazione del precetto, l'estate ha un termine di 90 gironi per iniziare l'esecuzione. L'immissione nel possesso può essere anche simbolica (oltre che reale: consegna delle chiavi del luogo chiuso) per i luoghi aperti. Se l'esecutivo non è presente, secondo la giurisprudenza bisogna notificargli l'atto di ingiunzione. L'ultima frase dell’art.608 Il cpc (“...ingiungendo agli eventuali detentori di riconoscere il nuovo possessore”) presuppone che la detenzione corpore del bene non sia attualmente dell’esecutivo, ma di detentori he serviranno il potere di fatto in nome dell’esecutato. Si presuppone inoltre che il creditore procedente non voglia la detenzione corpore del bene, incompatibile con quella dei detentori. L'art.608 ultima parte cpc, si applica quando il bene è in parte nella detenzione corpore dell’esecutivo e in parte nella detenzione di terzi (ex complesso industriale di cui fanno parte alloggi per i dipendenti; fattoria con cassa padronale ed abitazioni dei coloni). L'esecuzione ha luogo contro l’obbligato secondo il titolo esecutivo, per la parte del bene di cui egli ha la detenzione corpore e in parte avviene con l’ingiunzione del terzo debitore. Per la parte del bene, sulla quale l’obbligato ha il potere di fatto, si ha esecuzione per rilascio; per la parte di cui l’obbligato ha solo il possesso formale si ha ingiunzione ai detentori di riconoscere il nuovo possessore. Può darsi che nell’immobile oggetto del rilascio, vi siano dei beni mobili. Il previgente art.609cpc prevedeva che ai beni mobili estranei al rilascio dovesse pensare il procedente: o mediante la custodia sul posto o trasportandole in altro luogo. Il nuovo art.609cpc prevede invece che all’avente diritto sia intimato di ritirare i beni. Se non li ritira, ed i beni hanno un valore superiore alle spese necessarie per l’asporto, la custodia e la vendita, essi sono affidati ad un custode, che li vende, e con il ricavato paga le spese che sono liquidate dal giudice dall'esecuzione. L'eventuale residuo va all’avente diritto sui beni. Se i beni hanno scarso valore, essi sono smaltiti o distrutti. L'art.610cpc fa comparire sulla scena del processo esecutivo il giudice dell'esecuzione, che normalmente rimane sullo sfondo. Quando si sollevano contestazioni che hanno bisogno di un processo di cognizione per essere decise: situazioni patologiche rispetto al normale svolgimento del procedimento per consegna o rilascio. Si è già detto che l'ufficio esecutivo, prima di agire, deve determinare la sua azione e valutare se compiere un determinato atto e quale deve esserne il contenuto. L'ufficiale giudiziario deve stabilire se e come determinare la propria attività, senza poter ricorrere all’ausilio del giudice dell'esecuzione. L'art.610cpc dà alle parti la possibilità di interpellare il giudice dell'esecuzione , per farlo intervenire nella determinazione di ciò che l'ufficiale giudiziario deve fare per proseguire l'esecuzione forzata. Lo strumento ha lo scopo di far superare l'ostacolo, e non di rallentare oppure ostacolare l'esecuzione. Le spese dell'esecuzione sono anticipate dalla parte istante e sono a carico dell’esecutato (art.95cpc). Tali spese comprendono, oltre alle spese vive, anche gli onorari dell'avvocato del creditore. Esse sono liquidate dal giudice dell'esecuzione ex.art.611cpc con decreto che è titolo esecutivo. Contro il decreto può esser fatta opposizione da parte dell’esecutato, per contestare che le spese siano in tutto o in parte dovute. Il decreto dà al procedente la possibilità di espropriazione forzata sui beni dell'esecutivo, per recuperare le spese dell'esecuzione per consegna o rilascio. Document shared on www.docsity.com Downloaded by: gianluca.arzillo.71 (gianlucaarzillo@hotmail.it) L'ESECUZIONE PER OBBLIGHI DI FARE Gli art.2931 e 2933cc forniscono i profili generali dell'esecuzione per obblighi di fare. Spetta al giudice della cognizione stabilire se la distruzione del bene è di pregiudizio all'economia nazionale (art.2933 Il). In sede id esecuzione forzata si tratta sempre e solo degli obblighi di fare: o perché non è adempiuto un obbligo di fare (art.2931cc); o perché non è adempiuto un obbligo di disfare (art.2933cc). Anche qui l'attuazione della tutela esecutiva non modifica le situazioni sostanziali esistenti sul bene. Titolarità e contenuto dei diritti e degli obblighi rimangono identiche prima e dopo l'esecuzione. Nel 2009 strumento generale di tutela esecutiva indiretta (art.614-bis cpc). La costituzione o distruzione di un’opera costituisce il verso oggetto dell'esecuzione per obblighi di fare e di non fare. L'art.612cpc parla di esecuzione forzata “di una sentenza di condanna”: ciò costituisce una imprecisione terminologica. L'esecuzione forzata ha sempre per oggetto il diritto e non il provvedimento. Gli art.612 e 614-bis cpc sono le uniche norme, in materia di processo civile ordinario, che riferiscono l'esecuzione forzata alla sentenza, perché nel cpc, attualmente vigente sono stati eliminati tutti i riferimenti all'esecuzione “delle sentenze e dei provvedimenti”. L'art.612 sembrerebbe esigere una sentenza come titolo esecutivo per l'esecuzione degli obblighi di fare. Quindi si deve ritenere che anche i verbali di conciliazione giudiziale sono titoli esecutivi idonei all'esecuzione per obblighi di fare. Questa soluzione trova ora conferma nella nuova dizione dell’art.474 Il n.1 laddove, accanto alle “sentenze” si parla di “altri atti” giudiziali. Vi sono poi norme speciali nei quali si prevede che titoli esecutivi stragiudiziali sino idonei a fondare un'esecuzione in forma specifica, e quindi anche un'esecuzione per obblighi di fare. L'esecutato viene individuato sulla base degli effetti concreti che produrrà l'esecuzione: titolo esecutivo e precetto debbono essere notificati a chi esercita sul bene il potere di fatto, nonché al proprietario, se questi è soggetto diverso dal precedente o dall’esecutato. Infatti, la costituzione o demolizione dell’opera incide, oltre che nella sfera giuridica del detentore corpore, anche nella sfera giuridica del proprietario. Decorsi 10 gironi dalla notifica del precetto, il creditore ricorre al giudice convoca l’esecutato, stabilisce con ordinanza le modalità dell'esecuzione, nomina l'ufficiale giudiziario che deve sovrintendere e chi materialmente deve compiere l’opera. Sui rapporti fra titolo esecutivo e ordinanza di determinazione delle modalità di esecuzione; di solito il titolo esecutivo individua il risultato che si deve raggiungere con l'esecuzione e l'ordinanza ex. art.612cpc stabilisce come si deve raggiungere questo risultato. Le modalità dell'esecuzione sono stabiliste soprattutto nell'interesse dell’esecutato, poiché l'interesse del creditore è teso al risultato e quindi è concentrato nel titolo esecutivo. Le spese sono a carico dell’esecutato; il giudice deve scegliere le modalità di esecuzione che garantiscano il risultato ma che non siano onerose più del necessario per l’esecutato. In sede di esecuzione per obblighi di fare, può darsi che l’opera da costruire necessiti del rilascio di concessioni, autorizzazioni e simili da parte della pubblica amministrazione. Quindi l'ufficio esecutivo può richiedere tutte quelle autorizzazioni e concessioni che l’esecutato poteva e doveva chiedere e non ha richiesto. Se l'esecutivo le aveva richieste e gli erano stata rifiutate, l'ufficio esecutivo, che si sostituisce all’obbligato, può proporre le impugnative possibili ed opportune in sede di contenzioso amministrativo. Se poi la pubblica amministrazione rifiuta definitivamente e legittimamente i necessari permessi, il diritto del procedente si trasforma in risarcimento del danno. L'ESECUZIONE INDIRETTA La riforma del 2009 ha introdotto, nel terzo libro del cpc, l’art.614-bis, il quale adotta la tecnica della sanzione civile di cui è beneficiario l'avente diritto. stabilisce, detta norma, rubricata come “attuazione degli obblighi di fare infungibile o di non fare”, che “ il giudice, con la sentenza di condanna... fissa...la somma di denaro dovuta dall’obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva ovvero per ogni ritardo nell'esecuzione del provvedimento”. Il primo dato da affrontare deriva da un dato testuale: mentre la rubrica dell’art.614-bis cpc, parla di obblighi di fare ingannabile, tale limitazione non è ripetuta nel resto della norma. Taluno ha ipotizzato l’utilizzabilità dell'esecuzione indiretta anche in materia di obblighi fungibili. Ma si tratta di conclusione non convincete. Per questa e per altre ragioni non è dunque convincente il tentativo di estere l'esecuzione indiretta anche alle fattispecie disciplinate dall’art.2932cc. @ La nuova norma è collocata nel terzo libro del cc, nel titolo quarto dedicato all'esecuzione forzata di obblighi di fare e di non fare: essa affida la concessione della tutela esecutiva al giudice della cognizione. Il legislatore è Document shared on www.docsity.com Downloaded by: gianluca.arzillo.71 (gianlucaarzillo@hotmail.it) L'opposizione all'esecuzione, che è disciplinata dagli art.615-616 cpc, ha per oggetto la contestazione del diritto della parte istante a procedere a esecuzione forzata. Il diritto a procedere ad esecuzione forzata può essere contestato vuoi per la carenza di ciò che si vuole tutelare, cuoi per la carenza del diritto alla tutela esecutiva. 1) Il primo profilo consiste nella mancanza del diritto alla tutela esecutiva, cioè del titolo esecutivo in senso sostanziale. Il titolo esecutivo in senso documentale è invece un atto del processo esecutivo. 2) Problemi particolari sorgono quando si nega l’esistenza del titolo esecutivo, allegando la nullità dell'atto, in cui il titolo esecutivo consiste. Si contesta l'efficacia esecutiva del titolo, perché la nullità dell’atto incide su tutti gli effetti dell'atto stesso, fra cui anche quelli escutivi, con la consequenziale inesistenza del diritto alla tutela esecutiva. Per i titoli stragiudiziali non i sono particolari problemi, ogni nullità rilevante dell’atto può esser fatta valere in sede di opposizione dev’esecuzione. Ai titoli esecutivi giudiziali ex art.161 | cpc, si applica il principio della conversione della nullità in motivi di impugnazione. La nullità di una sentenza dev'essere fatta valere con i mezzi di controllo previsti. La perdita della possibilità di usare il mezzo di controllo sana i vizi dell’atto giudiziale, e li rende irrilevanti. 3) Il principio della conversione delle nullità dell'atto processuale in motivi di impugnazione, impedisce dunque di far valere la nullità del titolo esecutivo giudiziale in sede di opposizione all'esecuzione. Lo stesso art.161 cpc, al secondo comma prevede che tale principio non trova applicazione quando il provvedimento manca della sottoscrizione del giudice. Dalla previsione contenuta nell’art.161 Il cpc, la giurisprudenza e la dottrina hanno tratto la teoria dell’inesistenza del provvedimento giurisdizionale, in base alla quale all'atto inesistente non si applica il principio della conversione delle nullità in motivi di impugnazione. L'efficacia esecutiva di un provvedimento giurisdizionale dipende, da due diversi meccanismi: talvolta è disposta dalla legge (ex legge); certe volte nasce in virtù di un provvedimento del giudice (ope iudicis). - L'efficacia è sempre ex legge, perché è sempre la legge che prevede i presupposti, in presenza dei quali un atto è titolo esecutivo. Nell’efficacia ex legge la fattispecie che costituisce tale effetto giuridico, così come prevista dalla legge. è immediatamente rilevante e non mediata da una valutazione del giudice. - Nel secondo caso l'ordinamento attribuisce al giudice il potere di accertare i presupposti, previsti dalla legge per l'efficacia esecutiva del provvedimento. L'esecutività è legata all'accertamento e non direttamente alla loro esistenza. In tal caso, la fattispecie che attribuisce l'efficacia esecutiva è costituita dal provvedimento del giudice, e la sussistenza dei presupposti previsti dalla legge. Le due ipotesi sopra fatte hanno una disciplina differenziata in sede di opposizione all'esecuzione. - Nell'ipotesi di esecutività ope iudicis, essendo rilevante la valutazione del giudice che ha accertato la sussistenza dei presupposti previsti dalla legge, e non immediatamente tali presupposti, sono precluse tutte le contestazioni relative alla effettiva sussistenza dei presupposti in questione. Nono è possibile contestare, in sede di opposizione all'esecuzione, la giustizia e fondatezza del provvedimento con cui il giudice ha dato o negato l’esecutività a quel determinato atto. - Nell'ipotesi di esecutività ex lege, in sede di opposizione all'esecuzione si può affermare che tali presupposti non esistono. Tale esternazione deve considerarsi un parere del tutto irrilevante che non può condizionare l’efficacia esecutiva dell'atto. Analizziamo ora l'inesistenza del diritto sostanziale che si vuole tutelare con l'esecuzione. si contesta il diritto sostanziale oggetto della tutela esecutiva. Sotto questo profilo, bisogna tenere conto che il titolo esecutivo, oltre a conferire al diritto la tutela esecutiva, costituisce anche un atto che ha un'efficacia preclusiva. E’ necessario chiarire i rapporti tra l'efficacia preclusiva dell’atto-titolo esecutivo e le contestazioni in sede di opposizione all'esecuzione. La regola è che: in sede di opposizione all'esecuzione possono essere fatte valere le stesse contestazioni che sarebbero ammissibili nel caso in cui l’atto-titolo esecutivo fosse utilizzato dal creditore come prova dell’esistenza del suo diritto in un ordinario processo di cognizione. Per i titoli giudiziali. Si debbono applicare i limiti temporali di efficacia della sentenza. E' spendibile, in sede di opposizione all'esecuzione, ciò che non è precluso dai detti limiti temporali che hanno come referente l'udienza di precisazione delle conclusioni per le sopravvenienze in fatto, e la pubblicazione della sentenza per le sopravvenienze in diritto. Con l'opposizione all'esecuzione si fa valere anche l’impignorabilità dei beni. Se la parte escuta contesta che sussiste il presupposto della impugnabilità dei beni, deve proporre opposizione all'esecuzione. Si tratta di un profilo di insussistenza del diritto di procedere ad esecuzione forzata che non riguarda il diritto da tutelare, né il dirotto alla tutela esecutiva, ma l'oggetto del processo di espropriazione come situazione sostanziale. Nell’opposizione all'esecuzione si discute il se dell'esecuzione. Ciò vale a distinguerla dall'altro strumento, che è l'opposizione agli atti esecutivo, con la quale si contesa la conformità del processo esecutivo alle norme processuali, e che quindi riguarda il come dell'esecuzione. Document shared on www.docsity.com Downloaded by: gianluca.arzillo.71 (gianlucaarzillo@hotmail.it) si dice allora che l'opposizione agli atti esecutivi è di rito mentre l'opposizione è all'esecuzione è di merito. Vediamo ora come si svolge il processo di opposizione all'esecuzione. Ex. art.491 cpc, l'espropriazione inizia con il pignoramento ex.art.608 | cpc, l'esecuzione per rilascio inizia con la notifica del preavviso di rilascio. Non vi sono norme che individuino l’inizio dell'esecuzione per consegna e dell’esecuzione per per gli obblighi di fare. Si deve quindi applicare i via analogica l’art.491cpc e qualificare come inizio dell'esecuzione in forma specifica il compimento del primo atto dell’ufficio esecutivo successivo al precetto. Nell’esecuzione per consegna il primo atto è l’accesso dell’ufficiale giudiziario; nell'esecuzione per obblighi di fare è il provvedimento, con il quale il giudice fissa l'udienza per determinare le modalità dell’esecuzione. L'opposizione proposta prima dell'inizio dell'esecuzione (c.d. opposizione a precetto) si propone con un ordinario atto di citazione di fronte al giudice competente per materia o valore con riferimento al diritto sostanziale del quale si richiede la tutela esecutiva. L'art.615 | cpc rinvia, per la determinazione della competenza per territorio all’art.27 cpc: quindi è competente il giudice del luogo dove si svolge l'esecuzione. Ma se l'esecuzione non è ancora iniziata, vi è solo il precetto. Allora occorre far riferimento all’art.480 III cpc, che disciplina il precetto. - In base a tale articolo, nel precetto il creditore procedente deve dichiarare la residenza o eleggere il domicilio nel comune in cui ha sede il giudice (che sarà) competete per l'esecuzione. Con la dichiarazione il debitore esecutivo è in grado di individuare il giudice di fronte al quale si svolgerà l'esecuzione. - Se il creditore non ha dichiarato la residenza né eletto il domicilio, le opposizioni si propongono al giudice del luogo in cui è stato notificato il precetto. Se l'esecuzione ha già avuto inizio ex.art.615 Il cpc, l'opposizione è proposta con ricorso che si deposita nella cancelleria del giudice dell'esecuzione, e che successivamente è portato a conoscenza delle altre parti interessate, insieme al decreto con il quale il giudice dell’esecuzione fissa l'udienza di comparizione innanzi a sé. Le opposizione esecutive sono costituite da processi di cognizione incidentali al processo esecutivo: la domanda di opposizione è proposta in sede esecutiva con il ricorso al giudice dell'esecuzione, e quindi deve in qualche modo rendersi autonoma. Per quanto attiene all'udienza di comparizione dinanzi al giudice dev'esecuzione l’art.185 disco att cpc rende applicabile ad essa il rito camerale. Ciò è confermato dal fatto che l’art.616 cpc parla di “introduzione del giudizio di merito secondo le modalità previste in ragione della materia e del rito”. Le due attività principali, che deve svolgere il giudice dell'esecuzione in questa sede, sono costituite dalla risposta all'eventuale domanda di sospensione e dalla individuazione del giudice competente a decidere nel merito della domanda di opposizione. con riferimento alla competenza “verticale”, essa deve essere valutata con riferimento al diritto, di cui è chiesta la tutela (art.17cpc). La competenza territoriale, exart.27cpc, spetta al giudice del luogo in cui si svolge l'esecuzione. lo spostamento di competenza, pertanto, avviene solo in senso verticale. se l'ufficio giudiziario al quale aprite il giudice dell'esecuzione non è competente, il giudice dell'esecuzione assegna un termine perentorio per la riassunzione della causa. Per capire il meccanismo previsto dall’art.616cpc, occorre tener contro di al era la situazione antecedente alla riforma del 2006. In precedenza, l’art.616cpc si limitava a stabilire che, se la causa di opposizione era di competenza dell’ufficio giudiziario al quale apparteneva il giudice dell'esecuzione, questi “provvede all'istruzione a norma degli art.175 e seguenti”. Questa disposizione da un alto istituiva una sorta di competenza funzionale del giudice dell’esazione: era il giudice dell'esecuzione in quanto tale a svolgere il ruolo di giudice istruttore della causa di opposizione. Dall'altro lato, il richiamo agli art. 175 ss aveva fatto sorgere notevoli incertezze sul coordinamento fra la fase introduttiva della controversia e la fase di trattazione. Con riferimento al primo profilo, la c.d. competenza funzionale del giudice dell'esecuzione è venuta meno. Con riferimento al secondo profilo, invece, il passaggio dalla fase introduttiva alla fase di trattazione avviene attraverso la fissazione di un termine perentorio, entro il quale la parte interessata deve iscrivere la causa a ruolo e poi compiere un atto “secondo le modalità previste in ragione della materia e del rito”. La legittimazione a proporre l'opposizione all'esecuzione spetta sempre all’esecutivo, e cioè al debitore e al terzo proprietario. L'opposizione può essere proposta anche in via surrogatoria ex.art.2900cc da un creditore dell'esecutivo nell'inerzia di quest’ultimo. Il creditore procedente è la controparte dell'opposizione all'esecuzione. | creditori, già intervenuti quando viene proposta l'opposizione , sono litisconsorzi necessari solo se sono muniti di titolo esecutivo. La rinuncia del creditore procedente è efficace incondizionatamente neo confronti del creditore sprovvisto di titolo esecutivo. Il creditore intervenuto, munito di titolo esecutivo può portare avanti l'esecuzione da solo, nonostante la rinuncia del creditore procedente. Se il creditore procedente non può pregiudicare unilateralmente, con una propria manifestazione di volontà la posizione dell’intervenuto non può pregiudicarlia nemmeno rimanendo soccombente nel processo di opposizione all'esecuzione. Il creditore intervenuto, che ha titolo esecutivo, è pertanto litisconsorte del creditore procedente nell’opposizione all'esecuzione. Se viene accolta un'opposizione all'esecuzione, questa travolge anche gli interventi dei creditori che, sebbene fossero minuti di titolo esecutivo, non hanno effettuato un pignoramento autonomo sul Document shared on www.docsity.com Downloaded by: gianluca.arzillo.71 (gianlucaarzillo@hotmail.it) bene. al contrario, il creditore che interviene senza titolo esecutivo, finché non c'è distribuzione del ricavato, non ha poteri da spendere. Per arrivare alla vendita c'è bisogno di atti di impulso processuale da parte di un creditore con titolo esecutivo. Il creditore senza titolo fa solo una prenotazione sulla distribuzione del ricavato. Ora, l'eventuale accoglimento dell'opposizione all'esecuzione pregiudica anche i creditori intervenuti, perché opera la chiusura del processo espropriativo anche nei loro confronti. | creditori intervenuti col titolo esecutivo sono parti necessarie del processo di opposizione all'esecuzione. | creditori intervenuti senza titolo esecutivo possono partecipare al processo di opposizione in via d'intervento volontario (adesivo-dipendente). Il processo di opposizione all'esecuzione è un ordinario processo di cognizione in cui si realizza un'inversione dell’iniziativa processuale. Quindi l’art.2697cc, che disciplina l'onere della prova, è applicato in base alla posizione sostanziale delle parti, e non all'iniziativa processuale. E' il creditore procedente, convento opposto, a dover dimostrare i fatti costitui del diritto ed è il debitore esecutato, attore opponente, dover dimostrare i fatti impeditivi, modificativi, estintivi del diritto del creditore. Se si contesta il diritto a procedere a esecuzione forzata, perché si nega l’esistenza del diritto sostanziale da tutelare, l'atto che ha efficacia di titolo esecutivo, ha anche una qualche efficacia di accertamento dell’esistenza del diritto. Sotto questo profilo spetta al debitore dimostrare l'esistenza dei fatti impeditivi modificativi ed estintivi, che allega per superare l'efficacia preclusiva che discende dall'atto-titolo esecutivo. In questi casi l'opposizione costituisce una provocato ad probandum: l'esecutivo nera, ed il procedente deve provare i fatti negati. Il creditore opposto può proporre lo stesso diritto, oppure un dii tutela esecutiva. L'accoglimento dell'opposizione, accompagnato dall'eventuale accoglimento della domanda riconvenzionale, non fa salva l'esecuzione. il creditore procedere, soccombente nella domanda di opposizione,e vittorioso nella domanda riconvenzione, può tutelarsi esecutivamente, ma deve iniziare da capo l'esecuzione, pecche il titolo esecutivo deve sussistere dall'inizio alla fine dell'esecuzione, e qui il nuovo titolo esecutivo si forma solo al momento dell’accoglimento della domanda riconvenzionale. L'esecuzione in corso è caducata. La sentenza, che rigetta l'opposizione afferma l'esistenza del diritto a procedere a esecuzione forzata. Al contrario, la sentenza che accoglie l'opposizione nega l’esistenza del diritto a procedere ad esecuzione forzata, ed equivale a quello che normalmente è il rigetto della domanda. L'accoglimento dell'opposizione ha un effetto costante: impedisce la prosecuzione del processo esecutivo ad una rinuncia agli atti. Quindi, si deve applicare l’art.632cpc: se l'opposizione è accolta prima della vendita, tutti gli atti compiuti perdono effetti; se invece, l'opposizione è accolta dopo la vendita, quest’ultima resta efficace, ed il ricavato è consegnato all’esecutivo vittorioso. Per l'efficacia della sentenza di rigetto della opposizione, il discorso è analogo. itto connesso con quello di cui era stata chiesta la L'OPPOSIZIONE AGLI ATTI ESECUTIVI L'opposizione ali atti esecutivi è lo strumento con il quale si risolvono le controversie relative alla conformità degli atti del processo esecutivo alle prescrizioni normative che li disciplinano. La distinzione fra opposizione all'esecuzione e opposizione agli atti esecutivi è intesa come distinzione fra l'an e il quomodo. con l'opposizione agli atti non si contesta che l'esecuzione si debba fare, ma si rileva che si sta procedendo in modo sbagliato, in quanto uno più atti del processo esecutivo sono nulli. Se il processo esecutivo si svolge senza che ve ne siano le condizioni, gli effetti che esso produce possono essere rimossi, se ingiusti dal punto di vista del diritto sostanziale, con strumenti anche esterni al processo esecutivo. - Se l'esecuzione non si doveva svolgere perché non vi era il diritto sostanziale da tutelare, si rimedia rimettendo chi ha subito l'esecuzione nella situazione in cui si sarebbe trovato se l'esecuzione non si fosse svolta, operando le restituzioni e le integrazioni patrimoniali opportune. - Se l'esecuzione si svolge male, se c’è un vizio, ciò non è rimediabile al di fuori del processo stesso, salvo eccezioni come l’art.2929cc. Nel processo esecutivo nullo si verifica una distorsione negli effetti dell'esecuzione, che, a causa del vizio, non sono più quelli voluti dal sistema. 1 vizi relativi al quomodo, proprio perché interni al processo esecutivo, debbono trovare un loro rimedio all’interno del processo. L'opposizione agli atti costituisce l’unico strumento per operare il controllo, sulla conformità degli atti del processo alle prescrizioni normative che li riguardano. Il processo di cognizione e il processo esecutivo hanno struttura diversa. - La contestazione relativa alla conformità degli atti del processo di cognizione alle previsioni delle norme processuali entra a far parte del processo di concione mediante l’attività di un soggetto che introduce la questione di rito. - Nel processo esecutivo non c'è invece un ambiente idoneo a decidere, e quindi a risolvere le questioni di rito. Tale strumento è l'opposizione agli atti esecutivo: un processo di cognizione che ha, eccezionalmente, un oggetto processuale (valutazione e decisione della conformità dei comportamenti dei soggetti del processo esecutivo alle Document shared on www.docsity.com Downloaded by: gianluca.arzillo.71 (gianlucaarzillo@hotmail.it) procedente. C'è perfetta coincidenza fra l’art.2919cc e l’art.619cpc: il diritto del terzo, se è opponibile al creditore, può fondare una vittoriosa opposizione di terzo e, a vendita avvenuta, è opponibile ance all’aggiudicatario (sempre esclusa l'ipotesi che la vendita forzata costituisca un acquisto a titolo originario). All’opposizione di terzo bisogna ricondurre anche le ipotesi, regolate dall’art.2915 Il cc, di conflitto tra la traslazione di una domanda giudiziale e la trascrizione di un pignoramento. L'art.2915cc costituisce applicazione del principio dell’equiparazione del creditore pignorante, nel conflitto con gli altri soggetti, ad un avente causa del debitore esecutato. - Se è trascritta preventivamente la domanda, il creditore pignorante assume il ruolo di successore nel diritto controverso ex art.111cpc e quindi può intervenire nel processo, ed in ogni caso la sentenza sarà per lui (e per l'aggiudicatario) vincolante. - Se la trascrizione del pignoramento è precedente, rispetto alla trascrizione della domanda, il creditore pignorate e l'aggiudicatario non sono vincolati agli effetti della sentenza, e l'attore non ha tutela piena. L'attore che voglia vedere riconosciuto il suo diritto anche nei confronti del creditore (e quindi dell’acquirente in vendita forzata), deve proporre la sua domanda nelle forme dell'opposizione di terzo. E' questo l’unico modo, attraverso il quale attore può instaurare il contraddittorio nei confronti dell'esecuzione. Quanto detto attiene agli effetti processuale della trascrizione della donna, che influiscono sulla litispendenza e sulla efficacia della sentenza nei confronti degli aventi causa. Però la trascrizione della domanda ha anche effetti sostanziali, che influiscono sulla risoluzione del conflitto fra attore ed aventi causa del convenuto. Esaminiamo le varie ipotesi di domande soggette a trascrizione enunciate dagli art.2652 e 2653 cc, si è visto che la verificarsi di certi presupposti, uno dei quali è in modo costante la priorità della trascrizione del titolo dell’avente causa rispetto alla trascrizione della domanda, e aggiungendosi eventualmente il decorso del tempo, la buona fede e il titolo oneroso, si produce una “autonomizzazione” della posizione dell’avente causa delle vicende che attengono al titolo del suo dante causa. Pertanto, se anche il dante causa ha acquistato in base ad un titolo nullo, annullabile, rescindibile, risolubile, il verificarsi di una fattispecie di salvezza fornisce il subacquirente di un titolo preferenziale rispetto al primo dante causa, sì che costui non può riavere indietro il bene in pregiudizio del subacquirente, ma deve accontentarsi del risarcimento dei danni nei confronti del primo acquirente. Dunque, il rischio della insolvenza del primo acquirente, nelle ipotesi in cui si verifica la salvezza del subacquirente, è a carico del primo alienante. L'attore, quando si accorge che è già stato trascritto un pignoramento, per superare il principio dei limiti soggettivi di efficacia della sentenza, deve estendere il contraddittorio al creditore procedente, in modo da ottenere una pronuncia che faccia stato anche nei suoi confronti. - Senonch , nei confronti di un avente causa per atto di diritto sostanziale, l'estensione del contraddittorio è semplice: basta realizzare un litisconsorzio facoltativo passivo, oppure chiamare in causa il subacquirente . - Ma se l’avente causa è un creditore pignorante, l'estensione non è possibile, perché l'esecuzione non è un soggetto di diritto, e non esente chi possa stare in giudizio in nome e per conto dell’esecuzione. Quindi occorre creare il contraddittorio all’interno del processo; si utilizza, quindi, l'opposizione di terzo e si propone la domanda con un ricorso al giudice dell’esecuzione: si mantiene identico il contenuto e si cambia solo la forma dell'atto. In tal modo, la sentenza fa stato nei confronti dell’esecutato, nei confronti del creditore procedente, e nei confronti degli acquirenti in vendita forzata. L'esempio riguarda un'ipotesi prevista dall’art.2652cc, ma il meccanismo è lo stesso anche per la domanda di rivendicazione prevista dall'art. 2653cc. Con tale domanda il proprietario fa valere il suo diritto nei confronti del possessore; se il bene è pignorato, la proprietà si fa valere con l'opposizione di terzo all’interno del processo esecutivo. Talvolta l’opponente non fa valere il diritto di proprietà, ma propone una impugnativa negoziale. L'art.619cpc, prevede che il terzo deve fondare la propria opposizione sulla proprietà o su un altro diritto reale. Il problema è quindi: il terzo deve in ogni caso dimostrare di essere titolare di un diritto reale, oppure in certi casi è sufficiente anche fondare l'opposizione su un diritto diverso? Il riferimento è ai diritti di restituzione che trovano la loro ori; in due fattispecie diverse: una fattispecie fisiologica e una patologica. - alcuni contratti sono fisiologicamente restitutori perché il godimento del bene, che in adempimento di un obbligo contrattuale una delle parti ha trasferito allattar, è destinato a cessare. - altri sono gli obblighi di restituzione patologici che vede il titolo, in virtù del quale era stato consegnato il bene, titolo in sé non restitutorio, divenire tale a casa di una vicenda, appunto patologica. | diritti di restituzione sorgono sulla base della seguente fattispecie: la controparte ha avuto il bene in attuazione di un rapporto; il rapporto è venuto meno per una causa fisiologica o patologica. Venuto meno il titolo che ha fondato l'attribuzione del godimento del bene, nasce l'obbligo speculare di restituzione. Il vantaggio dei diritti di restituzione consiste nell’esonerare l’attore dall’onus probandi della proprietà; questa è una Document shared on www.docsity.com Downloaded by: gianluca.arzillo.71 (gianlucaarzillo@hotmail.it) probativo diabolica. Le azioni di restituzione sono azioni personali, si possono far valere solo nei confronti di soggetti che sono legati al vincolo contrattuale. Pertanto, finché il bene è posseduto da colui che è obbligato alla restituzione, è possibile ottenere la restituzione semplicemente dimostrando che il bene è stato consegnato in attuazione di quel rapporto e che, esaurito il rapporto stesso il bene deve essere restituito. Quando invece il possesso del bene è passato ad un terzo, bisogna ricorrere alla domanda di rivendicazione, accollandosi l'onere della prova: ciò perché il terzo non diviene successore nell’obbligo di restituzione. E’ vero che l'esecutivo perde il possesso del bene pignorato, però è anche vero che il creditore procedente non acquista un possesso rilevante sul piano del diritto sostanziale. Ciò significa che l'esecuzione non ha un possesso idoneo ad escludere l’esperibilità dell’azione di restituzione, perché non è un terzo divenuto possessore del bene, nei cui confronti non si può far valere un diritto di restituzione; l’esecuzione conserva semplicemente il possesso del bene così come si trovava in capo all’esecutivo: quindi, se l’opponente ha un'azione di restituzione nei confronti dell’esecutato, può farla valere anche nei confronti del creditore procedente e dell'esecuzione in genere. Concludendo, l’art.619cpc non va interpretato alla lettera, come se solo la proprietà o altro diritto reale fossero idonei a fondare l'opposizione di terzo. E' sufficiente far valere anche un diritto di restituzione, poiché dal punto di vista sostanziale tale diritto non si trova in contrasto con gli effetti del pignoramento, in quanto il possesso del bene è sì tolto all’esecutivo, ma è conservato dall'esecuzione e non è acquisito da alcuno che possa opporre ciò che invece può opporre il terzo che possiede il bene nei confronti di un'azione di restituzione. Nonostante che l’art.619cpc non lo preveda, l'opposizione di terzo deve anche presentare un'ulteriore caratteristica: il diritto, sul quale il terzo fonda la sua opposizione, deve essere incompatibile con il diritto oggetto del pignoramento. Incompatibili sono i diritti che non possono coesistere nello stesso momento. Viceversa il diritto fatto valere dal terzo è compatibile tutte le volte in cui, se anche esso esiste, ciò non comporta l'inesistenza del diritto oggetto dell’espropriazione. L'opposizione di terzo nel vecchio codice si chiamava azione di separazione: nel nuovo codice ha cambiato nome, ma non ha perso il suo carattere. Azione in separazione significa che l'opposizione di terzo è ammissibile anche quando il suo accoglimento non determina l'impossibilità della vendita forzata, ma comporta che la vendita forzata abbia luogo col rispetto del diritto del terzo. Dobbiamo distinguere: - se il pignoramento è stato effettuato specificando che sul bene grava un diritto di servitù a favore del fondo del terzo, il diritto del terzo non è incompatibile perché oggetto del pignoramento è espressamente il bene gravato dalla servitù; - se invece il pignoramento è stato effettuato sul fondo servente senza che sia stat menzionata l’esistenza della servitù, il terzo ha diritto di proporre opposizione per far sì che, al momento della vendita forzata, si specifichi il vincolo il bene rappresentato dalla servitù. Quando la vendita forzata determina un acquisto a titolo derivativo, l'aggiudicatario non è investito di diritti maggiori di quelli che spettavano all'esecutato. La vendita forzata ha, nei confronti del terzo, gli stessi effetti della vendita di diritto comune. Tuttavia, le azioni restitutorie non possono essere fatte valere nei confronti dell’aggiudicatario; infatti l'azione di restituzione, viene meno una volta che il possesso del bene è acquisito dall’aggiudicatario, e ciò costringe il terzo ad un'azione di rivendicazione contro l'aggiudicatario, con i connessi e più gravosi oneri probatori. Quindi, a fronte di un acquisto a titolo derivativo dell’aggiudicatario, l'opposizione di terzo ha due funzioni: - la funzione preventiva - la funzione di consentire l’utilizzazione della più semplice e comoda azione di restituzione, piuttosto che della più onerosa e gravosa azione reale che si renderebbe necessaria nei confronti dell'acquirente in vendita forzata. Quando la vendita forzata ha natura do acquisto a titolo originario, nel momento in cui si verifica l'acquisto a titolo originario a favore dell’aggiudicatario, per le regole di incompatibilità la proprietà del bene mobile in capo al terzo si estingue. In tal caso l'interesse a proporre l'opposizione di terzo è radicale, perché o il terzo impedisce la vendita, oppure perde definitivamente la proprietà del bene. Se il terzo riesce a dimostrare che l'acquirente in vendita forzata era in mala fede, in quanto sapeva che il bene non apparteneva all’esecutato, resta aperta la possibilità di recuperare il bene, perché in tal caso l'acquisto è a titolo derivativo. Per evitare le conseguenze sopra descritte, non è sufficiente che il terzo proponga tempestivamente (cioè prima della vendita forzata) l'opposizione: ma è necessario che egli ottenga anche la sospensione dell'esecuzione ex.art.624cpc. Nell’esecuzione in forma specifica, non ci sono due diritti in gioco, ma solo quello da tutelare esecutivamente. Nell’esecuzione in forma specifica, il terzo che avanza pretese sul bene oggetto dell'esecuzione in realtà contesta il diritto del creditore istante a procedere ad esecuzione forzata. Anche nell’esecuzione in forma specifica vi possono essere ipotesi in cui si verifica la stessa situazione che abbiamo visto essere propria dell'opposizione di terzo nell’espropriazione. Infatti, nell’espropriazione il pregiudizio deriva da un'attività che si colloca all’interno del processo esecutivo, cioè dal pignoramento, dell'atto con cui si individuano i diritti da sottoporre a espropriazione forzata. Document shared on www.docsity.com Downloaded by: gianluca.arzillo.71 (gianlucaarzillo@hotmail.it) Questa stessa situazione si verifica nell'esecuzione in forma specifica quando il bene oggetto dell’esecuzione è diverso dal bene identificato nel titolo esecutivo. L'opposizione si propone con ricorso al giudice dell'esecuzione. Essa è necessariamente successiva al pignoramento, in quanto prima del pignoramento il terzo non può lamentare alcun pregiudizio. Presentato il ricorso, il giudice dell'esecuzione fissa con decreto l'udienza di comparizione delle parti e il termine perentorio per la notifica del ricorso e del decreto. Dal punto di vista della struttura soggettiva le parti necessarie sono il creditore procedete edi creditori intervenuti con titolo esecutivo. Solo i creditori muniti di titolo esecutivo non risentono degli effetti degli atti negoziali (la rinuncia) del creditore procedente, e quindi non possono neppure risentire degli effetti della sentenza che accoglie l'opposizione di terzo, se non sono stati chiamati a partecipare al relativo processo. La giurisprudenza ritiene litisconsorte necessario anche l'esecutato. All'udienza che si svolge dinanzi a giudice dell'esecuzione, le parti possono raggiungere un accordo. Parti interessate sono l’opponente ed il creditore procedente (nonchè gli eventuali creditori interventi, muniti di titolo esecutivo). Il debitore non è direttamente interessato, perché il terzo contesta l’assoggettabilità del suo bene all'aggressione esecutiva del creditore e quindi la controversia riguarda essenzialmente l’opinabilità al creditore del diritto del terzo. Viceversa, i rapporti terzo opponente-debitore restano fuori dall'oggetto dell'opposizione. L'accordo i questione può prevedere sia la prosecuzione dell’espropriazione, sia la cessazione della stessa. Il giudice statuisce sulle spese solo se rinvia a quanto previsto nel loro accordo. Per l’ipotesi in cui non sia raggiunto un accordo, l’art.619 Ill cpc rinvia a quanto previsto dall’art.616cpc. Territorialmente è sempre competente il giudice del luogo dell'esecuzione (art.27cpc). Il processo di opposizione è un ordinario processo di cognizione che si svolge secondo le regole di cui al libro secondo del cpc e si conclude con una sentenza soggetta agli ordinari mezzi di impugnazione. Il momento finale per proporre l'opposizione normalmente è rappresentato dalla vendita forzata: una volta che sia avvenuta la vendita, l'opposizione di terzo non è normalmente più proponibile, perché dopo la vendita il terzo deve vedersela direttamente con l'acquirente in vendita forzata. L'art.620cpc contiene una disposizione particolare per i beni mobili, e prevede che l'opposizione può essere proposta anche dopo la vendita. Con la vendita forzata dei mobili il diritto del terzo si estingue, e quindi egli non ha alcun diritto di far valere nei confronti dell'acquirente in vendita forzata ex art.2920cc, l’unico diritto che il terzo ha è quello di farsi consegnare il ricavato della vendita, salvo l'eventuale risarcimento dei danni nei conflitti del creditore procedente di mala fede o l'arricchimento senza causa nei confronti del debitore esecutivo. L'art.620cpc ad una prima lettura, sembra divergere dall’art.2920cc. Le norme si coordinano nel seguente modo. Una volta effettuata la vendita, il terzo ha due strade: se intende recuperare il bene presso l'acquirente , in quanto pensa di poter dimostrare la malafede di questo, deve proporre la domanda direttamente nei confronti dell'acquirente in un ordinario processo di cognizione, fuori del processo esecutivo. Se, invece il terzo ritiene di non aver possibilità di recuperare il bene dell’aggiudicatario e quindi di doversi accontentare del ricavato della vendita, deve proporre l’opposizione di terzo, cioè deve inserirsi all’interno del processo esecutivo. Così pure se il terzo propone opposizione tempestiva, ma il giudice non sospende il processo esecutivo e procede alla vendita, il terzo può scegliere: se ritiene di poter dimostrare la malafede dell’aggiudicatario, abbandona l'opposizione e agisce nei confini dell’aggiudicatario; se invece rietine di non poter dimostrare | malafede dell’aggiudicatario, prosegue la sua opposizione, e si soddisfa sul ricavato. Ma egli può anche utilizzare congiuntamente ambedue le possibi Negli altri casi, diversi dall'espropriazione mobiliare, l'opposizione non è proponibile una volta avvenuta la vendita forzata. Però, se l'opposizione di terzo è proposta tempestivamente e la vendita ha ugualmente luogo perché il giudice non sospende l’esecuzione, il processo di opposizione prosegue con effetti anche verso l'aggiudicatario: si applica quindi l’art. 111cpc. Venendo ora al problema dell'onere della prova, bisogna distinguere l'espropriazione mobiliare dall’espropriazione immobiliare. - per i beni immobili, ove l’opponente faccia valere un diritto reale sugli stessi, si applicano le regole ordinarie delle azioni di rivendicazione e di mero accertamento della proprietà, nonché delle azioni restitutorie. Se possessore del bene immobile pignorato è l’esecutato, l'onere del terzo è quello della rivendicazione (art.948cc): egli deve dimostrare di essere proprietario, secondo la probativo diabolica della rivendicazione. Se, invece, possessore del bene immobile è l’opponente, divine sufficiente la priva di possedere secondo un titolo valido, come nel mero accertamento della proprietà. Nel caso che l’opponente fondi la sua domanda su un diritto personale di restituzione, e l'esecrato sia appunto la controparte contrattuale obbligata alla restituzione, l’opponente deve dimostrare che il bene pignorato è stato trasferito all'esecutato in virtù di un titolo inefficace fin dall'origine (nullità, simulazione) oppure venuto meno successivamente (annullabilità, risoluzione, rescissione ecc.). - per i beni mobili, se il bene è stato pignorato, in base all’art.513cpc nei luoghi appartenenti al debitore, l'onere di dimostrare la proprietà spetta all'’opponente, che infatti non ne è possessore. Se il bene è stato pignorato illegittimamente al di fuori dei luoghi di cui all’art. 513cpc, una volta che il Document shared on www.docsity.com Downloaded by: gianluca.arzillo.71 (gianlucaarzillo@hotmail.it) L'art.627cpc non stabilisce cosa accade, quando si estingue il processo du cognizione incidentale, la cui esistenza ha causato la sospensione. Se la sospensione è automatica, e quindi ha luogo nell'interesse del creditore procedente, l’estinzione del processo di cognizione comporta la caducazione del processo esecutivo, perché viene meno la possibilità di plasmare l'oggetto. Nelle altre due categorie di sospensione l'estinzione del processo di cognizione incidentale dovrebbe comportare la possibilità di ripetere l'esecuzione. La previsione dell’art.627cpc non è molto felice, perché costringe il creditore a riassumere il processo esecutivo quando non è ancora passata in giudicato la sentenza di appello che rigetta l'opposizione: altrimenti il processo esecutivo si estingue. Con il rischio poi che la Cassazione annulli la sentenza di appello, e quindi il creditore veda accresciuta la propria responsabilità per i danni ex.art.96 Il cpc. Se il termine perentorio di riassunzione non è rispettato, il processo esecutivo si estingue. ESTINZIONE DEL PROCESSO ESECUTIVO L'estinzione del processo esecutivo è disciplinata dagli art.629-632cpc. Mentre nel processo di cognizione l'atto che produce effetti di diritto sostanziale è l’ultimo della serie procedimentale, nel processo esecutivo ci sono atti con effetti di diritto sostanziale che non sono finali, ma intermedi (vendita forzata). Diversi sono quindi gli effetti, a seconda che l'evento per cui il processo esecutivo non può più proseguire si verifica prima o dopo l'emanazione di provvedimenti che hanno effetti di diritto sostanziale. Le ipotesi che portano all'estinzione del processo esecutivo sono analoghe a quelle previste dagli art.306 e ss.cpc. per il processo di cognizione. Innanzitutto vi è la rinuncia agli atti del processo esecutivo. art.629 cpc la rinuncia proviene sempre e necessariamente dal creditore procedente ed è soggetta a un regime di accettazione che è diversificato. Non è necessario che il debitore esecutato accetti tale rinuncia: egli non può pretendere la prosecuzione del processo esecutivo, perché gli effetti degli atti non compiuti dagli organi esecutivo possono essere da lui prodotti co propri atti di diritto sostanziale. Il regime di accettazione della rinuncia è differente, a seconda che la rinuncia avvenga prima o dopo la vendita. Fino a quando non vien emesso il decreto di trasferimento, la rinuncia agli atti deve essere accettata solo dagli altri creditori intervenuti con titolo esecutivo. Non c'è bisogno di accettazione della rinuncia dei creditori intervenuti senza titolo esecutivo. Il creditore senza titolo esecutivo non può compiere atti del processo esecutivo nell’inerzia del creditore procedente e quindi il creditore procedente è sempre in grado di far estinguere il processo restando inerte. Dopo la vendita è necessaria l'accettazione di tutti i creditori concorrenti intervenuti, anche senza titolo esecutivo. Dopo la vendita, tutti i creditori sono parificati e hanno diritto di soddisfarsi sul ricavato, tutti possono impedire l'estinzione per inattività e tutti debbono quindi accettare la rinuncia agli atti da parte del creditore procedente. Vi è poi l'estinzione per inattività della parti. L'art.630 cpc ricollegata una prima ipotesi di inattività alla mancata, tempestiva prosecuzione o riassunzione del processo esecutivo. L'estinzione opera di diritto: questo significa che, una volta che il giudice l’abbia dichiarata, gli effetti dell'estinzione retroagiscono al momento in cui è maturata la fattispecie estintiva. L'estinzion può essere eccepita dalla parte o anche dichiarata di ufficio dal giudice, ma non oltre la prima udienza successiva al verificarsi dell'estinzione stessa. AI contrario di quanto si verifica per l’art.307 IV cpc, qui il legislatore pone un limite alla rilevabilità dell’estinzione. Document shared on www.docsity.com Downloaded by: gianluca.arzillo.71 (gianlucaarzillo@hotmail.it) Un'ulteriore ipotesi di inattività che porta all'estinzione si ha per la mancata comparizione all’udienza (art.631cpc). Le “parti” che debbono comparire, se le udienze sono antecedenti al perfezionamento della vendita, sono i creditori muniti di titolo esecutivo. La diserzione di due udienze consecutive porta all'estinzione del processo, che è dichiarata anche d'ufficio. Dell’art.631 cpc non si applica all'udienza di vendita, la quale, ha luogo anche se in tale udienza non è presente un creditore munito di titolo esecutivo. E' una modifica introdotta dalla riforma del 2006 e che si rivela opportuna, in quanto la diserzione dell'udienza di vendita costitutiva un facile strumento per verificare tutta l’attività preparatoria, ed anche le attese dei partecipanti all'asta. Occorre richiamare, come fattispecie estintiva, quanto previsto dall'art. 624 III cc: se, a seguito di proposizione di opposizione all’esecutato, di opposizione agli atti e di opposizione di terzo, il processo esecutivo è sospeso e nessuno coltiva la causa di opposizione, il giudice, anche d'ufficio dichiara estinto il processo. L'estinzione del processo esecutivo è sempre dichiarata con ordinanza del giudice dell'esecuzione. avverso l'ordinanza non è proponibile l'opposizione agli atti escutivi, in quanto è previsto uno speciale strumento di controllo: il reclamo al collegio nei modi previsti dall’art.178 III, IV e V cpc. Il collegio decide sul reclamo in camera di consiglio (cioè senza pubblica udienza) con sentenza che è soggetta ad appello, anch'esso deciso dalla corte di appello in camera di consiglio (art.130 disse.att.cpc). Gli effetti dell'estinzione sono regolati dall’art.632cpc. La disciplina è diversa a seconda che l'estinzione si produca prima o dopo che si sia concluda la fase della vendita forzata. Se l'estinzione si verifica prima della vendita, tutti gli atti del processo esecutivo diventano inefficaci. Il pignoramento ha effetti processuali e non sostanziali: esso opera all’interno del processo esecutivo, per individuare e conservare il bene ai fini della vendita. Se la vendita non ha luogo, decadono anche gli effetti del pignoramento, che non hanno più ragione di esistere quando non è più possibile il compimento dell'atto (la vendita) al quale sono funzionali. Se l'estinzione si verifica dopo la vendita, il trasferimento all’aggiudicatario non è toccato e il ricavato della vendita è consegnato a debitore esecutato. L'art.187-bis disp.att.cpc. precisa che per “vendita” si deve intendere l'aggiudicazione anche provvisoria. Document shared on www.docsity.com Downloaded by: gianluca.arzillo.71 (gianlucaarzillo@hotmail.it)
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