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il processo esecutivo in forma specifica, Appunti di Diritto Processuale Civile

Diritto ProcessualeDiritto obbligatorioDiritto civile

appunti sul processo esecutivo in forma specifica

Cosa imparerai

  • Quali difficoltà possono arisconderne e come possono essere risolte?
  • Quali sono le modalità di esecuzione per consegna di beni mobili e per rilascio di beni immobili?
  • Quali sono le obbligazioni infungibili e quali misure coercitive possono essere applicate in lorovece?

Tipologia: Appunti

2017/2018

Caricato il 19/08/2021

francesca_d_elia
francesca_d_elia 🇮🇹

4.5

(6)

14 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica il processo esecutivo in forma specifica e più Appunti in PDF di Diritto Processuale Civile solo su Docsity! Passiamo ora ad analizzare il PROCESSO ESECUTIVO IN FORMA SPECIFICA e quindi le due forme disciplinate dal codice: 1) Perconsegna di beni mobili o rilascio di beni immobili 2) L'esecuzione degli obblighi di fare o non fare a prescindere da quale sia l'origine di questo obbligo, che può essere tanto di natura personale e derivare da un inadempimento contrattuale o di natura reale e quindi da una violazione di un diritto reale Oggetto dell'esecuzione, sarà un bene specifico del patrimonio del debitore, oppure un'attività che il debitore che avrebbe dovuto compiere (e non ha compiuto) o ancora qualcosa che il debitore ha realizzato concretamente e invece era obbligato a non compiere. Esecuzione per consegna di beni mobili o rilascio di beni immobi Le particolarità che emergono per tale esecuzione sono: 1) Primo elemento di particolarità lo ritroviamo nel titolo esecutivo. Già qui vediamo la differenza con l’espropriazione forzata, perché in quest’ultima tutti titoli esecutivi richiamati dall'art 474 (dunque sia giudiziali che stragiudiziali) sono utilizzabili per avviare il processo di esecuzione forzata. Nel caso in questione invece, come sancito dallo stesso articolo 474 “sono utilizzabili per esecuzione per consegna o rilascio 0 i titoli esecutivi di cui al numero 1 dell'art 474 o i titoli esecutivi di cui al numero 3”. Al numero 1 rientrano dunque: - i provvedimenti giudiziali (sentenze, ordinanze, decreti muniti di efficacia esecutiva; pensiamo per esempio all'ordinanza di cui all'art 665 c.p.c. oppure ancora al decreto ingiuntivo che abbia ad oggetto la consegna una quantità determinata di beni mobili); - i verbali di conciliazione: per la conciliazione raggiunta dalle parti in sede di processo di cognizione, ai sensi dell'art 185, oppure in sede stragiudiziale, come sancito espressamente dall'art 12 del d.lgs. 28/2010, il quale stabilisce come il verbale di raggiunta conciliazione costituisce titolo esecutivo sia per l'espropriazione sia per consegna o rilascio. Al numero 3 rientrano: - sono titoli esecutivi validi, gli atti pubblici o atti ricevuti da notaio o da atto pubblico ufficiale. Una seconda particolarità che riguarda questa forma di esecuzione forzata in forma specifica riguarda il precetto (cioè l'atto che va notificato al debitore prima dell'inizio dell'esecuzione forzata, i c.d. atti preliminari). Nel formulare il precetto il creditore deve stare attento, perché da questo, oltre che agli elementi indicati espressamente dall’art 480, deve emergere anche la descrizione sommaria dei beni, sui quali il creditore intende procedere ad esecuzione per consegna o rilascio (come previsto dall'art 605 c.p.c.). Notiamo che qui, l'eventuale mancanza della descrizione sommaria dovrebbe comportare nullità del precetto, ma il principio generale dell'art 156 stabilisce che le nullità formali non rilevano se comunque l'atto ha raggiunto lo scopo (in questo caso, quello di mettere al corrente il debitore di quale siano i beni che il creditore intende sottoporre ad esecuzione per consegna o rilascio). Se questi beni, in realtà, sono indicati in maniera esatta già dal titolo esecutivo il precetto ha già raggiunto il suo scopo. Un ulteriore particolarità che riguarda il precetto attiene all’intimazione ad adempiere. Ai sensi dell'art 480, dal precetto deve emergere l’intimazione rivolta al debitore ad adempiere l'obbligazione nel termine stabilito dal creditore, che non deve essere inferiore a 10 giorni. Aggiunge invece, l'art 605 che, nel fissare questo termine per adempiere, il creditore deve tener conto che nel titolo esecutivo (utilizzato per intraprendere questo processo esecutivo) potrebbe emergere un termine per adempiere più lungo di quello indicato dall'art 480 (superiore ai termini di 10 giorni). Terzo profilo di particolarità che emerge per questa esecuzione di consegna o rilascio attiene al ruolo del giudice. Nel caso di specie il processo esecutivo vede come protagonista principale e quasi esclusivo l'ufficiale giudiziario, presso il Tribunale competente (ai sensi dell’art 26, sarà il Tribunale del luogo in cui si trovano i beni). Tuttavia, abbiamo dei compiti che sono demandati al giudice, il quale interverrà (come previsto ai sensi dell'art 610 c.p.c.) quando si tratti di risolvere delle difficoltà (difficoltà pratiche/materiali, come per es. un problema interpretativo), che potrebbero emergere nel corso dell'esecuzione. Queste difficoltà dovranno essere risolte dal giudice dell'esecuzione con ordinanza, oppure su richiesta verbale da parte di ciascuna delle parti del processo esecutivo, pronunciando delle ordinanze. Queste difficoltà di cui parla l'art 610 non hanno nulla a che vedere con le eventuali opposizioni agli atti esecutivi, che invece instaurano dei giudizi di cognizione e andranno risolte con sentenza pronunciata all’esito del giudizio di cognizione. Secondo ambito nel quale rileva il giudice è quello della liquidazione delle spese. Queste, come sancito dall'art 611, avvengono ad opera del giudice con decreto che costituisce titolo esecutivo; le spese verranno sopportate dal debitore esecutato. Infatti, l'art 611 sancisce “il giudice dell'esecuzione provvederà alla liquidazione delle spese ai sensi degli artt. 91ss”: ai sensi degli artt. 91 ss. vige il principio della soccombenza. Quindi, nel caso di esecuzione forzata la soccombenza è implicita nel fatto che il debitore è sottoposto ad esecuzione forzata, e dunque supporterà le spese. Si ritiene che questo riferimento includa non solo le spese vive della procedura, ma anche le spese derivanti degli onorari dell'avvocato del creditore procedente (che ha investito per effettuare la procedura). In termini generali abbiamo visto le tre diverse particolarità appena evidenziate, vediamo ora nello specifico quali sono le modalità delle due forme distinte di esecuzione in forma specifica: l'esecuzione per consegna di beni mobili e l'esecuzione per rilascio di beni immobili. Partiamo dalla prima: L'ESECUZIONE DI CONSEGNA DI BENI MOBILI. In questo caso, come sancisce l'art 606, su istanza del creditore procedente, l'ufficiale giudiziario procede (dopo che sia decorso il termine dilatorio per adempiere contenuto nel precetto) all'esecuzione per consegna, che, come previsto dall'art 606, si reca sul luogo in cui le cose oggetto dell'obbligo di consegna si trovano. A norma dell'art 513, egli ricerca questi beni (si prevede anche l’attività che deve compiere l'ufficiale giudiziario quando si tratti di pignorare beni mobili presso l'abitazione del debitore), presso l'abitazione del debitore e, ove necessario, può farsi assistere dalla forza pubblica. Questi poteri che ha l'ufficiale giudiziario, ai sensi dell’art 513, li avrà anche laddove si tratti di portare ad esecuzione la consegna di beni mobili, recandosi presso il luogo, ricercando i beni oggetto dell’obbligazione e, una volta trovatele, consegnandole al creditore o ad altra persona indicata dal creditore stesso. Con il trasferimento del possesso dei beni mobili al creditore procedente o ad altra persona da lui indicata l'ufficiale giudiziario ha esaurito il suo compito. L'unica complicazione che potrebbe emergere sta nel fatto in cui l'ufficiale giudiziario, recatosi presso il luogo in cui si trovano i beni mobili, rilevi che quei beni siano stati già sottoposti a pignoramento da altri creditori. In questo caso, l'ufficiale giudiziario non potrà procedere all'esecuzione per consegna, perché violerebbe gli obblighi derivanti dall'avvenuto pignoramento e quindi si limiterà a comunicarlo al creditore procedente. Nel caso quest'ultimo vanti su quei beni un suo diritto (personale o reale) alla consegna, per farlo valere dovrà attivarsi e proporre (all'interno del processo di espropriazione forzata avviato dal pignoramento che è stato eseguito su questi beni) la c.d. opposizione di terzo all'esecuzione. Questa è la terza forma di opposizione esecutiva che troviamo prevista dal codice e che, come le altre due, instaura un giudizio di cognizione. La particolarità è che qui l'opposizione viene proposta, non da una delle parti del processo esecutivo, bensì da un terzo (un soggetto estraneo) e mira, ai sensi dell'art 619, a consentirgli di far valere un suo diritto sui beni che sono stati sottoposti a pignoramento. Dunque, il processo che viene avviato attraverso la proposizione dell'opposizione di terzo mira ad accertare che il diritto vantato dal terzo sui beni sottoposti a pignoramento sussista. Quindi, ove l'ufficiale giudiziario dovesse rilevare che quei beni siano stati sottoposti a pignoramento, ai sensi dell'art 607, lo comunica al creditore procedente, il quale, se vuole far valere il suo diritto su quei beni, dovrà attivarsi facendo valere l'opposizione di terzo, di cui all'art 619. Solo all'esito dell'accoglimento di quest'opposizione il bene sarà non può essere utilizzato e nel caso in cui vi siano obbligazioni di fare infungibile, il legislatore ricorre allo strumento delle misure coercitive, ossia misure di natura compulsoria e di natura personale o patrimoniale, che abbiano la finalità di coartare la volontà del debitore affinchè adempia spontaneamente. Su questo discorso sulla natura fungibile dell’obbligazione, lo possiamo fare in riferimento all'esecuzione forzata degli obblighi di fare. OBBLIGHI DI NON FARE: Per l'esecuzione forzata degli obblighi di non fare, l'obbligo di non fare finchè non viene violato configura un obbligo sempre di natura infungibile perché per la sua natura, il suo adempimento non può che venire dal debitore su cui grava l'adempimento: quindi l'obbligazione di non fare è sempre di natura infungibile. Una volta che sia stata violato l'obbligo di non fare si trasforma in un’obbligazione di fare fungibile ossia di distruggere quanto è stato compiuto in violazione dell'obbligo di non fare. Quindi una volta violato, anche l'obbligo di non fare di trasforma in un obbligo di fare fungibile! (perché la distruzione di quanto compiuto dal debitore è un'attività che chiunque può compiere. Quindi mentre l'obbligazione di non fare, finchè non sia stata violata non è suscettibile di essere sottoposta al processo di esecuzione forzata, una volta violato l'obbligo di non fare, si trasforma in un’obbligazione di fare di distruggere quanto compiuto dal debitore in violazione dell'obbligo di non fare, e sarà quindi suscettibile di essere portato ad esecuzione forzata. Quindi quanto nel caso dell’obbligazione di fare e obbligazione di non fare, parliamo di un FACERE DI NATURA FUNGIBILE, ossia obbligazioni che possono essere adempiute mediante la sostituzione del debitore con un terzo che porterà ad esecuzione l'obbligazione di facere. Questo perché obbligazioni di natura infungibile non possono essere portati ad esecuzione forzata. Dalla disciplina processuale emergono 3 particolarità: 1. TITOLO ESECUTIVO per intraprendere questo processo di esecuzione forzata. Art 612 cpc, afferma nel primo comma che chi intende intraprendere il processo di esecuzione forzata per violazione di un obbligo di fare o non fare, può utilizzare il processo di esecuzione forzata quando il titolo esecutivo sia costituito da una sentenza di condanna. Se dovessimo limitarci a quanto prevede letteralmente l’arrt 612, dovremmo afferma che l’unico titolo esecutivo è una sentenza di condanna. In realtà però questa formulazione dell'art 612, circa la natura del titolo esecutivo utilizzabile è stata interpretata come una formula che va estesa a tutti i provvedimenti giudiziali, ossia quando l'art 612 parla di “sentenza di condanna” si deve riferire a qualsiasi provvedimento giudiziale di condanna. Quindi anche provvedimenti aventi forma diversa dalla sentenza, come decreto o ordinanza. Nel 2002 abbiamo avuto un intervento della Corte Costituzionale, la sentenza n 336/2012 che si è pronunciata con sentenza interpretativa di rigetto, che ha interpretato l'art 612 intendendolo come riferito, non solo ai provvedimenti giudiziali ma anche ai verbali di conciliazione. La Corte Costituzionale, ha quindi ampliato l'ambito applicativo dell'art 612 oltre alle sentenze di condanna e ai provvedimenti giudiziali di condanna, anche ai verbali di conciliazione. E' una sentenza interpretativa di rigetto perché era stata sollevata illegittimità costituzionale, sostenendo che l’art 612 dovesse essere illegittimo costituzionalmente perché non consentiva l'utilizzazione come titolo esecutivo per l'esecuzione forzata di obbligazioni di fare o non fare, anche ai verbali di conciliazione. | giudici sostengono che in realtà l'art 612 debba essere interpretato anche con riferimento al verbale di conciliazione e non sussista la prospettata eccezione di illegittimità costituzionale. Questo ha portato lo stesso legislatore a prevede che anche i verbali di conciliazione siano titolo esecutivo quando nel 2012, ha disciplinato la procedura di mediazione. Difatti l’art 12 del DIgs 28/2010 prevede esattamente che il verbale di raggiunta conciliazione sia titolo esecutivo valido oltre che per l'espropriazione forzata, per l'esecuzione forzata di consegna o rilascio, anche per l'esecuzione forzata degli obblighi di fare o non fare. Oggi possiamo affermare che titolo esecutivo valido sono sia i provvedimenti giudiziali di condanna sia i verbali di conciliazione, quindi i titoli esecutivi n1 art 474 cpc. Gli altri titoli esecutivi indicati dall'art 474 n2 e n3 non sono titoli esecutivi specifici per l'esecuzione degli obblighi di fare o di non fare (quindi non sono titoli esecutivi i titoli credito, né le scritture private, né gli atti pubblici) 2. PROCEDIMENTO INTRODUTTIVO del processo di esecuzione forzata degli obblighi di fare o non fare. Abbiamo visto con riferimento sia all’espropriazione forzata, sia all'espropriazione forzata per consegna o rilascio, che in entrambi il protagonista è l'ufficiale giudiziario, e il giudice si limita ad esercitare funzioni di controllo e interviene solo nei casi in cui dovessero emergere difficoltà nel corso dell'esecuzione o dovesse essere richiesta la sua attività. Invece, nel caso del processo dell’esecuzione forzata degli obblighi di fare o non fare il giudice partecipa sin dall’inizio. Difatti il procedimento inizia mediante istanza di ricorso dal creditore procedente, che ha già provveduto a notificare il titolo esecutivo e il precetto al debitore, quali attività preliminare, e dopo aver provveduto a tali notificazioni, il creditore dovrà avanzare il ricorso al giudice competente per l'esecuzione ossia il Tribunale del luogo in cui l’obbligo deve essere adempiuto (competenza territoriale). Con il ricorso si esercita la domanda esecutiva, e quindi il deposito del ricorso presso la cancelleria del giudice è il momento determinante per stabilire anche la tempestività dell'inizio dell'esecuzione forzata, ai fini dell'efficacia del precetto che sia stato notificato. Una volta depositato il ricorso, il giudice dell'esecuzione provvederà con decreto a fissare l'udienza di comparizione delle parti, e il termine di fissazione delle parti in causa (ossia creditore procedente e debitore esecutato) e all'udienza il giudice provvede con ordinanza a: a. Designare l'ufficiale giudiziario b. terzi incaricati del compimento dell'attuazione dell'obbligo, stabilendo le modalità con cui tale obbligo deve essere portato ad esecuzione forzata. Quindi la particolarità risiede nel fatto che dovrà esserci un'ordinanza emanata dal giudice nel contraddittorio tra le parti, che individui sia il terzo che dovrà provvedere all'attuazione dell'obbligo di fare o non fare, sia alle modalità con cui l'obbligo deve essere portato ad esecuzione, tenendo presente che l'esecuzione forzata dell'obbligo di fare deve avere natura fungibile, mentre l'esecuzione forzata dell'obbligo di non fare consisterà nel distruggere quanto realizzato dal debitore inadempiente in violazione dell'obbligo di fare, e quindi consisterà sempre in un obbligo di facere di natura fungibile. Da questa previsione circa le modalità con cui deve avvenire l'esecuzione forzata, capite anche perché il processo di esecuzione forzata non può essere utilizzato per portare ad esecuzione obblighi di natura infungibile, in quanto il processo esecutivo serve per portare ad esecuzione obblighi che consentono che la sostituzione, al debitore rimasto inadempiente, di un terzo che concretamente porterà ad esecuzione forzata l'obbligazione rimasta inadempiut: 3. POTERI DEL GIUDICE DELL’ESECUZIONE Il potere che ha il giudice dell'esecuzione è innanzitutto quello di determinare le modalità con cui dovrà essere portato ad esecuzione l'obbligo (art 612 secondo comma), sulla base dell’interpretazione del titolo esecutivo. L'opinione prevalente ritiene che in realtà non rientri nei poteri del giudice dell'esecuzione, è il potere di integrare il titolo esecutivo. Infatti fino a quando il giudice dell'esecuzione si limiti ad interpretare il titolo esecutivo e determinare le modalità di esecuzione dell'obbligo, il giudice sta rimanendo nell’ambito dei suoi poteri; se però il giudice dovesse andare oltre, in questo caso caso il giudice dell'esecuzione sta andando oltre ai suoi poteri, perché integrare il titolo esecutivo non rientra nei poteri del giudice dell’esecuzione.La questione è emersa in relazione all'individuazione del rimedio da riconoscere alle parti nel caso in cui il giudice dovesse esorbitare dai poteri riconosciuti dall'art 612, ossia quando il giudice non si limiti all’interpretazione ma vada oltre, ossia integri il titolo esecutivo con la pronuncia dell'ordinanza a cui fa riferimento in 2comma art 612. In tal caso la Cassazione ha stabilito che, mentre fin quando il giudice compia attività che rientrino nel pieno dei suoi poteri, l'ordinanza che dovesse emettere sarà sottoposta a rimedio generale dell'opposizione agli atti esecutivi che ha ad oggetto la possibilità di far valere eventuali vizi del procedimento in questione, quando invece si tratti di contestare la sostanza dell'esercizio del potere del giudice dell'esecuzione che va oltre i limiti dell’art 612, la Cassazione ha in tal caso previsto che il rimedio è quello previsto dalla sostanza del provvedimento. Nel caso di specie, la sostanza del provvedimento emesso dal giudice dell’esecuzione, ossia l'ordinanza con la quale il giudice non si sia limitato ad individuare le modalità di esecuzione degli obblighi di fare o non fare, ma sia andato oltre, ossia abbia integrato le modalità di esecuzione del titolo esecutivo, questo da un punto di vista sostanziale è un potere che spetterebbe al giudice della cognizione. quindi un potere che non è del giudice dell'esecuzione ma è un potere di natura cognitiva, e quindi l'ordinanza che il giudice dovesse emettere per integrare il titolo esecutivo è un provvedimento che, da un punto di vista sostanziale, è assimilabile ad una sentenza di primo grado. Alla luce del principio di prevalenza della sostanza sulla forma, ai fini dell’individuazione dei rimedi esperibili dalle parti, la Corte di Cassazione è arrivata alla conclusione che, avverso l'ordinanza con cui il giudice sia andato oltre i poteri che gli riconosce il 2comma dell'art 612, sia un'ordinanza assimilabile ad una sentenza di primo grado e quindi sottoponibile ad appello, e non all'opposizione agli atti esecuti Quindi:
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