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Il professionista interculturale, Sintesi del corso di Sociologia Dei Processi Culturali

Riassunto del libro - Autori: Bednarz, Onorati, Comi

Tipologia: Sintesi del corso

2015/2016
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Caricato il 03/02/2016

fperret
fperret 🇮🇹

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Scarica Il professionista interculturale e più Sintesi del corso in PDF di Sociologia Dei Processi Culturali solo su Docsity! IL PROFESSIONISTA INTERCULTURALE PREFAZIONE Già dagli anni Settanta, le organizzazioni internazionali (UNESCO,OCSE) hanno evidenziato il duplice contributo dell'educazione interculturale ai processi formativi: riconoscere le differenze culturali con l'uguaglianza dei diritti e mettere in luce il ruolo delle differenze culturali nel plasmare la società e gli individui. Attraverso l'educazione interculturale è possibile portare avanti due caratteristiche dell'educazione: favorire la partecipazione e l'inclusione, lottando contro le pratiche discriminatorie; promuovere l'apprendimento a vivere insieme, tenendo conto delle differenze. Le prese di posizione a favore dell'educazione interculturale, si sono però scontrate con la rigidità dei modelli propri dei sistemi educativi europei. In nessun Paese l'educazione interculturale è diventata il punto di partenza per riorganizzare il curriculum scolastico in tutte le materie, ordini e gradi dell'insegnamento. Nel corso degli ultimi quarant'anni, l'educazione interculturale è stata oggetto di numerosi progetti europei: si sono fatti tentativi per applicare i principi della formazione dei docenti, è stato prodotto il materiale. A causa della molteplicità di interventi, il concetto di educazione interculturale ha finito per essere una sorta di container, i cui contenuti non sono chiaramente definiti. L'incertezza riguarda il rapporto tra metodi e tematiche culturali, ma anche la formazione per insegnanti ed operatori. La “competenza” un insieme di conoscenze, abilità e atteggiamenti che hanno a che fare con l'intera sfera d'azione e d'interessi dell'individuo e che rispondono ai bisogni di flessibilità e trasferibilità proprio degli attuali mercati del lavoro complessi (capacità di affrontare il cambiamento continuo che caratterizza la nostra società. La formazione alla competenza interculturale (sapere fondato sull'esperienza solidale con l'altro diverso) non può essere riservata solo alle figure professionali, ma si rivela indispensabile per tutti gli individui che si trovano di fronte a relazioni interculturali durante la loro vita. La competenza interculturale obbliga all'autoriflessione e all'autodefinizione al di fuori di stereotipi e preconcetti. Formare alla competenza interculturale implica attivare processi di apprendimento trasformativi coscienti e consapevoli, nei quali si attivano il passaggio da senso soggettivo a senso sociale, la comunicazione, anzi la condizione comunicativa simmetrica, la fiducia. INTRODUZIONE Il mondo che ci circonda – reso globale dalle tecnologie, dall'economia finanziaria, dai flussi di merci e persone – è investito da profonde trasformazioni. Le definiamo imprevedibili, ingovernabili denunciando i nostri limiti di comprensione della realtà, dovuti alla carenza di competenze interculturali. Viviamo in una società in cui i cambiamenti si manifestano più velocemente della nostra capacità di decostruire e ricostruire i nostri schemi mentali. La circolazione inarrestabile delle informazioni e dei valori veicolati, impattando sulle culture locali e rimettendole in movimento, porta masse di popolazione a cercare nel nostro mondo rifugio dai conflitti e dall'assenza si prospettive di sviluppo locale. Resistiamo all'apprendimento, ci opponiamo al cambiamento. C'è bisogno di apprendimento, di costruire competenze interculturali, di consapevolezza, di identificazione delle nostre identità, di relazione con l'alterità attuale, non quella costruita dai stereotipi che scivolano nei pregiudizi. Il capitolo 1 ci presenta lo scenario socio-culturale delle attualo società tardo moderne, globalizzate, neoliberiste, multietniche e caratterizzate dallo sfilacciamento dei legami sociali, entro cui si profila il bisogno formativo emergente di sviluppare competenze professionali di tipo interculturale. Quest'analisi sociologica mette a fuoco il crescente ruolo sociale assunto dalla formazione in un'epoca caratterizzata da radicali fenomeni della modernità (velocità di cambiamento, sviluppo di saperi artificiali, crescente individualismo, frantumazione dell'esperienza. In questa parte si delineano i contorni di un ideale educativo che è interculturale (favorisce l'inserimento sociale e promuove una sensibilità personale aperta al cambiamento) ed educazione per la vita. Il capitolo 2 cerca di tematizzare i modi di costruzione della competenza interculturale partendo dalla ricostruzione e dall'analisi dei percorsi concreti di apprendimento che emergono dalle esperienze dei giovani studenti universitari protagonisti per tre anni consecutivi di un programma intensivo europeo sullo sviluppo di competenze interculturali, sociali e socio-sanitarie (diario riflessivo). Il capitolo 3 presenta le strategie didattiche pensate per favorire un'attitudine da tessere nei contesti multiculturali, considerando la necessità di aumentare la consapevolezza del proprio “pensare l'altro e se stessi” a partire dai quadri culturali che informano e determinano il guardare, l'ascoltare, l'apprezzare le situazioni in cui si viene a contatto con l'alterità. L'obiettivo è favorire un cambiamento nei modi di fare, di pensare. Il capitolo 4 si fonda su una rigorosa analisi statistica dei dati emersi nel corso delle rilevazione effettuate durante le tre edizioni del programma europeo ICIC, e pone le basi di un modello formativo in cui assume rilevanza centrale la relazione tra rafforzamento delle dotazioni di capitale sociale dei soggetti in formazione e la loro capacità di sviluppare competenze interculturali. LE COMPETENZE INTERCULTURALI NELLA SOCIETA DEGLI INDIVIDUI (Maria Giovanna Onorati) 1. La competenza interculturale nella società tardo moderna Una società può essere definita “liquido-mederna” se le situazioni in cui agiscono gli uomini si modificano prima che i loro modi di agire riescano a consolidarsi in abitudini e procedure. Il concetto di competenza interculturale acquista particolare rilevanza se considerato all'interno di un quadro di analisi capace di far luce sulle differenze e sulla discontinuità dello scenario contemporaneo e che sono a monte dell'emergere di nuove forme di disgregazione sociale e di nuovi saperi, di nuovi bisogni. Da Weber in poi, la sociologia si è data come obiettivo principale la comprensione di quell'ampio campo di possibilità che hanno determinato il prodursi di certi fenomeni sociali e dei concomitanti saperi che li hanno legittimati. L'emergere di un sapere esperto attento alle differenze rimanda all'emergenza di nuove necessità sociali, a cui l'educazione è chiamata a rispondere. C'è il bisogno di una nuova alleanza tra società e bisogni formativi nel segno di un'educazione de- istituzionalizzata e capace di integrarsi con i sempre più mutevoli contesti di vita, dimostrando di saper stare al passo con i cambiamenti. Mannheim: «In una società di mutamento come la nostra può essere d'aiuto soltanto una educazione al mutamento. Quest'ultima consiste un una preparazione adogmatica della mente, che permette alle persone di non essere trascinate dalla corrente degli eventi che mutano, ma di farvi fronte». La mente adogmatica presuppone consapevolezza e senso critico, che permettono all'educazione formale di stare al passo con un quadro di riferimento mutevole delle società multietniche (stratificazione sociale e divari tra persone socializzate a culture e tradizioni diverse). Si delineano nuove necessità di socializzazione, quali: facilitare l'inserimento degli individui in una società complessa; l'acquisizione di competenze che favoriscano la capacità di accesso alle risorse e ai servizi → adattamento e sviluppo di un'identità indipendente. La definizione di competenza interculturale: capacità da parte degli individui di una mobilitazione culturalmente consapevole di conoscenze, abilità, atteggiamenti e valori, che li abiliti ad affrontare situazioni problematiche mutevoli e non familiari, derivanti dall'incontro con persone socializzate ad una cultura diversa, nell'intento (comune) di trovare soluzioni nuove e condivise → affrontare in maniera efficace e appropriata fattori imprevisti. Le abilità (skills) devono essere appropriate a due dimensioni fondamentali: adeguatezza dell'azione agli scopi perseguiti e adeguatezza ai valori che guidano il reciproco agire → affrontare in maniera efficace e appropriata fattori imprevisti. 2. Legami sociali e responsabilità nella tarda modernità: dall'individualizzazione alla solitudine morale In epoca tardo moderna l'approccio interculturale si configura come possibile occasione di sviluppo di competenze sociali atte a gestire la complessità → valorizzazione del processo di apprendimento. L'apprendimento basato sull'esperienza è trasformativo e cooperativo, fondato sull'integrazione tra corpo e mente e realizzato prevalentemente nei contesti informali di apprendimento. 6. Dall'esperienza alla competenza attraverso la riflessione Comincia ad esserci esperienza quando il dubbio si fa strada. Attraverso l'esperienza il soggetto avvia un processo di umanizzazione del suo rapporto con il mondo. È sempre inscindibilmente legata all'agire → educazione per la vita (Sheler). Ogni situazione disgiunturale (quando non si vuole conformarsi alle aspettative risposte, Jarvis) ha un potenziale di apprendimento in quanto può avviare un processo trasformativo che investe l'agire sociale nella sia interezza. In un'epoca in cui siamo continuamente esposti a potenziali esperienze di apprendimento specialmente a causa del “policentrismo formativo” dovuto al moltiplicarsi dei contesti comunicativi (comunicazione, socializzazione ed educazione), l'educazione non può più essere confinata entro luoghi istituzionalizzati o circoscritta a fasi definite della vita dell'individuo. L'apprendimento è dunque riscoperto e approcciato come un processo di interiorizzazione e trasformazione da parte degli individui del mondo sociale che li ha formati. L'educazione interculturale dovrebbe sempre avere come punto di partenza la creazione di situazioni di apprendimento che favoriscano i processi di interazione con il contesto, proprio al fine di attivare quei processi disgiunturali che si verificano nella vita reale. Il sapere esperto è principalmente quello capace di “leggere i segni” di un “risveglio”, quello che si origina allorché si interrompi il prodursi inerziale di un'abitudine, e che è capace di mobilitare risorse cognitive, emotive e sociali allorché i conti non tornano e il dubbio si insinua sulla validità del repertorio disponibile. In quest'epoca, l'esperienza richiede un atto di interruzione, una dissonanza che generi scarto. La competenza è il tentativo di andare oltre ciò che è scontato che contraddistingue l'esperto da colui che ha mera competenza o esperienza. La competenza interculturale compie un lavoro di rigenerazione dell'esperienza, nel tentativo di andare oltre e generare una conoscenza diversa. È il sapere (quarto sapere) che si attiva quando il fatto di trovarsi in mezzo ad una situazione di criticità culturale si traduce in una concentrazione di risorse ineditw, in cui esperto è colui che è capace di leggere in quella criticità i segni di un risveglio. 7. Fondamento etico della competenza interculturale La costruzione in chiave olistica di competenze interculturali, considerate come capacità che coinvolgono l'agire umano nella sua totalità e non soltanto come abilità tecniche legate ad una determinata professione, non costituisce soltanto un'esigenza del mondo della produzione, ma è un compito che riguarda la società tardo moderna nel suo complesso, in quanto presupposto che permetto al progetto individuale di costruzione della propria soggettività e identità di diventare base per costruire senso sociale. L'Unione Europea deve dotarsi di un progetto educativo che sia in grado di stare al passo con la rapidità del mutamento di uno spazio sovranazionale dai confini ancora mobili, e di rispondere con un approccio efficace ai problemi sempre nuovi che si originano dallo scontro delle differenze. Ecco che il lifelong learning come strategia di apprendimento su base ricorrente che promuova un approccio cognitivo trasformativo/innovativo ai problemi e affronti in modo creativo i mutamenti nella loro rapidità, e l'educazione interculturale come approccio etico e competente alle differenze, diventano priorità inseparabili da un ideale educativo europeo capace di andare incontro ai bisogni di competitività, di inclusione e giustizia sociale delle nostre società. La competenza interculturale concerne un'esperienza per definizione sociale e comunicativa, proprio perché non può attivarsi se non in occasione del concreto incontro con l'altro diverso e mette in campo una serie di fattori che non sono predeterminati, proprio perché originati dall'irrompere della diversità e dall'interruzione della routine. Se la dimensione sociale è ovvia nell'approccio interculturale, quella comunicativa va praticata consapevolmente (= mettere in comune), cioè creare uno spazio condiviso al cui interno si può raggiungere un'intesa effettiva tra i partecipanti non predeterminata. La comunicazione richiede una condivisione che è frutto di una mediazione tra elementi originati proprio dall'essere diversi. Esercitare una competenza interculturale presuppone essere in qualche relazione con l'altro entro uno spazio comunicativo caratterizzato da questo lavoro di creazione di una sorta di “medio comune”. Creare uno spazio interculturale vuol dire cercare un accordo sui valori attraverso l'agire sociale per eccellenza, cioè la comunicazione in cui riecheggia molto quella condizione comunicativa simmetrica che fonda eticamente il discorso con l'altro, garantendogli i presupposti di giustizia, quali reciprocità, interdipendenza, co-responsabilità nello sforzo solidale di trovare soluzioni. Questo lavoro di riflessione è etico proprio perché mette in questione i valori e le regole, e con ciò avvia un processo di una messa in questione dell'identità attraverso un'attività comunicativa che coinvolge l'io, quanto l'altro. Non sono gli atti che fondano l'etica, ma l'accordo sui valori. 8. Il capitale sociale, culture soggettive e sensibilità interculturale: nuove forme del capitale umano La necessità di rinforzare la dimensione sociale dell'apprendimento risponde ai bisogni di una società transnazionale, mutevole e in espansione, come quella europea, la cui sfida principale viene dal bisogno di fronteggiare la crescente discontinuità e gli effetti disgiunturali che investono i contesti sociali relativamente omogenei com'erano quelli della realtà degli stati-nazione. La valorizzazione del contesto informale come generatore di apprendimento può costituire il presupposto metodologico per la realizzazione di un ideale educativo teso all'inclusione pur restando in un'ottica di differenziazione. In un approccio del genere, ciascuno è valorizzato proprio in quanto portatore di conoscenza. Il lavoro educativo deve tener conto di: il legame tra mutamento sociale, spoastamento continuo dei confini, affermarsi di un concetto di identità mobile e sradicamento della socializzazione dei contesti istituzionali con effetti di alleggerimento, flessibilità e accelerazione. L'idea che viene portata avanti è quella di un'educazione ricorrente (life-wide), cioè sempre più a dimensione di vita non per durata, ma per capacità di radicamento nelle situazioni concrete e informali di socialità complessa in cui si genera apprendimento (capitale sociale, umano del soggetto). Il capitale umano è una risorsa creata dai mutamenti che generano nelle persone abilità e capacità che li rendono capaci di agire in modi nuovi. I legami sociali deboli sono il presupposto per l'innovazione culturale e scientifica, in quanto questi tipi di legami generano ruoli complessi e richiedono flessibilità cognitiva. Il capitale sociale (bridging) è capace di gettare ponti ed è orientato alla creazione di reti includenti e alla generazione di identità e reciprocità ampie (capitale che apre). Proprio in quanto presuppone la capacità degli individui di creare reti all'interno di gruppi e contesti eterogenei e di diventare cooperativi anche con soggetti che hanno alle spalle esperienze di vita molto diverse, il capitale bridging, dimostra di essere adatto alla crescente complessità delle situazioni sociali e alla mutevolezza e instabilità delle relazione che caratterizzano l'attuale società. C'è allora una connessione tra legami deboli, l'educazione interculturale fondata sul sapere esperienziale e la fiducia (valorizzazione dell'esperienza sociale in termini di capitale umano). L'educazione accresce la soglia di tolleranza e di fiducia sociale e proprio perciò può facilitare lo sviluppo di capitali sociali diversificati. L'educazione interculturale, indispensabile alla professione in un contesto produttivo globalizzato, è anche educazione per la vita nella misura in cui produce esperienza di socialità altamente diversificate che, mettendo in gioco i diversi background sociali degli individui, creano anche i presupposti di passaggio da un'attitudine etnocentrica, fondata sull'assolutizzazione del proprio punto di vista culturalmente condizionato, ad una etnorelativa, fondata sulla consapevolezza dei propri filtri culturali e sulla relativizzazione del proprio punto di vita, condizione per il riconoscimento anche del punto di vista dell'altro e per l'avvio di un processo di costruzione del “medio comune”. Un tale avanzamento nella sensibilità personale e professionale, rappresentabile attraverso l'efficace modello di sviluppo di sensibilità interculturale (Bennett), è la base della competenza che si sviluppa su base olistica coinvolgendo la totalità dell'agire del singolo fino a toccare le sfere della sua sensibilità personale, delle sue convinzioni e attitudini verso l'esterno. Gli stadi etnocentrici possono essere considerati come modi di evitare le differenze culturali, sia negandone l'esistenza, sia erigendo barriere difensive contro di esse o minimizzandone l'importanza. Gli stadi etnorelativi sono modi di apertura e di ricerca delle differenze culturali, sia accettandone l'importanza, che adattandovisi nella prospettiva di tenerne reciprocamente conto. Sono caratterizzati sa atteggiamenti non conformistici, non ansiosi, autocritici. Nella progettazione educativa è importante la concezione olistica che consideri vita e apprendimento come inseparabili e che garantisca l'ancoraggio dell'azione educativa all'esperienza relazionale e comunicativa in cui l'individuo è continuamente coinvolto (conoscenza, motivazione, affettività, socialità). Concependo la competenza come “mobilitazione culturalmente consapevole” di conoscenze, abilità, risorse personali e sociali, l'esperienza educativa di tipo interculturale presentata, valorizza il ruolo attivo dell'apprendente e la dimensione incentivante al processo di apprendimento. 9. Sviluppare competenza interculturale per la vita nell'Europa del XXI secolo: un esempio concreto Negli ultimi decenni l'Unione Europea è andata incontro a rapidi spostamenti dei propri confini, cosicché il contesto entro cui sono state programmate ed attivate diverse politiche educative è diventato sempre più mobile e sovranazionale. In termini di politiche educative, si sono introdotti programmi internazionali nei curricola fondati sulla mobilità e sul lifelong learning, adatti per una società in rapido mutamento, fondata sulla produzione e consumo di conoscenza e informazioni. Delors ha individuato i principali pilastri di questa società: essere, conoscere, lavorare e vivere assieme. Questi principi costituiscono le fondamenta per il passaggio dalla skill alla competence, intesa come capacità di affrontare una varietà di situazioni spesso imprevedibili e di imparare attraverso un coinvolgimento concreto entro schemi operativi di esperienza e socialità. L'utopia di Delors è quella di un modello educativo fondato su una concezione avanzata di lifelong learning e di apprendimento esperienziale (impiegabilità, cittadinanza attiva, inclusione sociale, realizzazione personale). Questo modello sostiene un'interazione dinamica propria della prospettiva interculturale che promuova le relazioni tra i diversi gruppi culturali in vista dell'esistenza e dell'interazione equa di diverse culture e della possibilità di generare espressioni culturali condivise attraverso il dialogo e il mutuo rispetto. Un'educazione interculturale che apre la strada ad un approccio critico e riflessivo alla propria e dell'altro cultura, al fine di sviluppare un modo sostenibile di vivere assieme fatto di comprensione, rispetto e dialogo tra i differenti gruppi Oltre ai potenziali cognitivi, contano altre dimensione dell'apprendimento, come quella affettiva. Lo sforzo cognitivo (Mezirow) ha forti connotazioni affettive; la persona partecipa con tutta la sua sensibilità e capacità di risposta emotiva all'invenzione, scoperta, interpretazione e trasformazione del significato delle cose, e in questo modo apprende. Jarvis concettualizza nella disjuncture un fenomeno che si manifesta quando l'esperienza vissuta entra in conflitto con le nostre idee e i nostri valori, quando ciò che consideriamo scontato nel nostro modo di muoverci nel mondo non ci aiuta più a comprendere e gestire fenomeni destabilizzanti, quando l'accumulazione di nuove conoscenze non è più sufficiente: apprendimento è allora cambiamento della persona nel mondo in cui vive. L'apprendimento è in questo senso ricerca di un nuovo equilibrio, che ci consente di (ri)vivere esperienze rassicuranti, ordinarie. Sentimenti, affetti, attese e aspettative aprono la strada che conduce dal vivere l'esperienza al rielaborarla ad uno stadio più avanzato, attraverso l'intuizione, la riflessione (selezionare le informazioni) e l'azione (pianificazione di nuovi modelli di comportamento) → Vygotskij: zona di sviluppo prossimale (area in cui le sfide cognitive sono adeguate e motivano all'apprendimento). L'intervento della dimensione affettiva nell'apprendimento non può essere pienamente compreso se non cogliendo la dimensione interattiva e relazionale che ha il movimento dell'apprendere a essere una persona, con la sua identità, nel mondo che lo circonda. Emerge una doppia caratterizzazione dei processi di apprendimento, legata da un lato alla loro natura relazionale, dall'altro al loro carattere situato. Il processo situato (Lave, Wenger) prende corpo in situazioni ben definite, in specifici contesti temporali e spaziali, che determinano e influenzano l'apprendimento e gli schemi cognitivi. Nella dimensione relazionale bisogna considerare l'influenza delle strutture sociali in cui la persona si muove, con i suoi valori e risorse e reti di relazioni. Occorre cogliere la natura interattiva e la riflessione sull'esperienza che generano apprendimento (es. routine). Apprendendo interiorizziamo e trasformiamo quel che sperimentiamo. Percorso di apprendimento → incrocio tra esperienza, riflessione e rielaborazione di schemi mentali e modelli di azione da parte dell'individuo → valorizzare le dimensioni sociali, riconoscere la rilevanza degli stimoli e motivazioni, considerare gli individui come protagonisti del processo di apprendimento, attivare il patrimonio di memorie es esperienze custodito nelle biografie di chi apprende. 2. Competenze interculturali, esperienza e apprendimento trasformativo La competenza interculturale (Onorati) è la capacità degli individui di attivare, in modo consapevole conoscenze, abilità, attitudini e valori in modo da affrontare situazioni non familiari e problemi costantemente mutevoli derivanti dall'incontro con persone socializzate a una cultura diversa dalla loro, al fine di trovare soluzioni nuove e condivise. La costruzione di competenze interculturali implica l'attivazione dei processi di apprendimento trasformativi consapevoli, perché l'accettazione della frattura (disjuncture = discontinuità cognitive) generata dall'incontro con l'altro è presupposto per l'attivazione di un processo di riflessione e rielaborazione dei nostri schemi. L'apprendimento si genera se sappiamo fare qualcosa con la nostra esperienza; dobbiamo interpretare l'apprendimento come occasione di riflessione e cambiamento, dobbiamo poter memorizzare e riapplicare nella pratica le trasformazioni indotte dall'esperienza, interiorizzate nella nostra biografia. L'esperienza non produce automaticamente conoscenza e competenza; può lasciare la persona immutata (non producendo apprendimento). L'esperienza si traduce in apprendimento se avviene un processo trasformativo che permette l'interiorizzazione di ciò che abbiamo sperimentato nella nostra biografia, in forma di nuove conoscenze, abilità, attitudini, valori, credenze, emozioni, sensibilità. Bisogna staccarsi dagli stereotipi che ci forniscono solide e strutturate rappresentazioni, che influenzano la nostra capacità di lettura delle situazioni. Dimensione narrativa dell'apprendimento: riflessione sistemica sui nostri ricordi, sugli eventi vissuti del passato. Implica responsabilità, capacità e motivazione nel trarre le nostre valutazioni e assumere in destino, le decisioni. Apprendere a muoversi in un contesto interculturale, in modo consapevole, significa prenderci le nostre responsabilità, riconoscere la legittimità e il fondamento dei nostri e degli altrui discorsi e atti. Costruire la competenza interculturale è un processo dinamico che permette alle persone di orientarsi nel superamento dei confini “culturali”, acquisendone consapevolezza, conoscendo bene loro stesse e il loro modo di agire, sapendo (ri)leggere le loro esperienze personali per rapporto a quelle altrui. Si tratta di far sopportare le contraddizioni insite nell'incontro con l'altro e rafforzare la capacità di provare empatia e interesse verso altri modelli culturali, di far sviluppare la capacità di essere preparati all'incontro e allo scambio, e di far conoscere i propri valori e quelli degli altri in modo da mettere in atto processi di relativizzazione. Allargare il nostro capitale sociale e le occasioni di relazione, di immersione nelle diversità abilita l'apprendimento interculturale. Nell'impostazione del programma ICIC, costruire competenze interculturali ha voluto dire: – eleggere la riflessività a metodo – fare delle esperienze della differenza – porre la costruzione di capitale sociale bridging come obiettivo chiave del percorso 3. Esperienza e riflessione La relazione tra esperienza e riflessione è fondamentale per comprendere come i fatti che viviamo possano generare apprendimento e trasformare il modo in cui viviamo nel mondo. Gli apprendimenti di tipo trasformativo richiedono di vivere esperienze destabilizzanti e di attivare spirali riflessive articolate e complesse. L'apprendimento esperienziale è costruito socialmente e culturalmente, è influenzato dal contesto ed è creatore di contesto, è un fenomeno affettivo. Produce “esperienza” intesa come competenza del soggetto esperto. L'esperienza ha un valore in sé, e viene vissuta dall'individuo attraverso la percezione del suo stare- nel-mondo che viene dalla biografia, dalla cultura si appartenenza, dal contesto sociale in cui si situa. L'apprendimento trasformativo nasce innanzitutto dalla consapevolezza dei nostri precedenti apprendimenti e di quel che abbiamo interiorizzato, che può essere rafforzata attraverso la narrazione biografica. È reso possibile supportando le persone nel lavorare sui fatti, sugli accadimenti. L'apprendimento esperienziale è prodotto dell'istinto di ciascuno nell'attribuire significati alle cose e agli eventi. 4. Riflessione come narrazione: l'uso dei diari Si utilizzano i diari riflessivi compilati dagli studenti del programma ICIC come fonte per analizzare in quale misura e con quali accentuazioni e contraddizioni i percorsi di apprendimento esperienziale si sono realizzati sul campo obbedendo alle indicazioni che vengono dalla letteratura, confermandole o complicandole. Si è voluto stimolare il pensiero critico, la loro immaginazione. Si deve saper usare la propria comprensione a una certa distanza di tempo e di spazio per consolidare in apprendimenti i risultati della propria riflessione. 5. “I feel I've learned a lot”: esperienze di apprendimento nei diari riflessivi L'utilizzo di un diario è influenzato dalla nostra abitudine alla verbalizzazione dei fatti che ci accadono in vita → confidenza con la scrittura come mezzo. Gli studenti non superano la narrazione descrittiva e raramente scrivono riflessioni personali. Tuttavia, si trova il tentativo di elevarsi a livelli di scrittura riflessiva superiore. Troviamo esempi di scrittura riflessiva, quando la narrazione è integrata da tentativi di interpretazione e giustificazione degli eventi, dalla formulazione di punti di vista alternativi. Attraverso il confronto e la comparazione apprendiamo molto di come funzioniamo noi stessi e di come agiamo nel mondo nel nostro contesto culturale → approccio comparativo In un diario: la qualità e la natura dei (pre)giudizi che noi integriamo quando ci facciamo delle aspettative nei confronti della realtà, e formula possibili alternative per spiegare come funzionano le cose, mettendo in questione la nostra naturale tendenza a basarci su luoghi comuni, a dare le nostre rappresentazioni sociali per scontate, alimentando pregiudizi. → ruolo della donna, ruolo della sorpresa (consapevolezza interculturale), osservazione, religione, lavori di gruppo Comincia a esserci esperienza quando il dubbio si fa strada. Solo il dubbio, il confronto con l'altro inteso come ricerca-azione, permettono la trasformazione dei vissuti destabilizzanti in apprendimenti. Grazie alla riflessione si possono mettere in atto strategie vincenti. Anche gli eventi didattici strutturati vengono vissuti come vere e proprie esperienze, in grado di produrre ricadute coerenti ma anche outcomes laterali, rispetto alle intenzionalità di chi le ha generate → la didattica attiva è una risorsa importante. Vivere assieme, cucinare assieme, condividere routine rappresentano una chiave utilissima per l'apprendimento interculturale. Narrare e praticare i nostri stili di vita, sentirli accettati, favorisce l'apertura e l'accettazione degli stili altrui, ma anche emozione, empatia. Gli studenti apprendono che imparare dall'esperienza, da opportunità informali, significa far spazio all'inatteso (notare), ammettere e accogliere le disjuncture (trasformazioni), trovare un senso (dirigere) e cambiare il nostro modi di stare-nel-mondo (generare). L'eterogeneità sociale e culturale viene percepita da chi proviene da luoghi ancora relativamente monoculturali. La multidisciplinarietà è percepita come risorsa, ma anche come limite degli spazi di apprendimento collaborativo che possono venire dal condividere le riflessioni in una comunità di pratica. L'apprendimento nasce dal confronto. Gli studenti che dispongono di minore capitale sociale appaiono meno propensi ad aprirsi, e focalizzano piuttosto la loro riflessione in termini comparativi, fissando i confini che delimitano i rapporti tra le culture, vivendo esperienze con emozione e cercando di integrare gli apprendimenti nei loro schemi mentali. L'apprendimento si limita all'acquisizione di nuovi punti di vista sulla realtà, all'espressione del dubbio. Il doppio livello di immersione, in un contesto nuovo, gioca un ruolo fondamentale. 6. Tra me e il mondo: i movimenti della riflessione Reggio sistematizza i movimenti fondamentali dell'apprendimento esperienziale, raccogliendoli in 4 macro-categorie e 4 azioni ausiliarie (accadimenti e riflessioni). I movimenti base che l'individuo realizza individualmente sono: – atto del notare: denota l'affacciarsi con attenzione al mondo (emozioni e curiosità) – atto del trasformare: come il soggetto si appresti a trasformare l'evento in conoscenza, del modo di vivere l'esperienza, prima di analizzarla e interpretarla, che richiede una didattica capace di far interagire i nostri schemi di riferimento con l'attivazione di curiosità e apertura – atto del dirigere: indirizza le nostre energie, ci porta ad aprirci con gli altri e al confronto – atto del generare: movimento determinante che permette all'esperienza di compiere la sua conversione in apprendimenti che produce idee e nuovi comportamenti I quattro movimenti, che vanno letti in modo non sequenziale, si legano a coppie logiche di azione (notare-trasformare, dirigere-generare), che a loro volta si legano a coppie di movimenti ausiliari: – azione e pausa: se apprendere all'esperienza implica immersione nell'azione e apertura, richiede a contraltare momenti di pausa (sostare nell'azione) – interrogazione e immaginazione: interrogazione come movimento del soggetto che affronta il mondo in modo problematizzante (non adattandosi ma inter-agendo); immaginazione come produzione di metafore, immagini, intuizione che accompagnano la generazione
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