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Il profilo dell'educatore, Dispense di Pedagogia

L'evoluzione storica della figura dell'educatore professionale in Italia, partendo dalla sua funzione di controllo e custodia fino alla promozione del benessere collettivo. Si analizza il ruolo dell'educatore nella società contemporanea, la sua capacità di progettare, prendersi cura dell'utenza e coordinare i progetti. Si evidenzia l'importanza della preparazione universitaria per svolgere il mestiere e si descrivono gli ambiti di intervento dell'educatore. Si discute anche della crisi dello Stato sociale e delle nuove sfide proposte dalla società odierna.

Tipologia: Dispense

2020/2021

In vendita dal 03/10/2022

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Scarica Il profilo dell'educatore e più Dispense in PDF di Pedagogia solo su Docsity! 1 IL PROFILO DELL’EDUCATORE INTRODUZIONE Il lavoro educativo, avendo l’obiettivo di controbilanciare l’intensificazione delle disuguaglianze sociali, risulta essere costantemente stimolato dalla contemporaneità ad interrogarsi e adattarsi ad essa. Un passo importantissimo per l’affermazione della figura professionale dell’educatore, è stata la legge n°205 del 27 dicembre 2017 la quale ha definito gli ambiti d’ intervento dell’educatore ed ha riconosciuto la necessità di una preparazione universitaria per svolgere il mestiere. Solo tramite una lettura pedagogica è possibile ricostruire l’identità della figura professionale dell’educatore. Essa deve dimostrarsi capace di: - progettare (analisi dei bisogni, organizzazione di interventi), - prendersi carico dell’utenza (assistenza, cura e riabilitazione) - coordinare ed organizzare i progetti, le attività ed i servizi (integrazione e - collaborazione con risorse del territorio). Un educatore, infatti, è un professionista poliedrico, che deve saper disporre le migliori condizioni per favorire lo sviluppo di un cambiamento per un individuo o per una collettività; egli deve fare ciò, tenendo conto della molteplicità dei soggetti alla quale si rivolge (specchio chiaramente della complessità e delle contraddizioni sociali). La debolezza di riconoscimento di questa figura professionale è un paradosso in quanto alle prese in carico di problemi sociali, non corrisponde la consapevolezza dell’impatto sociale del lavoro educativo svolto. All’ inizio di un progetto educativo, infatti, l’educatore viene caricato di responsabilità pubblica che andrà poi condivisa ed ampliata a più livelli: personale, d’équipe, delle organizzazioni, della rete dei servizi alla persona, delle università e delle politiche sociali; il progetto poi deve essere strutturato secondo una triangolazione tra università, servizi e politiche sociali. 2 CAP 1 – SCENARI STORICO SOCIALI Le professioni educative si evolvono seguendo trasformazioni storiche e culturali. In seguito al recente riconoscimento normativo, l’educatore professionale vede ridursi gli spazi di delegittimazione alla propria azione educativa, del proprio sapere e delle proprie competenze. EVOLUZIONE STORICA DELLA FIGURA PROFESSIONALE (PAG. 13) I processi di modernizzazione della società italiana e la costituzione dello Stato Sociale, hanno avviato la ricerca di una figura professionale, inizialmente con funzione di controllo e custodia; in seguito, questa figura si è orientata verso la promozione del benessere collettivo. Il capitalismo creò disuguaglianze sociali che portarono alla manifestazione di nuove povertà, mentre la Rivoluzione industriale minò la società nella sua espressione più solidaristica, richiedendo una risposta a nuovi bisogni e disagi degli individui e della collettività. Il concetto di educazione in un ambito professionale ha faticato ad affermarsi a causa della tradizione assistenziale storicamente legata alle congregazioni religiose o iniziative filantropiche. Le idee e culture di servizio che hanno aperto spazi di intervento educativo volti alla promozione e prevenzione sono stati quindi fortemente influenzate da concezioni dell’uomo di natura religiosa e filosofica; l’educazione, infatti, veniva impartita attraverso l’esempio e la testimonianza di principi morali. Il lavoro educativo può attingere a valori di matrice religiosa, ma richiede un approccio laico ai problemi: la connotazione religiosa o filantropica degli interventi educativi si è progressivamente integrata ai mandati laici che lo Stato moderno assegna ai servizi assistenziali ed educativi. I cambiamenti economici e sociali della modernizzazione hanno reso necessaria la strutturazione di sistemi politici e amministrativi. Il Welfare state si caratterizza come istituzione della modernità in cui lo Stato si fa carico degli interventi di protezione sociale in passato affidati alla famiglia, a enti caritatevoli o iniziative isolateà l’assistenza diviene una funzione pubblica e si configura come un diritto, mirando a prevenire o eliminare situazioni di bisogno che non trovano protezione nei normali ambiti della vita. L’azione a tutela del benessere dell’individuo e della collettività (prevenzione, promozione) devono essere orientate secondo tre direttrici principali: previdenza, politiche sanitarie e politiche socioassistenziali. Intorno agli anni Settanta l’interesse per l’educazione extrascolastica e la centralità del contesto sociale iniziano a caratterizzare l’educatore come agente di cambiamento sociale e a stimolare una discussione in merito alle sue funzioni. L’aumento dei livelli di prossimità e umanizzazione ha portato ad esperienze sperimentali di deistituzionalizzazione avviando percorsi di integrazione e autonomia (es: chiusura dei manicomi con la Legge Basaglia). Il livello di complessità della professione educativa è dimostrabile nell’estensione delle aree di intervento dal disagio alla “normalità”, cioè nelle azioni tese a garantire diritti di cittadinanza sempre più ampi. Lo scenario socio-istituzionale della post-modernità ha contribuito alla crisi dello Stato sociale. L’indebolimento delle grandi tradizioni valoriali ed educative (religiose, familiari, professionali, politiche…) ha allentato la rete dei legami sociali e prodotto un forte individualismo. In mancanza di punti fermi tradizionali le persone investono nelle relazioni fin quando ne ricavano soddisfazione, rendendo improbabili prospettive progettuali a lungo termine. Per un’azione educativa esercitata in una prospettiva di aumento del benessere è quindi prioritario cogliere le nuove sfida proposte dalla società odierna. Per strutturare degli interventi educativi bisogna dunque analizzare i contesti in cui si opera. In particolare, il processo di trasformazione e frammentazione culturale, relazionale, identitario, sociale ed economico in atto pervade tutte le dimensioni dell’esistenza della nostra società richiedendo all’educatore di essere in possesso: 5 PROFILO PROFESSIONALE RAZIONALE EMERGENTE A LIVELLO NORMATIVO (PAG 34) L’evoluzione della figura professionale dell’educatore è strettamente interconnessa ai cambiamenti legislativi che hanno interessato il welfare e le politiche sociali. Dalla conformazione assunta dai servizi si inizia a ricavare la riconoscibilità degli ambiti di intervento degli educatori, le cui funzioni e garanzie contrattuali sono state regolamentate a livello legislativo settoriale, ampliando progressivamente l’intervento delle organizzazioni del terzo settore alla progettazione ed erogazione dei servizi. Minori e famiglia: La rete dei servizi rivolti alla famiglia e ai minori è stata costruita e modificata nel tempo ponendosi molteplici obiettivi: tutela e controllo, sostegno, mediazione e terapia, socializzazione e crescita; obiettivi perseguiti attraverso interventi diversificati, compiuti da diverse figure professionali, all’interno di un’ampia vastità di servizi. Disabilità: La complessità delle problematiche legate all’handicap riguarda le difficoltà psicofisiche e sociali degli individui, ma anche dei valori socioculturali del loro gruppo di appartenenza. Salute mentale: I temi dell’inclusione e dell’esclusione sociale sono centrali anche nell’ambito della salute mentale in cui la dimensione del benessere è influenzata da molti fattori (storici, familiari, psicologici, ambientali, biologici, sociopolitici…). Anziani: L’età anziana pone molteplici interrogativi di ordine organizzativo-sanitario, progettuale ed etico. Le patologie correlate all’invecchiamento (es: demenze) emergono progressivamente come bisogno assistenziale dell’anziano, ma anche della sua famiglia (badante) che si trova a gestire nuovi assetti relazionali, emotivi e valoriali. Dipendenza: La tossicodipendenza richiede d’essere analizzata e trattata secondo molteplici approcci: legale, medico, sociologico, psicologico, educativo… Una volta riconosciuta la tossicodipendenza come problema sociale l’approccio è diventato socioeducativo, anche in correlazione all’aumento delle dipendenze da sostanze e attività legali (es: alcol, tabacco e negli ultimi anni il gioco d’azzardo). La promozione del benessere individuale e collettivo diviene il fine ultimo degli interventi, strutturati potenziando l’integrazione tra risorse formali e informali del territorio, tendendo alla personalizzazione degli interventi. Attualmente si assiste alla progressiva diminuzione delle possibilità d’investimento, sia in termini di tempo che di modalità, in attività di analisi e conoscenza dei contesti e dei bisogni, in continua e rapida evoluzione. L’accreditamento promuove il diritto di libera scelta dei cittadini e contribuisce a configurare un vasto sistema di offerte; d’altro canto ha prodotto una formalizzazione e un’istituzionalizzazione dei servizi. L’educatore professionale vede la definizione dei propri ambiti d’intervento in riferimento a categorie di soggetti ritenuti maggiormente vulnerabili oppure a precise espressioni di disagio sociale. Dal punto di vista dell’inquadramento rispetto a ruoli e funzioni, l’educatore è considerato una figura atipica, tanto che del D.P.R. n° 1219, 29 dicembre ’84 (“Individuazione dei profili professionali del personale dei Ministeri in attuazione dell’articolo 3 della legge 11 luglio 1980, n° 312”) si prevedevano diverse tipologie d’inquadramento in relazione al tipo di attività e al livello di responsabilità assunto. Il riconoscimento sociale della professionalità educativa è strettamente correlato alle rappresentazioni culturali e sociali. 1.4 UNA SVOLTA NECESSARIA: DAL RICONOSCIMENTO LEGISLATIVO AL CONSOLIDAMENTO DELLA PROFESSIONALITÀ EDUCATIVA (PAG. 52) Iter normativo: Proposta di legge Iori n’2656 “Disciplina delle professioni di educatore e pedagogista → Testo unico Iori-Binetti, disegno legge n° 2443 “Disciplina delle professioni di educatore professionale socio-pedagogico, educatore professionale socio-sanitario e pedagogista” → Legge205/2017. La Legge 205/2017 ha colmato una mancanza normativa, definendo i profili e gli ambiti di intervento dell’educatore professionale socio- pedagogico e del pedagogista. La declinazione delle competenze professionali trova corrispondenza in specifiche attività educative e formative elencate all’art. 6, 2° comma del disegno legge 2443/2016: 6 “L'educatore professionale socio-pedagogico è in possesso delle conoscenze e delle competenze relative alla qualifica di cui all'articolo 7 (formazione universitaria) e svolge le seguenti attività educative e formative: a) progetta, programma, realizza e valuta interventi e trattamenti educativi e formativi diretti alla persona negli ambiti e nei servizi individuati dalla presente legge; b) accompagna e facilita i processi di apprendimento in contesti di educazione permanente; c) accompagna e facilita i processi di apprendimento in contesti di formazione professionale; d) accompagna e facilita interventi di inserimento lavorativo; e) coopera alla definizione delle politiche formative; f) coopera alla pianificazione e alla gestione di servizi di rete nel territorio; g) collabora all'attuazione dei sistemi integrati per la gestione e la valorizzazione delle risorse umane e per lo sviluppo di competenze.” Il dibattito politico ha dato maggiore visibilità al lavoro educativo, allargandone gli orizzonti e ampliando gli spazi di pensiero. Sebbene non abbia trovato legittimazione normativa, il richiamo a una responsabilità professionale di ordine scientifico, deontologico e di ricerca mostra la solidità dei cardini su cui poggia l’identità e la cultura professionale dell’educatore professionale socio- pedagogico, il quale secondo il disegno legge 2443/2016, art. 2, 2° comma: “è un professionista che svolge funzioni intellettuali con propria autonomia scientifica e responsabilità deontologica, con l'uso di strumenti conoscitivi specifici di tipo teorico e metodologico, per la progettazione, programmazione, intervento e valutazione degli esiti degli interventi educativi e supervisione, indirizzati alla persona e ai gruppi, in vari contesti educativi e formativi, per tutto il corso della loro vita, nonché con attività didattica di ricerca e di sperimentazione.”. 7 CAP. 2 PERCORSI DI FORMAZIONE La formazione alla figura professionale dell’educatore è stata a lungo oggetto di discussione e dibattito, al punto da poter essere considerata una questione “storica”. 2.1 DALLE SCUOLE REGIONALI ALLE UNIVERSITÀ Le prime attività formative rivolte agli educatori risalgono agli anni Cinquanta e sono promosse da enti pubblici in risposta a bisogni conoscitivi o operativi relativi a specifiche problematiche o ambiti d’interesse. Le scuole per educatori dagli anni Cinquanta agli anni Settanta nacquero prevalentemente al nord per iniziativa delle amministrazioni provinciali o comunali. Affinché la formazione non rispondesse esclusivamente a esigente locali, negli anni Ottanta nacque il Coordinamento nazionale delle scuole per educatori. Il senso e l’efficacia dell’impostazione didattica delle scuole per educatori ne hanno fatto la matrice su cui si è basata la strutturazione dei corsi di laurea negli anni successivi. Negli anni Novanta per l’assunzione di un ruolo educativo all’interno dei servizi si profilavano tre possibilità formative: corsi promossi da aziende sanitarie locali, corsi promossi da scuole regionali, corsi promossi dall’università. Con l’entrata in vigore della legge 205/2017 la laurea L/SNT2 permette di conseguire il titolo abilitante di educatore professionale socio- sanitario, mentre la laurea L-19 consente di acquisire il titolo di educatore socio-pedagogico; questa legge non ha carattere retroattivo per valorizzare sia l’esperienza lavorativa conseguente all’età o agli anni di servizio, sia l’istituzionalizzazione della posizione lavorativa dell’educatore in seguito al conseguimento di uno specifico percorso universitario. 2.2 DALLA FILOSOFIA ALLE SCIENZE DELL’EDUCAZIONE L’innalzamento a livello accademico della formazione degli educatori può essere considerato un riflesso del passaggio dalla filosofia alle scienze dell’educazione, richiesto dalle trasformazioni storico-sociali che necessitano di un sapere pedagogico sperimentale, empirico e con possibilità di evoluzione (scientifico). Negli anni Cinquanta F. De Bartolomeis sosteneva la non esistenza di una scienza pedagogica unitaria e sistematica. Si riferiva alle “scienze pedagogiche” come un complesso di discipline che offrono letture rilevanti dell’esperienza educativa (es: sociologia dell’educazione, pedagogia sperimentale). All’inizio degli anni Settanta Dottrens e Mialaret teorizzarono un corpus disciplinare composta da: filosofia dell’educazione, pedagogia comparata, storia della pedagogia, pedagogia sperimentale, discipline biologiche, psicologiche e sociologiche declinate sull’educazione in biopedagogia, psicopedagia e sociopedagogia. Mialeret, in seguito, suddivise le scienze pedagogiche in tre aree disciplinari: 1. scienze che studiano le condizioni generali e locali dell’istituzione scolastica; 2. scienze che studiano le relazioni pedagogiche e l’atto educativo, tra cui quelle che hanno come oggetto i processi dell’agire educativo, le scienze didattiche e della valutazione; 3. scienze della riflessione e dell’evoluzione. 10 n Contenuto contestuale che sancisce motivazione, scopo e ragione d’essere dello scambio; n Posizione, intesa come collocazione di prossimità o lontananza dalla fonte rispetto al destinatario. Questi tre elementi concorrono a determinare un’asimmetria di ruoli nella relazione educativa, dovuta a livelli di consapevolezza e di assunzione di responsabilità. Le implicazioni emotive sono potenzialmente considerabili una risorsa, ma sono spesso considerate un “elemento di disturbo” perché rendono difficile stabilire un equilibrio nel riconoscimento dei confini reciproci. Molti educatori si confrontano con la fastidiosa gestione delle problematiche con carattere cronico, che costringono a ripiegare gli obiettivi educativi da una prospettiva di cambiamento a una di sostenibilità del disagio, facendo emergere nell’educatore sentimenti di frustrazione, delusione e impotenza. La ricerca della “giusta posizione” (giusta distanza) rischia di appesantire il carico d’ansia tale da portare a ritirarsi, riducendo i coinvolgimenti emotivi. La professionalità dell’educatore, infatti, si basa su caratteristiche e propensioni personali, da intendersi come “bagaglio etico- motivazionale” di partenza, ma si costruisce sviluppando “competenze esperte”. L’acquisizione di tali competenze avviene intrecciando teorie e pratiche, ma soprattutto ricercando il confronto tra colleghi e professionisti. Uno strumento efficace per muoversi in questa direzione è identificabile nel lavoro di équipe: uno spazio meta-riflessivo che favorisce un confronto critico sulla professionalità educativa per trova conciliazione tra i diversi mandati professionali e istituzionali. 3.2 IL LAVORO EDUCATIVO COME LAVORO PEDAGOGICO E SOCIALE Il lavoro educativo produce valore sociale a partire dalla risposta a bisogni specifici. L’educazione si configura come una complessa costruzione culturale: l’insieme di fattori ideologici, religiosi, valoriali, normativi che culturalmente si intrecciano e condizionano, rendendola apparentemente “naturale”. L’intenzionalità e la progettualità rendono il lavoro educativo un’attività pedagogica, che si compie attraverso azioni precise secondo scopi formativi. La modalità di presa in carico da parte dei servizi mostra sempre più frequentemente i limiti della categorizzazione, della settorialità e della messa in atto di tipologie d’intervento precostituite. La formulazione di risposte coerenti dipende, quindi, dal livello di competenza degli attori sociali, che oltre a conoscere i soggetti presi in carico, devono conoscere i contesti e i territori in cui operano. Il lavoro educativo si basa su patti di reciprocità stabiliti all’interno di relazioni d’aiuto che cercano di valorizzare le competenze di singoli e gruppi, ma anche di riscrivere i copioni delle relazioni presenti all’interno della comunità territoriale. Proprio perché il lavoro educativo, pur focalizzandosi sui singoli, si riverbera sul contesto, bisogna potenziare le capacità (dialogo, mediazione, negoziazione…) che producono cambiamenti nel lungo periodo e possano impattare sulle politiche sociali e locali. In quanto promotori di azioni pedagogicamente fondate e orientate alla tutela dei diritti umani e dei principi di giustizia sociale, gli educatori assumono responsabilità etiche, morali e professionali nei confronti dei soggetti e della collettività; è dunque inevitabile una riflessione sulla deontologia (insieme delle regole morali che disciplinano l'esercizio di una determinata professione) del lavoro educativo. Il “Codice deontologico dell’ANEP” (Associazione nazionale educatori professionali) raccoglie i “Principi e valori etici legati alla professione dell’educatore professionale” articolandoli in base alle responsabilità che l’educatore professionale è tenuto ad assumere nei confronti della professione, dei soggetti, delle famiglie, dell’équipe, del datore di lavoro e della società. La professione educativa non può essere che profondamente “etica” (dottrina o indagine speculativa intorno al comportamento pratico dell'uomo di fronte ai due concetti del bene e del male) e deve, quindi, mantenere profondamente alto il livello della riflessione e della ricerca. 11 CAP 4 GLI AMBITI E LE MODALITÀ DI INTERVENTO (PAG 103) Il lavoro educativo, osservato in riferimento ai luoghi in cui gli educatori operano, mostra la sua apertura alle molteplicità: storie di vita, contesti, luoghi (formali, non formali e informali), servizi e gestioni diversi. Se lo sguardo si sposta sui soggetti la complessità non si riduce: ogni persona, infatti, può essere considerate un destinatario del lavoro educativo, che può compiersi attraverso interventi sostitutivi, aggiuntivi, compensative, promozionali, preventive e riabilitativi. Inoltre, le azioni educative possono rivolgersi a singoli o a gruppi. La complessità che caratterizza i contesti sociali richiede agli educatori di mantenere uno sguardo ampio, che individui gli eventi critici considerandoli nuclei di processi esistenziali. Solo una prospettiva relazionale, multidimensionale e processuale permette di non adottare una logica emergenziale, centrata esclusivamente sulla ricerca di soluzioni, ma piuttosto di includere nel quadro d’analisi e nella prospettiva di intervento azioni rivolte al “disagio dei normali”, che possono trovarsi temporaneamente in situazioni critiche, incapaci di gestirle in modo equilibrato e funzionale con le risorse a loro disposizione. 4.1 SAPERI E METODOLOGIE TRASVERSALI (PAG. 104) Il lavoro educativo consiste nel costruire, monitorare, valutare gli esiti di esperienze pensate e potenzialmente co-progettate con i soggetti destinatari, negoziandone il senso e le modalità, i tempi e le finalità trasformative. Ascolto, osservazione e riflessività sono componenti di un lavoro educativo fondato pedagogicamente, che utilizza la relazione come strumento. L’asimmetria della relazione educativa si qualifica in termini di consapevolezza, intenzionalità e responsabilità rispetto alle finalità, alle scelte metodologiche, al presidio e al monitoraggio dei processi. Una progettazione educativa deve partire dalla chiarificazione dei ruoli rispettivi, dei saperi e delle competenze reciprocamente riconosciuti o attesi, delle prefigurazioni relative all’evoluzione della relazione e del progetto. L’educatore deve porsi con un atteggiamento non giudicante, contrario alle stigmatizzazioni e saper sostenere sfide poste dal soggetto sul piano personale e affettivo; proprio per questo l’educatore non può esimersi dall’assunzione della responsabilità etica di confrontarsi innanzitutto con la sua storia personale. La problematicità delle relazioni educative sta nella loro ambivalenza: alla debolezza dei legami organizzativi dei servizi sociosanitari si contrappone il fatto che la vicinanza fisica nella condivisione della quotidianità, il coinvolgimento e la significatività delle esperienze vissute con gli utenti creano legami forti e intensi. A supporto di un lavoro di analisi critica da compiersi su molteplici livelli (personale, professionale, territoriale, organizzativo, istituzionale) risulta fondamentale il presidio degli spazi di confronto e discussione tra educatori, siano spazi formali o informali. 4.2 COMPETENZE SPECIFICHE (PAG. 110) La ricerca delle competenze specifiche dell’educatore può compiersi a livello dei contenuti specifici o delle modalità di declinazione del senso degli interventi educativi all’interno di servizi. L’educatore sviluppa relazioni con molteplici soggetti: utenti, reti di sostegno, rete territoriale, contesti educativi, colleghi e altre figure professionali, organizzazioni e amministrazioni. SATEF (Sviluppo e Analisi di Sistemi e Tecnologie Formative) dopo un’indagine del 1993 ha presentato una sintesi delle principali attività praticate dagli educatori: 1. Attività per garantire il diritto al rispetto della persona; 2. Attività per garantire il diritto alla qualità della vita quotidiana; 3. Attività in risposta al diritto della salute psicofisica; 4. Attività finalizzate a promuovere le relazioni umane; 5. Attività finalizzate a promuovere la partecipazione sociale; 6. Attività finalizzate a promuovere apprendimento e formazione; 7. Attività destinate a coinvolgere il contesto sociale; 12 8. Attività per il funzionamento dei servizi. Il lavoro educativo ha carattere emancipatorio e si compie attraverso una “contrattualità” che dalla presa in carico formale diviene condivisione della progettualità declinata su diversi piani: - Organizzativo: stabilire l’ordine delle priorità e introdurre nella quotidianità nuove esperienze; - Relazionale: i bisogni di socializzazione e integrazione necessitano di interventi di mediazione, riconoscimento reciproco e nuove regole collettive; - Economico: gestire le risorse per favorire il riconoscimento sociale e l’indipendenza. La relazione educativa con l’utenza e lo strumento principale del lavoro educativo, finalizzato alla crescita individuale e all’acquisizione dell’autonomia, oltre che alla riduzione dell’isolamento e l’aumento dell’inclusione; gli effetti del lavoro educativo non hanno conseguenze solo sul soggetto preso in carico ma si riverberano in tutta la collettività. Lo sguardo progettuale dell’educatore deve allargarsi fino ad includere il territorio e le politiche locali (sistema educativo, istituzionale, politico…). Il documento “Piattaforma comune per gli educatori sociali in Europa” dell’AIEJI (Associazione internazionale degli educatori sociali) intende le competenze dell’educatore come “il potenziale d’azione” di cui gli educatori possono disporre, a partire da attitudini e motivazioni, attraverso la combinazione molteplice di conoscenze, abilita espressive e sociali, doti intellettuali e manuali che permettono di analizzare le situazioni e di strutturare e applicare interventi contestualizzati. L’educatore deve saper utilizzare uno “sguardo sistemico”, che gli permette di osservare la complessità delle dinamiche educative e di gestirle stando all’interno del sistema, senza pero subirne in modo passivo e acritico le incongruenze. Una pratica utile all’esercizio di pensiero, alla sistematizzazione e all’analisi delle prassi e dei contesti operativi e la documentazione, che permette con la scrittura di rendere visibili le dinamiche e i significati della collettività, oltre che degli individui. La centralità delle competenze riflessive e progettuali in ambito educativo non può prescindere dalla capacità di analizzare e valutare i processi; infatti, sono essenziali le capacità di osservazione che si strutturano in diverse modalità e fasi: - Definire l’altro rispetto ai comportamenti normativi e socialmente accettabili (categorizzazione); - Riconoscere l’altro: indagare le modalità con cui si relazione e le possibilità di cambiamento; - Riconoscersi nel rapporto con l’altro considerando i significati della relazione educativa per poter articolare in modo intenzionale gli interventi educativi. SERVIZI RESIDENZIALI I servizi residenziali rendono educative e trasformative le relazioni della quotidianità trasformandole nel piano d’esperienza strutturante del soggetto. Il carattere riparatorio e/o riabilitativo degli interventi educativi e mediato da una graduale ricostruzione di una “normalità possibile” accompagnata dagli educatori che rivestono simbolicamente il ruolo genitoriale (sostegno, contenimento, resinificazione di eventi…) SERVIZI DOMICILIARI Nei servizi domiciliari l’educatore assume un ruolo di affiancamento, che si pone come osservatore discreto in un contesto che non gli appartiene. Questo tipo di servizio richiede spiccate competenze di negoziazione (con l’utente e i suoi familiari), sospensione del giudizio ed empatia; infatti, l’elaborazione di un progetto educativo domiciliare richiede la capacita di ascolto e di coinvolgimento di più soggetti. Il lavoro educativo si svolge costruendo contesti esperienziali protetti, in cui il soggetto possa sperimentare nuove modalità di comunicazione, azione e immaginazione. L’educatore che svolge lavoro di rete deve possedere competenze comunicative e organizzative, sapersi porre in come promotore e facilitatore di legami, mediatore di conflitti e sostenitori di processi collaborativi,
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