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Il purgatorio e commento e analisi dei primi 2 canti, Appunti di Italiano

Descrizione generale del purgatorio e analisi e commento dei primi 2 canti

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 31/03/2021

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chiara__030 🇮🇹

4.3

(6)

4 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Il purgatorio e commento e analisi dei primi 2 canti e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! PURGATORIO (33 CANTI) In realtà il Purgatorio come luogo definito nell’aldilà non esisteva, solo con il concilio di Lione lo si ammise all’aldilà come suo luogo intermedio. Quando Lucifero venne scaraventato sulla terra questa si ritirò e si formarono così l’Inferno e il Purgatorio che si trovano in antitesi tra di loro. L’inferno va verso le viscere della terra, il Purgatorio è appunto un monte che si trova verso l’alto, ossia verso il Paradiso terrestre. Nel Purgatorio Dante sale di gradino in gradino per purificarsi dai peccati che si trovano dai più gravi al meno gravi. Mentre nell’Inferno non si riesce a stabilire una cronologia temporale, nel Purgatorio riusciamo a stabilirla, la narrazione si svolge tra quattro albe e tre tramonti. Quello del Purgatorio è un mondo più simile a quello terreno (per lo scorrere del tempo, per il paesaggio e per la concezione psicologica delle anime), qui le anime ripensano al passato per purificarsi (come fosse una clinica per l’anima). Una volta purificata l’anima potrà giungere nel Paradiso. La purificazione avviene attraverso tre modi: le pene (secondo la legge del contrappasso, come l’inferno ma qui la sofferenza è riparatrice), la preghiera (tutte le anime pregano e invocano l’aiuto di Dio) e gli esempi (abbiamo in tutti gli inizi delle cornici del Purgatorio esempi della virtù opposta al vizio, all’uscita gli esempi del peccato che si sconta). Mentre nell’Inferno le anime erano in un unico girone, qui le anime si fermano ad espiare i propri peccati in ogni cornice. La porta d’ingresso è preceduta dall’antipurgatorio, dove si trovano le anime che si sono pentite prima della morte che per la legge del contrappasso devono attendere (essendosi pentiti alla fine della vita). Nell’anti-purgatorio abbiamo più precisamente:  Gli scomunicati (che devono attendere 30 volte il tempo in cui sono stati ribelli in vita);  I pigri ad operare il bene (che devono attendere tutta la vita);  Quelli che sono morti di morte violenta (non si sa quanto dovranno attendere);  I principi che non avevano avuto cura in vita della propria anima (non si sa quanto tempo dovranno attendere). Dopo l’anti-purgatorio si arriva alla vera entrata dove si trova una porta con un angelo. Il Purgatorio è diviso in sette cornici, più si sale meno i peccati sono gravi: -superbi; -invidiosi; -iracondi; -accidiosi; -avari e prodighi; -golosi; -lussuriosi. Quando un’anima ha scontato la sua pena e come se ci fosse un terremoto e tutte le anime iniziano a intonare il gloria. Mentre nell’Inferno avevamo una varietà di stili linguistici, nel Purgatorio abbiamo una maggiore stabilità (lo stile si adegua anche al fatto che il Purgatorio abbia un carattere più terreno). In questa cantica Dante incontra il maggior numero di amici, per questo viene chiamata cantica dell’amicizia. Qui, inoltre, non è spettatore, ma vive il processo di purificazione. Infatti l’angelo portinaio sulla fronte gli traccia 7P con allusione ai sette peccati capitali e Dante alla fine di ogni cornice deve meritarne la rimozione di ognuna. PRIMO CANTO Quando Lucifero venne cacciato dal Paradiso terrestre fu scaraventato sulla terra e come reazione le terre si ritirarono, così si formò l’Emisfero delle acque e in antitesi all’Inferno il Purgatorio. Dante e Virgilio arrivano dall’Inferno al Purgatorio tramite la natural burella che si trova dov’è Lucifero. Così dall’emisfero boreale arrivano a quello australe. Alla fine dell’inferno Dante pronuncia la frase: “riuscimmo a riveder le stelle”, con ciò vuole affermare che dopo il buio dell’Inferno riuscirà a vedere la luce del Purgatorio. Questo canto si svolge all’alba del 10 aprile del 1300, nella domenica di Pasqua, nella spiaggetta dell’anti-purgatorio, dove incontrano Catone Uticense. Osservando il cielo stellato notarono la costellazione di Venere (costellazione di quattro stelle), successivamente comparve un vecchio dall’aspetto nobile e fiero, ossia Catone. Questi chiese a Dante e Virgilio chi fossero e perché si trovassero là, così Virgilio gli spiegò tutto e fa inginocchiare Dante in segno di umiltà e di rispetto e gli spiega le ragioni del loro viaggio (Catone si uccise per non cadere nelle mani di Cesare). Virgilio gli parlerà della moglie Marzia che si trova nel limbo per ingraziarselo e per fare in modo che li facesse passare, infatti Catone è il guardiano del Purgatorio. Successivamente Virgilio gli chiederà di poter passare e Catone però Dante dovrà fare dei riti di purificazione (lavarsi la faccia la rugiada e cingersi con un giunco). Catone è il guardiano nonostante fosse pagano e si fosse suicidato poiché simboleggia la libertà (essendo appunto ricorso al suicidio per non cadere nelle mani di Cesare). I primi sei versi costituiscono la protasi e ci informa sull’argomento del canto. TESTO vv. 1-6= in questi versi abbiamo la protasi. Per correr miglior acque alza le vele omai la navicella del mio ingegno, che lascia dietro a sé mar sì crudele; e canterò di quel secondo regno dove l’umano spirito si purga e di salire al ciel diventa degno. COMMENTO= omai la navicella del mio ingegno= metafora della navigazione che riprende da Properzio (autore di elegie), questa navicella indica l’ingegno umano. 58. Questi non vide mai l’ultima sera; ma per la sua follia le fu sì presso, che molto poco tempo a volger era. 61. Sì com’io dissi, fui mandato ad esso per lui campare; e non lì era altra via che questa per la quale i’ mi son messo. 64. Mostrata ho lui tutta la gente ria; e ora intendo mostrar quelli spirti che purgan sé sotto la tua balìa. 66 67. Com’io l’ ho tratto, saria lungo a dirti; de l’alto scende virtù che m’aiuta conducerlo a vederti e a udirti. 70. Or ti piaccia gradir la sua venuta: libertà va cercando, ch'è sì cara, come sa chi per lei vita rifiuta. 72 73. Tu ’l sai, ché non ti fu per lei amara in Utica la morte, ove lasciasti la vesta ch’al gran dì sarà sì chiara. 75 76. Non son li editti etterni per noi guasti, ché questi vive e Minòs me non lega; ma son del cerchio ove son li occhi casti 78 79. di Marzia tua, che ’n vista ancor ti priega, o santo petto, che per tua la tegni: per lo suo amore adunque a noi ti piega. 81 82. Lasciane andar per li tuoi sette regni; grazie riporterò di te a lei, se d’esser mentovato là giù degni". 84 COMMENTO: Catone è il simbolo della libertà, l’allegoria della libertà. Lui si è ucciso ad Utica per non cadere nelle mani di Cesare. Catone era apprezzato anche nell’antichità da, ad esempio, Cicerone e Lucano. La figura di Catone a Dante appare già nobilitata anche da Virgilio che lo colloca tra gli “spiriti magni” nei Campi Elisi. Per Lucano, Catone, era l’eroe che aveva lottato contro il tiranno, contro Cesare. Anche i cristiani, San Tommaso, Sant’Agostino giustificavano il suo suicidio perché appunto pensavano che per un motivo valido il suicidio potesse essere accettato, giustificabile. Quindi era degno di essere il custode del Purgatorio. Catone viene presentato provvisto dalle 4 virtù cardinali (giustizia, fortezza, temperanza e prudenza), quindi come Adamo prima del peccato originale. Al verso 34 Lucano avrebbe dovuto scrivere “mesta” anzi che “mista”. Mentre dal verso 40 iniziano le domande di Catone. Al verso 77 viene citato Minosse, personaggio travato nel V canto dell’Inferno, fra i lussuriosi, indicava con la coda ai dannati a quale cerchia fossero destinati. Al verso 79 invece si parla di Marzia, la moglie di Catone, che si trovava nel limbo con Virgilio, perciò questo la menziona per cercare di ingraziarsi Catone stesso, al fine di riuscire ad accedere al Purgatorio con Dante. Già Lucano nel libro secondo della Farsalia aveva parlato di Marzia, dicendo che appunto che era sposa di Catone, ma poi si era sposata con Ortensio e poi di nuovo con Catone; però sulla sua tomba aveva voluto che ci fosse scritto “sposa di Catone”, quindi “fedele a Catone”, così Virgilio ricorda a Catone l’amore che Marzia aveva provato per lui. Ma Virgilio comincia a cedere a un certo punto, poiché la figura di Catone è difficilmente flessibile, Virgilio è quasi impaurito dalla severità di Catone, comincia inoltre a sbagliare il tono con cui si rivolge a lui. Virgilio non ha la stessa sicurezza nel guidare Dante nel Purgatorio, che invece ha nell’Inferno, d’altra parte non conosce bene il Purgatorio. TESTO vv. 85-90= 85."Marzïa piacque tanto a li occhi miei mentre ch’i’ fu’ di là", diss’elli allora, "che quante grazie volse da me, fei. 88.Or che di là dal mal fiume dimora, più muover non mi può, per quella legge che fatta fu quando me n’usci’ fora. COMMENTO: Ora l’amore per Marzia non ha più alcuna efficacia, in nome di una legge che separa le anime escluse da quelle elette, ossia che potranno ricevere la grazia. Gli affetti terreni sono per Catone soltanto un ricordo, lui rimane dedito alla legge. TESTO vv. 91-93= 91. Ma se donna del ciel ti move e regge, come tu di’, non c’è mestier lusinghe: bastisi ben che per lei mi richegge. COMMENTO: Catone dice che non c’era bisogno di menzionare Marzia, se a mandarli là era stata addirittura una donna del Paradiso, bastava che lo pregassero solo in nome di Beatrice; considera quello di Marza un argomento fuori luogo. Catone si dimostra quindi più che severo nei loro confronti. TESTO vv. 94-99= 94. Va dunque, e fa che tu costui ricinghe d’un giunco schietto 24e che li lavi ’l viso, sì ch’ogne sucidume quindi stinghe; 97. ché non si converria, l’occhio sorpriso d’alcuna nebbia, andar dinanzi al primo ministro 25, ch’è di quei di paradiso. COMMENTO: Catone sta dicendo a Virgilio quali riti di purificazione deve fare Dante prima di accedere al Purgatorio. Deve lavarsi il viso con la rugiada e cingersi con un giunco, perché il giunco è una pianta considerata “umile”, poiché si piega, alludendo all’umiltà e cresce nei luoghi più bassi, solo con l’umiltà ci si purifica dal peccato. Inoltre il fatti di cingersi la vita con un giunco è anche visto come un segno di umiliazione, è l’umiliazione indica la prima via per arrivare alla penitenza. TESTO vv. 100-111= 100. Questa isoletta intorno ad imo ad imo, là giù colà dove la batte l’onda, porta di giunchi sovra ’l molle limo 26: 103. null’altra pianta che facesse fronda o indurasse, vi puote aver vita, però ch’a le percosse non seconda. 106. Poscia non sia di qua vostra reddita; lo sol vi mosterrà, che surge omai, prendere il monte a più lieve salita". 109. Così sparì; e io sù mi levai sanza parlare, e tutto mi ritrassi al duca mio, e li occhi a lui drizzai. COMMENTO: Quindi questa pianta è sia umile poiché cresce in basso e sul limo molle, ma è anche forte, poiché resiste al vento e alle onde. Nessun’altra virtù, se non l’umiltà, è sufficiente per accedere al Purgatorio. Catone nel verso 106 marca sul fatto di non riprendere quella direzione, poiché l’uomo che entra nel Purgatorio, entra nella Penitenza e quindi non deve tornare verso la strada dell’Inferno, ossia del vizio e del peccato. Ad un certo punto Catone sparisce, così Dante e Virgilio rimangono da soli. Da notare che Dante in questo canto non le anime alle colombe, che sono tranquille, quiete, ma quando vedono il sopraggiungere del pericolo, scappano. L’atteggiamento nostalgico che caratterizza in generale tutto il Purgatorio, si manifesta con maggiore evidenza in questo canto. Le anime nel Purgatorio hanno un atteggiamento diverso rispetto a quello dell’Inferno. Il loro atteggiamento è più riconducibile alle emozioni terrene, provano timidezza, esitazione, ecc. Il canto di Casella è un atteggiamento regressivo, che è rivolto alla vita terrena, perché con la canzone Casella e Dante ricordano momenti del passato, quando erano amici. È come se Dante ci volesse dire che ormai non è più necessario abbandonarsi alle vecchie abitudini, ma bisogna cercare nuove strade e nuovi momenti. TESTO vv. 1-51= 1-9: Già era 'l sole a l'orizzonte giunto lo cui meridïan cerchio coverchia Ierusalèm col suo più alto punto; e la notte, che opposita a lui cerchia, uscia di Gange fuor con le Bilance, che le caggion di man quando soverchia; sì che le bianche e le vermiglie guance, là dov’i’ era, de la bella Aurora per troppa etate divenivan rance. 10-18: Noi eravam lunghesso mare ancora, come gente che pensa a suo cammino, che va col cuore e col corpo dimora. Ed ecco, qual, sorpreso dal mattino, per li grossi vapor Marte rosseggia giù nel ponente sovra ’l suol marino, cotal m’apparve, s’io ancor lo veggia, un lume per lo mar venir sì ratto, che ’l muover suo nessun volar pareggia. 19-24: Dal qual com’io un poco ebbi ritratto l’occhio per domandar lo duca mio, rividil più lucente e maggior fatto. Poi d’ogne lato ad esso m’appario un non sapeva che bianco, e di sotto a poco a poco un altro a lui uscìo. 25-36: Lo mio maestro ancor non facea motto, mentre che i primi bianchi apparver ali; allor che ben conobbe il galeotto, gridò: "Fa, fa che le ginocchia cali. Ecco l’angel di Dio: piega le mani; omai vedrai di sì fatti officiali. Vedi che sdegna li argomenti umani, sì che remo non vuol, né altro velo che l’ali sue, tra liti sì lontani. Vedi come l’ ha dritte verso ’l cielo, trattando l’aere con l’etterne penne, che non si mutan come mortal pelo". 37-45: Poi, come più e più verso noi venne l’uccel divino, più chiaro appariva: per che l’occhio da presso nol sostenne, ma chinail giuso; e quei sen venne a riva con un vasello snelletto e leggero, tanto che l’acqua nulla ne ’nghiottiva. Da poppa stava il celestial nocchiero, tal che faria beato pur descripto; e più di cento spirti entro sediero. 46-51: ’In exitu Isräel de Aegypto’ cantavan tutti insieme ad una voce con quanto di quel salmo è poscia scripto. Poi fece il segno lor di santa croce; ond’ei si gittar tutti in su la piaggia: ed el sen gì, come venne, veloce. COMMENTO= Qui parla dell’angelo nocchiero, che trasporta le anime. Nei primi versi (da vv. 1 a 9) abbiamo una perifrasi astronomica e per comprenderla dobbiamo rifarci all’astronomia del Medioevo. Gerusalemme si trova al centro dell’emisfero boreale (che era l’unico emisfero da noi abitato), il Sole, invece, sorge sul Purgatorio e tramonta sulla Terra. Quindi il Purgatorio si trovava nel polo opposto a Gerusalemme. Questo perché l’emisfero boreale e l’emisfero australe si trovano proprio agli antipodi. Quando la notte compie il suo giro, si muove in senso opposto al Sole (se è giorno sul Purgatorio, è notte sulla Terra). Dante utilizza la perifrasi astronomica per descrivere l’alba; l’aveva già fatto nel canto precedente, ma qua ci sono richiami mitologici, cosmici e al mito. Verso 8= abbiamo la personificazione mitologica dell’Aurora, perché dice “bella Aurora”. Dante e Virgilio si trovavano ancora sulla spiagetta dell’Antipurgatorio, perché erano incerti della strada da prendere. Dante successivamente spiega che gli appare una luce, venire rapidamente attraverso il mare e nessun volo eguaglia la velocità di questa luce. Questa luce è quella dell’angelo traghettatore. LUCE= è una parola chiave, perché è proprio la caratteristica del Purgatorio, contrapposta alle tenebre dell’Inferno. Virgilio dice a Dante di inginocchiarsi, perché riconosce l’angelo nocchiero di Dio, che è anche il primo angelo che appare nel Purgatorio. Gli angeli sono proprio figure divine. In seguito c’è la descrizione della navicella guidata dall’angelo, che non ha bisogno di remi o vele, perché si sposta con le proprie ali. Con la ripetizione della parola “VEDI”, notiamo lo stupore di Dante e Virgilio, per questa eccezionalità della figura dell’angelo. L’angelo trasporta gli spiriti che sono poi destinati alla salvezza. Questi spiriti dopo la morte si radunavano alla foce del fiume Tevere in attesa di essere poi portati nell’isola del Purgatorio. L’angelo nocchiero li prende alla foce del fiume Tevere e li riporta sulla spiaggetta dell’antipurgatorio, li benedice e li lascia là. L’imbarcazione dell’angelo viene Soavemente disse ch’io posasse; allor conobbi chi era, e pregai che, per parlarmi, un poco s’arrestasse. Rispuosemi: "Così com’io t’amai nel mortal corpo, così t’amo sciolta: però m’arresto; ma tu perché vai?". "Casella mio, per tornar altra volta là dov’io son, fo io questo vïaggio", diss’io; "ma a te com’è tanta ora tolta?". 94-105: Ed elli a me: "Nessun m’è fatto oltraggio, se quei che leva quando e cui li piace, più volte m’ ha negato esto passaggio; ché di giusto voler lo suo si face: veramente da tre mesi elli ha tolto chi ha voluto intrar, con tutta pace. Ond’io, ch’era ora a la marina vòlto dove l’acqua di Tevero s’insala, benignamente fu’ da lui ricolto. A quella foce ha elli or dritta l’ala, però che sempre quivi si ricoglie qual verso Acheronte non si cala". 106-111: E io: "Se nuova legge non ti toglie memoria o uso a l’amoroso canto che mi solea quetar tutte mie doglie, di ciò ti piaccia consolare alquanto l’anima mia, che, con la sua persona venendo qui, è affannata tanto!". 112-117: ’Amor che ne la mente mi ragiona’ cominciò elli allor sì dolcemente, che la dolcezza ancor dentro mi suona. Lo mio maestro e io e quella gente ch’eran con lui parevan sì contenti, come a nessun toccasse altro la mente. COMMENTO= Qui appare Casella, un amico di Dante. Il Purgatorio, infatti, è la cantica della soave amicizia, dove Dante incontra i suoi amici. Dal suono della voce Dante riconosce Casella. Di Casella sappiamo poco, soltanto che era un musicista amico di Dante e che molto probabilmente morì poco prima del 1300. Casella tenta di abbracciare Dante, ma non ci riesce, perché gli sfugge. Dante riprende quest’immagine dall’Eneide (libro 6, l’incontro di Enea con il padre Anchise nei campi Elisi). La situazione si ribalta: prima le anime erano stupite, perché Dante respirava ed era vivo; ora Dante è stupito per l’inconsistenza delle anime, perché non riesce ad abbracciarle. SCIOLTA= è riferito all’anima, per questo c’è il femminile. Quando dice “Casella mio”, la presenza del possessivo denota proprio l’intimità che c’è tra i due. Non sappiamo perché Casella, che era morto già da tempo, abbia dovuto aspettare tanto prima di essere traghettato nel Purgatorio, mentre le altre anime potevano imbarcarsi. Riguardo ciò ci sono varie ipotesi:  Alcuni critici ritengono che abbia dovuto aspettare, perché egli aveva avuto una morte che non era in conformità con la Chiesa.  Il critico D’Ovidio ritiene che ci sia una suggestione con l’Eneide, in cui Caronte sceglie da solo quali anime traghettare e quali no.  Altri critici, invece, ritengono che Dante avesse bisogno in questo canto di Casella e quindi l’ha fatto arrivare in Purgatorio soltanto in questo momento, proprio perché in questo canto c’era bisogno di porre al centro un musicista. vv. 98-99: Si sta facendo riferimento al Giubileo, che è stato proclamato da papa Bonifacio VIII, che prometteva il perdono universale a chiunque si fosse recato in pellegrinaggio a Roma e quindi tutte le anime potevano salire in Purgatorio.  Altri critici ancora, infine, ritengono che questa lunga attesa di Casella sia un gesto di protesta sia contro la pratica delle indulgenze sia contro questo Giubileo di Bonifacio VIII, perché Bonifacio VIII ha aspettato troppo per proclamare il Giubileo. Da 3 mesi, cioè da quando è stato proclamato il giubileo, l’angelo prendeva a bordo tutte le anime senza opporsi. Dante spesso si autocita, prima quando citava un passo dell’Inferno e adesso quando Casella canta la sua “amor che ne la mente mi ragiona”, che Dante aveva scritto dopo la morte di Beatrice, in lode di una donna gentile, che allegoricamente era la filosofia. Questa canzone era stata raccolta nel terzo trattato del Convivio. Casella canta proprio questa canzone di Dante, perché quando Dante incontra nel Paradiso, lei lo rimprovera di averla abbandonata per avvicinarsi alla filosofia. Qui di nuovo Dante si lascia sedurre dal canto. Questo canto è indice di un atteggiamento regressivo, che guarda il passato e che ormai bisogna superare, cercando nuove strade. ///////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////// TESTO vv. 118-133= 118-123: Noi eravam tutti fissi e attenti a le sue note; ed ecco il veglio onesto gridando: "Che è ciò, spiriti lenti? qual negligenza, quale stare è questo? Correte al monte a spogliarvi lo scoglio ch’esser non lascia a voi Dio manifesto". 124-133: Come quando, cogliendo biado o loglio, li colombi adunati a la pastura, queti, sanza mostrar l’usato orgoglio, se cosa appare ond’elli abbian paura, subitamente lasciano star l’esca, perch’assaliti son da maggior cura; così vid’io quella masnada fresca lasciar lo canto, e fuggir ver’ la costa, com’om che va, né sa dove rïesca; né la nostra partita fu men tosta. COMMENTO= Qui c’è il rimprovero di Catone e la fuga delle anime.
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