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Il quattrocento e il cinquecento di Riccardo Bruscagli, Dispense di Letteratura Italiana

Il 400, Luigi Pulci, Lorenzo il Magnifico, Agnolo Poliziano, Matteomaria Boiardo, Jacopo Sannazzaro, il 500, Ariosto, Machiavelli, Guicciardini, Tasso. Materiale completamente sostitutivo per affrontare l’esame di letteratura italiana

Tipologia: Dispense

2023/2024

In vendita dal 02/05/2023

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chiara-maldera 🇮🇹

4.6

(8)

41 documenti

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Scarica Il quattrocento e il cinquecento di Riccardo Bruscagli e più Dispense in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! 1. IL 400 Il 400 e il 500 sono i secoli dell’Umanesimo e del Rinascimento. Il termine umanesimo in realtà è stato coniato nell’800 dal pedagogista Friedrich Immanuel e deriva da un termine che era già in uso che è quello di Humanista che alludeva a chi si occupa di studiare le cosiddette discipline che rientrano negli “studia humanitatis“ che chiaramente richiamano alla cosiddetta humanitas cioè a ciò che è tipico dell’essere umano. Gli studia humanitatis per recuperare una definizione di Vittorio Rossi sono studi intesi al perfezionamento integrale dello spirito umano, chiaramente essi sono strettamente collegati a quelle che erano chiamate le cosiddette discipline tipiche dell’educazione liberale cioè degne della formazione di un uomo libero, si tratta quindi di discipline che riguardano la formazione dello spirito dell’individuo e anche della sua maniera di esternare ciò che nello spirito aveva, quindi retorica, storia, poesia e filosofia morale. Quindi quest’età si presenta come un’età di rinnovamento e appunto come ci dice il termine stesso di Rinascimento, di rinascita. Umanesimo VS Medioevo Mentre per la civiltà Umanesimo - Rinascimento noi parliamo di una periodizzazione che va dalla fine del 300 alla metà del 500. Il Medioevo è invece collocato tra la caduta dell’impero romano d’Occidente 476 d.c. e la scoperta dell’America 1492. Questo concetto di Medioevo ha anche esso trovato una graduale affermazione anche proprio partendo dallo stesso uso del termine, perché proprio già nel 400 visto come una sorta di mito negativo, perché esso viene visto come un’età di mezzo tra la grandezza dell’età della civiltà greca e latina e la rinascita. Venendo visto come un’età di decadenza e barbarie, il che è un giudizio troppo netto. Già nel 400 troviamo il termine “ media tempestas “ che appunto è riconducibile a quest’idea di età media e fu utilizzato da un’umanista Giovanni Andrea Bussi in un elogio del cardinale Niccolò Cusano però sempre nel 400 ci è pervenuta un indicazione per lo meno del periodo di inizio del Medioevo, che viene collocato tra la caduta dell’impero romano d’Occidente 476 d.c. e la scoperta dell’America 1492 e questo risale ad uno studioso che è Biondo Flavio, il quale scrisse delle decadi di storie che partivano appunto dalla caduta dell’impero romano. Per avere poi la coniazione lessicale del termine “ media aetas “ e questa viene fatta risalire a Gioacchino di Watt 1518 sino a poi quando si afferma il termine Medioevo, che viene attribuito ad uno studioso di nome Christoph Keller. Anche il termine Rinascimento è un termine che non si è affermato subito, si parlava genericamente di rinascita / rinascenza … però ecco per un affermazione di questo termine dobbiamo rifarci in particolar modo ad un opera che risale al 1860 di Jacob Burkart intitolata “ la civiltà del rinascimento in Italia “. Secondo Burkart ciò che caratterizza questo periodo è la scoperta dell’uomo e della natura cioè secndo cui l’uomo non deve pensare esclusivamente a realizzarsi in una felicità ultraterrena promessa dalla religione ma deve anche pensare alla propria formazione, al proprio vivere ed essere felice qui e ora. Quindi abbiamo anche la liberazione della morale da vincoli dogmatici e chiesastici. MATTEO MARIA BOIARDO, FERRARA E L’UMANESIMO CORTIGIANO Fuori Firenze l’umanesimo si struttura secondo il modello cortigiano, accentrandosi nell’iniziativa esclusiva del principe, trovando nella corte il suo unico centro di elaborazione e di irradiazione. Dal punto di vista istituzionale e politico la Ferrara del 400 è una città fragile e d’altra parte la vicinanza geografica con la potente Venezia le impedisce di sviluppare una vocazione marittima e commerciale. Nonostante tutte queste restrizioni, sotto il suo principio troviamo Matteo - Maria Boiardo che compone l’Orlando innamorato o l’innamoramento di Orlando nel quale celebrerà le origine della casata estense e mostrrà la sua gratitudine verso Ercole. Il tipo di letteratura che trova sviluppo a Firenze è la lirica che è un genere di consumo mondano, legata comunque alle corti e di solito viene accompagnata da una musica, oltre alla lirica troviamo anche il romanzo cavalleresco, si parla quindi di una lirica che si è sviluppata nel tardo 200 e nei primi del 400 e parliamo quindi sempre di una produzione di testi in lingua francoveneta, il pubblico a cui si riferisce è un pubblico che appartiene al ceto nobiliare. Una figura rappresentativa è senz’altro Matteo - Maria Boiardo, il canzoniere di Matteo - Maria Boiardo rappresenta la ripres più seria e consapevole del modello petrarchesco, si tratta infatti d un vero e proprio di rime, in cui come nel Petrarca le singole tessere del mosaico contribuiscono ad un testo compatto, occorre peò sottolineare che gli Amorum Libri sono un’opera di straordinaria originalità sentimentale e stilistica perché il Boiardo non guarda solo al Petrarca ma anche ai poeti elegiaci ed erotici latini che parlano di amori più carnali e concretamente consumati e vissuti risotto al’astrazione cortese petrarchesca. Ecco che allora il canzoniere di Matteo - Maria Boiardo si divide in 3 libri, che corrispondono alle 3 diverse fasi di una vera e propria storia d’amore, nel primo libro troviamo l’innamoramento e la conquista della donna amata, nel secondo libro il tradimento di lei e la delusione da parte del poeta e nell’ultimo libro troviamo un ritorno di fiamma che chiude il libro in una sorta di nota dolce - amara di una schiavitù d’amore ormai subita senza illusioni e senza speranza di felicità. ORLANDO INNAMORATO TRAMA Angelica giunge con il fratello alla corte di Carlo Magno in occasione di una giostra e sfida i cavalieri a un duello con il fratello (Argalia) offrendosi come premio al vincitore. Tutti i presenti innamorati di Angelica accettano la sfida. Argalia che possiede armi magiche vince molti cavalieri, ma viene ucciso da Ferraguto. Angelica allora fugge verso Oriente inseguita da Ranaldo e Orlando perdutamente innamorati di lei. I tre giungono separatamente presso due sorgenti magiche nelle Ardenne. Ranaldo beve alla fonte dell'odio che genera in lui profonda repulsione per la fanciulla, Angelica beve alla fonte dell'amore e s'innamora di Ranaldo. Dopo molte peripezie Angelica torna in patria, dove il padre l'ha promessa sposa ad Agricane, e per sfuggire alle nozze si rifugia nella fortezza di Albracà, dove Orlando giunge a difenderla. In duello Orlando uccide Agricane e pone termine alla contesa. Angelica, che è sempre in cerca di Ranaldo, torna in Occidente con Orlando. I due si incontrano Ranaldo e Angelica e bevono alle fonti magiche, ma scambiandosi le parti. Ranaldo ora innamorato di Angelica, che invece lo odia e fugge. Ranaldo intende quindi affrontare Orlando ma interviene il re Carlo che promette la fanciulla a chi dei due combatterà più valorosamente contro i saraceni. La vicenda si conclude con degli innamorati Bradamante e Ruggiero da cui nascerà la casata d’Este. IL 400 NAPOLETANO La figura che giunge al potere nel 400 napoletano è Alfonso D’Aragona, si trattava di un principe spagnolo che veniva dalla casata d’Aragona, ecco perché parliamo degli Aragonesi, il dominio Aragonese a Napoli dura dal 1442 quando Alfonso sale al potere fino ai primi del 500. ( nel 400 con gli Aragonesi veniamo una vasta produzione letteraria in latino ! ) Il luogo fisico che raccoglie attorno a se gli intellettuali della corte aragonese è l’accademia, che in un primo momento fu diretta da una figura intellettuale che si chiamava Antonio Beccadelli, detto il Panormita ( perché era di Palermo ) successivamente troviamo Giovanni Pontano a cui si dovette la nascita dell’accademia napoletana. L’opera più famosa di Pontano è il De Amore coniugali, si tratta di una raccolta di elegie dedicate alla moglie Adriana, dove all’interno troviamo dei testi poetici intitolati le Nenie, ovvero le ninnananne, le quali le dedica a suo figlio Lucio. JACOPO SANNAZZARO All’umanesimo Aragonse appartiene uno dei testi più famosi, della nostra letteratura italiana che è l’Arcadia di Jacopo Sannazzaro scritta in volgare, essa è un prosimetro, ovvero è caratterizzato dall’alternarsi di prosa e versi, all’inizio troviamo la narrazione della vicenda scritta in prosa e poi ci sono dei componimenti poetici di carattere pastorale, dette “ Eclogle “. Cos’è l’Arcadia ? L’Arcadia è una regione storicamente esistita, si tratta di una regione dell’antica Grecia, che fa parte del Peloponneso e l’Arcadia era una terra molto povera, montuosa, caratterizzata soprattutto dalla pastorizia dal punto di vista economico. Però succede che questa terra soprattutto con Virgilio nelle bucoliche, viene trasfigurata artisticamente divenendo la patria del canto, divenendo quindi il luogo in cui i pastori, i poeti trovano diletto durante il loro lavoro nel canto, nel cantare i propri amore, ma anche nel gareggiare tra loro sfidandosi in gare di poesia. TRAMA DELL’ARCADIA Nell’Arcadia arriva un pastore di nome “ Azio Sincero “ il quale era lo pseudonimo che Jacopo Sannazzaro aveva all’interno dell’Accademia di Pontano. Quindi questo pastore, si trasferisce in Arcadia e qui vive insieme ai pastori dove si lascia coinvolgere nelle loro gare di canto, sperando di trovare conforto alle proprie pene d’amore ( lui visse l’inquietudine di un amore infelice, perchè lui era innamorato di una giovane ninfa ma il suo amore non era ricambiato ). Ad un certo punto della narrazione Sincero ha un incubo, in questo incubo vede un Arangio spezzato, alcuni studiosi identificano questo Arangio spezzato o come un presagio ( previsione ) di morte della donna amata o come un valore politico poichè nella forma arcaica la parola Arangio richiama --> Aragone cioè il sogno dell’ Arangio spezzato porterebbe essere un sogno della crisi e della prossima caduta della dinastia Aragonese. Colpito da questo sogno si sveglia e uscendo incontra una ninfa, la quale lo conduce in una caverna sotterranea dove troviamo l’origine di tutti i fiumi della terra, lui segue il fiume Sebeto e si ritrova a Napoli dove viene a sapere dell’improvvisa morte dell’amata. L’opera si chiude con il doloroso sfogo del protagonista col suo congedo dalla zampogna pastorale. ( la donna di cui si sta parlando è la moglie di Pontano ) ( Jacopo Sannazzaro fu molto legato a Federico d’Aragona ) IL 500 Il 500 fu un secolo ricchissimo sul piano della produzione letteraria e artistica, parliamo quindi di una cultura fondamentalmente laica che ebbe nelle corti i suoi principali centri di produzione. Dobbiamo distinguere 2 momenti differenti del 500: ⁃ il Rinascimento ⁃ il Manierismo A contraddistinguere questo secolo è il classicismo, ossia la tensione verso l'equilibrio e la perfezione formale, cercando di adattare i modelli classici al tempo, e la tendenza a fissare codici / regole di comportamento letterario secondo le leggi aristoteliche per conseguire l'eccellenza in poesia. Di qui il principio dell'imitazione. Il primo periodo, quello del Rinascimento, è caratterizzato dall'umanesimo, che proponeva l'antropocentrismo: dove il cardine di tutte le cose non è più Dio ma è l'uomo, pieno di potenzialità e padrone della propria esistenza. Ciò non esclude però che ci sia chi mette a nudo, anche se con tono ironico, la natura imperfetta dell'uomo come Ariosto, o chi ricava esempi per l'agire politico come Machiavelli. Tra i grandi del Rinascimento troviamo: • Ariosto con "Orando Furioso” che trasformò la materia cavalleresca, che era genere di largo consumo negli ambienti cortigiani e popolari, in una sorta di racconto fantastico nel quale viene catapultato l'uomo, la sua natura e i suoi comportamenti • Nicolò Machiavelli con il “Principe” che diede avvio alla trattatistica della politica moderna, traendo esempio dalla storia e dalle circostanze del presente con il metodo dell'induttività, proponendo un modello di governo per lo stato. • Francesco Guicciardini il quale ha una visone sfiduciata della vita, in quanto viene influenzato dal famoso Sacco di Roma. Egli sostiene la validità del "particulare" ossia il tornaconto personale, i propri interessi, scopi o progetti che portano al benessere comune. Il secondo periodo, quello del Manierismo, è radicalmente differente dal Rinascimento. La Chiesa dopo il Concilio di Trento attua la Controriforma che si ostinava a controllare e indirizzare lo sviluppo della cultura con la crescente perdita di potere e autonomia degli intellettuali laici. L'intellettuale che, con le sue irrequietudini e attraverso temi meglio interpretò questa età fu Torquato Tasso con la “Gerusalemme liberata”, ricca di artifici che seguono i modelli ben precisi di un rigoroso schema dettato dalla Chiesa I capitoli 15-23 si concentrano finalmente soltanto sulla figura del principe e sono questi i capitoli che più hanno contribuito a fare di Machiavelli un personaggio scaltro e spregiudicato. Praticamente l’idea di fondo sta dietro alla massima con cui i posteri hanno interpretato il nostro autore, “il fine giustifica i mezzi”: cioè ogni mezzo è lecito per giungere al giusto fine che ci prefissiamo. Il principe ha come unico scopo quello di potenziare e migliorare sempre di più il suo principato e per raggiungere questo scopo non deve avere scrupoli, può essere crudele, può essere calcolatore con adulatori, amici o alleati, sempre bilanciando però cinismo e bontà, perché un principe cattivo ovviamente sarebbe presto fatto fuori. Sarà quindi un principe saggio, razionale e benevolo, capace di essere furbo come una volpe e forte come un leone. I capitoli 24 e 25 analizzano le colpe commesse dai principi italiani durante il periodo caotico delle guerre d’Italia (ancora in atto quando Machiavelli scrive) e si concentrano sulla trattazione del rapporto fra virtù e fortuna: sono pagine e tematiche bellissime che in realtà chiunque potrebbe prendere in considerazione. La fortuna è intesa al tempo di Machiavelli non come la intendiamo noi (in modo cioè positivo: “sono fortunato!”) ma come “il destino”, il corso degli eventi esterni contro cui un essere umano non può intervenire direttamente e che possono essere favorevoli o contrari ai nostri piani. Per riuscire ad affrontare i capricci della fortuna -Machiavelli scrive che la fortuna è donna, mutevole e incontrollabile e che quindi va affrontata con polso duro- l’uomo deve essere dotato di una virtù incrollabile, la base del suo essere e della sua persona, tutto ciò su cui fare affidamento. Infine il capitolo 26 è un’esortazione a Lorenzo De Medici per mettersi a capo degli Stati italiani e guidare il paese verso una nuova era, scacciando gli invasori stranieri, restituendo il paese ai regnanti. LA MANDRANGOLA La commedia racconta le vicende di Callimaco, il quale avendo sentito parlare della favolosa bellezza di una giovane donna fiorentina, Lucrezia, decide di volerla incontrare, dopo averla vista, ne resta folgorato e desidera ardentemente farla sua, nonostante la donna sia sposata con un avvocato molto più anziano di lei, Nicia. Callimaco chiede aiuto a Ligurio, consigliere di Nicia, affinché elabori un piano per fargli trascorrere una notte d'amore con Lucrezia. Ligurio sfrutta il desiderio di Nicia di avere un figlio e gli combina un incontro con Callimaco, travestito da medico, dove convince l'avvocato che il modo più sicuro perché la moglie resti incinta sia quello di farle bere una bevanda preparata con la mandragola, un'erba dalle capacità magiche, il farmaco però ha un effetto collaterale: provoca la morte del primo uomo che giacerà con la moglie dopo l'assunzione della bevanda. Qui interviene Ligurio che propone di far rapire un ragazzo di strada e di portarlo a letto con la moglie, cosicché sarà lui a morire e non Nicia. Il marito, seppur perplesso, acconsente. Adesso resta da convincere Lucrezia, per questo Callimaco e Ligurio chiedono l'aiuto di Fra' Timoteo, confessore personale della ragazza, il quale, dietro ricompensa, la persuade a giacere con il garzone. Lucrezia inizialmente è restìa, ma dopo l'intervento rassicurante della madre, accetta. Nicia, Ligurio e Timoteo rapiscono il ragazzo di strada -->Callimaco e lo portano a casa, nel letto di Lucrezia. La donna viene a sapere dell'inganno da Callimaco stesso, e accetta di diventare la sua amante in quanto ritiene che tutto sia accaduto per volere del cielo. FRANCESCO GUICCIARDINI Francesco Guicciardini nasce a Firenze il 6 marzo del 1483 da Piero e Simona, il padre di Francesco era stato un fedele sostenitore dei medici manifestando un’indole più incline agli studi letterari e filosofici che non alle pratiche di Stato, Francesco invece dimostra da subito una forte ambizione politica che lo induce a dedicarsi agli studi giuridici. Nel 1504 gli si offre l’occasione di intraprendere la carriera ecclesiastica e di ottenere il godimento dei benefici dello zio arcidiacono di Firenze e vescovo di Cortona morto nel febbraio di quell’anno. Ma queste sue mire di potere vengono inibite proprio dal padre, uomo di fermissimi principi religiosi che non intende avviare al sacerdozio un figlio senza vocazione, successivamente Francesco torna allo studio delle leggi per intraprendere poi con successo la carriera di avvocato e sposa Maria Salviati. Muore nel 1540 Quello che colpisce nel Guicciardini è il fatto che le sue opere siano in massima parte opere “segrete“ non destinate alla pubblicazione l’unica scritta per essere divulgata è infatti: la storia d’Italia ( Guicciardini sceglie di narrare la storia a partire dal 1494 fino al 1534 ) ma la più famosa è i ricordi I RICORDI Il titolo di quest'opera deriva dal modo in cui lo stesso Guicciardini chiama i propri "aforismi", ovvero dei pensieri brevi, le quali sono delle vere e proprie perle di saggezza. Il Guicciardini iniziò a scriverli a partire dall'anno 1512, rielaborandoli nuovamente anche in due nuove stesure che sono databile agli anni 1528 e 1530 e in quest’opera ci presenta 221 aforismi. La struttura è frammentaria e si rifà all'empirismo, secondo cui la realtà può essere vista e valutata secondo diversi punti di vista. In questi suoi aforismi Francesco Guicciardini effettua una riflessione molto triste della vita, poiché per lui non esiste una scienza politica precisa e questo lo mette in evidenza anche nella sua opera. Nei “Ricordi” egli tende a precisare come gli uomini tendano ad agire in modo sempre identico, però nella realtà il contesto in cui operano è sempre mutevole e contraddittorio. Ci sono inoltre dei principali temi presenti nei ricordi come: • Discrezione e ingratitudine: l'uomo non può dare dei consigli sull'agire che siano validi a livello universale, in quanto non è in grado di dominare gli eventi che accadono. • Le ambizioni umane: doveil Guicciardini fa una bella e lunga riflessione secondo cui gli uomini in vita fanno di tutto per raggiungere la gloria e gli onori. • La fortuna: un sovrano salirebbe al potere solo ed esclusivamente per la fortuna avuta. • La corruzione del clero: Il Guicciardini critica il comportamento immorale del clero cattolico, egli sostiene dunque che la Chiesa dovrebbe recuperare i vecchi valori tipici del cristianesimo, che sembra avere smarrito. • Le relazioni sociali: l'uomo deve sapersi porre nell'ambito dei suoi rapporti di natura politico- sociale, adoperando talvolta l’astuzia e la menzogna. • L'essere e l'apparire: la famiglia deve saper dare una buona educazione ai propri figli TORQUATO TASSO Torquato Tasso nasce l’11 marzo 1544 a Sorrento da Bernardo e Porzia De Rossi, a 10 anni abbandonò la città, la madre e la sorella per raggiungere a Roma il padre Bernardo, dove vagarono per anni fra Urbino, Venezia, Padova, Bologna e Mantova, prima di stabilirsi a Ferrara. Stabilitosi a Ferrara nel 1565, Torquato dapprima entrò al servizio del cardinale Luigi d’Este e successivamente fu assunto come cortigiano dal duca Alfonso II. Nonostante la morte del padre, nel 1569, Torquato presentò la favola pastorale Aminta (1573) e completò il poema epico Goffredo (1575), in preda a scrupoli religiosi ed estetici, Tasso sottopose il Goffredo al giudizio di letterati e teologi e giunse ad autoaccusarsi di eresia presso l’Inquisizione di Ferrara (che lo assolse). Sempre più affetto dall’«umor malinconico» e da manie di persecuzione, arrivò ad aggredire un servo credendosi spiato; e a questo punto il duca lo fece imprigionare nel convento di San Francesco, da dove Tasso fuggì nel 1577. Dopo aver peregrinato tornò improvvisamente a Ferrara nel 1579 in occasione delle nozze del duca Alfonso ma per aver inveito contro il duca fu internato come «furioso» nell’ospedale di Sant’Anna, dove rimase fino al 1586, componendo molte rime, Dialoghi e alcuni scritti in difesa del Goffredo, ripubblicato a Ferrara nel 1581 con il nuovo titolo “Gerusalemme liberata”. Liberato infine per intercessione del duca Vincenzo Gonzaga di Mantova, si trasferì nella città riprendendo la tragedia e portandola a termine con il nuovo titolo di “Re Torrismondo”. Infine Papa Clemente VIII gli concesse una pensione e gli promise l’incoronazione poetica, tuttavia Tasso non fece in tempo a ottenerla: poiché si ammalò gravemente e morì il 25 aprile del 1595. L’AMINTA Si tratta di una favola / commedia pastorale suddivisa in un prologo e 5 atti, composta nel 1573. › La trama Aminta ama Silvia, che rifiuta l'amore, anche quando il giovane pastore la salva dal tentativo di violenza da parte di un satiro, la ninfa non gli dimostra alcuna riconoscenza. Quando però Silvia viene creduta morta durante una battuta di caccia, Aminta per la disperazione si getta in un dirupo; all'amaro pentimento della fanciulla fa seguito il ritrovamento del giovane, rimasto miracolosamente illeso. › I significati Tasso tentò di elevare la favola pastorale alla dignità della tragedia, introducendo in particolare il problema del libero arbitrio e il rapporto natura-civiltà. I protagonisti vivono un amore sfasato: Aminta infatti ama Silvia, che non lo ricambia; il libero arbitrio deve misurarsi con le leggi dell'amore nei due protagonisti, che vivono ciascuno un diverso ma parallelo processo di formazione, dall'adolescenza all'età adulta, confrontandosi anche con l'esperienza della morte e giungendo faticosamente ad annullare la parte negativa di se stessi: Aminta il desiderio sessuale fine a se stesso e Silvia il pudore asociale e contro natura. Se in un primo momento l’amore e la libertà appaiono in netta antitesi rispetto all'onore e alla legge, il percorso di formazione compiuto dai due protagonisti mostra come in realtà questi elementi siano tra loro in rapporto dialettico: solo misurandosi con la legge morale, la libertà dell'individuo può creare relazioni interpersonali autentiche, superando l’egoismo.
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