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Il rafforzamento del potere monarchico nel secondo Cinquecento, Sintesi del corso di Storia Moderna

Sintesi lezioni di Storia Moderna

Tipologia: Sintesi del corso

2016/2017

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Scarica Il rafforzamento del potere monarchico nel secondo Cinquecento e più Sintesi del corso in PDF di Storia Moderna solo su Docsity! Il rafforzamento monarchico nel secondo Cinquecento Il Cinquecento fu un secolo caratterizzato da forti contraddizioni in cui l'Europa attraversò un lungo periodo di tensioni religiose e politiche. Nella seconda metà del XVI secolo l'azione politica, l'economia e la vita degli Stati si scontrarono infatti con l'azione della Controriforma che intendeva difendere la cristianità dal pericolo eretico e riportare l'unità religiosa, soprattutto dal momento che la minaccia era su due fronti: quella del protestantesimo nei Paesi Bassi e diffusasi in Europa e quella ottomana nel Mediterraneo. In Spagna a Carlo V era subentrato Filippo II d'Asburgo che aveva ereditato un vasto dominio costituito da: Castiglia, Aragona, le terre d'America, i Paesi Bassi e, in Italia, Sicilia, Milano e Napoli. Ciascuno di questi regni era governato dal sovrano in maniera esclusiva tuttavia ognuno manteneva le sue leggi e le sue istituzioni portando alcuni studiosi a vedere nella politica di Filippo il tentativo di ricondurre la frammentarietà di questi regni all'unità. La politica di Filippo ha generalmente diviso la storiografia in due filoni: i cattolici hanno considerato la politica del sovrano come una consapevole missione politica e religiosa, mentre la storiografia protestante ha interpretato la radicale repressione del dissenso religioso della politica del sovrano come parte di una politica oscurantista1. Nonostante i conflitti e la tensione religiosa con Filippo II, si inaugura in Spagna un periodo florido di eccellenze culturali e artistiche, la moda e i costumi spagnoli si diffonderanno infatti in tutte le principali corti europee2. Gli anni che vanno dall'inizio del governo di Filippo II fino alla prima metà del Seicento furono per la Spagna il periodo di maggior splendore culturale, ma anche di maggior prestigio politico e militare e per questo motivo,fu ribattezzato anche Siglo de Oro. Nonostante questo intenso fervore culturale, e l'imponente flusso di metalli preziosi che giungeva dalle Americhe, sia l'agricoltura, che la manifattura e i commerci Spagnoli non ebbero un evoluzione in senso moderno e dal punto di vista economico la situazione non fu altrettanto florida. Ciò era dovuto innanzitutto alla cattiva gestione e alla “politica di ferro” inaugurata da Filippo II; una politica che lo vedeva impegnato in continui conflitti e guerre e che dirotterà la maggior parte delle entrate in spese militari continuando a indebitare il sovrano con i banchieri italiani e tedeschi3. Il regno di Filippo II, sarà un regno governato dal principio del dovere e dalle norme della morale cristiana, i conflitti furono combattuti sotto le Leggi della religione, essendo infatti uno dei principali obiettivi del sovrano quello di riportare l'unità religiosa all'interno dei domini dell'Impero. Le istituzioni su cui si fondava il suo governo erano i numerosi Consigli, tanti quanti le ripartizioni del 1Cfr. Antonio Desideri, G. Codovini, Storia e Storiografia PLUS. Per la storia del terzo millennio. 1B, Cit., p. 312 2 Nel Siglo de Oro si collocano la nascita del romanzo e della novella picaresca, capolavori come il Don Chisciotte di Miguel de Cervantes e, per il teatro, talenti come Lope de Vega e Calderòn de la Barca. 3Filippo II ricorse spesso a prelievi fiscali straordinari, soprattutto nelle Fiandre, fino a dover dichiarare bancarotta nel 1557, nel 1575 e nuovamente nel 1596. in. A. Desideri, G. Codovini, Storia e Storiografia PLUS. Per la storia del terzo millennio. 1B, Cit., p. 312 suo regno e i principali problemi di governo; dunque accanto ai Consigli di Aragona, delle Indie, dei Paesi Bassi e d'Italia ci furono i Consigli di Guerra, Finanza, e quelli delle Crociate e dell'Inquisizione, su cui si era costruita la Spagna dei Re Cattolici. Al vertice di questi organi consultivi stava però il Consiglio di Stato in cui era rappresentata la grande nobiltà spagnola che, senza esclusione di colpi, cercava di inserire propri sostenitori nell'attività di amministrazione ed era divisa in due fazioni principali: la prima era quella dei Mendoza, capeggiata da un nobile portoghese, il principe di Eboli e detta fazione degli “ebolisti”, aveva una visione della Spagna più aperta che teneva conto della varietà dei regni su cui Filippo II doveva governare, la seconda invece era quella del duca d'Alba, detta degli “albisti”, ed aveva una visione della Spagna arroccata in una posizione chiusa e difensiva delle caratteristiche tradizionali di vita sociale castigliane4. Il sovrano esercitò tuttavia il suo governo diversamente da suo padre: Carlo V viaggiò spesso tra i suoi domini e li amministrò anche attraverso i suoi rapporti personali di fedeltà, Filippo invece stabilì il centro del governo e la capitale a Madrid e, dopo il suo ritorno dalle Fiandre nel 1559, non lasciò più la Spagna amministrando il suo vasto regno attraverso un imponente e centralizzato apparato burocratico. La Chiesa stessa fu inclusa nel grande apparato burocratico statale di Filippo, il sovrano, che esercitava il diritto di prelazione (o “presentazione”) impose alle diocesi vescovi di propria nomina e l'Inquisizione Spagnola stessa dipendeva dal sovrano e non dal papa. L'amministrazione era svolta sempre per iscritto, in quanto il sovrano riteneva essere il modo più discreto e sicuro, difatti il suo sistema postale fu uno dei migliori in Europa: le lettere ci mettevano quattro giorni ad arrivare a Madrid da Lisbona, dieci da Bruxelles e quattordici da Milano5. La gran parte dell'attività di amministrazione di routine veniva però delegata ai funzionari più fidati che però duravano poco in carica poiché Filippo, riservando sempre una profonda diffidenza nei confronti dei propri ministri, era sempre più convinto di dover prendere da sé tutte le decisioni e valutava sempre personalmente ogni questione. Un tratto che lo distinse fu la sua prudenza, intesa secondo l'uso del tempo come saggezza, che gli faceva soppesare a lungo tutte le informazioni a disposizione prima di prendere una decisione. Questa prudenza talvolta però portava anche ad un'incapacità di distinguere rapidamente ciò che era importante da ciò che non lo era, e spesso accadeva che chi lo conosceva, come il cardinale Granvelle, lo considerasse un sovrano temporeggiatore perennemente indeciso6 . A proposito di questa estrema cautela nel prendere le decisioni, lo studioso Geoffrey Parker ha osservato che: “Filippo sembra esitante e incerto nei momenti di crisi solo perché su queste circostanze ci è pervenuta una gran quantità di documenti scritti dal sovrano stesso7. Come abbiamo detto, Filippo, consapevole di dover esercitare il suo 4Cfr. Adriano Prosperi, Storia moderna e contemporanea. Vol. I Dalla Peste nera alla guerra dei Trent'anni, Enaudi, Torino, 2000, cit. p. 393. 5Cfr. G. Woodward, Filippo II, il Mulino, Bologna, 2003, cit. p.20. 6Ivi, p.15. 7G. Parker, Un solo re, un solo impero. Filippo II di Spagna, Bologna, il Mulino, 1985 cit. p.245. Senza nulla togliere alla portata rivoluzionaria delle richieste presentate, la dichiarazione d'indipendenza olandese fu un atto politico che nacque da una comune esigenza delle province olandesi di difendere i loro antichi privilegi e l'autogoverno di matrice medioevale, piuttosto che un moto nato da una precisa volontà comune che perseguiva l'obbiettivo della costituzione dei Paesi Bassi come stato autonomo14. Dopo la risoluzione del conflitto protestante nei Paesi Bassi, il terzo ed ultimo fronte che impegnò Filippo fu quello con l'Inghilterra di Elisabetta I. Durante la seconda metà del Cinquecento, alla morte di Enrico VIII subentrò la figlia Maria Tudor, andata poi in sposa a Filippo II, con il quale ripristinò con forza il cattolicesimo in Inghilterra. L'intransigenza religiosa accomunò infatti i due sovrani cattolici, riportando in Inghilterra persecuzioni e roghi, i quali le guadagnarono il soprannome di “Sanguinaria” tra i protestanti. Ella tuttavia non diede a Filippo alcun figlio maschio e, quando morì, senza alcun erede diretto, ci fu una crisi dinastica15. I cattolici erano dalla parte della Regina di Scozia Maria Stuart, cugina di Enrico VIII e cattolica, ma il Parlamento votò che il trono andasse all'altra figlia di Enrico, avuta dal matrimonio con Anna Bolena, Elisabetta, il cui regno però, sarà sempre coinvolto nel contrasto con la Scozia. Elisabetta I era anglicana, e perciò, contestata dai cattolici, alcuni biografi la dipinsero come una sovrana “tiepida”, non particolarmente coinvolta nelle questioni religiose, Elisabetta infatti, non perseguitò mai ne i cattolici ne i puritani (i protestanti inglesi), tuttavia ribadì con fermezza il ruolo del sovrano quale capo supremo della Chiesa Anglicana con l'Atto di supremazia del 1559, e riformò la liturgia della Chiesa anglicana (Atto di uniformità, 1559) reintroducendo il Book of Common Prayer. La sovrana decise però di mantenere la struttura gerarchica della Chiesa cattolica (vescovi, arcivescovi etc.) ponendo così la Chiesa al servizio diretto dello Stato, ella giunse a questo compromesso (settlement) consapevole di quanto la liturgia cattolica fosse radicata nei fedeli e col fine, di contrastare così, le richieste di quella parte del puritanesimo più radicale che voleva invece una Chiesa di tipo presbiteriano, non gerarchica, e con le strutture del modello calvinista16. Sotto il regno di Elisabetta l'Inghilterra visse un periodo di intensa fioritura culturale in cui emersero talenti come quello di William Shakespeare e di Francis Bacon, e in cui fu inoltre riformato l'ordinamento scolastico, rendendo così accessibili a tutti, gratuitamente, le scuole di grammatica17. In campo economico il paese subì un'enorme trasformazione che vide l'Inghilterra come schiavi; [quando fa tutto ciò], non deve più esser considerato un principe, ma un tiranno”. Cfr. T2– La dichiarazione d'indipendenza olandese in A. Desideri, G. Codovini, Storia e Storiografia PLUS. Per la storia del terzo millennio. 1B, Cit., p. 326. 14Cfr. T2– La difesa dell'autogoverno in Olanda in A. Desideri, G. Codovini, Storia e Storiografia PLUS. Per la storia del terzo millennio. 1B, Cit., p. 340. 15Il sovrano considerava il matrimonio un obbligo dinastico e diplomatico, ma ebbe la sventura di doversi sposare quattro volte. Maria di Portogallo (1543-1545) morì nel dare alla luce don Carlos; Maria Tudor (1554-1558), con la quale visse diciassette mesi, morì senza dargli figli; Elisabetta di Valois (1560-1568) gli diede due figlie, ma l'improvvisa morte della regina e di don Carlos a distanza di dieci settimane l'uno dall'altra costrinse Filippo a risposarsi. Cfr. G. Woodward, Filippo II, il Mulino, Bologna, 2003, cit. p.16. 16 A. Desideri, G. Codovini, Storia e Storiografia PLUS. Per la storia del terzo millennio. 1B, Cit., p. 319. 17Le scuole superiori, formate da istituti privati, rimasero a pagamento. Ivi p. 321. diventare uno dei principali paesi esportatori di manufatti, in particolar modo la manifattura tessile inglese, che arrivò a competere con quella di paesi come l'Italia, che da tempo detenevano il primato in quel settore. In campo commerciale le compagnie inglesi, che godevano di privilegi e monopoli speciali concessi da Elisabetta, riuscirono ad affermarsi anche nel Mediterraneo, stringendo accordi con l'Impero ottomano e aprendo così la strada a nuovi mercati18. La regina Elisabetta tuttavia incoraggiò anche la pirateria, servendosi spesso, anche nel conflitto con la Spagna di Filippo II, dei corsari (dalla “patente di corsa” concessa dalla sovrana) a cui ella riservò anche titoli nobiliari: il famoso avventuriero Francis Drake fu premiato con il titolo di Sir, mentre Walter Raleigh, sostenendo che per indebolire la Spagna occorreva tagliarle le fonti di metalli preziosi attaccandola direttamente in America, convinse Elisabetta a finanziare le spedizioni sulle coste settentrionali del continente che portarono alla fondazione della colonia inglese della Virginia, così chiamata in onore della Regina Vergine19. La sovrana infatti prese la decisione di non sposarsi, cosa che contribuì ad alimentare l'immagine della “regine Vergine” ma che riapriva, ancora una volta, il problema della successione. Secondo la tradizione dinastica, in caso di mancanza di eredi maschi, si passava al parente più prossimo che, in questo caso, era come abbiamo visto, la cattolica Regina di Scozia Maria Stuart. Quando però nel 1567 scoppiò una rivolta protestante, Maria abdicò in favore del figlio Giacomo Stuart e si rifugiò presso la cugina e nemica Elisabetta, la quale però, la tenne imprigionata per quasi vent'anni, almeno fino al 1587 quando, scoperto il suo coinvolgimento in una congiura per il trono, la fece decapitare. Salì al trono di Scozia Giacomo Stuart che, essendo protestante, rappresentava per l'Inghilterra la garanzia di una successione stabile dal punto di vista religioso, ma, si scontrava inevitabilmente, con gli interessi della Spagna cattolica di Filippo. Dopo l'esecuzione di Maria per tradimento, altre cause contribuirono a rafforzare infatti le preoccupazioni del sovrano spagnolo: l'intensa politica di modernizzazione avviata in Inghilterra, la crescente rivalità commerciale della potenza inglese, ma soprattutto, l'appoggio di Elisabetta alla ribellione protestante nei Paesi Bassi, condussero Filippo a decidere di passare definitivamente all'offensiva. Egli infatti, nel maggio 1588, armò un'imponente flotta di 130 galeoni, oltre 2.400 cannoni e ben 30.000 uomini e che venne perciò ribattezzata “l'invincibile armata”. Nonostante le dimensioni notevoli della flotta, tuttavia, le navi inglesi si rivelarono più leggere, e quindi, più agili dei galeoni, riuscendo così ad evitare la battaglia “corpo a corpo”(strategia perseguita invece dalla flotta di Filippo II), e a prevalere sulla flotta spagnola20. La sconfitta dell'invincibile armata rappresentò il definitivo l'allontanarsi del sogno di 18La fondazione della Compagnia del Levante, che si occupava dei traffici con l'impero ottomano, costituì il segno e lo strumento del decollo dei commerci inglesi (per l'esportazione soprattutto di prodotti tessili) nel Mediterraneo e, la premessa quindi, dell'affermazione economica inglese dei secoli successivi. Cfr. T9- Le compagnie commerciali inglesi e i traffici mediterranei in A. Desideri, G. Codovini, Storia e Storiografia PLUS. Per la storia del terzo millennio. 1B, Cit., p. 326. 19Cfr. A. Prosperi, Storia moderna e contemporanea. Vol. I Dalla Peste nera alla guerra dei Trent'anni, Enaudi, Torino, 2000, cit. p. 411. 20La principale differenza tra la flotta inglese e quella spagnola non risiedette nella stazza dunque, ma nella diversa Filippo, quel sogno di un Europa Asburgica unita sotto il segno del cattolicesimo, e sancì invece, l'affermazione del protestantesimo, della supremazia navale inglese, e quindi, del successivo decollo commerciale dell'Inghilterra. Le tensioni religiose della seconda metà del Cinquecento giocarono un ruolo cruciale anche nel conflitto di Filippo II con la Francia, nella quale, le dottrine della Riforma nella versione calvinista, costituirono un fenomeno di vasta portata che investì tutta la società francese e che si affermò soprattutto, nella piccola borghesia e tra i ceti nobiliari. I protestanti francesi, gli ugonotti, costituivano un quinto della popolazione, una parte non trascurabile e che vantava tra i suoi esponenti nobiliari, le importanti famiglie dei Coligny e dei Borbone, i sovrani della Navarra, che dominavano il sud-ovest della Francia. In Francia la tensione aumentò ulteriormente alla morte di Enrico II, il quale lasciò il regno nelle mani del primogenito Francesco II. Il sovrano, sposato con la principessa cattolica Maria Stuart, subì l'influenza politica della potente famiglia dei Guisa (il duca di Guisa era infatti lo zio di Maria) a capo di quella fazione cattolica della nobiltà che si contrapponeva fortemente al fronte ugonotto dei Borbone e dei Coligny. Alla morte di Francesco subentrò il fratello Carlo IX ma. il potere, fu assunto di fatto. da sua madre Caterina de' Medici la quale, nel tentativo di sedare i conflitti ed evitare così, che una delle due fazioni si rafforzasse troppo, mitigò la legislazione sull'eresia concedendo con l'editto di Saint-Germain del 1562, la libertà di culto pubblico agli ugonotti, anche se al di fuori delle mura cittadine. Il provvedimento non mancò di suscitare la violenta opposizione della fazione cattolica che, sotto la guida del duca Francesco di Guisa, massacrò una folla di protestanti che si era riunita a Vassy. Nel 1570 ci fu la svolta finale che portò all'editto di Pacificazione di Saint-Germain con la quale gli ugonotti ottennero tutto ciò che chiedevano: libertà di coscienza e libertà di culto pubblico, oltre che nelle città dove l'avevano già esercitato, anche nelle fortezze di La Rochelle, La Charité, Cognac e Montauban21. L'ammiraglio di Coligny alla guida dei protestanti, divenuto membro del Consiglio di Stato, cercò allora di spingere Carlo IX ad una politica antispagnola, mentre la gran parte dei francesi rimaneva ostile alla politica di tolleranza religiosa e di privilegi intrapresa dalla Corona. Quando, nell'agosto 1572, per celebrare e sancire così la pacificazione, si celebrarono a Parigi le nozze della cattolica Margherita di Valois, sorella di Carlo IX, con l'ugonotto Enrico di Borbone, maturò invece, l'evento più drammatico di tutte le guerre di religione dell'epoca, ricordato come il massacro di San Bartolomeo. La strage si consumò infatti nella notte tra il 23 e 24 agosto a Parigi, quando, per la celebrazione delle nozze, giunsero in città molti esponenti della nobiltà ugonotta. L'occasione venne in realtà colta dal sovrano per eliminare manovrabilità e dotazione di artiglieria. Le navi inglesi erano più veloci e agili di quelle avversarie e disponevano di più cannoni e, di migliore qualità, rispetto a quelli spagnoli. Cfr. T15– I vantaggi della flotta inglese rispetto all'armada di Filippo II in A. Desideri, G. Codovini, Storia e Storiografia PLUS. Per la storia del terzo millennio. 1B, Cit., p. 326. 21Cfr. A. Prosperi, Storia moderna e contemporanea. Vol. I Dalla Peste nera alla guerra dei Trent'anni, Enaudi, Torino, 2000, cit. p. 374.
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