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Il rafforzamento del potere monarchico nel secondo cinquecento , Sintesi del corso di Storia Moderna

Corso di storia. Seconda metà 1500. rafforzamento potere monarchico

Tipologia: Sintesi del corso

2015/2016

Caricato il 24/05/2016

Cla.ncn
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Scarica Il rafforzamento del potere monarchico nel secondo cinquecento e più Sintesi del corso in PDF di Storia Moderna solo su Docsity! “Il rafforzamento del potere monarchico nel secondo Cinquecento” di Claudio Inconis È necessario non affrontare nessun argomento storico come se si trattasse di una cosa a sé stante, senza influssi precedenti e senza interferenze nel suo svolgimento, per evitare di rappresentare la vita umana come un’esperienza ovattata 1. Questo principio, valido universalmente, è ancora più importante da tenere a mente per affacciarci alla seconda metà del Cinquecento con la consapevolezza di trovarci in una fase storica piena di cambiamenti e spinte umane che stanno causando, o causeranno a breve, importanti trasformazioni a trecentosessanta gradi. In particolare, per analizzare al meglio l’evoluzione politica che si ebbe in quegli anni, - col rafforzamento del potere monarchico e le sue specificità nei tre regni capofila: Spagna, Inghilterra e Francia –, non possiamo tralasciare i cambiamenti economici-culturali e religiosi che affondano le loro radici nel periodo precedente. In particolare la “questione religiosa” rappresenta un nodo cruciale per comprendere pienamente quanto avviene in Europa, con i sovrani che erano fermamente convinti che “solo l’unità religiosa potesse garantire l’unità del corpo politico2” e per ottenere questa unità non esitano a scatenare cruente repressioni, come accaduto nell’agosto 1572 a Parigi, in quella che è passata alla storia come la Notte di San Bartolomeo in cui vennero sterminati almeno “Il rafforzamento del potere monarchico nel secondo Cinquecento” di Claudio Inconis 1 1 A. Desideri, G. Codovini, Storia e storiografia plus, D’Anna, Firenze, 2014 R. Ago, V. Vidotto, Storia Moderna, Editori Laterza, Roma-Bari, 2004 P. Villani, C. Petraccone, F. Gaeta, Corso di Storia 1, Principato, Milano, 1997 R. Bizzocchi, L’idea di età moderna, da Storia moderna, Manuali Donzelli, Roma, 1998. (pp. 3-21) 2 R. Ago, V. Vidotto, Storia Moderna, Editori Laterza, Roma-Bari, 2004 (pp. 61) duemila ugonotti francesi3 nella sola Parigi, ma il conto totale supera i diecimila ad opera dei cristiani. Ma le tensioni religiose assestavano violente scosse un po’ ovunque, come conferma il caso spagnolo – che già all’indomani della scoperta dell’America aveva imposto l’espatrio agli ebrei – e in questi anni si concentra sui moriscos, ovvero gli ebrei e i musulmani che avevano scelto di convertirsi al cristianesimo4 ma ora venivano accusati di non avere limpieza de sangre5 peculiarità del vero cristiano, causando nuovi motivi di spaccature e divisioni interne6. A questo quadro, non possiamo dimenticare di aggiungere che nel corso del XVI secolo la geografia economica europea vive lo spostamento del baricentro dal mar Mediterraneo all’oceano Atlantico, uno spostamento ancora non definitivo ma già marcato che avrà pesanti ripercussioni sulla ridistribuzione della ricchezza nei territori europei e sui nuovi ceti che andranno rinforzandosi. Il re prudente e il sovrano come punto d’unione tra nazioni “Il rafforzamento del potere monarchico nel secondo Cinquecento” di Claudio Inconis 2 3 Si tratta dell’episodio più violento delle guerre di religione del secondo Cinquecento francese, consumato nella notte tra il 23 e 24 agosto del 1572 quando i protestanti si recarono a Parigi per festeggiare il matrimonio (che avrebbe dovuto pacificare le parti) tra la cattolica Margherita di Valois, sorella di Carlo IX, e l’ugonotto Enrico di Borbone, re di Navarra. Il matrimonio effettivamente fu celebrato, ma il re cattolico nella notte di San Bartolomeo diede ordine di chiudere le porte della città e uccidere tutti gli ugonotti, dando vita ad una follia che si propagò in tutta la nazione. Vedi in: A. Desideri, G. Codovini, Storia e storiografia plus, D’Anna, Firenze, 2014 (pp. 323) 4 Pratica che fu indotta, visto che era l’unica alternativa all’abbandonare la propria casa e ricostruirsi una vita altrove. 5 A. Desideri, G. Codovini, Storia e storiografia plus, D’Anna, Firenze, 2014 (pp. 314) 6 Il caso specifico dei moriscos, che erano circa 400 mila, si concluse con una dura repressione dal punto di vista economico che socio-culturale, con pesanti dazi sui prodotti e il divieto di utilizzare la lingua araba e gli abiti tradizionali. La tensione sfociò in una rivolta che durò tre anni e si concluse con la deportazione dei moriscos e l’espulsione definitiva nel primo decennio del Seicento. Vedi in: A. Desideri, G. Codovini, Storia e storiografia plus, D’Anna, Firenze, 2014, (pp. 314) precipitare degli eventi, dal momento che il sovrano lamentava un bisogno costante di denaro per finanziare la propria macchina di governo. Infatti oltre alle imposizioni “tridentine”, il sovrano inasprì la fiscalità a danno dei ceti medi e produttivi senza trovare un buon dialogo con l’aristocrazia locale, che al contrario si sentiva abbandonata da questo re, perennemente chiuso nel suo castello situato a quasi duemila chilometri di distanza. La difesa della cristianità venne perpetuata nei confronti dei musulmani con le battaglie marittime contro i turchi ottomani, che portarono anche alla vittoria di Lepanto del 1571, valendogli elogi: “Mantiene appresso inimicizia perpetua cogl’infedeli. Perseguita più altro principe gli eretici e fa profession d’essere il più pronto e certo difensore del papa e della sede apostolica14”, ma il suo “assolutismo monarchico15” fu il risultato di una politica impostata su binari che potevano andar bene per il governo del padre, ma non seguì l’evoluzione dei tempi. Nel saggio Civiltà e imperi del Mediterraneo nell’età di Filippo II16 Braudel esamina a fondo le ragioni di questo assolutismo, che per certi versi potremmo ribattezzare “castiglionismo”, visto che Filippo II elegge a sua residenza e fulcro di tutto l’impero il territorio castigliano, ma secondo lo storico francese lo fa senza alternative: “Gli stati dell’impero di Carlo V si erano rifiutati l’uno dopo l’altro, senza dire una parola, di alimentare e di pagare le spese della sua politica [di Filippo, ndr]. Tutti questi deficit finanziari facevano della Sicilia, di napoli, di Milano, poi degli stessi Paesi Bassi altrettanti luoghi di soggiorno impossibili per il sovrano […] Il ripiegamento di Filippo II non fu un necessario ripiegamento verso l’argento americano? Fu l’attrattiva dell’Europa, la necessità di sapere meglio e più presto ciò che accadeva nel grande alveare ronzante a trattenere il re al centro della penisola, in “Il rafforzamento del potere monarchico nel secondo Cinquecento” di Claudio Inconis 5 14 P. Tiepolo, Relazione di Spagna letta in Senato, in Le relazioni degli ambasciatori veneti al senato durante il secolo decimosesto, a cura di E. Albèri, Grazzini-Gianni, Firenze, 1861 (pp. 62-64) 15 A. Desideri, G. Codovini, Storia e storiografia plus, D’Anna, Firenze, 2014 16 F. Braudel, Civiltà e imperi del Mediterraneo ai tempi di Filippo II, Einaudi, Torino, 1953 quella tebaide17 di Castiglia dove, del resto, egli stava istintivamente volentieri?18”. “Il rafforzamento del potere monarchico nel secondo Cinquecento” di Claudio Inconis 6 17 Luogo desolato, deserto e isolato, nota nel testo. Vedi in: F. Braudel, Civiltà e imperi del Mediterraneo ai tempi di Filippo II, Einaudi, Torino, 1953, cit. in A. Desideri, G. Codovini, Storia e storiografia plus, D’Anna, Firenze, 2014 (pp. 337) 18 F. Braudel, Civiltà e imperi del Mediterraneo ai tempi di Filippo II, Einaudi, Torino, 1953, cit. in A. Desideri, G. Codovini, Storia e storiografia plus, D’Anna, Firenze, 2014 (pp. 337) La monarchia assoluta della regina vergine “L’Inghilterra dei Tudor ci mostra il passaggio da un regno feudale e da una società di lignaggio a una monarchia assoluta fondata su un rapporto dialettico con la società civile.19” I quarantacinque anni di regno di Elisabetta I20 rappresentano un momento cruciale nel processo di crescita del regno inglese e britannico, con la sua incoronazione decisamente direttamente dal Parlamento per risolvere il complesso problema della discendenza dinastica a Enrico VIII, cui succedette inizialmente (dal 1553 al 1558) Maria Tudor, altra figlia del sovrano. La disputa tra il ramo Tudor e quello Stuart non rappresentò una lotta politica per il potere, ma anche un aspro conflitto di stampo religioso tra anglicani e cattolici: Elisabetta, figlia di Enrico VIII e Anna Bolena era anglicana, mentre Maria Stuart, regina di Scozia e cugina di Enrico VIII era cattolica. Come detto, fu il Parlamento a risolvere l’impasse a favore di Elisabetta, ma questo non bastò a calmare gli animi, tanto che tutto il regno della regina fu segnato dai conflitti con la Scozia cattolica. L’Inghilterra elisabettiana rappresentò un modello di monarchia assoluta basata sullo stretto con la nuova società civile che si stava formando, ma prima di analizzare questa affermazione è bene cogliere le difficoltà che dovette affrontare. Anzitutto l’aspetto religioso è fondamentale per capire la sagacia strategica di Elisabetta I, che in una società multireligiosa come quella britannica seppe muoversi con cautela e intelligenza: “Per evitare contrasti civili e religiosi, la regina si propose quindi di rinnovare la chiesa anglicana, mantenendola sotto il controllo della Corona, in modo da consolidare il proprio contestato potere e avviare una politica assolutistica21”. “Il rafforzamento del potere monarchico nel secondo Cinquecento” di Claudio Inconis 7 19 M. Ambrosoli, L’Inghilterra di Tudor, in AAVV, La storia, I grandi problemi dal Medioevo all’età contemporanea, vol. V, t. 3, Garzanti, Milano, 1995 (pp. 116-119), cit. in A. Desideri, G. Codovini, Storia e storiografia plus, D’Anna, Firenze, 2014 20 Dal 1558 al 1603, vedi in: A. Desideri, G. Codovini, Storia e storiografia plus, D’Anna, Firenze, 2014 (pp. 318) 21 M. Ambrosoli, L’Inghilterra di Tudor, in AAVV, La storia, I grandi problemi dal Medioevo all’età contemporanea, vol. V, t. 3, Garzanti, Milano, 1995 (pp. 116-119), cit. in A. Desideri, G. Codovini, Storia e storiografia plus, D’Anna, Firenze, 2014 consenso: i lunghi anni di pace interna, l’aggregazione della gente comune in difesa della chiesa anglicana, cioè della corona stessa, contro gli attacchi esterni sostenuti dalla chiesa romana e in difesa dello status quo31” Lo “stato potente e accentrato32” come garante della convivenza pacifica Quello che accadde in Francia nel secondo Cinquecento, infine, fu un autentico percorso di ricerca anzitutto del potere politico e quindi degli strumenti per una convivenza pacifica tra le varie società presenti. Per quarant’anni “i conflitti religiosi tra cattolici e calvinisti si intrecciarono con i problemi dinastici della corona e i tentativi della nobiltà feudale, i cosiddetti “Grandi del Regno”, di levarsi contro l’assolutismo monarchico e conservare o allargare i propri privilegi33”. La situazione socio-politica iniziò la fase di crisi seguendo il momento di grave debolezza della monarchia in seguito alla morte di Enrico II (nel 1599) e la successione del figlio quindicenne Francesco II, o meglio della regina madre Caterina de’ Medici, che di fatto resse lo scettro dando spunto agli ugonotti – i protestanti francesi – per farsi avanti pubblicamente e richiedere i propri diritti. Si trattava di una richiesta sfacciata tanto nei contenuti quanto nei modi, che in risposta ottenne le ostilità dei casati nobiliari che guidavano la politica, ma la debolezza della corona non prese in pugno la situazione dettando la linea da seguire. L’assenza di una decisione inoppugnabile rese lo scontro tra le due parti sempre più aspro e le possibilità di mediazione34 “Il rafforzamento del potere monarchico nel secondo Cinquecento” di Claudio Inconis 10 31 M. Ambrosoli, L’Inghilterra di Tudor, in AAVV, La storia, I grandi problemi dal Medioevo all’età contemporanea, vol. V, t. 3, Garzanti, Milano, 1995 (pp. 116-119) 32 A. Desideri, G. Codovini, Storia e storiografia plus, D’Anna, Firenze, 2014 (pp. 324) 33 A. Desideri, G. Codovini, Storia e storiografia plus, D’Anna, Firenze, 2014 (pp. 322) 34 Per dovere di cronaca ricordiamo i “Colloqui di religione” proposti da Caterina de’ Medici come momento d’incontro e approfondimento tra cattolici e protestanti, ma l’iniziativa non ebbe successo. Le posizioni dottrinarie delle due fedi erano troppo distanti. Vedi in: R. Ago, V. Vidotto, Storia Moderna, Editori Laterza, Roma-Bari, 2004 (pp. 85) A. Desideri, G. Codovini, Storia e storiografia plus, D’Anna, Firenze, 2014 pressoché inutili. Addirittura, Caterina arrivò a concedere la libertà di culto agli ugonotti, “ma solo al di fuori delle grandi città35”, alienandosi così le residue simpatie dei cattolici e dando la spinta definitiva allo scoppio della rivolta armata, che per quasi quarant’anni (dal 1562 al 1598, quando venne firmato l’editto di Nantes) terrà la Francia prigioniera delle sue guerre di religione. In questi anni, la vita politica e culturale rifletterà seriamente sul ruolo del potere monarchico in un contesto simile, giungendo a importanti analisi sul ruolo del governo, che deve “consolidare lo Stato e non fondare una religione36”, come ebbe modo di dire il giurista e filosofo Jean Bodin. Nel dettaglio, gli intellettuali del Partito dei Politici, i politiques guidati da Michel de l’Hôpital, evidenziavano il pericolo che derivava dalla tendenza ad identificare lo Stato con una particolare confessione religiosa e, semmai, la necessità di uno Stato potente e accentrato che potesse garantire la coesistenza pacifica delle diverse confessioni37. Il dibattito, e le sue risposte da esso derivate, sono importanti nella storia dell’uomo perché ha in sé il germe dello Stato Assoluto38, ma anche perché vede l’uomo alle prese con dubbi di carattere morale e utilitaristici. Così se per Botero la “ragion di stato” è l’insieme degli atti necessari al sovrano per comandare nell’interesse dello Stato39, Bodin vede nella figura del sovrano l’impersonificazione “del potere assoluto e perpetuo che è proprio dello Stato”40. “Il rafforzamento del potere monarchico nel secondo Cinquecento” di Claudio Inconis 11 35 Si tratta dell’Editto di Saint-Germain del 1562. Vedi in: R. Ago, V. Vidotto, Storia Moderna, Editori Laterza, Roma-Bari, 2004 (pp. 85) 36 J. Bodin, cit. in A. Desideri, G. Codovini, Storia e storiografia plus, D’Anna, Firenze, 2014 (pp. 322) 37 A. Desideri, G. Codovini, Storia e storiografia plus, D’Anna, Firenze, 2014 (pp.322 e 324) 38 A. Desideri, G. Codovini, Storia e storiografia plus, D’Anna, Firenze, 2014 39 A. Desideri, G. Codovini, Storia e storiografia plus, D’Anna, Firenze, 2014 40 J. Bodin, I sei libri dello stato, vol. I, a cura di M. Isnardi Parente, Utet, Torino, 1964. (pp. 345, 352-354, 359) Ma attenzione, se è vero che per questi due intellettuali il sovrano è una persona che si deve ergere al di sopra di tutti gli altri41, è altrettanto vero che in questo periodo nascono anche controcorrenti di pensiero sulla resistenza al potere, che addirittura arrivarono a sostenere la bontà del “regicidio” nel caso in cui il sovrano in questione non fosse un buon governante. È il fenomeno della “monarcomachia”, che evidenzia una volta di più il doppio patto che deve esistere alla base dello Stato: il re deve rispettare le leggi di Dio e la volontà del popolo42. Se uno dei due vincoli non viene rispettato il popolo è autorizzato a rivoltarsi contro la sua guida. Nella Francia di fine Cinquecento questa ricchissima produzione doveva scontrarsi con i giochi di poteri tra le varie fazioni, che oltretutto avevano come spalle ideali gli altri stati europei come la Spagna, a difesa del cattolicesimo, e i principi tedeschi, schierati a protezione dei protestanti in un gioco di incastri che vide protagonisti il re Enrico III (succeduto il 1574 a Carlo IX), il capo dei cattolici Enrico di Guisa e quello degli ugonotti Enrico di Borbone. La curiosa omonimia tra i protagonisti principali fece si che la fase finale dello scontro passò alla storia come la “Guerra dei tre Enrichi”. Con lo scacchiere diplomatico internazionale in pieno fermento, l’esercito spagnolo premeva a favore di Enrico di Guisa, nel 1588 il re francese fece assassinare la guida dei nobili cattolici nella convinzione di eliminare l’avversario più temibile. In realtà, per quanto detto poc’anzi a proposito della monarcomachia, con questo ordine re Enrico si creò degli acerrimi nemici tra le fila dei cristiani, come testimonia il regicidio eseguito per mano di un frate domenicano l’anno seguente (1589). “Il rafforzamento del potere monarchico nel secondo Cinquecento” di Claudio Inconis 12 41 Anche al di sopra delle leggi visto che esse “[..] non dipendono che dalla sua volontà”. Vedi in: J. Bodin, I sei libri dello stato, vol. I, a cura di M. Isnardi Parente, Utet, Torino, 1964. (pp. 345, 352-354, 359) 42 Queste teorie hanno subito nel tempo interpretazioni di comodo, in alcuni casi vere e proprie manipolazioni che hanno voluto mettere in evidenza la giustificazione del tirannicidio. È il caso dello scritto di Etienne de La Boétie, intellettuale francese il cui scritto, inedito per la sopraggiunta morte dell’autore, venne strumentalizzato dagli ugonotti. Vedi in: A. Desideri, G. Codovini, Storia e storiografia plus, D’Anna, Firenze, 2014
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