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Winnicott: ruolo sostegno e oggetto transizionale nello sviluppo infantile, Sbobinature di Psicologia Clinica

Il documento illustra le teorie di Donald Winnicott sul ruolo delle prime cure materne, della vulnerabilità e del bisogno di aiuto, del sostegno e dell'oggetto transizionale nel sviluppo psicologico dell'infante. Vengono presentate le dinamiche universali di relazione e il modo in cui il lavoro di Winnicott si è affidato alla relazione terapeutica e alla gestione, o management, come strumenti per fornire una presenza corporea sensibile e ridurre le interferenze esterne. Vengono inoltre descritte le difficoltà che possono incontrare i bambini e le madri nel rapporto madre-figlio e il modo in cui l'assistente sociale può fornire supporto multidisciplinare.

Tipologia: Sbobinature

2019/2020

Caricato il 03/04/2022

CELESTE98SS
CELESTE98SS 🇮🇹

3.7

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Scarica Winnicott: ruolo sostegno e oggetto transizionale nello sviluppo infantile e più Sbobinature in PDF di Psicologia Clinica solo su Docsity! Il rapporto che aiuta-Winnicott La posizione di vulnerabilità legata al bisogno di ricevere aiuto da altri fa talmente paura che a volte i pazienti non si fidano facilmente e quindi non riescono a collaborare; di conseguenza gli operatori percepiscono questi pazienti come difficili e privi di motivazione. Le teorie di Winnicott mettono in luce l'importanza delle prime cure materne per dare al lattante la possibilità di cominciare a unificare i pezzi del proprio mondo interno ed esterno. → si è reso conto che le dinamiche universali di relazione si riverberano lungo tutta l'esistenza. CONCEZIONE TRADIZIONALE PSICOTERAPIA= secondo questa concezione il cambiamento strutturale avviene in primo luogo come conseguenza dell' insight, ottenuto grazie all'interpretazione dei conflitti intrapsichici e delle difese che emergono nel transfert verso il clinico. CONCEZIONE POST-CLASSICA PSICOTERAPIA= questa concezione, invece, sostiene che l'esperienza interiore attivata dalla relazione clinica di sostegno può anche essere trasformativa e strutturante. Parliamo allora di arresto evolutivo= ovvero un congelamento della situazione di carenza cui si accompagna l'ipotesi futura di una nuova esperienza in cui la situazione di carenza verrà sgelata e ri-vissuta dall'individuo in un ambiente in grado di offrire un adattamento adeguato. Connesso all’arresto evolutivo abbiamo la regressione alla dipendenza → è buona se ti fa crescere e stimola l'indipendenza → Winnicott vedeva in questo uno sforzo inconscio di tornare al vero Se è di riparare lacune nello sviluppo dell'Io.→ Il clinico si offre come nuovo oggetto e fa sperimentare di nuovo quei sentimenti di vulnerabilità e impotenza per poi esprimerli insieme verbalmente. Nell'ambito del lavoro clinico Winnicott applica l'approccio della riflessione in azione, che tende a stabilire le condizioni terapeutiche che favoriscono un dialogo riflessivo col cliente, prestando attenzione alla verità contenuta nella narrazione piuttosto che alla verità oggettiva o storica. Winnicott, nel lavoro con bambini e adulti, si affidava di più al potere curativo della relazione terapeutica piuttosto che all'interpretazione → la gestione, o management, è costituita dalla tranquillità, costanza, mancanza di intrusioni e un clima di accettazione in cui il ruolo del clinico è quello di fornire una presenza corporea sensibile. KLEIN= prendeva in considerazione la vita fantastica di neonati e bambini e parla di posizioni. WINNICOTT= si occupava dell'impatto che la situazione esterna ha sulla vita interiore e parla di capacità che possono essere acquisite nello sviluppo in modi diversi. Secondo Winnicott la madre è anche una madre-ambiente coi suoi difetti: non è perfetta ma sufficientemente buona. Inoltre voleva capire in che modo le persone riuscissero a raggiungere una differenziazione dal mondo esterno rimanendovi allo stesso tempo connesse. → questo si verifica nel cosiddetto spazio potenziale, all'interno del quale troviamo il lavoro clinico. Per spiegare il processo evolutivo usa la metafora del viaggio dalla dipendenza all'indipendenza: DIPENDENZA ASSOLUTA → DIPENDENZA RELATIVA → VERSO L’INDIPENDENZA AMBIENTE DI SOSTEGNO L'ambiente di sostegno è costituito da processi di cura che favoriscono la crescita e lo sviluppo, e sono: ● SOSTEGNO ● MANIPOLAZIONE ● PRESENTAZIONE DELL’OGGETTO Sostegno (integrazione): Durante l'infanzia il sostegno è la base psicosomatica per colui che diventerà in grado di percepire se stesso. Nell'infanzia si deve tenere conto della sensibilità tattile, visiva e uditiva del bimbo e inizialmente deve essere quasi perfetta. Nel servizio sociale il sostegno si identifica nell'ambiente che offre l'assistente sociale; Manipolazione (personalizzazione): avviene quando figure di accudimento rispondono ai bisogni fisici del bimbo. Winnicott definiva personalizzazione questa unificazione di psiche e soma. Nel servizio sociale la manipolazione fa riferimento all'organizzazione strutturale e quindi alla stabilità degli appuntamenti, la spiegazione chiara di eventuali assenze, e così via; Presentazione dell’oggetto (relazionalità oggettuale nel bambino): È la capacità interna di dare al bambino ciò che ha bisogno nel momento in cui ne ha bisogno. Inizialmente il bimbo non percepisce l'altro come altro con le sue caratteristiche personali, ma come vorrebbe che fosse (= oggetto soggettivo); dopo, con lo sviluppo, riesce a percepire l'altro oggettivamente (= oggetto oggettivo). Nel servizio sociale la presentazione dell'oggetto è il modo in cui l'assistente sociale presenta se stesso e il trattamento. Nel rapporto madre-bambino possiamo incappare in diverse difficoltà: ● Difficoltà del bimbo dovute ad aspetti temperamentali e di salute fisica; ● Difficoltà della madre dovute ad ostacoli interni o esterni allo sviluppo della preoccupazione materna primaria: - ostacoli esterni che possono essere dovuti per esempio a condizioni economiche di disagio o da una relazione problematica, ecc; - ostacoli interni che possono essere dovuti per esempio a danni cerebrali del bambino, alla sindrome alcolica fetale, ecc. Winnicott ha collegato il concetto di sostegno alla pratica del lavoro sociale→ per ridurre al minimo le interferenze esterne occorre fornire una situazione tranquilla, riservata e sicura. CASO SIGNOR T. PAGINA 7 DELLE FOTOCOPIE Il signor T. è un uomo di 54 anni senza fissa dimora, che entra in un centro di assistenza per Il sostegno non è un concetto statico: durante i diversi stadi dello sviluppo psicologico i bisogni cambiano, soprattutto nell'adolescenza CASO DI LYNETTE PAGINA 10 FOTOCOPIE Lynette ha 13 anni e viene inviata dalla assistente sociale dAlla scuola dopo che il suo rendimento era molto diminuito e lei aveva cominciato a lamentarsi di essere sola e di avere pochi amici. A scuola era sempre andata bene fino a quando i suoi genitori si erano separati. Era nervosa e triste e nelle prime sedute espresse solo rabbia e umiliazione per essere stata costretta a chiedere aiuto. Ogni sforzo di farla parlare era inutile, quindi l'assistente sociale prestò attenzione alle sue comunicazioni non verbali: notò che si portava dietro un pezzo di corda che attorcigliava tra le dita come se tentasse di dimostrare quanto si sentiva aggrovigliata. La madre riferì che la ragazza aveva cominciato a dirle quanto la faceva arrabbiare che lei si incontrasse con un altro uomo. L’'assistente sociale averrtì i genitori che non dovevano più cercare di farla parlare, invece dovevano passare più tempo con lei. L'assistente sociale apprese che il nonno materno era morto improvvisamente e che la madre era caduta in una profonda depressione. La ragazza percepiva il dolore irrisolto della madre e spendeva la maggior parte dei suoi risparmi per comprarele costosi regali quando la madre era abbattuta. Ora Lynette si è sentita incapace di chiedere aiuto per il proprio dolore, la propria rabbia e il proprio senso di abbandono. CASO DELLA SIGNORA E. PAGINA 11-12 FOTOCOPIE La signora E. attirò l'attenzione del personale di un reparto pediatrico quando fece ricoverare suo figlio di 15 mesi per una frattura a un braccio causata dai suoi maltrattamenti. Il bambino venne dato in affidamento temporaneo. nel frattempo la signora E. rimase nuovamente incinta, per cui un'equipe composta da medici, infermieri e assistenti sociali avviò un programma di intervento volto ad aiutarla a sviluppare un normale attaccamento con il bambino in arrivo. Gradualmente emerse la sua storia: lei era l'ultima di 4 figli non voluta, e poco dopo la sua nascita la madre fu costretta a tornare a lavorare e lei fu affidata alle cure di varie zie e dei fratelli. Il senso di smarrimento era evidente nella signora E. Durante le sedute con l'assistente sociale la signora raramente la guardava in viso e la mancanza di risposta ai suoi sforzi di stabilire un contatto diede all'assistente sociale l'inquietante sensazione di non esistere per lei così sentì esigenza di rinunciare all’impegno. Dopo due mesi di visite regolari la signora E. chiese all'assistente sociale “ quando inizierò a vedere qualcun altro?”, quindi l'assistente sociale si rese conto che la propria esigenza di interrompere il trattamento e il sentimento di distacco erano espressione di controtransfert. Dopo che l'assistente sociale rassicurò la signora che avrebbero continuato a lavorare insieme la signora E. per la prima volta la guardò in faccia. Con il figlio la signora era incapace di esprimere la propria gioia nel vederlo finché non era lui a segnalare la propria; se non c'era nessun segnale lei diventava rabbiosa e si scoraggiava sostenendo che al figlio non importasse nulla di lei. La signora E. cominciò ad arrivare tardi agli appuntamenti a saltarli e tutta l’equipe era molto preoccupata per lei e la sua gravidanza. L'equipe si occupò anche del padre del bambino che frequentava i corsi di preparazione al parto assieme alla signora e andava fiero delle proprie capacità acquisite. Quando nacque la bambina era attenta e vivace. Gli esperti notarono che la signora manteneva un atteggiamento distaccato e automatico ma con il supporto dell'equipe la signora è si comporta meglio del previsto. Le cose non andarono altrettanto bene con il figlio. Quando la piccola aveva 8 mesi la famiglia si trasferì e i membri dell'equipe si resero conto di aver stabilito dei forti legami. COMMENTO: in questo caso il sostegno aveva avuto carattere multidisciplinare e richiese una notevole dose di collaborazione tra professionisti diversi RELAZIONALITÀ DELL’IO Secondo Winnicott il viso della madre funge da specchio per l’emergente senso di sé del bambino. Nel rispecchiamento il bambino vede se stesso come lo vede la mamma. Tutto questo dà la capacità di gioire della solitudine, capacità che si acquisisce con ripetute esperienze precoci di essere solo in presenza della figura di accudimento; in questo modo il bambino può provare periodi di non integrazione senza provare ansia. Se il bimbo viene percepito come irreale o estraneo la figura materna non può rispecchiare le sue espressioni → il bimbo allora viene lasciato psicologicamente solo molto prima che esistano rappresentazioni interiori capaci di rendere tollerabile questa esperienza→ ciò può causare angosce primitive o intollerabili. Winnicott diceva che solo con l'esperienza di essere solo in presenza di un altro, il bimbo può scoprire l'unicità della propria vita personale. → ESPERIMENTO STILL FACE: in questo esperimento il bambino vede il viso della madre inespressivo e in silenzio, dopo un po' il viso del bambino si contorce di dolore e comincia a piangere in modo incontrollato. Successivamente la madre risponde e il bimbo torna alla precedente gioia interattiva. Invece di considerare i comportamenti autistici, aggressivi e autolesivi come effetti secondari del ritardo, i clinici li considerano secondari a gravi rotture nei legami e nella relazionalità dell'io. CASO DI M. PAGINA 15 FOTOCOPIE M. È una ragazza di 27 anni, sovrappeso e molto trascurata con un ritardo mentale e una psicosi che vive in una comunità terapeutica. M. provoca spesso il personale e gli altri residenti con comportamenti distruttivi: in preda ai sentimenti di repulsione, rabbia e paura il personale ricorre a tecniche restrittive di modificazione del comportamento come l'isolamento e la detenzione, che però peggiorano il disagio M. La direttrice della comunità è un’ assistente sociale e suggerisce che il suo comportamento possa essere una richiesta di rapporto più che un invito a combattere. L'assistente sociale rilevò che la reciprocità madre-bambino era danneggiata. I membri del personale allora iniziarono a vederla come partner di una relazione affettivamente sbilanciata. Ciò comportò una diminuzione delle restrizioni e l'eliminazione dei periodi di isolamento di M. Prestare attenzione all'igiene e alla cura personale era una priorità e anche una via per aiutare M., Infatti sembrava provare piacere di fronte alla nuova immagine di sé. Negli incontri, l'assistente sociale forniva ad M. un forte sostegno entusiastico, scandito da abbracci, carezze e altri rinforzi e apprezzamenti fisici. M. imparò a tollerare così periodi sempre più lunghi di contatto visivo e cominciò a rispecchiare le espressioni facciali dell' assistente sociale. M. iniziò ad acquisire maggior controllo sulla propria vita quotidiana e gradualmente l'assistente sociale diminuì gli incontri per favorire un attaccamento primario con il personale: la capacità di relazionalità dell'io si trasferì sugli altri, mentre l'assistente sociale assunse un ruolo di sostegno. Nel giro di due mesi i comportamenti distruttivi di M. diminuirono drasticamente. COMMENTO: qui l’a.s. credeva che i comportamenti disadattivi di M. fossero sforzi di entrare in contatto con il mondo esterno, poiché non aveva costruito solide rappresentazioni mentali di altri affettuosi. CASO SIGNORA C. PAGINA 16 FOTOCOPIE C. è una ragazza afroamericana di 29 anni, nubile, indirizzata al consultorio da un pediatra. C. aveva portato Tommy figlio di 2 anni per fargli curare una bruciatura al braccio che, secondo lei, il bimbo si era procurata trafficando intorno a una pentola di acqua bollente. Il pediatra notò invece che era stata fatta volontariamente. L’a.s. aveva il compito di di informare la donna che sarebbe iniziata una indagine sul maltrattamento. La prima immagine di madre e figlio le suggerì un probabile disturbo nella loro relazione: il bimbo era sdraiato con aria indifferente sul letto e la mamma era seduta nell’angolo più lontano intenta a limarsi le unghie. Nel tentativo di sostenere le sue capacità materna, l’a.s. disse che era felice che avesse portato Tommy. La donna rispose seccamente e con irritazione che era abituata a fare le cose da sola. La donna aveva uno sguardo ostile e quando l’a.s. le disse che doveva preparare un rapporto di sospetto maltrattamento, rimase in silenzio. L’a.s. la chiamava ogni giorno esprimendo la propria preoccupazione per l’indifferenza della signora C. La donna rispose che durante il giorno dormiva molto e che qualche anno prima era stata ricoverata per depressione; l’a.s. allora le propose una visita dallo psichiatra e lei accettò anche se riluttante. Chiese all’a.s. di accompagnarla e questo fu un passo significativo nella loro relazione. Qui possiamo notare un modo empatico di affrontare la situazione: l’a.s. è in contatto con Alex ha 12 anni e ha problemi di sonno. Riusciva ad addormentarsi solo se gli si consentiva di stare sul pavimento della stanza dei genitori oppure se uno dei due si coricava con lui nella sua stanza. Quando Alex era molto piccolo il padre non sopportava sentirlo piangere dunque quando succedeva il padre correva consolarlo. Alex non aveva mai sviluppato un attaccamento verso l'oggetto tradizionale. All'età di 4 anni il bambino faceva dei sogni spaventosi e quindi il padre cominciò a dormire con lui. Il clinico pensava che l'eccessiva disponibilità del padre avesse interferito con la capacità di Alex di confortarsi da solo con oggetti e fenomeni transizionali. Quindi Alex doveva ricorrere all'oggetto umano letterale per trovare conforto e sicurezza. COMMENTO: Winnicott ritiene che la relazionalità transizionale rimanga attiva nell'intero ciclo vitale. Se il bimbo dorme sempre col genitore non ha neanche la necessità di cercare un oggetto simbolico. 3. CASO SIGNOR W. PAGINA 22 FOTOCOPIE PREMESSA: spesso la relazionalità transizionale costituisce la dinamica primaria per le persone anziane che hanno subito perdite personali. CASO: Il signor W. è un 85enne vedovo che ha forti dolori addominali e difficoltà ad alimentarsi ma rifiutava il ricovero in ospedale. Quando l'assistente sociale lo chiamò per chiedergli se poteva andare a trovarlo il signor W. attaccò il telefono. Alla fine il figlio del signor W. fissò un appuntamento contro la voglia del padre per una visita domiciliare. Il Signore appariva turbato, debole e respirava a fatica. Viveva nella sua casa da 50 anni e aveva insistito per rimanervi anche dopo la morte della moglie avvenuta dieci anni prima. I figli gli offrivano ospitalità ma lui la rifiutava non volendo lasciare il suo giardino e l'amato cane. L'assistente sociale notò questo forte legame con il cane e il giardino poiché rappresentavano per il signor W. un collegamento con la moglie. L'assistente sociale riuscì a creare delle condizioni per mantenere il senso di continuità ambientale, pur ricevendo le adeguate cure mediche; infatti convinse il direttore sanitario ad ammettere anche il cane e i figli accettarono di prendersi cura del giardino del padre e l'assistente sociale lo aiutò a scegliere delle piantine da portarsi in ospedale. Il signor W. però attribuì al cane il merito della sua guarigione. COMMENTO: L'uomo si sente compreso e non sgridato. questo progetto di intervento permise a signor W. di difendersi contro l'angoscia di abbandonare il proprio ambiente familiare. 4. CASO SIGNORINA P. PAGINA 23 FOTOCOPIE PREMESSA: A volte certi attaccamenti non hanno un vero carattere transizionale, ma agiscono come oggetti sostitutivi. CASO: Il cane di P., ragazza diciannovenne, era stato ucciso da un'automobile e per questo lei pensava al suicidio. Disse all'assistente sociale che solo il cane capiva davvero i suoi sentimenti, nonostante avesse un fidanzato e molti amici. Durante la seduta la ragazza raccontò una storia piena di relazioni caotiche: il padre era alcolista e aveva abbandonato la famiglia quando lei era molto piccola, la madre aveva vissuto con diversi uomini che maltrattavano lei e i suoi fratelli e per questo se ne andò di casa a 16 anni andando a vivere con un uomo molto più grande di lei. Ora vive con l'attuale fidanzato. La ragazza espresse il desiderio di andare al canile e farsi dare un altro cane; l'assistente sociale incoraggiò questo progetto perché credeva che la ragazza non avesse la capacità di tollerare l'angoscia. → Infatti non possiamo dire alle persone di fare qualcosa che sappiamo non saranno in grado di fare. COMMENTO: Il cane qui è un sostituto e non un simbolo della figura genitoriale mancante: il bisogno di sostituirlo subito fa capire che avesse uno scarso valore relazionale. RAPPORTO CON L’OGGETTO E USO DELL’OGGETTO RAPPORTO CON L’OGGETTO= Modalità soggettiva e proiettiva di esperienza in cui l'altro sembra essere sotto il controllo onnipotente del bambino; USO DELL’OGGETTO= è connesso alla crescente percezione dell'altro come persona separata e autonoma che sfugge al suo controllo onnipotente → è la capacità del bimbo di entrare in rapporto con gli altri in quanto persone esterne e utili come risorse evolutive. Per capire come avviene questa transizione dobbiamo esaminare il modo in cui Winnicott concepisce l'aggressività: AGGRESSIVITÀ ≠ DISTRUTTIVITÀ L'aggressività è l'elemento essenziale delle relazioni umane e serve per stabilire un senso di se vivo è reale. Si manifesta quando il bimbo compie un gesto impulsivo e spontaneo e incontra una benevola opposizione. Parens descrive 4 tendenze evolutive nell'aggressività: 1. distruttività non affettiva → associata all'attività infantile di suzione e masticazione; 2. autoaffermazione non distruttiva → originata dalla pulsione esplorativa; 3. distruttività ostile → che si manifesta nelle reazioni di rabbia; 4. distruttività legata al piacere → che si esprime nel fare dispetti, ecc. ASSERTIVITÀ ≠ AGGRESSIVITÀ L'assertività significa affermare se stessi. abbiamo due fasi dello sviluppo dell'aggressività: 1. prima fase= periodo di spietatezza che precede l'emergere della capacità di preoccupazione (posizione schizoparanoide nella Klein). → qui il bimbo non ha integrato le rappresentazioni mentali buone e cattive e quindi non è in grado di riconoscere che la persona che distrugge quando è eccitato è la stessa che per lui è fondamentale nei momenti di calma → è attraverso la distruzione fantastica dell'oggetto e la sua sopravvivenza senza ritorsioni che il bambino diventa capace di integrare queste rappresentazioni scisse; 2. seconda fase= stadio della capacità di preoccuparsi ( posizione depressiva nella Klein) → qui il bimbo inizia a vedere la madre come persona separata e comincia a preoccuparsi delle conseguenze della propria esperienza istintuale. Si rende conto che la madre oggetto è uguale alla madre ambiente, e così vuole proteggerla dalla propria aggressività. Inizia a provare angoscia e senso di colpa per gli impulsi distruttivi di rabbia e frustrazione; poi l'angoscia diventa elaborabile quando il bimbo sente di poter contribuire con la madre e sviluppa così la fiducia che ci saranno opportunità di riparazione → seguiranno periodi di riavvicinamento → questa è una sequenza che prende il nome di circolo benigno= esperienza ripetuta di aggressione-sopravvivenza- riparazione. Con lo sviluppo della capacità di preoccuparsi il bambino comincia ad essere capace di empatia è interesse nei confronti degli altri. Nel rapporto e nell'uso dell'oggetto possiamo riscontrare un blocco in cui si sta in relazione con gli altri come oggetti soggettivi. Il permanere della scissione rafforza i sentimenti di dipendenza anziché diminuirli, perché l'angoscia dell' oggetto persecutorio ci fa sentire il bisogno di essere rincuorati dalla presenza di un oggetto ideale. Senza oggetti e fenomeni transizionali è difficile per il bambino tollerare l'angoscia di separazione ed evitare la scissione, questo perché l'assenza dell'oggetto diventa persecutorio. L'angoscia di separazione può essere connessa a disturbi della relazione con la madre, e a riguardo abbiamo, per esempio: - iperprotezione e un atteggiamento espulsivo- abbandonico della madre; - risposte punitive e maltrattamenti da parte della madre; - uso del figlio come simbolo o autoconsolazione. Quando la madre mette in atto rappresaglie o usa il bambino come bersaglio dei propri affetti, il circolo benigno può diventare maligno e contaminare la capacità di empatia. Il cliente che non ha attraversato con successo la transizione continua a vedere gli altri in termini soggettivi. Per difendersi dalla disillusione spesso usano il diniego, la proiezione e identificazione proiettiva, al fine di conservare l'oggetto soggettivo e opporsi alla realtà→ il terapeuta deve accettare la creatività dei clienti e il loro bisogno di distruggerlo. I segni del passaggio dal rapporto con l'oggetto all'uso dell'oggetto si colgono spesso nei sentimenti di controtransfert. ESEMPIO: CASO SIGNOR F. PAGINA 27 FOTOCOPIE Il signor F. è un operaio edile, inviato ai servizi sociali dal tribunale dopo essere stato denunciato per maltrattamenti sul figlio Robbie. Il bambino a volte andava a scuola pieno di lividi e contusioni. Il signor F. era indignato per questa interferenza nella sua vita, rivendicando il proprio diritto a disciplinare il figlio come il padre aveva fatto con lui. Osservando padre e figlio insieme era innegabile che condividessero un forte attaccamento, tuttavia, quando il piccolo cercava di abbracciare il padre, quest'ultimo aveva paura che il bambino crescesse come una femminuccia. Il signor F. telefonava all'ultimo momento per annullare gli appuntamenti e criticava costantemente l'assistente sociale chiamandola con nomi dispregiativi. L'assistente sociale non rispose mai al comportamento provocatorio del signor F. Lei sospettava che l'uomo la sminuisse nello stesso modo in cui si sentiva sminuito dall'idea di dover chiedere aiuto.
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