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Il Realismo. Da Courbet agli anni venti di A. Negri, Sintesi del corso di Storia dell'arte contemporanea

Capitolo I "Un'arte viva per un pubblico nuovo"

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019
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Scarica Il Realismo. Da Courbet agli anni venti di A. Negri e più Sintesi del corso in PDF di Storia dell'arte contemporanea solo su Docsity! REALISMO: DA COUBERT AGLI ANNI ‘20 DIFFICOLTA’ DI DEFINIZIONE Nella storia sono state realizzate diverse opere che possono essere indentificate come realiste. In comune hanno il volere di rappresentare in maniera verosimile la realtà . Il movimento realista che si sviluppa dalla seconda metà dell’‘800 aveva la particolarità di voler sconvolgere il pubblico borghese e perbenista. Esso fu la fonte da cui nacquero i realismi degli anni ’20 del ‘900 che non avevano inclinazioni metafisico-magiche 1855 Coubert scrive una dichiarazione d’intenti del Realismo, in occasione del Pavillon du Realisme. Già dopo il 1830 si era iniziato a sentire il termine ‘realismo’, ma solo dopo il 1855 si diffuse nel campo delll’arte. Roman Jakobson nel suo scritto Du Realisme Artistique, parlò della difficoltà di definire questo termine. Innanzitutto bisogna distinguere fra realismo proposto dall’artista e realismo percepito del pubblico: per quanto riguarda l’artista, bisogna riconoscere che il verosimile, evolve continuamente, anche alla luce del fatto che nelle varie epoche, uno stesso soggetto è stato rappresentato in modo diverso, a causa dei canoni artistici dominanti in una certa epoca; invece per quanto riguarda il pubblico e la critica, bisogna valutare la loro predisposizione a considerare l’opera come una sfida oppure come una rappresentazione fedele ai canoni in voga. Ne è un esempio la critica che ricevette La Libertà guida il popolo di Delacroix: la parte più conservatrice della critica lo accusò di andare contro natura e di non rappresentare la realtà dei fatti con la sua volontà di rendere tutto brutto, al contrario la parte repubblicana addirittura di riconoscere volti visti per strada durante al rivoluzione. Courbet stesso riconobbe la difficoltà di definire questo termine ed il letterato Champfleury arrivò a dire che i realisti erano sempre esistiti, che il termine era il più bello scherzo del secolo. Secondo il Nuovo dizionario universale del Petrocchi, il Realismo è una corrente artistica che vorrebbe considerare le cose nel puro aspetto materiale, ignorando quello ideale. Per dimostrare quanto il Realismo sia aperto a varie interpretazione, basta ricordare che Kandinsky lo definiva equivalente all’Astrattismo, poiché entrambe le correnti, in modi formali differenti, puntavano alla ‘verità’ in base ad una necessità interiore. Alla prima mostra del “Cavaliere Azzurro” due dipinti di Rousseau vennero esposti a confronto con la Composizione n.5 di Kandinsky. Un altro esempio risale al 1920, anno in cui Naum Gabo ed il fratello Antoine Pevsner pubblicano il Manifesto del Realismo definendo una percezione del tempo reale soltanto rimuovendo il colore e i volumi, affidandosi alle leggi fisiche-matematiche e giungendo al ‘movimento immobile’. Anche i Nouveaus Realistes (1960) si riconobbero nel realismo, cercando i far rivivere il Dadaismo attraverso la provocazione nei confronti della pubblicità e dei mass media. Il Realismo di tutti e tre i casi non deriva da correnti artistiche precedenti, ma si basa su osservazioni filosofiche sulla realtà. IL PROGRAMMA DI COURBET 1855 il Pavillon du Realisme ospita le opere di Courbet che l’Esposizione Universale come Lo studio del Pittore, I Lottatori, Un Funerale a Ornans. Secondo l’artista, tutte queste opere hanno il fine di rappresentare la realtà e un linguaggio fisico come l’arte non po' occuparsi di ciò che è invisibile. Nel catalogo di questa mostra privata, Courbet afferma che il titolo di Realista gli è stato imposto, ma i titoli non definisco mai la realtà delle cose, in caso contrario le opere non avrebbero senso di esistere. Lui si definisce un uomo, non solo un pittore, che vuole conoscere e rappresentare la sua epoca facendo appello ‘sapere per potere’. Questo sapere, inteso come linguaggio individuale, deriva dal dedicarsi allo studio della storia pittorica senza le imposizioni delle Accademie e delle classi dominanti. Quindi la conoscenza dell’intera tradizione è fonte per un’arte viva dell’epoca contemporanea. Aprendosi al mondo contemporaneo, va contro ‘l’arte per l’arte’, mentalità che non si confronta con il mondo esterno. Il filosofo Proudhon affermava che per il bene del progresso bisognasse rifiutare ogni forma di assolutismo, perché progresso significa movimento universale e quindi esclude ogni forma immutabile o eterna. L’Arte può essere uno strumento per questo progresso, a patto che non sia un’immobile idealizzazione. Per questo motivo il filosofo condanna l’arte Greca e ribadisce che l’arte debba partecipare al movimento della società. L’arte di Courbet si rivede in ciò, a partire dal fatto che, non essendo esposta al Salon, raggiunge un nuovo tipo di pubblico e ciò riesce a farlo, perché si apre alla sperimentazione. REALISMO E MANIERA REALISTA Ciò che infastidiva la borghesia e la critica che di essa si faceva portavoce, non era la scelta di soggetti bassi, bensì la loro rappresentazione in tele di grande formato, che fino a quel momento erano state dedicate alla pittura di storia. Inoltre l’arte di Courbet, a differenza per esempio da quella di Breton che di tanto in tanto sceglieva il tema sociale per le sue opere, era considerata pericolosa . I lottatori (1853) pag 13,14,15. Lo scopo principale di Courbet non sembra quello di rappresentare la realtà oggettivamente, ma di giocare con i suoi elementi, trasgredendo. La trasgressione viene raggiunta ribaltando le formule artistiche in uso all’epoca. Così facendo realizza un nuovo linguaggio che permette di raggiungere un nuovo pubblico. Il disegnatore satirico Nadar, realizzò una caricatura dell’opera, in cui l’ombra dei due lottatori usciva dal quadro, a ricordare la minacciosa possibilità che l’opera potesse eccitare il pubblico popolare ad una ribellione. Dopo il 1855 Courbet si allontana dalla rappresentazione dell’epoca contemporanea, dedicandosi a nature morte e paesaggi, avvicinandosi alla figura dell’artista libero, imprenditore di sé stesso, che non ha il fine di farsi portavoce ed insegnante di uno stile preciso. Il critico Edmond Duranty, all’indomani del Pavillon, scrisse che il realismo era l’opposto di una scuola, poiché esso attaccava le limitazioni di ogni altra scuola ed era indipendente da ciò che verrà. Però, ironia della sorte, nel 1956 si creò la scuola realista (es Breton), che poco aveva da spartire con le idee di Courbet e in cui la pittura era ritenuto uno strumento per rappresentare la realtà obbiettiva: con questa intenzione e l’impiego di convenzioni d’accademia, ritraevano la vita contemporanea a Parigi, svolgendo i temi del lavoro industriale e contadino, ponendo l’attenzione su eventi di grande risonanza sociale, come incidenti sul lavoro e disastri naturali. Intorno al 1870, gli artisti che si erano interessati alla conservazione delle tradizioni culturali e allo stesso tempo avevano rappresentato la vita moderna, con le sue gigantesche metropoli, giungono al Naturalismo: per esempio Breton, Manet e Caillebotte. BONHOMME’ si fa portavoce di un realismo basato sulla conoscenza scientifica: i suoi soggetti favoriti erano le industrie, in particolare quella metallurgiche che venivano studiati in loco . Voleva documentare con chiarezza didascalica procedimenti del lavoro moderno industriale, per lodare un sistema sociale in cui ogni elemento lavorava per uno scopo comune. Nel 1848 realizzò dei cicli basati sui ‘soldati dell’industria’ e ottenne un riconoscimento dal governo, che lo incaricò di documentare i fatti della rivoluzione di febbraio e anche sotto il Secondo Impero, nonostante fosse repubblicano, gli venne commissionati numerosi lavori ritraenti la storia industriale. Forgiatura al maglio di un albero motore a Indret (1864) pag 20,21,22 Nell’Histoire del’Imagerie populaire, Champfleury aveva scritto che il Realismo si sarebbe dovuto sviluppare anche in grandi opere murali si edifici pubblici, in modo tale che l’artista fosse un agente attivo nel progressoe e della morale sociale. Erano della stessa idea Courbet e Manet, ma la loro pittura non era considerata seria e monumentale, per questo motivo non vennero mai realizzate nel concreto. Invece Bonhommè, con la sua maniera meno problematica e più didattica, fu il primo pittore del XIX a svolgere murali con temi di vita contemporanea, come il ciclo per l’Ecole des Mines, ad oggi distrutto. Tra il 1881 e il 1883 GERVEX e BLANCHON svolgono dei murali con un simile scopo, per la sala dei matrimoni del municipio (pag 24,25) , lostesso fa Lhermitte per pannelli della Sorbona. I loro murales avevano un linguaggio che si rivolgeva ad ogni strato sociale, perché trattavano temi contemporanei, ma con uno stile pittorico alto. Invece il realismo di Courbet si rivolgeva solo agli strati più bassi. Il verismo sociale di Courbet e la delicatezza di Millet portarono alla creazione, nel 1868, del Realismo Belga, un anticonformismo artistico, di cui faceva parte MEUNIER e FREDERIC. Gli artisti di questa corrente sostenevano che l’arte del tempo dovesse tornare all’uomo e alla natura, rappresentare con amore e onestà ciò che si vede. Questa visione venia vista dalla critica conformista come una celebrazione del brutto e del lercio, che cancellava l’anima. Meunier rappresentava temi di vita quotidiana attraverso l’epicità Minatori all’imbocco del pozzo pag 27 e molti teorici del socialismo videro nelle sue opere una denuncia del sistema industriale, ottimo strumento
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