Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

IL REGIME DELLE ECCEZIONI NEL PROCESSO CIVILE E IL PROCEDIMENTO DAVANTI AL GIUDICE DI PACE: (appunti lezione registrata e trascritte), Appunti di Diritto Processuale Civile

IL REGIME DELLE ECCEZIONI NEL PROCESSO CIVILE E IL PROCEDIMENTO DAVANTI AL GIUDICE DI PACE (appunti lezione registrata e trascritte)

Tipologia: Appunti

2019/2020

In vendita dal 05/07/2020

msa
msa 🇮🇹

4.4

(169)

1.3K documenti

1 / 12

Toggle sidebar

Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica IL REGIME DELLE ECCEZIONI NEL PROCESSO CIVILE E IL PROCEDIMENTO DAVANTI AL GIUDICE DI PACE: (appunti lezione registrata e trascritte) e più Appunti in PDF di Diritto Processuale Civile solo su Docsity! IL REGIME DELLE ECCEZIONI NEL PROCESSO CIVILE E IL PROCEDIMENTO DAVANTI AL GIUDICE DI PACE: (appunti lezione registrata e trascritte) IL REGIME DELLE ECCEZIONI: appunti lezioni Avv. Cuomo Ulloa Ne procedimento civile le eccezioni si dividono in: - Eccezioni processuali : riguardano il diritto al processo. Riguardano i presupposti processuali, le condizioni del processo, tutto ciò che può essere di ostacolo e/o impedimento allo svolgimento del processo (es: eccezione di giurisdizione, eccezione di incompetenza territoriale, carenza di legittimazione attiva e/o passiva delle parti ecc..); - Eccezioni di merito : sono le eccezioni sostanziali e sono quelle che si pongono in contrasto con l’oggetto della domanda formulata. A loro volta le eccezioni di merito possono distinguersi in: - Eccezioni in senso proprio : questa categoria, come vedremo di seguito, s divide in ulteriori due sottogruppi - Mera difesa : è la semplice contestazione delle pretese fatte valere da controparte. Il convenuto si costituisce e contesta l’esistenza dei fatti costitutivi elencati dall’attore a sostegno della propria domanda (es: l’attore chiede il risarcimento dei danni provocati da un sinistro e il convenuto dichiara di non essere lui il responsabile dell’urto). Questa non è un’eccezione ma una mera difesa e si chiama così perché attiene all’esistenza o meno dei fatti costitutivi fatti valere dalla controparte. Le eccezioni in senso proprio non trovano la loro definizione nel Codice di Procedura Civile, bensì nel Codice Civile. L’art. 2697 (rubricato “onere della prova”) c.c. afferma infatti che “chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento. Chi eccepisce l’inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l’eccezione si fonda”. L’eccezione non attiene al difetto o alla mancanza del titolo costitutivo del diritto dell’attore, ma amplia il campo della domanda perché chiede la verifica di elementi che comportano l’impedimento del diritto fatto valere; per questo si differenzia dalla mera difesa! I fatti modificati ed estintivi, ovviamente, si verificano sempre successivamente al momento in cui è sorto il diritto vantato dall’attore (es: prescrizione, compensazione, pagamento). I fatti impeditivi, invece, compromettono l’efficacia del titolo (es: art. 1490 vizi della cosa goduta: laddove è previsto un patto che esclude la garanzia questo patto non ha valore se il venditore ha in malafede taciuto su un vizio della cosa). Tornando alla mera difesa, l’art. 167 c.p.c. (rubricato “comparsa di risposta”) dispone che “Nella comparsa di risposta il convenuto deve proporre tutte le sue difese prendendo posizione sui fatti posti dall’attore a fondamento della domanda, indicare le proprie generalità e il codice fiscale, i mezzi di prova di cui intende valersi e i documenti che offre in comunicazione, formulare le conclusioni. A pena di decadenza deve proporre le eventuali domande riconvenzionali e le eccezioni processuali o di merito che non siano rilevabili d’ufficio”. L’art. 115 c.p.c. (rubricato “disponibilità della prova”) prevede espressamente che “salvi i casi previsti dalla legge, il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal Pubblico Ministero, nonché i fatti non specificatamente contestati dalla parte costituita. Il giudice può tuttavia, senza bisogno di prova, porre a fondamento della decisione le nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza”. Questo articolo contiene il c.d. “principio di non contestazione”, introdotto nel 2009 e il dovere del giudice di porre a fondamento della decisione non solo i fatti provati, ma anche quelli non contestati. Sussiste quindi un vero e proprio onere in capo alla parte costituita (sia del convenuto che dell’attore) di contestare specificamente (NON in modo generico!) i fatti dedotti da controparte, le relative produzioni ecc.. L’obbligo di contestazione non si applica a danno della parte contumace. Il termine per la contestazione, ai sensi dell’art. 167 è la comparsa di risposta; tuttavia anche la prima udienza di trattazione e la prima memoria ai sensi dell’art. 183 comma 6 c.p.c. è possibile contestare. Un’ulteriore distinzione delle eccezioni riguarda: - eccezioni in senso stretto : riservate alle parti. - eccezioni in senso lato : sono rilevabili non solo dalle parti ma anche d’ufficio, ovvero, dal giudice. Come visto, l’art. 167 comma 2 c.p.c prevede espressamente che il convenuto con la comparsa di risposta a pena di decadenza deve proporre le eventuali domande riconvenzionali e le eccezioni processuali o di merito che non siano rilevabili d’ufficio. Analogamente, l’art. 142 comma 2 c.p.p. (rubricato “Appello”) prevede che “non possono proporsi nuove eccezioni che non siano rilevabili anche d’ufficio. L’art. 112 c.p.c. (rubricato “corrispondenza tra chiesto e pronunciato”) prevede che “il giudice deve pronunciare su tutta la domanda e non oltre i limiti di essa; e non può pronunciare d’ufficio su eccezioni, che possono essere proposte soltanto dalle parti”. È quindi fondamentale distinguere tra le eccezioni riservate alle parti, e quali siano invece quelle rilevabili d’ufficio. L’eccezione, per essere rilevata, necessita di una negazione del fatto. Un elenco a titolo esemplificativo (NON tassativo!) delle eccezioni rilevabili d’ufficio potrebbe invece essere il seguente: - nullità del contratto: art. 1421 c.c. (“Salvo diverse disposizioni di legge, la nullità può essere fatta valere da chiunque vi ha interesse e può essere rilevata d’ufficio dal giudice”); - eccezione di pagamento; - eccezione di novazione del rapporto; - interruzione della prescrizione; - riduzione della clausola penale; - titolarità del diritto della posizione giuridica oggetto di causa. Deve essere distinta dall’eccezione di difetto di legittimazione (che attiene invece al presupposto dell’azione e, pertanto, è sempre rilevabile d’ufficio). L’eccezione di nullità è stata recentemente oggetto di sentenze della Corte di Cassazione che hanno mutato il precedente orientamento. Come visto, l’art. 1421 c.c. sancisce che “salvo diverse disposizioni di legge, la nullità può essere fatta valere da chiunque vi ha interesse e può essere rilevata d’ufficio dal giudice”. Fino al 2012 la giurisprudenza consolidata era concorde sul fatto che se l’azione aveva ad oggetto l’adempimento di un contratto o comunque una domanda che presupponeva il rispetto di questo contratto, i giudice poteva d’ufficio rilevarne la nullità (conseguentemente avrebbe respinto la domanda di adempimento di un contratto nullo). Questo orientamento è stato ribaltato dalla storica Sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 14828/2012 nella quale è stato rilevato come nel precedente orientamento avrebbe, se il giudice avesse rilevato la nullità di una contratto mentre la domanda prevedeva l’annullamento,sarebbe andato ultra petitum, avrebbe giudicato oltre la domanda (avrebbe quindi accolto la domanda dell’attore che chiedeva la risoluzione del contratto, ma per un motivo diverso e dal medesimo non fatto valere). Veniva quindi disconosciuto il principio della domanda e dell’obbligo del giudice di non pronunciarsi oltre. In tutti i casi in cui il giudice rileva una nullità la deve prospettare alle parti in modo tale che ne possano prendere posizione, assegnandole i termini. Nel momento in cui nessuna delle parti aderisce al rilievo del giudice (ovvio che quasi sempre una per interesse si trova concorde!) non propongano domanda di nullità, il giudice non può tenere conto del suo rilievo e quindi non potrà dichiarare nel dispositivo la nullità; può solo, nel dispositivo, respingere la domanda di annullamento, di risoluzione oppure di adempimento. La sentenza in cui viene accertata la nullità invia incidentale non è tuttavia suscettibile di passare in giudicato. La storica Sentenza n. 14828/2012 ha tuttavia disposto un’eccezione, in quanto prevede che la nullità rilevabile d’ufficio dal giudice non si applica alle nullità di protezione (ovvero le nullità poste a favore di una sola parte. Es: art. 36 Codice del Consumo relativo alla nullità di clausole vessatorie). La Corte Costituzionale con la sentenza n. 1262/2014, ribadisce l’orientamento espresso due anni prima ma la modifica, ampliandola, attribuendo maggior rilievo all’interesse pubblico e prevede che se ci troviamo di fronte a una nullità di protezione (nullità relativa) la nullità potrà essere accertata solamente se la parte interessata la fa propria, mentre in casi di nullità più gravi (nullità assoluta), se la domanda proposta (es: inadempimento) non viene accolta per nullità si aprono due ipotesi: - una delle parti aderisce e formula la domanda di nullità: il giudice può dichiarare la nullità del contratto nel dispositivo della sentenza (anziché il provvedimento chiesto) e passa in giudicato se non impugnata; - se nessuna delle parti chiede la nullità: il giudice non può dichiarare la nullità nel dispositivo (perché contrasterebbe con il principio della domanda) ma può dichiararla anche in motivazione e se le parti la accettano è quindi suscettibile di passare in giudicato. IL PROCEDIMENTO DAVANTI AL GIUDICE DI PACE (appunti lezione registrata e trascritta Avv. Piana) Il procedimento dinnanzi al Giudice di Pace (disciplinato dagli artt. 311/322 del Codice di Procedura Civile) diventerà sempre più attuale in ragione della recentissima Riforma approvata con il D. Lgs. 116/2017 che entrerà in vigore nel 2021, attuando un significativo ampliamento delle competenze del Giudice di Pace. L’Ufficio del Giudice di Pace è stato introdotto nel nostro ordinamento ormai da circa un ventennio, con la Riforma del 1991 entrata in vigore due anni dopo (1993), volta a sostituire la figura del Conciliatore con quella appunto del Giudice di Pace. L’intento del Legislatore era quello di liberare, per quanto possibile, i giudici togati del Tribunale ordinario del peso delle controversie minori e, allo stesso tempo, apprestare una giustizia più rapida alle cause di valore maggiormente contenuto. Il Giudice di Pace è un magistrato ordinario, nominato a seguito di concorso, che deve restare in carica 4 anni (durante tale periodo l’incarico può essere rinnovato per una sola volta e per la medesima durata). Il Giudice di Pace svolge sostanzialmente due funzioni:  funzione conciliativa (prevenzione della lite): l’art. 322 c.p.c. stabilisce infatti che “l’istanza per la conciliazione in sede non contenziosa è proposta anche verbalmente al giudice di pace competente per territorio secondo le disposizioni della sezione III, capo I, titolo I, del libro primo”. Le parti si possono rivolgere al Giudice di pace sia con forma scritta sia verbalmente, e quest’ultimo è vincolato a risolvere la controversia e redigere un processo verbale di conciliazione (che può diventare titolo esecutivo laddove la controversia instaurata rientra tra le competenze del Giudice di Pace, oppure se eccede detta competenza acquisisce il valore di scrittura privata riconosciuta giudizialmente a norma dell’art. 2702 c.c. facendo prova della provenienza e del contenuto delle dichiarazioni contenute dalla parte che l’ha sottoscritta);  funzione giurisdizionale : è la funzione principale sia in ambito civile che in ambito penale ed è proprio quella dell’ambito civile di cui analizzeremo gli aspetti più importanti. Le competenze attuali del Giudice di Pace sono elencate all’art. 7 del Codice di Procedura Civile. “Il Giudice di Pace è competente per le cause relative a beni mobili di valore non superiore euro 30.000,00, quando dalla legge non sono attribuite alla competenza di altro giudice. Il giudice di pace è altresì competente per le cause di risarcimento del danno prodotto dalla circolazione di veicoli e di natanti, purché il valore della controversia non superi euro 50.000,00. È competente qualunque ne sia il valore: 1) per le cause relative ad apposizione di termini; 2) per le cause in materia di condominio negli edifici, come definite ai sensi dell’articolo 71-quater delle disposizioni per l’attuazione del codice civile; 3) idem; 3-bis) idem; 3-ter) per le cause nelle materie di cui al libro terzo, titolo II, Capo II, Sezione VI del codice civile, fatta eccezione per quella delle distanze nelle costruzioni; 3-quater) per le cause relative alle materie di cui al libro terzo, titolo II, Capo II, Sezione VII del codice civile, fatta eccezione per quella delle distanze di cui agli articoli 905, 906 e 907 del medesimo codice; 3-quinquies) per le cause in materia di stillicidio e di acque di cui al libro terzo, titolo II, Capo II, sezioni VIII e IX del codice civile; 3-sexies) per le cause in materia di occupazione e di invenzione di cui al libro terzo, titolo II, Capo III, sezione I del codice civile; 3-septies) per le cause in materia di specificazione, unione e commistione di cui al libro terzo, titolo II, Capo III, sezione II del codice civile; 3-octies) per le cause in materia di enfiteusi di cui al libro terzo, titolo IV del codice civile; 3-novies) per le cause in materia di esercizio delle servitù prediali; 3-decies) per le cause di impugnazione del regolamento e delle deliberazioni di cui agli articoli 1107 e 1109 del codice civile; 3-undecies) per le cause in materia di diritti ed obblighi del possessore nella restituzione della cosa, di cui al libro terzo, titolo VIII, Capo II, Sezione I del codice civile. Il giudice di pace è altresì competente, purché il valore della controversia, da determinarsi a norma dell’articolo 15, non sia superiore a trentamila euro: 1) per le cause in materia di usucapione dei beni immobili e dei diritti reali immobiliari; 2) per le cause in materia di riordinamento della proprietà rurale di cui al libro terzo, titolo II, Capo II, sezione II del codice civile; 3) per le cause in materia di accessione; 4) per le cause in materia di superficie. Quando una causa di competenza del giudice di pace a norma dei commi terzo, numeri da 3-ter) a 3-undecies), e quarto è proposta, contro la stessa parte, congiuntamente ad un’altra causa di competenza del tribunale, le relative domande, anche in assenza di altre ragioni di connessione, sono proposte innanzi al tribunale affinché siano decise nello stesso processo”. dei fatti si sono riferite a persone che appaiono in grado di conoscere la verità”;  L’art. 313 c.p.c. disciplina la querela di falso (“Se è proposta querela di falso, il Giudice di pace, quando ritiene il documento impugnato rilevante per la decisione, sospende il giudizio e rimette le parti davanti al Tribunale per il relativo procedimento”). Per la querela di falso il Tribunale ha competenza esclusiva!  L’art. 316 c.p.c. riguarda la forma della domanda introduttiva del giudizio (“Davanti al Giudice di Pace la domanda si propone mediante citazione a comparire a udienza fissa. La domanda si può anche proporre verbalmente [indipendentemente dal valore, ma non succede mai!]. Di essa il Giudice di Pace fa redigere processo verbale che, a cura dell’attore, è notificato con citazione a comparire a udienza fissa”);  Art. 317 c.p.c. (“Rappresentanza dinnanzi al Giudice di Pace) prevede che dinnanzi al Giudice di Pace, indipendentemente dal patrocinio dell’Avvocato, è possibile farsi rappresentare da un soggetto rappresentante (“Davanti al Giudice di Pace le parti possono farsi rappresentare da persona munita di mandato scritto in calce alla citazione o in atto separato, salvo che il giudice ordini la loro comparizione personale. Il mandato a rappresentare comprende sempre quello a transigere e a conciliare la lite);  L’art. 318 c.p.c. disciplina il contenuto della domanda (“La domanda, comunque proposta, deve contenere, oltre l’indicazione del Giudice e delle parti, l’esposizione dei fatti e l’indicazione dell’oggetto”) Rispetto all’atto di citazione non vengono inserite le ragioni di diritto (anche se di fatto è evidente l’utilità di indicarle!), l’indicazione dei documenti che si intendono offrire in comunicazione [La Cassazione, tuttavia, nel 1997 è intervenuta sul punto e ha chiarito che nell’ambito della citazione dinnanzi al Giudice di Pace se si fa riferimento a dei documenti, occorre indicarli con precisione, altrimenti la controparte non avrebbe la possibilità di replicare e difendersi adeguatamente], né gli avvertimenti di cui all’art. 165 c.p.c. (quali ad esempio, l’invito a costituirsi nel 20 giorni prima [non è necessario perché il sistema delle preclusioni, si verifica più avanti, ovvero non con la comparsa di costituzione e risposta, bensì alla prima udienza]. I termini a comparire dinnanzi al Giudice di Pace, inoltre, sono ridotti della metà; quindi, non avremo i 90 giorni previsti nei procedimenti davanti al Tribunale ordinario, bensì 45.  Ai sensi dell’art. 319 c.p.c. nel procedimento dinnanzi al Giudice di Pace non trova applicazione l’art. 165 c.p.c. il quale sancisce che l’iscrizione a ruolo deve avvenire entro e non oltre 10 giorni dalla notifica dell’atto di citazione o del ricorso. Davanti al Giudice di Pace, infatti, la causa si può iscrivere fino al giorno indicato per l’udienza (ovvio che in tal caso, l’udienza verrà spostata di almeno una settimana). Nel corso della prima udienza il Giudice di Pace può, o meglio, dovrebbe: - Interrogare liberamente le parti; - Esperire il tentativo di conciliazione; - Invitare le parti alla precisazione dei fatti, laddove la conciliazione non riuscisse La prima udienza, come accennato, rappresenta il termine ultimo (preclusioni) per: - Eccepire l’incompetenza del Giudice adito; - Sollevare eccezioni non rilevabili d’ufficio; - Presentare domande riconvenzionali; - Presentare prove (le prove dovrebbero già essere formulare perché il Giudice di Pace potrebbe invitare le parti a precisare le conclusioni già in prima udienza!). - Chiamare terzi in causa. Le preclusioni sussistono quindi a seguito dell’invito del Giudice di Pace a precisare i fatti. L’art.83-bis disp. att. c.p.c. consente la trattazione della causa per iscritto (“Il Giudice istruttore, quando autorizza la trattazione scritta della causa, a norma dell'art. 180 primo comma del Codice, può stabilire quale delle parti deve comunicare per prima la propria comparsa, ed il termine entro il quale l'altra parte deve rispondere”). Questo procedimento più snello e semplice dal punto di vista degli adempimenti consente al Giudice di Pace di non assegnare i termini per il deposito di conclusionali e repliche In realtà, nel momento in cui il Giudice rinvia l’udienza per la precisazione delle conclusioni consente il deposito delle note difensive e finale e sostanzialmente all’udienza successiva si precisano le conclusioni, si discute, ed entro 15 giorni dalla discussione il Giudice emette la propria sentenza. Questo procedimento semplificato è diverso dal procedimento in Tribunale, dove dopo l’udienza di precisazione delle conclusioni scattano i termini per il deposito delle conclusionali e delle repliche e, successivamente della sentenza. Dinnanzi al Giudice di Pace, quindi, non è previsto lo scambio delle comparse e le tempistiche sono nettamente ridotte grazie all’utilizzo di questa procedura semplificata. Come accennato, le sentenze del giudice di Pace sono appellabili: - Art. 339 c.p.c. “appellabilità a forma vincolata” (per pronunce secondo equità): “Le sentenze del Giudice di Pace pronunciate secondo equità norma dell’articolo 113, secondo comma, sono appellabili esclusivamente per violazione delle norme sul procedimento, per violazione di norme costituzionali o comunitarie ovvero dei principi regolatori della materia”; - Art. 341 c.p.c. appellabilità a critica libera (per pronunce sulla base delle norme di legge): “L’appello contro le sentenze del Giudice di Pace e del Tribunale si propone rispettivamente al tribunale ed alla corte di appello nella cui circoscrizione ha sede il giudice che ha pronunciato la sentenza”.
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved