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Il regime fascista di Mussolini, Schemi e mappe concettuali di Storia

Il difficile primo dopoguerra Il movimento fascista e l'avvento al potere di Mussolini I primi provvedimenti di Mussolini La costruzione dello Stato fascista La fascistizzazione I rapporti con la Chiesa e i Patti Lateranensi L'organizzazione del consenso Economia e società durante il fascismo Lo Stato "interventista" La politica estera ambivalente di Mussolini L'antisemitismo e le leggi razziali

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2018/2019

In vendita dal 18/02/2019

Lenny4280
Lenny4280 🇮🇹

4.4

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Scarica Il regime fascista di Mussolini e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Storia solo su Docsity! IL REGIME FASCISTA DI MUSSOLINI – IL DIFFICILE DOPOGUERRA Il 4 novembre 1918 l’Italia celebrò da vincitrice la fine della prima guerra mondiale, tuttavia, a causa delle sfavorevoli trattative diplomatiche che tolsero all’Italia i frutti della vittoria, molti parlarono di “vittoria mutilata”: tra questi vi era D’Annunzio che l’11 settembre 1919, dopo aver riunito volontari e reparti di militari ribelli, marciò su Fiume e vi istituì una reggenza provvisoria, tuttavia il governo non intervenne. Anche la situazione interna era debole e precaria, infatti ci furono vari moti di protesta (biennio rosso): • nelle campagne al Nord i braccianti, attraverso scioperi e boicottaggi, riuscirono ad ottenere dai proprietari terrieri un imponibile di manodopera (lavoratori impiegati nelle stagioni “morte” dell’agricoltura), mentre al Sud erano ancora preminenti i latifondi e il malcontento dei contadini senza terra sfociò nell’occupazione delle terre incolte; • nelle città si verificarono scioperi operai e, in particolare, l’occupazione delle fabbriche, nel settembre 1920, da parte dei metalmeccanici che cominciarono ad organizzare il lavoro per conto proprio. Si diffusero dunque proprio in questo periodo i Consigli di fabbrica, eletti dai lavoratori, che avevano assunto come modello i soviet russi. Inoltre il 16 novembre 1919 ci furono le elezioni politiche, dalle quali emersero il Partito socialista (PSI) e il Partito popolare italiano (PPI), fondato da Don Luigi Sturzo, un sacerdote siciliano; al contrario, i liberali conobbero un tracollo e finirono per richiedere l’intervento di Giolitti, il quale riprese dunque la propria tattica riformista e mediatrice per evitare che l’occupazione delle fabbriche sfociasse in un moto rivoluzionario. Egli dunque da una parte fece leva sulla Confederazione generale del lavoro (CGL) e sull’Associazione degli industriali (Confindustria) per evitare che il sindacato continuasse ad incitare all’occupazione delle fabbriche, dall’altra convinse il padronato ad aumentare i salari e a riconoscere ai loro rappresentanti un parziale controllo della produzione. Così il 27 settembre 1920 vi fu lo sgombero immediato delle fabbriche. Per quanto riguardava Fiume, invece, Giolitti intraprese un negoziato diretto con il Regno dei serbi, croati e sloveni e di fronte alla resistenza dannunziana fece intervenire l’esercito. Tuttavia la tradizionale tattica politica di Giolitti si scontrò con un contesto politico radicalmente cambiato dall’anteguerra e non riuscì neanche più, nonostante la linea riformista, ad ottenere l’appoggio del PSI, in cui nel dopoguerra aveva prevalso la corrente massimalista, che rifiutava borghesia e riforme. Inoltre in seguito all’esito fallimentare dell’occupazione delle fabbriche rispetto alle aspettative originarie dei Consigli operai, si verificò la definitiva scissione tra PSI ed estrema sinistra e la nascita del Partito comunista (PCI) dopo il congresso di Livorno nel 1921. A - IL MOVIMENTO FASCISTA E L’AVVENTO AL POTERE DI MUSSOLINI Nel marzo 1919 a Milano, l’ex socialista Benito Mussolini istituì i “fasci di combattimento” (che si ponevano come diretta continuazione dei “fasci interventisti” del 1915) che, durante il “biennio rosso” ottennero visibilità agli occhi della borghesia terriera come strumento antisocialista: infatti per contrastare il potere delle leghe contadine socialiste, gli agrari si accordarono con i fascisti, i quali ricorsero alla violenza e colpirono i movimenti contadini e operai e le amministrazioni socialiste. In concomitanza ai Fasci di combattimento furono istituite anche le “squadre d’azione”, ossia squadre armate di fascisti che, con la violenza e con le cosiddette “spedizioni punitive”, assalivano esponenti socialisti, leghe e talvolta cattolici. Il fascismo dunque a poco a poco stava cominciando ad acquisire importanza grazie a nazionalisti, ex-combattenti, agrari, industriali delusi dalla debolezza del partito liberale e timorosi di una rivoluzione comunista, parte della classe media che aveva visto diminuire il proprio stipendio a causa dell’inflazione, piccoli proprietari commercianti e un certo numero di disoccupati che trovò nelle squadre d’azione un modo per sfogare la propria frustrazione violenta. Primo obiettivo di Mussolini fu quindi quello di “costituzionalizzare” il movimento fascista: anticipò così le elezioni al maggio 1921 e riuscì a farsi eleggere in Parlamento, inserendo i fascisti nelle liste dei “blocchi nazionali”. Mussolini procedette così alla trasformazione dei Fasci nel Partito nazionale fascista, allo scopo di accentrare il potere nelle proprie mani, restringendo la libertà di azione dei ras (capi locali del fascismo, come Balbo a Ferrara, Farinacci a Cremona, Grandi a Bologna). Infine, per conquistare effettivamente il controllo del paese, ricorse alla forza e il 28 ottobre 1922 ordinò alle camicie nere, che erano poco più di 25000, di marciare su Roma. Vittorio Emanuele III rifiutò di firmare il decreto di stato d’assedio sottopostogli da Facta il 27 ottobre, Facta si dimise e il 29 ottobre Mussolini ricevette dal re l’incarico di formare un nuovo governo. Egli dunque formò un governo di coalizione con liberali, nazionalisti e popolari. B - I PRIMI PROVVEDIMENTI DI MUSSOLINI Mussolini agli inizi: • andò incontro agli industriali con un’economia liberista; • cercò di liquidare le opposizioni con una politica repressiva (sequestro dei giornali, arresto dei militanti); • istituì il Gran Consiglio del Fascismo, un organo del PNF, per mantenere i contatti tra il partito e il governo; • istituzionalizzò lo squadrismo, creando la Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale. Inoltre fece approvare una riforma elettorale (la cosiddetta “legge Acerbo”), con la quale il partito di maggioranza relativa avrebbe avuto maggioranza assoluta. Ciò si concretizzò nelle elezioni dell’aprile 1924, in cui i fascisti si presentarono a capo del “listone nazionale”, che ottenne, tramite aggressioni e intimidazioni nei confronti delle opposizioni, il 65% dei voti. Tuttavia il 30 maggio 1924, all’apertura della nuova Camera, il leader del PSU (socialisti riformisti) Giacomo Matteotti aveva denunciato le violenze fasciste e le irregolarità delle votazioni durante la campagna elettorale. Il 10 giugno Matteotti fu rapito e ucciso dagli squadristi. Nel frattempo, alla Camera, i partiti di opposizione sotto la guida del liberale Giovanni Amendola decisero di astenersi dai lavori parlamentari e di riunirsi in un luogo a parte, la cosiddetta “secessione dell’Aventino”, che però non si tradusse in un’iniziativa politica concreta. L’intera vicenda si concluse il 3 gennaio 1925, quando Mussolini, ormai certo di aver soggiogato il Parlamento, si assunse apertamente la responsabilità dell’accaduto. LA COSTRUZIONE DELLO STATO FASCISTA: A – LA FASCISTIZZAZIONE L a svolta autoritaria si ebbe con l’emanazione delle “leggi fascistissime”, con le quali vennero aboliti tutti i partiti e i sindacati non-fascisti, venne rafforzato il governo (che non rispose più al Parlamento, ma solo al re, e che acquisì la facoltà di emanare leggi) e nacque la vera dittatura. Il passo successivo nella costruzione di uno Stato autoritario fu, con la legge del 26 febbraio 1926, l’eliminazione dei Comuni e la sostituzione del sindaco con il podestà, nominato direttamente dal governo e non dai cittadini, mentre nelle province la figura di riferimento continuava ad essere il prefetto. Mussolini intervenne anche nel campo del lavoro, istituendo le corporazioni, ossia organismi statali che comprendevano rappresentanti del padronato e dei lavoratori e che dovevano trovare una sintesi nell’interesse superiore dello Stato, ma in realtà ad avvantaggiarsi furono soprattutto i datori di lavoro. Fu inoltre soppresso il diritto di sciopero e le controversie tra lavoratori e datori di lavoro furono affidate a una Magistratura del Lavoro. La svolta autoritaria subì poi un’accelerazione alla fine del 1926 quando: • fu istituito il confino politico per tutti coloro che manifestavano l’opposizione al regime fascista; • furono soppressi tutti i giornali anti-fascisti, sopprimendo la libertà di stampa; • furono sciolti tutti i partiti, associazioni e organizzazioni non fascisti; • fu creata l’OVRA, una polizia politica, e il MVSN, un Tribunale speciale per la difesa dello Stato che decideva sui reati politici. La tappa conclusiva di stravolgimento dell’ordine istituzionale italiano si ebbe con la riforma elettorale, sulla base della quale nel 1929 fu indetto un plebiscito, nel quale i cittadini dovevano solo accettare o rifiutare una lista unica di 400 candidati; tuttavia il voto non era né libero né segreto, in quanto le schede dall’esterno erano facilmente riconoscibili. La lista unica vinse dunque le elezioni con il 98% dei consensi. Dalle leggi fascistissime, ogni tipo di opposizione fu repressa e dunque i vari gruppi antifascisti decisero sia di agire in clandestinità, sia di ricorrere all’emigrazione all’estero e in particolare in Francia, dove si crearono gruppi di esuli che cercarono di mettere a punto una forma di opposizione al regime. B – I RAPPORTI CON LA CHIESA E I PATTI LATERANENSI Subito dopo la presa di Roma (con la Breccia di Porta Pia nel 1870) era esplosa la questione romana tra lo Stato Italiano e la Chiesa cattolica perché il papa aveva considerato lo Stato usurpatore e non solo aveva rifiutato ogni accordo con esso, ma aveva anche invitato i cattolici a non collaborare (ad esempio rifiutandosi di votare = non expedit). Dopo circa 40 anni le cose erano in parte cambiate perché Giolitti con il Patto Gentiloni aveva trovato un accordo coi cattolici affinché votassero i suoi candidati in cambio di concessioni. Tuttavia rimaneva la frattura ufficiale tra lo Stato e la Chiesa che non avevano alcun accordo, finché nel 1929 Mussolini e Pio XI stipularono i Patti Lateranensi, in cui da una parte Italia e Vaticano si riconoscevano come Stati sovrani, dall’altra si stabilì un concordato che riconosceva determinate attribuzioni alla Chiesa cattolica (validità del matrimonio, insegnamento di religione nelle scuole) che esistono tutt’ora. C – L’ORGANIZZAZIONE DEL CONSENSO Mussolini cercò di consolidare la dittatura anche acquisendo un consenso diffuso tra la popolazione e tentando di controllare la società, mediante: • riorganizzazione con la Riforma Gentile del 1923 dell’educazione scolastica: nelle scuole infatti ci fu la selezione degli insegnanti e l’introduzione di un libro di testo unico; • la creazione dell’Opera nazionale Balilla (ONB) per l’istruzione ginnico-sportiva dei ragazzi dai 6 ai 18 anni e dei Fasci giovanili e dei Gruppi universitari fascisti (GUF) per i ragazzi più grandi, tutti riuniti poi sotto la Gioventù italiana del littorio (GIL);
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