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Il Romanticismo, l'idealismo, Fichte e Hegel, Appunti di Filosofia

Appunti sul Romanticismo e sull'idealismo, da Fichte alla destra e sinistra hegeliana

Tipologia: Appunti

2016/2017

Caricato il 03/05/2017

Rosa.Bertoletti
Rosa.Bertoletti 🇮🇹

2 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Il Romanticismo, l'idealismo, Fichte e Hegel e più Appunti in PDF di Filosofia solo su Docsity! ROMATICISMO…IDEALISMO La filosofia di Kant lascia una serie di dualismi. Il più grande dualismo è quello tra fenomeno e noumeno. Un altro dualismo che rimane aperto è quello tra il soggetto, quindi l'uomo che conosce e il soggetto nell'ambito morale. La filosofia di Kant che si chiamava criticismo andava quindi probabilmente rivista perché questi dualismi sembravano non essere compatibili con quel movimento che colpisce l'Europa nell'800: il Romanticismo. I primi filosofi che hanno letto Kant all'università e l'hanno preso come punto di partenza cercano di risolvere queste questioni. Il più importante post kantiano è Carl Leonard Rehinor (1760-1823) che ritiene che il rapporto soggetto- oggetto non vada pensato come un dualismo, come una relazione divisa ma soggetto e oggetto sono “due facce della stessa medaglia”, è come se facessero riferimento ad un unico principio. Il soggetto conoscente e l'oggetto conosciuto sono uniti in quella che noi chiamiamo la rappresentazione, viene meno la distinzione kantiana. Questi filosofi post kantiani aprono la strada a quel grande movimento filosofico che è una posizione del Romanticismo e che si chiama Idealismo. I post kantiani togliendo la distinzione tra soggetto e oggetto aprono la strada all'Idealismo, quindi il Criticismo verrà superato. Nell'idealismo è il soggetto che costruisce l'oggetto eliminando quella che Kant ritenesse che fosse una presenza. Kant diceva “io conosco tutto ciò che cade sotto i miei sensi (fenomeni), tutto ciò che non cade sotto i miei sensi è il noumeno o cosa in sé”, ora se il soggetto diventa protagonista della conoscenza perché costruisce l'oggetto viene a cadere il problema del noumeno perché tutto rimane nel soggetto. Tutto ciò che cade al di fuori della rappresentazione non esiste. Tutto ciò che non si può rappresentare non è niente, quindi cade la cosa in sé. Se la cosa in sé (noumeno) smette di esistere ne deriva necessariamente che il soggetto produce l'oggetto, produce l'aspetto materiale e formale, quindi il mondo che mi circonda è una mia produzione. Non è che esiste un mondo e noi lo vediamo in modo diverso da com'è (come diceva Kant dicendo che dovevamo applicare le 12 categorie), il mondo lo produciamo, il soggetto produce la realtà. Tutto ciò che esiste è dentro di me. Idee del romanticismo: centralità dell'uomo, in filosofia il soggetto è molto forte. FICHTE Questa lettura dei post kantiani è ripresa da un filosofo tedesco che è Johann Fichte. Fichte elimina completamente il problema della cosa in sé perché vuole costruire un sistema unitario dicendo che la realtà deriva da un unico principio che è il soggetto. Siamo tra il 1762 e il 1814. Nel momento in cui Fichte spiega che la realtà deriva da questo unico principio il sapere che ne deriva da questa lettura si chiama “dottrina della scienza”, opera di Fichte del 1794. Fichte è precursore dell'idealismo, anticipatore del più grande filosofo idealista che è Hegel. Nell'idealismo di Fichte l'unica fonte conoscitiva è il soggetto il quale produrrà la conoscenza. Non sarà più come avveniva con Kant il soggetto che riceve i dati dall'esterno e li organizza attraverso le forme prime a priori ma al contrario il soggetto organizza tutto (contenuti e forma). Fichte dice che tutto deriva dal soggetto che rappresenta tutte le cose. L'uomo diventa soggetto forte, infatti una delle presunzioni del romanticismo nelle sue forme estreme è dire che l'uomo è Dio, si sostituisce a Dio. I filosofi prima del romanticismo cercavano la spiegazione della realtà nella natura, nel romanticismo è l'uomo stesso la ragione e la spiegazione di tutto, allora in questo modo l'uomo coincide con Dio. Nell'epoca romantica, proprio nel 1800, infatti, l'organo (strumento) che si predilige è la ragione perché la ragione è quella facoltà che aspira, che vorrebbe cogliere tutto, anche l'infinito. Nell'illuminismo (1700) l'organo che si privilegiava era l'intelletto perché si voleva dimostrare che l'intelletto aveva delle possibilità ma anche dei limiti. I romantici prediligono la ragione perché tende all'infinito e vuole comprendere tutto. La ragione allora mi dimostra che l'uomo producendo l'oggetto possa conoscere infinitamente, senza limiti. L'uomo diventa produttore di oggetti per cui non si limita ad amare, conoscere il sapere. Nella filosofia di Fichte l'uomo non si limita ad aspirare alla conoscenza, ma la possiede, possiede la scienza. Ecco perché l'opera di Fichte si intitola “la dottrina della scienza”. Il soggetto coglie la totalità quindi possiede la scienza. Kant diceva che questo era impossibile, delimitava i campi della conoscenza umana. L'idealismo si basa su questa identità tra soggetto e oggetto, quindi il soggetto è protagonista e prima che il soggetto ponga (produca) l'oggetto esiste il soggetto da solo, mentre l'oggetto viene creato dal soggetto. Con Rehinor l’esperienza conoscitiva non è più conducibile a un dualismo ma a un monismo. Rehinor apre la strada all’idealismo. Tutto deriva dal soggetto che compie delle rappresentazioni. L’idealismo è quel movimento che va alla ricerca di un principio metafisico a cui ricondurre tutta la realtà storica, culturale e naturale. La filosofia di Kant in cui tutti si erano identificati aveva un po’ deluso. Kant scrive la critica della ragion pura intorno al 1787, questi sono gli anni in cui c’è la rivoluzione francese. Gli ideali dell’illuminismo e quindi della rivoluzione francese sono quelli di Kant: libertà, cosmopolitismo,… ma questi ideali vengono traditi dal governo del terrore di Robespierre durante la rivoluzione francese e subito dopo da Napoleone. Nascono tutti questi intellettuali critici nei confronti dell’illuminismo e della rivoluzione francese. Questo è perché la filosofia di Kant viene discussa dai post kantiani. L’idealismo ha la grande forza di risolvere la cosa in sé perché tutto ciò che non è rappresentazione non è reale, quindi la cosa in sé non esiste . Da qui il fondatore dell’idealismo che è Fitche, identifica il principio metafisico a cui ricondurre tutta la realtà con l’io. Lo identifica con il soggetto perché aveva risolto la questione della cosa in sé. La sua filosofia parte eliminando la cosa in sé dalla dottrina della scienza. Fitche ha insegnato a Iena dove ha insegnato anche Rehinor, erano i luoghi dove la filosofia pullulava. La filosofia di Fichte è una dottrina della scienza perché l’uomo possiede la sapienza e tutta questa questione si capisce perché Fichte indaga l’io. Ma che cos’è l’io? Non è un io empirico, cioè non è un singolo soggetto (uomo), l’io non è riconducibile ai singoli io empirici, è qualcosa di più. L’io non è una cosa ma è un’azione, un atto. Come agisce l’io? L’io si esprime attraverso 3 principi: 1. Il primo atto, la prima azione che compie è il porre qualcosa. L’io pone sé stesso. 2. Il secondo atto, il secondo principio, dopo che l’io ha posto sé stesso pone la sua antitesi, la sua contrapposizione. L’io pone il non io. 3. Il terzo atto dell’io è la sintesi, la composizione, il porre insieme. L’io oppone nell’io all’io divisibile un non io divisibile. L’io pone sé stesso: A=A. ma l’io pone anche la sua contrapposizione: l’io è diverso dal non io. Quindi la sua azione, l’agire dell’io, non è solo logica, non è solo il principio d’identità, ma è anche un principio sostanziale. La prima azione che compie è porre sé stesso e poi oppone a sé l’antitesi. Il non io sarà l’oggetto: siamo nell’idealismo dove l’io crea la realtà, il soggetto crea l’oggetto. Il terzo principio spiega che sempre all’interno dell’io all’io divisibile poniamo un non io divisibile. Questo atto, questa posizione dell’io, è uno slancio, uno sforzo, quello che i tedeschi chiamano “streben”. Ma perché l’io oppone a sé un non io? Perché il soggetto e l’oggetto (il mondo della terra, la natura, il mondo finito) si limitano così a vicenda. Lo capiamo meglio nel terzo principio. Che cos’è l’io divisibile? L’io divisibile è il singolo uomo, l’io empirico. All’interno dell’io ad un certo punto l’io e il non io diventano divisibili, si frantumano quindi si contrappongono dando origine al mondo finito, alla molteplicità della natura. L’io frantumandosi da’ origine ai singoli io empirici che sono i singoli uomini, i singoli soggetti a cui noi contrapponiamo il non io, la natura. Ad esempio, io sono un io empirico a cui si contrappongono a me dei non io empirici, quindi la molteplicità, la natura, la finitezza della realtà. Io voglio fare medicina e a me si contrappone il test d’ingresso. Il test è l’ostacolo che mi limita e che io devo superare. Fitche ci sta dicendo che l’io puro, l’io assoluto che lui identifica con l’umanità compie un continuo cammino verso una maggiore libertà, un maggior livello di razionalità; ma all’umanità si contrappongono degli ostacoli e questo è evidente nei singoli io empirici. L’uomo vuole diventare sempre più razionale ma incontra degli ostacoli che sono i non io. Gli uomini si sforzano di aumentare il livello di libertà e razionalità cercando di superare gli ostacoli (streben). Siamo nel romanticismo. Il romanticismo rifiuta la ragione illuminista. Il romanticismo è il movimento filosofico, letterario e artistico che nasce in Germania nel 1800. Il romanticismo attribuisce al sentimento un valore che prima non era mai stato affermato. Il romanticismo apre al trascendente, quindi alla questione dell’infinito e poi con una posizione veramente estrema nel romanticismo arriviamo a una sorta di divinizzazione dell’uomo che deriva dal fatto che l’uomo è produttore di tutta la realtà. Ma se la risposta è nell’uomo l’uomo si sostituisce a Dio. Come esito terribile ci sono i sistemi totalitari: stabiliscono chi deve vivere e chi deve morire. Nel romanticismo c’è anche un nuovo modo di considerare la ragione che diventa una forza infinita e onnipotente che governa la realtà, che la domina. Questo vuol dire che a fondamento di tutto ciò che accade c’è la razionalità. Tutto ciò che accade è razionale e di conseguenza è giusto. La ragione governa il mondo. Posizione molto forte. Questa ragione in Fichte è rappresentata dall’io, l’idealismo identifica nell’io di Fichte e nello spirito di Hegel questi principi di carattere metafisico. Quello che noi cogliamo è che la più grande manifestazione della ragione è la filosofia. La filosofia torna ad avere la sua più massima manifestazione perché la ragione si manifesta con la filosofia. Altri elementi che caratterizzano il romanticismo e l’idealismo sono: Lo scopo di Fichte è dimostrare che proprio perché noi siamo creatori della realtà, lo spirito dell’uomo è creatore della realtà e sostituisce Dio, bisogna comprendere che l’io allora è il fondatore della scienza, ecco perché l’opera si chiama la dottrina della scienza. Se l’io produce la realtà devo dimostrare che l’io è alla base di tutto e quindi del sapere. L’io è alla base di tutto, pone sé stesso e poi pone la questione del sapere, ma questo non basta perché l’io per poter agire ha bisogno sempre della sua contrapposizione, del suo ostacolo. Pone sé stesso e poi la sua contrapposizione per agire. L’io infatti compie un continuo sforzo per superare l’ostacolo, ma non riuscirà mai a superare completamente l’ostacolo. L’io tende a superare il limite: una delle caratteristiche del romanticismo tedesco è il titanismo. L’io tende all’infinito, all’assoluto, l’io si sostituisce a Dio, con l’esito pericoloso dei totalitarismi. La sensibilità romantica dà molta fiducia all’uomo e ne toglie a tutto il resto. STRUTTURA DIALETTICA DELLA REALTA’ Il fondatore è Fichte . La realtà ha una struttura dialettica, dinamica che nasce dall’opposizione tra l’Io e il non Io. È un processo di opposizioni :procede per tesi e antitesi . Nella struttura dialettica la realtà si manifesta e attua … , l’antitesi costituisce il limite ,la condizione necessaria perché la realtà si attui . • L’Io ha sempre bisogno della sua condizione necessaria, il non Io ; l’identità dei singoli uomini sorge da una lotta per superare il limite. • Il momento del fallimento , dell’antitesi fa parte della realtà ed è qualcosa di necessario: es. i figli vanno in guerra e uno muore, questo è necessario perché la guerra abbia un significato. Giustifichiamo anche le cose negative => elimina le distinzioni tra bene e male. • Tutto è necessario quindi giusto. La dialettica appartiene alla realtà storica : nella storia vediamo la contrapposizione dialettica tra tesi e antitesi ; nella storia l’uomo compie uno sforzo morale, etico per superare i limiti e realizzare le sue libertà. Questo non è uno sforzo conoscitivo bensì è un idealismo etico : la vita morale è più importante della vita teoretica, conoscitiva. La dialettica piace molto agli idealisti. Carl Marx approfondisce la contrapposizione dialettica in ambito storico uscendo dalla mente -> c’è una continua lotta di classe , è evidente tra tesi capitalisti e antitesi proletari . Tutto ciò non si risolve nella dialettica all’interno dell’Io come in Fichte, è reale nella storia dell’uomo. • Per superare la contrapposizione dialettica bisogna porre fine alla dialettica mediante la rivoluzione e con l’abolizione della proprietà privata. Egli predilige i momenti della contrapposizione. Per Fichte le contrapposizione dialettica si conclude con l’uomo che fa uno sforzo continuo ma non supererà mai il limite => non troverà mai il compimento che Hegel chiamerà il CATTIVO INFINTO . Hegel nella dialettica avrà sintesi, antitesi e tesi. Fichte per capire come gli uomini possono superare continuamente i limiti e gli ostacoli scrive “La missione del dotto” . La missione del dotto è un’opera in cui analizza il ruolo dell’intellettuale nella società, egli è l’educatore moralmente migliore ; l’uomo non è isolato , è a contatto con la comunità. Comunità <->educazione ( contemporaneamente) Egli compie uno sforzo etico per essere educatore degli altri , non deve chiudersi una torre d’avorio e isolarsi , deve avere responsabilità morali => devono aiutare la comunità a diventare libera , a superare i propri limiti che derivano dal mondo della natura. Il dotto è consapevole che la vita è un continuo sforzo, si deve superare la solitudine anche se non si arriva mai a compimento del processo di umanizzazione. L’uomo vive libero per perfezionarsi sempre di più , per essere libero. Fichte è un filosofo inserito nella sua epoca : • Il romanticismo crede nella priorità dell’azione morale • C’è una progressiva umanizzazione dell’uomo che crede nel progresso • L’infinito sembra una nostalgia OPERA POLITICA : I DISCORSI ALLA NAZIONE TEDESCA Il suo pensiero politico è diviso in 3 momenti : 1. Egli è favorevole agli ideali della rivoluzione francese: crede in una visione contrattualistica dello stato liberale che si fonda sui diritti naturali e sul concetto di educazione. Purtroppo fu deluso dagli esiti della rivoluzione. 2. Sfocia in una visione dello stato di stampo socialistico-autarchico; “ Lo stato commerciale chiuso” è l’opera in cui crede nell’importanza dello stato nell’intervento della società per garantire benessere e lavoro. Lo stato autarchico è autosufficiente. 3. Sorge quando Napoleone invade la Prussia e sconfigge nel 1806 i tedeschi a Lena -> grande umiliazione. Pensiero si evolve in senso nazionalistico -> contro l’invasore. Per 14 settimane egli terrà alla domenica 14 discorsi all’accademia della scienza di Berlino per risvegliare la coscienza nazionale per preparare la Prussia a una sorta di resistenza. Obbiettivo: volontà di creare un forte sentimento di patria. I temi dei discorsi riguardano il concetto di storia : procedimento dialettico attraverso il quale lo stato trionfa sulla condizione primitiva degli uomini e solo lo stato è capace di guidare il processo storico e fondare una nuova società . MA CON CHE MEZZI ? Non servono le armi e le guerre, bensì la trasformazione interiore del popolo tedesco, un’educazione , capacità di formare il sentimento patriottico salvando le radici della Germania. COME SI EDUCA IL POPOLO? Il popolo si educa mediante un’educazione pubblica e con la consapevolezza che l’idea di popolo tedesco si fonda sulla comunanza linguistica : parlo una lingua viva che non si è mai modificata rispetto a quelle neolatine , lingua viva contraria a quelle morte. I dialoghi sono un invito all’educazione, a superare i momenti difficili grazie al concetto di patria ,cultura, lingua tedesca.(Però sono stati interpretati anche in negativo .) Fichte rappresenta la concezione moderna dell’uomo perché interpreta il vivere come un impegno, uno sforzo, una missione, tentativo di migliorare la libertà continuamente, noi viviamo e lavoriamo per migliorare. La sua filosofia ricorda il titanismo, lui stesso con il suo pensiero voleva essere un titano che lottava per l’umanità e di conseguenza la sua filosofia esce dalle aule delle università, ha incontrato molto successo grazie a quello oltre alla questione dell’infinito, una meta ideale a cui tendere. Per Hegel non sarà così visto che ogni manifestazione del finito ha in sé l’infinito. PAROLE CHIAVE FICHTE : • IDEALISMO ETICO: in riferimento alla dottrina della scienza e agli scritti politici • INFINITIZZAZIONE IO • 3 PRINCIPI • SCELTA FRA IDEALSIMO E DOGMATISMO • LA DOTTRINA MORALE • IL PRIMATO DELLA RAGIONE PRATICA E LA MISISONE DEL DOTTO • IL DISCORSO ALLA NAZIONE TEDESCA HEGEL Hegel muore nel 1831. Ha studiato a Tubinga, è stato un precario per tantissimi anni, faceva il precettore, il maestro a pagamento. Diventa un professore di successo quando diventa professore a Berlino. Da giovane ha viaggiato e a Berna ha scritto “La vita di Gesù”, “La positività della religione cristiana”; quando torna in Germania scrive “Lo spirito del cristianesimo ed il suo destino”. Quando diventa un professore di un certo livello scrive “La fenomenologia dello spirito” nel 1807, un’opera della maturità. Scriverà poi in successione “La scienza della logica” 1812, “L’enciclopedia delle scienze filosofiche” e “I lineamenti in filosofia del diritto” 1821. Le prime sono opere giovanili a carattere teologico e politico (fino allo spirito del cristianesimo), poi abbiamo l’opera della maturità (fenomenologia). Quando il suo pensiero si cristallizza e istituzionalizza Hegel scrive un vero e proprio sistema (insieme parti tra loro interdipendenti). Hegel conserva la realtà in cui vive, è il filosofo delle istituzioni. È un conservatore, non incline al cambiamento, ma ci invita ad avere fiducia nelle istituzioni. L'idealismo di Fichte era un idealismo etico, l'etica prevale sulla conoscenza. L'idealismo di Hegel era un idealismo panlogico. L'aforisma scritto sostiene “ciò che è reale è razionale, ciò che è razionale è reale”. Questo evidenzia l'identità tra realtà e razionalità. La razionalità è la forma stessa di ciò che esiste perché la ragione governa il mondo. La realtà non è caos ma è il dispiegarsi di una struttura razionale che si manifesta consapevolmente in noi uomini. Questa identità è necessaria quindi tutto ciò che è è razionale quindi la realtà è un insieme di momenti che rappresentano anche la razionalità e il progresso della realtà. La razionalità coincide con la realtà. Scritti giovanili di carattere teologico e politico. Hegel aveva due riferimenti: 1. il mondo greco 2. la filosofia di Kant la storia romanzata della coscienza, verso l’infinito. La coscienza compie un cammino per riconoscersi via via come spirito. C’è la relazione tra finito e infinito. Lo spirito è l’infinito che si manifesta, che si afferma, che si sviluppa attraverso una serie di figure, di immagini. Questa è un’opera che compie un movimento duplice: da un lato lo sviluppo dello spirito nella storia attraverso una serie di figure, dall’altro la coscienza dell’individuo che ripercorre il cammino per riconoscersi come spirito. Da finito si riconosce come infinito. La fenomenologia (verbo fainomai, manifestarsi) è la manifestazione. Essa è la storia romanzata della coscienza che attraverso una serie di contrasti, spaccature, scissioni e momenti di dolore raggiunge l’universalità, per cui esce dall’individualità e quindi si riconosce come razionalità. Innanzitutto avviene da subito un ribaltamento della prospettiva filosofica. I Greci ci insegnavano che se la filosofia era la ricerca della verità la parola verità in greco voleva dire svelamento, quindi bisognava togliere un velo per trovare l’essenza della realtà. Qui secondo l’idea che abbiamo di filosofia, sappiamo che il fenomeno è solo apparenza. Con Hegel la verità si manifesta nel fenomeno, quindi nella realtà apparente, nelle contraddizioni che derivano dal mondo dei sensi per giungere fino alla verità assoluta. Il cammino della coscienza viene raccontato attraverso una serie di immagini. L’opera è divisa in sezioni: 1. coscienza 2. autocoscienza 3. ragione 4. spirito 5. religione 6. sapere assoluto. Gli ultimi 3 punti anticipano il contenuto della filosofia dello spirito e della filosofia della storia. Noi studiamo le prime tre, le ultime 3 sono delle anticipazioni degli elementi della filosofia del diritto e dell’enciclopedia delle scienze filosofiche. La coscienza è la prima sezione, quel punto di partenza del soggetto, dell’uomo. Il primo punto di partenza della coscienza è la certezza sensibile, l’uomo è certo che esiste l’oggetto che ci viene rivelato dai sensi. La difficoltà che sorge è capire come il soggetto possa partire dalla certezza che esiste l’oggetto e da qui capire come esistano tutti gli altri oggetti. Questa certezza avviene attraverso la percezione e dalla percezione attraverso la rappresentazione. Nella rappresentazione io conosco l’oggetto. Scopro attraverso la coscienza che prima abbiamo la sensazione, poi il passaggio alla percezione, quindi il passaggio alla rappresentazione, quindi la coscienza dimostra che l’oggetto è in me. La coscienza ha risolto l’intero oggetto in sé stessa. La realtà è prodotta da me. Scopro che la realtà è prodotta da me. Quando la coscienza risolve questa situazione dell’intero oggetto che viene prodotto da me essa diventa autocoscienza, cioè consapevole di sé stessa quindi dall’attenzione verso l’oggetto nella seconda sezione passa all’attenzione verso il soggetto: l’autocoscienza. L’autocoscienza, cioè la certezza dell’io di esistere in ogni cosa, la consapevolezza che l’io ha di sé stesso, va conquistata, quindi l’autocoscienza è un percorso che l’io compie, è l’attività concreta dell’io che viene considerata nei rapporti con gli altri. L'autocoscienza è un percorso che l'io fa, cioè l'io deve compiere un cammino per essere consapevole della propria autocoscienza. L'autocoscienza postula la presenza di altre autocoscienze in grado di darle la certezza di essere tale. L'uomo è autocoscienza solo se riesce a farsi riconoscere da un'altra autocoscienza, cioè da un altro essere libero e pensante come lui. L'autocoscienza si manifesta come cupiditas, come desiderio, e il desiderio di manifesta come istinto di possesso, quindi si percepisce ciò che abbiamo intorno come qualcosa da possedere perché quando io possiedo ho un obiettivo: l'istinto di autoconservazione. Oppure si manifesta come istinto di autoaffermazione, cioè istinto di riconoscimento da parte dell'altro, quindi noi vogliamo essere riconosciuti da parte dell'altro. Questo istinto di riconoscimento da parte dell'altro avviene non attraverso l'amore ma attraverso una lotta, un conflitto tra le due autocoscienze per il reciproco riconoscimento. Nella storia dell'umanità abbiamo visto che questa lotta ha sempre creato la dialettica tra colui che domina e colui che viene dominato, In ogni conflitto l'autocoscienza è disposta a rischiare la vita per affermare la propria indipendenza. Questa lotta finisce sempre con una subordinazione dell'una nei confronti dell'altra. Abbiamo la figura del signore che ha vinto la lotta, la figura del servo che ha perso e si subordina. Questa è la storia dell'umanità. Questa dinamica viene ribaltata e i ruoli si invertono perché in realtà il servo attraverso il lavoro produce, trasforma, padroneggia la natura, quindi è indipendente da essa, mentre il signore dipende completamente dal lavoro del servo. Il servo nella dialettica vive 3 momenti: 1. La paura della morte perché il servo ha tremato davanti alla possibilità di morire. 2. Quello del servizio, il servo rendendosi servizievole e servendo diventa indipendente dal mondo sensibile. 3. Attraverso il lavoro si crea una sua autonomia definitiva, una sua indipendenza dalla natura e dal padrone. La dialettica servo-signore vede un ribaltamento dove apparentemente il signore ha vinto e il servo si è subordinato, apparentemente il signore è indipendente, ma tutto ciò è il contrario. Questa dialettica servo-signore piacerà tantissimo a Marx perché vedrà e darà una grande importanza al ribaltamento. Il lavoro è importante, infatti Marx ritiene che l’essenza dell’uomo sia il lavoro. Il servo apparentemente viene sottomesso e subordinato ma grazie al lavoro riesce a liberarsi. Marx non intende il lavoro della fabbrica, vuole riportare l’uomo verso un lavoro creativo. Ai filosofi esistenzialisti questa dialettica piace perché tramite la paura della morte e l’angoscia arriviamo alla consapevolezza di noi e del nostro essere. Il conflitto tra autocoscienze piacerà alla filosofia successiva. Nella dialettica servo-signore vediamo l’importanza del lavoro e la figura che meglio rappresenta l’indipendenza dell’io nei confronti delle cose. Hegel riprende lo stoicismo che è quello che rappresenta l’indipendenza dell’io, il saggio stoico era colui che era completamente autosufficiente e indipendente dal mondo della natura. L’autosufficienza e la libertà del saggio sono comunque astratte, dice Hegel. La figura che meglio rappresenta e mette tra parentesi il mondo della natura e non ne è condizionato è lo scetticismo. Lo scettico è colui che sospende l’assenso, colui che nega tutto, nega la verità. Per lo scettico negando tutto nulla è vero, tutto si equivale allora non crede a nulla, non da’ valore a nulla, nemmeno alla vita. Non dando valore alla vita scaturisce nello scettico l’idea di infinito, lo scettico cerca qualcosa che va al di là della vita. La figura che meglio rappresenta il desiderio di innalzarsi all’infinito è la coscienza infelice. La coscienza infelice è una coscienza scissa in due tra la sua finitezza e l’infinito. Essa vive la separazione radicale che esiste tra l’uomo e Dio, è una coscienza lacerata tra la finitudine dell’uomo e Dio. Essa viene rappresentata e colta da Hegel nel monachesimo medioevale che esprime bene la categoria dell’infelicità. Esso vede in 3 momenti questa categoria: 1. Pura devozione, momento in cui la coscienza cerca di uscire dalla sua schiavitù, dalla sua finitudine, ma l’infinito resta lontano, qualcosa che non si può raggiungere. 2. Lavoro, la coscienza si mette alla prova, arriva a capire che forse non è del tutto finita perché i frutti del suo lavoro sono un dono di Dio e derivano anche dalla sua capacità. Però questa sua consapevolezza che i frutti del lavoro sono un dono di Dio conduce la coscienza alla mortificazione di sé in favore di Dio. 3. La mortificazione di sé, la coscienza si mortifica, rinuncia ai frutti del proprio lavoro, si nega come qualcosa individuale ed è qui il ribaltamento: essa diventa universale. L’io assume consapevolezza diventando universale, quindi evidenziando il passaggio alla terza sezione dell’opera che è quella dedicata alla ragione. Quest’opera è la storia della coscienza umana che diventa sempre più spirituale, infatti la coscienza infelice è l’emblema del bisogno che ha la coscienza di diventare infinita. Diventare sempre più spirituale vuol dire dare sempre meno valore al mondo dei sensi. La coscienza vive questo momento quando avviene il passaggio alla ragione. Questo passaggio alla ragione dove la coscienza vorrebbe unificarsi a Dio, quando la coscienza si rende conto di essere sé stessa l’universale, avviene nel rinascimento. Nella cultura rinascimentale l’umanità guarda a sé stessa (momento della ragione che osserva) come uno dei tanti elementi del mondo; la ragione quindi in un primo momento osserva sé stessa come un oggetto. L’esempio che fa Hegel è quello della fisiognomica, quella scienza che studia i caratteri del volto umano arrivando con grande presunzione a conoscere la personalità di ogni uomo. Essa è stata utilizzata nell’ambito della criminologia. La coscienza che si studia si estranea da sé stessa, non riesce a riconoscersi come ragione, allora è necessario che per superare questa crisi la ragione agisca, smetta di osservare ma sua attiva. Le tre figure che meglio descrivono la ragione sono: • Piacere e necessità. Le azioni che gli uomini compiono hanno come finalità sempre il piacere, l’edonismo. La persona che meglio rappresenta questa figura è quella del Don Giovanni che cerca nella donna da conquistare il piacere. Infatti il Don Giovanni trova il piacere non tanto nel possesso, ma nella conquista stessa. In questa continua rincorsa del piacere del Don Giovanno che non è mai appagato, egli incontra la necessità del suo destino, cioè la necessità dell’altro (della donna) che è fonte del mio piacere. Qui scaturisce la seconda figura. • Legge del cuore. La ragione vuole la felicità per ogni uomo, quindi vuole opporsi al destino: se tutti gli uomini sono uguali, tutti gli uomini devono essere felici. Teoria profondamente illuminista (anche Rousseau aveva questa teoria). La legge del cuore produce il delirio della presunzione sempre all’interno di questa figura. Nel delirio della presunzione si esclude che vi possano essere degli ideali di felicità differenti: tutti dobbiamo avere lo stesso ideale di felicità. Robespierre in nome della legge del cuore alla fine non accetta che vi siano ideali diversi dal suo. Contro questo delirio si pone la virtù e il corso del mondo. • Virtù e corso del mondo. I rivoluzionari nel momento in cui vanno al potere diventano dei veri e propri reazionari e allora eliminando tutti gli oppositori la virtù si oppone contro a questo comportamento proclamando ciò che si deve fare e tutti i principi che contestano il terrore. La virtù è la proclamazione di ciò che si deve fare, quindi il tentativo di invertire il corso del mondo. Trovare dei principi che governino il corso del mondo è una posizione moralistica. Non devono più esserci questi dittatori perché la storia è sempre stata fatta delle stesse persone; le scelte sono fatte da leader che agiscono per il bene comune. Il corso del mondo per Hegel è attuato dai leader che realizzando il loro successo alla ricerca del potere, in realtà poi agiscono anche per il bene comune. Questa è la lettura conclusiva della fenomenologia. La fenomenologia segue un duplice movimento: è sia lo sviluppo dello spirito nella storia che il percorso romanzato della coscienza che ripercorre questo sviluppo. Lo spirito per Hegel è la ragione universale che si realizza nel mondo e nella storia. Però, la realtà in Hegel è sempre processuale, modo in cui procede la realtà è dialettico, lo spirito diviene è in continuo divenire. Diviene sé stesso realizzandosi come pensiero e come storia. Le fasi in cui lo spirito si realizza, per cui comprende sé stesso, diventa consapevole di sé stesso Hegel le esplicita in questo modo: • lo spirito soggettivo, quindi la coscienza dell’uomo, dell’individuo con tutte le sue facoltà: la ragione, l’intelletto; • lo spirito oggettivo è il secondo momento, cioè le istituzioni in cui lo spirito si incarna, viene a oggettivare sé stesso che sono le istituzioni dell’uomo a livello giuridico, sociale e politico come il concetto di stato. • ultimo momento quello dello spirito assoluto ovvero l’arte, la religione e la filosofia rappresentano la realizzazione completa dello spirito, il mondo completo dell’autocoscienza che si rivela a sé stesso. Riprendendo il discorso iniziale il cammino dell’opera è il viaggio della coscienza, ma anche il viaggio dello spirito che si realizza nell’umanità attraverso la storia delle coscienze individuali. Lo spirito oggi allora rappresenta il mondo delle relazioni umane, dei valori, delle istituzioni. Quello che abbiamo definito l’etos di un popolo ed è importante la fenomenologia dello spirito come l’opera in cui si spiegano le azioni in cui si costituisce l’idea di popolo nelle istituzioni stesse, cos’è il farsi popolo come istituzione, ogni uomo che si può riconoscere nelle istituzioni, nello stato. lo sviluppo dello spirito avviene quindi in tre momenti: il primo dove lo spirito individuale emerge dalla natura, che è lo spirito soggettivo, il secondo momento, lo spirito oggettivo dove si ha lo spirito sociale, l’essenza dell’umanità che si realizza nel popolo e poi l’ultimo, lo spirito assoluto dove lo spirito conosce sé stesso attraverso l’arte, la religione e la filosofia. Si capisce che lo spirito procede per gradi. La parte dello spirito oggettivo che si manifesta nelle istituzioni sociali, si realizza proprio nella realtà, nella storia attraverso tre momenti: • il diritto astratto. Lo spirito si manifesta nel diritto astratto in quanto in esso vengono affermate in modo astratto le libertà dell’uomo individuali come ad esempio il diritto alla libertà, alla proprietà. Nel momento del diritto astratto la legge prescrive ciò che si deve o non osi deve fare, quindi prescrive un comportamento esteriore degli uomini. Le leggi sono qualcosa di esterno al singolo.
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