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Il romanzo di formazione, Appunti di Letteratura Italiana

appunti completi II semestre sui 5 libri in programma con riferimenti delle letture svolte in classe

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 19/05/2022

elisa-saladini
elisa-saladini 🇮🇹

4.5

(53)

45 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Il romanzo di formazione e più Appunti in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! LEZIONE I ROMANZO DI FORMAZIONE -Bildungsroman: sottogenere che nasce in Germania a fine 700 ad opera di due illustri scrittori Jean Paul Richter (Anni acerbi, 1763) e Goethe (Ultime lettere di Jacopo Ortis, 1796) -se il romanzo è il genere per eccellenza della modernità, il romanzo di formazione è il genere della modernità al quadrato, non a caso negli anni 2000 ha ancora la sua fortuna -nel corso di due secoli il romanzo di formazione ha mutato il proprio codice genetico, ha varie fasi. Sta di fatto che attraversa tutta la modernità Perché questo carattere così emblematico? -l’eroe della tradizione è un eroe maturo, nel pieno delle sue forze fisiche e intellettuali, già esperto dei vizi umani; ha accumulato esperienze ed acquistato una saggezza, sapienza di vita. Sa, davanti a tutte le circostanze, come regolarsi e cosa fare. -Con la modernità invece assistiamo a questo fenomeno per cui le generazioni marginali (il vecchio padre) si emancipano, acquistano una loro centralità. Non che il romanzo moderno non abbia più personaggi di mezza età, ma dà finalmente libera cittadinanza agli estremiavranno grande spazio i vecchi e soprattutto i giovani nel romanzo di formazione i protagonisti sono principalmente giovani e adolescenti, a volte perfino bambini o burattini che aspirano a diventare bambini -il romanzo di formazione segue la crescita, lo sviluppo del piccolo Ascanio Da cosa deriva l’importanza che la modernità assegna ai giovani? -all’inizio del nostro percorso del romanzo di formazione i giovani rappresentano l’incarnazione di un mondo dinamico, in evoluzione, che finalmente si apre al mutamento dopo secoli di sostanziale stagnazione -il modello patriarcale era, a livello privato/famigliare, l’equivalente di una struttura sociale piramidale, verticistica, bloccata, in cui i figli erano predestinati a seguire le orme dei padri o a obbedire alla volontà dei padri (si pensi alla monaca di Monza che è destinata alla via ecclesiastica per destinare al primogenito la trasmissione dei titoli della proprietà) -la società era paralizzata da secoli fin quando arriva la rivoluzione francese che mette tutto a soqquadro  il romanzo di formazione è storicamente figlio della rivoluzione francese; è la rappresentazione, affidata alla vicenda evolutiva di un giovane personaggio di un mondo che si appresta a modificarsi, di una società dove i figli non sono più costretti a obbedire alla volontà del padre e dove chi nasce povero non è detto che non possa fare fortuna -l’800 infatti è pieno di self-made-man, ex Mastro Don Gesualdo, ma infondo anche ciò che fa Renzo fa parte del suo romanzo di formazionela narrativa dell’800 è piena di persone che dal nulla si costruiscono una fortuna, fanno successo. Anche nel piccolo la novella di Verga di Piazza della Scala mostra come i figli abbiano cercato di migliorare le condizioni economico-sociali rispetto a ciò che il padre era riuscito a combinare 1 il romanzo di formazione è quella forma romanzesca che, assumendo a protagonisti dei giovani, li mette davanti alla possibilità di costruirsi un avvenire e diventare arbitri o coprotagonisti del loro destino, cosa che in una società aristocratica non sarebbe stato concepibile la struttura del romanzo di formazione è omologa al rinnovamento della società, dove le classi sociali si apronoosmosi, possibilità che dal basso si ascenda e dall’alto si precipiti -Lucien Goldmann ci invita a non limitare i riscontri tra ciò che succede a livello storico sociale e ciò che si racconta nei romanzi a livello tematico, ma ci fa ragionare sulle omologie più profonde. Le trasformazioni storico-sociali producono trasformazioni strutturali -il romanzo di formazione interpreta la modernità, caratterizzata da queste osmosi e forti dinamismi di ascese e disgrazie; proprio perché interpreta la società moderna, dinamica gode tutt’ora di questa fortuna MODELLO DELL’ASSIMILAZIONE -il 1^ modello affermatosi del romanzo di formazione è quello dell’assimilazione o integrazione -la storia deve innanzitutto avere un lieto fineinserimento del giovane nella società, integrazione -fatti decisivi che segnano l’ingresso di un giovane nella società adulta? Casa e lavoro -nel momento in cui dei giovani si sposano, mettono su famiglia e hanno trovato un’occupazione, questo li qualifica come adulti, sono entrati a pieno titolo nella societàil traguardo è quindi l’integrazione. Ma come viene vissuta allora l’adolescenza? -Come un tempo di preparazione in cui si accumulano esperienze/saperi per divenir del mondo esternoè un tempo di passaggio, di formazione -ma va da se che tutti i giovani all’interno di questo tipo di romanzo di formazione hanno una fretta indiavolata di crescere e completare con tutti i riti questo percorso -fondamentale il titolo del romanzo di Goethe: Gli anni di apprendistato di Wilhelm Meister -il romanzo di formazione è il periodo dell’apprendistato in cui si impara a diventare grandi Chi introduce il romanzo di formazione in Italia? I promessi sposi vs Ultime lettere di Jacopo Ortis -è Manzoni con I promessi sposi a innaugurarne l’esordio -nelle Ultime lettere di Jacopo Ortis non c’è lieto fine, lui si suicida; neanche la storia d’amore di Jacopo è a lieto fineromanzo con percorso a spirale che gli confermerà l’impossibilità di trovare una soluzione vicina ai propri sogni, tutto è bloccato, nulla in movimentosi toglie la vita da eroe romantico quale è perché non accetta compromessi, o tutto (assoluto) o niente. -il giovane del romanzo di formazione ha un progetto di vita che coltiva e cerca di realizzare perché sa che una volta realizzato sarà entrato nella società adulta fa di tutto per andare in contro a questo sbocco -il romanzo di formazione di questo tipo prevede anche un compromesso tra il progetto di vita del giovane e ciò che la realtà sociale può effettivamente consentirgli. L’eroe romantico alla Ortis anche per questo non può entrare nella ratio del romanzo di formazione, Jacopo è uno di quei personaggi che non accettano 2 Manzoni riscritto e poi dato alle stampe il primo narratore orale è Renzo, anche perché egli non sa né leggere nè scrivere diversamente dai figli -poi ci dice le grandi cose che aveva imparato dalle sue (dis)avventure per governarsi meglio in avvenire (chiave del romanzo di formazione) le esperienze servono per maturare, crescere, acquistare una sapienza di vita e regolarsi meglio nell’avvenire. -il romanzo è di formazione perché non ci racconta solo delle vicende; ma da quelle vicende si vuol ricavare una sapienza di vita -ma cos’ha imparato? A non mettersi nei tumulti, a non predicare in piazza, a guardare con chi parla, a non alzare troppo il gomito [cap 1114, tumulti di San Martino], a non tener in mano il martello delle porte [II soggiorno a Milano di Renzo]… -verbo per eccellenza del romanzo di formazione: “imparare”; guai a chi non si corregge, nessuno è infallibile. Motivo che ritroveremo in Pinocchio e che fa parte della struttura formativa del burattino e di nuovo ribadisce la centralità che l’apprendimento ha all’interno della forma del romanzo di formazione -sono citati 6 episodi, ma tutti e 6 in due circostanze diverse, 4 la prima, 2 la seconda, ma con una caratteristica comune. -Dove ha fatto queste esperienze dalle quali ha tratto un insegnamento? In città (Milano), luogo moderno per eccellenza dell’esperienza formativa perché è certamente un luogo più complesso perché la dimensione stessa crea istituzioni/strutture/allontana i rapporti, li rende più formali, anonimi, burocraticiè il luogo privilegiato dei pericoli, insidie, occasioni più preziose per imparare e diventare grandi -abbiamo visto che Renzo e Lucia stavano per sposarsi non essendo mai usciti dal loro paesello (non che nel loro villaggio non fosse arrivato il male, si veda ad esempio Don Rodrigo, ma è soprattutto la città il luogo dei pericoli e delle insidie perché non ci si conosce e perché le dinamiche sono molto più complesse) -non a caso queste 6 lezioni di vita (avventure più formativo) Renzo le riconduce a un ambiente cittadino LEZIONE II LUCIA -Lucia non ha nulla da eccepire sul fatto che dalle nostre disavventure possiamo trarre un ammaestramento, ma nel suo caso le cose erano andate diversamente perché lui magari se l’è cercata (delle 6 lezioni enumerate), aveva la sua parte di colpa nei guai capitatigli, Lucia invece non si è cercata guai, ma sono loro che sono venuti a cercarla, non ha fatto nulla per meritarsi ciò che le è capitato (attenzioni di Don Rodrigo, rapimento); l’unica cosa che ha fatto è voler bene, perché avendo sposato un giovanotto col sangue caldo, anche lei aveva dovuto subire indirettamente delle ripercussioni -lei parla al suo moralista dicendo di essere innocentetutto giusto ciò che ha detto Renzo ma è un’interpretazione dei fatti insufficiente, va bene per Renzo ma non per Luciaella integra questa teoria di apprendimento dalle esperienze rapportandola al suo caso particolare -sunto: presa d’atto che i guai prima o poi capitano a tutti, sia che ci si sia cacciati, sia quando non si è fatto nulla; capitano a maggior ragione quando uno se li va a cercare, ma comunque neanche la condotta più 5 cauta basta da sola a tenerli lontani. Possono capitare perché dopo il peccato originale il male è entrato nella storia, nel cuore dell’uomo e quindi la malvagità può incrociare il nostro percorso di vita anche quando non abbiamo fatto nulla per intercettarlo (si pensi alla filosofia di vita di Don Abbondio di scansare tutti i pericoli: ciò non gli impedisce di imbattersi nei bravi di Don Abbondio ed essere messo davanti a una scelta tostissima); il punto è regolarsi meglio in avvenire (scopo romanzo di formazione). I guai capitano, come affrontarli? Due sono gli argomenti che i due popolani, con la sottoscrizione piena di Manzoni, avanzano per fronteggiarli, posto che ci si debba fare i conti prima o poi: la fiducia in Dio (che non toglie i guai), ma pensare che lui non ci abbandona, ci aiuterà e ci darà la forza di affrontarli, li raddolcisce; l’abbandono a Dio è strutturale, appartiene alla visione cristiana del mondo di Manzoni; serpeggia ma è una costante del romanzo, si pensi ai vari personaggi (Fra Cristoforo/Padre Cristoforo, svolge funzioni paterne di aiuto/sostegno/appoggio delle vie d’uscita e delle scappatoie che appartengono al padre di famiglia); ognuno ha il suo modo di agire e affrontare le situazioni, tutti pensano di poterle risolvere con le proprie forze, è umano -tanto Renzo quanto Lucia sono orfani come la maggior parte de giovani del romanzo di formazione. Finchè c’è un padre è lui a decidere sul destino dei figli (visione patriarcale tradizionale). Nel mondo moderno in cui si innesta il romanzo di formazione, la figura del padre viene meno, la modernità è il tempo o del conflitto generazionale (scontro figli vs padri) o il tempo dell’orfanezza, della perdita del sostegno del padre. Il romanzo di formazione avendo come protagonisti dei giovani mette in scena sempre una di queste due situazioni -orfanezza consustanziale alla modernità e al romanzo di formazione perché a quel punto il giovane deve cavarsela da solo, far la fatica di trovare un posto nella società senza aiuti, fidando solo delle proprie capacità o affidandosi a qualche surrogato paterno o abbandonandosi a Dio -nel caso di Manzoni Renzo è orfano di entrambi i genitori; Lucia del padresono perfettamente dentro sto orizzonte, giovani che devono trovare con le loro forze una soluzione a tutti i problemi, ma almeno possono contare sull’aiuto di Padre Cristoforo e su quello di Dio ogni personaggio esperisce quelle che a suo giudizio possono essere le azioni più efficaci per raggiungere uno scopo: Don Abbondio tergiversa, accampa pretesti, si fa forte del suo latinorum per rinviare il matrimonio e parare il colpo fronteggiando le minacce di Don Rodrigo; Padre Cristoforo quando viene a sapere di ciò va a trovare Don Rodrigo cercando vanamente di dissuaderlo; Renzo va dall’avvocato Azzecca Garbugli (giustizia) per poi scoprire che stava dalla parte dei potenti; Lucia pensa di riuscire a uscire dalla testa di Don Rodrigo stando vicina alle sue compagne senza dargli alcuna rispostaognuno fa leva su ciò che gli sembra più giusto, ma sempre immancabilmente le azioni degli uomini non portano al nulla, nel caso peggiorano le cose. Si sistemano imprevedibilmente nel momento in cui il personaggio getta la spugna e si affida a Dio -quando Renzo si abbandona alla provvidenza, questa gli va incontro -il punto di svolta del romanzo è il rapimento di Lucia da parte dell’Innominato. Ma questo rapimento che può segnare la catastrofe (consegna di Lucia a Don Rodrigo) diventa invece svolta perché si consuma la grande conversione dell’Innominato, che diventa una via di salvezza per Lucia verso la libertà. Lì è chiaro che c’è di mezzo di nuovo la provvidenza. Nel punto culminante in cui la catastrofe si sta per abbattere sui promessi sposi, avviene la svolta; anche perché Lucia si abbandona totalmente a Dio e alla Madonna (fa voto di castità, valore sentimentale enorme, solo Dio in una tal situazione ci può mettere la pezza) -questa conclusione è un altro tassello del romanzo di formazione rispetto a tutto ciò che è successo a loro e intorno a loro. Tutti i disegni degli uomini sono destinati a fallire, sia quelli malvagi, che fatti a fin di 6 bene; solo Dio può disporre le cose in modo che anche le situazioni più drammatiche possano avere un lieto fine si spiega perchè la fiducia in Dio raddolcisca i guai. I guai ci sono, ma chi ha la fede nel soccorso della provvidenza, certamente se ne sente sollevato -inoltre questi guai in ogni caso sono utili per una vita migliore, e qui si ritorna alla morale di Renzo (dai guai traggo un utile ammaestramento). In quelli in cui mi sono cacciato io imparo a non sbagliare di nuovo, ma anche da quelli che ci piovono addosso posso imparare i valori della vita, che devono ispirare tutte le nostre scelte in maniera consapevole, ferma; ci aiutano a capire cos’è il bene e cosa il male. È tutto un ammaestramento che si può ricavare dalle circostanze della vita -romanzo con protagonisti due popolani (umili); la sapienza di vita non richiede uno studio filosofico, anzi la raggiungono più facilmente le persone più umili. Il Manzoni sposa le conclusioni cui giungono questi popolani come una sapienza alta scrive per il popolo assumendo il suo punto di vista, rendere la gente più semplice dignitaria LEZIONE III -2 episodi in cui Renzo impara immediatamente dalle esperienze: -fuga da Milano [cap 15 e 16] + episodio nel lazzaretto (dialogo Fra Cristoforo)  Fuga da milano fine CAP 15 Par 10 -risveglio di Renzo nell’osteria della luna piena, quando si trova il notaio e i birri che sono venuti ad arrestarlo -Renzo non riesce a capire perchè lo vogliano arrestare ne come abbiano fatto a sapere i suoi dati anagrafici (i fumi del vino gli hanno appannato la memoria) ma capisce subito che è finito nei guaisi concentra su come fare per uscirne -si tenga presente anche il contesto, siamo nel pieno dei tumulti; in un’altra circostanza di ordine pubblico, notaio e birri non si sarebbero comportati come si comportano in questo frangente -i birri hanno paura di star portando in carcere uno dei tanti partecipanti alla sommossa, non sanno nulla -il notaio da istruzioni a Renzo perché non dia in escandescenza. Quando scenderanno per strada e dovranno percorrere una piccola processione, il notaio si raccomanda che Renzo non si faccia notare in modo che loro possano arrivare a destinazione senza incappare nella rivolta. -Gli argomenti addotti dal notaio sono due: visto che deve essersi trattato di un equivoco perché lui è un galantuomo, chiarito l’errore, lo libereranno subito senza bisogno di fare schiamazzi + facendo schiamazzi vi fate notare e mettete a repentaglio la vostra onorabilità perché vi scambierebbe per un malvivente c’è il tentativo di accarezzare e lusingare il malcapitato finito nelle mani della giustizia per far in modo che l’operazione avvenga senza imprevisti -fosse stata una situazione normale con una città in pace il tono sarebbe stato molto diverso. Se il notaio usa tutte queste false attenzione nei confronti di Renzo è perché teme per se e per i birri, essendo nel pieno dei tumulti di San Martino. Sapendo ciò che succede teme che i cittadini possano prendere le difese di Renzo e quindi mettere anche nei guai l’incolumità sua e delle guardie 7 -Renzo non vuole rimettere piede sulla strada principale perché è troppo pericolosa, ma non deve mai perderla di vista; deve mantenere una direzione, guardare a un lieto fine, a uno sbocco, a una meta -durante la fuga abbiamo 2 soste importantissime entrambe in un’osteria. -Renzo consuma un pranzo e una cena. L’osteria è luogo dove non solo si rifocilla, si riposa, ma è anche il luogo dove spera di ottenere le informazioni necessarie per proseguire; ma è un luogo insidioso. Sempre dove ci sono persone curiose ci sono possibili pericoli. In queste giornate di tumulti le persone erano particolarmente curiose perchè avevano sentito di questa rivolta a Milano e se qualcuno diceva di venire da lì lo assalivano di domande per sapere cosa stesse accadendo -a Renzo, che vuole mantenere riserbo sulla propria identità e sulla sua ultima disavventura di essere finito nel libraccio della giustizia, la curiosità degli altri infastidisce. Rimane sempre diffidente, attento, guardingo. Interessante vedere come Renzo si comporti e si contenga in queste due osterie dopo quello che gli era capitato a Milano nell’osteria della Luna piena. Manzoni riproduce un ambiente in modo da farci assistere e misurare i progressi compiuti da Renzo da un giorno all’altro Par 4 -precauzione non del tutto inutile. Il vino era stato il complice peggiore della sua perdita di controllo all’osteria della luna pienapreferisce ora astenersi dal berlo ancorasi accontenta dello stracchino -le osterie sono un luogo di incontro, un luogo in cui convergono tante persone e tante vite, tanti notizie; l’osteria era ai tempi (quando non c’erano i giornali/internet) l’unico modo di comunicare informazioni, tramite i testimoni -c’è questa curiosità; tanto più che non c’è nessun altro quando è entratola vecchia voleva sapere dei fatti di Milano cui Renzo aveva assistito -Renzo scantona, non risponde alle domande, è evasivo, sfrutta la curiosità di questa vecchia per farsi dare il nome di una città che fosse vicina al territorio di Bergamo ma ancora all’interno nel ducato di Milano e non avrebbe indotto a sospetti i suoi interlocutoriha imparato la lezione ed è diventato molto più accorto -sono mille gli aspetti in cui Renzo mostra di aver tratto buona lezione dalla sua disavventura Par 5 -sta imparando a fingere anche lui -Renzo ha imparato dall’oste della Luna piena che senza darlo a vedere sorvegliava tutto ciò che accadeva; ha imparato la facoltà dell’attenzione per avere notizie utili e rimanere defilato Par 7 -gli si affollano intorno mercanti in cerca di notizie -Renzo vuole star fuori dalla mischia e al tempo stesso non perdersi neanche una battuta del dialogozitto e attento; non parla, non era il caso di dare confidenza ma è tutto orecchi per captare ciò che si dice. Infatti se ne dicono anche sul suo conto -rallenta la sua cena perché aveva già detto all’oste che aveva fretta ma al tempo stesso vuole sentire i racconti del mercante per venire a sapere se dicesse qualcosa sul suo conto -resoconto di parte, soggettivo, come lui ha vissuto i fatti e come li giudica da mercante con negozio a Milano e quindi teme per la sua mercanzia e che serve il vicario di Provvisione per le livree della servitù -la sommossa è stata sedata attraverso questa notizia data dell’arresto di molti rivoltosi con la impiccagione con la forca per i più facinorosi, per i capi della sommossa -si sa che 4 verranno impiccati in questa specie di rito pubblico che deve rabbonire la gente attraverso queste esecuzioni esemplari 10 -idea del complotto: la rivolta non è stata una rivolta spontanea della popolazione, ma una mossa politica organizzata dal cardinal Mazzarino, I ministro francese, contro la Spagna, attraverso questo attacco al ducato di Milano -la vicenda di Renzo è stata ingigantita in maniera iperbolica e travisata la lettera di padre Cristoforo a Padre Bonaventura è un fascio di lettere e lui è scambiato per uno dei capi della sommossa, ritratto di un criminale; a Renzo + par 8-9-10 LEZIONE IV -Renzo è una testa calda, irascibile, focoso, intemperante. Quando riesce a far prevalere il buonsenso mette a freno questo impulso violento; lo vediamo ad ex davanti alla casa del vicario di Provvisione: quando quel vecchio si mette a gridare dicendo che avrebbe voluto crocifiggere sull’uscio il vicario Renzo interviene per evitare l’assurditàsi comporta da persona moderata con la testa sul collo -quando però Renzo viene colpito personalmente non è altrettanto savio e capace di moderazione e ponderazione sul da farsi. La testa calda viene fuori in certe circostanze, ad esempio con Don Rodrigo (antagonista che impedisce il matrimonio, causa di tutti i pericoli in cui incappano i giovani protagonisti) -il percorso di formazione di Renzo non è solo l’esperienza che può trarre da certe disavventure, non è solo una sapienza di vita pratica o relazionale, ma è anche una crescita spirituale -ne I promessi sposi sono tanti i convertiti. Una conversione è quella a cui è chiamato Renzo, che dovrà passare attraverso l’esperienza del torto subito per convertirsi dalla logica della vendetta a quella cristiana eroica del perdono, della riconciliazione, dell’amore fraterno. Qui si gioca il massimo della formazione perché tocca la spiritualità, la dimensione etica della persona -vediamo questo percorso che matura nel lazzaretto, cap 35, attraverso un colloquio forte, concitato, con Padre Cristoforo. -Prendiamo la rincorsa da lontano osservando certe occasioni di collera e vendetta che Renzo si porta in cuore fino a quasi l’epilogo del romanzo PERCORSO DI FORMAZIONE DI RENZO CAP 2 Par 7 -Renzo era andato da Don Abbondio per prendere gli ultimissimi accordi, già vestito da sposo -Don Abbondio l’aveva intortato col suo latinorum; lui se ne stava tornando indietro, saluta Perpetua, intuisce qualcosa, torna indietro minacciando Don Abbondio (primo affioramento del temperamento violento), si fa raccontare tutto e, venuto a sapere del comando di Don Rodrigo, va verso casa di Agnese e Lucia per avvertire che il matrimonio era rimandato e cercare spiegazioni -di ritorno verso casa di Agnese e Lucia comincia la sua ira; si noti la sua mimica, i suoi passi, manifesti esteriori del contegno del personaggio che manifestano tutto ciò che avviene nel suo intimo; poi il narratore onnisciente sa, racconta -è in preda a un impulso irrazionaleda la molla ma ancora non riesce a definire la strategia da impiegare. La messa a fuoco lascia a desiderare (fare qualcosa di strano e terribile, smania della vendetta) 11 Par 8 -capisce che l’ipotesi di entrargli in casa e prenderlo per il collo non poteva funzionare -quando sta per commettere una sciocchezza il pensiero di Lucia lo rimette un po’ tra le briglie. Ma il suo immaginario è un po’ quello di un bandito che colpisce a tradimento e, per sfuggire alle mani della giustizia, fugge, espatria, in modo che non possa più essere inseguitoscenario del brigante -entriamo nei nodi della questione. Spesso la parola giustizia affiora sulle labbra di Renzo. Quando egli va in escandescenza pensa sempre che il suo gesto sia fatto per giustizia. Ma il tema morale è: la vendetta può essere fatta per giustizia? 3 cap -Renzo è arrivato a casa di Agnese, che la sta vestendo da sposa; con una scusa fa allontanare ste persone e riferisce ciò che ha sentito da Don Abbondio e chiede a Lucia spiegazioni -quando Lucia racconta di queste attenzioni che Don Rodrigo le aveva riservato, Renzo sbotta in una delle sue manifestazioni di intolleranza -la presenza del coltello è un dettaglio ad arte di Manzoni: nonostante fosse vestito da sposo aveva un coltello, ma ciò non deve stupire perché faceva parte della divisa, era comune girare armati -Renzo in diverse circostanze mette mano al coltello, sia pure solo in atto di minaccia senza conseguenze. Si pensi anche quando, vicino al palazzo di Don Ferrante, viene scambiato per la II volta un untore, brandisce il coltello vs gli inseguitori; poi salta sul carro dei monatti senza spargimento di sangue -il tema della giustizia e della violenza viene sviscerato da Manzoni in tutti i suoi risvolti -qui il mettere mano al coltello è comunque un atto di minaccia -tenerezza rabbiosa: ossimoro; trapasso di stato d’animo che frulla nella testa di Renzo rapidamente. La tenerezza mesta è per Lucia che piange e per pietà di se stesso; ma poi il pensiero della persona che aveva fatto piangere la sua promessa sposa e imbizzarrire lui, di nuovo gli fa venire il sangue agli occhidalla tenerezza deraglia verso la rabbia -Padre Cristoforo è andato da Don Rodrigo cercando di dissuaderlo dal perseguitare Lucia e consentire il matrimonio; l’ambasceria non era andata a buon fine e quindi Padre Cristoforo riferisce l’insuccesso del suo tentativo ad Agnese, Lucia e Renzo. Dice che continuerà a darsi da fare per uscirne bene, ma intanto devono stare tranquilli e confidare nella provvidenza, sagge parole che però Renzo non è ancora in grado di raccogliere perché, davanti alla resistenza di Don Rodrigo, che non si piega nemmeno a un frate, di nuovo da un’escandescenza Cap 7 Par 3 -il pensiero di Renzo è di eliminare l’avversario -mentre Lucia ci litiga perché non si era innamorata di un violento, di un facinoroso, rifugge con raccapriccio da qualsiasi manifestazione di violenza; Agnese, donna di mondo, un po’ meno cristiana, lo fa 12 -Manzoni poi ha fatto di tutto per spiegarci che i 3 flagelli che si abbattono sul milanese in quegli anni del 600 sono provocati dagli uomini. All’origine di tutto c’è la guerra dei 30 anni e la guerra è anche la causa (secondaria) della carestia (se capita un’annata di raccolto scarso, ma su quel raccolto ci sono voragini per foraggiare l’esercito, le popolazioni si affamano) -così sappiamo bene, come ci racconta Manzoni, che la peste arriva coi Lanzichenecchi (i soldati portano anche la peste). Si sarebbero dovuti tenere fuori dai confini e invece per la ragion di stato si lascia che attraversano il territorio diffondendo la peste -alla luce di tutto il romanzo e dell’impegno di Manzoni per dire che siamo noi responsabili di queste calamità, qui fatichiamo a prendere alla lettera ciò che sentiamo dire da Padre Cristoforo. Ma forse perché qui il focus tematico non è tanto sul fatto che Dio ha mandato la peste, ma sul fatto che l’unico giudice che possa condannare gli uomini per i loro atti è Dio (tesi in rilievo). Dio è colui che giudica e non è giudicato -chi può giudicare? Solo chi è talmente al di sopra dei giudicanti e a tal punto al di fuori dal male (perché per definizione è sommo bene), che non può mai passare dalla parte del giudicato il tema della giustizia viene demandato all’unico che può formulare un giudizio -rinfaccia a Renzo il tempo della carità finalizzato al perdono, appannaggio divino, ma predisposto desiderato e atteso dal perdono reciproco che le condizioni straordinarie dell’epidemia in atto moltiplicano -sono tante le persone offese che muoiono perdonando i loro offensori. Viceversa gli offensori piangono di non potersi umiliare davanti alle persone che avevano offeso c’è un desiderio di chiedere/dare perdono scambievole che domina il clima spirituale di questa situazione. Padre Cristoforo è testimone di questo sentimento che pervade i moribondi: almeno in punto di morte conciliarsi in uno scenario devastato dalla peste e in un contesto dominato da un bisogno di dare o chiedere perdono i propositi di vendetta di Renzo sono completamente fuori luogo. Davanti a questo atteggiamento di rigetto di padre Cristoforo, Renzo comincia il suo ravvedimento -Renzo si ravvede e si rende conto che aveva parlato da persona fuori di testa piuttosto che da cristiano -il rimprovero che Padre Cristoforo fa a Renzo è che doveva perdonare prima -si tenga presente:  l’aspetto strutturale: siamo al cap 35 su 38 il 35esimo è il quartultimo cap che fa pendant col 4–anamnesi di Lodovico che diventa Fra Cristoforo -c’è una perfetta simmetria, tema nevralgico di vendetta/perdono, violenza/amore  Don Rodrigo è nel Lazzaretto, dove avviene la conversazione tra Renzo e Fra Cristoforo; -Fra Cristoforo lo sa, Renzo noil tema della conversione di Renzo si iscrive in una situazione ambientale in cui poi avverrà l’incontro tra l’offeso e l’offensore, ma padre Cristoforo vuole che prima Renzo si ravveda e metta in atto la conversione e in campo le sue virtù eroiche; sarebbe stato troppo facile perdonare a un moribondo che non potrà più nuocerti prima Renzo deve convertire il suo cuore sinceramente (qui c’è la storia di Fra Cristoforo ma anche di Manzoni). Manzoni si proietta in Padre Cristoforo, anche lui è un convertito ma anche impulsivo, esattamente com’era Fra Cristoforo (quando era Lodovico era impulsivo) 15 +rapporto di analogia strettissimo tra padre Cristoforo e RenzoFra Cristoforo fa di tutto perché anche nel cuore di Renzo prevalga una coscienza morale, una ragione -quando ci facciamo sopraffare dall’impulso sbagliamol’indicazione continua di Manzoni è di tenere a freno lo spirito guerrierodistanziamento da Foscolo che celebrava l’impulso. Manzoni vuole che l’impulso venga convogliato a fin di bene, diretto dalla coscienza morale ecco che la conversione deve precedere l’incontro con l’offensore. Qui c’è la rievocazione allusiva del passato di padre Cristoforo che può parlare con autorevolezza perché aveva già sperimentato la vendetta  aveva anche cognizione di causa e conosceva bene il dolore provato per essersi lasciato andare all’impulso nei confronti di un nobile -torna in causa Dio che ha forza e misericordia e torna nelle vesti di giudice unico e assoluto, ma si comincia ad intravedere che mette nelle mani dell’uomo il suo giudizio e questo sarà ciò che scopriremo nelle ultime battute. -Se in te fai prevedere l’odio, impedisci a Dio di aiutarti e benedirti. Dio ha la forza di impedirti di vendicarti e la misericordia di metterti nelle condizioni di perdonarlo, la sua benevolenza sta in questo. -L’occasione è il ricordo dei precedenti di padre Cristoforo -anche il peggiore degli uomini ha qualcosa di Dio; È una giustizia che vuole ammantarsi di misericordia che però ha bisogno del nostro perdono -solo ora Renzo si rende conto che non aveva mai ragionato, ha lasciato che i suoi impulsi avessero il sopravvento sulla coscienzaha farneticato propositi di vendetta piuttosto che seguire la logica del perdonoora con la grazia del signore perdona di cuore -perdonare costase lui lo aiutasse gli verrebbe più semplice -“forse”: anafora all’inizio di ogni frase. -“forse” perché davanti al giudizio di Dio chi può indovinarlo? Qui anche il frate che prima aveva detto cose non abbastanza meditate fa un passo indietro e lascia che tutto sia avvolto nel mistero (quello della salvezza); -ultimo messaggio che lascia al suo Renzo in questo cap e dentro questo episodio: dice che quello che tocca Dio, tocca lui; noi possiamo solo porre, ma, sapendo tutto il male che ha commesso quest’uomo, se tu dimostri di desiderare che Dio lo perdoni e lui si redima, pregalo in questo senso e forse Dio ti ascolterà (più si che no). Per avere la misericordia di Dio ci vuole anche la buona disposizione di Renzo; mentre se tu ti ostini a rimanere in un atteggiamento di odio, gli leghi un po’ le mani. la giustizia di Dio ha bisogno della collaborazione dell’uomo; l’uomo deve consentire a Dio di operare il perdono -come può l’uomo? L’ultima opportunità offerta a Don Rodrigo è quella di un risveglio. È li da 4 giorni tormentato, ma ancora vivo. Forse Dio l’ha tenuto in vita proprio perché aspettava questo momento, per farlo pentire del suo malel’intercessione che viene da Renzo è quella di chi prega che Don Rodrigo possa tornare cosciente prima di morire e pentirsi di tutte le sue malvagità LE CONFESSIONI DI UN ITALIANO, Ippolito Nievo, 1867 -protagonista è quello che scrive le sue memorie, un ottuagenario vecchio, ma ciò non toglie che anche Le confessioni possano essere lette come un romanzo di formazione -è un romanzo di formazione sui generis. 16 -La vicenda si snoda attraverso un periodo lunghissimo, dal II 700 agli anni 50 dell’800 (vigilia unificazione nazionale) -Nievo muore a 30 anni per naufragio avendo però scritto molte cose e lasciando il manoscritto de Le confessioni pubblicate postume nel 1867 -storia lunghissima, la chiave sta tutta nelle primissime righe dove scrive “io nacqui veneziano e morirò italiano”. Quando era nato l’Italia era solo un’espressione geografica (non politica), ma vivendo la vigilia dell’unificazione, lui si pensa morire italiano, in un paese finalmente unificato Che tipo di romanzo di formazione è? -attorno al protagonista c’è una pletora di personaggi che vivono insieme a lui la storia del risorgimento, dell’unificazione nazionale -Le confessioni sono un romanzo di formazione dove la formazione non riguarda solo un personaggio, ma tutti quelli che si affacciano sulla scena romanzesca -la loro formazione consiste nella presa di coscienza dell’identità nazionale. È una formazione identitaria la scoperta di essere italiani; di avere nella storia/costumi/religione/lingua/territorio le carte in regola per vivere in una dimensione nazionale è il romanzo di formazione degli italiani LEZIONE VI LE AVVENTURE DI PINOCCHIO, Carlo Collodi, 1881-1883 -lo leggiamo in chiave di romanzo di formazione, come la letteratura per l’infanzia vuole -poi lo confronteremo con Cuore di De Amicis per sottolineare i tratti comuni e le differenze, due opere che a pieno titolo inseriamo in questo filone che attraversa tutta la modernità letteraria -Carlo Lorenzini, in arte Collodi, quando scrive Pinocchio non dimentica i propri trascorsi giovanili -aveva combattuto nelle guerra di indipendenza, ma aveva anche lui i suoi difetti dal punto di vista umano: indole pigra, riottosità allo studio, abitudini disordinate, dipendenza dai vizi del gioco e dell’alcol -tolto l’alcol, che non è un vizio trasmesso al burattino, gli altri aspetti sono costitutivi del protagonista -il fatto che Collodi non dimentichi quello che è stato e questi vizi trascinatosi anche in età adulta, fa si che la sua pedagogia sia piena di indulgenza (comprensione e benevolenza) nei confronti del burattino perché fondata sull’esperienza della fragilità e del traviamento. La fragilità comporta una debolezza, una facilità ad abbandonarsi alla tentazionealla possibilità di sbagliare strada e traviarsi -Pinocchio esce in un primo momento a puntate su un giornale per i bambini tra il 1881 e il 1883, con un’interruzione e ripresa -nel 1883 diventa libro; il titolo dell’edizione su rivista viene poi trasferito a sottotitolo dell’edizione in volume: inizialmente si intitolava Storia di un burattino; poi Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino -Cuore di De Amicis esce invece nel 1886 17 riferimento. L’orfanezza è una prerogativa del romanzo di formazione I maniera proprio come condizione di partenza per garantire la necessaria libertà di sbagliare e correggersi -il percorso è quello di una maturazione intesa come conquista della saggezza, come irrobustimento della volontà, che prima è molto cedevole alle lusinghe del mondo esterno, e la vittoria di quelle virtù che hanno il sopravvento sulle inclinazioni sbagliate -la strada che deve percorrere Pinocchio è lunga e tortuosa, come accade ogni volta che si è un po’ in balia di se stessi e del mondo perché bisogna imparare a governarsi meglio -Pinocchio ha innato il sentimento del bene e del male, è deposto nella sua coscienza per quanto elementare possa essere ma, all’inizio e fino quasi all’epilogo, è troppo debole per imporsi sull’irresistibile attrattiva esercitata su di lui dall’avventura (curiosità di conoscere il mondo che gli appare così strano, seducente e lui gli va incontro, esattamente come Renzo) e dal divertimento (impulso a non impegnarsi, a non faticare, a prendere le scorciatoie), le grandi sirene che lo vincolano -tra il dovere e il piacere non c’è partita, Pinocchio si lascia sedurre dal piacere -fragile (senza ancora avere costruito una volontà capace di dominare i propri impulsi) e ingenuo (perché del mondo non sa nulla, tutto lo meraviglia), portato a esplorare il mondo, ma ignaro delle sue insidie, si espone a ogni sorta di pericoliripetuti errori e le traversie che ne derivano la maturazione è la crescita, lo sviluppo della ragione e della volontà, facoltà della persona adulta in grado di tarpare le ali agli impulsi e ai desideri sregolati Collodi ci fa assistere ad un processo di estrazione dell’uomo dalla materia viva ma informe rappresentata da quel pezzo di legno e da quella vocina che esce quando ancora quel pezzo di legno da catasta non è stato sagomato -punto di partenza è la vocina che esce da un pezzo di legno e il pezzo di legno che viene lavorato e diventa un burattino -il traguardo è tirar fuori l’umanità, metamorfosi di Pinocchio da burattino a bambino in carne ed ossa -le disavventure sono il tempo di un percorso lento e graduale di maturazione, estrazione dal pezzo di legno animato della dimensione propriamente umana il burattino intagliato con maestria da Geppetto, all’inizio della fiaba, non è ancora l’uomo compiuto; semmai gli somiglia, lo contiene in embrione, ma è solo una goffa contraffazione del futuro ragazzino il romanzo di formazione consiste in quei passaggi che portano alla metamorfosi finale. Il burattino somiglia ma è una contraffazione ridicola dell’essere umano -Pinocchio colleziona, come Renzo, una serie di errori che sfociano inevitabilmente in tragici fallimenti. Pinocchio cade in mille trappole, peraltro subisce l'influenza deleteria delle cattive compagnie (Gatto e la volpe, Lucignolo compagnia negativa per antonomasia) perché i modelli negativi, specie quando il comportamento retto richieda fatica, sono seducenti, hanno anche un loro fascino perverso, quello del male, che viene esercitato nel momento in cui la scelta da effettuare è tra il piacere e il dovere -da queste dolorose e umilianti batoste viene al burattino sempre concesso di rialzarsi e lo vediamo sinceramente pentito e pronto a rimettersi alla prova 20 -per entrare nella struttura pedagogica narrativa dei vari episodi, teniamo presente questo schema che si ripete ogni volta in maniera a spirale. -schema ricorrente: proposito lodevole messo in crisi da una tentazione allettanteconseguente scelta sbagliataconseguenze negative, guaipentimentonuovo buon proposito -struttura circolare ma a ogni episodio Pinocchio sarà diventato gradualmente un po’ più bravo CAP 9 -siamo nel 1 punto del proposito lodevole, si rende conto che Geppetto ha fatto un grande sacrificio, che rischia di buscarsi una polmonite pur di farlo andare a scuola e vuole quindi ricompensarlo, facendo il bravo studente e restituendogli con interessi ciò che ha ricevuto da lui, comprandogli la giacca d’oro e d’argentoregalo che ha ancora maggior valore rispetto al sacrificio che ha compiuto Geppetto -infondo Pinocchio ha un cuore d’oro, ha la bontà, ma si lascia sempre abbindolare da tutto ciò che capita attorno, come in questa circostanza… è partito con le migliori intenzioni, dopodichè sente i pifferi (tentazione allettante di quello che appare più bello e piacevole rispetto all’impegno che richiede andare a scuola, imparare a leggere e a scrivere) e vuole andare a vederecompie la scelta sbagliata e lascia la scuola dicendo che “sarebbe andato domani”, lasciandosi trascinare dalla curiosità e dal principio del piacere -i pifferi annunciano il teatro dei burattini di Mangiafuoco. -Pinocchio ha un problema: come poter entrare e vedere lo spettacolo visto che non ha soldi? Vende tutto ciò che ha, cappellino, abbecedario, giacca di Geppetto… -il padre si è disfatto della giacchetta che lo teneva al caldo per comprarglielo, lui la vende per assistere al teatro dei burattinilo sperpero, scelta completamente dissennata -poi gli altri burattini mossi da Mangiafuoco riconoscono infondo alla sala un loro fratello, Pinocchio. Si mettono a fargli le feste e non obbediscono più a Mangiafuoco che stava inscenando uno spettacolo. Questo si infuria, annulla lo spettacolo, raduna tutti i burattini e chiede che gli portino anche Pinocchio CAP 10-11 conseguenze negative dell’essersi lasciato tentarerischia di finire, lui che era in origini un legno da catasta, nel fuoco di Mangiafuoco e diventare legna da ardere per far rosolare bene il montone che Mangiafuoco stava cucinando allo spiedo -Pinocchio poi fa impietosire Mangiafuoco, il quale starnutisce (segno di commozione) decide di bruciare Arlecchino. Eroicamente Pinocchio perora la causa di Arlecchinoaltro starnuto. Alla fine Mangiafuoco non brucia nessun burattino, si mangia il montone mezzo crudo e, impietosito dalla storia di Pinocchio, gli regala 5 monete d’oro da portare a Geppetto perché si compri una nuova giacca e possa ristorarsi della fame e del freddo 21 CAP 12 -entrano in scena il gatto e la volpe e Pinocchio si fa abbindolare, i buoni propositi verranno abbandonati in favore di soluzioni troppo facili per essere vere -l’incontro col gatto e la volpe è già avvenuto -fingono di essere uno zoppo e l’altro cieco cercando sempre qualche citrullo da ingannare -torniamo al proposito lodevoleripristino situazione lettura iniziale; vuole ricomprare l’abbecedario con le monete per rimettersi a studiare. Ma davanti alla proposta di seminare sotto terra queste monete per farle diventare un albero dove ogni moneta seminata ne avrebbe prodotte 100, di nuovo si lascia irretire da questa tentazione, sbaglia la scelta e gli capita ancora un brutto guaio -quella inventata da Collodi non è affatto una storia statica infatti alla fine abbiamo la trasformazione del protagonista in legno in un ragazzino in carne ed ossa Interpretazioni -ci sono state delle scuole critiche che hanno voluto vedere nella conclusione - il burattino che diventa ragazzino- , un finale di comodo, obbligato ma non veramente sentito da Collodi, come se egli non avesse voluto proporci un romanzo di formazione ma invece avesse voluto divertirci mettendoci davanti a una serie di monellerie. Questa tesi si fa forza da una circostanza editoriale, il fatto che per alcuni mesi Collodi interruppe la narrazione dopo che Pinocchio viene appeso e impiccato dai due malandrini –gatto e volpe-; ciò ha fatto pensare che questa dovesse essere la conclusione della storia –Pinocchio morto e impiccato- -non è così perché questa interpretazione non tiene conto di due cose: 1. una esterna al testo CHI E’ COLLODI? -lui scrive i vari capitoli della storia del burattino per il giornale dei bambini a stron battente. Può succedere a tutti che uno resti ingolfato in altri impegni e non possa andare avanti a scrivere la puntata seguente. In effetti Collodi viveva del suo lavoro di scrittore e aveva per le mani altre collaborazioni, libri di testo per la scuola elementare -così sovraccarico di lavoro ha perfino pensato di farla finire così perché pensava di non riuscire a tenere il passo (questa sarebbe la soluzione di comodo) -ma già due numeri dopo, il direttore della rivista dice: state tranquilli “bambini che il nostro burattino non è morto perché è di legno e presto lo vedremo ancora per altre avventure” c’era stato l’accordo per cui Collodi ha accettato di riprendere e poi va avanti -prima della fine c’è un II periodo di interruzione, ma è l’opera che nasce proprio così. Poi riprende e, finita la pubblicazione a episodi sul giornale, poi avviene quella in volume 2. una interna al testo 22 -Ovviamente parte dall’esperienza ma poi fa tesoro delle raccomandazioni che gli vengono da Geppetto/Fata Turchina… se lasciati a se stesse sono frasi astratte. Pinocchio ha bisogno di sbatterci il muso e provare con la propria esperienza la validità di quelle raccomandazioni -alla luce delle sue disavventure ripensa a ciò che gli è stato detto e dice “come era vero”. Quelle massime di comportamento cessano di essere formule astratte e vengono riconosciute come sapienza di vita -nel cap 12 ha già rivelato al gatto e alla volpe che il Mangiafuoco gli ha donato le monete d’oro -ogni volta che si esce dal seminato i guai sono all’orizzonte -il rischio che ha corso di finire come legna da ardere col Mangiafuoco gli ha fatto sovvenire una delle tante massime che gli aveva proferito il grillo parlante: i ragazzi disobbedienti non possono avere del bene in questo mondo obbedire ai propri genitori e alle persone sagge e assennate che hanno fatto esperienza del mondo e che ti vogliono bene. Ciò dovrebbe mettere al riparo dalle disavventure -qui a posteriori, sulla base dell’esperienza, capisce quanto avesse ragione il grillo parlantele sue massime diventano veicolo di una sapienza di vita. poi c’è il buon cuore di Pinocchio che pensa all’angoscia del suo babbo per il suo mancato ritorno -passaggio decisivo CAP 25 -dialogo con fata Turchina -diventato uno scolaro modello si merita per premio la promessa di essere presto mutato in un ragazzo in carne ed ossa -questa promessa avviene da parte della fata a partire da un’osservazione di Pinocchio sul rapido mutamento della fata che, da bambina, è diventata adulta di punto in bianco e ha assunto le sembianze di una mamma impegni che si prende Pinocchio perché vuole diventare un ragazzopromessa che dipende da lui qui viene messo a tema il motivo che darà luogo allo scioglimento delle avventure, la metamorfosi del burattino in ragazzino -le raccomandazioni salienti sono le solite:  obbedire alle persone adulte che ti vogliono bene;  impegnarsi in tutte le circostanze della vita;  dire la verità;  andare volentieri a scuola Raccomandazioni che riassumono il percorso di formazione da compiere -l’impegno finale: “studierò, lavorerò, farò tutto ciò che mi dirai per diventare un bambino a tutti i costi” -il sugo della storia sta tutto in questa metamorfosi 25 -cos’è questo libro alla fine? Una splendida metafora dell’età evolutiva, stagione della vita in cui l’essere umano è in una condizione ancora provvisoria. -Concezione coerente col modello originario del romanzo di formazione I maniera che guarda in prospettiva a uno sbocco di integrazione nella società adulta giovinezza vissuta come un periodo di noviziato e tirocinio -la musica cambierà affacciandosi al 900 LEZIONE VIII -21 marzo: giornata mondale della poesiainvito a lezione di Gianpiero Neri, Elio Pecora, Guido Oldani LEZIONE IX -ogni volta che Pinocchio compie una scelta sbagliata ne paga le conseguenze Di che natura sono le conseguenze che deve pagare? -conseguenze legate a un processo di degradazione, arretramento che lo riconducono all’inizio alla materia prima di cui il burattino è fatto (legno), successivamente lo dirottano sul binario sbagliato dell’animalizzazione (diventa un asino) -assistiamo a una serie di altre metamorfosi reali o simboliche che lo degradano al rango di animale -la scelta ci mette sempre davanti a un bivio. Se la nostra scelta è sbagliata, la conseguenza non sarà un progresso verso la meta, ma un regresso -le prime disavventure che toccano a Pinocchio ci ricordano di che fibra è fatto.  La prima volta si brucia i piedini per averli troppo accostati a un braciere,  poi rischia di essere usato da Mangiafuoco per arrosolare la fiamma  poi si vede appiccare il fuoco sulla cima del pino, inseguito dagli assassini i primi casi hanno a che fare con la legna d’ardere. Non a caso soni i primi 3 episodii primi 3 incidenti di percorso ci riconducono alla natura prima di un burattino che è un pezzo di legno -poi nella fase più evoluta abbiamo un dirottamento su una metamorfosi inferiore, punitiva che ha a che fare con una dimensione animalescaPinocchio assume le funzioni di qualche animale:  una volta lo troviamo legato alla catena come un cane da guardia; il contadino lo utilizza al posto del vecchio cane che muore per vigilare sul pollaio che viene visitato tutte le notti da una volpe. Pinocchio quindi, restando burattino di legno, viene adibito a funzioni canine  un’altra volta viene scambiato per un pesce dal pescatore verde ed è li sul punto di finire fritto in padella. Anche se le cose si fermano a un passo dalla catastrofe, il rischio è forte e simbolicamente le scelte sbagliate approdano a una regressione  una metamorfosi vera invece la metamorfosi in ciuco nel paese dei balocchi, trasformazione che richiama alla memoria anche altre metamorfosi famose, L’asino d’oro di Apuleio 26 una volta che viene trasformato in ciuchino è costretto a nutrirsi di fieno e poi deve esibirsi in un circo e fare dei numeri -ulteriormente viene venduto per ricavare dalla sua pelle quel che serve per fabbricare un tamburouna serie di conseguenze negative legate alla sua scelta di abbandonare la scuola e vedere come si vive nel paese dei balocchi la crescita si può rovesciare in un processo degenerativo in cui il burattino al posto che sviluppare qualità umane si degrada al grado inferiore della bestia -a questo punto solo a fronte di scelte indovinate, dando prova di essere davvero migliorato e arrivato a compiere il cammino di formazione, arriverà la metamorfosi giusta che lo promuove a bambino in carne ed ossa -le ultime prove che lo consacrano a questa metamorfosi:  resistere ai rinnovati inganni del gatto e della volpe che ritentano per l’ennesima volta di sedurlo e abbindolarlo non lasciarsi più trarre in inganno  accettare la fatica per sollevare dalla prostrazione Geppetto e la fatina e durare in questa fatica che consiste nel girare il bindolo di un pozzo per attingere l’acqua; studiare; creare cesti. A girare il bindolo prima di lui era stato Lucignolo che muore di stenti. Pinocchio tornato burattino ne prende il posto e si sottopone per soccorrere il padre Geppetto, che troviamo molto invecchiato e malato, incapace di badare a se stesso e peggiora ulteriormente Pinocchio dimostra di non lasciarsi più abbindolare dal gatto e la volpe e al tempo stesso di essere diventato capace di sopportare il lavoro, lui che era tendenzialmente ozioso CAP 35 Fuoriuscita dalla pancia del pesce-cane -episodio fondamentale perché ci ribalta le posizioni, i ruoli -vedremo che è Pinocchio che salva Geppetto, il figlio che salva il padre, prende l’iniziativa, ha l’idea. È a rimorchio -quello che era formalmente un burattino di fatto è già adulto se assume il ruolo di Enea che porta sulle sue spalle la sorte del babbo -i due si ritrovano nello stomaco del pescecane, Pinocchio si fa raccontare cosa fosse accaduto da sua padre, avventatosi in mare con una barchetta alla ricerca del figlio burattino e invece inghiottito -avendo divorato anche un veliero aveva buttato fuori solo l’albero maestro Geppetto si era potuto nutrire, aveva le candele, ma siamo arrivati al punto in cui tutto era finito Geppetto è esaurito, convinto di dover morire -idea e strategia vengono concepite da Pinocchio, è lui che fa lume e assume il ruolo di Enea, Virgilio CAP 36 -con la fabbricazone del carrettino assume quella che era stata la funzione di Geppetto 27 -avviene lo sdoppiamento. Quel pezzo di legno che si era animato per tutto l’itinerario di formazione torna ad essere un pezzo di legno inanimato che sta li, messo in qualche modo perché, essendo inanimato, non c’è nessuna energia che possa tenerlo in piedi è avvenuto lo sdoppiamento, Pinocchio è uscito e in questo senso anche metaforicamente, c’è un atto che rende manifesto il processo di formazione e maturazione: tirar fuori, educare, far venir fuori quello che all’inizio c’è ma soltanto in embrione. Dentro il burattino di legno che parla, si muove, fa dispetti, c’è il seme del futuro ragazzino che deve svilupparsi e maturare -nel momento in cui ha raggiunto la pienezza della maturazione esce il frutto, il Pinocchio ragazzino in carne ed ossa -guarda al proprio passato e lo si giudica come un tempo imperfetto “com’ero buffo”. Il burattino ha le sembianze approssimative di un bambino, ma ha anche tutti i limiti, le giunture, la rigidità di un pezzo di legno -il guardare col senno di poi a questa sua storia passata anche con benevolenza e simpatia ma da un rialzo, da un altro punto di vista di chi ha raggiunto il suo obiettivo -di quello stesso decennio LETTERATURA REALISTICA (NON FIABESCA) I MALAVOGLIA, Giovanni Verga, 1881 -una tappa imprescindibile che segna un punto di crisi del modello originario del romanzo di formazione è data da I Malavoglia di Vergainizio anni 80, un attimo prima rispetto alla cronologia del Le avventure di Pinocchio -si parla di un’intera famiglia, ma in particolare la struttura del romanzo di formazione appartiene al giovane maschio primogenito della famiglia, ‘Ntoni; egli è il malavoglia per antonomasia, forse l’unico malavoglia alla lettera -Malavoglia è un soprannome. La famiglia si chiamava Toscano -come usa spesso nei nomignoli di questo mondo ancora arcaico e primitivo, il soprannome è ironico, dice il contrario rispetto alla realtà. I Malavoglia erano sempre stati dei grandi lavoratori, non sapevano cosa fosse l’ozio. L’unica mela marcia è ‘Ntoni, che da legittimità a questo soprannome di tutta la famiglia. La Longa ad esempio, madre, è una donnina bassa, piccola e mingherlina -c’è però una logica che fa corrispondere il soprannome della famiglia a ‘Ntoni: da quando ‘Ntoni manifesta questi segni di insofferenza nei confronti del lavoro? -La cosa non appare subito. Non escludiamo che ci fossero già dei germi nel carattere di ‘Ntoni che l’avrebbero portato a preferire l’ozio al lavoro, ma sta di fatto che la sua riottosità si manifesta al ritorno dal servizio di leva militare. Questo è un fatto decisivo anche per l’interpretazione dell’esito fallimentare del suo percorso di formazione 30 -Verga premette a I Malavoglia una prefazione all’intero ciclo de I Vinti in cui anticipa il suo progetto complessivo ed enuncia la tesi di fondo che giustifica il titolo posto all’intero ciclo de I Vinti -parla della fiumana del progresso da cui tutti sono travolti anzitutto perché sentono l’esigenza nuova, mai prima avvertita, di migliorare le proprie condizioni di vita. Sono tutti smaniosi di benessere, di progredire nella scala sociale. il progresso intacca tutti e inocula in tutti questa smania. Al tempo stesso la fiumana li travolge perché poi tutti cadono vittime prima o poi di questa loro smania di progresso e annegano nel sogno di migliorare le proprie condizioni di vita -dentro questo orizzonte filosofico sta tutta la famiglia dei Malavoglia, questo peccato di hybris intacca tutta la famiglia che si lascia irretire dalla proposta allettante dello zio Crocifisso (usuraio del paese) che propone loro un affare, andare a vendere un carico di lupini trasportandoli in un porto per trasferirli in continente -ne consegue una tragedia. La barca fa naufragio, Bastianazzo (il padre) muore, la casa del Nespolo viene persa; il fidanzamento di Mena con Brasi Cipolla si rompe perché i Malavoglia non hanno più proprietà e vengono emarginatidevono andare in affitto in una catapecchia infondo al paese -tragedia che si abbatte sulla famiglia quando questa fa il passo più lungo della gamba non stando alle consuetudini “fa il mestiere che fai” all’origine della catastrofe sta il fatto di non essersi accontentati di vivere con i proventi della pesca ma di aver aperto un’altra attività commerciale -un’altra morte che segnerà un ulteriore lutto nella famiglia è quella della Longa, madre che, a causa del colera che contrae venendo in contatto con persone provenienti da Catania, dove il colera era scoppiato, muore.  La Longa muore di colera perché era andata a vendere le uova e altri prodotti per questi catanesi rifugiati in campagna (attività che esula dalla tradizionefamiglia colpita) -Verga è ancora intriso di questa cultura arcaica, mediterranea, paganaterminologia da tragedia -se però è vero che la fiumana del progresso intacca, colpisce e si abbatte sull’intera famiglia dei Malavoglia, il rappresentante più paradigmatico è ‘Ntoni -i primi segnali di questa riottosità al lavoro si manifestano al ritorno dal servizio di leva che lui, figlio di pescatori, nato in un villaggio in riva al mare, aveva trascorso a Napoli arruolato nella marina; un servizio lungo che, all’epoca, durava 5 anni, all’indomani dell’Unità d’Italia -La sua assenza era un bel problema per la famiglia perché venivano meno 2 braccia da lavoro (‘Ntoni era il maggiore dei figli maschi) e ciò spiega la scelta di darsi al commercio -questo periodo a Napoli lo guasta. È un periodo di traviamento perché lui, nato e cresciuto in questo villaggio di pescatori, Aci Trezza, non immaginava nemmeno che potesse esistere una vita lussuosa, agiata, sfaccendata. Vedere tanta gente che passeggia per via Caracciolo, a Posillico, Mergellina, le donne con gli ombrellini per ripararsi dal sole, le carrozze, i damerini, i cascamorti che ronzano intorno lo travia. -È di nuovo, come abbiamo già verificato ne I Promessi sposi, la città il luogo del traviamento. È la città che suggerisce a ‘Ntoni la possibilità di godersi la vita e poter spendere e spandere senza fatica e senza sudarsi il pane quotidiano, senza doversi spaccare la schiena e rischiare naufragi. Vede che c’è gente che può permettersi certi lussi e si chiede perché loro invece debbano fare tanta fatica, alzarsi la notte, affrontare anche i pericoli del mare aperto  si inietta questo virus per cui lui da quel momento comincia ad avere un chiodo fisso che ha una sua formula ricorrente, un ritornello all’interno del romanzo, un progetto che sta tutto nell’alimentazione 31 “mangiare pasta e carne tutti i giorni”. La fissa di ‘Ntoni da quando torna ad Aci Trezza, dopo essere stato a Napoli, diventa poter vivere in condizioni economiche tali da potersi permettere di mangiare primo e secondo tutti i giorni (la carne non apparteneva all’alimentazione quotidiana del popolo, ma potevano permettersela solo i baroni, i notabili, le persone più benestanti. La stragrande maggioranza della popolazione invece osservava la dieta mediterranea) i Malavoglia erano li che mangiavano soprattutto verdura e le cose che la natura produceva spontaneamente. Si viveva di pesce se mai mangiare pasta e carne tutti i giorni era la sintesi di un ideale di vita alto-borghese -questo porterà poi ‘Ntoni a diventare sempre più svogliato, a lamentarsi completamente col nonno, a sentirsi umiliato di dover prendersi i remi o caricarsi della vela o del timone per la pesca, quasi fosse un somaro. È la perdita dell’innocenza che Aci Trezza aveva garantito fino ad allora dove ognuno era contento di quello che aveva perché non ha conosciuto nient’altro -il malumore che ‘Ntoni si porta dentro, manifestando sempre maggiore irrequietezza, poi scoppia in seguito al ritorno in paese di due giovani andati in cerca di fortuna nel mondo e tornati pieni di soldi che potevano spendere all’osteria con totale libertà e in maniera dissoluta ciò conferma quello che sta maturando come proposito, di andare a sua volta per il mondo in cerca di fortuna con la convinzione che a lui le cose possano andare altrettanto bene un giorno decide di fare fagotto e andarsene -questa sua decisione viene mal tollerata dai suoi familiari. Padron Toni fa di tutto per dissuaderlo. C’è una lunga discussione tra i due in cui viene fuori la formula del pasta e carne tutti i giorni. La madre bagna il cuscino di lacrime. Gli altri fratelli non parlano perché la narrativa verghiana è anche piena di silenzi pesanti che si portano dietro dei vissuti e dei sentimenti forti -lui va e naturalmente non fa fortuna, è il vintoa un certo punto deve tornare in paese più povero e cencioso di come se n’è andato ma i suoi buoni propositi durano pochissimo perché ormai ha perso abitudine del lavoro e il baco del progresso lo ha divoratocontinua ancora di più ad essere un fannullone -a un certo punto non ritornerà più neanche a casa, vivrà all’osteria -processo di animalizzazione del personaggio che, alla ricerca di escamotage, si lascerà coinvolgere nel contrabbando. Finirà per dare una coltellata al finanziere e sarà arrestato -una volta liberato tornerà in paese per salutare i suoi, non avendo più avuto notizie di nessuno, per prendere congedo un’ultima volta dalla recuperata casa del Nespolo e riprendere la via dello zingaro secondo la triste profezia del nonno che gli aveva detto che avrebbe fatto la fine del barbone, del nomade, vissuto in qualche maniera -lui a questo punto accetta quella profezia come la sua meritata condanna 32 -Comincia col I romanzo di Svevo questa nuova tipologia, l’inetto -il primo inetto della lettura italiana contemporanea è Alfonso Nitti -questa formula del personaggio inetto si deve allo stesso Svevo nel senso che sappiamo che questo romanzo si sarebbe dovuto intitolare “Un inetto” in un primo momento, salvo poi un ripensamento da parte di Svevo che non conosceva benissimo la lingua italiana; ripensamento fatto su un dizionario che gli fa capire che inetto era un termine generico e improprio, non capace di contenere tutti i limiti e i problemi di questo personaggio -infatti facendo le concordanze in questo romanzo ci si accorge che l’aggettivo inetto non compare mai -nell’ultima pag del romanzo “lui si sentiva incapace alla vita” -non sembra italiano -inetto è più generico di inadatto, ma poi riguarda solo la parte operativa dell’inettitudine del personaggio (lavorativa e nelle relazioni con gli altri); infatti non è veloce nel lavoro, sbaglia spesso perché si distrae e nelle relazioni personali è goffo, impacciato, imbranato -ma il personaggio sveviano ha una sua complessità che va al di là dei difetti operativi. C’è un problema di esame di realtà, comprensione di ciò che succede. Qui c’è la dimensione della capacità. Alfonso Nitti è incapace di intendere -l’inettitudine ha una serie di strati. C’è il piano operativo, quello esteriore, e uno interiore, quello conoscitivo, dove vale l’incapacità di intendere, infine uno più profondo, ontologico, il costante malcontento. Il non riuscire mai a sentirsi veramente felice, appagato, realizzato -incapacità d’intendere: come funziona la coscienza del personaggio sveviano di Alfonso Nitti e di Emilio Brentani (Senilità)? In uno strano modo che fa di tutto per fraintendere le situazioni: si serve di sogni e sofismi -essendo un inetto e perdente per costituzione e avendo nelle relazioni sempre la peggio, sogna una situazione capovolta, rovesciata, appagantesolo in un sogno compensatorio riesce a ristabilire delle relazioni soddisfacenti. Lui che viene sempre umiliato e rimproverato si sogna di salvare la banca, di essere il padrone della banca e non trattare i suoi inferiori con disprezzo ma di essere buono, generoso, rovescia la realtà e si consola con sogni compensatori quando è lui che subisce un torto. -Ma talvolta è lui che fa del male agli altri, seduce Annetta, e a quel punto scatta subito il rimorso, il senso di colpabisogna cicatrizzare il senso di colpa per riacquistare l’innocenzacomincia il ragionamento sofistico, con elementi pretestuosi per giustificare il proprio atto e proiettare tutto il negativo sulla persona che è stata oggetto di un torto -nell’uno come nell’altro caso, quando lui deve leccarsi le ferite (perché subisce un torto) o tacitare il senso di colpa (perché compie un torto), la coscienza gli fornisce dei pretesti che però alterano profondamente la realtà; sia il sogno compensatorio che il ragionamento sofistico hanno lo stesso effetto di capovolgere la realtà perché lui esce sempre con le mani pulitecoscienza distorta che attua meccanismi di difesa per non vedere e non fare esami di realtà -questi meccanismi tra l’altro saranno studiati dalla figlia di Freud 35 -c’è poi il punto più profondo della felicità. Il grande ideale del Faust di Goethe, lo Streben, l’anelito, l’ansia di poter fare un’esperienza così bella da poter dire al tempo di fermarsi e durare in eterno, di non sfuggire via perché ha fatto un’esperienza che merita di poter essere perpetuata -qui sembra ci sia una manchevolezza all’origine che impedisca al personaggio di essere anche in una sola circostanza finalmente felice e appagato -prendendo l’ultima pagina del romanzo, si dice che egli si sentiva incapace alla vita. Qualche cosa, che spesso aveva inutilmente cercato di comprendere, glie la rendeva dolorosa, insopportabile due piani profondi, quello della coscienza e quello ontologico, dell’essere e dell’appagamento esistenziale -non ha capito da cosa derivi il suo malcontento. Ce l’ha, lo sente, ma non riesce a oggettivarlo perché la coscienza distorce la verità questo qualcosa gli rende la vita dolorosa, insopportabile. Non sapeva amare e non godere -Svevo scrive male, ciononostante è un grandissimo autore. Nelle migliori circostanze aveva sofferto più che altri nelle più dolorose -anche quando le cose gli erano andate bene non aveva saputo goderne Ex -comincia a frequentare casa Mahler. La figlia Annetta ha deciso di scrivere un romanzo ma non è capace e lo vuole anche di successo. Sa già la formula, ma non sa scrivere. Siccome Alfonso ha fama di letterato e quando esce dalla banca va spesso in biblioteca a studiarechiede di aiutarla a scriverlo e si mettono a scrivere a 4 mani. Frequentandosi nasce una certa simpatia che finisce con la seduzione, un atto frettoloso e brutale -tutto il romanzo europeo dell’800 è pieno di cacciatori di dote, arrampicatori sociali, personaggi che quando vedono una preda succulenta dal punto di vista economico, la corteggiano per conquistarla perché è occasione per un salto di qualità. Lui seduce la figlia del banchiere e gli si aprono determinate prospettive lavorative (n 2 della banca da semplice scritturale che era), ma cosa fa? Torna al villaggio dalla mamma lasciandosi scappare la preda sotto il naso -esula completamente dal romanzo di successo dell’ottocento (che piaceva ad Annetta, gioco di specchi meta-letterari) -ecco l’inetto LEZIONE XI -l’inetto è una formula scolastica inadeguata ma ormai affermata -è inadeguato perché Alfonso Nitti, come Emilio Brentani (Senilità) e Zeno Cosini (La coscienza di Zeno) sono personaggi molto stratificati dalle molteplici sfaccettature -potremmo rappresentare l’analisi di Svevo come un edificio a tre piani che abbia:  solo il piano superiore affiorante sopra la superficie terrestre e due sotto la superficie  il piano sotto mostra l’inettitudine del personaggio sotto il profilo lavorativo e relazionale; 36  sotto c’è il piano della coscienza in cui si fanno gli esami di realtà e lì l’inetto sveviano è incapace di intendere perché la sua coscienza lo dirotta sempre; c’è il bunker, piano ontologico, esistenziale dell’appagamento, della felicità e anche lì il bilancio è fallimentare -facciamo una verifica testuale di queste soglie inferiori che giustificano anche l’attribuzione a Svevo della nascita del romanzo d’analisi -poi tireremo le somme rispondendo alla domanda “posto che un individuo è un inetto, è possibile che lui abbia un itinerario di formazione? Cosa succede quando la formazione riguarda un inetto”? -vediamo però prima un passaggio cruciale che segue al possesso di Annetta, questo atto frettoloso e brutale, cui segue però una notte d’amore. Vediamo il commiato, particolarmente indicativo -si gioca il rifiuto da parte di Treves, la più importante casa editrice italiana di fine 800, qui a Milano, di pubblicare questo romanzo -aveva pensato a Treves non solo per la sua importanza ma anche perché era di origini triestine e per giunta ebreo, esattamente come Svevo -Svevo ci dice che Treves non gli ha pubblicato il romanzo perché non gli piaceva il titolo. La spiegazione non regge. Il romanzo Svevo lo pubblica a sue spese seppur affidandosi a un libraioperché Treves non dovrebbe essere d’accordo? -in realtà non gli piaceva il personaggio, non incontrava l’orizzonte d’attesa del pubblico 800esco abituato a piangere e commuoversi identificandosi con gli eroi. Il personaggio 800esco è un eroe che sta sul piedistallo -“il romanzo è un’epopea di un mondo abbandonato dagli dei” (Lukacs). Non vale per tutti (I promessi sposi), ma vale ad esempio per Verga e Balzacil personaggio deve sfangarsela da solo attingendo alle proprie capacità. L’inetto sta in questo orizzonte secolarizzato. Se non ha le risorse necessarie per essere un vincente avrà la peggio per la lotta per la vita -Treves che conosce bene i gusti del pubblico dice che questo romanzo non può piacere. Quando si arriva alla fine del 14esimo cap il pubblico sarebbe irritato perché, nel momento in cui Alfonso possiede Annetta, in una logica di romanzo 800esco, popolato di cacciatori di doti e arrampicatori sociali, quello era il suo trionfo e avrebbe dovuto lì ghermire la preda per diventare il genero di un banchiere cambiando l’orizzonte della propria esistenza. Invece lui se ne va. Si lascia scappare il Kairos Perche? Come? FINE CAP 14 -trascorrono una notte d’amore e solo alle luci dell’alba lo congeda -sta ragazza è innamorata. Gli si è concessa ma non è pentita. Evidentemente lui la attira -lei si affaccia alla finestra e lo saluta con un fazzoletto e lui rispose agitando il cappello -la risposta di Alfonso è meccanica, non sincera, artificiale, da galateo e copione. Si fa così e quindi fa così ma non prova alcun sentimento, non c’è corrispondenza tra il gesto e l’azione. Gli indifferenti di Moravia partono da qui 37 con I Malavoglia Verga da una prima spallata al modello originale del romanzo di formazione prospettando un romanzo di deformazione; Svevo dà il colpo di grazia a questo modello dicendo che non c’è possibilità di progredire, migliorare e cambiare -vedremo poi la piega del romanzo di formazione nel 900 LEZIONE XII IL ROMANZO DI FORMAZIONE NEL ‘900 -completiamo il percorso 800esco avviato che ha segnato con Verga e Svevo l’esaurimento del romanzo di formazione I maniera con integrazione finale -il 900 prospetta una situazione opposta. Possiamo parlare di un anti-modello. Alla struttura evolutiva che tende, come sbocco naturale, all’inserimento del giovane nella società adulta, secondo il modello dell’integrazione, il 900 oppone un anti-modello della contestazione o della rivolta -i giovani del romanzo di formazione 900esco non si riconoscono nella società adulta e non hanno nessuna intenzione di inserirvisi. Inserirsi nella società adulta equivarrebbe a rinunciare a tutti gli ideali a quella autenticità di vita che sentono invece come un valore e principio irrinunciabile. È implicito un giudizio molto severo nei confronti della società adulta borghese -dal punto di vista sociologico il I modello del romanzo di formazione accompagna il processo di emancipazione della classe borgheseha una struttura a lieto fine perché è necessario sottolineare la spinta della borghesia verso la piena emancipazione -quando questo processo è giunto a compimentopossiamo parlare di una società borghese che degenera in società di massa, scattano i campanelli d’allarme. Si ha una percezione non più eroica del mondo borghese, ma una visone critica e problematica -il mondo borghese è pieno di convenzioni e condizionamenti, regole e galatei che impediscono di essere liberi e autentici. Impongono delle rinunce, sacrifici, finzioni, ipocrisie che i giovani di questo romanzo non possono ammettere. Ciò spiega perché vivano il tempo dell’adolescenza in maniera polemica nei confronti della società degli adulti -non c’è più la smania di diventare grandi e trovare un posto nella società perché essa è ipocrita, sbagliata, non si vede perché ci si debba intruppare in un contesto in cui non si crederivolta, contestazione -il 900 è segnato da questo anti-modello che rifiuta in maniera categorica la società borghese creata dai genitori e da tutte le figure istituzionali autoritarie -una delle caratteristiche fondamentali del nuovo romanzo di formazione sarà quella del conflitto generazionale. Lo scontro coi papi simbolicamente in quanto mediatori tra figli e società adulta -siamo all’esplosione del complesso di Edipo che in radice, recuperando il mito antico, si risolve in un conflitto con la figura paternaparliamo di romanzo della rivolta, della contestazione. Conflitto in seno alla famiglia tra genitori e figli 40 -il caso di una Gertrude che obbedisce alla volontà del padre che subisce l’autorità paterna non si da più nel romanzo del 900. Nel romanzo del 900 i figli si ribellano ai genitori e alla figura autoritaria del padre che, in una società ancora patriarcale e maschilista, incarna l’autorità -la mamma è conciliante, protettiva. Nei romanzi di cui ci occuperemo ha anche un ruolo secondario, è spettatrice impotente e sofferente dello scontro generazionale. Vede, soffre e piange ma non sa ritagliarsi un ruolo più significativo -di conseguenza proprio perché l’unico mondo esistente è rifiutato, questi ragazzi non hanno più nessuna voglia ne fretta di crescere, vorrebbero prolungare all’infinito il tempo presente, dell’adolescenza, della libertà e autenticità -Nel romanzo di formazione I maniera lo scioglimento era un compromesso tra il progetto di vita iniziale del giovane e le circostanze esterne, sociali che chiedevano un minimo di adattamento -i giovani del romanzo di formazione 900esco non sono per i compromessi, non vogliono venire a patti ne rinunciare al privilegio della loro giovinezzavivono una sindrome da Peter Pan. Per inquadrarli dal punto di vista culturale, da un lato c’è il complesso di Edipo e lo scontro generazionale, dall’altra la sindrome di Peter Pan che non accetta di venire a patti, perdersi, rinunciare alle proprie prerogative consegnandosi alla società borghese adulta romanzo di formazione 900esco fortemente problematico, modo per contestare la società, letteratura che si colloca all’opposizione, promuove una critica serrata alla società, diagnostica la crisi del mondo borghese e non riesce neanche positivamente a trovare una soluzione perché i giovani si costruiscono un anti-mondo, un mondo secondo o alternativo, che però non entra mai veramente in frizione, contatto con la società adulta -contestazione così radicale che prevede solo una soluzione rivoluzionaria, non rivoluzionista. C’è uno scontro frontale che di fatto è sterile, non produce soluzioni. È la dichiarazione di un’incompatibilità. Rifiuto in toto del mondo in cui ci si trova -peraltro, pensando alla letteratura cannibale, si perde di vista perfino l’immaginazione di un mondo alternativo. -L’ultimo fermento culturale e politico, di segno rivoluzionario, ma che crede nella possibilità di cambiare il mondo, legato al 68, con gli anni 80 (decennio del riflusso) si estingue. -I giovani 20enni degli anni 90 non sono più in grado nemmeno di immaginare l’esistenza e la possibilità di un mondo diverso. Sembrano condannati nell’unico mondo possibile contemporaneo. Siccome questo mondo ha tratti infernali piuttosto che paradisiaci, manifestano il rifiuto, cifra del 900, in una prospettiva di teppismo, rifiuto violento di ciò che esiste “se il mondo è infernale e non ne esistono alti, noi facciamo i diavoli, vogliamo essere i peggiori, manifestiamo la nostra scontentezza con dei gesti che sono antisociali, di violenza”. È una violenza totalmente sterile perché, a maggior ragione rispetto ai precedenti, non c’è possibilità di palingenesi -se l’immaginassimo come la Milano degli appestati di manzoniana memoria, i giovani della narrativa cannibale di fine 900 sarebbero come i monatti. Fare festa a questo mondo infernale 41 -nella prima fase del 900 la rivolta genera la creazione di un altro mondo, quello di Peter Pan, l’isola che non c’è ma può essere immaginata la contestazione che si verifica nel I e II periodo del 900 è una contestazione che non approda a soluzioni di compromesso ma almeno elabora un mondo alternativo. Lo vedremo sia in Tozzi, che ne Gli indifferenti di Moravia, che nel Garofano rosso -a fine secolo è proprio venuta meno anche la proiezione fantastica. Non c’è salvezza. L’unica soluzione è accettare l’inferno e diventarne le espressioni più esagitate -nelle ultime righe la sfida di Calvino ne Le città invisibili: “cercare e riconoscere chi e che cosa nell’inferno non è inferno. Dargli spazio e farlo durare”; ma le città invisibili sono ancora un’opera utopica, sia pure di un’utopia discontinua, con un atteggiamento che accetta di venire a patti, con quelle situazioni inadeguate rispetto alle città a misura d’uomo, ma c’è una spinta a far durare le oasi felici. -Negli anni 90 questa prospettiva non c’è più, c’è solo la soluzione A, di adattarsi, e lo si fa in quella chiave di manifestazione di una scontentezza che è anche del film Pulp fiction, da cui le storie dei cannibali derivano. Ciò per fare la grande arcata 900esca -nel periodo tra le due guerre che vede una nuova fioritura del romanzo di formazione, la prospettiva di cambiare il mondo c’è. L’idea di darsi regole diverse da quelle delle istituzioni adulte -dal punto di vista storico, la rinascita in queste mutate forme del romanzo di formazione deriva, in Italia, della sperimentazione del romanzo della rivolta in area francese; in particolare dagli autori di un’importante rivista parigina “Nouvelle reveu francaise” che praticano ampiamente il genere del romanzo di formazione ma dandogli una piega contestatrice (Gide: L’immoralista, I falsari; Radiguet: il diavolo in corpo; Cocteau: I ragazzi terribili; Pasolini: I ragazzi di vita)atteggiamento di rivolta -la prima opera importante italiana di questa nuova specie di romanzo di formazione è il I romanzo di Tozzi CON GLI OCCHI CHIUSI, Federigo Tozzi, 1919 -narra la formazione di un ragazzo: all’inizio Pietro Rosi ha 13 anni e alla fine 20enne -la cosa interessante è il rapporto tra Pietro e suo padre Domenico, viene messo in campo il conflitto generazionale -Pietro è un inetto, ragazzo giovane che premette di essere della stessa famiglia dei personaggi sveviani -è una persona che non riesce a leggere le situazioni, la realtà; aprirà gli occhi solo alla fine nelle ultimissime pagine del romanzo. Aprire gli occhi sarà la fine della sua adolescenza, indole sognante -è uno dei tanti personaggi che ci proporrà la letteratura del 900 contrassegnati dallo stigma dell’inettitudine -sul conflitto col padre dobbiamo fare i conti col mondo di Tozzi, violento, brutale, bestiale. 42 -mette in atto le sue furbizie. A scuola va a Firenze e qui invece siamo nelle campagne intorno a Sienaavrà bisogno della corriera per trasferirsi -si deve anche mangiare qualcosa, prendere una merendaha bisogno di soldi e glie li chiede in trattoria quando ci sono clienti di riguardo dove non può fare la figuraccia di negare soldi al figlio li ottiene salvo poi pagare con gli interessi quando sono a tu per tu -atteggiamento apparentemente docile e remissivo, che nasconde però una resistenza e un modo per disobbedirgli -la scuola allora apparve un pretesto per star lontano dalla trattoria, chiamarsi fuoriciò che decide di fare, le sue scelte, non obbediscono a una vera vocazione, è tutto studiato come forma di opposizione sorda nei confronti del genitore -la madre, che voleva bene a Pietro, non sapeva manifestargli comunque il suo affetto, un po’ terrorizzata dal marito; una madre poco espansiva Pietro nasce anche privo di affetti, non sa che cosa sia una famiglia affettuosa, protettiva, su cui contare. Il padre lo considerava un idiotac’era poco da aspettarsi da lui in termini di affetto il conflitto generazionale si appoggia anche all’anaffettività della famiglia; qui è venuto meno anche quel legame famigliare, quei vincoli di sangue presenti nel romanzo 800esco (Malavoglia), alla religione della casa, del focolare, della famiglia; c’è chi si allontana dalla famiglia spezzando i vincoli ma poi si pente -qui sembra che la malvagità umana sia entrata anche nelle case, nelle famiglie, non c’è possibilità di rapporto affettivo neanche tra padri e figli -nei romanzi che analizzeremo c’è una situazione di questo genere. Non c’è un legame affettivo tra genitori e figli; non esiste nemmeno un ricatto affettivo che possa stemperare gli animi, ricomporre gli attriti e indurre i figli a riconoscere che al di là di tutto i genitori gli vogliono bene -c’è questa figura fortissima del padre pugile, capace con un pugno di sollevare un barile e con quella voce da orco che appartiene al personaggio -non è su questo terreno che è possibile un confronto. Lo stesso Pietro non può fare a meno di provare un sentimento ambivalente, da un lato di paura, dall’altro di ammirazione (è sicuramente un modello vincente, forte) -col passare del tempo cresce e, per quanto sempre fragile di costituzione, comincia sempre più a sentire questa situazione con scontentezza esasperante -dopo la scuola, che comunque assolve a questa sfida fino a un certo punto perché lui non è troppo versato allo studio, trova un altro modo per entrare in conflitto col padre buttandosi in politica e abbracciando ideali di riscatto e giustizia che erano la bandiera del partito socialista di allora. Si vede lontano un miglio che queste parole d’ordine, che vogliono avere in prima istanza una ricaduta a livello di classi sociali, vengono assunte da Pietro in termini personali. È lui stesso che deve riscattarsi, emanciparsi nei confronti del padre e deve poter ottenere una giustizia, atteggiamento di rispetto e tolleranza da parte di Domenico che attualmente li mancano l’impegno politico all’interno del partito socialista diventa una forma di rivendicazione nei confronti dell’autorità del padre. Viene a contestarlo anche dal punto di vista politico 45 -imbocca la strada dell’impegno della militanza politica come terreno su cui spostare il conflitto col padre e anche lui fa dei sogni compensatori da inetto. Si sogna come eroe di una rivoluzione, immagina di poter essere arrestato e processato a causa del suo impegno politico; l’idea di una prospettiva di finire in carcere lo esalta perché gli riconosce non un ruolo da idiota ma il ruolo di eroe, martire della rivoluzione che si spende per una nobile causa -basta che qualcuno lo chiami compagno per farsi in quattro senza nemmeno pensarci. Compagno significa attribuire un ruolonon un buono a nulla ma un ruolo che lega, affratellastabilisce, sia pure su un piano politico e sociale, una relazione di tipo egualitario, affettivo -questo è quanto basta per quel che riguarda il cap del conflitto generazionale del romanzo di formazione 900esco Il rapporto tra sessi/generi -siamo all’inizio del romanzo -il grande amore di Pietro, con gli occhi chiusi, è Ghisola, una ragazza, sua coetanea, di estrazione bassa, presa a servizio e sta nella casa colonica del podere coi contadini. Tra ragazzi hanno dei contatti e si innamora di lei, che non è la ragazza più adatta a Pietro -è un rapporto fatto di incomprensioni; Ma ci sono delle dinamiche interessanti sui primi rapporti, abboccamenti, sulle prime forme di corteggiamento -affettività che si fatica a manifestare sono i primi tentativi di entrare in relazione con l’altro sesso -la cosa paradossale, ma nell’ordine della psicologia dell’età evolutiva, è che per dichiarare un’attenzione, si fanno i dispetti. Ciò implica il rimanerci male dell’altroil pentimento di aver fatto del malesi chiede la restituzione e ci si invischia in queste relazioni che naturalmente sono da guardare con l’indulgenza del passerotto che per la prima volta si getta nell’aria dal nido e il volo la prima volta è un po’ goffo -sono nel podere di campagna; Ghisola aveva confezionato una bambolina in maniera rudimentale con un cucchiaio di legno cui aveva messo un vestitino intorno -la contadina butta via questa roba e Pietro, offeso perché Ghisola mentre si stava addormentando gli aveva punzecchiato una mano con i ferri da maglia, per dispetto affondò la bambola nella melma e poi si pentì -c’è una violenza anche qui, nel piccolo; lei che gli buca la mano col ferro da maglia; lui che prende un coltellino e la feriscec’è qualcosa che non va; -c’è un altro discorso da introdurre. L’influsso nefasto degli adulti, dei modelli che possono essere anche rifiutati ma uno se li porta dentro (li introietta) anche al di là delle sue intenzioni razionali di prendere le distanze -noi abbiamo visto quel gesto violento del padre che prende il coltello e lo infilza sul tavolo stesso. Questo uso improprio delle posate è contagioso e quindi c’è questo rischio molto frequente che chi cresce riempito di botte, in un ambiente violento, senza volerlo, si trova spesso a usare lo stesso strumento di relazione con gli altri 46 -questa è cosa che chi studia a livello psicologico e giudiziario storie di violenza, conferma tristemente persino in un personaggio inetto e gracile come è Pietro possono avere un potere dei comportamenti violenti come questo -i genitori di Pietro lo picchiarono sulle mani e gli fecero chiedere perdono a Ghisaparadosso di una pedagogia. Ti picchio nel momento in cui ti vorrei insegnare a non ricorrere alla violenza per aver da ridire con qualcuno -gli fa piacere essere punito; ci sono le premesse per tirar fuori un personaggio sadomasochista? Un po’. Il quadro clinico configura un esito possibile di questa natura ma c’è anche una rappresentazione della forza coercitiva del super-io (siamo nel sec della psicanalisi): se tu hai un senso di colpa trovi sollievo se qualcuno di punisce perché hai sbagliato e per rimetterti in pace con la coscienza bisogna pagare. -Questo l’abbiamo visto nel finale de I Malavoglia ad esempio; nell’assassinio di via Belpoggio di Svevo (persona che ha fatto un furto con delitto perfetti, nessun testimone; nessuno sarebbe mai venuto a capo della morte di questo tale; ma il senso di colpa perseguita a tal punto il personaggio da indurlo in errore a farsi scoprire). Ci sono tanti casi del genere contemplati -Alfonso Nitti si difende dal senso di colpa col ragionamento sofistico. È un’altra maniera per vincere il rimorso quello di pensare di non aver fatto nulla di male. -Quando il senso di colpa è così forte da toglierci la serenità l’unico modo per riottenerla è avere la punizione che ci meritiamo. Questa è la logica malata di chi vive le proprie azioni sempre sotto cappa incombente di qualche autorità pronta a punire. Questo è un mondo senza misericordia LEZIONE XIII Gli indifferenti, Moravia Ragazzi di vita, Pasolini Romanzo di formazione anni 2000 GLI INDIFFERENTI, Alberto Moravia, 1929 -i due giovani protagonisti sono malati di indifferenza -l’indifferenza è una malattia della volontà nel senso che queste persone non riescono ad agire in maniera ragionevole, restano inerti, passivi -ma la malattia della volontà ha all’origine la malattia delle passioni: se hanno una volontà così indebolita è perché non vivono la vita in maniera appassionata, non provano più forti sentimenti MICHELE -si guardi il giovane protagonista Michele che, razionalmente sa come dovrebbe comportarsi, fronteggiare determinate situazioni ma proprio perché non glie ne importa niente (non ha più la passione per la vita) non riesce a portare a compimento quello che concepisce 47 -le generazioni di scrittori che hanno potuto vivere le trasformazioni hanno potuto introiettare l’idea che il mondo è cambiabile perché l’hanno visto cambiare sotto i loro occhi. Hanno sperimentato la possibilità di trasformazione. Non esiste un unico mondo ma tantisi tratta di capire quale mondo costruirsi. -Le generazioni più giovani invece, di fatto, accompagnano la narrativa generazionale ciò porta a una diversa percezione del mondo. Sono giovani che scrivono per giovani e non hanno vissuto queste trasformazioni -Calvino nella postfazione alla Trilogia dei nostri antenati, a proposito del Cavaliere inesistente, conia l’espressione “fare attrito” con la storia e la naturascontrarsi, far valere il proprio sogno, ideale per incidere sullo sviluppo della storia e sulla trasformazione della natura. Il fare attrito viene meno nel momento in cui non si ha più la percezione dei cambiamenti nel mondo -è un’impressione falsata proprio dal tipo di esperienza del mondo che noi abbiamo; ciò comporta l’idea che il mondo non sia più modificabile; -non a caso si è parlato anche negli anni ’80 e ’90 di fine della storia. Era una delle formule che andavano per la maggiore e anche di perdita della memoria, in primo luogo di quella storica. La perdita della memoria storica comporta che ci ritroviamo negli stessi errori che sono stati catastrofi. La storia serve per farci imparare come si deve stare al mondo, per regolarsi meglio in avvenire (Manzoni); se non hai più la memoria del passato, hai una percezione delle cose immodificabile Posto che all’inferno nessuno vorrebbe viverci, il mondo in cui vivono i giovani protagonisti del romanzo cannibale sono in rotta di collisione col mondo in cui si trovano, come possono esprimere la rivolta? -È una situazione drammatica perché nel caso di Moravia la diagnosi riguardava le passioni, la volontà -l’orizzonte si è a tal punto abbassato che non si vedono vie d’uscita, l’inferno è l’unico mondo possibile. Se a me non piace e mi ribello la rivolta è sterile perché il mondo non si cambia. Ma io sento comunque il bisogno di ribellarmi perché il mondo non mi piacemanifesto l’insofferenza con tutta una serie di atti di teppismo, di violenza nei confronti di questo mondo che non si accetta. Violenza su se stessi, ci si fa del male; è un mettersi in rotta di collisione con questo mondo con l’unica prospettiva di distruggere, fare del male, non di ricostruire -posto che esista solo il male, posso solo distruggere, introietto il carattere infernale del mondo e lo moltiplico con atti vandalici, brutali, aggressioni, droghe, sesso, violenza, devastazione del patrimonio pubblico -questi gesti sono sterili, non portano a nulla, alimentano la distruzione e alla fine servono solo a dare sfogo a questa insofferenza. Hanno solo questo valore, è una valvola di sfogo che ci fa toccare con mano la gravità della situazione, l’insostenibilità di questo mondo ma senza più la prospettiva di una via d’uscita PIER PAOLO PASOLINI -Pasolini è sempre andato alla ricerca di aree sociali antropologiche incontaminate. Le ha cercate in prima battuta nel mondo contadino vagamente arcadico mitologizzato, in questa chiave arcaica del Friuli; poi l’ha cercato nei Ragazzi di vita, in quella Roma periferica, sottoproletaria, che sembrava al di qua o al di là di ogni codice morale, perbenismo come garanzia di autenticità, passando sopra troppo agevolmente anche 50 su tutta la malvagità di cui è capace chi non obbedisce a nessun codice etico; poi, quando ha constatato che per effetto della tv, l’omologazione sociale è penetrata in tutti gli strati, è andata a cercarla nel II mondo (in India ad esempio). -Ha sempre cercato luoghi antropici e condizioni di vita caratterizzate dall’autenticità, al di fuori di ogni omologazione, per lui l’equivalente dell’uccisione, di ciò che appartiene alla dimensione umana -lo dimostrano anche Ragazzi di vita che, finchè il ragazzo di borgata sottoproletario è capace, ne combinano di tutti i colori, è una sorta di associazione a delinquere; ma hanno anche gesti di generosità (salvano un rondinotto caduto in acqua per salvarlo) -quello stesso riccetto, una volta contaminato dagli ideali borghesi, alla fine del romanzo è diventato riconoscibile in una condizione analoga. Qui stanno affogando due bambini e la corrente del fiumelli sta trascinando e non riescono più ad uscirne ULTIMA VERSIONE DEL ROMANZO DI FORMAZIONE anni 2000 -si guardino le due pagine del manuale -non è più all’insegna del complesso di Edipo (del conflitto generazionale con le autorità), ma all’insegna del complesso di Telemaco (figlio che va alla ricerca del padre perché non ne possiamo fare a meno) LEZIONE 14 IL GAROFANO ROSSO, Elio Vittorini, 1948 -zoom su uno dei più significativi romanzi di formazione del 900 Storia redazionale ed editoriale Prefazione, dicembre 1947 -è in realtà una post fazione alla prima edizione in volume per Mondadori nel 48 (anche se il romanzo era però uscito già a puntate su Solaria tra il 33 e il 34) -il libro infatti sarebbe dovuto uscire per Mondadori nel 36 ma non essendo stato così Mondadori gli propone di scrivere la post fazione, visto che la situazione storica era cambiata e così anche la sua poetica. -nella prefazione Vittorini scrive una lunga introduzione in 21 capitoletti che ripercorrono tutta la sua storia di scrittore dalle origini fino a quella pubblicazione. -è uno scritto curioso per tanti motivi:  Parla di tutta la produzione narrativa di Vittorini  Non è solito scrivere prefazioniè un caso più unico che raro  Prende risolutamente le distanze da quanto scritto (Garofano rosso) spiega la sua distanza dal Garofano rosso e giustifica la sua pubblicazione (nonostante l’allontanamento) e il giudizio piuttosto riduttivo sia a livello di valore letterario che ideologico 51 -la scrittura della prefazione va compresa storicamente e anche rispetto alla sua biografia intellettuale Necessità letteraria di prendere le distanze dal romanzo -egli ha bisogno, per una sorta di politica culturale, di prendere le distanze da questo romanzo. È anche sincero, non è solo per questioni di strategia culturali. Egli non si ripete mai. Tanti autori, una volta trovata una maniera, la sfruttano per scrivere più volte lo stesso romanzo. Vittorini no, ha scritto sempre per necessità perché aveva scoperto un’altra verità o un modo diverso di guardare al reale. Ha la percezione di una realtà dinamica, un mondo che si trasforma sotto i nostri occhi e ha sempre avuto l’ambizione di cogliere le trasformazioni in atto e di dare, con la sua opera, una visione del mondo si capisce perché nel rileggere Il garofano rosso dopo 15 anni dalla sua pubblicazione su rivista se ne senta ormai lontano -Questa lontananza ci da anche uno spunto interessante per ciò che riguarda la comprensione complessiva dell’opera di Vittorini -a metà della stesura del romanzo ha fatto un viaggio a Milano (viveva a Firenze) che gli ha cambiato la visione del mondo anche rispetto alla sua rappresentazione -prima del viaggio la sua letteratura si giocava tutta all’interno di un personaggio; successivamente avrebbe preso un’altra piega, privilegiando ciò che è intorno dall’interno all’intorno (formula che fa capire il cambiamento radicale di prospettiva) -l’interiorità del personaggio ci rimanda al romanzo dell’esistenza giocato in chiave psicologica, psicanalitica. Laddove il romanzo che si occupa dell’intorno ha una chiave sociologica, che guarda ai rapporti, alle dinamiche sociali, ricostruisce un milieu. -Siamo già in clima di neorealismo recuperando da un lato la lezione del Verga, dall’altro assumendo il modello della giovane narrativa americana (Hamingway), di cui Vittorini e Pavese sono stati i grandi mediatori culturali (hanno tradotto queste opere) rivoluzione che non avviene ancora, se non parzialmente, all’interno de Il garofano rosso (opera di transizione). Si vede che è in atto un rimescolamento ancora non risolto. Opera che Vittorini considera irrisolta. Sforzo intellettuale che non ha avuto, dal suo punto di vista, l’esito desiderato Necessità politica di prendere le distanze dal romanzo -ha inoltre l’esigenza di chiarire la sua posizione in merito al fascismo. Da giovane egli era stato fascista, come tanti della sua generazione. Nell’Introduzione alla prefazione dedicherà un paragrafo a spiegare perché lui e tanti giovani della sua generazione avevano aderito al fascismo e perché e quando se ne era poi allontanato -siamo all’indomani della II guerra mondiale. Il romanzo esce per Mondadori nel 48, mentre la prefazione è datata al dicembre 1947. Siamo alla svolta nella storia d’Italia: la fine di una dittatura e l’inizio di una repubblica, la ripresa della democrazia 52 -questo aspetto viene argomentato nel paragrafo 20 dell’Introduzione Paragrafo 20, Introduzione -per ragioni anagrafiche generazionali Vittorini fa parte della generazione del littorio, giovani cresciuti all’interno del regime e che del regime hanno introiettato le parole d’ordine -il romanzo pubblicato a posteriori nel ’48 può essere letto come documento di una stagione sul fascino esercitato sui giovani del tempo dal regime -il ricordo d’infanzia è il ricordo di un desiderio omicida, che Vittorini confessa di avere avuto fin dalla primissima infanzia -questo qualcuno da opacità al bersaglio. Ci fa capire che non conta individuare l’oggetto della violenza quanto poterla esercitare a danno di qualcuno -questo desiderio non è stato ne eliminato ne represso dall’educazione fascista che ha ricevuto -a 16 anni è ancora posseduto da una vaga impressione che per essere riconosciuto uomo occorra forse uccidere qualcuno o comunque versare sangue Da dove può nascere questo desiderio? -non abbiamo elementi sufficienti per entrare nella psicologia del bambino Vittorini ma una chiave possibile d’accesso è nella cultura del ‘900 che anche Vittorini ha assorbito, la psicanalisi. -Tutta la teoria delle nevrosi di Freud è lavorata a partire dal complesso di Edipo. Il complesso di Edipo ci parla di un conflitto generazionale tra padri e figli. Un conflitto che, rifacendosi al mito, ha due episodi fondamentali: in prima battuta vede primeggiare il padre che mutila il figlio forandone i piedi e provocando a Edipo la zoppiadeve sempre andare in giro col bastone; nel secondo episodio viene ribaltato il rapporto dove padre e figlio si scontrano a duello e il figlio ha la meglio senza sapere che l’avversario è suo padre. Lui si toglierà la vista visto che era stato cieco -il complesso di Edipo è lavorato da Freud per spiegare le nevrosi. Ci prospetta un conflitto dove il bambino teme di essere mutilato dal padre con cui entra in competizione per aggiudicarsi l’amore della madre; questo timore è affiancato da un desiderio di rivincita, omicida su cui il super-io oppone un fortissimo divieto la nevrosi nascerebbe proprio dal senso di colpa per espiare un delitto non commesso ma desiderato -questo scenario culturale con La coscienza di Zeno ebbe grandissima fortuna. La psicanalisi è uno dei punti di riferimento culturali più praticati nella letteratura degli anni ’30. -Il garofano rosso è intriso di psicanalisi e anche l’attenzione al desiderio di uccidere qualcuno è legata anche a questo inconscio, conflitto generazionale Il romanzo di formazione incentrato sul conflitto generazionale 55 -la formazione è all’insegna della rivolta e della contestazione dei modelli adulti. Qui sembra di cogliere a livello psicanalitico questo desiderio che proietti su qualcuno di non precisato il bersaglio paterno -sta di fatto che nell’esperienza e nei vissuti relazionali del protagonista 16enne de Il garofano rosso sembra che per essere ammessi nella società adulta si debba commettere un delitto, esercitare violenza su qualcuno (anche per l’affiliazione alla mafia si deve compiere un gesto clamoroso e dare prova di coraggio, di fedeltà al comandamento del capo e ci si deve anche sporcare la fedina penale in modo che poi non si possa più tornare indietro). -Questa logica che presiede all’organizzazione come la mafia è anche quello che si elabora come rito di passaggio e iniziazione alla società adulta in seno ad un’educazione fascistaLa violenza vissuta come un rito di iniziazione, passaggio alla società adulta Equivoco generazionale Questo è un fatto generazionale, non è il caso singolo il vissuto nevrotico del protagonista. È tutta una generazione inquinata da questa mentalità e da questo equivoco che per diventare grandi si debba uccidere qualcuno o comunque versare sangue -equivoco generazionale: loro vivono questa rivolta nei confronti degli adulti, dell’ordine costituito e di tutto ciò che rappresenta il mondo borghese dei grandi -la rivolta ha bisogno di essere incanalata, realizzata in atti, gesti, scelte di ribellione; è una rivolta che va in cerca di una formazione politica che dia le maggiori credenziali di realizzazione dei loro impulsi rivoluzionari; -il fascismo per i ragazzi di quella generazione ha rappresentato un movimento rivoluzionario; se sono diventati tutti fascisti è perché il fascismo in quel frangente sembrava appagare le loro aspettative. È il fascismo squadrista, del manganello, della violenza che fa inorridire, quello del delitto Matteotti. I fatti narrati sono quelli che seguono il delitto Matteotti -il delitto Matteotti è una ferita enorme nella storia democratica dell’Italia unita. Matteotti era il leader del principale partito di opposizione al fascismoMussolini, come mandante, aveva deciso di eliminarlo i suoi sicari avevano ucciso il capo delle opposizioni. La svolta dittatoriale è un governo che non deve fare i conti con un’opposizione; col caso Matteotti i parlamentari fanno la reazione aventiniana -i primi giorni del 1925, in un discorso alle camere, Mussolini si accollava la responsabilità politica e morale di questo delitto e congiuntamente dava il via a una serie di Leggi fascistissime prima delle quali era dichiarata la fine della libertà/democrazia/informazione critica -chi continuerà per qualche tempo a fare opposizione verrà menato (Gobetti) Come vengono recepiti dai giovani del tempo questi fatti criminali? -vengono recepiti come una manifestazione di forza rivoluzionaria. Il fascismo squadrista in questa visione darebbe sfogo agli istinti di rivolta di questa generazionei giovani aderiscono toto corde al fascismo perché lo considerano come un momento rivoluzionario -bisognerà aspettare più di 10 anni (adesione di Mussolini al generalissimo Franco nella guerra civile spagnola e poi all’Asse Roma-Berlino) per aprire gli occhi e venire a capo di questo clamoroso equivoco; 56 nel frattempo però la marcia su Roma sortisce consenso da questi giovani in cerca di una forza vitale rivoluzionaria -gli altri partiti, democratici, non ricorrono ovviamente alla violenza; si aspettano che il consenso avvenga sulla base di argomenti concreti, come adesione razionale alla loro visione delle cose. Ma questo agli occhi degli adolescenti del tempo è una debolezza -Mussolini veniva dalle file del socialismo rivoluzionario e anche nel programma diciannovista molte idee socialiste erano ancora presenti all’interno del programma del fascismo delle origini. Poi però il fascismo diventa sempre più dittatura, il partito che governa e quindi vuole scrollarsi di dosso questo passato rivoluzionario e squadristico puntando sul consenso c’è un fascismo movimentista e un fascismo regime doppio petto -i ragazzi della generazione del littorio crescono sull’equivoco che il fascismo sia una via italiana al socialismo -il romanzo è scritto da Vittorini nel ’33; ancora a quell’altezza il fascismo veniva più paragonato al bolscevismo, comunismo sovietico, che non al neonato partito nazional socialista tedesco. -ciò che avviene gradualmente negli anni ’30 porta invece a scoprire la natura reazionaria del fascismo e ciò comporterà pian piano la frattura fra una generazione che aveva creduto nel fascismo e che invece adesso, disingannata, passa all’opposizione (Vittorini) I segnali della svolta si avvertono nell’ultimo paragrafo Paragrafo 21, Introduzione -questo consenso dura tra i giovani fino al ‘33/’34, sono illusioni molto comuni negli anni in cui scriveva il libro -i giovani fascisti guardavano con simpatia ciò che succedeva nella Russia sovietica prima che l’asse si spostasse verso Berlino LETTURA Cap 5 Occupazione scuola -in forma diaristica -il protagonista annota nel suo diario ciò che è successo il giorno prima: l’occupazione della scuola che fa seguito al delitto Matteotti e non, come ci aspetteremmo, per condannare fieramente questo omicidio di stato, ma anzi per solidarizzare col governo, con Mussolini che aveva ucciso il capo dell’opposizione -a partire dall’equivoco di considerare il fascismo come rivoluzionario, la scuola è sentita come una delle istituzioni contro cui questi ragazzi si scontrano -il conflitto generazionale coinvolge tutte le istituzioni adulte a cominciare proprio dalla scuola -in questo frammento di diario si vedrà anche come l’occupazione della scuola sia vissuta con l’esuberanza vitale di chi vive un’avventura, con scarsa consapevolezza politica, come occasione per far baldoria e 57 -la cava come luogo di cospirazione dove entrano gli episodi, le storie, le narrazioni assunte come esempio e dove ci si forma una mentalità, degli ideali di comportamento poi portati fuori -Tarquinio diventa un personaggio irregolare, ancora più leggendario proprio perché ha tagliato i ponti col proprio passato. È solo al mondo, ricorda solo la sua infanzia e parla di questo luogo, Quero, avvolto in una nube leggendaria -componente leggendaria che, per i titoli di prima maniera, non può che appartenere all’arcaico, al tempo di una fanciullezza mitizzata. -Uno dei primi libri di Vittorini è Sardegna come un’infanzia, un libro di viaggio che scrive avendo trascorso un periodo in giro per la Sardegna e avendola vissuta come luogo arcaico, primordiale, fermo in un passato remoto al di fuori del divenire storico. La fanciullezza è interpretata alla stessa maniera come un tempo irripetibile -il guardare indietro alla fanciullezza come a una stagione paradisiaca è un ingrediente che entra sovente nel romanzo di formazione del ‘900. Idealizzazione dell’infanzia come tempo mitico, dell’estrema libertà, dove tutto era possibile, non c’erano obblighi. È il mito dell’età dell’oro La rivolta getta le proprie fondamenta sul mito dell’infanzia. È l’età dell’oro perché vissuta come età senza condizionamenti. Crescendo ogni soggetto viene irrigimentato e i suoi margini di libertà ridotti. Scuola vissuta come una agenzia paramilitare che obbliga a regole, compiti, palestra verso il mondo adulto limitante -ciò spiega perché il romanzo di formazione del ‘900 sia attraversato dalla sindrome di Peter Pan, il non voler crescere per non perdere le prerogative di libertà appannaggio dell’infanzia -Se la società adulta è la negazione dell’età dell’oro dell’infanzia, non posso che scontrarmi con questa e avere come obiettivo della rivoluzione la riattualizzazione dell’età dell’oro. -ciò spiega perché Tarquinio da un lato vagheggi la forza rivoluzionaria e dall’altro il tempo passato, mitico dove ognuno poteva abitare in una reggia (età dell’oro), età in cui un re buono aveva costruito dei palazzi per tutti i suoi sudditi (anche i più umili). C’è una trasfigurazione, tutto viene idealizzato -l’ideale di questi ragazzi è il coraggio e anche Tarquinio ha il suo lato negativo, ha paura dei fulmini e gli capitava di raccontarne. Ma queste paure, agli occhi di Alessio, indebolivano il modelloTarquinio gli dava addosso -la società, il contratto sociale, il condividere una storia e un destino nasce per vincere delle paure. L’unione fa la forza e il coraggio. Se sono solo mi sento più debole, fragile, esposto ai pericoli ed è più facile che cada in preda della mia stesa paura. -Ci sono tante paure che fanno da collante sociale c’è questa teoria politica dell’alleanza per vincere insieme questa paura comune e arginare una possibile fonte di pericolo che impaurisce -poi c’è la distinzione tra le paure intelligenti e quelle stupide. Tra le paure giuste e quelle idiote 60 -la domanda di Alessio: ha senso distinguere una paura dall’altra? Ci sono delle paure intelligenti o sono sempre stupide? Tarquinio risponde affermativamente, ci sono paure legittime, di cui non ci si deve vergognare e altre idiote -è legittimo associarsi, creare alleanze per difendersi insieme dalle paure intelligenti, fondate, dove invece non è ragionevole sostenere la causa di quelle paure che non hanno motivo d’essere -in una formazione politica che si crea intorno a paure stupide la coalizione è idiota; nell’altro caso è legittima LEZIONE 16 1 CAP Considerazioni affettive -è l’episodio del primo bacio del nostro giovane protagonista con una studentessa liceale di un anno più grande -da parte di Alessio da un lato c’è subito il desiderio di diventare grande ed essere ammesso nella comunità dai 18 anni in su; dall’altro c’è ancora in lui questo cavallino che scalpita quando i ragazzi più piccoli si rincorronofase di transizione in cui non si è più piccoli ma nemmeno grandi -ciò che ha segnato la svolta nella sua condotta è che una ragazza lo aveva guardato; sintomo di attrazione in queste dinamiche adolescenziali di primi abboccamenti delle relazioni -questo segnale di attenzione lo induce a collocarsi su un altro piano, non più quello dei fanciulli ma ad aprirsi al nuovo universo delle relazioni affettive e proiettarsi in una nuova stagione della vita che ci porta a diventare adulti -quando abbiamo introdotto il romanzo di formazione del ‘900 abbiamo sottolineato la sindrome di Peter Pan. Nella declinazione di questo filo rosso, Vittorini ci spiega anche perché si ingenera questa sindrome. Non che i ragazzi non vogliano diventare grandi (si vede subito che Alessio vorrebbe dimostrare di più, ha fretta di crescere e se la fa con i ragazzi più grandi), il problema è che non si accetta il mondo degli adulti così com’è. Si vuole crescere ma trasferendo nel mondo degli adulti la favola di vita, la vera espressione riassuntiva delle esperienze del giovane protagonistaportare la vita a una dimensione favolosa così come la si può vivere nella fanciullezza -se entrare nel mondo adulto comporta una rinuncia a questa favola di vita allora è meglio restare ragazzi. Ma è un piano B. la rivolta nasce dal proposito di portare nella vita adulta la realtà dei fanciulli -Giovanna era una ragazza di buona famiglia, figlia di un ufficiale superiore e lo si vede anche dalla compagna di classe soprannominata “la levatrice” che le fa da serva, la accompagna. Avrà un ruolo piuttosto significativo nello sviluppo dell’intreccio -secondo le dinamiche tipiche il corteggiamento avviene per gradi, con tanta timidezza (Con gli occhi chiusi, Tozzi). Qui si esplica attraverso il seguire ma a debita distanza: Giovanna sa che è seguita ma, come si conviene a ragazze per bene, non da molta corda, si volta solo prima di svoltare verso la strada di casa sua e tanto basta 61 -la sera lui passa in bici sotto le finestre della figlia del colonnello la quale sta facendo esercizi al piano forte -c’è corrispondenza d’amorosi sensi anche se queste forme sono sempre molto indirette, mediate: Giovanna fa capire che Alessio le piace e, siccome nella lettera l’aveva divinizzata, lei lo manda a salutare attraverso le compagne di classe di Alessio con questo epiteto divino (Diana) -un giorno gli inviò un garofano rosso, simbolo di una relazione con valore di pegno d’amore. È un oggetto subito caricato di un valore affettivo. Il detentore del garofano rosso di Giovanna è quello destinato a possederne il cuore. Lei consegna il proprio affetto alla persona cui fa dono di questo pegno -vedremo che intorno al garofano rosso, per il suo significato, ci saranno una serie di tentativi di appropriazione da parte di altri. In particolare da parte di un compagno di classe di Alessio, il Rana, che aspira a vedere per se le attenzioni di Giovanna -il garofano rosso gli viene recapitato da una delle compagne di classe di Alessio, chiuso in una busta. Alessio apre la busta durante la lezione di francese in classe Apertura della busta -non si contiene. Moto impulsivo. È un adolescente in rivolta, esaltato da questo dono -la prof gli gridò di ripetere l’ultimo verso, un classico. Lui, pensando alla sua Giovanna, risponde a muso duro e viene cacciato dall’aula per il resto della lezione. Si mise dietro la porta della 2^, dov’era lei. Approfitta dell’espulsione dell’aula per andare vicino alla sua classe (lui fa la prima, lei la seconda) -caldo imputabile alla stagione ma soprattutto allo stato emotivo di Alessio lievemente confusionale. Non è più padrone del tempo, non sa nemmeno più se sia maggio o giugno. Le scalmane sono l’effetto dell’amore corrisposto attraverso il dono -si apre la porta dell’aula di Giovanna e uscì lei. Attraverso il vetro la vede. Erano in corridoio, da soli, tu per tu e ciò le crea imbarazzo. Lui sente una sensazione che collega a questa esitazione e ipotesi di tornare in classe. Fa finta di non essersi accorto dell’uscita di Giovanna ma quando lei svolta l’angolo del corridoio le corre dietro. Lui aveva supposto che fosse rossa, ma in realtà era sorridente e serena -in questa dinamica del rapporto è una Diana che in questo caso fa da cerva più che da cacciatrice. È lei che si fa seguire “se ti interesso viene di dietro” -tutte le sue esternazioni cominciavano con questo esclamativo “oh!, vado a prendere il fazzoletto che ho lasciato in guardaroba”. Sottolinea che è uscita non per lui ma per andare a recuperare questo fazzoletto. Se poi quell’operazione fosse un pretesto per uscire vedendo Alessio in giro è lasciato alla libera interpretazione -pensò di baciarla e gli tornò il caldo che gli ricordo l’infanzia. Il pensiero di darle un bacio genera questo ricordo che torna insistentemente. Un ricordo che appartiene all’infanzia/fanciullezza, in cui tutto ancora era una favola -lui vuole vivere la vita da adulto, a cominciare dalle relazioni amorose degli adulti, ma nella dimensione infantile della favola di vita 62 -c’è anche la dimensione della temperatura. Quando Alessio pensa a Giovanna, la ascolta dentro l’aula, la vede uscire, ha le scalmaneciò ci dice di uno strato emotivo. Qui, dopo il dialogo con l’amica, è di tutt’altra specie -l’amica da ad Alessio del lei; non sono compagni di classe, ma sono quasi coetanei e il dare del lei sottolinea un voler tenere le distanze rispetto al proprio interlocutore -c’è poi questa esortazione ad essere uomo, come a ribadire che quel poco che c’era stato con Giovanna il giorno prima non poteva essere considerato un atto virile da persona adulta ma qualcosa di ancora adolescenziale, di persona che ancora non fa i conti con la realtà e ancora si lascia dominare dal sogno e dal desiderio -“sappia essere uomo”: frontiera tra Alessio e questo oggetto irraggiungibile, diventata da un giorno all’altro Giovanna Cosa c’entra l’attrattiva per le armi che vede esposte alla vetrina di questa armeria con il discorso così assennato dell’amica di Giovanna? -apparentemente nulla, sembra divagante ma è l’espressione allusiva dello stato d’animo. Avrebbe voglia di sparare a mezzo mondo; a quel mondo degli adulti che gli impediscono di coronare il suo sogno d’amore. -a questo brano Vittorini fa riferimento in uno dei paragrafi dell’Introduzione del ’48 quando dice che all’inizio del suo romanzo aveva dato conto della fantasia omicida coltivata da Alessio -lo spirito rivoluzionario di Alessio, su cui Vittorini proietta i propri trascorsi adolescenziali, è legato anche a questo rigetto di un mondo adulto troppo serio che considera i valori più gratificanti, la dimensione del sogno alla stregua di uno scherzo che non può avere cittadinanza nella realtà -è comprensibile quindi, alla radice, l’adesione del Vittorini giovane al fascismo nella dimensione più violenta ma inteso ancora secondo la prospettiva rivoluzionaria del programma del ’19 (socialista)sviluppo e inizio di un equivoco da cui Vittorini si libererà alla fine degli anni ’30, quando ne capirà il vero volto ci sono motivazioni irrazionali (slegate dalla politica) legate alla rivolta adolescenziale nei confronti di un mondo adulto psicanaliticamente castratore, che non sa nemmeno incanalare tutte le pulsioni belle, i sogni di un ragazzo -le conclusioni provvisorie che tira qui Alessio sono abbastanza spaventose. Si vede che per entrare nella vita dove si colgono i garofani rossi bisogna ammazzare qualcuno Qual è la vita a cui aspira Alessio -la vita dove si colgono i garofani rossi e si baciano le persone di cui si è innamorati. Favola di vita a cui non vuole rinunciare. Se per poterla realizzare, portando la favola di vita nella vita adulta, deve eliminare 65 gli adulti, allora è disposto a fare piazza pulita contro chi impedisce di condurre una vita all’insegna del sogno -lui non può mettere in stand bye un affetto che prova e svilupparlo fra anni quando avrà una laurea in mano e una posizione -la replica è puntuale. Il sentimento che lui prova è serio. Un sentimento non si misura sull’età. Vuole incarnare e realizzare questo sentimento Perché alla fine Alessio è contento di essersi sentito dire le parole della levatrice? -perché quelle parole, mentre lo respingevano nella sua età di adolescente, allo stesso tempo ponevano a livello di ipotesi la possibilità che lui istituisse una relazione seria, profonda, duratura con Giovanna. Era un ragionamento che veniva da una signorina già adulta, integrata nel modo di pensare dei grandi, ma lui entrava in questa storia, anche venendone respinto, ma comunque entrandoci (avendola baciata)il fatto che fosse sentito come una minaccia dal mondo adulto vuol dire che il mondo adulto non può più farne a meno, deve tener conto della sua esistenza ha una parte da protagonista (ostacolato) in questa storia Il garofano rosso -il garofano rosso in cui ci siamo imbattuti fin dall’inizio è un dono di Giovanna, chiuso in una busta e destinato a Giovanni come risposta consenziente alla lettera che lui le aveva scritto chiamandola Diana (la mitizza). La freccia era quel famoso sguardo. Dal giorno in cui Giovanna lo ha guardato, la vita di Alessio è cambiata. È bastato uno sguardo di Giovanna a farlo innamorare (modello stilnovista). Giovanna ha consentito alla manifestazione di affetto da parte di Alessio inviandogli come pegno d’amore il garofano rosso. -Questo fiore avrà una sua storia in tutto il romanzo. Affiorerà in tanti punti. Chi avrà in possesso questo garofano avrà in possesso il cuore di Giovanna; per questo il garofano rosso sarà conteso ad Alessio -c’è un suo compagno di classe un po’ sfigato, il Rana, figlio del farmacista, rachitico, antipatico, senza appeal, sempre solo, scontroso, impaurito dagli altri. È l’anti-Alessio. Ha la funzione di antagonista -anche il Rana è innamorato di Giovanna e aspira a entrare in possesso del garofano rosso. -Vediamo due episodi che parlano di questa dinamica CAP IV -Alessio si è accorto che il Rana, il sabato, si era introdotto nella pensione dove lui alloggiava con altri studenti, di soppiatto, allo scopo di trovare il garofano rosso e rubarglielo si arriva al chiarimento tra i due Il duello 66 -è in gioco quella violenza che sembra dominare nei ragazzi di quella generazione, tanto che anche il più debole, Rana, predestinato ad avere la peggio, dichiara la necessità di questa sfida. -Ma c’è anche una componente cavalleresca: come le giostre dei poemi e del mondo feudale hanno in palio la mano della principessa, il regno per più bravo giostratore, anche qui c’è uno scontro per aggiudicarsi non solo il garofano rosso ma anche il cuore di Giovannasfida cavalleresca tra i due per questo palio così importante -essendo una giostra cavalleresca, ci sono delle regole. I ragazzi vanno in quel posto protetto a sfidarsi, devono essere solo loro due. Gli altri possono entrare solo dopo per proclamare il vincitore e soccorrere il soccombenteavevano lasciato il necessario per marginare le ferite -nella scazzottata ha avuto la peggio il Rana, uscito col sangue dal naso -allora il Rana, non potendo competere sul piano fisico, architetta un altro sistema, crea una società segreta per mettere le mani su questo garofano rosso -nel frattempo dal capitolo 4 al 12 è entrata in scena Zobeida. Nel 12^ cap Alessio fa dono a Zobeida di questo garofano rosso in un trasporto amoroso, ma non lo sa nessuno -Rana, che sta facendo di tutto per venirne in possesso, mette insieme questa macchina gigantesca CAP XII -grande valore simbolico del garofano come pegno d’amore. Bisogna possederlo per sapere a chi si vuol bene. L’attribuzione a questo garofano come pegno d’amore di un valore mistico connota ancora questa dimensione favolosa della vita, come nei poemi, chi beveva una certa acqua si innamorava -sono ragazzi che si creano il loro lessicoquesti altri studenti di una classe facevano il gruppo dei cosiddetti tripolini. Tripoli evoca un immaginario africano, coloniale -entusiasmo con cui il tripolino è entrato in questa società segreta tipico dell’età adolescenziale -all’inizio ci si infervora di un programma. Se poi il programma è di liberare le indie e proteggere le fanciulle c’è dell’opaco (ma che nesso c’è tra le due cose? Nessuno). Sembra che questo programma ufficiale sia una copertura, che sia solo allusivo al vero obiettivo. Forse i chiodi di garofano vengono dalle indie? quanto a liberare le fanciulle magari di mezzo c’è Giovanna. Ma il vero obiettivo è entrare in possesso del garofano rosso perché tutti gli attribuiscano questo potere magico -in tutte le società segrete il programma ultimo lo sa solo chi la crea e la cerchia più ristretta di persone. Poi si fanno filtrare delle notizie per cui dietro questo proteggere le fanciulle c’è i realtà lo scopo, nebuloso, di proteggere le signorine delle scuole che vengono insidiate come se fossero delle sgualdrine. Come nel telefono senza fili poi le cose si storpiano. Forse perché era stato dato un bacio a Giovanna (espediente di abuso della stessa?) 67 -al di la della corporatura viene fuori anche il diverso grado di coraggio, spirito di avventura: hanno combattuto entrambi ma il padre dopo il primo mese di grande guerra era tornato a casa ferito e zoppo. Non può nemmeno raccontare l’epica della guerra che invece anima i racconti del nonno (alone di favola, di poema cavalleresco) -incontreremo ad un certo punto nei capitoli su Zobeida anche la figura che mette insieme a geografia una madonna a cavallo -la canizie è segno dell’età, la biondezza invece rimanda alle origini normanne -viene fuori l’idealizzazione della figura del nonno che contornerà anche nelle altre opere di Vittorini. Si crea un alone leggendario attorno alla famiglia allargata del nonno e dello zio sempre per giocare in maniera contrastiva con la stanzialità della madre che invece è sempre rimasta in casa e pensa ai propri vestiti e alle sottane. Un’altra zia era stata ovunque nel mondo ed era sopravvissuta a incendi mentre la mamma non aveva sottane (uno zio era capitano di marina e girava sulla nave imbarcando anche la moglieanche lei aveva condiviso le avventure dei paesi esotici) -accoglienza della famiglia allargata: chi vuole entra, cocomero per tutti, il bello di fare comunità. Affronta questo chiudersi della coppia. I genitori si isolano rispetto ai loro figli. Il contrario del clima comunitario che fa parte della bellezza della vita -parla di comunismo in senso di messa in comune delle risorse, dalla casa al cibo a ciò che si possiede. Vittorini ha inseguito fino al termine dei suoi giorni l’idea di andare a vivere con alcuni amici di vecchia data in Canada e creare una camera comune si capisce perché qui celebri la casa aperta e un gran comunismo di età dell’oro. Si rende conto che sta parlando di una favola di vita che prevede la condivisione di beni (ideale ebraico-cristiano) -qui si capisce la curiosa ambivalenza per cui si dice fascismo ma quasi si pensa al socialismo (violenza a parte). Si aggiunge qui la dimensione mitica dell’età dell’oro e si capiscono questi meccanismi regressivi, il tornare all’infanzia come l’età dell’oro nella parabola esistenziale di ogni individuo, dove la favola di vita ha il suo luogo d’origine -è stato più a contatto con i nonni e le zie che non con i suoi stessi genitori da cui lo separava questa sua chiusura a riccio -è come se consumassero tutta la loro affettività nel rapporto di coppia e per cui non ce n’era più per nessun altro, nemmeno per i figliquando si restituivano ai figli non avevano altro che il proprio vuoto -sovrapposizione di due miti che si riconducono entrambi alla psicanalisi e alla teoria della nevrosi:  Il mito di Edipo: il padre crea un cordone sanitario intorno alla propria moglie perché i figli non abbiano accessoqui entra in gioco il complesso edipico (desiderio del bambino di poter godere della propria mamma, che viene proibito).  Poi, al grado superlativo, c’è il complesso di Saturno (Saturno divora i propri figli). Qui il padre, nelle vesti di Saturno, li fa divorare dalla propria moglie. C’è questa preclusione per cui la madre è inattingibile e il padre, gran sacerdote di questo rito, sarebbe disposto pure a dare in pasto i figli. Il complesso di castrazione diventa cannibalesco, rito di divorazione dei figli 70 -Alessio si mette a studiare. Su suggerimento di Menta decide di prepararsi come un matto tutta l’estate per fare tutti gli esami a settembre e prepararsi alla 3^ rimedierebbe alla bocciatura e avanzerebbe di un anno per entrare nella stessa classe di Giovanna -ci stava quasi riuscendo, quando torna in città da gli scritti e li supera brillantemente; tuttavia ha una prima sorpresa prima delle prove orali. Nella pensione dove stavano tutti gli studenti provenienti dalla campagna, non trova più l’amico del cuore Tarquinio. Chiede di lui e viene a sapere che è andato a vivere in un alberghetto per conto suo e lo va a trovare CAP 9 -non era il più lussuoso ed elegante degli alberghi, lo si vede anche dall’angustia. Quando entra in quell’albergo comincia a soffrire di claustrofobia. Corridoi strettissimi, come un labirinto dove uno ha la sensazione di fare la morte del topo; la porta non si apre nemmeno del tutto andando a battere contro la ringhiera del lettostanza piccola e spoglia, non c’è nemmeno l’armadio e quel poco che c’è è una bacinella per lavarsi, uno specchio e il letto -chi glie l’ha fatto fare di lasciare la pensione con i suoi compagni Perché Tarquinio se n’è andato? -dal balcone almeno è bello, c’è un bel paesaggio; -siamo a una stagione di passaggio e transizione. Tarquinio guarda avanti e Alessio all’indietro. Per Tarquinio è già arrivato l’inverno (siamo a settembre), per Alessio è ancora estate -Tarquinio ha deciso di diventare grande e questa non è una decisione di poco conto ma lascia basito Alessio. Da uno come Tarquinio non se lo sarebbe mai aspettato, ne avrebbe fatto il suo idolo, modello di un rivoluzionario, che non veniva a patti con le istituzioni; quest’estate invece l’ha cambiato. Lui si allontana perché ha deciso che vuole diventare un uomo, grande -per questo sente che ha bisogno di star solo. È un rito di passaggio: per diventare adulto devo allontanarmi dagli altri, dalle compagnie (ed è una cosa orrenda) -se per diventare adulti bisogna isolarsi allora meglio restare bambini, e questa è la sindrome di Peter Pan del ‘900, filo rosso del romanzo del ‘900 Andare verso l’inverno del mondo adulto o restare nell’estate della gioia di vivere dell’adolescenza? -con tutta l’amicizia che Alessio ha per Tarquinio non riesce a nascondere il proprio imbarazzo di seguirlo in quell’ordine di idee e scelte -Tarquinio rinnega la sua fede adolescenziale, il passato da irregolare, ciò che l’aveva collocato agli occhi di Alessio su un piedistallo. -La rivolta di questa generazione (di Alessio) è una rivolta antiborghese; la svolta di Tarquinio è invece una perfetta integrazione nel mondo borghese. 71 -Pensa a due cose: non operaio ma padrone (solo da ragazzi si può creare il mito dell’operaio, ruolo brutto perché si guadagna poco e si fatica). A lui non sta più bene fare l’operaio, semmai essere il capo di un’officina. Salto ideologico (collocarsi dalla parte dei dirigenti, non operai). -Si apre anche la prospettiva dei ragionieri di banca, la quintessenza nella società borghese. In questo Vittorini guarda a Una vita di Svevo, alla figura del bancario che entra nella letteratura italiana. Svevo era stato appena scoperto grazie all’attenzione riservatagli dentro Solaria. il ragioniere diventa l’emblema della società borghese; l’irregolare diventa un integrato (in senso echiano). -Da apocalittico che vede tutto il male possibile nella società borghese, Tarquinio è diventato un integrato, aderente fino in fondo alla società borghese di fronte all’obiezione di Alessio che gli dice che alla cava non aveva mai fatto questi ragionamenti, Tarquinio sembra dire: viene per tutti il giorno in cui si mette la testa a posto e si vuole fare la persona seria, fare la vita che sognano tutti i borghesi; semplicemente a qualcuno capita presto, a qualcuno più tardi -l’integrazione arriva al punto che non esistono più le classi sociali. Si gioca tutto su un altro piano, quello delle età della vita: diventi adulto o resti ragazzo (e fai ancora i sogni di chi si ribella). Questo sommerge tutti i discorsi che Tarquinio aveva fatto con Alessio alla cava LEZIONE 19 -Alessio è tornato in città per sostenere gli esami che gli consentiranno di accedere alla 3^ liceo nella stessa aula di Giovanna; le prove scritte vanno benissimo. Resta solo lo scoglio degli orali ma Alessio inciampa su un altro scoglio imprevisto, Zobeida. -di lei aveva già sentito parlare, sembrava fosse la più bella donna del mondo. Viene in città periodicamente e poi riparte. È nel giro della malavita. Fa la prostituta come copertura per mascherare traffici loschi (di droga) -a magnificare le bellezze di Zobeida aveva provveduto in particolare Tarquinio -la banda dei tripolini ne aveva magnificato la bellezza anche se poi nessuno era andato con questa donna -dobbiamo anche entrare nel clima storico-culturale dei bordelli, delle case chiuse, dove era un rito di iniziazione che i giovanotti andassero per imparare come si fa CAP 9 L’inciampo -i compagni di scuola gli chiedono dove andasse visto che era il giorno degli orali e doveva sostenere una prova, ma lui era sordo -svolta inaspettata. Ci saremmo aspettati di vederlo conseguire normalmente gli orali e passare in 3^ liceo. Fa una scelta da irregolare, com’è da tipico nel romanzo di formazione 900esco, per vivere un’esperienza che abbraccia come la propria salvezza -parole chiavi: salvezza; intenso 72
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