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Il ruolo dell'esperimento mentale nella ricerca scientifica, Tesi di laurea di Filosofia della Scienza

Tesi di laurea sul ruolo dell'esperimento mentale nella scienza sostenuta con il professor Mauro Dorato. dall'esperimento mentale come strumento d'indagine, alla sua funzione e alle dispute moderne sul tema ( John Norton e James Brown ).

Tipologia: Tesi di laurea

2020/2021

In vendita dal 22/03/2023

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Scarica Il ruolo dell'esperimento mentale nella ricerca scientifica e più Tesi di laurea in PDF di Filosofia della Scienza solo su Docsity! Dipartimento di Filosofia, Comunicazione e Spettacolo Corso di laurea in Filosofia Tesi di Laurea in Filosofia della Scienza IL RUOLO DELL’ESPERIMENTO MENTALE NELLA RICERCA SCIENTIFICA Relatore: Candidato: Mauro Dorato Bruschini Gianmarco Anno Accademico 2020/2021 1 2 PREFAZIONE « Ma innanzi tutto, guardiamoci dal cadere vittime di un inconveniente ». « Quale ? », domandai. « Di prendere in odio i ragionamenti come coloro che prendono in odio gli uomini, in quanto non esiste male maggiore che un uomo possa patire, cioè prendere in odio i ragionamenti. E l’odio contro i ragionamenti e quello contro gli uomini nascono nella stessa maniera ». ( Platone, 1991° p. 98, 89 c-d ) Come opera la mente dello scienziato? Esiste un metodo consolidato del pensare scientifico? A queste domande non esiste una risposta precisa ma - come nota Peter Medawear - sono ben pochi gli scienziati che hanno cercato di analizzare i loro procedimenti di pensiero, generalmente essi procedono nel loro lavoro e arrivano alle conclusioni senza soffermarsi a considerare in profondità le vie mentali seguite. Coloro che hanno cercato di analizzare il metodo del pensiero scientifico, sono sempre stati in gran parte non ricercatori scientifici, ma filosofi e indagatori nel campo della logica. Solitamente, gli scienziati hanno sempre guardato con diffidenza i tentativi dei filosofi di categorizzare e definire i procedimenti del pensiero scientifico. Per quanto questi ultimi non utilizzino dei laboratori reali, se non quelli della mente, tuttavia, sarebbe scorretto affermare che essi non ricorrano ad esperimenti per sottoporre le loro idee al vaglio della ragione. Nel corso delle loro indagini, infatti, i filosofi si affidano spesso a particolari tipi di ragionamenti, generalmente noti come “esperimenti mentali”. Anche se utilizzati prevalentemente dai filosofi, sono anche largamente diffusi nelle comunità scientifiche, rappresentando, in questo modo, un ponte tra la forma del pensiero scientifico e quello filosofico. 5 INTRODUZIONE Sebbene l’allocuzione “esperimento mentale” sia stata introdotta nel vocabolario filosofico nell’ultimo ventennio, la sua pratica è radicata nella riflessione filosofica e scientifica sin dall’antichità: un esempio lampante è rintracciabile nei paradossi di Zenone sul movimento. Con la scienza moderna lo strumento concettuale dell’ EM ( esperimento mentale ) si affina in modo considerevole, tanto da rivestire un ruolo strategico, e a tratti retorico. Innumerevoli sono le circostanze, nella Storia della scienza, in cui l’attuazione di un semplice esperimento mentale, ha contribuito a corroborare o confutare teorie esistenti, a smentire certezze del senso comune. il cervello nella vasca di Putnam (Putnam 1981), la stanza cinese di Searle (Searle 1980 ), Galileo sulla caduta dei corpi (Galilei 1638), l‘ascensore di Einstein (Einstein 1938 ), Il paradosso del barbiere ( Russell 1901 ), sono solo alcuni esempi di esperimenti mentali, che rendono però l‘idea di quanto vasta sia la loro produzione, sia in termini contenutistici che argomentativi. Ma è possibile fornire una definizione esauriente ed univoca di che cosa siano gli “esperimenti mentali” ? Qual è la loro vera natura ? Questi interrogativi rientrano nel dibattito filosofico - scientifico moderno, in quanto l’ EM è diventato oggetto di profonde analisi storiche, epistemologiche e logiche. La tesi che vado a presentare è organizzata nel modo seguente . Il primo capitolo è dedicato ad un inquadramento storico-scientifico sulla natura degli esperimenti mentali. Tratterò inizialmente l’indagine di Ernst Mach sugli esperimenti mentali, dopodiché mi occuperò delle definizioni più influenti fornite dagli intellettuali del secolo scorso. Nella seconda sezione il tema centrale sarà la funzione degli esperimenti mentali, dopo un’analisi sul problema dello statuto epistemologico, mostrerò la rilevanza degli esperimenti mentali, in particolare quelli scientifici ed infine prenderò in considerazione le indagini di Thomas Khun, il quale distaccandosi dalla corrente precedente ha intravisto la funzione vera e propria degli esperimenti mentali sul piano storico- 6 scientifico. In seguito presenterò una parte interamente dedicata al recente dibattito tra James Brown e John Norton circa la natura degli esperimenti mentali, considerati come strumenti quasi-percettivi (non-proposizionali) atti a scoprire a priori 1 astratte leggi di natura ( come sostiene Brown 1991, 2004) in opposizione alla loro presunta struttura proposizionale tipica di argomenti, e dunque vedremo se possiedano una base empirica e non a priori (Norton 2004). Mentre la parte conclusiva della tesi è incentrata sulle notevoli capacità degli esperimenti mentali,considerati come strumenti di indagine, di ampliare e confutare le teorie legate al campo della Fisica. 1 “A priori” per Brown significa che l’esperimento mentale non è né basato su nuova evidenza empirica, né su una deduzione logica da dati già disponibili. 7 dell’immaginazione, secondo Mach, può entrare in gioco esclusivamente nel momento in cui l’esperienza fisica è già sufficientemente ricca. Per il filosofo e fisico austriaco, l’esperimento mentale deve necessariamente attingere da un precedente bagaglio di esperienze, che non solo consente di spiegare come l’esperimento mentale possa produrre nuove conoscenze senza apparentemente ricavarle dall’esperienza, ma contiene anche i presupposti della sua validità, ed eventualmente, le ragioni delle sue lacune o erroneità. Dunque le conoscenze e abilità, acquisite dallo sperimentatore nelle esperienze precedenti, sono mobilitate, e poiché in questo modo l’esperimento mentale mette a disposizione un sapere che prima era soltanto implicito, è corretto affermare che esso amplia effettivamente il nostro sapere e contribuisce in modo significativo al suo progresso. Questa tesi di Ernst Mach rimarrà il caposaldo della visione tipicamente empiristica intorno alla natura e la funzione dell’esperimento mentale. 1.2 Alcune definizioni dell’esperimento mentale Nel corso del Novecento molti intellettuali si sono imbattuti nel tentativo di smascherarne le caratteristiche portanti. È possibile distinguere nel lungo dibattito sugli esperimenti mentali due fasi principali, che potremmo identificare come classica e contemporanea. A Thomas Kuhn,con il suo articolo del 1964, “A Function for Thought Experiments”, spetta il ruolo di spartiacque. Difatti, è proprio dalle sue speculazioni, che i filosofi e scienziati moderni hanno iniziato a guardare gli esperimenti mentali da una diversa prospettiva. Fino ad allora non ci si era interrogati a sufficienza per capire che cosa fossero e che ruolo rivestissero all‘interno dei nostri strumenti conoscitivi, poiché non ci si era soffermati sull‘aspetto paradossale al quale ci mettono di fronte: l‘acquisizione di nuova conoscenza a partire dai vecchi dati. Nel nuovo scenario vi è sia una maggior presa di coscienza dell‘aspetto problematico legato alla trattazione 10 degli esperimenti mentali, che un estensione dell‘analisi sugli esperimenti mentali fuori dall‘ambito della fisica,con una maggiore inclinazione alla sperimentazione filosofica. Lo spettro delle definizioni varia da quelle che classificano l‘esperimento mentale nel dominio teorico, a quelle che lo inquadrano in quello sperimentale. È possibile notare che il confronto tra le due tipologie di sperimentazione spesso è stato fatto prendendo come metro di paragone gli esperimenti reali stessi. Le analisi del lato per così dire “sperimentale” degli esperimenti mentali sembrano essere influenzate da un pregiudizio condiviso circa la superiorità epistemologica degli esperimenti reali. A questo proposito, Hempel, non soltanto parla di esperimenti immaginativi, ma sembra ritenere che gli esperimenti mentali siano meramente euristici : «at best, they [gli esperimenti mentali] can serve a heuristic function: they may suggest hypotheses, which must then be subjected, however, to appropriate objective tests4» E dunque non indichino evidenze da testare. Koyré pone l‘accento soprattutto sulla positività degli esperimenti mentali. la centralità degli EM nella nuova scienza deriva dalla loro capacità di rivelare verità sulla realtà che ci circonda attraverso idealizzazioni necessarie per la descrizione matematica della natura, essendo la natura in ultima istanza un sistema matematico. Stando a Duhem, ogni esperimento mentale non è altro che un ragionamento circolare, dove le nuove conclusioni sono contenute nelle premesse e in cui, quindi, non v’è alcun avanzamento cognitivo. L’ autore sostiene che non esiste un vero e proprio “esperimento mentale”: o un esperimento è stato empiricamente svolto, oppure non è stato realizzato alcun esperimento. Poiché la maggior parte degli esperimenti mentali non solo non sono mai stati empiricamente 4 C. Hempel, Aspects of Scientific Explanation, New Yo r k, 1965, p. 165. 11 realizzati ma sono pure irrealizzabili, allora Duhem afferma che non si è davanti a un’attività sperimentale , quindi, non vi può essere un accrescimento della conoscenza sul mondo. Egli nega agli EM lo statuto di metodi legittimi di investigazione scientifica: al più essi possono essere considerati come strumenti con un ruolo di guida nell’ambito del processo di scoperta. Tanto per Duhem, quanto per Koyré , sono gli esperimenti reali il metro di paragone per quelli mentali, entrambi i filosofi sottolineano che i pregi degli esperimenti reali vengono accentuati da quelli mentali. La dura critica sferrata da Duhem nei confronti degli esperimenti mentali non è, dunque, necessariamente da considerarsi un rifiuto totale, nonostante egli venga presentato come un spietato denigratore del loro ruolo nel procedere scientifico. Profondamente critico è, David Hull (1997). Secondo il biologo e filosofo americano gli esperimenti mentali sono per lo più inutili e ad essi vanno preferiti quelli reali. In realtà, Hull sembra ammettere che gli esperimenti mentali possano avere un valore in campo scientifico, ma a condizione che coinvolgano una situazione immaginaria il più dettagliata possibile, con a presupposto condizioni specifiche5. Inoltre, egli sembra ritenere quasi naturale che tali esperimenti mentali debbano prima o poi diventare degli esperimenti reali. Tuttavia, Hull non è disposto a credere che gli esperimenti mentali siano validi per tutti gli ambiti scientifici. Difatti sostiene che in biologia gli esperimenti mentali non possono giocare alcun ruolo, anzi rischiano di creare solo confusione. Hull è solito chiamare gli esperimenti mentali non solo “esempi fittizi”, ma anche “esempi ipotetici”. É evidente ch, il termine ipotetico impiegato da Hull ne designi un aspetto screditante. Lo stesso Humphreys (1993) dichiara che gli esperimenti mentali hanno molto più a che fare con la teoria rispetto alla realtà, egli paragona gli esperimenti mentali alle simulazioni al computer. La metodologia di questi coinvolge perfezionamenti della teoria, aggiustamenti per conformare le condizioni, i parametri e le approssimazioni, possono inoltre alterare i parametri per produrre leggi diverse da quelle del nostro mondo. Sorensen (1992 ) è 5 Un quadro teorico ben determinato. Una spiegazione più esauriente verrà data in seguito. 12 capacità di fornire conoscenza a-priori sul mondo. Agli occhi di un empirista come Norton, invece, l’unica conoscenza che gli EM nella scienza producono non può consistere in nulla più che nella “riorganizzazione o generalizzazione di ciò che già sappiamo del mondo fisico” ( mi limito a definire in linea generale le visioni dei due autori riguardo agli EM, in quanto le posizioni contrastanti di Brown e Norton verranno approfondite nel terzo capitolo). La questione non è solo se la conoscenza acquisita attraverso la sperimentazione mentale sia a priori o a posteriori, universale o contingente, concettuale o empirica. In breve, non rimane aperta solo la questione del tipo di conoscenza ottenuta, ma anche quella del suo status: tale conoscenza è valida, è davvero attendibile? gli esperimenti mentali sono degli strumenti epistemici di cui non possiamo fare a meno? 2.2 La consistenza degli esperimenti mentali scientifici Per indagare la funzione propria degli esperimenti mentali dobbiamo ricorrere alla letteratura e alle risposte che quest’ultima fornisce. In questo paragrafo ne verranno illustrate alcune. Il primo autore a cui possiamo fare riferimento è Bokulich (2001), egli suggerisce di vedere gli esperimenti mentali come dei test, che pongono l’accento sugli aspetti non empirici di una teoria, come ad esempio la coerenza (sia interna, che esterna con le altre teorie) e la semplicità. Anche le speculazioni di Lennox (1991-2005 ) sembrano puntare nella stessa direzione. Infatti, egli evidenzia che gli esperimenti mentali sono funzionalmente degli esperimenti, ma ai quali facciamo ricorso per rendere conto della validità potenziale di una teoria. Interessante è la prospettiva di Kathleen Wilkes (1988 ), egli ritiene che, ai fini di un buon esperimento mentale, sia di grande importanza prospettare uno scenario non troppo distante dal reale, che includa e specifichi tutte le sue condizioni rilevanti, introducendo la nozione di 15 background7 di una teoria. Wilkes sostiene che vi siano delle differenze tra gli esperimenti mentali nella scienza e nella filosofia. Purchè un esperimento sia valido, lo sperimentatore deve sempre fornire il background di condizioni sulle quali ha impostato l'esperimento. Queste condizioni possono essere date per scontate o esplicitate ma non possono essere lasciate amorfe. Gli esperimenti mentali in fisica si conformano a questo canone, viene richiesto soltanto di sospendere il giudizio riguardo a determinati aspetti. Il mondo possibile degli esperimenti mentali in fisica è il mondo attuale, ad eccezione per una differenza che lo distingue. La prima condizione che Wilkes pone è la seguente: gli esperimenti mentali sono come gli esperimenti scientifici e richiedono chiare condizioni di sfondo. Qualora queste non vengano fornite in maniera soddisfacente, allora il salto tra fenomeno e conclusione non è così scontato. Una posizione simile a quella di Wilkes è rintracciabile in Hull, egli nota che esistono brillanti analisi sugli esperimenti mentali scientifici, mentre più carenti sono i lavori su quelli filosofici. Secondo il filosofo, il fattore che ha portato a questa discrepanza è imputabile alla fondamentale differenza tra le due tipologie di esperimenti mentali: quelli filosofici mancano di un contesto teorico ben definito. Il duro attacco nei confronti degli EM dei filosofi analitici deriva dal fatto che essi non forniscono un contesto teorico che permetta d‘inquadrare la descrizione. Hull In modo provocatorio esorta i filosofi a costruire uno bagaglio teorico, sul quale costruire i proprio esperimenti mentali. Poiché senza quest’ultimo non può esserci una proficua interdipendenza tra affermazioni osservative e teoriche, richiesta necessaria per garantire una validità alla sperimentazione mentale. In ultima istanza, l’autore sostiene che gli esperimenti mentali filosofici invece di giustificare e/o portare evidenze a favore d‘ipotesi teoriche dovrebbero rimanere al puro livello descrittivo. In conclusione Il loro potere giustificativo sarebbe indebolito dal fatto che essi non possono offrire lo stesso grado di 7 lo sperimentatore mentale, come quello di laboratorio, deve essere in grado di specificare in dettaglio le condizioni di sfondo “background” per poi introdurre le eventuali ipotesi. 16 specificità tecnica degli esperimenti mentali scientifici o degli esperimenti reali, in quanto si fondano più sul senso comune che su dati scientifici. Queste considerazioni, in particolare quella di Wilkes e di Hull ci portano a sottolineare che coloro che mettono in discussione la validità conoscitiva della sperimentazione mentale e coloro che cercano di subordinarla alla sperimentazione reale non arrivino al punto di contestarla in campo scientifico, ma al contrario, le attribuiscono una valenza non indifferente. 2.3 Thomas Kuhn : una visione originale Un distacco almeno parziale dalla tradizione empiristica si ha con un importante saggio di Thomas S. Kuhn, “Una funzione per gli esperimenti mentali” (1964). Con questo saggio, Thomas Kuhn ha cercato di porsi al di fuori della contrapposizione fra concezione empiristica e concezione razionalistico-platonica degli esperimenti mentali. Secondo la concezione degli esperimenti mentali che Kuhn definisce «tradizionale8», gli esperimenti mentali hanno il compito di eliminare delle confusioni o delle inconsistenze concettuali, cosa che concerne la coerenza dell’apparato concettuale usato dallo scienziato, ma non la natura in se stessa, e non richiede quindi conoscenze empiriche nuove: «Sulla base di quest’analisi, la funzione dell’esperimento mentale consiste nell’aiutare ad eliminare una confusione precedente, costringendo lo scienziato a riconoscere delle contraddizioni sin dal principio inerenti al suo modo di pensare. A differenza della scoperta di nuova conoscenza, l’eliminazione di una confusione esistente non sembra richiedere dati empirici aggiuntivi. Né è necessario che la situazione immaginata sia tale da esistere realmente in natura. La situazione 8Kuhn non precisa gli autori cui questa concezione dovrebbe essere attribuita, ma probabilmente egli si riferisce alle affermazioni riguardo agli esperimenti mentali che si trovano negli empiristi logici (soprattutto in Hempel, 1965). 17 fossero soltanto moti uniformi. I difetti del concetto aristotelico di velocità, scrive Kuhn, non stanno nella sua consistenza logica, ma nella sua incapacità ad adattarsi a tutta la struttura del mondo. Questo è il motivo per cui imparare a riconoscere i suoi difetti significò necessariamente imparare qualcosa sia sul mondo sia sul concetto. Secondo Kuhn, non s’apprendono mai dei puri concetti o dei puri dati empirici ma sempre e soltanto concetti e fatti insieme. l’esperimento mentale ci insegna al tempo stesso qualcosa circa il nostro apparato concettuale e qualcosa circa il mondo. In questa prospettiva Khun12 considera l’Esperimento Mentale, crisi e rivoluzione scientifica concetti strettamente correlati. Egli afferma che in una rivoluzione scientifica alcuni dati, prima trascurati dallo scienziato, vengono posti al centro dell’attenzione e la riconcettualizzazione rivoluzionaria consente di vederli in una prospettiva del tutto originale. Gli esperimenti mentali non rivelano semplicemente delle contraddizioni o delle confusioni concettuali ma promuovono una riforma concettuale fondamentale, che può eliminare contraddizioni o paradossi relativi ad un paradigma. 3. LA DISPUTA TRA JOHN NORTON E JAMES BROWN 12 Cfr. Khun, La tensione essenziale e altri saggi, Einaudi, 2006 20 3.1 Quadro generale Gli esperimenti mentali sono stati ampiamente riconosciuti come potenziali strumenti da cui ricavare una “certa” conoscenza. Il tema si è confrontato costantemente con nuovi scenari, nuove critiche e diverse prese di posizione, la questione della definizione e della funzione degli esperimenti mentali oggi è ancora aperta e attanaglia la maggior parte dei filosofi della scienza. Riepilogando, Le principali strategie avevano parlato di operazioni razionali indipendenti dall’esperienza, di modelli mentali che l’autore immagina tenendo conto delle proprie esperienze  passate, o anche del rifiuto di riconoscere agli esperimenti mentali un qualunque valore cognitivo. Possiamo ora identificare due macro – correnti13: deflazionistica e inflazionistica, sia per fare ordine tra gli autori che abbiamo già esaminato sia per inquadrare in modo più scrupoloso le posizioni dei due autori che approfondiremo in questo capitolo, James Brown e John Norton . La prima corrente, ovvero quella deflazionistica, era tesa a ridurre il valore cognitivo dell’esperimento mentale, infatti “Deflazione” sta per “sgonfiamento”. Questa corrente ha incluso tutti coloro che non credevano che l’esperimento mentale procurasse nuove conoscenze e di fatto non gli attribuirono un degno valore cognitivo. “Inflazione”, invece, è un termine opposto a “deflazione” e significa “gonfiamento”. La posizione inflazionista è, a differenza della prima, piuttosto inclusiva, fornisce argomenti per accettare lo status epistemologico dell’esperimento mentale stesso. Procedendo con la tassonomia, rileviamo all’interno di questa divisione due sotto-correnti : una di tipo moderato ed una di tipo estremo. 13 La dicotomia “deflazionismo/inflazionismo” può essere sostituita, senza alterarne in modo sostanziale il significato, da altre bipartizioni come “riduzionismo/non-riduzionismo 21 La seguente tabella mostra la distinzione delle diverse posizioni “ deflazionistiche” e “inflazionistiche” (figura 1). estremo moderato Deflazionismo gli esperimenti mentali non forniscono nuova conoscenza. gli esperimenti mentali non offrono conoscenza diversa rispetto ai ragionamenti scientifici. Inflazionismo La conoscenza ottenuta negli esperimenti mentali è speciale e non deriva dall’esperienza. La conoscenza ottenuta negli esperimenti mentali deriva dall’utilizzo di esperienze passate ( figura 1) 3.2 Inflazionismo estremo : La concezione platonica Nel dibattito moderno la  più interessante ipotesi inflazionista estrema deriva da James Brown, secondo cui l’arricchimento cognitivo fornito da alcuni esperimenti mentali è slegato dall’esperienza empirica ma relativo a entità astratte, ossia fuori dal tempo e dallo spazio, indipendenti dal pensiero umano, Brown sostiene che in alcuni casi speciali andiamo ben oltre i vecchi dati empirici, acquisendo una conoscenza a priori della natura. Un caso paradigmatico è riportato in “The Laboratory of The Mind” ( 1991 ). L’esperimento illustrato è quello di Galileo, il quale dimostrò che tutti i corpi, a prescindere dal loro peso, cadono alla stessa velocità. Egli inizia osservando l'opinione di Aristotele secondo cui i corpi 22 Nel caso degli esperimenti mentali platonici, si possono ottenere delle conoscenze del tutto nuove, che costituiscono spesso un importante progresso nel sapere scientifico, in questi non vi sono nuovi input empirici, in quanto non sono coinvolti nell’esperimento mentale, tutt’al più l’accento viene posto su nuovi input sensoriali, che hanno la capacità di accrescere il grado di credenza razionale rispetto ad una teoria precedente . Questa conoscenza può essere soltanto a priori, poiché è ottenuta mediante una sorta di percezione delle leggi naturali. Il passaggio dalla teoria di Aristotele a quella di Galileo, è definito, in ultima analisi come un semplice adeguamento complessivo di una teoria ormai non più valida nella nuova visione del fenomeno. È facile rimanere dubbiosi di fronte a una trattazione del genere, poiché non è mai stata fornita una spiegazione soddisfacente in grado di chiarire le modalità di accesso cognitivo a una realtà fuori dallo spazio e dal tempo. Brown risponde a tale obiezione ricordando come anche la percezione sensoriale non sia un’attività del tutto chiara, difatti la fisiologia riesce a descrivere solo una parte del processo di luce riflessa, retine stimolate e impulsi elettrici in viaggio tra i neuroni. Ciò che necessità di una spiegazione però, è il modo in cui l’attività neuronale riesca a dar vita all’esperienza cosciente. Provando a trarre una conclusione, si potrebbe dire che non esiste una spiegazione soddisfacente di come un’entità astratta possa venire percepita16 ma allo stesso tempo non si possiede neanche un criterio per accertare l’inattendibilità della percezione degli enti platonici. 3.3 Deflazionismo moderato : L’Esperimento mentale come argomento Chi difende la proposta deflazionista moderata rifiuta la tesi secondo cui L’arricchimento cognitivo procurato dagli esperimenti mentali è diverso da quello ottenuto tramite 16 Probabilmente per questo motivo Brown utilizza metafore non spiegate come “percezione intellettuale” e “visione mentale”. 25 argomentazioni scientifiche. Il Deflazionismo moderato sostiene che gli esperimenti mentali possono produrre nuova conoscenza senza però utilizzare risorse diverse da quelle chiamate in causa durante i ragionamenti scientifici. Dunque un esperimento mentale procura nuova conoscenza soltanto in virtù delle inferenze deduttive o induttive contenute in esso. John Norton è il principale autore di riferimento, in questo paragrafo verrà esaminata la sua concezione dell’esperimento mentale, in quanto rispecchia questo filone di ricerca e in quanto è l’unico a  presentare la questione in modo estremamente semplice ma efficace : « My account of thought experiments is based on the presumption that pure thought cannot conjure up knowledge, aside, perhaps, from logical truths. All pure thought can do is transform what we already know. This is the case with thought experiments: they can only transform existing knowledge. If thought experiments are to produce knowledge, then we must require that the transformations they effect preserve whatever truth is in our existing knowledge; or that there is at least a strong likelihood of its preservation. The only way I know of effecting this transformation is through argumentation; the first case is deductive and the second inductive17». È doveroso notare che John Norton partendo dal fondamento di ogni filosofia empirista, sostiene che il pensiero “puro”, ovvero senza alcun Elemento  esperienziale, non è in grado di produrre nuova conoscenza riguardante il mondo,vi è un’unica eccezione, ovvero la conoscenza di tipo logico. La funzione razionale dell’intelletto è però in grado di trasformare le informazioni e i dati già posseduti in modo da ottenerne di nuovi18. 17 J. Norton, Why Thought Experiments Do Not Transcend Empiricism, in Contemporary  Debates in the Philosophy of Science, Vol. 2, 2004. La versione qui presente è consultabile al link: http://philsci- archive.pitt.edu/960/, p.9 18 Norton non mette in discussione l’empirismo come dottrina filosofica si limita ad accettarlo in virtù del suo valore paradigmatico in filosofia della scienza. L’autore sostiene che una proposta in grado di far concordare esperimenti mentali ed empirismo in modo semplice debba essere sempre preferibile alle alternative. 26 Norton ritiene che tale attività trasformatrice viene innescata, dall’intelletto stesso, mentre si svolge un esperimento mentale, egli è convinto che l’unico modo in cui questa attività può essere messa in atto è attraverso l’argomentazione deduttiva o induttiva. Se gli esperimenti mentali sono in grado di  produrre un qualsiasi progresso cognitivo è solo perché questi ultimi non sono altro che «disguised, pictoresque arguments 19».  Il percorso filosofico di Norton può essere riassunto in due semplici tesi chiamate tesi dell’identità e tesi della ricostruzione : (a) Tesi dell’identità. Ogni esperimento mentale è in realtà un argomento. (b) Tesi della ricostruzione. Ogni esperimento mentale può essere ricostruito attraverso un argomento basato su premesse esplicite o implicite. La tesi della ricostruzione possiede due corollari : b1) L’incremento ottenuto dallo svolgimento d i un esperimento mentale è giustificato solo nella misura in cui l’argomento ricostruito è in grado di giustificare la conclusione. b2) Ogni conclusione ottenuta da un esperimento mentale può essere dimostrabile attraverso un ragionamento scientifico. Le due tesi vanno accettate in modo disgiuntivo: o un esperimento mentale è un argomento, o a partire da esso è possibile ricostruire un argomento che porti alle stesse conclusioni. La tesi b) se risultasse falsa, e se quindi esistesse almeno un esperimento mentale non ricostruibile come argomento scientifico, farebbe perdere gran parte della credibilità del deflazionismo moderato. La strategia impiegata da John Norton, per difendere la tesi della 19 Ivi, p. 10 27 esperimento mentale in argomento significava trasformare un testo di narrazione in un insieme di premesse e conclusioni legate da vincoli deduttivi o induttivi, in un secondo momento l’autore abbandona questa posizione così rigida a favore dell’idea per cui ogni esperimento mentale è governato da una generale nozione di logica. A un possibile critico che afferma come la sperimentazione mentale sia in grado di fornire conoscenza slegata dall’esperienza, Norton replica facendo notare come sia comune che la conclusione di un esperimento mentale possa essere : «The result of prosaic argumentation of an informal kind22» come, per esempio un “argomento per analogia”. Se ogni ragionamento dotato di senso può essere tradotto in un insieme di  premesse e conclusioni, anche di tipo informale, allora sembra impossibile trovarsi alle prese con un esperimento mentale che non possa essere suscettibile di ricostruzione. Utilizzare il termine “argomento” in un modo così flessibile porta la tesi della ricostruzione a essere immune da ogni confutazione. Se la conclusione di un esperimento mentale sarà frutto dell’immaginazione, si potrà sostenere come anche quest’ultima sia guidata da una “generale nozione di logica” e si potrà classificare l’immaginazione come un tipo di “argomentazione informale”. Allargando in questo modo il campo della logica, si potrebbe rispondere alle critiche poste alla tesi della ricostruzione ma in questo modo la trattazione di Norton sarebbe condannata a essere sempre più vaga e meno efficace rispetto a quella proposta inizialmente. . 4. UN VERO E PROPRIO STRUMENTO DI' INDAGINE 22Cfr. J. Norton, Why Thought Experiments Do not Transcend Empiricism, p.24 30 4.1 Il rapporto tra Fisica ed esperimento mentale Abbiamo visto che molti filosofi sostengono che gli esperimenti mentali non siano una fonte di conoscenza del mondo, ad eccezione di quelli che concernono le scienze naturali, ed in particolare la fisica, l’unica in grado di fornire un avanzamento cognitivo vero e proprio. Secondo i sostenitori di questa dottrina, nominata  fisicalismo23, solo la fisica offrirebbe un’adeguata descrizione di ciò che esiste, solo quest’ultima può avvalersi in modo rigoroso degli esperimenti mentali. Non è un caso che i gedankenexperiment hanno assunto maggior notorietà nell’ultimo secolo proprio grazie a Einstein che ne ha proposti diversi, nonostante questi ultimi percorrano tutta la storia del pensiero scientifico , egli ci racconta in alcune sue note autobiografiche che a sedici anni immaginò di viaggiare insieme a un raggio di luce che avrebbe quindi dovuto apparire per lui come un’onda stazionaria e ci spiega che sia secondo esperienza che secondo le equazioni di Maxwell ciò non era possibile; la fisica però doveva essere la stessa tanto per un osservatore “fermo” sulla Terra quanto per uno in moto rettilineo uniforme. È lui stesso a riconoscere nel paradosso che derivava dal suo gedankenexperiment il seme della successiva teoria della relatività ristretta. Un altro esperimento mentale molto noto di quell’epoca ( questo, a differenza del precedente, realizzabile) è quello che contempla una persona chiusa in un ascensore in caduta libera in un campo gravitazionale uniforme che lascia liberi dei gravi che ha con sé. Questi rimangono solidali con la persona che quindi non può distinguere se si trova in “caduta libera” in un campo 23 Per cui La rappresentazione del mondo fornita dalle scienze sarebbe l’unica corretta e precisa, da preferire rispetto a quelle basate su percezione  personale, senso comune o mezzi artistici quando ci si chiede «che cosa v’è al mondo?». La realtà così come viene vissuta dalle persone non sarebbe altro che un’illusione: l’amore sarebbe un inganno biologico, i valori abbagli della ragione; colori, melodie e tutto ciò che d’espressivo  pare esistere sarebbe riducibile a un mondo sul cui palcoscenico si troverebbero solo particelle e forze. 31 gravitazionale o se piuttosto in moto rettilineo uniforme in assenza di gravità. Questo esperimento, che illustra l’equivalenza tra inerzia e gravitazione, stimolò Einstein a superare la teoria della gravitazione newtoniana e a formulare la teoria della Relatività Generale. Rispetto a quelli del passato, gli esperimenti mentali di Albert Einstein spiccano per la chiarezza delle immagini proposte, capaci di sconvolgere la ”meccanica classica” senza nemmeno ricorrere a spiegazioni verbali. Lo stesso Einstein, del resto, con l’aforisma ”l’immaginazione conta più della conoscenza” aveva suggerito di non soffermarsi sugli aspetti matematici della Teoria della Relatività ma di privilegiare l’immaginazione guidata da esperimenti mentali del tipo di quelli da lui proposti. Aveva poi aggiunto che gli “esperimenti mentali” ( in primis quelli fisici) devono spingere ad interrogarci senza pregiudizi quando un’esperienza nuova entra in conflitto con le conoscenze acquisite. Sia l’esperimento mentale che presenteremo nel prossimo paragrafo, elaborato da Einstein, sia la risposta di Bohr, mostrano in modo più chiaro di tante teorizzazioni astratte come gli esperimenti mentali possano essere determinanti per accertare e mettere alla prova i fondamenti di una teoria fisica, dando origine a importanti critiche concettuali che possono trasformarsi in situazioni sperimentalmente realizzabili. Il caso che verrà illustrato in seguito concerne la meccanica quantistica, prima occorre presentare una digressione che mostri al lettore il contesto in cui veniva delineandosi uno dei dibattiti filosofico - scientifici più importanti del novecento, intorno ai fondamenti della nuova teoria fisica che stava maturando. Nel 1927, alla celebre quinta edizione del Congresso Solvay Niels Bohr colse l’occasione per presentare la nuova meccanica quantistica, sviluppata in gran parte da lui e dal suo allievo Werner Heisenberg come una teoria generale e completa per la descrizione degli oggetti del microcosmo. Un altro partecipante al congresso, Albert Einstein, si sentì stimolato a esporre pubblicamente le sue critiche nei confronti della nuova meccanica quantistica formulata da 32 massa dello schermo è talmente grande che praticamente esso resta fermo, ma in linea di principio, risulta possibile misurare anche un suo infinitesimo rinculo. Se si immagina di eseguire la misura dopo il passaggio di ogni particella si potrà sapere, per le particelle che subiscono una deviazione che le porta ad attraversare una delle due fenditure dello schermo S2, se esse hanno attraversato il foro superiore oppure quello inferiore. Anche se la misura della direzione di rinculo del primo schermo nel momento in cui la particella sta propagandosi verso il secondo non può influire sul successivo svolgimento del processo, si avrà comunque la formazione della figura di interferenza sullo schermo F. L’interferenza richiede che al passaggio dai due fori lo stato sia la sovrapposizione degli stati che corrispondono al passaggio da uno o dall’altro, richiede dunque che in quel momento gli aspetti ondulatori governino il processo. Malgrado ciò, per ognuna di esse si conoscerà (tenendo conto del rinculo del primo schermo) se essa ha attraversato il foro superiore o inferiore di S2. Notiamo come da questo esperimento mentale si potrebbe,in linea di principio, mettere in evidenza gli aspetti corpuscolari (da quale fenditura è passata) della particella senza distruggere quelli ondulatori (la sovrapposizione) nell’ istante preciso in cui essa supera il secondo schermo. Inoltre con la stessa tecnica si avrebbe una determinazione simultanea di posizione e velocità della particella. Vediamo ora perché l’idea di Einstein non funziona secondo Bohr. Egli nel commentare questo esperimento si serve due figure (2) e (3), che incorporano la proposta di Einstein. 35 figura (2) nella figura (2) la finestrella mobile è posta in evidenza per sottolineare che il tentativo di conoscere da che fenditura passa una particella distrugge la figura di interferenza. Nella figura (3) viene indicato come vada alterato il primo schermo,per poter realizzare la proposta di Einstein ,sostituendolo con uno capace di spostarsi verso l’alto o verso il basso grazie alla sua sospensione tramite molle, ciò per determinare il rinculo. figura (3) Bohr osserva che la conoscenza precisa dell’eventuale moto verticale del primo diaframma risulta un presupposto essenziale dell’argomento. Infatti se la sua velocità nella direzione X prima del passaggio della particella non fosse conosciuta con una precisione superiore a quella indotta dal rinculo allora la determinazione del suo moto dopo il passaggio della particella non ci darebbe l’informazione desiderata. Ma, una determinazione precisa della velocità trasversale dello schermo, qualora si applichi ad esso il principio di indeterminazione, comporta un inevitabile imprecisione della sua posizione nella direzione X. Dunque prima del processo lo schermo occuperebbe una posizione indeterminata. Ora consideriamo il punto d della figura (1) 36 dove si ha interferenza distruttiva. In questo caso lo spostamento del primo diaframma renderebbe diverse le lunghezze dei due cammini a-b-d e a-c-d rispetto a quelli indicati. Se la differenza dei due cammini varia di mezza lunghezza d’onda, in d si avrà interferenza costruttiva e non distruttiva. L’esperimento ideale richiede, dunque, di “mediare” su tutte le possibili posizioni dello schermo S1, e ad ogni posizione corrisponde un diverso tipo di interferenza da quella perfettamente costruttiva a quella perfettamente distruttiva. L’effetto di questo processo di “media” dell’annerimento dello schermo farà sì che esso risulti uniformemente grigio, perciò il tentativo di mettere in evidenza gli aspetti corpuscolari in S2 distrugge la possibilità dell’interferenza in F, la quale dipende proprio dagli aspetti ondulatori in S2. l’irrealizzabilità pratica dell’ esperimento mentale proposto da Einstein non è stata minimamente utilizzata da Bohr nella sua risposta. Quest’ultimo si è limitato a proporre un altro esperimento mentale che ristabilisse il paradigma in cui credeva. Questo scontro, attuato con le armi dell’esperimento mentale ci permette di far luce sul potere critico che esso ha avuto rispetto ai fondamenti della teoria quantistica. il potere euristico degli esperimenti mentali e la sua capacità di approfondire la ricerca nella pluralità delle teorie fisiche, conferma ulteriormente il suo aspetto predominante nel campo speculativo. 37 BIBLIOGRAFIA - Angelucci Adriano, Che cos’è un esperimenti mentale, Carocci editore, 2018 - C. Hempel, Aspects of Scientific Explanation, New Yo r k, 1965 - T. Khun, La struttura delle rivoluzioni scientifiche, IV ed., Einaudi, Torino, 1978 - T. Khun, La tensione essenziale e altri saggi, Einaudi, 2006 -J. R. Brown, Peeking into Plato’s Heaven, in Philosophy of Science, Vol 71, 2004 - G.Ghirardi, Un’occhiata alle carte di Dio, Milano, il Saggiatore, 1997 - M. Buzzoni, Semantica, ontologia ed ermeneutica della conoscenza scientifica. Saggio su T. S. Kuhn,, Milano, Franco Angeli, 1986 - J. Norton, Why Thought Experiments Do Not Transcend Empiricism, in Contemporary Debates in the Philosophy of Science, Vol. 2, 2004. - J. Brown, Laboratory of the Mind: Thought Experiments in the Natural Sciences, London and New York, 1991. - J. Norton, Are Thought Experiments just What You Thought?, in Canadian Journal of Philosophy Vol. 26, 1996 ARTICOLI - Margherita Arcangeli, esperimenti mentali, 2012 SITOGRAFIA - https://plato.stanford.edu/ - https://philpapers.org/ 40 41
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