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Il ruolo dell’estetica nello sviluppo individuale, Sintesi del corso di Sociologia

Il ruolo dell’estetica nello sviluppo individuale

Tipologia: Sintesi del corso

2021/2022

Caricato il 10/03/2022

saretta25
saretta25 🇮🇹

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Scarica Il ruolo dell’estetica nello sviluppo individuale e più Sintesi del corso in PDF di Sociologia solo su Docsity! Il ruolo dell’estetica nello sviluppo individuale Modulo: Codici e Linguaggi Estetici Nella Scuola Corsista: Serra Sara La scuola come agenzia educativa promuove l’educazione integrale della personalità dei fanciulli, stimolandoli alla massima attivazione delle risorse di cui sono dotati, attraverso l’esercizio dell’autonomia personale, della responsabilità intellettuale, morale e sociale,della creatività e del gusto estetico. Educatori ed insegnanti non dovrebbero limitarsi a fare apprendere “i saperi”, ma devono dischiudere attraverso essi, la porta e che fà “comprendere e interpretare” il mondo e produrre nei soggetti in formazione nuovi modi di conoscenza. Le attività espressive diventano terreno fertile per la “coltivazione” dei processi cognitivi estetici, etico-sociali ed esistenziali del soggetto in età evolutiva. La scuola rispetto alla realtà che circonda i fanciulli deve assumere tra i suoi principali obiettivi l’alfabetizzazione logica - linguistica, cioè intesa come educazione alla globalità dei linguaggi per fornire all’allievo le necessarie chiavi di lettura per interpretare correttamente le molteplicità di segni. L’immagine dunque a qualunque categoria appartiene, sia essa verbale o figurativa, in quanto comunica, è legata a quella facoltà umana che chiamiamo linguaggio. Il messaggio è un inteso come una sequenza di segni, suoni e forme con il quale si intende comunicare qualcosa. E’ un’informazione che si vuole trasmettere, composta da una pluralità di elementi (segni e significati). La definizione di immagine ci rimanda a diverse interpretazioni, tanto che si può parlare di immagini sia nelle arti figurative come la pittura, la scultura, il cinema ecc, ma anche nel linguaggio comune facendo ricorso a figure retoriche quali la similitudine, la metafora ecc. Si distinguono due tipi di immagini quelle verbali intese come figure di parole (poesia) ed immagini visive cioè che sono le rappresentazioni percepite dalla vista. Inoltre ci sono immagini a due dimensioni come disegni, fotografia, la pittura o a tre dimensioni come per esempio le statue, i burattini, le bambole, gli spettacoli teatrali. Le immagini possono essere: fisse (quadri, diapositive ecc) e in movimento come (il cinema, i video, ecc). Inoltre posso essere immagini manuali cioè prodotti dalla mano dell’uomo o artificiali cioè frutto di apparecchiatura. Queste distinzioni sono importanti in quanto utilizzano processi percettivi differenti, proprio seguendo tale prospettiva notiamo che l’educazione all’immagine interessa a tutti i vari tipi di linguaggi (verbale, musicale, corporeo, scientifico) intesi come opportunità di simbolizzazione, espressione e comunicazione. Oggi i giovani vivono in un mondo di suoni, immagini e parole cioè abituati a leggere i prodotti nei quali confluiscono diversi codici. Tra le finalità dell’immagine abbiamo quella di fornire agli alunni gli strumenti e le capacità per comprendere i messaggi visivi, per esprimere con il linguaggio visivo le loro esperienze e i loro stati d’animo per comunicare, inviando intenzionalmente messaggi precisi diversi. termini estetici sono utilizzati in modo polisemico, in quanto giunti da ambiti diversi alcuni invece sono si sono consolidati gradualmente in modo impercettibile. Quindi l’estetica è la scienza che ha per oggetto la conoscenza sensibile che mira guidarla a raggiungimento della perfezione che la bellezza. L’estetica è caratterizzata da tre diverse componenti: la conoscenza sensibile che raggiunge la sua perfezione, bellezza, mediante le arti; la bellezza che la perfezione della conoscenza sensibile si raggiunge nelle arti; le arti che sono all’attività che l’uomo attinge dalla conoscenza sensibile. Il termine estetica ha un uso polisemico ed è un processo in continuo di “sdefinizione” cioè di accezioni diverse da quelle originarie, con conseguente moltiplicazione variabilità dei significati al contesto a seconda del contesto in cui viene usato. L’educazione estetica è quindi educazione alla bellezza, ossia educare alla cooperazione armonica di due istinti fondamentali dell’uomo. Se l’estetica la si può ritenere come dottrina del bello, ma non è molto corretto far coincidere tutte le argomentazioni relative al concetto di bello con la storia dell’estetica. Questa è stata riconosciuta come disciplina sono alla fine del 700’. Fin dall’antichità il bello è oggetto di riflessioni e nel corso del tempo si è avuta una trasformazione da un ampio concetto di bello ad un concetto puramente estetico. Tale tematica abbraccia diverse problematiche che superano, non solo il tema della bellezza ma, anche il vasto ambito dell’estetica. Uno dei problemi centrali della bellezza che nei secoli ha portato i maggiori filosofi al dibattito è stato se definire la bellezza una caratteristica “oggettiva” o “soggettiva”. Le scuole di pensiero “oggettive” ritengono che la bellezza sia una proprietà, una qualità ideale o reale, dell’oggetto osservato mentre le scuole del pensiero “soggettiva” sostengono che la bellezza risiede nel piacere che suscita l’oggetto osservato nello spettatore, nel gusto dei soggetti o allo scopo che l’oggetto bello è chiamato a soddisfare (“la bellezza nell’occhio di chi guarda”). Entrambe le correnti sono rappresentata nel periodo classico: Socrate, infatti, sosteneva che l’armonia ricercata, voluta ed ammirata dai pitagorici fosse accompagnata da una forza demoniaca soggettiva che attribuiva alle cose un magico equilibrio. Rivale a questa scuola di pensiero è Platone che invece riconduce la bellezza ai principi della forma della simmetria e dell’armonia, sostenendo che mutano i loro ideali regolativi nel caso in cui questi archetipi venissero applicati ad oggetti sensibili. Secondo Platone è forte la connessione simbolica fra bello e bene, ciò perché il bello è il piano ideale del bene. La bellezza che appartiene all’essenza delle cose riprenderà i concetti di ordine, armonia e simmetria collegandoli al concetto di bello e di bene. Il punto di vista che riuscirà a conciliare entrambe le posizioni è il pensiero di Aristotele che sarà alla base dell’estetica moderna. Nell’epoca del Rinascimento il dibattito sull’oggettività della bellezza viene messo da parte, infatti, in questo periodo cambia la concezione di bellezza e si modificano radicalmente gli ambiti dell’estetica. Si afferma, infatti, che la bellezza incontra l’arte. Le forme artistiche specialmente quelle visive diventano strumento per ricercare l’idealità della bellezza. L’arte ha il compito di nobilitare, realizzare la bellezza e non di degradarla. Arte e bello, che fino a quel momento avevano percorso strade indipendenti, si avvicinano e da quel momento per diversi secoli il sistema di concetti estetici avrà un doppio binario: se si parlerà di arte si tratterà di una delle belle arti e, invece, se si parlerà di bello sarà il bello dell’arte. Il termine bello è poliedrico in continua metamorfosi. Il bello è eterogeneo, tra gli oggetti belli troviamo opere d’arte, paesaggi naturali, corpi, voci e pensieri. Si può supporre che non esistono al mondo solo oggetti belli ma anche che la loro stessa bellezza possa essere di vario genere. Gli studiosi distinguono il bello di natura dal bello d’arte, il bello musicale da quello delle arti visive e il bello proprio degli oggetti da quello che adesso si deriva per associazione. La storia dell’estetica conosce poche divisioni di bello e diversificazioni che non appartengono ad una regolare classificazione come ad esempio la sottigliezza, la grazia o l’eleganza. Tali termini, in qualche modo,sono associati al bello ma sono semplicemente sfumature e identificazioni parziali del concetto inteso nella sua complessità l’ambizione degli studiosi del 800’ e del 900’ era quella di fornire un elenco esaustivo delle categorie estetiche impone in modo da comprendere tutta la sfera del bello. Tutto ciò porta a dedurre che il concetto di bello è un concetto ambiguo, infatti lo scriviamo tutto ciò che vediamo, sentiamo immaginiamo con piacere l’approvazione; ma anche acciò che grazioso, sottile e funzionale. Il concetto di brutto in quanto negazione del bello è, dunque, una parte dell’estetica non sarebbe possibile assegnarla a nessun’altra scienza. Nessuno infatti si meraviglia che nella biologia si tratti anche del concetto di malattia nell’etica del concetto di male, nella scienza del diritto del concetto di torto, nella scienza delle leggi e la religione del concetto di peccato. Il brutto non si può separare dal concetto di bello, in quanto quest’ultimo lo contiene costantemente nel suo sviluppo come quell’errore in sé in cui si può cadere comunque troppo o un poco. Se il bello non c’è al suo posto viene prodotto il brutto. Per l’artista naturalmente sarà sempre più formativo rappresentare la bellezza piuttosto che non applicare la sua forza il brutto, ma non sempre artista può evitare il brutto, spesso anzi ne ho bisogno come punto di passaggio nella manifestazione dell’idea e come elemento di spicco. Il brutto ha due frontiera e limiti, il limite iniziale del bello e il limite finale del comico. Non è facile capire che il brutto è comprensibile solo in rapporto al concetto di bello. Se non ci fosse il bello il brutto non ci sarebbe affatto, perché esiste solo come negazione dell’altro. Il brutto diventa comico e può essere anche bello, nel senso dell’armonia estetica, del ritorno della contraddizione al bello e all’unità con esso. E’ importante sviluppare una suddivisione del concetto di brutto seguendo delle precise definizioni: assenza di forma, scorrettezza, deformazione o sfiguramento e caricatura. Per assenza di forma si intende come il brutto, negativo del bello che costituisce la non unità e l’indeterminatezza della forma. Inoltre pone la distinzione di come falsa irregolarità e produce il passaggio alla duplicazione della confusione. Queste forme portano alla negazione di unità e dunque all’assenza di forma difformità e disunione. Si può definire così amorfi l’opposto della forma in genere, asimmetria l’opposto della disposizione ordinata e disarmonia l’opposto dell’unità vivente. Per scorrettezza invece si intende che una forma che urta contro la legalità della natura questa contraddizione, produce immancabilmente il brutto e dunque la scorrettezza, in quanto la verità delle forme naturali da al bello la correttezza. Per deformazione oscuramento invece si indica il volgare che poi non limita dove non dovrebbe esserci, contrapposto al sublime e nel ripugnante poiché nega un limite la dove dovrebbe esserci, contrapposto al piacevole. Il volgare inteso: -come negazione del sublime e con la forma del brutto che fissa un’esistenza sotto i limiti che le sono propri cioè la meschinità; -quella forma che lascia un’esistenza al di sotto della misura di forze che per natura dovrebbe appartenere cioè la debolezza; -la forma che unifica limitatezza e impotenza cioè bassezza. Nella sfera sublime e volgare sono concetti reciproci che si contrappongono: il grande e il meschino, il potente il debole e il maestoso e il vile. Il ripugnante è l’antitesi al bello-piacevole, e ciò che ci respinge da sé perché suscita disgusto per la sua goffaggine, orrore per il suo carattere mortuario e ripugnanza per il suo carattere orrendo. L’antitesi del sublime è, dunque il volgare; nel piacevole il ripugnante e del bello la caricatura. Nella caricatura che la potenza del brutto viene a sua volta spezzata e poi nuovamente raggiungere una relativa libertà e bellezza. La caricatura non è solo una negazione di determinazioni estetiche generali ma sta pensare ad una deformazione di un’immagine che l’origine era affascinante e bella ma non rispecchia in modo individuale le qualità e la forma. Più esattamente la caricatura consiste nell’esagerare un momento di una forma fino alla deformità, dunque, è l’apice della forma del brutto ma per il suo riflesso determinato nell’immagine positiva che esso distorce trapassa in comicità. Il bello esclude da sè il brutto; il comico, invece, fraternizza col brutto, ma contemporaneamente gli togli allenamento se poi niente facendone vederla dell’attività e nullità al cospetto del bello. La caricatura risolve il ripugnante nel ridicolo essendo in grado di accogliere in sé tutte le forme del brutto, ma anche del bello. La caricatura può diventare bella nella sua deformazione, ed è possibile solo grazie all’umorismo che lei esagera fino al fantastico. Il brutto diventa, allora, il presupposto necessario per innalzare il tasso di bellezza. Con Baumgarten, il fondatore dell’estetica, che il termine arte rientra a pieno titolo nella scienza del bello e diventa il mezzo per conoscere la perfezione della realtà, la bellezza attraverso la Bibliografia -Appiano, A. (1991). Pubblicità comunicazione immagine. Progetto e cultura visiva. Bologna: Zanichelli. -N. (2002). La concezione di Dostoevskij. Torino: Einaudi. -Bodei, R. (2017). Le forme del bello. Bologna: Il Mulino. -D’Angelo, P., Franzini, E., Scaramuzza, G. (2002). Estetica. Milano: Raffaello Cortina. -Danto, A.C. (2008). L’abuso della bellezza. Milano: Postmedia Books. -De la Garanderie, A. (1991). I profili pedagogici. Scoprire le attitudini scolastiche. Firenze: La Nuova Italia. -Desideri, F. (2006). Forme dell’estetica. Dall’esperienza del bello al problema dell’arte. Bari: Laterza. -Franzini, E., Mazzocut-Mis, M. (2003). I nomi dell’estetica. Milano: Pearson Italia S.p.a. -Givone, S. (2008). Storia dell’estetica. Bari: Laterza. -Montani, P. (2006). Arte e verità dall’antichità alla filosofia contemporanea. Un’introduzione all’estetica. Bari: Laterza. -Montesarchio, P. (2003). La metafisica dei bambini paragonata a quella degli adulti. Perugia: Morlacchi. -Moro, W. (1987). Guida alla lettura delle immagini: per insegnanti della scuola elementare. Roma: Editori Riuniti. -Prampolini, M. (2004). Ferdinand de Saussure. Roma: Meltemi. -Tatarkiewicz, W. (2011). Storia di sei idee. Palermo: Aesthetica. -Velotti, S. (2012). La filosofia e le arti. Sentire, pensare, immaginare. Bari: Laterza. -Vygotskij, L.S. (1972). Psicologia dell’arte. Editori Riuniti, Milano: Mimesis.
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