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Il ruolo femminile nella committenza artistica medievale., Appunti di Storia dell'arte medievale

Appunti di arte medievale riguardo la presenza femminile nella pittura romana dell’XI secolo e nel contesto delle commissioni.

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 02/02/2022

Eliss123
Eliss123 🇮🇹

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Scarica Il ruolo femminile nella committenza artistica medievale. e più Appunti in PDF di Storia dell'arte medievale solo su Docsity! LA LENTA RISCOPERTA DEL RUOLO DELLA DONNA NELLA CREAZIONE ARTISTICA MEDIEVALE  Hildegarda von Bingen: mistica, monaca e donna straordinaria che scrisse testi (solo copie), spesso miniati. Codice di XII dalla Bibilioteca di Lucca: immagine del’universo con al centro l’uomo, precorrendo la figura antropocentrica di Leonardo da Vinci, e tra l’altro uno dei punti cardini del suo pensiero c’è il tentativo di mettere in relazione stretta il corpo e la mente. Sottolineando come noi siamo in grado di percepirli attraverso le visioni; la visione infatti aiuta a comprendere nessi fisici. In basso a sinistra c’è la raffigurazione della stessa Hildegarda alla sua scrivania, con una tavoletta di cera in mano (anche se aveva uno scriba a cui dettava le sue visioni). *Judith Chicago, Dinner Party (1970 prima installazione originale a Los Angeles): interrogativo sulla creatyività in quegli anni. *Linda Nochlin, Woman in Sexist Society: Studies in Power and Powerlessness (1971) *Johan Kelly (1928-82), Did Women Have a Renaissance? (1977), studiosa del rinascimento italiano. Negli anni ’80 ricevoe grande importanza un gruppo di colleghe presso l’Università in Chicago iniziano a tenere una serie di seminari sul tema delle donne nella storia. *Madelein H. Caviness, Visualizing Women in the Middle Ages (2001)  Inizialmente lo studio fu incentrato sul Rinascimento, anche perché fu più complesso cercare e comprendere fonti in latino per la committenza femminile medievale. Riscoperta della committenza religiosa femminile! Un esempio fu Adelaide, Mater Regnorum (madre dei regni), sotto il cui impero regnò la pace per un certo periodo. *Adelaide con Odilone, abate di Cluny: entrambi raffigurati come donatori, con in mezzo l’evangelista, ed il Cristo in mandorla, sostenuta da angeli. Vediamo che il religioso è più vicino alla mandorla, ma vediamo che allo stesso tempo Adelaide è vestita come una regnante, a figura intera e della stessa altezza (piena esaltazione del suo ruolo di regnante). *Ottoder Grosse, Magdeburg und Europa (2001), catalogo mostra importante con saggio di Ludger Korntgen, Starke Frau: Edgith-Adelheid-Theophanin. La sezione dedicata a queste personalità trainanti del periodo ottoniano vedevano esposti gioielli dell’imperatrice, oltre che l’intonaco inciso, che doveva essere dipinto, con raffigurate Adelaide, Ottone ed Edith (Duomo di Magdeburgo), grazie alle iscrizioni. Le donne ottoniane erano definite imperator o imperatrix, quindi svolsero un ruolo effettivo, diversamente da quelle carolingie. Fu fondamentale la cultura esercitata da Teofano, principessa bizantina giunta in Occidente, che portò con sé suppellettili e opere, oltre che abiti, che furono in grado di rinnovare la cultura artistica occidentale. *Contratto di matrimonio di Teofano: raffigurazioni su stoffa di monocromi di animali entro tondi, che ritroveremo in manoscritti miniati tedeschi, con motivi decorativi di tipo sassanide; attraverso il commercio i modelli figurativi orientali circolano in Occidente. In oro il contratto vero e proprio. Si tratta di una cultura limitata ai centri di potere, arte raffinata di corte. *Frammento di decorazione pittorica, con cadute di intonaco, presenza di cerchi che fingono opere preziose con perle e pietre dure (raffigurate), Chiesa di Santo Stefano, Verona. Troviamo tracce di committenza femminile soprattutto nei codici miniati: *Evangeliario, pagina iniziale del Vangelo di Matteo (990-1000c): Liber ge(nerationis), incipit del Vangelo di Matteo. Raffigurazione del leone, simbolo comunque di Cristo (associato nei bestiari) con ritratti di Adelaide, Teofano e Ottone III. Particolarità iconografica del Leone come allegoria di Cristo. Una lunga tradizione letteraria di alcuni padri dela chiesa usa questa allegoria. Anche sulla base del Fisiologus che ricorda che la leonessa partorisce i figli morti e dà loro vita alitandogli. Un esempio questo sipinto anche da Giotto. Prova dellal unga durata attraverso i secoli di alcune associazioni mentali medievali. Una spia importante di questa associazione la ritroviamo nell’iscrizione dello sculture Nicolaus nel 1139c nella lunetta del duomo di Verona: Hic dominus magnus leo Cristus cernitur agnus. In basso allegorie della fede, carità e speranza, derivanti da avori bizantini. *Avorio regalato da Giovanni Filogato, con Consacrazione di Ottone II e Teofano (982-83): dai buchi presenti agli angoli si capisce che fu riutilizzato come copertina per una legatura. Grazie alle iscrizioni in greco, a quella in basso in particolare, notiamo che il donatore è il vescovo di Ravenna e antipapa Giovanni Filogato, piegato in proskynesis. Nei documenti della cancelleria imperiale, Teofano appare come Imp(eratrix). *Avorio con Cristo che incorona Romano e Eudochia per celebrare il loro matrimonio: nacque come trittico, poi smembrato e inserito nella legatura di un Evangeliario.  Moltissimi gli studi storici su Teofano, già dalla fine del XIX secolo. Negli ultimi 50 anni fu approfondito anche il suo ruolo di committente. Esempio di straordinaria committenza per la legatura del Codex Aureus (ora Norimberga), prodotta nel 985-7 a Treviri, nell’officina del vescovo Egberto su commissione di Teofano e il figlio Ottone III, unito alla pergamena del codice del 1031. Lamina d’oro incisa e sbalzata con la figura della committente. Opere più importanti di Hildegarda von Bingen (campi diversi del sapere ma tutti collegati):  Liber Scivias simplicis hominis  Subtilitates naturarum diversarum creaturarum (trattato di medicina e farmacologia)  Symphonia harmoniae caelestium revelationum (armonie e sinfonie della rivelazione celeste, scrisse anche testi poetici cantati)  Ordo virtutum (si parla delle virtù)  Liber Divinorum operum (libro delle opere divine): ci sono note 3 trascrizioni, l’unica miniata è qiuella a Lucca. Contiene 10 visioni, ognuna con una miniatura a tutta pagina. Sono immagini che non trovano immediato riflesso con le iconografie tradizionali. In basso la vediamo raffigurata con un monaco che spiega e alle sue spalle un’altra monaca: una studiosa, Michela Pereira, ha ipotizzato che probabimente questi testi erano collettivi, quindi scritti in rapporto con le sue compagne e anche il suo scriba. Vide in Volmar una sorta di opinion maker. Monaca appartenente all’aristocrazia renana, affidata a Giuditta di Sponheim, che andò poi nel monastero benedettino di Disiondenberg. Punto su cui la critica discute: ruolo di Volmar, solo scriba, nel senso di copista e cui lei detta i testi? Un altro testo, De cause et cure, in cui si parla di sessualità femminile, di vita coniugale, di parto in modo diverso, come una sorta “deviante” rispetto ai testi maschili del periodo. Le visioni importanti per capire le subtitilates (aspetti non percepibili dai sensi. Lei stessa scrive che non poteva pensare senza vedere le immagini, la sua produzione legata all’immagine, è quindi lei l’autrice. Rimane però il problema: le ha miniate personalmente? Purtroppo non si è conservato nessun codice originale. Il monastero da lei fondato fu distrutto secoli più tardi. Vi aveva vissuto fino alla morte, lasciando alle sue consorelle, ossia le monache, le sue opere, i suoi testi scritti e miniati. Possiamo di certo definirla artista.  Herrada di Landberg, badessa di Hohenburg in Alsazia, Hortus Deliciarium: manoscritto distrutto nell’incendio della Biblioteca di Strasburgo durante la guerra franco-prussiana. Opera enciclopedica, ermeneutica, allegorica e simbolica, scritta tra il 1159 e 1175, contenente poesie, note musicali...  Codice miniato in origine, in quanto conteneva uno straordinario apparato di ben 350 miniature. Engelhardt ha pubblicato nel 1818 la prima monografia, con la riproduzione delle immagini. Esempio: raffigurazione dei filosofi, delle Virtù con la più antica raffigurazione dell’anticristo. - Filosofia raffigurata come una donna con la corona e tre teste (logica, fisica, etica); - Omnia sapientia a Domino Deo est - Socrate, Platone - 7 arti liberali - Trivio (retorica, grammatica e dialettica)  Ancille Dei, Dominae, Diaconesse: si usano indistitamente fino alla prima metà del XII secolo  Moniales e Monachae: fino al XIII secolo, mai usato per Campo di Marzio o Via Lata fino almeno agli anni ‘40  Monache di clausura: da inizio XIII per opera dei domenicani, che raggruppano sotto ad un’unica comunità più nuclei *Sinodo del 1059: Ildebrando di Soana si scaglia ferocemente contro queste comunità (troppo libere e indipendeti) dicendo che queste essere esistevano soltanto in angoli remoti della Germania (non è vero, esistevano anche a Roma). Il problema imperiale e problema del costume e dell’autonomia femminile combaciano. Per questo gli storici hanno deciso di dare più importanza delle fonti grigie (documenti, atti) come maggiormente attendibili. Si voleva affermare l’indipendenza della chiesa riformata dall’imperatore, in queste comunità legate a famiglia di origine tedesca (opposizione), quindi le si contesta.  La tavola del Giudizio Universale già in San Gregorio Nazianzeno, proveniente da Santa Maria in Campo Marzio (Pinacoteca Vaticana), 1061-1071: importante anche perché abbiamo pochissime pitture su tavola, soprattutto così grandi e antiche e raffiguranti un Giudizio, aldilà delle tavole con l’icona della Madonna o i Crocifissi. Si è dovuto fare uno studio sulla provenienza: nel 1660 è registrato il dipinto su un altare laterale della chiesa di San Gregorio Nazianzeno. Si è visto anche come l’opera sia importante per l’iconografia, da sempre esaltata come una prova di XI secolo in cui si guardava all’arte antica di Roma (vedi personificazioni con figure nude). Cristo in majestas domini seduto sull’arcobaleno in cielo, con serafini e cherubini, poi la presenza del Cristo del Giudizio col costato aperto affiancato da angeli e apostoli, sotto scene di vita dei santi, poi iconografie più complesse e originali. Sulla parte più bassa, c’è la rappresentazione delle mura gemmate della Gerusalemme Celeste che accolgono le sante Prassede e Pudenziana, accompagnate da due donne, una maritata e una non sposata. Assieme a loro una folla di laici. Iscrizione: Do(min)a Benedicta ancilla D(ominu)i Costantia addatissa È stato supposto che si riferisca ad una vedova che divenne badessa del convento tra il 1061 e il 1071. È registrato un pagamento nel 1030 a nome di una certa vedova Costantia – la donazione potrebbe essere servita per ristrutturare l’oratorio, tiene in mano un modellino di edificio; Benedicta invece potrebbe aver donato una somma per alcuni altari. r Quando ci troviamo di fronte ad una miniatura con l’iconografia “maschile” del devoto che offre, a volte, in ambito femminile non si è agito allo stesso modo.  Icona Tempuli: identificazione delle comunità femminili di Ancille Dei con le icone mariane per la rivendicazione della propria autonomia nei confronti del partito riformista. La più importante, presenta a Santa Maria del Rosario a Roma, la si fa risalire al periodo preiconoclasta. Furono studiati anche i riti che accompagnavano queste icone, spesso legate a pestilenze o guerre. Sono state relizzate, sempre nella seconda metà del XI secolo, altre copie: *Madonna Advocata in Santa Maria in Aracoaeli a Roma (copia “imperfetta”, concetto medievale diverso, è più il significato che l’estetica: vedi mano). *Madonna Advocata presso il convento di Santa Maria in Campo Marzio. Le ancille dei copiano queste icone, creandone nuovi oggetti e contesti di culto antico, per rivendicare la propria autonomia anche di fronte alle richieste del partito riformista e per difendersi dal papato.  Sott’arco della parete destra della chiesa di San Gregorio Nazianzeno, ultimo quarto dell’XI secolo: frammento con copia/citazione “rovesciata” dell’Icona Tempuli in Campo Marzio. Infatti nello stesso sito veniva conservata la tavola del Giudizio Universale. Faceva parte di un ciclo in cui si narravano le vicende di Tempulus e dei fratelli Servulus e Cervulus per portare dall’oriente a Roma l’icona della Vergine nel convento femminile romano di Sant’Agata in Turris. Dopo che papa Sergio III fece rimuovere l’icona dal convento, essa tornò per miracolo nel convento: il papa cedette così al volere divino, è costretto a rispettare la proprietà e dignità del monastero femminile. Dunque il far dipingere un ciclo che racconta questa vicenda, è un modo per sostenere la propria autonomia dal papato, e fa capire come il culto dell’icona e la produzione di copie si inseriscono in questo periodo. Committenze laiche: raffigurazione di ogni “categoria possibile” vicino alla chiesa riformata Gli anni ’70 del XI secolo sono segnati da una grave crisi politica e sociale: - 1078: il cardinale di San Clemente, Ugo Candido, è definitivamente scomunicato da Gregorio VII, al suo posto viene nominato cardinale Ranieri di Bieda, futuro Pasquale II - 1080: al partito filoimperiale fa capo Guiberto di Ravenna che diventa l’antipapa Clemente III, lungamente tiene sotto controllo i luoghi simbolici di Roma - 1084: Enrico IV approfitta della lontananza del capo dei Normanni (Roberto Guiscardo), assedia Roma e costringe Gregorio VII a riparare in Castel Sant’Angelo. L’abate di Montecassino Desiderio incontra segretamente l’imperatore per trovare un accordo, ma poi si tiene lontano dalla capitale Nel ventennio 1080 – 1100, a Roma, si avverte un calo di committenze da parte del clero riformato.  Storie di San Clemente e Sant’Alessio nella chiesa inferiore di San Clemente (1078-1084/1099) Gli studiosi sono divisi rispetto alla committenza del ciclo di affreschi: - commissionati dall’antipapa Clemente III attorno al 1080 - commissionati da Ranieri di Bieda nel 1078, anno della sua nomina a cardinale di San Clemente e finanziati da una coppia di laici. Unica traccia indiscutibile del vero patronato sono le iscrizioni ed i loro ritratti. Il ciclo pittorico è composto da quattro nuclei distinti disposti su: 2 tratti della parete all’ingresso della basilica:  Parete dell’arcata destra del nartece: - Miracolo del Tempietto - Committenti identificati da medaglione con ritratto di San Clemente  Parete dell’arcata sinistra del nartece: - Traslazione delle reliquie - Apparati decorativi 2 pilastri distinti nella navata  Primo pilastro della navata centrale: - Intronizzazione di San Clemente - Messa di San Clemente - Tentato arresto di San Clemente  Secondo pilastro della navata centrale: - Cristo in trono tra gli arcangeli Michele e Gabriele e i santi Clemente e Nicola - Leggenda di Sant’Alessio - Apparato decorativo L’unica traccia indiscutibile del vero patronato sono le iscrizioni che guidano nell’identificazione dei ritratti dei committenti, che reggono dei ceri: - Altilia - Beno de Rapiza - Puerulus Clemens - Domna Maria - Maria Macellaria Sembra che nei dipinti di committenza laica si voglia proporre un modello di vita femminile, devota, e soprattutto alternativo a quello della “canonichessa”. GLI SPAZI DESTINATI ALLE DONNE Con le sopressioni degli spazi femminili, che nel caso dei frati c’è stato un recupero della funzionalità religiosa, è stata persa ogni traccia. Difficoltà per la scarsa menzione nelle fonti scritte in cui sia chiarita la parte delle donne, la pars mulierum, anche se non mancano testi già a partire dall’erudizione del XVII e XVIII secolo. Prime raccolte e studi di libri ordinari (libri sulla liturgia della messa) nel XVIII secolo (1735 a Diogne, quello dell’antica ecclesia Bisuntina che ci dà alcune indicazioni). Cosa intendiamo?  Lo spazio usato dalle donne come fedeli: nel Medioevo non c’è un luogo canonizzato  Spazio percorso o occupato nella celebrazione attiva (dal XIII sec, casi particolari)  Lo spazio vietato ma comunque usato Poche fonti scritte, ci sono piuttosto testi religiosi di liturgie a darci informazioni:  Libri ordinari, in Francia circa 200 manoscritti in generale (non tantissimi) “liber ordinarius ostendes qualiter legatur et cantatur per totum anni circulum in ecclesia […<+ tam de tempore quam de festis sanctorum in nocturnis et diurnis” Esclusione delle donne dai riti, fonti:  Apostolo Tommaso: liber 2, cap. 58  San Giovanni Crisostomo (edizione del 1842), passo in cui dice “le donne dagli uomini nella chiesa erano separati da tavole di legno” (mulieres a viris in ecclesia tabula lignea sequestrabantur)  Giovanni Scoto Eurigena, nell’884: autore di un libro smarrito, discusso da altri. Asseriva che le donne potevano essere brave abadesse e brave presbiteresse. C’è poi un epitaffio in Scozia: “me genuit Anglia me suscepit, Gallia me docuit Colonia me tenet”  Sappiamo che per la chiesa di Santa Maria in Capitol a due navate (per una fase), una era per i canonici e l’altra per le canonichesse. A volte però nello stesso coro si trovavano e cantavano insieme alternati (è probabile quindi che non ci fosse alcun tramezzo divisorio).  Cesario, vescovo di Arles, prescrive stretta clausura nel VI: ma di fatto noi sappiamo che le canonichesse sassoni sono libere dai dettati dell’Institutio sanctimonialium dell’816 (non è vero che tutte stavano in clausura). Un problema che noi abbiamo in Italia però è l’utilizzo del termine MATRONEO (meglio tribuna, più generico), che indica una funzionalità scorrettissima per quanto riguarda il medioevo. non sappiamo neanche per l’età precedente come deve essere accoppiato: abbiamo pochissime citazioni in realtà del matroneo, le ricorrenze sono quasi esistenti, solo nel Liber pontificale romanum.  Unica ricorrenza in Schlosser nel Liber Pontificorum Symmachus (498-514): parlando la chiesa dei Santi Apostoli, si dice che mancava l’abside e si era ornata con pitture la postconfessione (ovvero la parte dietro la cripta). Dice che è stata fatta una camera ed un matroneo (non ci dice dove), ed è stata posta nell’area presbiteriale l’immagine argentea col salvatore e i 12 apostoli.  Un'altra suggestione, orientale, è arrivata da Paolo Silenziario: parla degli uperòa (luoghi superiori, strutture rialzate) nella chiesa di Santa Sofia. “Qui si può veramente vedere il fior fiore di gentili donne le quali preferiscono la posizione della cupola perché possono vedere fin dal basso” (sembra quasi una questione estetica).  Procopio, altro autore che ci parla di Santa Sofia, utilizza un iperbole: “quale autore potrà mai fortnire la descrizione del gunaikonitis nel tempio al piano superiore?” (ma non ci dice altro). Fino all’XI secolo compreso, non siamo in grado di distinguere sempre monache da canonichesse: - Casi esemplari Gandersheim and Vreden (Hedwig Roecklein) - Julia von Ditfurth ha studidiato il luogo del coro monastico femminile - Studio di Adam Steas sulle tribune del transetto (XI-CII secolo), individuando una possibile area in cui si trovavano i cori delle monache - Maria Maddalene Rueckert ha studiato i monasteri cistercensi femminili franco svizzeri *Capocroce = la parte terminale della chiesa che comprende anche il transetto dell’area absidale.  Chiesa di San Ciriaco a Gernrode Fondato da Gero (937-965), che aveva posto come prima badessa la nuora Hatui, morta nel 1014. Chiesa consacrata a Maria, Pietro e Ciriaco, la cui reliquia di un braccio, era stata acquisita nel 961 da Gero in un viaggio a Roma. Doppia abside, sia ad oriente che occidente, presenza di “annessi” che potrebbero sembrare il transetto (non era del tutto percorribile, forse c’erano delle barriere), ma in pianta sono segnati col tratteggio (struttura dell’arco) e non ci sono altre particolari indicazioni. Rifacimento delle murature laterali che già esistevano, ma che poi sono state rese più grandi o robuste, con ingresso laterale. Disallineamento della struttura, tipico degli edifici medievali a causa dei metodi rudimentali di misurazione. Sistema di scale già previsto nella fase progettuale. Le tribune, collegate dal sistema di scale, dovevano avere una funzione liturgica; si affacciavano sulla navata centrale con una serie di bifore (termine claristorum, luogo che prende luce dalle finestre). Prima campata: occupata da una struttura. C’è poi una piccola struttura di pianta rettangolare all’interno, con sculture e stucchi che raffigurano il Sepulchrum Christi, e circolare all’esterno, su modello del Santo Sepolcro di Gerusalemme (copertura conica), molto utilizzato durante la celebrazione pasquale. Filone che ha visto come gli esempi più antichi di questa tradizione sono i monasteri femminili. Rifacimento legato alle strutture più moderne e di gusto (come il Santo Sepolcro).  Chiesa di Bad Gandersheim Fondata nell’852 da Liudolfo di Sassonia, che pone come badessa la figlia, Hathumond. Per la prima volta, Leopold Gerhard ha avanzato un’ipotesi definibile rivoluzionaria, che identifica la tribuna, che in questo caso si trova nella struttura occidentale (chiamata generalmente Westwerk, distinto dagli studiosi in Westwerk per l’età carolingia e Westbau per gli ottoniani). È stata una delle chiese più importanti per gli ottoni, tanto che il Westbau è stato considerato come un atrio collegato ad una funzione di sepoltura, in quanto sappiamo che era una sorta di Pantheon per gli ottoni più importanti, fino alla costituzione di Quedlinburg. Il corpo occidentale è articolato in più piani, ed uno si impone come una grande tribuna affacciata sulla navata, che ci da la disposizione che all’interno, nella zona del presbiterio, forse c’era un coro di monache, o meglio, canonichesse che vi vivevano (a differenza quest’ultime sono esentate dall’ordine). Moltissimi studiosi hanno ipotizzato che le tribune nel corpo occidentale fossero il luogo che ricordava la presenza dell’imperatore.  Wendhausen (vicino a Quedlinburg) Ex chiesa, qualche traccia di antico. Presentava un’apertura sulla navata del coro delle monache (1000c), delle arcate murate.  Chiesa di San Servatius a Quedlinburg Edificio molto trasformato, inglobato da costruzioni successive. Tesoro preziosissimo: anche casse reliquiarie oro, come quella citata nel più antico inventario in nostro possesso (1021), “ tria eburnea scrinia cum reliquis sanctorum”. Si ritiene che il cammeo venga dalla Siria (VII secolo), gli avori dall’età di Carlo il Calvo, con apostoli associati a simboli zodiacali…rifacimento tardo della parte d’oro e degli smalti. Scale che portano alle tribune, chiostro, struttura più bassa con le funzioni della cripta (volte a crociera non costolonate), in cui sono presenti lastre tombali a figura intera.  Essen Tribuna orientale che ricorda la Cappella Palatina. All’interno c’è un candelabro (già visto a Bad Gandersheim) che presenta una scritta: fu stato fare dalla badessa Matilda, figlia di Liudolfo, sorella di Ottone II, canonichessa di Essen fino al 1011 (valore memoriale). *Evangeliario di Teofano, Essen Coperto da una copertina in legno e lamina d’oro sbalzata, con un avorio al centro. Particolare d’oro sulla parte inferiore in cui si nota una donna in proskynesis, come avevamo visto nell’avorio di Giovanni Filagato Donato Giustissimo. Cassetta che conteneva l’evangeliario di grande preziosità. Menzionato nel Liber Ordinarius, che deriva dall’Ordo romanus del VII secolo: uso liturgico della capsa.
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