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IL SABATO DEL VILLAGGIO, Dispense di Letteratura

Analisi dell'opera Il sabato del villaggio di Leopardi

Tipologia: Dispense

2019/2020

Caricato il 12/02/2020

giorgia-gaccione
giorgia-gaccione 🇮🇹

4.5

(12)

14 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica IL SABATO DEL VILLAGGIO e più Dispense in PDF di Letteratura solo su Docsity! IL SABATO DEL VILLAGGIO Giacomo Leopardi Opera: Canti, xxv La canzone fu composta a Recanati nel 1829, subito dopo “la quiete dopo la tempesta”. Le due costituiscono un dittico che nelle varie edizioni dei Canti non fu mai sciolto. La sera del Sabato è il corrispettivo, rispetto alla settimana lavorativa, della quiete dopo la tempesta: momento di pausa della vita dell’uomo in cui le attività consuete riacquistano vigore, in forza della speranza e quindi del piacere che anima questo momento. Ma l’accento in questo caso viene posto sulla coincidenza tra piacere e speranza. Schema metrico canzone libera. Formata da strofe di endecasillabi e settenari, lunga la prima e molto più brevi le altre tre. Frequenti le rime e le assonanze. La donzelletta vien dalla campagna, (la fanciulla torna dal lavoro nei campi) In sul calar del sole, (verso il tramonto) Col suo fascio dell'erba; e reca in mano (portando con sé un fascio d’erba) Un mazzolin di rose e di viole, (coppia floreale tradizionale della letteratura italiana si da Dante) Onde, siccome suole, (con le quali, come è solita fare) Ornare ella si appresta Dimani, al dì di festa, il petto e il crine. (si prepara per domani, il giorno di festa, mettendole sul petto e nei capelli) Siede con le vicine Su la scala a filar la vecchierella, (si siede insieme ad una vecchiarella) Incontro là dove si perde il giorno; (verso il tramonto) E novellando vien del suo buon tempo, (la vecchia racconta della sua giovinezza) Quando ai dì della festa ella si ornava, (quando per il giorno di festa si preparava proprio come la donzelletta) Ed ancor sana e snella (quando ancora era giovane e bella) Solea danzar la sera intra di quei Ch'ebbe compagni dell'età più bella. (era solita andare a ballare in mezzo a quelli che erano i suoi compagni durante la gioventù) Già tutta l'aria imbruna, (tutto intorno si oscura, arriva la sera) Torna azzurro il sereno, e tornan l'ombre (il cielo torna azzurro dopo il tramonto è trascorso del tempo da quando la vecchia ha incominciato a parlare) Giù da' colli e da' tetti, (tornano le ombre giù dai colle e dalle case) Al biancheggiar della recente luna. (la luna è appena sorta) Or la squilla dà segno Della festa che viene; (la campagna dà segno che la festa sta arrivando) Ed a quel suon diresti (a quel suono si direbbe “diresti” ha valore impersonale) Che il cor si riconforta. (che il cuore si consola e che per un momento dimentica i suoi mali) I fanciulli gridando Su la piazzuola in frotta, (i fanciulli in gruppo sono i primi a gioire del giorno di festa, poiché sono i più vicini alla natura nella loro condizione di incosapevolezza) E qua e là saltando, Fanno un lieto romore: (lieto perché esprime gioia) E intanto riede alla sua parca mensa, (e intanto riede forma arcaica per intendere una camminata lenta e cadenzata, verso la sua parca mensa povera cena) Fischiando, il zappatore, (fischiando in segno di letizia) E seco pensa al dì del suo riposo. (tra sé e sé pensa al giorno del suo riposo) Poi quando intorno è spenta ogni altra face, E tutto l'altro tace,(quando ogni fiaccolaluce umana, rimane solo quella della luna, è spenta e tutto il resto è silenzio, facelatinisimo, face/tacerima baciata) Odi il martel picchiare, odi la sega Del legnaiuol, che veglia Nella chiusa bottega alla lucerna, E s'affretta, e s'adopra Di fornir l'opra anzi il chiarir dell'alba. (si sente che il falegname lavora SECONDA PARTE DELLA POESIA La riflessione di Leopardi Nella seconda del Sabato del villaggio (vv. 38-51) il poeta riflette sulla vanità dell'attesa della festa: il piacere, che ognuno degli abitanti si aspetta, non giungerà mai, ma permarranno la noia e la tristezza dell’esistenza umana (“diman tristezza e noia | recheran l’ore” vv. 40-41) . La riflessione si estende poi anche alla vita: la giovinezza è un periodo felice, perché si attende con ansia e gioia l'entrata nell'età adulta, come quando il sabato ci si prepara per il giorno di festa; tuttavia il passaggio di età non porterà gioia, ma si rivelerà doloroso e privo di piacere. La poesia si conclude allora con un'apostrofe a un "garzoncello scherzoso" (v. 43), e cioè una figura retorica utilizzata per invocare sulla pagina un fanciullo ancora ignaro della dura legge della realtà umana: "Godi, fanciullo mio; stato soave, stagion lieta è cotesta. Altro dirti non vo'…" (vv. 48- 50). È un invito esplicito al "garzoncello" (simbolo dell'ingenuità umana e dell’inconsapevolezza di ogni fanciullo) a non desiderare di affrettare la crescita nell'ansia di diventare adulto. In questo componimento infatti il piacere è considerato da Leopardi come l'attesa di un benessere venturo, che, una volta raggiunto, si rivela vuoto e illusorio. Si noti come il pessimismo cosmico leopardiano, che qui sancisce che ognuno di noi è destinato alla sofferenza, non assuma pose tragiche: lo stile è piano e pacato, come se quello del poeta fosse un malinconico monito al “garzoncello” inesperto della vita. Tra il “Sabato del villaggio”, lo “Zibaldone” e “La quiete dopo la tempesta” Il commento del poeta La tematica de Il sabato del villaggio viene sviluppata anche in alcune pagine dello Zibaldone, in cui viene affermato che: il piacere umano si può dire ch'è sempre futuro, non è se non futuro, consiste solamente nel futuro. L’atto proprio del piacere non si dà. Io spero un piacere; e questa speranza in moltissimi casi si chiama piacere 3. Rispetto a questa riflessione sul piacere, la conclusione della Quiete dopo la tempesta (altro “canto” strettamente connesso con questo, e anch’esso profondamente influenzato dall’evoluzione radicalmente pessimistica del pensiero leopardiano) si presenta più dura. Negli ultimi versi della Quiete l’autore si rivolge contro la natura crudele e contro le riflessioni filosofiche legate all'ottimismo spiritualistico, con un tono aspramente sarcastico: O natura cortese, son questi i doni tuoi, questi i diletti sono che tu porgi ai mortali. Uscir di pena è diletto fra noi 4
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