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"Il sacro nella storia religiosa dell'umanità", Ries., Sintesi del corso di Scienza delle religioni

Il riassunto sostituisce completamente l'utilizzo del testo.

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

In vendita dal 04/12/2021

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Scarica "Il sacro nella storia religiosa dell'umanità", Ries. e più Sintesi del corso in PDF di Scienza delle religioni solo su Docsity! “IL SACRO NELLA STORIA RELIGIOSA DELL'UMANITÀ” di Julien Ries. PRIMA PARTE: LE GRANDI TAPPE DELLA RICERCA RECENTE SUL SACRO + (CAP. 1: teorie sociologiche ed etnologiche) Introduce i tre diversi approcci riguardo al tema dello studio delle religioni: APPROCCIO SOCIOLOGICO (Èmile Durkheim, massimo esponente) APPROCCIO FENOMENOLOGICO (Rudolf Otto, Husserl) APPROCCIO STORICO ED ERMENEUTICO (Schlaiermacher, Heidegger, Ricoeur e Mircea Eliade) Ogni autore si rimanda l'uno con l'altro. Il sacro è tema fondamentale di tutto il libro. Che cos'è il SACRO? — è una manifestazione di potenza, non è da confondere né con Dio né con la religione, trascendente e immanente nella fenomenologia nello stesso momento. Non si arriva con l'intelletto alla definizione di sacro, ma non l'intuizione. ÈMILE DURKHEIM (1858-1917): padre fondatore della sociologia, antropologo e storico delle religioni francese. Insegna nella scuola francese, egli viene fortemente influenzato dal positivismo, che è derivante dall'illuminismo, quindi ha quest'ottica di continuo progresso dell'umanità. Studia le civiltà antiche per trovare la de finizione di sacro e ha in mente un'idea evoluzionistica della vita dell'uomo (=continua evoluzione da uno stato primitivo ad uno stato più progredito, avanzato). Pensa che, nella storia dell'uomo, si passi da una fase più mitica poi teologica e infine positivistica!!! Questo è un periodo che si sviluppa tra illuminismo e positivismo. Di contro rispetto alle idee illuministiche, c'è l'idea che l'individuo, e tutto ciò che riguarda l'individualismo, non sia soggettivo ma che si ricolleghi alla società: /a_ società crea l'individuo, ma l'individuo non crea la società. C'è la predominanza della società sull'individuo, perché l'individuo non potrebbe esistere senza la società, perché dà tradizioni, un'impostazione di pensiero, ecc. La società ha un'identità autonoma ed esiste quindi indipendentemente dalle manifestazioni individuali. È il concetto di coscienza collettiva, che serve proprio per descrivere tutto quell'insieme di credenze e sentimenti comuni a tutti e che professione come una chiamata (una vocazione) dentro la quale scoprono i segni dell'elezione della salvezza di Dio. Cosa c'entra questo con la questione del capitalismo? Centra perché questi quaccheri vivono la propria professione, la vivono come una vocazione e questo significa che vivono il successo e la cura come una sorta di risposta di Dio alla loro domanda se saranno salvati o no. Avremo un inizio di un nuovo modo di vedere il lavoro, nasceranno gli imprenditori monaci, che vivono per il loro lavoro, la produzione e la ricchezza, simbolo della benedizione di Dio. Ma questa ricchezza, che viene accumulata, non viene consumata dal singolo come fosse un imprenditore di oggi, ma loro vivono una vita essenziale, e tutto quello che avanza in questa vita lo reinvestono nel lavoro e nell'impresa. La descrizione di Weber sta nel suo libro “L'etica protestante e l'etica del capitalismo” + SPIRITO DEL CAPITALISMO Anche Weber ritiene che, la reli abbia un circolo virtuoso con le altre dimensioni della vita dell'uomo, in particolare con la vita sociale (economica). La nuova reli protestante genera una nuova economia, che a sua volta genera un nuovo modo di vedere la società civile. Il rapp reli-società per lui non è strutturale e funzionale, perché queste relazioni che si generano nella società e tra società, con ispirazione religiosa, sono storiche e imprevedibili (=nascono perché la storia è andata così) + non c'è una struttura della coscienza collettiva che si ripete, c'è una struttura della storia: una intersezione di eventi che portano a certi processi economici e sociali e la reli è uno di questi eventi. Lui poi si interesserà della cultura religiosa delle grandi religioni, ma quello che potete immaginare è che ritenga che il rapporto tra religione e vocazione (sociale, politica, economica, ecc) non è considerato nel senso dello status quo di Durkheim, ma per Weber è un fattore radicale di cambiamento sociale, le_ religioni generano cambiamenti sia nel senso del progresso sia nel senso del regresso. Quindi il rapp tra religioni-società è di conflitto, di crisi, di un continuo divenire che riguarda reli e società. Per Weber le religioni hanno un modo, una dialettica del divenire che li porta ad essere fattori di cambiamento sociale. Le religioni allora nascono da un carisma. Questo continuo divenire tra carisma e riforma è la dialettica attraverso cui le religioni diventano un fattore di cambiamento nella società. MARCEL MAUSS (nipote di Durkheim) è considerato il teorico delle religioni arcaiche che riesce a vedere la determinazione del sacro/mana. Concentra lo studio sulle funzioni sociali del sacro e poi sul totem ed essendo una riserva del sacro, è la manifestazione diretta della società, la qualifica. Il totem, simbolo del clan, è sacro ed è in grado di concretizzare i sentimenti della collettività per dare le forze a ogni membro della società che gli permettono di superarsi. Imp il simbolismo! + il sacro si concentra nel totem che è il suo simbolo ed è simbolo del gruppo+ il sacro diviene l'anima della religione sotto il simbolo del totem HUBERT collabora con Mauss. Insieme cercano di ritrovare il mana in altre religioni per dimostrarne l'universalità (contrario a Durkheim che si limitò al mana della religione totemica). Cos'è il mana? + è il valore delle cose e delle persone, valore religioso-magico-sociale. Entrambi insistono sulla presenza del mana nei popoli di lingua malese polinesiana e secondo loro il sacro è considerato tutto ciò che per il gruppo e i suoi membri qualifica la società. Idea-forza attorno alla quale si raccolgono miti e riti, il sacro si colloca al centro di ogni fenomeno religioso, apprendendo in esso anche la nozione di Dio. RITA LEVI MAKARIUS + nuova interpretazione sociologica del mana e del sacro nelle religioni primitive+ il tabù di sangue costituisce la struttura ideologica dell'ordine sociale nelle società etnologiche. Tre strumenti principali della violazione dei tabù: sangue, incesto e omicidio La violazione viene commessa per impadronirsi del potere del sangue che viene qualificato potere sovra indotto perché ne costituisce il potere magico+ questo potere magico nasce dal sangue e si ottiene attraverso la violazione dei tabù del sangue (=attraverso dei delitti) + una volta ottenuto, si identifica con il mana che è fonte del sacro. Importante! + la differenza tra magia associativa (simpatica) e magia per mana (violatoria e individuale) La VIOLAZIONE DEL TABU' è un ATTO INDIVIDUALE e SOCIALE IN QUANTO ANTISOCIALE + presenta un contenuto ideologico, collettivo e che fonda il mana 3 caratteristiche del mana: - Efficacia: si fonda sul potere del sangue e sulla forza che si sprigiona da questa materia prima e agisce anche a distanza; - Ambivalenza: il mana ha due rappresentazioni (mana sostanza vs mana forza misteriosa) +la forza malefica del sangue impuro riceve un potere benefico mediante la sovra induzione; - Carattere pericoloso: si tratta dell'uso di sangue proibito e impuro (abbiam detto si ottiene per violazione dei tabù) + resta una forza misteriosa nella sua origine Prima il sacro aveva un valore solo negativo, perché non si poteva infrangere il tabù, se non in alcuni momenti rituali. Da questo fa derivare la distinzione di genere fra uomini e donne: considera le donne impure per via del ciclo mestruale, quindi si inizia ad avere una concezione pessimistica della donna, mentre si ha una visione positiva e pura dell'uomo: vi è questa contraddizione nel sacro+ Makarius concepisce il percorso del sacro: nasce dal timore del sangue, passa per la violazione dei tabù e si costituisce definitivamente nel mana trascendente per sfociare infine nelle religioni. [Nel suo libro “il sacro e la violazione dei tabù”, dice che l'ordine della società, la sua struttura, dipende da una violazione rituale del sangue (rituale + ha una cadenza temporale al raggiungimento di uno scopo collettivo, per questo diverso dall'omicidio). È un tentativo di deviare la violenza del gruppo in una vittima, che diventa sacra. Questa infrazione rituale permette la struttura e l'ordine della società] RENÈ GIRARD (sociologo, critico letterario, antropologo) identifica il sacro con la violenza: analizza vari rituali delle culture antiche (egiziani, mesopotamici...) e vede che hanno sempre un carattere cruento (es. smembramento di un cammello). Egli descrive tutti i caratteri rituali delle tribù antiche in un suo libro, oggettivamente e considera sacro e violenza un tutt'uno (nel sacro ci sono ordine/disordine, pace/guerra, creazione/distruzione) + violenza fondatrice= prodotto del sacro+ l'esistenza umana è governata dal sacro, sostanza misteriosa che ruota attorno agli uomini Qual è il senso di questi rituali? Non si può giudicare positivamente questi eventi, con la mentalità e gli strumenti odierni, ma bisogna indagare con la mentalità del periodo preso in considerazione. Per quanto riguarda la componente di carattere magico (e quindi non solo scientifico) che caratterizza questi eventi, “magico” non significa falso, ma analizzare con altri criteri. Questi omicidi rituali avevano un senso perché le comunità continuavano ad esistere, da un'implosione interna. Non esistevano le religioni come le conosciamo oggi, quindi nemmeno le regole, se non alcune determinate dal totem (quindi non esistevano regole contro l'omicidio, ad esempio). C'era il rischio di faide, che queste società auto-collassassero. Come vengono create all’inizio le prime regole? Intorno a questo mana, al totem. Mana+ vittima emissaria che, nella violenza rituale, fonda il gruppo Il primo grande rituale che viene fatto per evitare il collasso della società per la guerra tutti contro tutti è il sacrificio: violenza di scambio, un transfert collettivo in virtù del quale la vittima si sostituisce a tutti i membri della società Come si può fermare? Non esiste gerarchia, non esiste un apparato istituzionale, la società rischia di crollare. Però c'è un elemento, nella guerra tutti contro tutti, c'è una cosa che attira l’attenzione: se tutti siamo uguali, cerchiamo di ammazzarci, quindi serve qualcuno che distolga l'attenzione e indirizzi tutta la violenza nei confronti di un soggetto, il diverso (caratt. fisica). Questo, attira l'attenzione di tutto il gruppo e, in questo transfert di violenza, la collettività va contro la vittima, che una volta uccisa placa la società, quindi viene identificato come il mezzo per la pace. Ciò funziona perché dopo il sacrificio, la carica violenta non ce l'abbiamo più. Secondo l'antropologia, Con il passare del tempo le feste perdono l'importanza che avevano all'inizio, perché la religione tende a proteggere sempre di più l'individuo rispetto alla comunità. Subentra sacro-elezione di un fine supremo? il sacro traccia 2 vie: quella religiosa del misticismo e quella del fanatismo, la via sociale dei dogmi, dei riti, della mitologia e del culto+ il sacro conduce l'uomo nella direzione delle grandi conquiste (mistica, del sapere, del potere...) e nella direzione delle grandi rinunce + è i/ fine supremo della vita che diviene creatrice del sacro (CAP. 2) + LA FENOMENOLOGIA DEL SACRO NATHAN SODERBLOM (1866-1931) — sostenne i corsi di storia delle religioni e cercò una strada specifica situata tra teologia e filosofia della ragione. Egli scopre l’importanza del sacro e dedusse che una religione può esistere realmente senza una concezione precisa della divinità ma non esiste alcuna religione reale senza la distinzione sacro-profano (sacro= tratto essenziale del divino nel senso religioso). Soderblom cerca l'essenza del fenomeno religioso e, secondo lui, risiede nella distinzione sacro-profano (alla base della credenza, pietas del culto, vi è il sacro) + sacro: potere o entità misteriosa legata a certi esseri , cose, avvenimenti o azioni» mana: sacro positivo che agisce come un potere e distinto dal sacro negativo che implica la nozione di pericolo, tabù, proibizione che viene indicato con la parola polinesiana”tabù” Sacro positivo» MANA e Sacro dei divieti» TABU' [L'autore analizza il mana dicendo che non è una forza impersonale] RUDOLF OTTO è l'autore di riferimento per la fenomenologia. Studia tutta la componente della sociologia e viene dopo Durkheim. Importante nella sua formazione è il viaggio in india, perché viene a contatto con l/’induismo, quindi la concezione del sacro e del rituale per eccellenza dell'induismo è il sacrificio, più i libri: Upanisad (si legge “eupanishad”, insieme di testi religiosi filosofici indiani). Scrisse anche “Discorso sulla religione” con il quale entrò a far parte del campo della scienza delle religioni e “Il Sacro” che lo rende subito celebre. Perché è importante in quest'opera? Perché prosegue quel tentativo che era stato fatto da Schlaiermacher di cercare uno specifico antropologico della religione. 3 facce del Sacro+ sacro numinoso, sacro come valore e sacro come categoria a priori dello spirito Innanzitutto, parte da dei principi base, dalla sua analisi di sacro: 1-Partendo da Kant, dice che alcune idee necessarie non hanno bisogno di dimostrazione (Dio, anima e libertà: non sono dimostrabili ma non serve dimostrarli perché sono dentro di noi). Non può essere fatta alcuna dimostrazione proprio perché fan parte del mondo della metafisica. Il sacro non si conosce razionalmente, ma si intuisce (intuizione). 2- Il territorio del sacro, l'esperienza del sacro, comincia con il mistero e finisce con il mistero: non si può conoscere tutto del sacro, si può intuire, nessun intelletto può comprenderlo e, il compito della religione, è salvaguardare il mistero del sacro. Religione+ coincide con il mistero (mistero religioso) e la religione ha il compito di salvaguardarlo. 3- Inoltre, il simbolo è il linguaggio del sacro, cioè il modo in cui il sacro si manifesta all'uomo ovvero attraverso un oggetto naturale (totem = pezzo in legno, gesto, comunità di preghiera, situazioni sacre, idoli, miracolo, libri sacri, ecc.). Grazie al simbolo, la coscienza religiosa, riesce a cogliere l'eterno e proprio su questa intuizione si fonda la salvezza di ciascun individuo, che consiste nell'unione spirituale dell'uomo con Dio. DIVINAZIONE+ capacità dell'uomo di conoscere la manifestazione del sacro nel mondo dei fenomeni» Otto ridurrà l'universalità della divinazione limitandola a dei personaggi (profeti). Contro la teoria della divinazione di Schlairmacher che è come un fenomeno universale dell'umanità e che lui non precisa la storia delle religioni e in particolare la religione biblica (e Cristo stesso) + correzioni di Otto di questa teoria: -è nei miti e nel culto dei morti dei popoli primitivi che bisogna cercare il necessario intervento dei profeti creatori; -ruolo primordiale della storia delle religioni» compito: individuare valori religiosi presenti nel cammino dell'umanità e dimostrare così la difficile marcia degli uomini alla ricerca di Dio Questa facoltà di cogliere il sacro è una categoria a priori per cogliere l'individuo, proprio che spinge l'uomo a sottomettersi a questa realtà infinita (scoperta a priori: scoperta dell'Essere eterno e libero) + è come una disposizione originaria, a priori, del nostro spirito. Il misticismo è per lui la forma perfetta di religione, l'attività religiosa per eccellenza. Il sacro per lui è una categoria/teoria per interpretare e valutare la realtà in campo religioso (=è l'elemento fondamentale delle grandi religioni, è principio vivente e elemento primordiale), si trova nella natura+ parola per indicare il sacro: das numinose, il numinoso (numen: volontà divina) per definire il SACRO (sacer) + egli studia come l'uomo religioso si avvicina al sacro, nello specifico parla della relazione tra uomo religioso e sacro.+ via di conoscenza per scoprire il numinoso è data da 4 tappe/sentimenti: 1-SENTIMENTO DELLO STATO DI CREATURA: si tratta della reazione provocata dal contatto con l'oggetto numinoso ne che fa nascere un vivo sentimento di dipendenza nell'uomo nei confronti del sacro che è qualcosa di più grande rispetto a lui per cui la creatura sparisce dinnanzi a ciò che si trova al di sopra di ogni creatura+ quindi è questo il sentimento di creatura, cioè di piccolezza nei confronti del creatore; 2-CONQUISTA DEL NUMINOSO: il numinoso non può esser conosciuto ed è la tappa del terrore mistico (sentimento del tremendum+ il sacro è potente di fronte alla nostra piccolezza, l'uomo ha paura perché non lo può conoscere fino in fondo e il timore gli impedisce di farlo). Nell'inacessibilità assoluta del numinoso troviamo la potenza e la relazione uomo-potenza divina si esprime con “pietà intima ed evoluzione culturale” 3-OGGETTO NUMINOSO COME MISTERO: sentimento del mistero +il numinoso si confronta/distingue con il totalmente altro, il trascendente; 4-VALORE SOGGETTIVO, BEATIFICO PER L'UOMO+ fascinans : il sacro, il numinoso, che seduce e rapisce, che ha un valore soggettivo per ciascun uomo che ne fa esperienza e, quindi, ha un valore benefico per ciascun uomo. Da questo sentimento nascono l'amore, la compassione, ecc... ed è proprio in questi che si colloca la salvezza del Cristianesimo. Non abbiamo solamente la categoria di sacro, ma accanto al sacro, abbiamo il santo, cioè il santum + sacro quando si contrappone con il profano. Quindi, se il sacer, è colto sotto l'aspetto della trascendenza, il santum ha una caratteristica più valoriale, di relazione fra l'uomo religioso e il sacro. Abbiamo, perciò, una distinzione tra il sacro numinoso e la categoria del santo. La religione si presenta all'uomo come un obbligo intimo, personale, soggettivo. Otto, basandosi sulla teoria della conoscenza di Kant, afferma che è proprio la nostra modalità di conoscere e di fare esperienza delle cose che produce il sacro, è il nostro modo di vedere e entrare in relazione con il fenomeno. La categoria del sacro si trova all'interno di ciascun individuo che ne fa esperienza (qui grande stacco tra fenomenologia e sociologia), e questa esperienza è indipendente da qualsiasi astrazione mentale. Questa categoria, da un lato razionale porta all'idea di assoluto, dall'altro irrazionale esprime sentimenti religiosi. Questa facoltà del nostro spirito di percepire il sacro per i profeti è diretta, per gli altri uomini è mediata dalla religione (+ dalle strutture rituali che fanno conoscenza e limitano il sacro). Da dove nasce la religione? Per la fenomenologia e per Otto, nasce da una rivelazione interiore. Questa teoria contrasta la sociologia che credeva nascesse dai sentimenti collettivi. Ma Otto non mette in discussione il valore del sacro: la religione e il sacro derivano da un incontro tra l'uomo naturale, che ha questa predisposizione, con il sacro. C'è una manifestazione interna, SCHLAIERMACHER (1768-1834) — Schlaiermacher autore, filosofo aveva detto che la questione della religione non era la teoretica ma che l'atteggiamento religioso dell'uomo nasce da un sentimento+ SENTIMENTO di DIPENDENZA ASSOLUTA Opera: “| discorsi sulla religione”. Perché ci interessa? Dichiara che il tema della religione, questa dimensione della vita dell'uomo, non è risolvibile nel discorso teorico su Dio. Noi possiamo fare metafisica ( + tentativo di trovare una causa vita dell'uomo e del mondo, che chiamiamo Dio) ma egli è convinto che questo tipo di percorso non possa essere un discorso conclusivo e non rende ragione del fenomeno religioso. Dall'altra parte c'è la morale, che comprende i modi in cui viene introdotta la questione di Dio, ma S. ritiene che questa via non sia sufficiente per comprendere il comportamento religioso dell'uomo e non è sufficiente per comprendere l’uomo in quanto tale. Allora egli tenta una terza via, domandandosi: se l'uomo si pone il problema di Dio e se, questo problema di Dio, dà luogo a quel fenomeno che noi chiamiamo religione e se, sia da un punto di vista teorico sia morale, noi non riusciamo a comprendere per quale motivo all'uomo viene questa idea di Dio, per cui poi l'uomo inventa, crea l'atteggiamento religioso: allora vuol dire che nell'uomo c'è qualcosa di più originario che può spiegare questi tentativi che sono postumi a qualcosa di più originale. E quale sarebbe questo qualcosa di più originario che l'uomo vive e, quindi, genera l'idea di Dio e, ergo, anche la prassi religiosa? Questo luogo originario è il sentimento, il sentire. Siamo in un'epoca ormai cambiata (del Romanticismo e dell'Idealismo) che ha ridato dignità al sentimento come modo in cui l'uomo accede, entra nella realtà e nella verità della realtà. Non c'è solo il concetto, solo la morale ma, c'è il sentimento, il sentire. Il sentimento di cui parla S. è un sentimento particolare, non indeterminato ma è il sentimento della dipendenza assoluta + vuol dire che l'uomo, nella sua vita, sente di essere parte di una realtà che è più grande di lui e dalla quale dipende che è la condizione della sua esistenza. Questa esperienza, noi la facciamo spesso nella vita, soprattutto nel nascere, nel morire, nell'amore, nella sofferenza, momenti nei quali comprendiamo di essere dentro una realtà più grande di noi e noi siamo dipendenti da essa. La vita + ciò che io ho, che vivo, esperisco perché esisto, non si riduce mai al mio esperire e al mio vivere, è ciò in cui io sono posto, non l'ho prodotta io la vita che pure ci costituisce. Questo sentimento di dipendenza è lo scoprire, il sentire di essere parte di una realtà che sì, è parte dell'esistenza, ma che io non ho prodotto, senza la quale non si esisterebbe (ritrovato come posto ed io, come persona, ne sono una parte). Da questo sentimento, che è un'intuizione, un vissuto, da cui nasce l'idea di Dio y Non è un problema metafisico originariamente, non nasce dalla morale come voleva Kant, però eredita quello che Kant ha scritto nella terza “Critica del giudizio” approfondendolo. È il sentire di essere parte di una totalità assoluta di cui io non dispongo e che mi costituisce, una realtà da cui dipendo. L'idea di Dio nasce con questa esperienza, un'esperienza più originaria di quella della teoria della morale, più radicale. S. ci vede bene perché, in effetti, il sentire è la costituzione originaria fondamentale dell'essere al mondo dell'uomo + noi non siamo al mondo senza sentire, noi siamo prima di tutto sentire, siamo senzienti. Dobbiamo sempre passare dal corpo per arrivare a noi stessi e il sentire non è solo uno stato, è un agire, è un nostro atto costitutivo della nostra vita, soggettivo e del nostro pensiero è primario (lo aveva intuito anche Kant con l'estetica trascendentale). Nella nostra cultura contemporanea, si parla di narcosi del sentire. S. diceva che il sentimento e il sentire, erano l'origine sia della teoria che della pratica morale. Nasce così l'idea di Dio, che è sentimento di dipendenza assoluta. Se uno non sente come fa a capire l'assoluto? Uno che prova il sentimento di dipendenza assoluta non sarà mai un prepotente della vita. La giustizia non trova applicazione in un concetto universale ma ti ritrovi nella vita insieme agli altri e questo non provoca prepotenza, perché ci troviamo nell'umiltà. Il sentimento di dipendenza assoluta ti fa sentire radicato nella terra, non genera prepotenti dal punto di vista teorico e pratico, ma genera persone nelle quali nasce l'idea di Dio. Non c'è niente di ovvio nella vita umana: il sentire dell'uomo è accompagnato da dei simboli e c'è sempre un'interruzione creativa nella vita dell'uomo e la religione è una di queste+ SIMBOLI: - Sentimento di dipendenza assoluta espresso nella religione si esprime attraverso i riti, i miti, racconti sull'origine del mondo; - Provocazione alla nostra cultura + un uomo che sente poco e che non ha più il linguaggio simbolico per esprimere la propria vita porta alla crisi della religione. Ci sono degli esempi per capire la condizione dove ci troviamo: quando muore qualcuno, magari in circostanze drammatiche, l'espressione di oggi a questo dolore è: silenzio, abbraccio, senso di impotenza. Gli antichi invece lo manifestavano attraverso: capanna, famiglia, buco nel soffitto aperto (=questo gesto vale più delle parole, perché rappresenta un'interpretazione della vita posta in un simbolo, che esprime il modo di abitare poeticamente dell'uomo, la vita data). Il nostro problema: abbiamo perso questa dimensione e siamo alla ricerca di simboli. S. ha capito che il sentimento è centrale e, dice, che è dal sentimento di dipendenza assoluta che nascono tutte le espansioni delle religioni nella storia dell'umanità. Ci sono 2 questioni che rimangono aperte nel suo pensiero: . 1” questione + S. non spiega quale è il passaggio di sentimento assoluto alla dipendenza di Dio; . 2° questione + rapporto che c'è tra il sentire fondamentale, che forse è vero che può essere registrato nella vita di ogni persona, e le religioni nella loro determinatezza storia. C'è diversità di tradizioni nella loro genesi? S. tenta di cercare l'ambito antropologico proprio della religione, ciò che distingue l'esperienza religiosa da tutte le altre dimensioni antropologiche: l'insistenza sulla questione del sentimento di dipendenza assoluta ha come obiettivo questo. Dal sentimento, si parte per indagare il fenomeno religioso, una sorta di obbiettivo che si stringe sul tema della religione. Fa un passo avanti rispetto a Kant, che aveva subordinato la religione alla questione morale; qui la religione non prende un senso perché subordinata a qualcos'altro, ma perché ha un ambito specifico e originario che costituisce l'uomo. Infatti la sua riflessione ha dato origine a diverse interpretazioni del fenomeno religioso all'interno del movimento romantico (dove c'era una maggior attenzione alla religione) e poi agli inizi del ‘900, ha generato quella disciplina che viene chiamata la_fenomenologia della religione y Disciplina che studia le diverse tradizioni religiose che è attiva e produttiva anche nei nostri giorni (America, Francia, Germania,...). Chiamata così perché si pone l'obbiettivo di studiare la religione come una dimensione specifica e antropologica, costitutiva dell'uomo. Otto all'inizio della sua opera dice esplicitamente che lui vuole prendere in eredità l'intenzione di Schlairmacher quindi trovare uno specifico antropologico della religione che la distingua come esperienza da tutte le altre esperienze. Rudolf Otto parte da quello che era già stato detto da Schlairmacher cioè: che l'atteggiamento religioso dell'uomo nasce da 1 sentimento solo che lui non lo chiama sentimento di dipendenza assoluta ma lo chiama sentimento di dipendenza creaturale. Otto introduce un concetto che è teologico dentro 1 tentativo che è filosofico perché il concetto di CREAZIONE non è un concetto filosofico+ CONCETTO DI CREAZIONE è un CONCETTO BIBLICO (questo concetto biblico inventato dagli ebrei). DIPENDENZA CREATURALE è una relazione con il dio creatore e lui non può essere oggetto di indagine della filosofia. La dipendenza ASSOLUTA non è una relazione quella CREATURALE invece è una relazione e non può essere oggetto d'indagine!!! Otto dice che l'uomo è religioso perché dice che c'è un momento nella vita nella quale l'uomo scopre di porsi come uomo ma proprio perché parte da un essere posto, c'è un essere posto nella vita di cui non abbiamo conoscenza che è proprio questo sentimento di dipendenza culturale. Per Otto la religione nasce da qui. L'atteggiamento religioso dell'uomo è questa intenzionalità profonda attraverso la quale l'uomo praticamente esprime il proprio essere posto nel mondo, rispetto alla nostra vita quindi noi siamo PASSIVI perché c'è un essere nel mondo che noi non abbiamo deciso che tuttavia ci costituisce come uomini e donne: qua collegamento con la i modi per celebrarle queste ierofanie, ha miti e riti e dalla religione nasce anche l’organizzazione sociale e civile. Eliade scrive il suo libro più importante a Parigi, che è sempre inerente al sacro, e si intitola “Trattato sulla storia della religione” per identificare al meglio il ruolo dello storico delle religioni. A Parigi, incontra molti professori che lo influenzano, tra cui: - Dumézil + studia i simboli dei rituali; - Jung + entra in contatto con la psicologia, con gli archetipi. y simboli innati dentro ognuno di noi. L'autore pretende di innalzare la storia delle religioni come scienza autonoma interdisciplinare e, lo storico delle religioni, deve porre l'accento sulla religione, a cui viene affidata una triplice missione: - Missione storica + perché il sacro si manifesta sempre dentro la storia, in un determinato luogo, periodo storico, con determinate modalità di gestione dell'economia, della politica, ecc. Facciamo esperienza del sacro quando si manifesta nella realtà, in base alla cultura in cui si nasce. Importante è lo studio dei documenti storici, che vengono messi giustamente sotto critica, analizzati, datati, in modo che si possa capire il senso e non solo la mera descrizione del fenomeno; - Missione fenomenologica + se è vero che la manifestazione del sacro non può essere colta fuori dal suo contesto culturale, la fenomenologia ci ricorda che l'esperienza religiosa non può essere ricondotta ad un fenomeno non religioso, ma ogni fenomeno religioso deve essere colto nella sua specificità perché l'esperienza religiosa è un'esperienza particolare sui generi, che scaturisce dal rapporto dell'uomo con il sacro. Il suo compito, è di cercare una coerenza all'interno del mito, del rito e del simbolo (es. per Vanderlouv era importantissimo lo studio delle strutture interne della religione, ma per Eliade non è sufficiente: bisogna coglierne l'essenza nel loro condizionamento storico, non bisogna limitarsi alla registrazione dei fatti, bensì bisogna darne il senso). La manifestazione del sacro, Eliade, la chiama ierofania (ogni simbolo, esperienza del sacro). Il metodo fenomenologico è quello utilizzato da Eliade. - Missione ermeneutica + cioè dell'interpretazione dei testi, cioè fare l'esegesi/analisi dei fatti, eplicarli in un'interpretazione globale. Bisogna cogliere il senso e metterlo in una prospettiva più generale, che vale per tutti. Consiste in un lavoro comparato tra i vari testi delle religioni, per comprenderne il testo e far sì che siano utilizzabili oggi. Anche Eliade, come Otto e Durkheim, ha come fondamento della storia delle religioni è il sacro. Distingue anche lui tra sacro e profano. È compito dello storico delle religioni interpretare e dare senso alla ierofania. Qual è il mistero per eccellenza che nessuno può capire? È il motivo per cui il sacro decide di manifestarsi, essendo indipendente e trascendente dall'uomo. Non si manifesta mai in maniera pura ma attraverso il simbolo (oggetti, esseri viventi) ed entra a far parte così dell'ordine naturale. Nella manifestazione del sacro, intervengono tre elementi: - Oggetto naturale + pezzo di legno del totem, nel quale si manifesta il mana; - Realtà + invisibile altro assoluto, il sacro mana; - Mediatore + oggetto naturale rivestito di una dimensione nuova, dimensione della sacralità. Nel simbolo abbiamo il Dio che accetta di limitarsi e storicizzarsi per farsi capire (es. Dio diventa uomo nella religione cristiana). Il sacro non viene più inteso come realtà assoluta e trascendente, ma è una realtà naturale, mediata dal mondo naturale, dall'uomo. Proprio per questo, l'oggetto viene separato dall'ordine del profano. Sarà molto importante il ruolo dello spazio sacro (santuari, monasteri, chiese), spazio che viene diviso dall'altro mondo. Le tavole della legge venivano messe nel tempio, ma separate in un'altra ala, solo per essere lette dal sacerdote, perché scritte direttamente da Dio. Il Santuario diventa luogo di scambio tra l'uomo e Dio, è la riproduzione terrena dell'Aldilà, dell'altro mondo. Attraverso la fenomenologia lo storico delle religioni comprende la natura del sacro e ne dà un senso. Il teologo orienta la sua riflessione sul divino e la natura di Dio, basandosi sui testi rilevati. Il teologo non porta aggiunta nel dialogo delle religioni: questo può essere fatto dallo storico delle religioni. Ogni ierofania è una cratofania (manifestazione di potenza, del fenomeno religioso), ma non come il mana per la sociologia: nella fenomenologia è personale perché è sempre il soggetto che entra in manifestazione con il sacro. Eliade, rifacendosi all'archetipo Junghiano, vede il simbolismo della volta celeste e lo utilizza come archetipo presente nella struttura psicologica di ciascun individuo. Questo lo cogliamo attraverso l'intuizione e non attraverso la ragione, quindi l'uomo religioso coglie Dio attraverso il sacro, la ierofania. E quindi, da quell'essere supremo trascendente che si fa conoscere, nascono l'istituzione, i valori, l'ordine, il modo di agire, pensare e sentire dell'uomo. Perciò, il sacro si manifesta come una potenza che riproduce la realtà vera e il simbolo, che è l'oggetto intermittente, consente all'uomo di entrare in contatto con la potenza sovrasensibile. Importantissimi anche: - Mito + è un racconto, una storia vera, sacra ed esemplare che ha un senso specifico e che comporta una ripetizione di quello che si è parlato, dando luogo ad una tradizione. Ha il compito di fornire all'uomo dei modelli di comportamento e dà all'esistenza di ciascun individuo un senso. Abbiamo vari tipi di miti: i più importanti sono i miti di origine, perché raccontano e giustificano una situazione nuova (es. cicli stagionali) e hanno come fine la morte di qualcuno (tutto nasce dall'uccisione di qualcosa). Oppure, i miti escatologici che parlano del fine ultimo dell'universo, dove tende l'uomo, il senso da dare alla propria vita. | miti hanno la principale funzione di mantenere, nella coscienza di ciascuno, la concezione che esiste un mondo diverso dal profano, in modo che l'uomo possa fare esperienza di un evento primordiale (la nascita), ricordandogli che è capace di comportarsi in una determinata maniera. Nel cristianesimo il mito del sacro è Gesù, che si è reincarnato nell'uomo; - Rito + azione fisica, essenziale, fondamentale perché ha lo scopo di produrre la realtà dell’Aldilà nell’ Aldiquà. Permette la riproduzione dei comportamenti del mito. Il sacrificio, che è rituale per eccellenza, introduce l'uomo nell'immortalità, perché lo collega sul piano del cosmo e, inoltre, cerca, attraverso la morte, di ristabilire la vita, cioè attraverso la morte si può accedere alla vita vera, al ciclo eterno, per far sì che la nostra vita non finisca. Quindi, il rituale, dà valore a tutta la realtà esistente, perché ha come modello il divino, un'archè presente in tutti noi. Importante, ad esempio, è il rito di iniziazione, che consiste nel far superare delle prove al bambino per farlo diventare adulto. Attraverso il rito, il mito e il simbolo, lo storico delle religioni può analizzare il sacro. HEIDEGGER + è stato uno dei grandi autori che hanno commentato il testo di Nietzsche. y Raccolta: "Sentieri interrotti”. Sostiene che la posizione di Nietzsche è quella di colui che vuole finalmente farla finita con la metafisica occidentale. Fondamentalmente Nietzsche, non fa altro che portare a termine. (?) y METAFISICA+ è per alcuni autori quel settore della filosofia che arrivava proprio a parlare di Dio. Il primo avviso sulla metafisica è stato dato da Kant, che diceva appunto che non si può dire chi è o com'è perché l'intelletto non ci arriva Entra di fatto nella tradizione occidentale Nietzsche, con le sue concezioni, e questo lo dice Heidegger. Ed è vero soprattutto perché quell'idea che uno deve arrivare alla vita con la consapevolezza che la VITA è un DESTINO. (Lì Nietzsche quando si rivolge a quelli che lo deridono dice che se Dio ne va via perché non sono ancora consapevoli di questo atto cioè di vivere senza Dio che sia il Dio della metafisica o il Dio del cristianesimo) Dice che le chiese non sono altro che i sepolcri di Dio dell'uomo + F. pensa di aver trovato un nuovo modo per pensare l'assoluto iniziando aderendo alle tesi di Hegel; all'università inizialmente insegna teologia poi pubblica testi anonimi nei quali scrive che non pensa più a ciò che diceva Hegel (religione come modo di comportarsi umano che può esser spiegato) + per vincere il tema del proprio limite, morte autonomamente + ma si viene a sapere di quegli articoli radicali pubblicati che portano a numerose discussioni + allora abbandona l'università, veniva mantenuto dalla moglie F. inizia la sua vera e propria produzione letteraria: “L'essenza della religione” e “L'essenza del Cristianesimo” + fa uno studio delle religioni per decostruirle (DECOSTRUZIONE CRITICA DELLE RELIGIONI IN QUANTO TALI) : come demitizzare? La sua produzione parte da una constatazione contro Hegel che “non aveva capito nulla” + La religione è una prassi e non è un concetto (è pratica della vita prima di esser una teoria = una pratica che ha a che fare con la sensibilità (vedi articoli di Organisti) + il comportamento religioso umano è REALISTICO (rapp reale con il divino, non teorica), la religione SI DEVE SENTIRE! : l'assoluto qui è una presenza reale nel comportamento religioso! 1” osservazione: la sensibilità 2° osservazione: le religioni, cristianesimo per primo, sono una proiezione dell'uomo+ l'uomo nel comportamento religioso si rappresenta e proietta in oggetti/persone che divinizza questa rappresentazione della quale crede realisticamente e lo fa spontaneamente proprio per riempire il vuoto della propria esistenza votata alla morte. Proposta di F: bisogna uscire dalla religione perché è proiezione di un'illusione (di ciò che l'uomo vorrebbe essere e non riesce ad essere dove l'ultima parte viene dimenticata) + come ne esce allora? L'unico oggetto della propria fede e speranza deve essere l'essenza dell'umanità (ciò che l'uomo riesce ad esprimere come assoluto+ perché è sopra gli uomini ed è la condizione per essere autenticamente uomini) [vedi Ateismo!] La posizione di F.: 1- la religione come una prassi 2- la religione o ha un fondamento antropologico (la si riesce a spiegare anche parlando dell'uomo) o non ha fondamento+ deve essere cogenerata da un'iniziativa del divino ma anche dell’uomo (secondo lui Dio non esiste e lo aveva già deciso precedentemente+ la sua ricerca viene spiegata senza far riferimento a Dio) 2) NIETZSCHE -figlio di un pastore protestante e suo papà muore quando lui è ancora piccolo. La mamma e la sorella lo mantengono agli studi, facendo parte di una media bassa borghesia, è un pensatore e un autore dei secoli scorsi è un autore di svolta, cioè segna lo spartiacque del passaggio di secolo. Influenzerà molti degli autori del secolo scorso che si confronteranno con il suo pensiero che è abbastanza completo, perché è un pensiero non sistematico + non è un sistema, dove c'è un inizio e una fine, ma c'è la continua ripresa di alcuni temi. In base a questi pensieri fondamentali, si ricostruisce la sua produzione letterale, fatta di aforismi, miti, ecc. Studia in un collegio protestante dove riceve un'istruzione classica molto solida, e allo stesso tempo vengono insegnate le questioni principali ... Si iscrive a teologia però, un po' per gli incontri che fa nella sua vita e un po' perché capisce che non è la sua strada, si mette a studiare filologia classica. Studia i testi greci, ed è talmente bravo che un suo collega gli offre un lavoro al liceo e all'università. Ad un certo punto, studiando la cultura greca inizia la sua passione per la filosofia, che esploderà dopo aver letto Schopenhauer. ll suo pensiero sulla religione coincide con il suo pensiero sul cristianesimo. Non scriverà mai un testo di critica sulla religione, ma si può notare ad esempio in “Così parlò Zarathrusta" che si tratta di un vangelo rovesciato. Approfondisce il metodo genetico/genealogico, ed è convinto che la religione cristiana nasca dal risentimento + cioè che la vita dell'uomo è fatta per essere vissuta attivamente nell’affermazione e nell'espressione della propria potenza, che è un dono al cuore, un'esplosione di vita, che l'uomo deve affermare e vivere+ l'uomo, per essere tale, deve essere forte, affermativo e attivo. Nella vita però ci sono uomini che non ce la fanno, e vivono come dei “funghi”, dei parassiti, Sfruttando l'attività altrui= sono dei deboli risentiti, perché gli altri ce la fanno> vivono sfruttando uomini attivi e hanno inventato una morale che tende ad appiattire tutti, a far diventare tutti inattivi e incapaci di esprimere la propria forza, e questo è un vero e proprio peccato. La morale del risentimento, è il Cristianesimo, “l'invenzione dei falliti, di coloro che non vogliono che ci sia, nella vita dei signori che riescono ad esprimere, la loro forza” ed è il risentimento che spiega la nascita della religione, perché è il sentimento che spiega la nascita morale+ c'è un nesso fra morale e religione. Chi ha fatto diventare così la religione cristiana? Paolo di Tarso che ha diffuso nelle sue lettere questa morale del risentimento, che viene ripagata con la consolazione illusoria di una vita dopo la morte. Meno responsabile di questo offuscamento è Gesù, che Nietzsche ritiene una brava persona, un maestro di umanità, un non risentito, mentre Paolo di Tarso è il maestro del risentimento. E quindi per Nietzsche la religione (cristianesimo) va superata attraverso una sorta di culto della vita: infatti, ama la mitologia antica per questo motivo, perché la ritiene più capace di far emergere la forza, l'espressività della vita e non il risentimento che è cristiano+ allora bisogna andare a prima del cristianesimo per ritrovare un modo di vivere la propria esistenza, senza che sia fondata sul risentimento. Ha scritto “La nascita della tragedia dallo spirito della musica”, che parla (?) E qui si capisce che in realtà, Nietzsche, è altamente consapevole della proposta radicale che fa: è una proposta nella quale c'è l'idea che, superare il cristianesimo, significhi cambiare radicalmente la cultura occidentale. Lui ritiene di essere un nuovo profeta (cioè, Zarathustra) (?) Bisogna raggiungere la potenza come dono al cuore della volontà, rinunciando all'oggetto. Alcune riflessioni: 1) È assolutamente vero che nell'epoca di Nietzsche, e non solo nel mondo protestante ma anche cattolico, di fatto, /a fede cristiana era ridotta a una morale, alla morale del perbenismo, e qui la critica di Nietzsche cade a fagiolo, perché è vero che la fede non è né immediatamente una religione né immediatamente una morale, ma è una relazione; 2) È vero che lui è circondato da una comunità cristiana perbenista, legata da alcuni precetti morali, però è anche vero che si accorto di una cosa e non l'ha approfondita: si è accorto della diversità della pratica di Gesù rispetto alla pratica contemporanea; 3) Nonèdetto che chi effettivamente pratica una religione, sia perciò esso stesso contro la vita e la sua espressività, nella sua complessità e fragilità. La religione partecipa al tragico della vita. Naturalmente, dopo queste considerazioni, Nietzsche arriva alla proclamazione del proprio ateismo. Non fa una critica genealogica e poi si ferma lì: a quella critica, arriva un nuovo annuncio alternativo della morte di Dio. Nietzsche è certamente un profeta, è Zarathustra e propone un modo di vivere la vita che mette da parte tutto il risentimento del vivere nel cristianesimo. (La filosofia è una vita scomoda.) Nietzsche mette il dito in una piaga, cioè nel rischio di identificare la ragione, la fede, con una morale, la morale della prescrizione. Se la religione tarpa le ali all'uomo, è meglio scegliere l'uomo piuttosto che Dio. Davanti al fanatismo che le religioni mettono in atto, noi dobbiamo reagire. Bisogna scegliere sempre per l'uomo e non per la sua strumentalizzazione e la sua sottomissione, anche se queste avvengono nel nome di Dio. Nietzsche, distruggendo un certo tipo di cristianesimo moralistico, bigotto, perbenistico, ha in realtà costretto il cristianesimo a ritrovare la propria genuina ispirazione. Ha costretto le tradizioni religiose a togliersi la maschera e a chiedersi: chi siamo noi? Il problema delle religioni, non è controllare attraverso delle prescrizioni i gesti delle persone che ne sono aderenti, ma è quello invece di parlare di Dio. Perché insiste sul tema del rumore? Perché secondo lui, il sensibile non è riducibile a ciò che il soggetto sente, ma a una sua alterità, che non si riduce mai a quello che si riduce il soggetto. Ha una varietà, è un rumore costante che accompagna continuamente l'uomo, è una musica. Qual è il positivo dell’ateismo? È il fatto che l'uomo, di fronte a questo completo, ricco e variegato ateismo, l'unica cosa che si deve chiedere è che cosa farne. Quindi, ascoltare il sensibile e generare. Questa richiesta è prima del problema della colpa, perciò non ha problemi sulla responsabilità della vita, è semplicemente un gesto creativo e sensibile col quale l'uomo gioca che è il divino, è ciò che sentiamo come assoluto. Questa sarebbe la vita dell'ateo: giocare con la vita, con il sensibile. Questo è precisamente quello che chiedeva Nietzsche: andare al di là del bene e del male, della prescrizione. L'analisi di Benoist è lucida, perché descrive molto bene la cultura contemporanea, nel senso che il problema della cultura contemporanea è quello di non percepire più Dio, c'è il silenzio e egli dice che non bisogna pensare troppo al silenzio, ma al rumore del sensibile, che ci invita a fare un qualcosa. Quella che propone è /'immanenza assoluta cioè evitare con cura ogni tipo di trascendenza, fosse anche quella che riguarda la vita dell'uomo (es. il bambino che gioca innocentemente con l'essere). La morale c'è, ma è un problema di codificazione di comportamenti. Il positivo dell’ateismo, sarebbe ritrovare l'innocenza, quindi non fare più i conti con la morale risentita dei cristiani. Obbiettivo di Benoist+ portare a compimento l’idea fondamentale di Nietzsche: prima della colpa c'è il godimento. È una proposta alternativa che lascia fuori il problema della religione, perché esclude il tema di Dio da un punto di vista teorico e pratico. Benoist fa riferimento ad una tradizione, quella di una certa filosofia analitica che viene dagli Stati Uniti, anche se è passata un po' di moda. La critica è la seguente: Benoist fa fatica a spiegare una piccola cosa, un piccolo passaggio, ma che è un grande passaggio da un punto di vista culturale, cioè “perché il soggetto dovrebbe porsi la domanda su che cosa farne del sensibile? Perché? Chi lo ha detto?" Benoist fa un'analisi molto spietata della percezione sensibile, eliminando ideologie filosofiche, psicologiche ecc., e fa bene perché questo è il compito della filosofia e del pensiero in generale. Però, in questo modo, perde per strada colui che sente+ parla del sensibile, ma non più del senziente, dell'uomo. Perché se c'è questo rumore del sensibile, questa alterità rispetto all'intenzionalità dell'uomo, c'è una realtà che è altra rispetto a ciò che l'uomo può significare in questa alterità. In questo tema lo butta lì come se fosse una cosa scontata, ma non lo è, perché la creatività non è impersonale. Occorre qualcuno che risponda alla vita, ma perché ci deve essere questa risposta? C'è un problema etico, perché neanche lui se la sente di fermarsi e dire che dobbiamo semplicemente sentire e che ci dissolviamo in questo sentire, ma dice che apparteniamo ad una prassi poetica. Non riesce a rispondere a questa domanda, appunto perché perde il soggetto, perde l'uomo — da un punto di vista teorico Benoist è debole. Il tema del silenzio di Dio è legato al silenzio sull'uomo, questo è il problema. Oggi si è esteso un velo pietoso di silenzio sull'uomo. Se ne parla sempre indirettamente, ma non lo si mette a tema, non se ne fa una vera riflessione. Perché ce lo dobbiamo domandare? Chi ci sta dietro questa domanda? Questo è un nodo teorico fondamentale per quanto riguarda la storia delle religioni, perché riguarda il problema di Dio e il problema di Dio, non è un'altra cosa rispetto al problema delle religioni. Dio è indimostrabile, non è la conclusione di un teorema e anche quando viene dimostrata, la non contraddizione dell'esistenza di Dio rispetto all'uomo resta. A questo tema non arrivi mai, se non metti a tema l'uomo. Si rende conto che, se introduce il tema del soggetto, gli si ripropone la questione e deve ricominciare da capo. MERLEAU-PONTY - è un autore raffinatissimo, con un metodo di una cultura altissima. y La lettura che ne dà Benoist è abbastanza benevola, ma dice Merleau-Ponty non sarebbe riuscito a trovare questa alterità del sensibile rispetto all'uomo, nella quale “tu devi godere”. “La fenomenologia della percezione” è un libro che ha pubblicato nel 1945 e chiunque si occupi di psicologia e di educazione, dovrebbe darne una piccola lettura. È chiaramente un testo datato, tuttavia ne rimane attuale il suo metodo. Benoist però si sbaglia, perché Merleau-Ponty parla della percezione, quindi del tema del sentire, e lui riassume tutto questo tema dell'uomo con la fenomenologia della percezione. Merleau-Ponty, dice diverse cose e, analizzando la percezione, il sentire, arriva alla conclusione che la percezione è un atto, non è una cosa. L'atto è ciò che non può essere ricondotto alle proprie condizioni (es. se mi muovo e bevo un bicchiere d'acqua, lo faccio perché ho sete, però la motivazione non può essere ricondotta solo a questo, ma anche al fatto che io lo faccio). C'è qualcos'altro che accade che può essere descritta solo nelle sue conseguenze. - Negativamente + non (?). - Positivamente + può essere solo nelle sue conseguenze. È un atto, una verità che non è solo soggettiva (cioè, che dipende dal soggetto), tuttavia è un atto intenzionale perché ha come effetto che tu sei sempre fuori di te attraverso il mondo, attraverso gli altri. È un qualcosa che ti sposta sempre verso l'altro, verso il Mondo. Cosa succede in questa esperienza della percezione che è un atto? C'è una co- genesi nella percezione che è un atto di ciò che noi chiamiamo mondo e di ciò che noi chiamiamo soggetto. Ma, attenzione, il mondo nasce certamente come il mondo del soggetto, come il mondo percepito che è nello spazio e nel tempo. Ma il soggetto come nasce? Il soggetto nasce come una ripresa continua e mai finita dell'atto originario della percezione. Come nasce il soggetto? Come una ripresa continua dell'atto originario della percezione? Precisamente come atto: il soggetto non è una cosa, non è un'entità, ma è un atto. Questo è il tema della libertà, perché è precisamente l'attuazione, la ripresa come atto del soggetto. Merleau-Ponty, a differenza di Benoist, non perde il soggetto, ma dice che questo atto, che è il soggetto, nel momento in cui si attua, diviene un compiuto indeclinabile: noi non possiamo declinare al nostro essere soggetti, cioè al nostro essere atto, perché succede solo con l'attuazione. Ogni volta che nasce un uomo, è come se si accendesse una luce, che dà un movimento diverso a tutto il mondo circostante. Quando si accende la luce di un nuovo soggetto, il mondo attorno cambia di significato, è come se tutto ruotasse intorno a questa novità. È un autore splendido, perché qui sta parlando dell’assoluto, cioè che la vita del soggetto coincide con il suo essere atto e non è una cosa, è un evento, e quando si realizza diventa indeclinabile. Quindi, il soggetto inteso come atto ha una scioltezza indescrivibile all'essere come atto, perché ha le proprie condizioni e non si esaurisce alle proprie conseguenze. Il soggetto è l'atto, l'essenza e l'esistenza coincidono, e questa coincidenza per i medievali era Dio. È questo che non ha visto Benoist, leggendo "La fenomenologia della percezione”: non ha visto che il sensibile è un atto che si manifesta nella soggettività in un atto che, a sua volta, è la ripresa del sensibile ed è solo partendo da qui che si può parlare di Dio. L'uomo, per comprendere l'assoluto, lo deve sperimentare e l'unico modo per fare esperienza di assoluto per il soggetto è la sua struttura di atto, perché è l'atto del soggetto che rivela (?). L'uomo non trova sé stesso se non attuandosi. Questo è il mistero della nostra vita ed è così in tutte le dimensioni della nostra esistenza, anche nella morte. Perché piangiamo quando muore qualcuno muore? Chi muore lascia un deserto nella nostra vita, perché insieme alla loro morte sparisce la loro unicità, il loro modo di parlare, di abbracciare ecc., che non è ripetibile. Per questo quando qualcuno viene meno nella nostra vita, il pianto è inevitabile. Noi siamo l'assoluto nella carne, l'atto è l'assoluto nella carne. La religione non è una dimensione passiva e manifestativa dell'uomo, ma attuativa, nella quale l'uomo vive se stesso come atto, nella quale intenziona una relazione con Dio. Le religioni intenzionano un assoluto e questo significa che l'uomo riesce, in qualche modo, a capire cosa significa assoluto, altrimenti non saprebbe cosa vuol dire intenzionare e non riuscirebbe nemmeno a riconoscerlo. Questo corso parte da una domanda: Perché nella tradizione del pensiero occidentale la questione dell’assoluto è stata sostanzialmente emarginata? Oggi troviamo che, nelle antropologie e filosofie, che vengono elaborate, tranne qualche piccola eccezione, pongono il problema dell’'assoluto ed è un sé, trasforma, vive genera il mondo e lo riporta a sé per vivere, per essere un'esistenza. Successivamente pubblicherà “L'epifania del volto” + nel quale spiega meglio l'ipostasi, che genera lo psichismo, la psiche, l'anima: il soggetto che vive. Che caratteristica ha questa anima che sorge? Ha due caratteristiche: - quella del conatus + quella del vivere per il godere della vita; - quella dell'ateismo + questa anima non ha bisogno di Dio. Perché non ha bisogno di Dio? Perché ha il suo mondo, vive nella propria immanenza, vive per vivere, ed è felice. Rifiuta quelle filosofie che pretendono di vivere Dio sulla felicità dell'uomo. È un'anima che non ha nessuno quindi in questo senso è atea, anche perché è capace di partire da sé, non ha bisogno di una causa: è l'uomo la causa delle proprie azioni, emozioni, comportamenti. Però, a questa anima atea che gode della vita, senza mancanze, capita un'esperienza. Accade che fa l'esperienza di incontrarsi con il volto, che non è semplicemente la faccia dell'altro, ma è un'epifania che riconosce in ciò che non riesce a portare a sé, come le altre cose del mondo, ciò a cui non riesci ad apportare un significato. È l'esperienza della parola del volto che rovescia l'intenzionalità che, prima era riportare tutto a sé per godere della vita, qui invece viene ribaltata, ed è un trauma perché si è chiamati a pensare più di quello che si può pensare. Perché tu puoi pensare al tuo godimento, alla tua ricerca di sussistenza e questo è il tuo pensiero ateo. Allora sei chiamato ad una rottura del tuo pensiero, ad un trauma, ed è questa l'esperienza dell'infinito: pensare ciò che non riesci a pensare. L'infinito non è una cosa, è una visitazione, un evento e, questo evento ha la caratteristica dell'appello, cioè il volto che non si riesce a riportare, chiede ti accoglierlo nella sua alterità. Quindi chiama in gioco, la volontà, il potere, che non è più la volontà di sopravvivenza, ma la volontà dell'altro. Quindi, per Lèvinas, la filosofia prima è l'etica, la nuova metafisica, che non è più la metafisica della causa (Aristotele), ma è invece la filosofia prima dell'incontro con l’altro, che si manifesta e chiede di essere riconosciuto e accolto. Secondo lui, la questione di Dio, non nasce più nella metafisica, ma è implicata nell'etico. Come approfondisce questa questione? È ebreo, quindi vuole salvare il tema della trascendenza dell'Altro (Dio). Come cerca di salvarlo? Lo salva dicendo che quando noi, nell'atto in cui noi accogliamo l'altro, è come se potessimo vedere, intuire una traccia di Dio, la traccia. Cioè, nella vita etica c'è una traccia di Dio. La traccia perché nella vita etica è possibile che si dia questa traccia dell'esistenza di Dio, si può dare un'alterità altra che non si può mai raggiungere, lo si vede solo di schiena. Dopo aver messo in campo queste idee, pubblica un'altra opera molto importante, ma ad un certo punto scrive un testo dedicato al tema di Dio che viene all'idea. All'interno di quel libro c'è un saggio che parla appunto di Dio nella filosofia e in quel saggio, nella prima parte, dice che sostanzialmente la filosofia occidentale è atea, è l'espressione stessa dell'ateismo, però nonostante questo giudizio radicale che da radicalmente sulla filosofia moderna. Tuttavia, non chiude le porte, ma riprende la tradizione della filosofia moderna, in particolare, riprendendo dal soggetto. E secondo lui chi è il soggetto? Il soggetto è posto come ponentesi. Cosa vuol dire? Che il soggetto non si è posto lui, non si è autoprodotto, ma è stato posto nel mondo. Non è stato posto semplicemente come una passività, ma come colui che si pone e che è soltanto ponendosi. Dietro questa idea ci sta il tema della creazione. Che cos'è la creazione? È una relazione in cui, colui che ti ha posto, ti ha posto come colui che si pone, che è capace di porsi. Allora, che cosa scopre l'uomo quando si pone? Scopre che Dio viene all'idea solo nel momento in cui si pone il soggetto, si auto-pone, e viene all'idea come l'infinito non indifferente, cioè come ciò che non è indifferente al tuo porti come soggetto. Quando può avvenire questo? Qui arriva l'etica come filosofia prima e avviene quando tu, nel tuo porti, metti in gioco un atto che è di non indifferenza nei confronti dell'altro. È precisamente in quel momento che Dio viene all'idea, perché Dio è l'infinito non indifferente. Partendo da questi presupposti teorici propone che, quando si parla di religione, non si parli più di sacro, ma si parli di santo. Questo perché il sacro è una categoria morale e etica, il santo perché è il tema di Dio, emerge nella risposta di sé all'altro e di consegna all'altro. Solo in questa tradizione etica, nella santità che emerge il tema di Dio e non il sacro, che è emerso come il sentire. Etica vuol dire rispondere all'appello dell'altro, dandosi come ostaggio all'altro. È etico perché è implicata la volontà, non è solo un pensiero, ma è la traccia stessa dell'alterità di Dio. Questa è una visione laica della tradizione ebraica, nonostante fosse un uomo molto devoto. Ma era anche un filosofo e ha cercato di spiegare in maniera approfondita quella realtà che veniva veicolata dalla tradizione ebraica. C'è un problema su questo autore: cioè che, tutta la sua posizione, è giocata su un'improvvisa rottura dell'immanenza umana, della coscienza umana, come se non consentisse all'uomo di comprendere l'assoluto. Quindi, introduce il tema dell'alterità come un trauma Questo lo posta alla fine del suo pensiero a dire che, l'uomo, rispetto all'altro, è esclusivamente passivo, è ostaggio. Paradossalmente, in qualche modo parte dalla modernità, ma perde la strada. Qui non c'è più una co-genesi. È necessario sottrarre al soggetto la propria singolarità per far apparire l'alterità? Il senso complessivo dell'itinerario portato avanti da lui è interessante, perché è vero che l'assoluto viene all'idea nell'etico, ed è uno dei pochi autori che nel secolo scorso ha avuto il coraggio di fare i conti con la filosofia moderna parlando dell'assoluto, implicandolo nella questione della vicenda umana. C'è un'etica nuova della filosofia prima. L'idea di Dio non si determina da sé, è Dio che viene all'idea non è l'idea che determina Dio. L'infinito non è indifferente al mio pormi. Lèvinas prosegue la riflessione ed arriva ad un'idea di uomo il quale è colui che è totalmente passivo rispetto all'idea dell'altro, non c'è più intenzionalità e pensiero. Lèvinas propone una revisione della questione della religione, cioè propone una categoria alternativa a quella del sacro, quella del santo. È una categoria etica, non più religiosa. Santo è il giusto, colui che è capace di aprirsi alla vista del volto dell'altro. Si occupa dell'essere ostaggio dell'altro affinché l'altro viva. Anche in Lèvinas c'è una separazione. È una visione ispirata alla scrittura degli ebrei, ma per questo è laica, desacralizzante: 1. Lèvinas accetta la sfida della modernità e propone un'idea di soggettività pratica; 2. È interessante perché dice che per tutta la sua vita ha voluto essere un fenomenologo: essendo discepolo di Husserl, ha scoperto che c'è un modo per descrivere l'esperienza che ti consente di far emergere delle strutture che sono condivisibili, universali. Fa emergere delle possibilità di umanità inedite, ma condivisibili. Non fa emergere l'identità rivendicativa culturale dell'ebraismo, fa parlare la scrittura per l'uomo d'oggi. Tu sei posto come ponentesi e quindi sei altro da Dio (alterità dell'essere, creazione). Nella creazione non c'è niente di brutto. L'uomo è godimento della vita, la vita che lui ha è ciò che lui gode riportandola a sé. Fa emergere l'universale dell'esperienza religiosa e da origini ad una scuola di pensiero. Frattura immanenza soggettività + far dissolvere o dipendere a soggettività esclusivamente dall'alterità, il soggetto viene meno, staggio dell'altro. Correlazione tra momento e assoluto, è una relazione reciproca. L'indifferenza è sempre possibile nella vita basta, guardarsi intorno. È un criterio del dialogo che le religioni devono mettere in atto per affrontare la modernità. La fiducia ha un criterio, la correlazione reciproca. lo do fiducia a chi intenzionalmente chiede la mia partecipazione e la mia fiducia perché quello che mi comunica possa diventare effettivo nella mia vita. J.:CHRETIEN+ era un ateo che si è convertito, ora è radicale, ha scritto una trentina libri, ricercatore che ha messo in evidenza nella sua ricerca degli aspetti fondamentali. L'etica è la nuova filosofia prima. fenomenologia. Parte dalla creazione, altra idea fondamentale nella Bibbia, da un punto di vista filosofico come la pensa? La pensa come una separazione ovvero non c’è nessuna partecipazione dell’ipostasi alla vita di Dio, l’ipostasi è separata. “L’anima è naturalmente atea!” L’ipostasi vive la sua vita nel desiderio, nella pienezza della sua vita, pensa a mantenersi in vita, ai desideri fondamentali, non ha bisogno di niente perché vive in pienezza il suo ateismo. Se è così perché c’è la questione della trascendenza? La questione della trascendenza si pone con l'introduzione della relazione all’alterità, è solo a livello etico e non ontologico, non è niente di partecipazione, l’idea di Dio nasce nel momento in cui viene interrotta l’immanenza della coscienza quando vi è l’incontro con l’ altro, che chiede di vivere. Anima atea può pensare Dio, un assoluto diverso da sé. Si trova in una difficoltà che viene da due radici: . Metodologico, proprio perché usa la prima fenomenologia di Husserl], l’intenzionalità della coscienza è in rado di percepire l’ essenza delle cose. L. teme questa cosa, la religione ebraica è una religione che tiene alla trascendenza di Dio, non ha volto, Dio lo si vede di schiena perché nessuno può vederlo in faccia senza morire, è impossibile da guardare, da vedere. È preoccupato di trattenere la trascendenza di Dio. Uscire anima atea e alterità assoluta usa due escamotage teorici: la relazione tra i due si dà solo come assoluzione dalla relazione, il tema della traccia cioè Dio passa come traccia, passaggio non intenzionale, non relazione reciproca intenzionale, non relazione, alterità talmente altra che diventa brutale esteriorità. Salva separazione dell’ anima atea. Per il prof è vero che il problema di Dio si dà solo nel momento etico della coscienza, ritiene interessante l’itinerario proposto da L. per proporre il tema della trascendenza oggi, prima di tutto la partenza assoluta dell'anima da sé stessa deve essere descritta come un atto, perché altrimenti diventa una cosa. Attuazione che riprende l’atto, anche solo l’atto della vita, attuazione finita anche se assoluta. Dio come venire all’idea di un evento viene all’idea perché praticamente il soggetto sperimenta la sua assolutezza e mentre si attua richiede una relazione che riconosca l’ assolutezza della propria attuazione, stabilire una relazione per la quale se Dio vuole comunicarsi lo deve fare implicando l'attuazione assoluta dell’uomo. Prima della precisazione viene l’ appello che ti invita ad auto attuarti, è Dio che deve autonominarsi e deve esserci un’istanza che riguarda il riconoscimento dell’auto attuazione dell’uomo. Il problema delle religioni è di continuare il dialogo con la modernità, dentro le esperienze religiose si deve aprire un dibattito. Insignificanti perché lo diventano quando dimenticano l’unico luogo teologico possibile. Le religioni non sono la filosofia delle religioni. Pratica di vita, le religioni sono pratiche attraverso cui l’uomo intenziona una relazione con l’assoluto. Fraintendere il fenomeno religioso se tutto ciò viene tolto. Essere onesti intellettualmente, problema teologico è anche un problema delle religioni. Dov'è il legame tra questi due momenti? È quello di considerare che la religione è un atto dell’uomo, dire che è un atto vuol dire che in quell’atto è implicato l’ etico, l’auto attuazione dell’uomo che intenziona un’ alterità che sia correlativa, questo accade anche nella religione. Rudolf otto: uomo passivo rispetto al sacro, prof pensa che dentro il sacro ci sia quel nodo etico. Mircea Eliade: dimentica destinatario ovvero l’uomo, senza l’uomo nono si dà la manifestazione del sacro. L’uomo poietico non si da alla ierofania. Alterità non è un’idea, è un’istanza, una speranza dell’uomo. In tutto quello che fa l’uomo non c’è solo la necessita. Morire è un atto. Religione giocata sulla dim ensione fondamentale del sentire. Sentire esperienza con la quale si dimentica colui che sente. Nel sentire è implicato un si, ovvero il sentirsi, il mio sentire mentre mi sento non è mai semplicemente una passività, in cui io sono chiamato a sentirmi, a scoprirmi. Vedo questa esperienza del sentire non come dissoluzione ma come esperienza in cui si manifesta l’attività del soggetto. Quale caratteristica dimensione sentire? Il realismo, relazione realistica con la realtà. Il sentire è la manifestazione di un’alterità. la religione gioca tutto su questo realismo perché la religione è quel com portamento che intenziona realisticamente la relazione all’ alterità assoluta, è un atto del sentire e del sentirsi, è co-genetico, generico dell’ alterità... Le religioni sono l’esperienza nella quale questa relazione realistica viene espressa attraverso i riti, un rito è la pratica, l‘atto in cui realisticamente si sente la relazione con l’alterità assoluta. È nelle pieghe del sentire che si apre la speranza pratica, sensibile di un’alterità assoluta. Questo è il rito. Sensi di colpa vengono dall’idea che ci possa essere un nostro gesto che risulti nell'altro come un’ offesa. Aver moralizzato con l’ altro assoluto l’atto di realizzazione. PARTE SECONDA CAP. 1 > SOVRANITÀ E SACRO NEL MONDO INDO-EUROPEO ARCAICO LA SCOPERTA DELLE RELIGIONI INDO-EUROPE MULLER (storico) + La sua ricerca riguarda:antichità greche,storia della popolazione e le migrazioni, sugli elementi storici dei miti. FRANZ BOPP (filologo) + Egli tenta di penetrare nel senso religioso del Mondo indo-europeo per mezzo della morfologia del nome e del verbo. JAMES DARMESTETER + Rivela l'esistenza di un'antica credenza ariana: la facoltà delle acque di dare la salute e di allontanare la malattia. L'autore sottopone al procedimento comparato i miti dell'Avesta, e scopre nel mazdeismo la presenza del vecchio fondo religioso Ariano. Mediante il suo scritto l'autore dimostrerà la presenza di un dio supremo presso i popoli indoeuropei: Ahura Mazda in Iran, Zeus presso i greci, Jupiter a Roma. EMILIE BURNOUF+ Si oppone ad una tesi che considera eccessiva: ritiene che attraverso una sana pratica della filologia comparata, risalendo nel passato oltre i più antichi documenti scritti, sia possibile riconoscere i concetti religiosi che costituivano in quei tempi remoti il legame tra i popoli ariani. La ricerca sulle religioni indo-europee da origine a numerosi studi che illustreranno le diverse facce di tale pensiero religioso. MICHEL BREAL (filologo, linguista) + si è interessato soprattutto ai fatti del pensiero e della civiltà. Egli ribadisce l'importanza delle ricerche storiche applicate alla religione e al linguaggio e tenta di correggere il sistematicismo dei tedeschi insistendo soprattutto sul problema del sacro. Egli ricerca le cause intellettuali che hanno preceduto la trasformazione delle lingue. Il fondatore della semantica sottolinea tre elementi: le cause sociali dei movimenti del vocabolario, la presa in prestito dalle lingue straniere e la trasformazione delle istituzioni. ADALBERT KUHNA+ intraprende lo studio comparato delle mitologia germanica e indoeuropea. Egli studia la formazione dei miti che si sovrappongono in strati successivi sulla base di un fondo primitivo. MANNHARDT+ passa la vita a percorrere le campagne e a raccogliere dai contadini tradizioni e racconti popolari. Si accosta alla mitologia comparata, specialmente allo studio delle grandi divinità della Germania pagana in rapporto con gli dei degli Indo-europei. LINGUE INDO-EUROPEE E MITOLOGIA ARIANA COMPARATA Nello studio del pensiero indoeuropeo del XIX secolo un posto speciale va assegnato a Muller. Egli incontra anche Schelling e riflette a lungo sulla filosofia del mito. Muller è considerato il fondatore della storia comparata delle revisioni. RELIGIONE+ Secondo lui la religione è nata da un sentimento di dipendenza da un'istituzione della divinità che non implica né unicità, né purità politeista. Questa idea intuitiva della divinità, congiunta ad un sentimento di debolezza e alla fede in una provvidenza in una miglior vita futura, spinge l'uomo alla ricerca dell'unicità divina. Questo cammino sfocia nell'enoteismo, cioè nella credenza di un solo Dio che però può essere diverso per ogni fedele secondo la scelta da quest'ultimo operata. MITOLOGIA+ secondo l'autore, linguaggio rispettoso di cui gli uomini si servono per parlare della divinità e comunicare con essa. Grazie alla sua rettitudine intellettuale e morale, l'uomo arcaico giunge a dare alla divinità dei nomi. Il LINGUAGGIO è un'espressione fonetica delle azioni. L'uomo attorno alle sue azioni elabora un linguaggio per designare gli oggetti. Questo linguaggio metaforico ha dato origine ai miti. La mitologia è la personificazione degli oggetti. | miti risultano da un incidente del linguaggio. Il primo mito è un mito solare, ciò che ha spinto gli ariani a creare la nozione di deva, il dio brillante. Muller ha cercato nella lingua parlata degli antichi ariani la porta di ingresso alla conoscenza del loro pensiero. Sulla base del VEDA classifica le religioni ariane e intraprende nel campo religioso una ricerca analoga a quella della filologia comparata indoeuropea. Il veda gli permette di comprendere il Bramanesimo, Buddismo e lo zoroastrismo, tre religioni di cui è il sostrato La traversata dei filologi delle lingue indoeuropee fa loro intuire l'esistenza di una cultura, di una civiltà e di una religione in cui le lingue sono il veicolo. | miti sono numerosi, alcuni li ritroviamo presso diversi popoli di discendenza indo-europea. Lo studio comparato dei miti rafforza di decennio in decennio la convinzione dell'esistenza di una civiltà comune, di un pensiero religioso identico in cui si trovano presso i diversi popoli numerosi elementi. Grazie al connubio tra veda e linguistica comparata, Muller tenta un approccio: nomina sunt numina. Sulla base dei nomi identifica le dottrine. SULLE TRACCE DEL SACRO Nel 1912, Antoine MEILLET ebbe per primo l'idea di studiare le corrispondenze tra i termini che designano le divinità indoeuropee. Presso gli Indoeuropei l'essere divino è concepito come un essere luminoso, un Dio di luce. Meillet concluso nel 1380 a. C. Tra il re ittita e il re del Mitani. | due monarchi hanno posto il contratto sotto la garanzia degli dei. Troviamo una lista molto importante: Mitra-Varuna, Indra, i Nasatya. Questi dei figurano nel contratto in veste di dei principali della società ariana. AI momento della riforma di Zarathustra in Iran all'inizio del primo millennio assistiamo a un fenomeno curioso e interessante: il profeta del monoteismo iraniano intende distruggere la morale dei gruppi guerrieri e dei clan di allevatori al fine di vedere il culto in funzione del dio supremo, Ahura Mazda. Zarathustra mantiene tuttavia la struttura divina trifunzionale, fondamentale come categoria teologica ariana e sostituisce le divinità con delle entità che ricordano gli dei ariani e si collocano come arcangeli intorno al dio supremo. Anche presso i popoli italici proviamo delle triadi arcaiche. Conclusioni AI termine di questa ricerca di Dumézil è possibile trarre 2 conclusioni: l)essa concerne il metodo con il quale non si pretende di ritrovare la religione originaria degli Indoeuropei, più di quanto i linguisti non pretendano di ritrovare la lingua primitiva. La prima operazione consiste nel porre in evidenza delle corrispondenze precise e sistematiche al fine di stabilire lo schema del rituale: miti, riti, significato logico, articolazioni fondamentali. Questo schema permette di individuare l'evoluzione religiosa e di ritrovare anche il tipo religioso arcaico con le sue articolazioni fondamentali e il suo significato logico. Confrontando forme religiose identiche presso popoli che sappiamo imparentati possiamo procedere a delle induzioni e coglierne le direttive del pensiero e dell'evoluzione fino alle soglie della storia. Nello studio comparato Dumezil afferma che è importante in primo luogo ricercare il sistema, la struttura: a questo scopo si tratta di confrontare i gruppi di concetti ed idee, poiché una religione è un sistema coerente. Bisogna inoltre utilizzare tutta la materia disponibile: concetti, miti, riti, l'organizzazione sociale, la distribuzione del lavoro, il corpo sacerdotale e l'amministrazione del sacro. La comparazione deve vertere sull'insieme di questi elementi fino a stabilire una regia del comportamento e delle rappresentazioni. 2)La seconda conclusione concerne il campo del sacro nella religione indoeuropea arcaica. Questo campo è rappresentato dalla prima funzione e dalla sua duplice sovranità. Nell'ambito del divino si tratta degli dei responsabile dell'ordine del cosmo: Mitra-Varuna in India, in Iran i due Arcangeli zoroastriani. Dumézil constata che ogni qualvolta i poeti vedici nominano un solo dei due dei concentrano su di lui tutti i poteri. La funzione sovrana è essenziale in sé stesso nella sua relazione con la società ariana. Con Mitra, la sovranità giuridica rappresenta il contratto personificato. È il sacro sul quale si fonda la società indoeuropea arcaica: alleanza tra gli uomini, fedeltà alla parola data, giustizia a tutti i livelli. Nella tradizione linguistica ariana i termini della Giustizia sono sempre vicini al vocabolario religioso. Varuna è il patrono delle forme, egli dispone della magia creatrice e resta il custode sovrano dell'ordine cosmico e della sicurezza del re. Detiene lo scettro e il legame. Alla teologia della sovranità corrisponde la prima funzione sociale, quella che Dumézil chiama la funzione del sacro. Essa concerne il vasto dominio del culto e del sacrificio, l'organizzazione sociale e giuridica sotto la garanzia degli dei con il potere regale e il suo esercizio, la scienza sacra e la conoscenza delle realtà supreme inscindibili dalla vita sociale. CAP. 2 + LA RELI ITTITA, TESTIMONIANZA DEL SACRO NEL PENSIERO INDO-EUROPEO IMPORTANZA DEL DOMINIO ITTITA Nel corso del terzo millennio gli Indoeuropei venuti dal nord e dal Nord Est si fermarono sugli altopiani dell'Asia Minore per installarsi nel paese di Hatti in Anatolia. Gli abitanti di Hatti ignoravano la scrittura. Solo quando stabilirono contatti con i regni mesopotamici apparvero i primi segni di scrittura cuneiforme. LA DOCUMENTAZIONE ITTITA La scoperta della lingua, della civiltà e della religione ittita iniziò verso il 1380. Dumézil ha trovato la chiave che gli ha permesso di penetrare nella civiltà spirituale arcaica degli Indoeuropei e di scoprire la loro tripartizione sociale e teologica. Gli scavi si rivelano molto promettenti poiché città molto importanti dovevano possedere ognuno la loro biblioteca, dove si conservavano le tavolette rituali necessarie alla celebrazione del culto. GLI DEI DEGLI ITTITI Il Pantheon ittita è molto complesso. Esiste un pantheon ufficiale della religione imperiale proprio della capitale. Questo Pantheon è come il riflesso delle diverse regioni dell'Impero, ciascuna rappresentata dai suoi dei. Gli Ittiti hanno conservato una serie di personificazioni divine della forza della natura. In epoca remota gli dei Ittiti erano concepiti come animati da sentimenti analoghi a quelli degli uomini. Nell'epoca imperiale si tendeva a trasporre nel mondo divino lo schema della vita di corte. Di fronte agli dei la concezione umana era regolata da un'armonia contrattuale di cui ritroveremo elementi nella religione romana. I rapporti tra dei e uomini erano regolati in maniera precisa, secondo un calendario festivo ben definito. Il corretto atteggiamento dei fedeli richiamava su di loro la benevolenza e la protezione divina. Ogni rottura dell'armonia contrattuale tra uomo e dei costituiva peccato, sempre seguito dalla punizione che gli dei riservavano ai peccatori. Il fondamento del sacro si trova nella divinità. Le idee di saggezza, intelligenza, perfezione intellettuale e morale sono legate alla nozione di luce. É questo splendore a caratterizzare la sacralità divina e a far sì che gli dei siano superiori agli uomini, in quanto esseri luminosi per eccellenza. Gli Ittiti avevano una certa conoscenza della trascendenza divina, trascendenza però relativa. Dumézil non ha mancato di sottolineare un fatto importante: la parola "Deiva" designa un essere individuale, personale. Con la sua analisi della parola "Deus", Dumézil ha sgretolato le teorie di certi sociologi ed etnologi per i quali gli dei indoeuropei sarebbero usciti dal mana, e anche rovesciato il sistema predeista degli storici della religione romana arcaica, secondo i quali i Romani avrebbero trovato la nozione di dei personali meditando sulle ceneri del mana. TERMINOLOGIA DEL SACRO SACRO» fa riferimento alla denominazione di ogni realtà appartenente al campo di ciò che non è profano, al campo del riservato. Essa sottolinea l'appartenenza al mondo del Divino e indica uno stato di pulizia trascendentale. Accanto al sacro + PULIZIA MATERIALE + qualità necessaria perché un oggetto o una persona divengano sacre. Tutto ciò che è destinato ad essere posto in relazione con gli dei deve tendere verso uno stato di sacro. Il primo stadio, indispensabile, è lo stato della vita regale: pulizia materiale, pulizia dell'abitazione, delle vesti, correttezza di linguaggio. Anche l'importanza della pulizia dei sacerdoti è indispensabile alla santità del sacerdote stesso. L'aggettivo "sacro" indica l'appartenenza al mondo divino. Un'analisi dei contesti del suo impiego permette a Lebrun di fare una constatazione molto utile per la semantica: l'aggettivo sacro è spesso associato all'aggettivo puro, aggettivo che designa la pulizia e la purezza materiale. Quest'ultima è considerata indispensabile per l'acquisizione dello stato sacro, stato di sacralità divina. Così lo Stato puro è un requisito indispensabile per tutto ciò che tocca da vicino e da lontano la divinità: odore delle offerte, pulizia dei Templi dei santuari, pulizia dei sacerdoti, purezza rituale nel campo del culto. Tutto il vocabolario del sacro è derivato dal sacro stesso: la consacrazione, la sacralizzazione, i gesti rituali e la purificazione culturale. Un altro termine, un sostantivo che ha un senso profano (abitudine) e un senso sacro, è il rito. RITO+ è la norma secondo cui conviene celebrare un Dio. L'aggettivo "sacro" copre le nozioni di ciò che è riservato agli dei, di ciò che gli compete, di ciò che è vietato agli uomini. La pulizia è indispensabile al sacro. SACRALIZZAZIONE DELLE PERSONE Il re è considerato una persona sacra, egli è vicario del gran Dio del temporale di Hatti. Alla sua morte conosce l'apoteosi raggiungendo così gli dei e il dio reale. La sacralizzazione della persona del re ci fa comprendere la ragione della pena di morte comminata al regicida. Il re è considerato pontefice supremo della religione, egli presiede i collegi sacerdotali. Il re è allo stesso tempo sacro e puro. Il sacerdote vive in uno stato di purezza che lo obbliga ad appartarsi dal mondo umano. L'aggettivo sacro è applicato al sacerdote, soprattutto al gran rapporto diretto con la divinità, mentre "puro" indica uno stadio preparatorio di purezza indispensabile per entrare in rapporto con gli dei. Nella religione ittita il sacro non è concepito come una potenza impersonale, al pari del mana: la teoria dei sociologi e degli etnologi che seguono la scia di Durckheim e di Mauss non ha riscontro alcuno nel campo ittita. Il sacro trae origine dalla divinità, essere luminoso per eccellenza. Nella religione e nel culto la sua funzione consiste nel mettere il fedele in rapporto con la divinità. È chiaramente percepibile un doppio aspetto del Sacro: l'aspetto ontologico fondato sulla natura degli dei e l'aspetto culturale, giuridico e morale sul quale si innesta il rituale. CAPITOLO 3 — IL SACRO IN SENO ALLA RELIGIONE GRECA RELIGIONE CRETESE E MICENEA All'inizio del secondo millennio a.C. grosse ondate di popolazioni indoeuropee invasero la Grecia, trovandovi dei culti che perpetuarono le tradizioni religiose nel periodo del Neolitico: culti della fecondità e della fertilità, accentrati sulle madri del mondo anatolico Mediterraneo, le cosiddette "Veneri neolitiche". All'arrivo degli Indoeuropei questi culti neolitici rivestivano una forma più evoluta che noi conosciamo grazie alle scoperte archeologiche di Creta. RELIGIONE CRETESE: diffusa nel Mediterraneo, presenta un pantheon in cui predominano nettamente le dee. Si tratta di una religione naturalistica, con miti e i suoi culti, con la personificazione della vegetazione, i suoi santuari e le sue grotte. Questa religione segnerà fortemente la pietas greca. Gli ACHEI, invasori indoeuropei dell'inizio del secondo millennio, portarono con sé alcune importanti novità: il cavallo, la ceramica raffinata e un retaggio spirituale molto diverso. Si tratta di una RELIGIONE PATRIARCALE con un pantheon essenzialmente maschile di dei celesti sui quali predomina Zeus. CIVILTA' MICENEA: Periodo miceneo, che va dal 1580 al 1100, rappresenta un avvenimento essenziale nella vita religiosa greca. La religione micenea ha iniziato una fusione armonica tra il retaggio cretese e il retaggio indoeuropeo. Dei e dee delle due civiltà si incontrano. La società indoeuropea subisce la forte influenza della civiltà cretese, la cui religione è più spirituale. Il Pantheon si forma per associazione o per fusione delle divinità cretesi e indoeuropee. Accanto agli dei e alle dee appare una demonologia molto importante. Il periodo miceneo pone le fondamenta decisive della civiltà e della religione greca: divinità principali, i culti, i miti, i grandi santuari come Delfi, Olimpia, Eleusi, Delo, l'Acropoli di Atene. Il culto è caratterizzato da offerte alle divinità, dalla presenza di numerosi sacerdoti, da danze e processioni, da cerimonie funebri. Le prestigiose tombe micenee testimoniano una ferma credenza in una seconda vita. Da quest'epoca in avanti sorge l'importanza dell'iniziazione per assicurare una felice vita ultraterrena. LA RELIGIONE DEI DORI E DELLA CITTA' ARCAICA Verso il 1110 la civiltà creto-micenea sparisce. Probabilmente a causa di nuovi invasori, i Dori: una società guerriera indoeuropea divisa in tre tribù. Il mondo greco occupa le coste occidentali dell'Asia Minore e le isole del Mar Egeo. | Greci presero in prestito dai Fenici l'alfabeto e si formarono le prime città, rette da un tiranno. E il carattere indoeuropeo del Pantheon si accentua: Zeus passa in primo piano. L'iniziazione religiosa dei giovani occupa un posto sempre più definito in questa società dorica, mentre il ruolo della donna si riduce. Verso I'800, la Grecia conosce una nuova importante mutazione: la costruzione della polis, città greca caratterizzata dal culto delle divinità protettrici, onorate nei santuari cittadini. Queste divinità, chiamate poliadi, devono vegliare sulle città: il loro culto ha carattere nettamente politico. È presente la formazione di una doppia corrente religiosa, quella delle città con le divinità poliadi e quella del popolo con i MISTERI e le INIZIAZIONI. MISTERI: insistono sulla salvezza personale: identificano l'iniziato con il Fanciullo Divino nato dalla dea madre e pretendono di assicurargli l'immortalità. Nel 776 cominciano i Giochi Olimpici, il cui carattere iniziatico, con l'esaltazione della forza e della Vittoria, discende dalla tradizione naturalistica cretese. La teologia era basata sugli oracoli emessi dagli dei. Dopodiché si hanno 2 scritti importantissimi: l'Iliade e l'Odissea. Attribuiti ad un unico poeta, Omero, mettono in scena il vasto pantheon greco nei suoi rapporti con gli uomini. Omero descrive dei e dee come potenze che intervengono nella vita degli uomini. Scrivendo per un pubblico colto, Omero presenta gli dei sotto il duplice aspetto religioso ed epico e sembra relativamente critico. Esiodo, di poco posteriore a Omero, è testimone di una profonda trasformazione sociale e religiosa. Esiodo crede negli dei in maniera pia ed ingenua. Grazie a Omero e a Esiodo è possibile conoscere numerose tradizioni religiose dell'Ellade arcaica. LA RELIGIONE DELLA GRECIA CLASSICA: V E IV SEC Con il trionfo dei Greci nelle guerre mediche la religione civica conosce un nuovo slancio: il fervore religioso si volge agli dei protettori delle città di cui si ricostruiscono i santuari. L'unità religiosa diviene la città. Mentre la religione domestica viene relegata al focolare, la città organizza un insieme di cerimonie fondate sulle tradizioni religiose antiche: religione e patriottismo sono un tutt'uno. Il greco ha sempre più il sentimento di una religione e di una cultura comune. Gestiti da collegi sacerdotali bene organizzati, i grandi santuari panellenici di Atene, conoscono un grande afflusso di fedeli e di ricchezze. Apollo di Delfi è il più importante in tutta la Grecia. Le divinità arcaiche di Omero sono divenute gli dei della nazione greca: la religione costituisce il legame più forte tra i greci del periodo classico. Al di sopra della religione di ogni città esiste una religione dei greci, un pensiero religioso greco. Questa religione è la religione di un'élite. Personaggi come Pindaro, Sofocle, Platone parlano e rimangono fedeli agli dei. Emerge però una corrente di scetticismo: i sofisti cominciano a criticare gli dei e attaccare i miti. La religione popolare resta molto viva. Dioniso è il dio delle energie vitali e dell'entusiasmo. Alla fine del V secolo i culti misterici, le liturgie delle vive emozioni e la diffusione dell'astrologia sono i segni di una corrente mistica popolare che costituirà terreno privilegiato per l'incontro tra Grecia e Oriente all'epoca di Alessandro Magno. La pietas greca, associata l'idea di giustizia, si volge anche alla felicità e alla gaiezza. LA RELIGIONE GRECA IN EPOCA ELLENISTICA (periodo che va da Alessandro Magno al Cristianesimo) Questo periodo ha a che fare con un pensiero religioso e con dei culti dagli aspetti numerosi e diversi. RELIGIONE del PERIODO ELLENISTICO: subisce l'influenza delle grandi trasformazioni politiche seguite alle campagne di Alessandro. Gli dei orientali fanno il loro ingresso nel mondo degli Elleni. Il mondo greco, sempre più secolarizzato, è sedotto dall'ambiente religioso orientale. Così trovano posto in Grecia anche gli Dei stranieri, in particolare quelli egizi. Il culto dei sovrani, iniziato sotto Alessandro e segnato dalle teologie monarchiche d'Egitto di Mesopotamia e Iran, tenta di colmare il vuoto religioso sempre maggiore. Questo resta troppo vicino alle sfere politiche e non riesce però a soddisfare i bisogni religiosi di un mondo in fermento. AI contrario i culti orientali degli dei salvifici e guaritori incontrano un grande successo. Man mano che il movimento culturale ellenistico procede, il pensiero religioso subisce modifiche importanti. L'abbandono del culto dei poliadi e il voto religioso creato dalla secolarizzazione e dal culto dei sovrani accelerano un movimento iniziato già in epoca classica: la costruzione di associazioni religiose. In epoca ellenistica si moltiplicano i tiasl, confraternite in cui uomini e donne, greci e stranieri, si dedicano al culto di una divinità. Altri gruppi sono circoli molto popolari in cui l'elemento femminile svolge un ruolo preponderante. In queste associazioni si manifestano due caratteristiche dell'epoca ellenistica: - Da una parte la mescolanza delle età, dei sessi, delle condizioni sociali, delle nazionalità - Dall'altra un'identità di fede e di pietas ottenuta grazie all'iniziazione. Questi spartiacque della religione greca bastano per delineare il sentimento religioso dei Greci e a percepirne l'esperienza religiosa al contatto con la divinità. La ricerca moderna ha individuato una religione greca molto ricca, piena di sfaccettature e in cui il sacro occupa un posto centrale nella concezione delle | Greci generalizzano l'Impiego di Hieros in fatto di templi e di santuari, dei giochi organizzati in onore degli dei, di discorsi sugli dei: Hieros logos. Anche certi personaggi in rapporto con le divinità vengono qualificati come Hieros: è il caso del re e del sacerdote, in rapporto con gli dei grazie alle loro funzioni. Questi non sono mai persone sacre in sé stesse, ma le loro funzioni le mettono in contatto con la potenza divina. La celebrazione di culti misterici fa grande uso del vocabolo: Hieros Anthropos è la denominazione ufficiale dell'iniziato: non si tratta di un uomo santo, ma di un fedele messo in relazione con la potenza divina misteriosa. È in questo senso che l'epoca ellenistica parla del cosmo, dei giorni, delle vergini e di altre persone o realtà messe in relazione con gli dei. Il concetto di relazione con la potenza divina permetterà l'applicazione di Hieros al culto e farà di questo vocabolo la parola del Sacro culturale nel mondo ellenistico. La Bibbia greca rifiuta la parola Hieros: si tratta di evitare di confondere la santità di Jahveh e la sua azione divina con il sacro dei culti pagani in relazione con la pretesa potenza delle divinità. “HOSIOS” La nozione di legge è interna a hosios e dikaios. In un primo senso hosios opposto a dikaios indica ciò che è prescritto dalla legge divina; i dikaia sono le prescrizioni della legge umana. In entrambi i casi si tratta dei rapporti tra uomini, fissati sia dalla legge divina (gli hosia) sia dalla legge umana (i dikaia). Un'ulteriore evoluzione giungerà contrapporre Hieros e hosios come sacro e profano. Hosios ha dunque il senso di un sacro giuridico in riferimento alle disposizioni degli dei che regolano i rapporti degli uomini nelle loro mutue relazioni. IL SACRO IN SENO ALLA RELIGIONE GRECA La presenza di quattro termini (Hagnos, hagios, Hieros, hosios) per esprimere le diverse sfumature del sacro è significativa nel ruolo di quest'ultimo nel pensiero religioso greco. LA PERCEZIONE DEL DIVINO IN EPOCA CRETESE E MICENEA Con Festugière risaliamo alle origini del pensiero greco e cominciamo con l'analizzare gli oggetti sacri. Egli constata la presenza di numerose pietre sacre: queste pietre sono considerate depositarie di una forza straordinaria e alcune vengono dal cielo. Più tardi verranno assimilate a divinità benefiche. Altrove ci imbattiamo in un culto primitivo dell'albero e anche nel culto del cavallo. Le teorie diverse del mana e del totemismo sono state oggi abbandonate. Bisogna vedere il fenomeno del sacro nel quadro della nozione del Divino presso i greci. Una parola preellenica è presente sin dalle origini: thambos. Si tratta del timore sacro in presenza del numinoso. Dopo Omero, Thambos conserva lo stesso senso. Questa è la prova, secondo l'autore, di un culto continuo, con preghiere, offerte e sacrifici a divinità arcaiche: nel corso della storia non cambia nulla. Inoltre i testi ci rivelano la credenza nella presenza della divinità nel luogo in cui la si adora. Questi uomini sono stati mantenuti come ubicazioni del Santuario. L'uomo greco vi ha percepito la presenza del divino personificandola ben presto con dei simboli e attribuendo delle intenzioni dell'essere misterioso e potente che ha scoperto. L'insieme di questi fatti preventivi indica che si percepivano chiaramente due cose: la forza divina e l'interazione di questa come vivente. In epoca classica la ganosis è l'unzione delle statue con un miscuglio di cera e di olio. Si coprono le statue perché la forza che è presente in queste non si allontani. Secondo Festugière alle origini più remote del pensiero religioso greco troviamo due elementi di importanza capitale: l'Epifania delle forze sovrannaturali che l'uomo esprime con simboli molteplici e la forza divina considerata come presente in questi simboli. Per esprimere questa qualità il greco si serviva di una parola: theos, Dio. Il polisimbolismo conduce al politeismo. Il divino assume aspetti diversi. La religione cretese e la religione micenea ci hanno lasciato numerose testimonianze del sentimento del sacro in presenza della forza divina. L'importanza dei luoghi sacri, dei tempi, delle leggi sacri, dell'estate è significativa in questo campo: tutta la storia della religione greca perpetua questi fattori dalle origini: la percezione del Divino come una forza personale, presente e dotata di intenti nei riguardi degli uomini. Festugière respinge il mana e il totemismo alle origini della religione greca. | RITI IN EPOCA ARCAICA In Grecia si perpetuarono una serie di riti naturalistici risalenti alle origini, tra questi riti va segnalata l'incubazione: il fedele o il malato si distende a terra perché la terra è dispensatrice di forze vitali, vivifica e guarisce. Altre pratiche legate all'acqua e fiumi sacri sono indizio di credenze delle potenze generatrici. I quattro elementi svolgono un ruolo nel culto e nel sacrificio. Ogni culto sacro ha un none. Gli oggetti che si trovano all'interno del luogo sacro sono dati con venerazione. Chiunque si avvicini ai luoghi sacri deve purificarsi, la purezza rituale è un elemento essenziale del culto e del sacrificio. La continuità nell'ubicazione dei luoghi sacri è significativa: i Greci vi vedono la presenza del divino. A partire dal XII secolo il culto si organizza: si costituiscono i calendari sacri. Le ieromanie sono i periodi sacri della celebrazione delle feste. | calendari dei santuari e delle città testimoniano nell'antichità delle feste. Queste feste, questi calendari, questi periodi sacri sono veramente essenziali per comprendere il pensiero religioso greco e per identificare la personalità di ogni divinità. Nella religione greca il posto del culto è capitale: esprime il pensiero e i sentimenti dei fedeli nei confronti delle loro divinità. La dea madre, principio di fecondità, è l'immagine più antica che troviamo in Grecia. I greci hanno dato i nomi agli dei e alle dee, ciò ha largamente contribuito a determinare i tipi divini. Il vocabolario sacro elaborato dei greci permette loro di stabilire i rapporti con le loro divinità. In tal senso, questo vocabolario del sacro è istruttivo perché permette di comprendere la natura e il funzionamento di questi rapporti. | documenti letterari, il culto, le feste e l'arte greca ci danno informazioni su questi rapporti dei fedeli con i loro dei. Zeus, del Pantheon greco, si è imposto incontestabilmente al Pantheon cretese come al Pantheon miceneo. Egli è il Dio della luce, del cielo, il dio sovrano per eccellenza. LA FORMULAZIONE DEL SACRO Il genio greco personalizza molto rapidamente la presenza divina che l'uomo scopre. | theoi sono dei personaggi divini comuni con i quali l'uomo entra in rapporto. All'inizio del primo millennio a.C. è la parola hagnos a esprimere il sacro: Sacro di maestà, sacro di consacrazione: il riferimento al divino è palese, si tratta di una nozione positiva che ha un significato ben diverso da quello di tabù. Da questa nozione religiosa il Sacro di maestà e il Sacro di consacrazione deriva la nozione di purezza: hagnos sottolinea la purezza necessaria a colui che si accosta agli dei. Nei secoli che vanno da Omero ad Alessandro si forgia una nozione secondaria, quella della purezza morale indispensabile per accostarsi al sacro. La conquista di Alessandro è l'origine di un grande capovolgimento religioso del mondo: l'Oriente e l'Occidente entrano in contatto e procedono ad un vero scambio culturale e religioso. Gli dei orientali entrano nel mondo greco e nell'area mediterranea. Ai Greci questi dei d'Asia e d'Egitto appaiono come degli dei veramente trascendenti in rapporto alla condizione umana. AI fine di rendere questa qualità divina, i Greci si servono di una parola relativamente poco utilizzata fino a questa epoca, ma che in Platone segnava la situazione trascendente della divinità: hagios. La fortuna della parola hieros è diversa: nel vocabolario omerico questa parola è utilizzata per esprimere la potenza e la forza di certe realtà, l'origine di questa forza si situa presso gli dei. Hieros designerà quindi gli oggetti che concernono la sfera divina, la natura in quanto consacrata dagli dei. L'evoluzione semantica prosegue e hieros verrà utilizzato in riferimento a persone: il re, il sacerdote, l'iniziato. Hieros designerà il sacro culturale greco dell'epoca ellenistica. Per quanto riguarda la parola hosios possiamo precisare l'orientamento religioso di Omero in epoca classica: si tratta del Sacro giuridico in rapporto con la volontà divina a proposito dei doveri sociali degli uomini. A partire da Omero il vocabolario si è fatto preciso, la mitologia ha preso corpo, le personalità divine hanno rivelato i loro tratti. Il sentimento del bisogno degli dei si instaura nel cuore dell'uomo greco. Gli dei ai suoi occhi sono potenti e onniscenti: esistono culti e feste che permettono di accostarli. Questi dei sono inoltre garanti dell'Ordine della città e della famiglia e il Sacro diviene fonte di ispirazione per i poeti e gli artisti. L'arte greca testimonia gli sforzi fatti per distinguere la dimora divina dalla dimora umana e per rappresentare idee per mezzo di idoli degni di loro. Nei culti misterici gli iniziati tentano di accostarsi all'essere divino per sacralizzare la propria vita terrena e ultraterrena al suo contatto. All'inizio della nostra era Atene presentava il volto di una città segnata dal sacro. guerra. Il dio della guerra è Marte. Una regola che non conosce eccezioni è la proibizione della costruzione di santuari al dio Marte dentro Roma. Tutti i tempi del dio Marte si trovano nel Campo di Marte. Per quanto riguarda la procedura di conciliazione, sacerdoti e magistrati non penetrano nel territorio nemico, si tengono al confine e se questa non funziona i feziali gettano una lancia sulla terra nemica. Quest'atto è giuridico e simboleggia la dichiarazione di guerra. Con la guerra è il dio Marte ad entrare in azione. Dumézil ha spiegato come questa triade arcaica Giove, Marte, Quirino sia stata sostituita dalla triade Giove, Giunone, Minerva. IL SIGNIFICATO DEL RETAGGIO INDOEUROPEO A ROMA La Roma arcaica rivela la presenza di un'ideologia ariana e di una teologia tripartita. È il crollo delle teorie predeiste, animiste e di tutte le speculazioni fatte sul mana. | Romani avevano un vero pensiero religioso in rapporto con l'IDEOLOGIA delle 3 FUNZIONI: sovranità, forza, fecondità. Non esiste una riduzione del religioso al sociale. È la teologia trifunzionale a strutturare ed equilibrare tutta l'organizzazione sociale. Nella Roma antica i tre dei Giove, Marte, Quirino sono i garanti dell'equilibrio armonico delle tre funzioni. È in questo contesto indoeuropeo che trova posto l'ideologia regale romana. Il re riunisce le tre funzioni di sovrano, guerriero e nutritore del suo popolo. Come sovrano entra in contatto con il cielo che da i segni del mondo invisibile. Sul piano della funzione guerriera comanda l'esercito. Con le sue funzioni regali è anche responsabile dell'approvvigionamento alimentare della città: è il nutritore del suo popolo. Una terza conclusione concerne la linea evolutiva seguita da questa religione romana arcaica formata da un insieme di credenze, diritti ed istituzioni. Questa religione è molto vicina alla politica perché svolge un ruolo essenziale nell'organizzazione della città. Ciò spiega l'evoluzione della religione romana nel corso dei secoli, fino alla sua sparizione dovuta alla conversione dell'impero. Sotto la Repubblica, questa religione assumerà una nuova forma. Una quarta conclusione concerne il culto. La pratica romana dei fuochi sacri presenta notevoli somiglianze con la pratica dell'India e ci indirizza alla struttura della triade dei fuochi. Sull'altare l'offerta viene bruciata e trasmessa agli dei. Accanto all'altare, per ricevere l'incenso e il vino si trova un fuoco portatile come ricordo del fuoco domestico. Nella Casa delle Vestali brucia un fuoco che non deve mai spegnersi perché è il simbolo del radicamento di Roma alla terra. Accanto a questi due fuochi, Roma ne conosce un terzo, il fuoco che distrugge e divora. È il dio incaricato di ricevere per distruggere le armi strappate i nemici. A Roma quindi i tre fuochi richiamano le tre funzioni Ariane: il fuoco delle Vestali è il fuoco domestico della fecondità, il fuoco delle offerte nei templi è il fuoco sacro del culto, il fuoco del vulcano rammenta il fuoco guerriero. LA RELIGIONE ROMANA SOTTO LA REPUBBLICA (509-29) Con la Repubblica viene introdotta la nozione di libertà e la concessione dei diritti personali e politici del cittadino romano. Si tratta di un'importante modifica che avrà la sua ripercussione sulla vita religiosa. Le istituzioni della Repubblica devono mantenere l'equilibrio che dipendeva dal Rex. Due consoli eletti per un anno esercitavano la collegialità del potere supremo accanto al quale abbiamo i magistrati e le assemblee del Popolo. Il Senato è formato dal pater familias ed è creato sotto la monarchia. Il Senato dispone dell'auctoritas ed è lui a dirigere la vita di Roma dentro e fuori. Durante i primi due secoli della Repubblica la plebe lotta per i suoi diritti, aiutata in ciò dai tribuni della plebe che dispongono del diritto di intercessio. Nel IV secolo le rivendicazioni vengono soddisfatte e questi tribuni si allenano col Senato. Nel 405 Roma da inizio all'assedio di Veio, conquista la città e interiorizza la dea Giunone sul Palatino. Le due guerre politiche, quelle del 241 e quella del 219 portano alla miseria. Nel 202 Annibale viene sconfitto a Zama, in Africa. Roma è salva, ma la religione è cambiata: dopo tante disfatte si è instaurata l'angoscia. In questa crisi sociale Roma ha cercato la protezione degli Dei stranieri. È l'invasione dei culti greci: Apollo di Delfi, Venere, Cibele. Nel 186 il Senato ordina una repressione contro il culto di Dioniso. È il segnale della conquista del mondo greco. Questa conquista si estende: nel 46 Cesare si fa proclamare imperatore e dà inizio ad un importante riforma, ma nel 44 muore assassinato. Durante il periodo repubblicano il numero degli Dei non ha smesso di crescere. La Repubblica imprime il senso del mistero al corso giornaliero della vita del fedele. Accanto a questo mistero giornaliero c'è il mistero dell'anormale. A questo sentimento del mistero si aggiungono il timore e la cautela di far fronte alle forze occulte: bisogna porsi al riparo di fronte alle forze ostili. La pietas presuppone il rispetto del Divino e, da parte del fedele, la volontà di mettersi in condizioni di incontrarlo. Ogni atto religioso esige la pietas. Bisogna vedere anche gli importanti mutamenti apportati all'ellenismo. Un primo elemento è la festa, che chiama la popolazione ad una partecipazione collettiva. Un secondo elemento è l'ellenizzazione mitologica della religione romana. La mitologia Latina si estingue e cede il posto i miti greci. L'ellenismo, infine, insisterà sul senso cosmico della religione romana. Questo fenomeno di ellenizzazione comporta la crescita delle dottrine astrologiche e il ricorso massiccio agli oracoli. Negli ultimi tempi della Repubblica il ritualismo troppo spinto dà origine a due reazioni: il richiamo a forze emotive veicolati dai culti stranieri, il razionalismo delle classi dirigenti e la tendenza del popolo alla superstizione. LA RELIGIONE ROMANA SOTTO L'IMPERO (29 a.C.- 407 d.C.) Nel gennaio dell'anno 27 a.C., La Repubblica viene restaurata da Ottaviano. Il Senato ridiviene istanza suprema, ma investe Ottaviano di numerosi poteri e lo programma Augustus: sacro e divino. Egli è il princeps, siamo all'inizio del Principato e del secolo di Augusto. L'altro impero durerà dal 29 a.C. al 192 d.C. Il basso impero comincia nel 193 e finisce nel 407 con la suddivisione tra Oriente e Occidente. Augusto si propone come restauratore della religione nazionale con un ritorno alle tradizioni presentandosi come figlio di Giove, artefice dell'Ordine della prosperità, grande Pontefice incaricato di combattere la decadenza. Imprime un colpo di freno al progresso dei culti orientali e manifesta la sua missione ai culti egiziani. Fa della casa imperiale la sede amministrativa della religione. Fa ricostruire un tempio di Apollo accanto al suo palazzo del Palatino: latinità ed ellenismo a fianco l'uno all'altro. Nel suo palazzo innalza un altare e una statua della dea Vesta, È l'unione del sacerdozio con il potere: è nata la nuova ideologia. Augusto si presenta come l'imperatore e riprende a proprio favore l'ideologia delle monarchie ellenistiche: il culto dei sovrani fa il suo ingresso nella religione romana, Augusto ha il suo collegio sacerdotale e il suo volto. La fondazione del Principato di Augusto è un avvenimento politico e religioso. Facendosi attribuire il titolo di Augustus, Benedetto dagli dei, Ottaviano si da carattere sacrale. Diviene re divino, detentore della monarchia universale che ha ricevuto dagli dei protettori di Roma. L'imperatore si presenta come una teofania del dio solare: si tratta di una vera sacralizzazione del potere imperiale. Nell'esercito il culto dell'imperatore diviene obbligatorio. Quando Augusto muore, la religione romana è profondamente cambiata. Il nuovo calendario delle feste e dei culti inserisce nella storia di Roma la commemorazione di Augusto. L'elencazione riprende un ritmo nuovo. Il culto imperiale marcia verso l'apoteosi dell'imperatore defunto e verso la moltiplicazione dei divi. Espressioni e valori del sacro LA DENSITA' DELLA DIMENSIONE SACRALE Gli aspetti del sacro che emergono dalle diverse fasi e dalle metamorfosi della religione romana rivelano l'originalità dell'esperienza religiosa dell'uomo Romanus. Sin dalle origini ci troviamo di fronte al retaggio indoeuropeo per quanto fortemente impoverito dal punto di vista mitologico. Questa quasi assenza di mitologia è compensata da una storia delle origini e da una storia Nazionale delle istituzioni in cui la monarchia svolge un ruolo primordiale. Una dimensione importante di questa Roma regale si presenta nel retaggio logico e ideologico indoeuropeo. Il grande merito di Dumézil è di aver posto in rilievo questo retaggio e di avervi evidenziato l'importanza e la densità del sacro. È partendo dalla storia nazionale delle origini che bisogna tentare di comprendere i dati essenziali della religione romana. La pax deorum, ricercata nell'osservazione scrupolosa dei segni della volontà divina, permette all'uomo di agire in conformità alla volontà degli dei: donde l'importanza della divinazione realizzata a gli auguri, il collegio sacerdotale incaricato di interrogare gli dei. Attraverso tutta la storia romana la funzione sovrana viene mantenuta come essenziale alla vita di Roma. | feziali, legati a Jupiter, b)lIl SACRO MAGICO: L'analisi della Fugiere indica che il latino conosce un sacro magico. La parola sacer riferita oggetti dotati di energia extra naturale, ad esempio Plinio il Vecchio parla di pietre sacre: la Galattite che da latte alle nutrici e saliva ai bambini. Queste diverse pietre sono sacre per la loro azione extra naturale. Plinio ne cita alcuni effetti: incendi spenti, tempeste acquietate e malati guariti. La parola sacer è stata quindi utilizzata anche per parlare di queste pietre magiche. Questo sacro magico è sparito rapidamente dalla lingua e dal pensiero del mondo romano “SACER “E IL REALE La Fugier ha scelto il cammino storico a ritroso, cominciando dall'analisi dei testi degli imperi della Repubblica. Questi testi dimostrano che sacer ha il senso di una messa in relazione di persone e di oggetti con gli dei: la sacralità proviene da questa relazione divina. Il sacro ha un doppio significato. Da una parte fa riferimento alla divinità: gli antichi romani avevano coscienza della presenza di una forza divina della natura: fiumi, montagne, alberi. Dall'altra, il vocabolo sacer ha il senso di sacro magico, attribuite in particolare a pietre e considerate come dotate di proprietà extra naturali. Questo senso di sacro magico nel pensiero romano è sparito sotto la Repubblica. a)"Lapis Niger": Per individuare il senso del Sacro Romano nell'epoca che precede la fondazione di Roma esiste un documento di importanza capitale. Il testo comincia con una formula esecratoria destinata a proteggere l'oggetto o il luogo. Questo luogo in cui l'iscrizione è stata ritrovata è un luogo molto importante, noto per le missioni degli auguri. b)"Sancire" Sancire significa conferire validità, conferire realtà. Sancire è divenuta la parola classica del vocabolario giuridico: dare validità a una legge. c)Conferme: Un'ultima indagine viene condotta sulla parola che designa la giustizia in greco, themis. Vi troviamo anche le tre tappe semantiche. All'origine la parola designava l'origine del mondo, verrà poi a sovrapporsi nel corso della storia la nozione di ordine delle cose all'interno della società e in una terza tappa rappresenterà la coordinazione delle attività molteplici. Possiamo concludere l'importante ricerca della Fugiere. Sacros, la prima traccia del vocabolario sacro nel mondo latino, ci mette in relazione con il vocabolario del sacro del mondo indoeuropeo. La radice sac ci permette, grazie alla semantica storica del verbo sancire, di comprendere che il senso fondamentale e primario del Sacro, nel pensiero indoeuropeo, è conforme al cosmo, struttura fondamentale delle cose, è realmente esistente. Così i sacra costituiscono le realtà fondamentali. Il loro uso è essenziale nella vita. Il sacerdote contribuisce a stabilire la società umana sulle sue basi fondamentali. Per il pensiero indoeuropeo quindi il sacro costituisce una realtà fondamentale dell'esistenza. In ciò che concerne la semantica storica del Sacro Romano, vediamo chiaramente le tre tappe che, secondo il corso della storia, si presentano nella maniera che segue: periodo arcaico anteriore agli Etruschi che ci permette di prendere contatto con la Grecia e con l'India: Sacro significa reale. La parola sacros passa dagli Etruschi ai Romani che ne conservano il significato fondamentale. Da una parte il sacro è numinoso, dall'altra esiste un sacro magico di cui scorgiamo le tracce nelle pietre magiche. Questo sacro magico sparisce dal pensiero religioso romano con l'inizio della Repubblica. A partire dall'epoca repubblicana il sacro designa l'insieme dei rapporti del mondo degli uomini con il mondo degli dei. Il sacro costituisce un dato fondamentale della religione dei romani. IL SACRO NELLA COMUNNITA' ROMANA La Repubblica Romana nasce da una rivoluzione che non rappresenta una rottura totale con il passato. Nel 509 Roma rompe con il mondo etrusco, conquista la sua indipendenza, ma tenta di consolidare le sue caratteristiche tradizionali. | Romani creano le loro istituzioni. Nel loro vocabolario, sancire, sacer, Santus, divengono parole di primaria importanza. Santus diviene una parola chiave e sacer non è più utilizzato per parlare di magia, ma è rapportato alle realtà essenziali che assicurano la coesione della comunità. a)"Pontifex" e"religio": Nel momento in cui si crea la Roma repubblicana, si accentuano le operazioni di passaggio dall'economia rurale all'economia urbana. Le FESTE occupano un posto importante e affondano le loro radici nel sostrato indoeuropeo. | PONTEFICI sono i testimoni agli artifici di questi cambiamenti, le loro funzioni si chiariscono alla luce della religione vedica. La separazione del RE ha portato un profondo cambiamento perché egli era anche il capo del culto. Le sue antiche funzioni si divideranno in funzioni politiche e religiose. Il pretore e poi i consoli assumono le funzioni politiche. Le funzioni religiose vengono ripartite tra i pontefici ei preti. Il Pontefice diviene il capo del Corpo sacerdotale, il presidente del culto e membro del Senato. Nella religione si trovano al tempo stesso l'attenzione dell'uomo che cerca i segni divini e il perfetto adempimento dei riti del culto degli dei e la conformità alle pratiche degli antenati. b)Gli inserimenti concreti di "sanctus": La parola Sanctus disegnerà delle persone. Nel pensiero Romano, i re sono sanciti per essere stati designati dagli aruspici e dunque in conformità con la volontà degli dei. Nel concetto di sanctus si trova l'imperatum, una speciale qualifica del re nell'esercizio delle sue funzioni. La Repubblica conferisce questa imperium ai magistrati. Essi sono santi perché esercitano una funzione pubblica e si dividono l'antico impero regale. | sacerdoti sono santi grazie ad una duplice inauguratio, quella degli uomini e quella degli dei. Il Senato risiede in un luogo che conferisce carattere religioso all'assemblea e rappresenta il popolo. Una cerimonia religiosa precede le sedute e i senatori vengono chiamati fabbricanti. Le persone sono quindi chiamate sante per la loro missione che fonde le attività del popolo e della città. Essendo preso in considerazione l'alto grado di valore personale, le persone dette sante sono rispettate e rispettabili. La semantica storica ci ha mostrato l'evoluzione del senso di sapere dalle origini all'epoca imperiale. Un fenomeno analogo si presenta nel caso di Sanctus. Derivato da sancire, il termine indica innanzitutto una garanzia che proviene da un atto religioso fondatore. AI momento della separazione del re, è stato necessario ripartire le sue funzioni, considerate essenziali per la vita di Roma. Questa frammentazione dell'impero regale tra i magistrati, i senatori, gli ambasciatori, i sacerdoti, modifica profondamente la sezione iniziale di Sanctus. Conclusione Al termine di questo studio del sacro nella religione romana, si possono trarre delle conclusioni. Gli storici hanno insistito molto sulle caratteristiche della religione romana: l'importanza dei diritti e delle osservanze, rispetto della qualità religiosa dei giorni, influenza del calendario delle feste, complessità del Pantheon, tendenza giuridico-ritualistica delle pratiche, scarsa attenzione prestata alle dottrine. Queste caratteristiche si collocano in una prospettiva ben più coerente se si tiene conto di alcuni dati fondamentali. Un primo dato è il retaggio indoeuropeo individuato da Dumézil: teologia delle tre funzioni: sovranità, forza, fecondità e ideologia sociale tripartita. Un secondo dato che scaturisce dalla ricerca di Dumézil e la concezione arcaica della divinità, intesa come un essere personale la cui volontà è di importanza capitale per la vita degli uomini. Un senso profondo del Divino si ripercuote sul comportamento quotidiano del romano, che cerca di conoscere la volontà degli Dei nei suoi confronti. La nozione di sovranità trova a Roma radici profonde. Il dio sovrano è Giove, che incarna il duplice dominio della sovranità: celeste e giuridico. Sulla terra, l'ideologia regale e sacerdotale trovano in lui la loro fonte. Le diverse espressioni di questa sovranità si ritrovano ad ogni tappa della vita di Roma: regale, repubblicana e imperiale. Dal retaggio indoeuropeo arcaico scaturisce una terza linea di forza, posta in evidenza dalle ricerche di Huguette Fugiere: sakros, il sacro. L'espressione del sacro nei testi ci permette di cogliere i valori del sacro per l'uomo romano della Repubblica e dell'Impero. Due personaggi vivono rapporti privilegiati con gli dei: il sacerdos, incaricato di costituire il culto sulle sue basi e l'imperatore, votato al successo per il bene della comunità in quanto detentore del ojas vedico, la pienezza della forza mistica. Sono considerate sacre le persone e le cose poste in relazione con gli dei. La Fugiere giunge alla scoperta che il sacro costituisce per l'uomo romano, alle origini, la dimensione stessa del reale: sancire equivale a conferire realtà ed esistenza, a strutturare il reale. Il sacro è quindi per l'uomo romano uno strumento mentale che gli permette di organizzare il mondo e di situarsi nel mondo. Sulle nozioni di sacer e di Sanctus si forma la religione che permetterà di strutturare l'universo e di stabilire il funzionamento dei rapporti tra uomini e dèi. Riassunto: i sumeri traducono i me come decreti divini, modelli, determinazioni, forze divine mentre la Rosengarten li traduce come prescrizioni giuste, sublimi, feconde. Per i Sumeri il cosmo è governato, bello e buono e i destini sono stabiliti dagli dei (i me sono chiamati kù-g: puri e sacri) — la Rosengarten ritiene necessaria la bellezza delle prescrizioni per celebrare e render visibile la presenza del Sacro nel mondo. II sacro a Babilonia | Semiti, barbari illetterati, invadono il paese e adottano la lingua accadiana e la scrittura cuneiforme. La civiltà babilonese prenderà il via con Amurabi che farà di Babilonia la capitale d'impero escludendo i sumeri e includendo i semiti (Dio locale: Marduk, capo del pantheon). Enuma elis+ (=quando in alto) poema della creazione di mille versi in lingua affine al dialetto babilonese e con la metrica dell'epoca; esso esalta Marduk che crea e organizza il cosmo e utilizzato spesso nel rituale. In questo è la trascendenza divina a fondare l'aspetto primordiale della sacralità. Ilutu e il plurale ilu>(=sacro) designano l'essenza degli dei, l'essere sacro in sé stesso Termini babilonesi siru e rabu indicano la trascendenza divina sottolineandola (termine Anatu: carattere d'Anu) Importante, nel poema babilonese della creazione troviamo anche + sacralità degli oggetti in relazione diretta con la divinità. Due parti del tempio sono sacre. Il santuario e la camera nuziale. La partecipazione dell'uomo al sacro si situa sul piano della spiritualità + Marduk mostra un Dio che diviene depositario di tutto il sacro simboleggiato dagli dei Anu, Marduk-Enlil ed Ea; questo sacro forma una sola e unica entità specificato in 3 piani: trascendenza, manifestazione e saggezza (la sacralità è legata alle tre divinità ed è come loro primordiale) + il rituale è il mezzo per partecipare a una di queste tre dimensioni del sacro e il poema babilonese della creazione realizza una sintesi teologica coerente in cui il sacro divino costituisce come la realtà essenziale. II sacro nelle tradizioni bibliche 1930+ ritrovamento letteratura religiosa assai preziosa redatta in un alfabeto cuneiforme. Tra i documenti religiosi dei Semiti dell'ovest, la Bibbia gode d'un posto privilegiato Un metodo d'approccio Qadosh(=sacro) > Weiland approva il fatto che la religione ebraica risponde alla definizione di Durkheim Weiland+ nell'Antico Testamento vi sono il mondo sacro e quello profano (oggetti, luoghi e templi sacri) in grado di distruggere o benedire l'uomo; egli riconosce l'antagonismo tra sacro e profano (tra puro e impuro), conflitto tra concezione religiosa e quella non religiosa del sacro. Il sacro deve esser scoperto tramite testi, strutture, relazioni, parole, preghiere, ecc. L'analisi del sacro sulla base della radice qds. Ci sono state diverse analisi sul sacro nel corso della storia (quadus+ brillante, splendente)) Qds nei testi ugaritici implica un riferimento alla divinità- considerazioni antiche superate tra sacro e impuro Rapporto tra qados e quodes (santo e sacro) + santo per i luoghi e sacro riferito alla terra, abiti e strumenti del culto e ha il senso fondamentale di riservato a Dio II sacro nei libri dell'Antico testamento 5 libri» Genesi, Esodo, Levitico, numeri e Deuteronomio: eventi dalla creazione del mondo alla morte di Mosè 1-Il sacro nei documenti javeisti> Pentateuco è la Legge d'Israele che contiene divergenze e tagli nella narrazione, ripetizioni, ecc. Javeista + nome dato dall'autore della fonte javeista: A) Il roveto ardente: Jahveh si manifesta a Mosè in una fiamma di fuoco in mezzo al roveto e Mosè non deve avvicinarsi ma togliere i sandali perché si parla di terra santa B) La teofania del Sinai: pratica del popolo di riti incaricati da Mosè incaricato da Jahveh C) Le quaglie nel deserto: richiesta di santificazione prima di mangiare le quaglie come prima di un sacrificio animale Tema della sacralità: usato per parlare della condizione dell'incontro tra uomo e Dio 2-l testi antichi dei libri di Giosuè e dei Giudici» senso di consacrazione è una messa in relazione con Jahveh, nessun timore o paura che l'incontro con il sacro potrebbe provocare nell'uomo 3-1 profeti prima dell'esilio La santità di Jahveh si oppone all'immoralità, non ha nulla di tremnedumn (è amore per il popolo e presenza in mezzo al popolo, questa santità diviene slavifica); Jahveh viene designato come santissimo, d'una santità incomparabile+ viene considerato da Isaia come una roccia, santuario e luogo di sicurezza (Il Santo d'Israele) ed è geloso perché manifesta la sua santità 4-1 profeti del VI e V sec+ Jahveh parla del suo santo nome; i sacerdoti dicono che il sacro non può esser comunicato mentre l’impuro sì (sono differenti) 5-La letteratura sacerdotale+ analisi della legge di santità, antica legge del sacerdozio di Gerusalemme; separazione del sacro dal profano grazie anche a Jahveh 6-Periodo greco+ nel mondo religione greco c'è un vocabolario del sacro; testi biblici del Il sec a. C. mostrano una santità sempre più cultuale+ si parla di libri santi (legame tra santità di Dio e vita morale dell'uomo, tema dell'alleanza conclusa dai santi) Al termine d’uno studio di semantica storica Prima conclusione verso i documenti stessi+ per Gilbert la Bibbia non conosce nulla sul sacro e analizza Jahveh, culto del suo popolo, il popolo ch'egli dirige e che ne è il salvatore e la parola di Jahveh. Il tema del timore è assente e assenza di nesso tra santità e impurità. Gilbert fa notare che la nozione di sacro si è sviluppata nel corso della storia santa quindi ha un interesse religioso+ sacro in relazione con Jahveh, documentazione javeista per la santificazione del popolo, Jahveh come centro della sua corte celeste in relazione con Dio, santità di Jahveh (sacro è entrato in una fase rituale) e il periodo greco vede un'estensione del campo della santità (Dio santo redime peccatori e li salva, santi si impegnano nell'alleanza). CAP. 6: IL SACRO NELL'ISLAM L'Islam, religione e comunità La religione araba preislamica L'Islam non si è mai interessato alla religione araba preislamica. Maometto ha tentato di tagliare i ponti tra gli antichi costumi e pratiche religiose definite ignoranza e la rivelazione ricevuta da Allah; gli arabi hanno comunque conosciuto una civiltà (durata un millennio) fino all'avvento dell'Islam. AI momento della nascita dell'Islam, l'Arabia centrale aveva il culto degli idoli nelle diverse tribù: l'idolo si trovava circondato da un recinto sacro e accanto all'idolo c'era la fonte sacra. Il centro carovaniero della Mecca disponeva di una casa di Dio con un tempio che conteneva l'idolo (la pietra nera). Grazie alle iscrizioni conosciamo 3 tribù dell'Arabia del Nord: i Lianiti, i Tamudei e i Safariti. L'idolo è circondato da uno spazio a lui riservato e qui si trovano una fonte e un albero. La PROCESSIONE DEGLI IDOLI occupa un posto importante nella religione dell'Arabia preislamica. La documentazione fornita dalle iscrizioni Sudarabiche ci permette di conoscere meglio l'era Sabiana, perché la dinastia di Saba ha svolto un grande ruolo dal V sec. a.C. Nella religione, Hommel e Weber hanno visto un CULTO ASTRALE. Nielsen ritrova una TRIADE ASTRALE: DIO-LUNA, DEA-SOLE, DIO FIGLIO-VENERE. Jamme ha mostrato il RUOLO DEL SACERDOZIO, delle OFFERTE, del CULTO DEI DEFUNTI. Ryckmans ha insistito sul posto dei TEMPLI, sul sacerdozio, sulle offerte e i PELLEGRINAGGI: si tratta di una religione in cui il sacro occupa un posto importante. Nascita e dottrina dell'Islam la vita nomade. Ha incoraggiato la sedentarizzazione (=fenomeno di geografia urbana, non religioso) con lo scopo strategico: non esige l'urbanizzazione, ma la fedeltà alla terra. Preghiera rituale+ non importa dove e l'assenza di clero: 2 elementi che dimostrano come Maometto non considerasse essenziali per l'Islam e la fondazione della città. La vita pastorale continua sotto l'Islam e la creazione delle città è un fenomeno militare e un'esigenza della conquista. La conquista fu seguita da un'organizzazione realizzata su principi feudali. La città musulmana non è costruita attorno a un luogo di culto che segnerebbe la presenza della divinità — Allah è presente ovunque ed è onnipresenza diffusa dell'Arabia preislamica. MOSCHEA diviene il luogo della preghiera rituale (ma la si può fare dappertutto). Adozione del calendario lunare+ è una concessione al nomadismo. Questo calendario alla vigilia dell'Islam era in via di sparizione ma Maometto lo riprende per accontentare i fedeli della campagna. RIFORMA RELIGIOSA DI MAOMETTO+ consiste nel rovesciare gli idoli e imporre un monoteismo ma adotta diversi elementi dei clan arabi: la divisione plastica della società, la poligamia e la città carovaniera. L'Islam delle origini si è presentato come un monoteismo che lotta contro gli idolatri e contro gli associatori, tuttavia, la lettura critica del Corano e il progresso delle ricerche sull'Arabia religiosa preislamica ci fanno scoprire numerose tracce del nomadismo arcaico, presenti nell'Islam. l’espressione del sacro Cosa dice l'Islam del Sacro? L'Islam è una religione, una cultura e una comunità. Ci troviamo davanti un insieme di valori specifici, ma questi valori musulmani possono avere volti diversi: ISLAM arabo, egiziano, iraniano, indiano, indonesiano e nordafricano. /n ognuna di queste religioni troviamo una FEDE IDENTICA, pratiche religione conformi ai cinque pilastri, ma un SACRO che PUÒ ESSER DIVERSO da una religione all'altra. “Hrm”, “haram”: sacro e tabù nell'Islam a)Lo statuto di Haram Haram? nell'Islam si traduce con sacro e/o con tabù. Un'eccellente conoscitore dell'Islam ha tentato di definire il concetto: Gardet-+ HARAM può significare sia il Sacro, sia il divieto, ma non si dovrebbe concludere che il sacro sia definito dalla nozione di divieto in quanto non tutti i tabù sono sacri. Secondo Dhorme, questa distinzione si basa sul puro e l'impuro: alcune ricerche recenti e in diverse opere si spingono a considerare la distinzione tra puro e impuro come primaria. “IL SACRO NELLA STORIA RELIGIOSA DELL'UMANITÀ” di Julien Ries. PRIMA PARTE: LE GRANDI TAPPE DELLA RICERCA RECENTE SUL SACRO + (CAP. 1: teorie sociologiche ed etnologiche) Introduce i tre diversi approcci riguardo al tema dello studio delle religioni: APPROCCIO SOCIOLOGICO (Èmile Durkheim, massimo esponente) APPROCCIO FENOMENOLOGICO (Rudolf Otto, Husserl) APPROCCIO STORICO ED ERMENEUTICO (Schlaiermacher, Heidegger, Ricoeur e Mircea Eliade) Ogni autore si rimanda l'uno con l'altro. Il sacro è tema fondamentale di tutto il libro. Che cos'è il SACRO? — è una manifestazione di potenza, non è da confondere né con Dio né con la religione, trascendente e immanente nella fenomenologia nello stesso momento. Non si arriva con l'intelletto alla definizione di sacro, ma non l'intuizione. ÈMILE DURKHEIM (1858-1917): padre fondatore della sociologia, antropologo e storico delle religioni francese. Insegna nella scuola francese, egli viene fortemente influenzato dal positivismo, che è derivante dall'illuminismo, quindi ha quest'ottica di continuo progresso dell'umanità. Studia le civiltà antiche per trovare la de finizione di sacro e ha in mente un'idea evoluzionistica della vita dell'uomo (=continua evoluzione da uno stato primitivo ad uno stato più progredito, avanzato). Pensa che, nella storia dell'uomo, si passi da una fase più mitica poi teologica e infine positivistica!!! Questo è un periodo che si sviluppa tra illuminismo e positivismo. Di contro rispetto alle idee illuministiche, c'è l'idea che l'individuo, e tutto ciò che riguarda l'individualismo, non sia soggettivo ma che si ricolleghi alla società: /a_ società crea l'individuo, ma l'individuo non crea la società. C'è la predominanza della società sull'individuo, perché l'individuo non potrebbe esistere senza la società, perché dà tradizioni, un'impostazione di pensiero, ecc. La società ha un'identità autonoma ed esiste quindi indipendentemente dalle manifestazioni individuali. È il concetto di coscienza collettiva, che serve proprio per descrivere tutto quell'insieme di credenze e sentimenti comuni a tutti e che professione come una chiamata (una vocazione) dentro la quale scoprono i segni dell'elezione della salvezza di Dio. Cosa c'entra questo con la questione del capitalismo? Centra perché questi quaccheri vivono la propria professione, la vivono come una vocazione e questo significa che vivono il successo e la cura come una sorta di risposta di Dio alla loro domanda se saranno salvati o no. Avremo un inizio di un nuovo modo di vedere il lavoro, nasceranno gli imprenditori monaci, che vivono per il loro lavoro, la produzione e la ricchezza, simbolo della benedizione di Dio. Ma questa ricchezza, che viene accumulata, non viene consumata dal singolo come fosse un imprenditore di oggi, ma loro vivono una vita essenziale, e tutto quello che avanza in questa vita lo reinvestono nel lavoro e nell'impresa. La descrizione di Weber sta nel suo libro “L'etica protestante e l'etica del capitalismo” + SPIRITO DEL CAPITALISMO Anche Weber ritiene che, la reli abbia un circolo virtuoso con le altre dimensioni della vita dell'uomo, in particolare con la vita sociale (economica). La nuova reli protestante genera una nuova economia, che a sua volta genera un nuovo modo di vedere la società civile. Il rapp reli-società per lui non è strutturale e funzionale, perché queste relazioni che si generano nella società e tra società, con ispirazione religiosa, sono storiche e imprevedibili (=nascono perché la storia è andata così) + non c'è una struttura della coscienza collettiva che si ripete, c'è una struttura della storia: una intersezione di eventi che portano a certi processi economici e sociali e la reli è uno di questi eventi. Lui poi si interesserà della cultura religiosa delle grandi religioni, ma quello che potete immaginare è che ritenga che il rapporto tra religione e vocazione (sociale, politica, economica, ecc) non è considerato nel senso dello status quo di Durkheim, ma per Weber è un fattore radicale di cambiamento sociale, le_ religioni generano cambiamenti sia nel senso del progresso sia nel senso del regresso. Quindi il rapp tra religioni-società è di conflitto, di crisi, di un continuo divenire che riguarda reli e società. Per Weber le religioni hanno un modo, una dialettica del divenire che li porta ad essere fattori di cambiamento sociale. Le religioni allora nascono da un carisma. Questo continuo divenire tra carisma e riforma è la dialettica attraverso cui le religioni diventano un fattore di cambiamento nella società. MARCEL MAUSS (nipote di Durkheim) è considerato il teorico delle religioni arcaiche che riesce a vedere la determinazione del sacro/mana. Concentra lo studio sulle funzioni sociali del sacro e poi sul totem ed essendo una riserva del sacro, è la manifestazione diretta della società, la qualifica. Il totem, simbolo del clan, è sacro ed è in grado di concretizzare i sentimenti della collettività per dare le forze a ogni membro della società che gli permettono di superarsi. Imp il simbolismo! + il sacro si concentra nel totem che è il suo simbolo ed è simbolo del gruppo+ il sacro diviene l'anima della religione sotto il simbolo del totem HUBERT collabora con Mauss. Insieme cercano di ritrovare il mana in altre religioni per dimostrarne l'universalità (contrario a Durkheim che si limitò al mana della religione totemica). Cos'è il mana? + è il valore delle cose e delle persone, valore religioso-magico-sociale. Entrambi insistono sulla presenza del mana nei popoli di lingua malese polinesiana e secondo loro il sacro è considerato tutto ciò che per il gruppo e i suoi membri qualifica la società. Idea-forza attorno alla quale si raccolgono miti e riti, il sacro si colloca al centro di ogni fenomeno religioso, apprendendo in esso anche la nozione di Dio. RITA LEVI MAKARIUS + nuova interpretazione sociologica del mana e del sacro nelle religioni primitive+ il tabù di sangue costituisce la struttura ideologica dell'ordine sociale nelle società etnologiche. Tre strumenti principali della violazione dei tabù: sangue, incesto e omicidio La violazione viene commessa per impadronirsi del potere del sangue che viene qualificato potere sovra indotto perché ne costituisce il potere magico+ questo potere magico nasce dal sangue e si ottiene attraverso la violazione dei tabù del sangue (=attraverso dei delitti) + una volta ottenuto, si identifica con il mana che è fonte del sacro. Importante! + la differenza tra magia associativa (simpatica) e magia per mana (violatoria e individuale) La VIOLAZIONE DEL TABU' è un ATTO INDIVIDUALE e SOCIALE IN QUANTO ANTISOCIALE + presenta un contenuto ideologico, collettivo e che fonda il mana 3 caratteristiche del mana: - Efficacia: si fonda sul potere del sangue e sulla forza che si sprigiona da questa materia prima e agisce anche a distanza; - Ambivalenza: il mana ha due rappresentazioni (mana sostanza vs mana forza misteriosa) +la forza malefica del sangue impuro riceve un potere benefico mediante la sovra induzione; - Carattere pericoloso: si tratta dell'uso di sangue proibito e impuro (abbiam detto si ottiene per violazione dei tabù) + resta una forza misteriosa nella sua origine Prima il sacro aveva un valore solo negativo, perché non si poteva infrangere il tabù, se non in alcuni momenti rituali. Da questo fa derivare la distinzione di genere fra uomini e donne: considera le donne impure per via del ciclo mestruale, quindi si inizia ad avere una concezione pessimistica della donna, mentre si ha una visione positiva e pura dell'uomo: vi è questa contraddizione nel sacro+ Makarius concepisce il percorso del sacro: nasce dal timore del sangue, passa per la violazione dei tabù e si costituisce definitivamente nel mana trascendente per sfociare infine nelle religioni. [Nel suo libro “il sacro e la violazione dei tabù”, dice che l'ordine della società, la sua struttura, dipende da una violazione rituale del sangue (rituale + ha una cadenza temporale al raggiungimento di uno scopo collettivo, per questo diverso dall'omicidio). È un tentativo di deviare la violenza del gruppo in una vittima, che diventa sacra. Questa infrazione rituale permette la struttura e l'ordine della società] RENÈ GIRARD (sociologo, critico letterario, antropologo) identifica il sacro con la violenza: analizza vari rituali delle culture antiche (egiziani, mesopotamici...) e vede che hanno sempre un carattere cruento (es. smembramento di un cammello). Egli descrive tutti i caratteri rituali delle tribù antiche in un suo libro, oggettivamente e considera sacro e violenza un tutt'uno (nel sacro ci sono ordine/disordine, pace/guerra, creazione/distruzione) + violenza fondatrice= prodotto del sacro+ l'esistenza umana è governata dal sacro, sostanza misteriosa che ruota attorno agli uomini Qual è il senso di questi rituali? Non si può giudicare positivamente questi eventi, con la mentalità e gli strumenti odierni, ma bisogna indagare con la mentalità del periodo preso in considerazione. Per quanto riguarda la componente di carattere magico (e quindi non solo scientifico) che caratterizza questi eventi, “magico” non significa falso, ma analizzare con altri criteri. Questi omicidi rituali avevano un senso perché le comunità continuavano ad esistere, da un'implosione interna. Non esistevano le religioni come le conosciamo oggi, quindi nemmeno le regole, se non alcune determinate dal totem (quindi non esistevano regole contro l'omicidio, ad esempio). C'era il rischio di faide, che queste società auto-collassassero. Come vengono create all’inizio le prime regole? Intorno a questo mana, al totem. Mana+ vittima emissaria che, nella violenza rituale, fonda il gruppo Il primo grande rituale che viene fatto per evitare il collasso della società per la guerra tutti contro tutti è il sacrificio: violenza di scambio, un transfert collettivo in virtù del quale la vittima si sostituisce a tutti i membri della società Come si può fermare? Non esiste gerarchia, non esiste un apparato istituzionale, la società rischia di crollare. Però c'è un elemento, nella guerra tutti contro tutti, c'è una cosa che attira l’attenzione: se tutti siamo uguali, cerchiamo di ammazzarci, quindi serve qualcuno che distolga l'attenzione e indirizzi tutta la violenza nei confronti di un soggetto, il diverso (caratt. fisica). Questo, attira l'attenzione di tutto il gruppo e, in questo transfert di violenza, la collettività va contro la vittima, che una volta uccisa placa la società, quindi viene identificato come il mezzo per la pace. Ciò funziona perché dopo il sacrificio, la carica violenta non ce l'abbiamo più. Secondo l'antropologia, Con il passare del tempo le feste perdono l'importanza che avevano all'inizio, perché la religione tende a proteggere sempre di più l'individuo rispetto alla comunità. Subentra sacro-elezione di un fine supremo? il sacro traccia 2 vie: quella religiosa del misticismo e quella del fanatismo, la via sociale dei dogmi, dei riti, della mitologia e del culto+ il sacro conduce l'uomo nella direzione delle grandi conquiste (mistica, del sapere, del potere...) e nella direzione delle grandi rinunce + è i/ fine supremo della vita che diviene creatrice del sacro (CAP. 2) + LA FENOMENOLOGIA DEL SACRO NATHAN SODERBLOM (1866-1931) — sostenne i corsi di storia delle religioni e cercò una strada specifica situata tra teologia e filosofia della ragione. Egli scopre l’importanza del sacro e dedusse che una religione può esistere realmente senza una concezione precisa della divinità ma non esiste alcuna religione reale senza la distinzione sacro-profano (sacro= tratto essenziale del divino nel senso religioso). Soderblom cerca l'essenza del fenomeno religioso e, secondo lui, risiede nella distinzione sacro-profano (alla base della credenza, pietas del culto, vi è il sacro) + sacro: potere o entità misteriosa legata a certi esseri , cose, avvenimenti o azioni» mana: sacro positivo che agisce come un potere e distinto dal sacro negativo che implica la nozione di pericolo, tabù, proibizione che viene indicato con la parola polinesiana”tabù” Sacro positivo» MANA e Sacro dei divieti» TABU' [L'autore analizza il mana dicendo che non è una forza impersonale] RUDOLF OTTO è l'autore di riferimento per la fenomenologia. Studia tutta la componente della sociologia e viene dopo Durkheim. Importante nella sua formazione è il viaggio in india, perché viene a contatto con l/’induismo, quindi la concezione del sacro e del rituale per eccellenza dell'induismo è il sacrificio, più i libri: Upanisad (si legge “eupanishad”, insieme di testi religiosi filosofici indiani). Scrisse anche “Discorso sulla religione” con il quale entrò a far parte del campo della scienza delle religioni e “Il Sacro” che lo rende subito celebre. Perché è importante in quest'opera? Perché prosegue quel tentativo che era stato fatto da Schlaiermacher di cercare uno specifico antropologico della religione. 3 facce del Sacro+ sacro numinoso, sacro come valore e sacro come categoria a priori dello spirito Innanzitutto, parte da dei principi base, dalla sua analisi di sacro: 1-Partendo da Kant, dice che alcune idee necessarie non hanno bisogno di dimostrazione (Dio, anima e libertà: non sono dimostrabili ma non serve dimostrarli perché sono dentro di noi). Non può essere fatta alcuna dimostrazione proprio perché fan parte del mondo della metafisica. Il sacro non si conosce razionalmente, ma si intuisce (intuizione). 2- Il territorio del sacro, l'esperienza del sacro, comincia con il mistero e finisce con il mistero: non si può conoscere tutto del sacro, si può intuire, nessun intelletto può comprenderlo e, il compito della religione, è salvaguardare il mistero del sacro. Religione+ coincide con il mistero (mistero religioso) e la religione ha il compito di salvaguardarlo. 3- Inoltre, il simbolo è il linguaggio del sacro, cioè il modo in cui il sacro si manifesta all'uomo ovvero attraverso un oggetto naturale (totem = pezzo in legno, gesto, comunità di preghiera, situazioni sacre, idoli, miracolo, libri sacri, ecc.). Grazie al simbolo, la coscienza religiosa, riesce a cogliere l'eterno e proprio su questa intuizione si fonda la salvezza di ciascun individuo, che consiste nell'unione spirituale dell'uomo con Dio. DIVINAZIONE+ capacità dell'uomo di conoscere la manifestazione del sacro nel mondo dei fenomeni» Otto ridurrà l'universalità della divinazione limitandola a dei personaggi (profeti). Contro la teoria della divinazione di Schlairmacher che è come un fenomeno universale dell'umanità e che lui non precisa la storia delle religioni e in particolare la religione biblica (e Cristo stesso) + correzioni di Otto di questa teoria: -è nei miti e nel culto dei morti dei popoli primitivi che bisogna cercare il necessario intervento dei profeti creatori; -ruolo primordiale della storia delle religioni» compito: individuare valori religiosi presenti nel cammino dell'umanità e dimostrare così la difficile marcia degli uomini alla ricerca di Dio Questa facoltà di cogliere il sacro è una categoria a priori per cogliere l'individuo, proprio che spinge l'uomo a sottomettersi a questa realtà infinita (scoperta a priori: scoperta dell'Essere eterno e libero) + è come una disposizione originaria, a priori, del nostro spirito. Il misticismo è per lui la forma perfetta di religione, l'attività religiosa per eccellenza. Il sacro per lui è una categoria/teoria per interpretare e valutare la realtà in campo religioso (=è l'elemento fondamentale delle grandi religioni, è principio vivente e elemento primordiale), si trova nella natura+ parola per indicare il sacro: das numinose, il numinoso (numen: volontà divina) per definire il SACRO (sacer) + egli studia come l'uomo religioso si avvicina al sacro, nello specifico parla della relazione tra uomo religioso e sacro.+ via di conoscenza per scoprire il numinoso è data da 4 tappe/sentimenti: 1-SENTIMENTO DELLO STATO DI CREATURA: si tratta della reazione provocata dal contatto con l'oggetto numinoso ne che fa nascere un vivo sentimento di dipendenza nell'uomo nei confronti del sacro che è qualcosa di più grande rispetto a lui per cui la creatura sparisce dinnanzi a ciò che si trova al di sopra di ogni creatura+ quindi è questo il sentimento di creatura, cioè di piccolezza nei confronti del creatore; 2-CONQUISTA DEL NUMINOSO: il numinoso non può esser conosciuto ed è la tappa del terrore mistico (sentimento del tremendum+ il sacro è potente di fronte alla nostra piccolezza, l'uomo ha paura perché non lo può conoscere fino in fondo e il timore gli impedisce di farlo). Nell'inacessibilità assoluta del numinoso troviamo la potenza e la relazione uomo-potenza divina si esprime con “pietà intima ed evoluzione culturale” 3-OGGETTO NUMINOSO COME MISTERO: sentimento del mistero +il numinoso si confronta/distingue con il totalmente altro, il trascendente; 4-VALORE SOGGETTIVO, BEATIFICO PER L'UOMO+ fascinans : il sacro, il numinoso, che seduce e rapisce, che ha un valore soggettivo per ciascun uomo che ne fa esperienza e, quindi, ha un valore benefico per ciascun uomo. Da questo sentimento nascono l'amore, la compassione, ecc... ed è proprio in questi che si colloca la salvezza del Cristianesimo. Non abbiamo solamente la categoria di sacro, ma accanto al sacro, abbiamo il santo, cioè il santum + sacro quando si contrappone con il profano. Quindi, se il sacer, è colto sotto l'aspetto della trascendenza, il santum ha una caratteristica più valoriale, di relazione fra l'uomo religioso e il sacro. Abbiamo, perciò, una distinzione tra il sacro numinoso e la categoria del santo. La religione si presenta all'uomo come un obbligo intimo, personale, soggettivo. Otto, basandosi sulla teoria della conoscenza di Kant, afferma che è proprio la nostra modalità di conoscere e di fare esperienza delle cose che produce il sacro, è il nostro modo di vedere e entrare in relazione con il fenomeno. La categoria del sacro si trova all'interno di ciascun individuo che ne fa esperienza (qui grande stacco tra fenomenologia e sociologia), e questa esperienza è indipendente da qualsiasi astrazione mentale. Questa categoria, da un lato razionale porta all'idea di assoluto, dall'altro irrazionale esprime sentimenti religiosi. Questa facoltà del nostro spirito di percepire il sacro per i profeti è diretta, per gli altri uomini è mediata dalla religione (+ dalle strutture rituali che fanno conoscenza e limitano il sacro). Da dove nasce la religione? Per la fenomenologia e per Otto, nasce da una rivelazione interiore. Questa teoria contrasta la sociologia che credeva nascesse dai sentimenti collettivi. Ma Otto non mette in discussione il valore del sacro: la religione e il sacro derivano da un incontro tra l'uomo naturale, che ha questa predisposizione, con il sacro. C'è una manifestazione interna, SCHLAIERMACHER (1768-1834) — Schlaiermacher autore, filosofo aveva detto che la questione della religione non era la teoretica ma che l'atteggiamento religioso dell'uomo nasce da un sentimento+ SENTIMENTO di DIPENDENZA ASSOLUTA Opera: “| discorsi sulla religione”. Perché ci interessa? Dichiara che il tema della religione, questa dimensione della vita dell'uomo, non è risolvibile nel discorso teorico su Dio. Noi possiamo fare metafisica ( + tentativo di trovare una causa vita dell'uomo e del mondo, che chiamiamo Dio) ma egli è convinto che questo tipo di percorso non possa essere un discorso conclusivo e non rende ragione del fenomeno religioso. Dall'altra parte c'è la morale, che comprende i modi in cui viene introdotta la questione di Dio, ma S. ritiene che questa via non sia sufficiente per comprendere il comportamento religioso dell'uomo e non è sufficiente per comprendere l’uomo in quanto tale. Allora egli tenta una terza via, domandandosi: se l'uomo si pone il problema di Dio e se, questo problema di Dio, dà luogo a quel fenomeno che noi chiamiamo religione e se, sia da un punto di vista teorico sia morale, noi non riusciamo a comprendere per quale motivo all'uomo viene questa idea di Dio, per cui poi l'uomo inventa, crea l'atteggiamento religioso: allora vuol dire che nell'uomo c'è qualcosa di più originario che può spiegare questi tentativi che sono postumi a qualcosa di più originale. E quale sarebbe questo qualcosa di più originario che l'uomo vive e, quindi, genera l'idea di Dio e, ergo, anche la prassi religiosa? Questo luogo originario è il sentimento, il sentire. Siamo in un'epoca ormai cambiata (del Romanticismo e dell'Idealismo) che ha ridato dignità al sentimento come modo in cui l'uomo accede, entra nella realtà e nella verità della realtà. Non c'è solo il concetto, solo la morale ma, c'è il sentimento, il sentire. Il sentimento di cui parla S. è un sentimento particolare, non indeterminato ma è il sentimento della dipendenza assoluta + vuol dire che l'uomo, nella sua vita, sente di essere parte di una realtà che è più grande di lui e dalla quale dipende che è la condizione della sua esistenza. Questa esperienza, noi la facciamo spesso nella vita, soprattutto nel nascere, nel morire, nell'amore, nella sofferenza, momenti nei quali comprendiamo di essere dentro una realtà più grande di noi e noi siamo dipendenti da essa. La vita + ciò che io ho, che vivo, esperisco perché esisto, non si riduce mai al mio esperire e al mio vivere, è ciò in cui io sono posto, non l'ho prodotta io la vita che pure ci costituisce. Questo sentimento di dipendenza è lo scoprire, il sentire di essere parte di una realtà che sì, è parte dell'esistenza, ma che io non ho prodotto, senza la quale non si esisterebbe (ritrovato come posto ed io, come persona, ne sono una parte). Da questo sentimento, che è un'intuizione, un vissuto, da cui nasce l'idea di Dio y Non è un problema metafisico originariamente, non nasce dalla morale come voleva Kant, però eredita quello che Kant ha scritto nella terza “Critica del giudizio” approfondendolo. È il sentire di essere parte di una totalità assoluta di cui io non dispongo e che mi costituisce, una realtà da cui dipendo. L'idea di Dio nasce con questa esperienza, un'esperienza più originaria di quella della teoria della morale, più radicale. S. ci vede bene perché, in effetti, il sentire è la costituzione originaria fondamentale dell'essere al mondo dell'uomo + noi non siamo al mondo senza sentire, noi siamo prima di tutto sentire, siamo senzienti. Dobbiamo sempre passare dal corpo per arrivare a noi stessi e il sentire non è solo uno stato, è un agire, è un nostro atto costitutivo della nostra vita, soggettivo e del nostro pensiero è primario (lo aveva intuito anche Kant con l'estetica trascendentale). Nella nostra cultura contemporanea, si parla di narcosi del sentire. S. diceva che il sentimento e il sentire, erano l'origine sia della teoria che della pratica morale. Nasce così l'idea di Dio, che è sentimento di dipendenza assoluta. Se uno non sente come fa a capire l'assoluto? Uno che prova il sentimento di dipendenza assoluta non sarà mai un prepotente della vita. La giustizia non trova applicazione in un concetto universale ma ti ritrovi nella vita insieme agli altri e questo non provoca prepotenza, perché ci troviamo nell'umiltà. Il sentimento di dipendenza assoluta ti fa sentire radicato nella terra, non genera prepotenti dal punto di vista teorico e pratico, ma genera persone nelle quali nasce l'idea di Dio. Non c'è niente di ovvio nella vita umana: il sentire dell'uomo è accompagnato da dei simboli e c'è sempre un'interruzione creativa nella vita dell'uomo e la religione è una di queste+ SIMBOLI: - Sentimento di dipendenza assoluta espresso nella religione si esprime attraverso i riti, i miti, racconti sull'origine del mondo; - Provocazione alla nostra cultura + un uomo che sente poco e che non ha più il linguaggio simbolico per esprimere la propria vita porta alla crisi della religione. Ci sono degli esempi per capire la condizione dove ci troviamo: quando muore qualcuno, magari in circostanze drammatiche, l'espressione di oggi a questo dolore è: silenzio, abbraccio, senso di impotenza. Gli antichi invece lo manifestavano attraverso: capanna, famiglia, buco nel soffitto aperto (=questo gesto vale più delle parole, perché rappresenta un'interpretazione della vita posta in un simbolo, che esprime il modo di abitare poeticamente dell'uomo, la vita data). Il nostro problema: abbiamo perso questa dimensione e siamo alla ricerca di simboli. S. ha capito che il sentimento è centrale e, dice, che è dal sentimento di dipendenza assoluta che nascono tutte le espansioni delle religioni nella storia dell'umanità. Ci sono 2 questioni che rimangono aperte nel suo pensiero: . 1” questione + S. non spiega quale è il passaggio di sentimento assoluto alla dipendenza di Dio; . 2° questione + rapporto che c'è tra il sentire fondamentale, che forse è vero che può essere registrato nella vita di ogni persona, e le religioni nella loro determinatezza storia. C'è diversità di tradizioni nella loro genesi? S. tenta di cercare l'ambito antropologico proprio della religione, ciò che distingue l'esperienza religiosa da tutte le altre dimensioni antropologiche: l'insistenza sulla questione del sentimento di dipendenza assoluta ha come obiettivo questo. Dal sentimento, si parte per indagare il fenomeno religioso, una sorta di obbiettivo che si stringe sul tema della religione. Fa un passo avanti rispetto a Kant, che aveva subordinato la religione alla questione morale; qui la religione non prende un senso perché subordinata a qualcos'altro, ma perché ha un ambito specifico e originario che costituisce l'uomo. Infatti la sua riflessione ha dato origine a diverse interpretazioni del fenomeno religioso all'interno del movimento romantico (dove c'era una maggior attenzione alla religione) e poi agli inizi del ‘900, ha generato quella disciplina che viene chiamata la_fenomenologia della religione y Disciplina che studia le diverse tradizioni religiose che è attiva e produttiva anche nei nostri giorni (America, Francia, Germania,...). Chiamata così perché si pone l'obbiettivo di studiare la religione come una dimensione specifica e antropologica, costitutiva dell'uomo. Otto all'inizio della sua opera dice esplicitamente che lui vuole prendere in eredità l'intenzione di Schlairmacher quindi trovare uno specifico antropologico della religione che la distingua come esperienza da tutte le altre esperienze. Rudolf Otto parte da quello che era già stato detto da Schlairmacher cioè: che l'atteggiamento religioso dell'uomo nasce da 1 sentimento solo che lui non lo chiama sentimento di dipendenza assoluta ma lo chiama sentimento di dipendenza creaturale. Otto introduce un concetto che è teologico dentro 1 tentativo che è filosofico perché il concetto di CREAZIONE non è un concetto filosofico+ CONCETTO DI CREAZIONE è un CONCETTO BIBLICO (questo concetto biblico inventato dagli ebrei). DIPENDENZA CREATURALE è una relazione con il dio creatore e lui non può essere oggetto di indagine della filosofia. La dipendenza ASSOLUTA non è una relazione quella CREATURALE invece è una relazione e non può essere oggetto d'indagine!!! Otto dice che l'uomo è religioso perché dice che c'è un momento nella vita nella quale l'uomo scopre di porsi come uomo ma proprio perché parte da un essere posto, c'è un essere posto nella vita di cui non abbiamo conoscenza che è proprio questo sentimento di dipendenza culturale. Per Otto la religione nasce da qui. L'atteggiamento religioso dell'uomo è questa intenzionalità profonda attraverso la quale l'uomo praticamente esprime il proprio essere posto nel mondo, rispetto alla nostra vita quindi noi siamo PASSIVI perché c'è un essere nel mondo che noi non abbiamo deciso che tuttavia ci costituisce come uomini e donne: qua collegamento con la i modi per celebrarle queste ierofanie, ha miti e riti e dalla religione nasce anche l’organizzazione sociale e civile. Eliade scrive il suo libro più importante a Parigi, che è sempre inerente al sacro, e si intitola “Trattato sulla storia della religione” per identificare al meglio il ruolo dello storico delle religioni. A Parigi, incontra molti professori che lo influenzano, tra cui: - Dumézil + studia i simboli dei rituali; - Jung + entra in contatto con la psicologia, con gli archetipi. y simboli innati dentro ognuno di noi. L'autore pretende di innalzare la storia delle religioni come scienza autonoma interdisciplinare e, lo storico delle religioni, deve porre l'accento sulla religione, a cui viene affidata una triplice missione: - Missione storica + perché il sacro si manifesta sempre dentro la storia, in un determinato luogo, periodo storico, con determinate modalità di gestione dell'economia, della politica, ecc. Facciamo esperienza del sacro quando si manifesta nella realtà, in base alla cultura in cui si nasce. Importante è lo studio dei documenti storici, che vengono messi giustamente sotto critica, analizzati, datati, in modo che si possa capire il senso e non solo la mera descrizione del fenomeno; - Missione fenomenologica + se è vero che la manifestazione del sacro non può essere colta fuori dal suo contesto culturale, la fenomenologia ci ricorda che l'esperienza religiosa non può essere ricondotta ad un fenomeno non religioso, ma ogni fenomeno religioso deve essere colto nella sua specificità perché l'esperienza religiosa è un'esperienza particolare sui generi, che scaturisce dal rapporto dell'uomo con il sacro. Il suo compito, è di cercare una coerenza all'interno del mito, del rito e del simbolo (es. per Vanderlouv era importantissimo lo studio delle strutture interne della religione, ma per Eliade non è sufficiente: bisogna coglierne l'essenza nel loro condizionamento storico, non bisogna limitarsi alla registrazione dei fatti, bensì bisogna darne il senso). La manifestazione del sacro, Eliade, la chiama ierofania (ogni simbolo, esperienza del sacro). Il metodo fenomenologico è quello utilizzato da Eliade. - Missione ermeneutica + cioè dell'interpretazione dei testi, cioè fare l'esegesi/analisi dei fatti, eplicarli in un'interpretazione globale. Bisogna cogliere il senso e metterlo in una prospettiva più generale, che vale per tutti. Consiste in un lavoro comparato tra i vari testi delle religioni, per comprenderne il testo e far sì che siano utilizzabili oggi. Anche Eliade, come Otto e Durkheim, ha come fondamento della storia delle religioni è il sacro. Distingue anche lui tra sacro e profano. È compito dello storico delle religioni interpretare e dare senso alla ierofania. Qual è il mistero per eccellenza che nessuno può capire? È il motivo per cui il sacro decide di manifestarsi, essendo indipendente e trascendente dall'uomo. Non si manifesta mai in maniera pura ma attraverso il simbolo (oggetti, esseri viventi) ed entra a far parte così dell'ordine naturale. Nella manifestazione del sacro, intervengono tre elementi: - Oggetto naturale + pezzo di legno del totem, nel quale si manifesta il mana; - Realtà + invisibile altro assoluto, il sacro mana; - Mediatore + oggetto naturale rivestito di una dimensione nuova, dimensione della sacralità. Nel simbolo abbiamo il Dio che accetta di limitarsi e storicizzarsi per farsi capire (es. Dio diventa uomo nella religione cristiana). Il sacro non viene più inteso come realtà assoluta e trascendente, ma è una realtà naturale, mediata dal mondo naturale, dall'uomo. Proprio per questo, l'oggetto viene separato dall'ordine del profano. Sarà molto importante il ruolo dello spazio sacro (santuari, monasteri, chiese), spazio che viene diviso dall'altro mondo. Le tavole della legge venivano messe nel tempio, ma separate in un'altra ala, solo per essere lette dal sacerdote, perché scritte direttamente da Dio. Il Santuario diventa luogo di scambio tra l'uomo e Dio, è la riproduzione terrena dell'Aldilà, dell'altro mondo. Attraverso la fenomenologia lo storico delle religioni comprende la natura del sacro e ne dà un senso. Il teologo orienta la sua riflessione sul divino e la natura di Dio, basandosi sui testi rilevati. Il teologo non porta aggiunta nel dialogo delle religioni: questo può essere fatto dallo storico delle religioni. Ogni ierofania è una cratofania (manifestazione di potenza, del fenomeno religioso), ma non come il mana per la sociologia: nella fenomenologia è personale perché è sempre il soggetto che entra in manifestazione con il sacro. Eliade, rifacendosi all'archetipo Junghiano, vede il simbolismo della volta celeste e lo utilizza come archetipo presente nella struttura psicologica di ciascun individuo. Questo lo cogliamo attraverso l'intuizione e non attraverso la ragione, quindi l'uomo religioso coglie Dio attraverso il sacro, la ierofania. E quindi, da quell'essere supremo trascendente che si fa conoscere, nascono l'istituzione, i valori, l'ordine, il modo di agire, pensare e sentire dell'uomo. Perciò, il sacro si manifesta come una potenza che riproduce la realtà vera e il simbolo, che è l'oggetto intermittente, consente all'uomo di entrare in contatto con la potenza sovrasensibile. Importantissimi anche: - Mito + è un racconto, una storia vera, sacra ed esemplare che ha un senso specifico e che comporta una ripetizione di quello che si è parlato, dando luogo ad una tradizione. Ha il compito di fornire all'uomo dei modelli di comportamento e dà all'esistenza di ciascun individuo un senso. Abbiamo vari tipi di miti: i più importanti sono i miti di origine, perché raccontano e giustificano una situazione nuova (es. cicli stagionali) e hanno come fine la morte di qualcuno (tutto nasce dall'uccisione di qualcosa). Oppure, i miti escatologici che parlano del fine ultimo dell'universo, dove tende l'uomo, il senso da dare alla propria vita. | miti hanno la principale funzione di mantenere, nella coscienza di ciascuno, la concezione che esiste un mondo diverso dal profano, in modo che l'uomo possa fare esperienza di un evento primordiale (la nascita), ricordandogli che è capace di comportarsi in una determinata maniera. Nel cristianesimo il mito del sacro è Gesù, che si è reincarnato nell'uomo; - Rito + azione fisica, essenziale, fondamentale perché ha lo scopo di produrre la realtà dell’Aldilà nell’ Aldiquà. Permette la riproduzione dei comportamenti del mito. Il sacrificio, che è rituale per eccellenza, introduce l'uomo nell'immortalità, perché lo collega sul piano del cosmo e, inoltre, cerca, attraverso la morte, di ristabilire la vita, cioè attraverso la morte si può accedere alla vita vera, al ciclo eterno, per far sì che la nostra vita non finisca. Quindi, il rituale, dà valore a tutta la realtà esistente, perché ha come modello il divino, un'archè presente in tutti noi. Importante, ad esempio, è il rito di iniziazione, che consiste nel far superare delle prove al bambino per farlo diventare adulto. Attraverso il rito, il mito e il simbolo, lo storico delle religioni può analizzare il sacro. HEIDEGGER + è stato uno dei grandi autori che hanno commentato il testo di Nietzsche. y Raccolta: "Sentieri interrotti”. Sostiene che la posizione di Nietzsche è quella di colui che vuole finalmente farla finita con la metafisica occidentale. Fondamentalmente Nietzsche, non fa altro che portare a termine. (?) y METAFISICA+ è per alcuni autori quel settore della filosofia che arrivava proprio a parlare di Dio. Il primo avviso sulla metafisica è stato dato da Kant, che diceva appunto che non si può dire chi è o com'è perché l'intelletto non ci arriva Entra di fatto nella tradizione occidentale Nietzsche, con le sue concezioni, e questo lo dice Heidegger. Ed è vero soprattutto perché quell'idea che uno deve arrivare alla vita con la consapevolezza che la VITA è un DESTINO. (Lì Nietzsche quando si rivolge a quelli che lo deridono dice che se Dio ne va via perché non sono ancora consapevoli di questo atto cioè di vivere senza Dio che sia il Dio della metafisica o il Dio del cristianesimo) Dice che le chiese non sono altro che i sepolcri di Dio dell'uomo + F. pensa di aver trovato un nuovo modo per pensare l'assoluto iniziando aderendo alle tesi di Hegel; all'università inizialmente insegna teologia poi pubblica testi anonimi nei quali scrive che non pensa più a ciò che diceva Hegel (religione come modo di comportarsi umano che può esser spiegato) + per vincere il tema del proprio limite, morte autonomamente + ma si viene a sapere di quegli articoli radicali pubblicati che portano a numerose discussioni + allora abbandona l'università, veniva mantenuto dalla moglie F. inizia la sua vera e propria produzione letteraria: “L'essenza della religione” e “L'essenza del Cristianesimo” + fa uno studio delle religioni per decostruirle (DECOSTRUZIONE CRITICA DELLE RELIGIONI IN QUANTO TALI) : come demitizzare? La sua produzione parte da una constatazione contro Hegel che “non aveva capito nulla” + La religione è una prassi e non è un concetto (è pratica della vita prima di esser una teoria = una pratica che ha a che fare con la sensibilità (vedi articoli di Organisti) + il comportamento religioso umano è REALISTICO (rapp reale con il divino, non teorica), la religione SI DEVE SENTIRE! : l'assoluto qui è una presenza reale nel comportamento religioso! 1” osservazione: la sensibilità 2° osservazione: le religioni, cristianesimo per primo, sono una proiezione dell'uomo+ l'uomo nel comportamento religioso si rappresenta e proietta in oggetti/persone che divinizza questa rappresentazione della quale crede realisticamente e lo fa spontaneamente proprio per riempire il vuoto della propria esistenza votata alla morte. Proposta di F: bisogna uscire dalla religione perché è proiezione di un'illusione (di ciò che l'uomo vorrebbe essere e non riesce ad essere dove l'ultima parte viene dimenticata) + come ne esce allora? L'unico oggetto della propria fede e speranza deve essere l'essenza dell'umanità (ciò che l'uomo riesce ad esprimere come assoluto+ perché è sopra gli uomini ed è la condizione per essere autenticamente uomini) [vedi Ateismo!] La posizione di F.: 1- la religione come una prassi 2- la religione o ha un fondamento antropologico (la si riesce a spiegare anche parlando dell'uomo) o non ha fondamento+ deve essere cogenerata da un'iniziativa del divino ma anche dell’uomo (secondo lui Dio non esiste e lo aveva già deciso precedentemente+ la sua ricerca viene spiegata senza far riferimento a Dio) 2) NIETZSCHE -figlio di un pastore protestante e suo papà muore quando lui è ancora piccolo. La mamma e la sorella lo mantengono agli studi, facendo parte di una media bassa borghesia, è un pensatore e un autore dei secoli scorsi è un autore di svolta, cioè segna lo spartiacque del passaggio di secolo. Influenzerà molti degli autori del secolo scorso che si confronteranno con il suo pensiero che è abbastanza completo, perché è un pensiero non sistematico + non è un sistema, dove c'è un inizio e una fine, ma c'è la continua ripresa di alcuni temi. In base a questi pensieri fondamentali, si ricostruisce la sua produzione letterale, fatta di aforismi, miti, ecc. Studia in un collegio protestante dove riceve un'istruzione classica molto solida, e allo stesso tempo vengono insegnate le questioni principali ... Si iscrive a teologia però, un po' per gli incontri che fa nella sua vita e un po' perché capisce che non è la sua strada, si mette a studiare filologia classica. Studia i testi greci, ed è talmente bravo che un suo collega gli offre un lavoro al liceo e all'università. Ad un certo punto, studiando la cultura greca inizia la sua passione per la filosofia, che esploderà dopo aver letto Schopenhauer. ll suo pensiero sulla religione coincide con il suo pensiero sul cristianesimo. Non scriverà mai un testo di critica sulla religione, ma si può notare ad esempio in “Così parlò Zarathrusta" che si tratta di un vangelo rovesciato. Approfondisce il metodo genetico/genealogico, ed è convinto che la religione cristiana nasca dal risentimento + cioè che la vita dell'uomo è fatta per essere vissuta attivamente nell’affermazione e nell'espressione della propria potenza, che è un dono al cuore, un'esplosione di vita, che l'uomo deve affermare e vivere+ l'uomo, per essere tale, deve essere forte, affermativo e attivo. Nella vita però ci sono uomini che non ce la fanno, e vivono come dei “funghi”, dei parassiti, Sfruttando l'attività altrui= sono dei deboli risentiti, perché gli altri ce la fanno> vivono sfruttando uomini attivi e hanno inventato una morale che tende ad appiattire tutti, a far diventare tutti inattivi e incapaci di esprimere la propria forza, e questo è un vero e proprio peccato. La morale del risentimento, è il Cristianesimo, “l'invenzione dei falliti, di coloro che non vogliono che ci sia, nella vita dei signori che riescono ad esprimere, la loro forza” ed è il risentimento che spiega la nascita della religione, perché è il sentimento che spiega la nascita morale+ c'è un nesso fra morale e religione. Chi ha fatto diventare così la religione cristiana? Paolo di Tarso che ha diffuso nelle sue lettere questa morale del risentimento, che viene ripagata con la consolazione illusoria di una vita dopo la morte. Meno responsabile di questo offuscamento è Gesù, che Nietzsche ritiene una brava persona, un maestro di umanità, un non risentito, mentre Paolo di Tarso è il maestro del risentimento. E quindi per Nietzsche la religione (cristianesimo) va superata attraverso una sorta di culto della vita: infatti, ama la mitologia antica per questo motivo, perché la ritiene più capace di far emergere la forza, l'espressività della vita e non il risentimento che è cristiano+ allora bisogna andare a prima del cristianesimo per ritrovare un modo di vivere la propria esistenza, senza che sia fondata sul risentimento. Ha scritto “La nascita della tragedia dallo spirito della musica”, che parla (?) E qui si capisce che in realtà, Nietzsche, è altamente consapevole della proposta radicale che fa: è una proposta nella quale c'è l'idea che, superare il cristianesimo, significhi cambiare radicalmente la cultura occidentale. Lui ritiene di essere un nuovo profeta (cioè, Zarathustra) (?) Bisogna raggiungere la potenza come dono al cuore della volontà, rinunciando all'oggetto. Alcune riflessioni: 1) È assolutamente vero che nell'epoca di Nietzsche, e non solo nel mondo protestante ma anche cattolico, di fatto, /a fede cristiana era ridotta a una morale, alla morale del perbenismo, e qui la critica di Nietzsche cade a fagiolo, perché è vero che la fede non è né immediatamente una religione né immediatamente una morale, ma è una relazione; 2) È vero che lui è circondato da una comunità cristiana perbenista, legata da alcuni precetti morali, però è anche vero che si accorto di una cosa e non l'ha approfondita: si è accorto della diversità della pratica di Gesù rispetto alla pratica contemporanea; 3) Nonèdetto che chi effettivamente pratica una religione, sia perciò esso stesso contro la vita e la sua espressività, nella sua complessità e fragilità. La religione partecipa al tragico della vita. Naturalmente, dopo queste considerazioni, Nietzsche arriva alla proclamazione del proprio ateismo. Non fa una critica genealogica e poi si ferma lì: a quella critica, arriva un nuovo annuncio alternativo della morte di Dio. Nietzsche è certamente un profeta, è Zarathustra e propone un modo di vivere la vita che mette da parte tutto il risentimento del vivere nel cristianesimo. (La filosofia è una vita scomoda.) Nietzsche mette il dito in una piaga, cioè nel rischio di identificare la ragione, la fede, con una morale, la morale della prescrizione. Se la religione tarpa le ali all'uomo, è meglio scegliere l'uomo piuttosto che Dio. Davanti al fanatismo che le religioni mettono in atto, noi dobbiamo reagire. Bisogna scegliere sempre per l'uomo e non per la sua strumentalizzazione e la sua sottomissione, anche se queste avvengono nel nome di Dio. Nietzsche, distruggendo un certo tipo di cristianesimo moralistico, bigotto, perbenistico, ha in realtà costretto il cristianesimo a ritrovare la propria genuina ispirazione. Ha costretto le tradizioni religiose a togliersi la maschera e a chiedersi: chi siamo noi? Il problema delle religioni, non è controllare attraverso delle prescrizioni i gesti delle persone che ne sono aderenti, ma è quello invece di parlare di Dio. Perché insiste sul tema del rumore? Perché secondo lui, il sensibile non è riducibile a ciò che il soggetto sente, ma a una sua alterità, che non si riduce mai a quello che si riduce il soggetto. Ha una varietà, è un rumore costante che accompagna continuamente l'uomo, è una musica. Qual è il positivo dell’ateismo? È il fatto che l'uomo, di fronte a questo completo, ricco e variegato ateismo, l'unica cosa che si deve chiedere è che cosa farne. Quindi, ascoltare il sensibile e generare. Questa richiesta è prima del problema della colpa, perciò non ha problemi sulla responsabilità della vita, è semplicemente un gesto creativo e sensibile col quale l'uomo gioca che è il divino, è ciò che sentiamo come assoluto. Questa sarebbe la vita dell'ateo: giocare con la vita, con il sensibile. Questo è precisamente quello che chiedeva Nietzsche: andare al di là del bene e del male, della prescrizione. L'analisi di Benoist è lucida, perché descrive molto bene la cultura contemporanea, nel senso che il problema della cultura contemporanea è quello di non percepire più Dio, c'è il silenzio e egli dice che non bisogna pensare troppo al silenzio, ma al rumore del sensibile, che ci invita a fare un qualcosa. Quella che propone è /'immanenza assoluta cioè evitare con cura ogni tipo di trascendenza, fosse anche quella che riguarda la vita dell'uomo (es. il bambino che gioca innocentemente con l'essere). La morale c'è, ma è un problema di codificazione di comportamenti. Il positivo dell’ateismo, sarebbe ritrovare l'innocenza, quindi non fare più i conti con la morale risentita dei cristiani. Obbiettivo di Benoist+ portare a compimento l’idea fondamentale di Nietzsche: prima della colpa c'è il godimento. È una proposta alternativa che lascia fuori il problema della religione, perché esclude il tema di Dio da un punto di vista teorico e pratico. Benoist fa riferimento ad una tradizione, quella di una certa filosofia analitica che viene dagli Stati Uniti, anche se è passata un po' di moda. La critica è la seguente: Benoist fa fatica a spiegare una piccola cosa, un piccolo passaggio, ma che è un grande passaggio da un punto di vista culturale, cioè “perché il soggetto dovrebbe porsi la domanda su che cosa farne del sensibile? Perché? Chi lo ha detto?" Benoist fa un'analisi molto spietata della percezione sensibile, eliminando ideologie filosofiche, psicologiche ecc., e fa bene perché questo è il compito della filosofia e del pensiero in generale. Però, in questo modo, perde per strada colui che sente+ parla del sensibile, ma non più del senziente, dell'uomo. Perché se c'è questo rumore del sensibile, questa alterità rispetto all'intenzionalità dell'uomo, c'è una realtà che è altra rispetto a ciò che l'uomo può significare in questa alterità. In questo tema lo butta lì come se fosse una cosa scontata, ma non lo è, perché la creatività non è impersonale. Occorre qualcuno che risponda alla vita, ma perché ci deve essere questa risposta? C'è un problema etico, perché neanche lui se la sente di fermarsi e dire che dobbiamo semplicemente sentire e che ci dissolviamo in questo sentire, ma dice che apparteniamo ad una prassi poetica. Non riesce a rispondere a questa domanda, appunto perché perde il soggetto, perde l'uomo — da un punto di vista teorico Benoist è debole. Il tema del silenzio di Dio è legato al silenzio sull'uomo, questo è il problema. Oggi si è esteso un velo pietoso di silenzio sull'uomo. Se ne parla sempre indirettamente, ma non lo si mette a tema, non se ne fa una vera riflessione. Perché ce lo dobbiamo domandare? Chi ci sta dietro questa domanda? Questo è un nodo teorico fondamentale per quanto riguarda la storia delle religioni, perché riguarda il problema di Dio e il problema di Dio, non è un'altra cosa rispetto al problema delle religioni. Dio è indimostrabile, non è la conclusione di un teorema e anche quando viene dimostrata, la non contraddizione dell'esistenza di Dio rispetto all'uomo resta. A questo tema non arrivi mai, se non metti a tema l'uomo. Si rende conto che, se introduce il tema del soggetto, gli si ripropone la questione e deve ricominciare da capo. MERLEAU-PONTY - è un autore raffinatissimo, con un metodo di una cultura altissima. y La lettura che ne dà Benoist è abbastanza benevola, ma dice Merleau-Ponty non sarebbe riuscito a trovare questa alterità del sensibile rispetto all'uomo, nella quale “tu devi godere”. “La fenomenologia della percezione” è un libro che ha pubblicato nel 1945 e chiunque si occupi di psicologia e di educazione, dovrebbe darne una piccola lettura. È chiaramente un testo datato, tuttavia ne rimane attuale il suo metodo. Benoist però si sbaglia, perché Merleau-Ponty parla della percezione, quindi del tema del sentire, e lui riassume tutto questo tema dell'uomo con la fenomenologia della percezione. Merleau-Ponty, dice diverse cose e, analizzando la percezione, il sentire, arriva alla conclusione che la percezione è un atto, non è una cosa. L'atto è ciò che non può essere ricondotto alle proprie condizioni (es. se mi muovo e bevo un bicchiere d'acqua, lo faccio perché ho sete, però la motivazione non può essere ricondotta solo a questo, ma anche al fatto che io lo faccio). C'è qualcos'altro che accade che può essere descritta solo nelle sue conseguenze. - Negativamente + non (?). - Positivamente + può essere solo nelle sue conseguenze. È un atto, una verità che non è solo soggettiva (cioè, che dipende dal soggetto), tuttavia è un atto intenzionale perché ha come effetto che tu sei sempre fuori di te attraverso il mondo, attraverso gli altri. È un qualcosa che ti sposta sempre verso l'altro, verso il Mondo. Cosa succede in questa esperienza della percezione che è un atto? C'è una co- genesi nella percezione che è un atto di ciò che noi chiamiamo mondo e di ciò che noi chiamiamo soggetto. Ma, attenzione, il mondo nasce certamente come il mondo del soggetto, come il mondo percepito che è nello spazio e nel tempo. Ma il soggetto come nasce? Il soggetto nasce come una ripresa continua e mai finita dell'atto originario della percezione. Come nasce il soggetto? Come una ripresa continua dell'atto originario della percezione? Precisamente come atto: il soggetto non è una cosa, non è un'entità, ma è un atto. Questo è il tema della libertà, perché è precisamente l'attuazione, la ripresa come atto del soggetto. Merleau-Ponty, a differenza di Benoist, non perde il soggetto, ma dice che questo atto, che è il soggetto, nel momento in cui si attua, diviene un compiuto indeclinabile: noi non possiamo declinare al nostro essere soggetti, cioè al nostro essere atto, perché succede solo con l'attuazione. Ogni volta che nasce un uomo, è come se si accendesse una luce, che dà un movimento diverso a tutto il mondo circostante. Quando si accende la luce di un nuovo soggetto, il mondo attorno cambia di significato, è come se tutto ruotasse intorno a questa novità. È un autore splendido, perché qui sta parlando dell’assoluto, cioè che la vita del soggetto coincide con il suo essere atto e non è una cosa, è un evento, e quando si realizza diventa indeclinabile. Quindi, il soggetto inteso come atto ha una scioltezza indescrivibile all'essere come atto, perché ha le proprie condizioni e non si esaurisce alle proprie conseguenze. Il soggetto è l'atto, l'essenza e l'esistenza coincidono, e questa coincidenza per i medievali era Dio. È questo che non ha visto Benoist, leggendo "La fenomenologia della percezione”: non ha visto che il sensibile è un atto che si manifesta nella soggettività in un atto che, a sua volta, è la ripresa del sensibile ed è solo partendo da qui che si può parlare di Dio. L'uomo, per comprendere l'assoluto, lo deve sperimentare e l'unico modo per fare esperienza di assoluto per il soggetto è la sua struttura di atto, perché è l'atto del soggetto che rivela (?). L'uomo non trova sé stesso se non attuandosi. Questo è il mistero della nostra vita ed è così in tutte le dimensioni della nostra esistenza, anche nella morte. Perché piangiamo quando muore qualcuno muore? Chi muore lascia un deserto nella nostra vita, perché insieme alla loro morte sparisce la loro unicità, il loro modo di parlare, di abbracciare ecc., che non è ripetibile. Per questo quando qualcuno viene meno nella nostra vita, il pianto è inevitabile. Noi siamo l'assoluto nella carne, l'atto è l'assoluto nella carne. La religione non è una dimensione passiva e manifestativa dell'uomo, ma attuativa, nella quale l'uomo vive se stesso come atto, nella quale intenziona una relazione con Dio. Le religioni intenzionano un assoluto e questo significa che l'uomo riesce, in qualche modo, a capire cosa significa assoluto, altrimenti non saprebbe cosa vuol dire intenzionare e non riuscirebbe nemmeno a riconoscerlo. Questo corso parte da una domanda: Perché nella tradizione del pensiero occidentale la questione dell’assoluto è stata sostanzialmente emarginata? Oggi troviamo che, nelle antropologie e filosofie, che vengono elaborate, tranne qualche piccola eccezione, pongono il problema dell’'assoluto ed è un sé, trasforma, vive genera il mondo e lo riporta a sé per vivere, per essere un'esistenza. Successivamente pubblicherà “L'epifania del volto” + nel quale spiega meglio l'ipostasi, che genera lo psichismo, la psiche, l'anima: il soggetto che vive. Che caratteristica ha questa anima che sorge? Ha due caratteristiche: - quella del conatus + quella del vivere per il godere della vita; - quella dell'ateismo + questa anima non ha bisogno di Dio. Perché non ha bisogno di Dio? Perché ha il suo mondo, vive nella propria immanenza, vive per vivere, ed è felice. Rifiuta quelle filosofie che pretendono di vivere Dio sulla felicità dell'uomo. È un'anima che non ha nessuno quindi in questo senso è atea, anche perché è capace di partire da sé, non ha bisogno di una causa: è l'uomo la causa delle proprie azioni, emozioni, comportamenti. Però, a questa anima atea che gode della vita, senza mancanze, capita un'esperienza. Accade che fa l'esperienza di incontrarsi con il volto, che non è semplicemente la faccia dell'altro, ma è un'epifania che riconosce in ciò che non riesce a portare a sé, come le altre cose del mondo, ciò a cui non riesci ad apportare un significato. È l'esperienza della parola del volto che rovescia l'intenzionalità che, prima era riportare tutto a sé per godere della vita, qui invece viene ribaltata, ed è un trauma perché si è chiamati a pensare più di quello che si può pensare. Perché tu puoi pensare al tuo godimento, alla tua ricerca di sussistenza e questo è il tuo pensiero ateo. Allora sei chiamato ad una rottura del tuo pensiero, ad un trauma, ed è questa l'esperienza dell'infinito: pensare ciò che non riesci a pensare. L'infinito non è una cosa, è una visitazione, un evento e, questo evento ha la caratteristica dell'appello, cioè il volto che non si riesce a riportare, chiede ti accoglierlo nella sua alterità. Quindi chiama in gioco, la volontà, il potere, che non è più la volontà di sopravvivenza, ma la volontà dell'altro. Quindi, per Lèvinas, la filosofia prima è l'etica, la nuova metafisica, che non è più la metafisica della causa (Aristotele), ma è invece la filosofia prima dell'incontro con l’altro, che si manifesta e chiede di essere riconosciuto e accolto. Secondo lui, la questione di Dio, non nasce più nella metafisica, ma è implicata nell'etico. Come approfondisce questa questione? È ebreo, quindi vuole salvare il tema della trascendenza dell'Altro (Dio). Come cerca di salvarlo? Lo salva dicendo che quando noi, nell'atto in cui noi accogliamo l'altro, è come se potessimo vedere, intuire una traccia di Dio, la traccia. Cioè, nella vita etica c'è una traccia di Dio. La traccia perché nella vita etica è possibile che si dia questa traccia dell'esistenza di Dio, si può dare un'alterità altra che non si può mai raggiungere, lo si vede solo di schiena. Dopo aver messo in campo queste idee, pubblica un'altra opera molto importante, ma ad un certo punto scrive un testo dedicato al tema di Dio che viene all'idea. All'interno di quel libro c'è un saggio che parla appunto di Dio nella filosofia e in quel saggio, nella prima parte, dice che sostanzialmente la filosofia occidentale è atea, è l'espressione stessa dell'ateismo, però nonostante questo giudizio radicale che da radicalmente sulla filosofia moderna. Tuttavia, non chiude le porte, ma riprende la tradizione della filosofia moderna, in particolare, riprendendo dal soggetto. E secondo lui chi è il soggetto? Il soggetto è posto come ponentesi. Cosa vuol dire? Che il soggetto non si è posto lui, non si è autoprodotto, ma è stato posto nel mondo. Non è stato posto semplicemente come una passività, ma come colui che si pone e che è soltanto ponendosi. Dietro questa idea ci sta il tema della creazione. Che cos'è la creazione? È una relazione in cui, colui che ti ha posto, ti ha posto come colui che si pone, che è capace di porsi. Allora, che cosa scopre l'uomo quando si pone? Scopre che Dio viene all'idea solo nel momento in cui si pone il soggetto, si auto-pone, e viene all'idea come l'infinito non indifferente, cioè come ciò che non è indifferente al tuo porti come soggetto. Quando può avvenire questo? Qui arriva l'etica come filosofia prima e avviene quando tu, nel tuo porti, metti in gioco un atto che è di non indifferenza nei confronti dell'altro. È precisamente in quel momento che Dio viene all'idea, perché Dio è l'infinito non indifferente. Partendo da questi presupposti teorici propone che, quando si parla di religione, non si parli più di sacro, ma si parli di santo. Questo perché il sacro è una categoria morale e etica, il santo perché è il tema di Dio, emerge nella risposta di sé all'altro e di consegna all'altro. Solo in questa tradizione etica, nella santità che emerge il tema di Dio e non il sacro, che è emerso come il sentire. Etica vuol dire rispondere all'appello dell'altro, dandosi come ostaggio all'altro. È etico perché è implicata la volontà, non è solo un pensiero, ma è la traccia stessa dell'alterità di Dio. Questa è una visione laica della tradizione ebraica, nonostante fosse un uomo molto devoto. Ma era anche un filosofo e ha cercato di spiegare in maniera approfondita quella realtà che veniva veicolata dalla tradizione ebraica. C'è un problema su questo autore: cioè che, tutta la sua posizione, è giocata su un'improvvisa rottura dell'immanenza umana, della coscienza umana, come se non consentisse all'uomo di comprendere l'assoluto. Quindi, introduce il tema dell'alterità come un trauma Questo lo posta alla fine del suo pensiero a dire che, l'uomo, rispetto all'altro, è esclusivamente passivo, è ostaggio. Paradossalmente, in qualche modo parte dalla modernità, ma perde la strada. Qui non c'è più una co-genesi. È necessario sottrarre al soggetto la propria singolarità per far apparire l'alterità? Il senso complessivo dell'itinerario portato avanti da lui è interessante, perché è vero che l'assoluto viene all'idea nell'etico, ed è uno dei pochi autori che nel secolo scorso ha avuto il coraggio di fare i conti con la filosofia moderna parlando dell'assoluto, implicandolo nella questione della vicenda umana. C'è un'etica nuova della filosofia prima. L'idea di Dio non si determina da sé, è Dio che viene all'idea non è l'idea che determina Dio. L'infinito non è indifferente al mio pormi. Lèvinas prosegue la riflessione ed arriva ad un'idea di uomo il quale è colui che è totalmente passivo rispetto all'idea dell'altro, non c'è più intenzionalità e pensiero. Lèvinas propone una revisione della questione della religione, cioè propone una categoria alternativa a quella del sacro, quella del santo. È una categoria etica, non più religiosa. Santo è il giusto, colui che è capace di aprirsi alla vista del volto dell'altro. Si occupa dell'essere ostaggio dell'altro affinché l'altro viva. Anche in Lèvinas c'è una separazione. È una visione ispirata alla scrittura degli ebrei, ma per questo è laica, desacralizzante: 1. Lèvinas accetta la sfida della modernità e propone un'idea di soggettività pratica; 2. È interessante perché dice che per tutta la sua vita ha voluto essere un fenomenologo: essendo discepolo di Husserl, ha scoperto che c'è un modo per descrivere l'esperienza che ti consente di far emergere delle strutture che sono condivisibili, universali. Fa emergere delle possibilità di umanità inedite, ma condivisibili. Non fa emergere l'identità rivendicativa culturale dell'ebraismo, fa parlare la scrittura per l'uomo d'oggi. Tu sei posto come ponentesi e quindi sei altro da Dio (alterità dell'essere, creazione). Nella creazione non c'è niente di brutto. L'uomo è godimento della vita, la vita che lui ha è ciò che lui gode riportandola a sé. Fa emergere l'universale dell'esperienza religiosa e da origini ad una scuola di pensiero. Frattura immanenza soggettività + far dissolvere o dipendere a soggettività esclusivamente dall'alterità, il soggetto viene meno, staggio dell'altro. Correlazione tra momento e assoluto, è una relazione reciproca. L'indifferenza è sempre possibile nella vita basta, guardarsi intorno. È un criterio del dialogo che le religioni devono mettere in atto per affrontare la modernità. La fiducia ha un criterio, la correlazione reciproca. lo do fiducia a chi intenzionalmente chiede la mia partecipazione e la mia fiducia perché quello che mi comunica possa diventare effettivo nella mia vita. J.:CHRETIEN+ era un ateo che si è convertito, ora è radicale, ha scritto una trentina libri, ricercatore che ha messo in evidenza nella sua ricerca degli aspetti fondamentali. L'etica è la nuova filosofia prima. fenomenologia. Parte dalla creazione, altra idea fondamentale nella Bibbia, da un punto di vista filosofico come la pensa? La pensa come una separazione ovvero non c’è nessuna partecipazione dell’ipostasi alla vita di Dio, l’ipostasi è separata. “L’anima è naturalmente atea!” L’ipostasi vive la sua vita nel desiderio, nella pienezza della sua vita, pensa a mantenersi in vita, ai desideri fondamentali, non ha bisogno di niente perché vive in pienezza il suo ateismo. Se è così perché c’è la questione della trascendenza? La questione della trascendenza si pone con l'introduzione della relazione all’alterità, è solo a livello etico e non ontologico, non è niente di partecipazione, l’idea di Dio nasce nel momento in cui viene interrotta l’immanenza della coscienza quando vi è l’incontro con l’ altro, che chiede di vivere. Anima atea può pensare Dio, un assoluto diverso da sé. Si trova in una difficoltà che viene da due radici: . Metodologico, proprio perché usa la prima fenomenologia di Husserl], l’intenzionalità della coscienza è in rado di percepire l’ essenza delle cose. L. teme questa cosa, la religione ebraica è una religione che tiene alla trascendenza di Dio, non ha volto, Dio lo si vede di schiena perché nessuno può vederlo in faccia senza morire, è impossibile da guardare, da vedere. È preoccupato di trattenere la trascendenza di Dio. Uscire anima atea e alterità assoluta usa due escamotage teorici: la relazione tra i due si dà solo come assoluzione dalla relazione, il tema della traccia cioè Dio passa come traccia, passaggio non intenzionale, non relazione reciproca intenzionale, non relazione, alterità talmente altra che diventa brutale esteriorità. Salva separazione dell’ anima atea. Per il prof è vero che il problema di Dio si dà solo nel momento etico della coscienza, ritiene interessante l’itinerario proposto da L. per proporre il tema della trascendenza oggi, prima di tutto la partenza assoluta dell'anima da sé stessa deve essere descritta come un atto, perché altrimenti diventa una cosa. Attuazione che riprende l’atto, anche solo l’atto della vita, attuazione finita anche se assoluta. Dio come venire all’idea di un evento viene all’idea perché praticamente il soggetto sperimenta la sua assolutezza e mentre si attua richiede una relazione che riconosca l’ assolutezza della propria attuazione, stabilire una relazione per la quale se Dio vuole comunicarsi lo deve fare implicando l'attuazione assoluta dell’uomo. Prima della precisazione viene l’ appello che ti invita ad auto attuarti, è Dio che deve autonominarsi e deve esserci un’istanza che riguarda il riconoscimento dell’auto attuazione dell’uomo. Il problema delle religioni è di continuare il dialogo con la modernità, dentro le esperienze religiose si deve aprire un dibattito. Insignificanti perché lo diventano quando dimenticano l’unico luogo teologico possibile. Le religioni non sono la filosofia delle religioni. Pratica di vita, le religioni sono pratiche attraverso cui l’uomo intenziona una relazione con l’assoluto. Fraintendere il fenomeno religioso se tutto ciò viene tolto. Essere onesti intellettualmente, problema teologico è anche un problema delle religioni. Dov'è il legame tra questi due momenti? È quello di considerare che la religione è un atto dell’uomo, dire che è un atto vuol dire che in quell’atto è implicato l’ etico, l’auto attuazione dell’uomo che intenziona un’ alterità che sia correlativa, questo accade anche nella religione. Rudolf otto: uomo passivo rispetto al sacro, prof pensa che dentro il sacro ci sia quel nodo etico. Mircea Eliade: dimentica destinatario ovvero l’uomo, senza l’uomo nono si dà la manifestazione del sacro. L’uomo poietico non si da alla ierofania. Alterità non è un’idea, è un’istanza, una speranza dell’uomo. In tutto quello che fa l’uomo non c’è solo la necessita. Morire è un atto. Religione giocata sulla dim ensione fondamentale del sentire. Sentire esperienza con la quale si dimentica colui che sente. Nel sentire è implicato un si, ovvero il sentirsi, il mio sentire mentre mi sento non è mai semplicemente una passività, in cui io sono chiamato a sentirmi, a scoprirmi. Vedo questa esperienza del sentire non come dissoluzione ma come esperienza in cui si manifesta l’attività del soggetto. Quale caratteristica dimensione sentire? Il realismo, relazione realistica con la realtà. Il sentire è la manifestazione di un’alterità. la religione gioca tutto su questo realismo perché la religione è quel com portamento che intenziona realisticamente la relazione all’ alterità assoluta, è un atto del sentire e del sentirsi, è co-genetico, generico dell’ alterità... Le religioni sono l’esperienza nella quale questa relazione realistica viene espressa attraverso i riti, un rito è la pratica, l‘atto in cui realisticamente si sente la relazione con l’alterità assoluta. È nelle pieghe del sentire che si apre la speranza pratica, sensibile di un’alterità assoluta. Questo è il rito. Sensi di colpa vengono dall’idea che ci possa essere un nostro gesto che risulti nell'altro come un’ offesa. Aver moralizzato con l’ altro assoluto l’atto di realizzazione. PARTE SECONDA CAP. 1 > SOVRANITÀ E SACRO NEL MONDO INDO-EUROPEO ARCAICO LA SCOPERTA DELLE RELIGIONI INDO-EUROPE MULLER (storico) + La sua ricerca riguarda:antichità greche,storia della popolazione e le migrazioni, sugli elementi storici dei miti. FRANZ BOPP (filologo) + Egli tenta di penetrare nel senso religioso del Mondo indo-europeo per mezzo della morfologia del nome e del verbo. JAMES DARMESTETER + Rivela l'esistenza di un'antica credenza ariana: la facoltà delle acque di dare la salute e di allontanare la malattia. L'autore sottopone al procedimento comparato i miti dell'Avesta, e scopre nel mazdeismo la presenza del vecchio fondo religioso Ariano. Mediante il suo scritto l'autore dimostrerà la presenza di un dio supremo presso i popoli indoeuropei: Ahura Mazda in Iran, Zeus presso i greci, Jupiter a Roma. EMILIE BURNOUF+ Si oppone ad una tesi che considera eccessiva: ritiene che attraverso una sana pratica della filologia comparata, risalendo nel passato oltre i più antichi documenti scritti, sia possibile riconoscere i concetti religiosi che costituivano in quei tempi remoti il legame tra i popoli ariani. La ricerca sulle religioni indo-europee da origine a numerosi studi che illustreranno le diverse facce di tale pensiero religioso. MICHEL BREAL (filologo, linguista) + si è interessato soprattutto ai fatti del pensiero e della civiltà. Egli ribadisce l'importanza delle ricerche storiche applicate alla religione e al linguaggio e tenta di correggere il sistematicismo dei tedeschi insistendo soprattutto sul problema del sacro. Egli ricerca le cause intellettuali che hanno preceduto la trasformazione delle lingue. Il fondatore della semantica sottolinea tre elementi: le cause sociali dei movimenti del vocabolario, la presa in prestito dalle lingue straniere e la trasformazione delle istituzioni. ADALBERT KUHNA+ intraprende lo studio comparato delle mitologia germanica e indoeuropea. Egli studia la formazione dei miti che si sovrappongono in strati successivi sulla base di un fondo primitivo. MANNHARDT+ passa la vita a percorrere le campagne e a raccogliere dai contadini tradizioni e racconti popolari. Si accosta alla mitologia comparata, specialmente allo studio delle grandi divinità della Germania pagana in rapporto con gli dei degli Indo-europei. LINGUE INDO-EUROPEE E MITOLOGIA ARIANA COMPARATA Nello studio del pensiero indoeuropeo del XIX secolo un posto speciale va assegnato a Muller. Egli incontra anche Schelling e riflette a lungo sulla filosofia del mito. Muller è considerato il fondatore della storia comparata delle revisioni. RELIGIONE+ Secondo lui la religione è nata da un sentimento di dipendenza da un'istituzione della divinità che non implica né unicità, né purità politeista. Questa idea intuitiva della divinità, congiunta ad un sentimento di debolezza e alla fede in una provvidenza in una miglior vita futura, spinge l'uomo alla ricerca dell'unicità divina. Questo cammino sfocia nell'enoteismo, cioè nella credenza di un solo Dio che però può essere diverso per ogni fedele secondo la scelta da quest'ultimo operata. MITOLOGIA+ secondo l'autore, linguaggio rispettoso di cui gli uomini si servono per parlare della divinità e comunicare con essa. Grazie alla sua rettitudine intellettuale e morale, l'uomo arcaico giunge a dare alla divinità dei nomi. Il LINGUAGGIO è un'espressione fonetica delle azioni. L'uomo attorno alle sue azioni elabora un linguaggio per designare gli oggetti. Questo linguaggio metaforico ha dato origine ai miti. La mitologia è la personificazione degli oggetti. | miti risultano da un incidente del linguaggio. Il primo mito è un mito solare, ciò che ha spinto gli ariani a creare la nozione di deva, il dio brillante. Muller ha cercato nella lingua parlata degli antichi ariani la porta di ingresso alla conoscenza del loro pensiero. Sulla base del VEDA classifica le religioni ariane e intraprende nel campo religioso una ricerca analoga a quella della filologia comparata indoeuropea. Il veda gli permette di comprendere il Bramanesimo, Buddismo e lo zoroastrismo, tre religioni di cui è il sostrato La traversata dei filologi delle lingue indoeuropee fa loro intuire l'esistenza di una cultura, di una civiltà e di una religione in cui le lingue sono il veicolo. | miti sono numerosi, alcuni li ritroviamo presso diversi popoli di discendenza indo-europea. Lo studio comparato dei miti rafforza di decennio in decennio la convinzione dell'esistenza di una civiltà comune, di un pensiero religioso identico in cui si trovano presso i diversi popoli numerosi elementi. Grazie al connubio tra veda e linguistica comparata, Muller tenta un approccio: nomina sunt numina. Sulla base dei nomi identifica le dottrine. SULLE TRACCE DEL SACRO Nel 1912, Antoine MEILLET ebbe per primo l'idea di studiare le corrispondenze tra i termini che designano le divinità indoeuropee. Presso gli Indoeuropei l'essere divino è concepito come un essere luminoso, un Dio di luce. Meillet concluso nel 1380 a. C. Tra il re ittita e il re del Mitani. | due monarchi hanno posto il contratto sotto la garanzia degli dei. Troviamo una lista molto importante: Mitra-Varuna, Indra, i Nasatya. Questi dei figurano nel contratto in veste di dei principali della società ariana. AI momento della riforma di Zarathustra in Iran all'inizio del primo millennio assistiamo a un fenomeno curioso e interessante: il profeta del monoteismo iraniano intende distruggere la morale dei gruppi guerrieri e dei clan di allevatori al fine di vedere il culto in funzione del dio supremo, Ahura Mazda. Zarathustra mantiene tuttavia la struttura divina trifunzionale, fondamentale come categoria teologica ariana e sostituisce le divinità con delle entità che ricordano gli dei ariani e si collocano come arcangeli intorno al dio supremo. Anche presso i popoli italici proviamo delle triadi arcaiche. Conclusioni AI termine di questa ricerca di Dumézil è possibile trarre 2 conclusioni: l)essa concerne il metodo con il quale non si pretende di ritrovare la religione originaria degli Indoeuropei, più di quanto i linguisti non pretendano di ritrovare la lingua primitiva. La prima operazione consiste nel porre in evidenza delle corrispondenze precise e sistematiche al fine di stabilire lo schema del rituale: miti, riti, significato logico, articolazioni fondamentali. Questo schema permette di individuare l'evoluzione religiosa e di ritrovare anche il tipo religioso arcaico con le sue articolazioni fondamentali e il suo significato logico. Confrontando forme religiose identiche presso popoli che sappiamo imparentati possiamo procedere a delle induzioni e coglierne le direttive del pensiero e dell'evoluzione fino alle soglie della storia. Nello studio comparato Dumezil afferma che è importante in primo luogo ricercare il sistema, la struttura: a questo scopo si tratta di confrontare i gruppi di concetti ed idee, poiché una religione è un sistema coerente. Bisogna inoltre utilizzare tutta la materia disponibile: concetti, miti, riti, l'organizzazione sociale, la distribuzione del lavoro, il corpo sacerdotale e l'amministrazione del sacro. La comparazione deve vertere sull'insieme di questi elementi fino a stabilire una regia del comportamento e delle rappresentazioni. 2)La seconda conclusione concerne il campo del sacro nella religione indoeuropea arcaica. Questo campo è rappresentato dalla prima funzione e dalla sua duplice sovranità. Nell'ambito del divino si tratta degli dei responsabile dell'ordine del cosmo: Mitra-Varuna in India, in Iran i due Arcangeli zoroastriani. Dumézil constata che ogni qualvolta i poeti vedici nominano un solo dei due dei concentrano su di lui tutti i poteri. La funzione sovrana è essenziale in sé stesso nella sua relazione con la società ariana. Con Mitra, la sovranità giuridica rappresenta il contratto personificato. È il sacro sul quale si fonda la società indoeuropea arcaica: alleanza tra gli uomini, fedeltà alla parola data, giustizia a tutti i livelli. Nella tradizione linguistica ariana i termini della Giustizia sono sempre vicini al vocabolario religioso. Varuna è il patrono delle forme, egli dispone della magia creatrice e resta il custode sovrano dell'ordine cosmico e della sicurezza del re. Detiene lo scettro e il legame. Alla teologia della sovranità corrisponde la prima funzione sociale, quella che Dumézil chiama la funzione del sacro. Essa concerne il vasto dominio del culto e del sacrificio, l'organizzazione sociale e giuridica sotto la garanzia degli dei con il potere regale e il suo esercizio, la scienza sacra e la conoscenza delle realtà supreme inscindibili dalla vita sociale. CAP. 2 + LA RELI ITTITA, TESTIMONIANZA DEL SACRO NEL PENSIERO INDO-EUROPEO IMPORTANZA DEL DOMINIO ITTITA Nel corso del terzo millennio gli Indoeuropei venuti dal nord e dal Nord Est si fermarono sugli altopiani dell'Asia Minore per installarsi nel paese di Hatti in Anatolia. Gli abitanti di Hatti ignoravano la scrittura. Solo quando stabilirono contatti con i regni mesopotamici apparvero i primi segni di scrittura cuneiforme. LA DOCUMENTAZIONE ITTITA La scoperta della lingua, della civiltà e della religione ittita iniziò verso il 1380. Dumézil ha trovato la chiave che gli ha permesso di penetrare nella civiltà spirituale arcaica degli Indoeuropei e di scoprire la loro tripartizione sociale e teologica. Gli scavi si rivelano molto promettenti poiché città molto importanti dovevano possedere ognuno la loro biblioteca, dove si conservavano le tavolette rituali necessarie alla celebrazione del culto. GLI DEI DEGLI ITTITI Il Pantheon ittita è molto complesso. Esiste un pantheon ufficiale della religione imperiale proprio della capitale. Questo Pantheon è come il riflesso delle diverse regioni dell'Impero, ciascuna rappresentata dai suoi dei. Gli Ittiti hanno conservato una serie di personificazioni divine della forza della natura. In epoca remota gli dei Ittiti erano concepiti come animati da sentimenti analoghi a quelli degli uomini. Nell'epoca imperiale si tendeva a trasporre nel mondo divino lo schema della vita di corte. Di fronte agli dei la concezione umana era regolata da un'armonia contrattuale di cui ritroveremo elementi nella religione romana. I rapporti tra dei e uomini erano regolati in maniera precisa, secondo un calendario festivo ben definito. Il corretto atteggiamento dei fedeli richiamava su di loro la benevolenza e la protezione divina. Ogni rottura dell'armonia contrattuale tra uomo e dei costituiva peccato, sempre seguito dalla punizione che gli dei riservavano ai peccatori. Il fondamento del sacro si trova nella divinità. Le idee di saggezza, intelligenza, perfezione intellettuale e morale sono legate alla nozione di luce. É questo splendore a caratterizzare la sacralità divina e a far sì che gli dei siano superiori agli uomini, in quanto esseri luminosi per eccellenza. Gli Ittiti avevano una certa conoscenza della trascendenza divina, trascendenza però relativa. Dumézil non ha mancato di sottolineare un fatto importante: la parola "Deiva" designa un essere individuale, personale. Con la sua analisi della parola "Deus", Dumézil ha sgretolato le teorie di certi sociologi ed etnologi per i quali gli dei indoeuropei sarebbero usciti dal mana, e anche rovesciato il sistema predeista degli storici della religione romana arcaica, secondo i quali i Romani avrebbero trovato la nozione di dei personali meditando sulle ceneri del mana. TERMINOLOGIA DEL SACRO SACRO» fa riferimento alla denominazione di ogni realtà appartenente al campo di ciò che non è profano, al campo del riservato. Essa sottolinea l'appartenenza al mondo del Divino e indica uno stato di pulizia trascendentale. Accanto al sacro + PULIZIA MATERIALE + qualità necessaria perché un oggetto o una persona divengano sacre. Tutto ciò che è destinato ad essere posto in relazione con gli dei deve tendere verso uno stato di sacro. Il primo stadio, indispensabile, è lo stato della vita regale: pulizia materiale, pulizia dell'abitazione, delle vesti, correttezza di linguaggio. Anche l'importanza della pulizia dei sacerdoti è indispensabile alla santità del sacerdote stesso. L'aggettivo "sacro" indica l'appartenenza al mondo divino. Un'analisi dei contesti del suo impiego permette a Lebrun di fare una constatazione molto utile per la semantica: l'aggettivo sacro è spesso associato all'aggettivo puro, aggettivo che designa la pulizia e la purezza materiale. Quest'ultima è considerata indispensabile per l'acquisizione dello stato sacro, stato di sacralità divina. Così lo Stato puro è un requisito indispensabile per tutto ciò che tocca da vicino e da lontano la divinità: odore delle offerte, pulizia dei Templi dei santuari, pulizia dei sacerdoti, purezza rituale nel campo del culto. Tutto il vocabolario del sacro è derivato dal sacro stesso: la consacrazione, la sacralizzazione, i gesti rituali e la purificazione culturale. Un altro termine, un sostantivo che ha un senso profano (abitudine) e un senso sacro, è il rito. RITO+ è la norma secondo cui conviene celebrare un Dio. L'aggettivo "sacro" copre le nozioni di ciò che è riservato agli dei, di ciò che gli compete, di ciò che è vietato agli uomini. La pulizia è indispensabile al sacro. SACRALIZZAZIONE DELLE PERSONE Il re è considerato una persona sacra, egli è vicario del gran Dio del temporale di Hatti. Alla sua morte conosce l'apoteosi raggiungendo così gli dei e il dio reale. La sacralizzazione della persona del re ci fa comprendere la ragione della pena di morte comminata al regicida. Il re è considerato pontefice supremo della religione, egli presiede i collegi sacerdotali. Il re è allo stesso tempo sacro e puro. Il sacerdote vive in uno stato di purezza che lo obbliga ad appartarsi dal mondo umano. L'aggettivo sacro è applicato al sacerdote, soprattutto al gran rapporto diretto con la divinità, mentre "puro" indica uno stadio preparatorio di purezza indispensabile per entrare in rapporto con gli dei. Nella religione ittita il sacro non è concepito come una potenza impersonale, al pari del mana: la teoria dei sociologi e degli etnologi che seguono la scia di Durckheim e di Mauss non ha riscontro alcuno nel campo ittita. Il sacro trae origine dalla divinità, essere luminoso per eccellenza. Nella religione e nel culto la sua funzione consiste nel mettere il fedele in rapporto con la divinità. È chiaramente percepibile un doppio aspetto del Sacro: l'aspetto ontologico fondato sulla natura degli dei e l'aspetto culturale, giuridico e morale sul quale si innesta il rituale. CAPITOLO 3 — IL SACRO IN SENO ALLA RELIGIONE GRECA RELIGIONE CRETESE E MICENEA All'inizio del secondo millennio a.C. grosse ondate di popolazioni indoeuropee invasero la Grecia, trovandovi dei culti che perpetuarono le tradizioni religiose nel periodo del Neolitico: culti della fecondità e della fertilità, accentrati sulle madri del mondo anatolico Mediterraneo, le cosiddette "Veneri neolitiche". All'arrivo degli Indoeuropei questi culti neolitici rivestivano una forma più evoluta che noi conosciamo grazie alle scoperte archeologiche di Creta. RELIGIONE CRETESE: diffusa nel Mediterraneo, presenta un pantheon in cui predominano nettamente le dee. Si tratta di una religione naturalistica, con miti e i suoi culti, con la personificazione della vegetazione, i suoi santuari e le sue grotte. Questa religione segnerà fortemente la pietas greca. Gli ACHEI, invasori indoeuropei dell'inizio del secondo millennio, portarono con sé alcune importanti novità: il cavallo, la ceramica raffinata e un retaggio spirituale molto diverso. Si tratta di una RELIGIONE PATRIARCALE con un pantheon essenzialmente maschile di dei celesti sui quali predomina Zeus. CIVILTA' MICENEA: Periodo miceneo, che va dal 1580 al 1100, rappresenta un avvenimento essenziale nella vita religiosa greca. La religione micenea ha iniziato una fusione armonica tra il retaggio cretese e il retaggio indoeuropeo. Dei e dee delle due civiltà si incontrano. La società indoeuropea subisce la forte influenza della civiltà cretese, la cui religione è più spirituale. Il Pantheon si forma per associazione o per fusione delle divinità cretesi e indoeuropee. Accanto agli dei e alle dee appare una demonologia molto importante. Il periodo miceneo pone le fondamenta decisive della civiltà e della religione greca: divinità principali, i culti, i miti, i grandi santuari come Delfi, Olimpia, Eleusi, Delo, l'Acropoli di Atene. Il culto è caratterizzato da offerte alle divinità, dalla presenza di numerosi sacerdoti, da danze e processioni, da cerimonie funebri. Le prestigiose tombe micenee testimoniano una ferma credenza in una seconda vita. Da quest'epoca in avanti sorge l'importanza dell'iniziazione per assicurare una felice vita ultraterrena. LA RELIGIONE DEI DORI E DELLA CITTA' ARCAICA Verso il 1110 la civiltà creto-micenea sparisce. Probabilmente a causa di nuovi invasori, i Dori: una società guerriera indoeuropea divisa in tre tribù. Il mondo greco occupa le coste occidentali dell'Asia Minore e le isole del Mar Egeo. | Greci presero in prestito dai Fenici l'alfabeto e si formarono le prime città, rette da un tiranno. E il carattere indoeuropeo del Pantheon si accentua: Zeus passa in primo piano. L'iniziazione religiosa dei giovani occupa un posto sempre più definito in questa società dorica, mentre il ruolo della donna si riduce. Verso I'800, la Grecia conosce una nuova importante mutazione: la costruzione della polis, città greca caratterizzata dal culto delle divinità protettrici, onorate nei santuari cittadini. Queste divinità, chiamate poliadi, devono vegliare sulle città: il loro culto ha carattere nettamente politico. È presente la formazione di una doppia corrente religiosa, quella delle città con le divinità poliadi e quella del popolo con i MISTERI e le INIZIAZIONI. MISTERI: insistono sulla salvezza personale: identificano l'iniziato con il Fanciullo Divino nato dalla dea madre e pretendono di assicurargli l'immortalità. Nel 776 cominciano i Giochi Olimpici, il cui carattere iniziatico, con l'esaltazione della forza e della Vittoria, discende dalla tradizione naturalistica cretese. La teologia era basata sugli oracoli emessi dagli dei. Dopodiché si hanno 2 scritti importantissimi: l'Iliade e l'Odissea. Attribuiti ad un unico poeta, Omero, mettono in scena il vasto pantheon greco nei suoi rapporti con gli uomini. Omero descrive dei e dee come potenze che intervengono nella vita degli uomini. Scrivendo per un pubblico colto, Omero presenta gli dei sotto il duplice aspetto religioso ed epico e sembra relativamente critico. Esiodo, di poco posteriore a Omero, è testimone di una profonda trasformazione sociale e religiosa. Esiodo crede negli dei in maniera pia ed ingenua. Grazie a Omero e a Esiodo è possibile conoscere numerose tradizioni religiose dell'Ellade arcaica. LA RELIGIONE DELLA GRECIA CLASSICA: V E IV SEC Con il trionfo dei Greci nelle guerre mediche la religione civica conosce un nuovo slancio: il fervore religioso si volge agli dei protettori delle città di cui si ricostruiscono i santuari. L'unità religiosa diviene la città. Mentre la religione domestica viene relegata al focolare, la città organizza un insieme di cerimonie fondate sulle tradizioni religiose antiche: religione e patriottismo sono un tutt'uno. Il greco ha sempre più il sentimento di una religione e di una cultura comune. Gestiti da collegi sacerdotali bene organizzati, i grandi santuari panellenici di Atene, conoscono un grande afflusso di fedeli e di ricchezze. Apollo di Delfi è il più importante in tutta la Grecia. Le divinità arcaiche di Omero sono divenute gli dei della nazione greca: la religione costituisce il legame più forte tra i greci del periodo classico. Al di sopra della religione di ogni città esiste una religione dei greci, un pensiero religioso greco. Questa religione è la religione di un'élite. Personaggi come Pindaro, Sofocle, Platone parlano e rimangono fedeli agli dei. Emerge però una corrente di scetticismo: i sofisti cominciano a criticare gli dei e attaccare i miti. La religione popolare resta molto viva. Dioniso è il dio delle energie vitali e dell'entusiasmo. Alla fine del V secolo i culti misterici, le liturgie delle vive emozioni e la diffusione dell'astrologia sono i segni di una corrente mistica popolare che costituirà terreno privilegiato per l'incontro tra Grecia e Oriente all'epoca di Alessandro Magno. La pietas greca, associata l'idea di giustizia, si volge anche alla felicità e alla gaiezza. LA RELIGIONE GRECA IN EPOCA ELLENISTICA (periodo che va da Alessandro Magno al Cristianesimo) Questo periodo ha a che fare con un pensiero religioso e con dei culti dagli aspetti numerosi e diversi. RELIGIONE del PERIODO ELLENISTICO: subisce l'influenza delle grandi trasformazioni politiche seguite alle campagne di Alessandro. Gli dei orientali fanno il loro ingresso nel mondo degli Elleni. Il mondo greco, sempre più secolarizzato, è sedotto dall'ambiente religioso orientale. Così trovano posto in Grecia anche gli Dei stranieri, in particolare quelli egizi. Il culto dei sovrani, iniziato sotto Alessandro e segnato dalle teologie monarchiche d'Egitto di Mesopotamia e Iran, tenta di colmare il vuoto religioso sempre maggiore. Questo resta troppo vicino alle sfere politiche e non riesce però a soddisfare i bisogni religiosi di un mondo in fermento. AI contrario i culti orientali degli dei salvifici e guaritori incontrano un grande successo. Man mano che il movimento culturale ellenistico procede, il pensiero religioso subisce modifiche importanti. L'abbandono del culto dei poliadi e il voto religioso creato dalla secolarizzazione e dal culto dei sovrani accelerano un movimento iniziato già in epoca classica: la costruzione di associazioni religiose. In epoca ellenistica si moltiplicano i tiasl, confraternite in cui uomini e donne, greci e stranieri, si dedicano al culto di una divinità. Altri gruppi sono circoli molto popolari in cui l'elemento femminile svolge un ruolo preponderante. In queste associazioni si manifestano due caratteristiche dell'epoca ellenistica: - Da una parte la mescolanza delle età, dei sessi, delle condizioni sociali, delle nazionalità - Dall'altra un'identità di fede e di pietas ottenuta grazie all'iniziazione. Questi spartiacque della religione greca bastano per delineare il sentimento religioso dei Greci e a percepirne l'esperienza religiosa al contatto con la divinità. La ricerca moderna ha individuato una religione greca molto ricca, piena di sfaccettature e in cui il sacro occupa un posto centrale nella concezione delle | Greci generalizzano l'Impiego di Hieros in fatto di templi e di santuari, dei giochi organizzati in onore degli dei, di discorsi sugli dei: Hieros logos. Anche certi personaggi in rapporto con le divinità vengono qualificati come Hieros: è il caso del re e del sacerdote, in rapporto con gli dei grazie alle loro funzioni. Questi non sono mai persone sacre in sé stesse, ma le loro funzioni le mettono in contatto con la potenza divina. La celebrazione di culti misterici fa grande uso del vocabolo: Hieros Anthropos è la denominazione ufficiale dell'iniziato: non si tratta di un uomo santo, ma di un fedele messo in relazione con la potenza divina misteriosa. È in questo senso che l'epoca ellenistica parla del cosmo, dei giorni, delle vergini e di altre persone o realtà messe in relazione con gli dei. Il concetto di relazione con la potenza divina permetterà l'applicazione di Hieros al culto e farà di questo vocabolo la parola del Sacro culturale nel mondo ellenistico. La Bibbia greca rifiuta la parola Hieros: si tratta di evitare di confondere la santità di Jahveh e la sua azione divina con il sacro dei culti pagani in relazione con la pretesa potenza delle divinità. “HOSIOS” La nozione di legge è interna a hosios e dikaios. In un primo senso hosios opposto a dikaios indica ciò che è prescritto dalla legge divina; i dikaia sono le prescrizioni della legge umana. In entrambi i casi si tratta dei rapporti tra uomini, fissati sia dalla legge divina (gli hosia) sia dalla legge umana (i dikaia). Un'ulteriore evoluzione giungerà contrapporre Hieros e hosios come sacro e profano. Hosios ha dunque il senso di un sacro giuridico in riferimento alle disposizioni degli dei che regolano i rapporti degli uomini nelle loro mutue relazioni. IL SACRO IN SENO ALLA RELIGIONE GRECA La presenza di quattro termini (Hagnos, hagios, Hieros, hosios) per esprimere le diverse sfumature del sacro è significativa nel ruolo di quest'ultimo nel pensiero religioso greco. LA PERCEZIONE DEL DIVINO IN EPOCA CRETESE E MICENEA Con Festugière risaliamo alle origini del pensiero greco e cominciamo con l'analizzare gli oggetti sacri. Egli constata la presenza di numerose pietre sacre: queste pietre sono considerate depositarie di una forza straordinaria e alcune vengono dal cielo. Più tardi verranno assimilate a divinità benefiche. Altrove ci imbattiamo in un culto primitivo dell'albero e anche nel culto del cavallo. Le teorie diverse del mana e del totemismo sono state oggi abbandonate. Bisogna vedere il fenomeno del sacro nel quadro della nozione del Divino presso i greci. Una parola preellenica è presente sin dalle origini: thambos. Si tratta del timore sacro in presenza del numinoso. Dopo Omero, Thambos conserva lo stesso senso. Questa è la prova, secondo l'autore, di un culto continuo, con preghiere, offerte e sacrifici a divinità arcaiche: nel corso della storia non cambia nulla. Inoltre i testi ci rivelano la credenza nella presenza della divinità nel luogo in cui la si adora. Questi uomini sono stati mantenuti come ubicazioni del Santuario. L'uomo greco vi ha percepito la presenza del divino personificandola ben presto con dei simboli e attribuendo delle intenzioni dell'essere misterioso e potente che ha scoperto. L'insieme di questi fatti preventivi indica che si percepivano chiaramente due cose: la forza divina e l'interazione di questa come vivente. In epoca classica la ganosis è l'unzione delle statue con un miscuglio di cera e di olio. Si coprono le statue perché la forza che è presente in queste non si allontani. Secondo Festugière alle origini più remote del pensiero religioso greco troviamo due elementi di importanza capitale: l'Epifania delle forze sovrannaturali che l'uomo esprime con simboli molteplici e la forza divina considerata come presente in questi simboli. Per esprimere questa qualità il greco si serviva di una parola: theos, Dio. Il polisimbolismo conduce al politeismo. Il divino assume aspetti diversi. La religione cretese e la religione micenea ci hanno lasciato numerose testimonianze del sentimento del sacro in presenza della forza divina. L'importanza dei luoghi sacri, dei tempi, delle leggi sacri, dell'estate è significativa in questo campo: tutta la storia della religione greca perpetua questi fattori dalle origini: la percezione del Divino come una forza personale, presente e dotata di intenti nei riguardi degli uomini. Festugière respinge il mana e il totemismo alle origini della religione greca. | RITI IN EPOCA ARCAICA In Grecia si perpetuarono una serie di riti naturalistici risalenti alle origini, tra questi riti va segnalata l'incubazione: il fedele o il malato si distende a terra perché la terra è dispensatrice di forze vitali, vivifica e guarisce. Altre pratiche legate all'acqua e fiumi sacri sono indizio di credenze delle potenze generatrici. I quattro elementi svolgono un ruolo nel culto e nel sacrificio. Ogni culto sacro ha un none. Gli oggetti che si trovano all'interno del luogo sacro sono dati con venerazione. Chiunque si avvicini ai luoghi sacri deve purificarsi, la purezza rituale è un elemento essenziale del culto e del sacrificio. La continuità nell'ubicazione dei luoghi sacri è significativa: i Greci vi vedono la presenza del divino. A partire dal XII secolo il culto si organizza: si costituiscono i calendari sacri. Le ieromanie sono i periodi sacri della celebrazione delle feste. | calendari dei santuari e delle città testimoniano nell'antichità delle feste. Queste feste, questi calendari, questi periodi sacri sono veramente essenziali per comprendere il pensiero religioso greco e per identificare la personalità di ogni divinità. Nella religione greca il posto del culto è capitale: esprime il pensiero e i sentimenti dei fedeli nei confronti delle loro divinità. La dea madre, principio di fecondità, è l'immagine più antica che troviamo in Grecia. I greci hanno dato i nomi agli dei e alle dee, ciò ha largamente contribuito a determinare i tipi divini. Il vocabolario sacro elaborato dei greci permette loro di stabilire i rapporti con le loro divinità. In tal senso, questo vocabolario del sacro è istruttivo perché permette di comprendere la natura e il funzionamento di questi rapporti. | documenti letterari, il culto, le feste e l'arte greca ci danno informazioni su questi rapporti dei fedeli con i loro dei. Zeus, del Pantheon greco, si è imposto incontestabilmente al Pantheon cretese come al Pantheon miceneo. Egli è il Dio della luce, del cielo, il dio sovrano per eccellenza. LA FORMULAZIONE DEL SACRO Il genio greco personalizza molto rapidamente la presenza divina che l'uomo scopre. | theoi sono dei personaggi divini comuni con i quali l'uomo entra in rapporto. All'inizio del primo millennio a.C. è la parola hagnos a esprimere il sacro: Sacro di maestà, sacro di consacrazione: il riferimento al divino è palese, si tratta di una nozione positiva che ha un significato ben diverso da quello di tabù. Da questa nozione religiosa il Sacro di maestà e il Sacro di consacrazione deriva la nozione di purezza: hagnos sottolinea la purezza necessaria a colui che si accosta agli dei. Nei secoli che vanno da Omero ad Alessandro si forgia una nozione secondaria, quella della purezza morale indispensabile per accostarsi al sacro. La conquista di Alessandro è l'origine di un grande capovolgimento religioso del mondo: l'Oriente e l'Occidente entrano in contatto e procedono ad un vero scambio culturale e religioso. Gli dei orientali entrano nel mondo greco e nell'area mediterranea. Ai Greci questi dei d'Asia e d'Egitto appaiono come degli dei veramente trascendenti in rapporto alla condizione umana. AI fine di rendere questa qualità divina, i Greci si servono di una parola relativamente poco utilizzata fino a questa epoca, ma che in Platone segnava la situazione trascendente della divinità: hagios. La fortuna della parola hieros è diversa: nel vocabolario omerico questa parola è utilizzata per esprimere la potenza e la forza di certe realtà, l'origine di questa forza si situa presso gli dei. Hieros designerà quindi gli oggetti che concernono la sfera divina, la natura in quanto consacrata dagli dei. L'evoluzione semantica prosegue e hieros verrà utilizzato in riferimento a persone: il re, il sacerdote, l'iniziato. Hieros designerà il sacro culturale greco dell'epoca ellenistica. Per quanto riguarda la parola hosios possiamo precisare l'orientamento religioso di Omero in epoca classica: si tratta del Sacro giuridico in rapporto con la volontà divina a proposito dei doveri sociali degli uomini. A partire da Omero il vocabolario si è fatto preciso, la mitologia ha preso corpo, le personalità divine hanno rivelato i loro tratti. Il sentimento del bisogno degli dei si instaura nel cuore dell'uomo greco. Gli dei ai suoi occhi sono potenti e onniscenti: esistono culti e feste che permettono di accostarli. Questi dei sono inoltre garanti dell'Ordine della città e della famiglia e il Sacro diviene fonte di ispirazione per i poeti e gli artisti. L'arte greca testimonia gli sforzi fatti per distinguere la dimora divina dalla dimora umana e per rappresentare idee per mezzo di idoli degni di loro. Nei culti misterici gli iniziati tentano di accostarsi all'essere divino per sacralizzare la propria vita terrena e ultraterrena al suo contatto. All'inizio della nostra era Atene presentava il volto di una città segnata dal sacro. guerra. Il dio della guerra è Marte. Una regola che non conosce eccezioni è la proibizione della costruzione di santuari al dio Marte dentro Roma. Tutti i tempi del dio Marte si trovano nel Campo di Marte. Per quanto riguarda la procedura di conciliazione, sacerdoti e magistrati non penetrano nel territorio nemico, si tengono al confine e se questa non funziona i feziali gettano una lancia sulla terra nemica. Quest'atto è giuridico e simboleggia la dichiarazione di guerra. Con la guerra è il dio Marte ad entrare in azione. Dumézil ha spiegato come questa triade arcaica Giove, Marte, Quirino sia stata sostituita dalla triade Giove, Giunone, Minerva. IL SIGNIFICATO DEL RETAGGIO INDOEUROPEO A ROMA La Roma arcaica rivela la presenza di un'ideologia ariana e di una teologia tripartita. È il crollo delle teorie predeiste, animiste e di tutte le speculazioni fatte sul mana. | Romani avevano un vero pensiero religioso in rapporto con l'IDEOLOGIA delle 3 FUNZIONI: sovranità, forza, fecondità. Non esiste una riduzione del religioso al sociale. È la teologia trifunzionale a strutturare ed equilibrare tutta l'organizzazione sociale. Nella Roma antica i tre dei Giove, Marte, Quirino sono i garanti dell'equilibrio armonico delle tre funzioni. È in questo contesto indoeuropeo che trova posto l'ideologia regale romana. Il re riunisce le tre funzioni di sovrano, guerriero e nutritore del suo popolo. Come sovrano entra in contatto con il cielo che da i segni del mondo invisibile. Sul piano della funzione guerriera comanda l'esercito. Con le sue funzioni regali è anche responsabile dell'approvvigionamento alimentare della città: è il nutritore del suo popolo. Una terza conclusione concerne la linea evolutiva seguita da questa religione romana arcaica formata da un insieme di credenze, diritti ed istituzioni. Questa religione è molto vicina alla politica perché svolge un ruolo essenziale nell'organizzazione della città. Ciò spiega l'evoluzione della religione romana nel corso dei secoli, fino alla sua sparizione dovuta alla conversione dell'impero. Sotto la Repubblica, questa religione assumerà una nuova forma. Una quarta conclusione concerne il culto. La pratica romana dei fuochi sacri presenta notevoli somiglianze con la pratica dell'India e ci indirizza alla struttura della triade dei fuochi. Sull'altare l'offerta viene bruciata e trasmessa agli dei. Accanto all'altare, per ricevere l'incenso e il vino si trova un fuoco portatile come ricordo del fuoco domestico. Nella Casa delle Vestali brucia un fuoco che non deve mai spegnersi perché è il simbolo del radicamento di Roma alla terra. Accanto a questi due fuochi, Roma ne conosce un terzo, il fuoco che distrugge e divora. È il dio incaricato di ricevere per distruggere le armi strappate i nemici. A Roma quindi i tre fuochi richiamano le tre funzioni Ariane: il fuoco delle Vestali è il fuoco domestico della fecondità, il fuoco delle offerte nei templi è il fuoco sacro del culto, il fuoco del vulcano rammenta il fuoco guerriero. LA RELIGIONE ROMANA SOTTO LA REPUBBLICA (509-29) Con la Repubblica viene introdotta la nozione di libertà e la concessione dei diritti personali e politici del cittadino romano. Si tratta di un'importante modifica che avrà la sua ripercussione sulla vita religiosa. Le istituzioni della Repubblica devono mantenere l'equilibrio che dipendeva dal Rex. Due consoli eletti per un anno esercitavano la collegialità del potere supremo accanto al quale abbiamo i magistrati e le assemblee del Popolo. Il Senato è formato dal pater familias ed è creato sotto la monarchia. Il Senato dispone dell'auctoritas ed è lui a dirigere la vita di Roma dentro e fuori. Durante i primi due secoli della Repubblica la plebe lotta per i suoi diritti, aiutata in ciò dai tribuni della plebe che dispongono del diritto di intercessio. Nel IV secolo le rivendicazioni vengono soddisfatte e questi tribuni si allenano col Senato. Nel 405 Roma da inizio all'assedio di Veio, conquista la città e interiorizza la dea Giunone sul Palatino. Le due guerre politiche, quelle del 241 e quella del 219 portano alla miseria. Nel 202 Annibale viene sconfitto a Zama, in Africa. Roma è salva, ma la religione è cambiata: dopo tante disfatte si è instaurata l'angoscia. In questa crisi sociale Roma ha cercato la protezione degli Dei stranieri. È l'invasione dei culti greci: Apollo di Delfi, Venere, Cibele. Nel 186 il Senato ordina una repressione contro il culto di Dioniso. È il segnale della conquista del mondo greco. Questa conquista si estende: nel 46 Cesare si fa proclamare imperatore e dà inizio ad un importante riforma, ma nel 44 muore assassinato. Durante il periodo repubblicano il numero degli Dei non ha smesso di crescere. La Repubblica imprime il senso del mistero al corso giornaliero della vita del fedele. Accanto a questo mistero giornaliero c'è il mistero dell'anormale. A questo sentimento del mistero si aggiungono il timore e la cautela di far fronte alle forze occulte: bisogna porsi al riparo di fronte alle forze ostili. La pietas presuppone il rispetto del Divino e, da parte del fedele, la volontà di mettersi in condizioni di incontrarlo. Ogni atto religioso esige la pietas. Bisogna vedere anche gli importanti mutamenti apportati all'ellenismo. Un primo elemento è la festa, che chiama la popolazione ad una partecipazione collettiva. Un secondo elemento è l'ellenizzazione mitologica della religione romana. La mitologia Latina si estingue e cede il posto i miti greci. L'ellenismo, infine, insisterà sul senso cosmico della religione romana. Questo fenomeno di ellenizzazione comporta la crescita delle dottrine astrologiche e il ricorso massiccio agli oracoli. Negli ultimi tempi della Repubblica il ritualismo troppo spinto dà origine a due reazioni: il richiamo a forze emotive veicolati dai culti stranieri, il razionalismo delle classi dirigenti e la tendenza del popolo alla superstizione. LA RELIGIONE ROMANA SOTTO L'IMPERO (29 a.C.- 407 d.C.) Nel gennaio dell'anno 27 a.C., La Repubblica viene restaurata da Ottaviano. Il Senato ridiviene istanza suprema, ma investe Ottaviano di numerosi poteri e lo programma Augustus: sacro e divino. Egli è il princeps, siamo all'inizio del Principato e del secolo di Augusto. L'altro impero durerà dal 29 a.C. al 192 d.C. Il basso impero comincia nel 193 e finisce nel 407 con la suddivisione tra Oriente e Occidente. Augusto si propone come restauratore della religione nazionale con un ritorno alle tradizioni presentandosi come figlio di Giove, artefice dell'Ordine della prosperità, grande Pontefice incaricato di combattere la decadenza. Imprime un colpo di freno al progresso dei culti orientali e manifesta la sua missione ai culti egiziani. Fa della casa imperiale la sede amministrativa della religione. Fa ricostruire un tempio di Apollo accanto al suo palazzo del Palatino: latinità ed ellenismo a fianco l'uno all'altro. Nel suo palazzo innalza un altare e una statua della dea Vesta, È l'unione del sacerdozio con il potere: è nata la nuova ideologia. Augusto si presenta come l'imperatore e riprende a proprio favore l'ideologia delle monarchie ellenistiche: il culto dei sovrani fa il suo ingresso nella religione romana, Augusto ha il suo collegio sacerdotale e il suo volto. La fondazione del Principato di Augusto è un avvenimento politico e religioso. Facendosi attribuire il titolo di Augustus, Benedetto dagli dei, Ottaviano si da carattere sacrale. Diviene re divino, detentore della monarchia universale che ha ricevuto dagli dei protettori di Roma. L'imperatore si presenta come una teofania del dio solare: si tratta di una vera sacralizzazione del potere imperiale. Nell'esercito il culto dell'imperatore diviene obbligatorio. Quando Augusto muore, la religione romana è profondamente cambiata. Il nuovo calendario delle feste e dei culti inserisce nella storia di Roma la commemorazione di Augusto. L'elencazione riprende un ritmo nuovo. Il culto imperiale marcia verso l'apoteosi dell'imperatore defunto e verso la moltiplicazione dei divi. Espressioni e valori del sacro LA DENSITA' DELLA DIMENSIONE SACRALE Gli aspetti del sacro che emergono dalle diverse fasi e dalle metamorfosi della religione romana rivelano l'originalità dell'esperienza religiosa dell'uomo Romanus. Sin dalle origini ci troviamo di fronte al retaggio indoeuropeo per quanto fortemente impoverito dal punto di vista mitologico. Questa quasi assenza di mitologia è compensata da una storia delle origini e da una storia Nazionale delle istituzioni in cui la monarchia svolge un ruolo primordiale. Una dimensione importante di questa Roma regale si presenta nel retaggio logico e ideologico indoeuropeo. Il grande merito di Dumézil è di aver posto in rilievo questo retaggio e di avervi evidenziato l'importanza e la densità del sacro. È partendo dalla storia nazionale delle origini che bisogna tentare di comprendere i dati essenziali della religione romana. La pax deorum, ricercata nell'osservazione scrupolosa dei segni della volontà divina, permette all'uomo di agire in conformità alla volontà degli dei: donde l'importanza della divinazione realizzata a gli auguri, il collegio sacerdotale incaricato di interrogare gli dei. Attraverso tutta la storia romana la funzione sovrana viene mantenuta come essenziale alla vita di Roma. | feziali, legati a Jupiter, b)lIl SACRO MAGICO: L'analisi della Fugiere indica che il latino conosce un sacro magico. La parola sacer riferita oggetti dotati di energia extra naturale, ad esempio Plinio il Vecchio parla di pietre sacre: la Galattite che da latte alle nutrici e saliva ai bambini. Queste diverse pietre sono sacre per la loro azione extra naturale. Plinio ne cita alcuni effetti: incendi spenti, tempeste acquietate e malati guariti. La parola sacer è stata quindi utilizzata anche per parlare di queste pietre magiche. Questo sacro magico è sparito rapidamente dalla lingua e dal pensiero del mondo romano “SACER “E IL REALE La Fugier ha scelto il cammino storico a ritroso, cominciando dall'analisi dei testi degli imperi della Repubblica. Questi testi dimostrano che sacer ha il senso di una messa in relazione di persone e di oggetti con gli dei: la sacralità proviene da questa relazione divina. Il sacro ha un doppio significato. Da una parte fa riferimento alla divinità: gli antichi romani avevano coscienza della presenza di una forza divina della natura: fiumi, montagne, alberi. Dall'altra, il vocabolo sacer ha il senso di sacro magico, attribuite in particolare a pietre e considerate come dotate di proprietà extra naturali. Questo senso di sacro magico nel pensiero romano è sparito sotto la Repubblica. a)"Lapis Niger": Per individuare il senso del Sacro Romano nell'epoca che precede la fondazione di Roma esiste un documento di importanza capitale. Il testo comincia con una formula esecratoria destinata a proteggere l'oggetto o il luogo. Questo luogo in cui l'iscrizione è stata ritrovata è un luogo molto importante, noto per le missioni degli auguri. b)"Sancire" Sancire significa conferire validità, conferire realtà. Sancire è divenuta la parola classica del vocabolario giuridico: dare validità a una legge. c)Conferme: Un'ultima indagine viene condotta sulla parola che designa la giustizia in greco, themis. Vi troviamo anche le tre tappe semantiche. All'origine la parola designava l'origine del mondo, verrà poi a sovrapporsi nel corso della storia la nozione di ordine delle cose all'interno della società e in una terza tappa rappresenterà la coordinazione delle attività molteplici. Possiamo concludere l'importante ricerca della Fugiere. Sacros, la prima traccia del vocabolario sacro nel mondo latino, ci mette in relazione con il vocabolario del sacro del mondo indoeuropeo. La radice sac ci permette, grazie alla semantica storica del verbo sancire, di comprendere che il senso fondamentale e primario del Sacro, nel pensiero indoeuropeo, è conforme al cosmo, struttura fondamentale delle cose, è realmente esistente. Così i sacra costituiscono le realtà fondamentali. Il loro uso è essenziale nella vita. Il sacerdote contribuisce a stabilire la società umana sulle sue basi fondamentali. Per il pensiero indoeuropeo quindi il sacro costituisce una realtà fondamentale dell'esistenza. In ciò che concerne la semantica storica del Sacro Romano, vediamo chiaramente le tre tappe che, secondo il corso della storia, si presentano nella maniera che segue: periodo arcaico anteriore agli Etruschi che ci permette di prendere contatto con la Grecia e con l'India: Sacro significa reale. La parola sacros passa dagli Etruschi ai Romani che ne conservano il significato fondamentale. Da una parte il sacro è numinoso, dall'altra esiste un sacro magico di cui scorgiamo le tracce nelle pietre magiche. Questo sacro magico sparisce dal pensiero religioso romano con l'inizio della Repubblica. A partire dall'epoca repubblicana il sacro designa l'insieme dei rapporti del mondo degli uomini con il mondo degli dei. Il sacro costituisce un dato fondamentale della religione dei romani. IL SACRO NELLA COMUNNITA' ROMANA La Repubblica Romana nasce da una rivoluzione che non rappresenta una rottura totale con il passato. Nel 509 Roma rompe con il mondo etrusco, conquista la sua indipendenza, ma tenta di consolidare le sue caratteristiche tradizionali. | Romani creano le loro istituzioni. Nel loro vocabolario, sancire, sacer, Santus, divengono parole di primaria importanza. Santus diviene una parola chiave e sacer non è più utilizzato per parlare di magia, ma è rapportato alle realtà essenziali che assicurano la coesione della comunità. a)"Pontifex" e"religio": Nel momento in cui si crea la Roma repubblicana, si accentuano le operazioni di passaggio dall'economia rurale all'economia urbana. Le FESTE occupano un posto importante e affondano le loro radici nel sostrato indoeuropeo. | PONTEFICI sono i testimoni agli artifici di questi cambiamenti, le loro funzioni si chiariscono alla luce della religione vedica. La separazione del RE ha portato un profondo cambiamento perché egli era anche il capo del culto. Le sue antiche funzioni si divideranno in funzioni politiche e religiose. Il pretore e poi i consoli assumono le funzioni politiche. Le funzioni religiose vengono ripartite tra i pontefici ei preti. Il Pontefice diviene il capo del Corpo sacerdotale, il presidente del culto e membro del Senato. Nella religione si trovano al tempo stesso l'attenzione dell'uomo che cerca i segni divini e il perfetto adempimento dei riti del culto degli dei e la conformità alle pratiche degli antenati. b)Gli inserimenti concreti di "sanctus": La parola Sanctus disegnerà delle persone. Nel pensiero Romano, i re sono sanciti per essere stati designati dagli aruspici e dunque in conformità con la volontà degli dei. Nel concetto di sanctus si trova l'imperatum, una speciale qualifica del re nell'esercizio delle sue funzioni. La Repubblica conferisce questa imperium ai magistrati. Essi sono santi perché esercitano una funzione pubblica e si dividono l'antico impero regale. | sacerdoti sono santi grazie ad una duplice inauguratio, quella degli uomini e quella degli dei. Il Senato risiede in un luogo che conferisce carattere religioso all'assemblea e rappresenta il popolo. Una cerimonia religiosa precede le sedute e i senatori vengono chiamati fabbricanti. Le persone sono quindi chiamate sante per la loro missione che fonde le attività del popolo e della città. Essendo preso in considerazione l'alto grado di valore personale, le persone dette sante sono rispettate e rispettabili. La semantica storica ci ha mostrato l'evoluzione del senso di sapere dalle origini all'epoca imperiale. Un fenomeno analogo si presenta nel caso di Sanctus. Derivato da sancire, il termine indica innanzitutto una garanzia che proviene da un atto religioso fondatore. AI momento della separazione del re, è stato necessario ripartire le sue funzioni, considerate essenziali per la vita di Roma. Questa frammentazione dell'impero regale tra i magistrati, i senatori, gli ambasciatori, i sacerdoti, modifica profondamente la sezione iniziale di Sanctus. Conclusione Al termine di questo studio del sacro nella religione romana, si possono trarre delle conclusioni. Gli storici hanno insistito molto sulle caratteristiche della religione romana: l'importanza dei diritti e delle osservanze, rispetto della qualità religiosa dei giorni, influenza del calendario delle feste, complessità del Pantheon, tendenza giuridico-ritualistica delle pratiche, scarsa attenzione prestata alle dottrine. Queste caratteristiche si collocano in una prospettiva ben più coerente se si tiene conto di alcuni dati fondamentali. Un primo dato è il retaggio indoeuropeo individuato da Dumézil: teologia delle tre funzioni: sovranità, forza, fecondità e ideologia sociale tripartita. Un secondo dato che scaturisce dalla ricerca di Dumézil e la concezione arcaica della divinità, intesa come un essere personale la cui volontà è di importanza capitale per la vita degli uomini. Un senso profondo del Divino si ripercuote sul comportamento quotidiano del romano, che cerca di conoscere la volontà degli Dei nei suoi confronti. La nozione di sovranità trova a Roma radici profonde. Il dio sovrano è Giove, che incarna il duplice dominio della sovranità: celeste e giuridico. Sulla terra, l'ideologia regale e sacerdotale trovano in lui la loro fonte. Le diverse espressioni di questa sovranità si ritrovano ad ogni tappa della vita di Roma: regale, repubblicana e imperiale. Dal retaggio indoeuropeo arcaico scaturisce una terza linea di forza, posta in evidenza dalle ricerche di Huguette Fugiere: sakros, il sacro. L'espressione del sacro nei testi ci permette di cogliere i valori del sacro per l'uomo romano della Repubblica e dell'Impero. Due personaggi vivono rapporti privilegiati con gli dei: il sacerdos, incaricato di costituire il culto sulle sue basi e l'imperatore, votato al successo per il bene della comunità in quanto detentore del ojas vedico, la pienezza della forza mistica. Sono considerate sacre le persone e le cose poste in relazione con gli dei. La Fugiere giunge alla scoperta che il sacro costituisce per l'uomo romano, alle origini, la dimensione stessa del reale: sancire equivale a conferire realtà ed esistenza, a strutturare il reale. Il sacro è quindi per l'uomo romano uno strumento mentale che gli permette di organizzare il mondo e di situarsi nel mondo. Sulle nozioni di sacer e di Sanctus si forma la religione che permetterà di strutturare l'universo e di stabilire il funzionamento dei rapporti tra uomini e dèi. Riassunto: i sumeri traducono i me come decreti divini, modelli, determinazioni, forze divine mentre la Rosengarten li traduce come prescrizioni giuste, sublimi, feconde. Per i Sumeri il cosmo è governato, bello e buono e i destini sono stabiliti dagli dei (i me sono chiamati kù-g: puri e sacri) — la Rosengarten ritiene necessaria la bellezza delle prescrizioni per celebrare e render visibile la presenza del Sacro nel mondo. II sacro a Babilonia | Semiti, barbari illetterati, invadono il paese e adottano la lingua accadiana e la scrittura cuneiforme. La civiltà babilonese prenderà il via con Amurabi che farà di Babilonia la capitale d'impero escludendo i sumeri e includendo i semiti (Dio locale: Marduk, capo del pantheon). Enuma elis+ (=quando in alto) poema della creazione di mille versi in lingua affine al dialetto babilonese e con la metrica dell'epoca; esso esalta Marduk che crea e organizza il cosmo e utilizzato spesso nel rituale. In questo è la trascendenza divina a fondare l'aspetto primordiale della sacralità. Ilutu e il plurale ilu>(=sacro) designano l'essenza degli dei, l'essere sacro in sé stesso Termini babilonesi siru e rabu indicano la trascendenza divina sottolineandola (termine Anatu: carattere d'Anu) Importante, nel poema babilonese della creazione troviamo anche + sacralità degli oggetti in relazione diretta con la divinità. Due parti del tempio sono sacre. Il santuario e la camera nuziale. La partecipazione dell'uomo al sacro si situa sul piano della spiritualità + Marduk mostra un Dio che diviene depositario di tutto il sacro simboleggiato dagli dei Anu, Marduk-Enlil ed Ea; questo sacro forma una sola e unica entità specificato in 3 piani: trascendenza, manifestazione e saggezza (la sacralità è legata alle tre divinità ed è come loro primordiale) + il rituale è il mezzo per partecipare a una di queste tre dimensioni del sacro e il poema babilonese della creazione realizza una sintesi teologica coerente in cui il sacro divino costituisce come la realtà essenziale. II sacro nelle tradizioni bibliche 1930+ ritrovamento letteratura religiosa assai preziosa redatta in un alfabeto cuneiforme. Tra i documenti religiosi dei Semiti dell'ovest, la Bibbia gode d'un posto privilegiato Un metodo d'approccio Qadosh(=sacro) > Weiland approva il fatto che la religione ebraica risponde alla definizione di Durkheim Weiland+ nell'Antico Testamento vi sono il mondo sacro e quello profano (oggetti, luoghi e templi sacri) in grado di distruggere o benedire l'uomo; egli riconosce l'antagonismo tra sacro e profano (tra puro e impuro), conflitto tra concezione religiosa e quella non religiosa del sacro. Il sacro deve esser scoperto tramite testi, strutture, relazioni, parole, preghiere, ecc. L'analisi del sacro sulla base della radice qds. Ci sono state diverse analisi sul sacro nel corso della storia (quadus+ brillante, splendente)) Qds nei testi ugaritici implica un riferimento alla divinità- considerazioni antiche superate tra sacro e impuro Rapporto tra qados e quodes (santo e sacro) + santo per i luoghi e sacro riferito alla terra, abiti e strumenti del culto e ha il senso fondamentale di riservato a Dio II sacro nei libri dell'Antico testamento 5 libri» Genesi, Esodo, Levitico, numeri e Deuteronomio: eventi dalla creazione del mondo alla morte di Mosè 1-Il sacro nei documenti javeisti> Pentateuco è la Legge d'Israele che contiene divergenze e tagli nella narrazione, ripetizioni, ecc. Javeista + nome dato dall'autore della fonte javeista: A) Il roveto ardente: Jahveh si manifesta a Mosè in una fiamma di fuoco in mezzo al roveto e Mosè non deve avvicinarsi ma togliere i sandali perché si parla di terra santa B) La teofania del Sinai: pratica del popolo di riti incaricati da Mosè incaricato da Jahveh C) Le quaglie nel deserto: richiesta di santificazione prima di mangiare le quaglie come prima di un sacrificio animale Tema della sacralità: usato per parlare della condizione dell'incontro tra uomo e Dio 2-l testi antichi dei libri di Giosuè e dei Giudici» senso di consacrazione è una messa in relazione con Jahveh, nessun timore o paura che l'incontro con il sacro potrebbe provocare nell'uomo 3-1 profeti prima dell'esilio La santità di Jahveh si oppone all'immoralità, non ha nulla di tremnedumn (è amore per il popolo e presenza in mezzo al popolo, questa santità diviene slavifica); Jahveh viene designato come santissimo, d'una santità incomparabile+ viene considerato da Isaia come una roccia, santuario e luogo di sicurezza (Il Santo d'Israele) ed è geloso perché manifesta la sua santità 4-1 profeti del VI e V sec+ Jahveh parla del suo santo nome; i sacerdoti dicono che il sacro non può esser comunicato mentre l’impuro sì (sono differenti) 5-La letteratura sacerdotale+ analisi della legge di santità, antica legge del sacerdozio di Gerusalemme; separazione del sacro dal profano grazie anche a Jahveh 6-Periodo greco+ nel mondo religione greco c'è un vocabolario del sacro; testi biblici del Il sec a. C. mostrano una santità sempre più cultuale+ si parla di libri santi (legame tra santità di Dio e vita morale dell'uomo, tema dell'alleanza conclusa dai santi) Al termine d’uno studio di semantica storica Prima conclusione verso i documenti stessi+ per Gilbert la Bibbia non conosce nulla sul sacro e analizza Jahveh, culto del suo popolo, il popolo ch'egli dirige e che ne è il salvatore e la parola di Jahveh. Il tema del timore è assente e assenza di nesso tra santità e impurità. Gilbert fa notare che la nozione di sacro si è sviluppata nel corso della storia santa quindi ha un interesse religioso+ sacro in relazione con Jahveh, documentazione javeista per la santificazione del popolo, Jahveh come centro della sua corte celeste in relazione con Dio, santità di Jahveh (sacro è entrato in una fase rituale) e il periodo greco vede un'estensione del campo della santità (Dio santo redime peccatori e li salva, santi si impegnano nell'alleanza). CAP. 6: IL SACRO NELL'ISLAM L'Islam, religione e comunità La religione araba preislamica L'Islam non si è mai interessato alla religione araba preislamica. Maometto ha tentato di tagliare i ponti tra gli antichi costumi e pratiche religiose definite ignoranza e la rivelazione ricevuta da Allah; gli arabi hanno comunque conosciuto una civiltà (durata un millennio) fino all'avvento dell'Islam. AI momento della nascita dell'Islam, l'Arabia centrale aveva il culto degli idoli nelle diverse tribù: l'idolo si trovava circondato da un recinto sacro e accanto all'idolo c'era la fonte sacra. Il centro carovaniero della Mecca disponeva di una casa di Dio con un tempio che conteneva l'idolo (la pietra nera). Grazie alle iscrizioni conosciamo 3 tribù dell'Arabia del Nord: i Lianiti, i Tamudei e i Safariti. L'idolo è circondato da uno spazio a lui riservato e qui si trovano una fonte e un albero. La PROCESSIONE DEGLI IDOLI occupa un posto importante nella religione dell'Arabia preislamica. La documentazione fornita dalle iscrizioni Sudarabiche ci permette di conoscere meglio l'era Sabiana, perché la dinastia di Saba ha svolto un grande ruolo dal V sec. a.C. Nella religione, Hommel e Weber hanno visto un CULTO ASTRALE. Nielsen ritrova una TRIADE ASTRALE: DIO-LUNA, DEA-SOLE, DIO FIGLIO-VENERE. Jamme ha mostrato il RUOLO DEL SACERDOZIO, delle OFFERTE, del CULTO DEI DEFUNTI. Ryckmans ha insistito sul posto dei TEMPLI, sul sacerdozio, sulle offerte e i PELLEGRINAGGI: si tratta di una religione in cui il sacro occupa un posto importante. Nascita e dottrina dell'Islam la vita nomade. Ha incoraggiato la sedentarizzazione (=fenomeno di geografia urbana, non religioso) con lo scopo strategico: non esige l'urbanizzazione, ma la fedeltà alla terra. Preghiera rituale+ non importa dove e l'assenza di clero: 2 elementi che dimostrano come Maometto non considerasse essenziali per l'Islam e la fondazione della città. La vita pastorale continua sotto l'Islam e la creazione delle città è un fenomeno militare e un'esigenza della conquista. La conquista fu seguita da un'organizzazione realizzata su principi feudali. La città musulmana non è costruita attorno a un luogo di culto che segnerebbe la presenza della divinità — Allah è presente ovunque ed è onnipresenza diffusa dell'Arabia preislamica. MOSCHEA diviene il luogo della preghiera rituale (ma la si può fare dappertutto). Adozione del calendario lunare+ è una concessione al nomadismo. Questo calendario alla vigilia dell'Islam era in via di sparizione ma Maometto lo riprende per accontentare i fedeli della campagna. RIFORMA RELIGIOSA DI MAOMETTO+ consiste nel rovesciare gli idoli e imporre un monoteismo ma adotta diversi elementi dei clan arabi: la divisione plastica della società, la poligamia e la città carovaniera. L'Islam delle origini si è presentato come un monoteismo che lotta contro gli idolatri e contro gli associatori, tuttavia, la lettura critica del Corano e il progresso delle ricerche sull'Arabia religiosa preislamica ci fanno scoprire numerose tracce del nomadismo arcaico, presenti nell'Islam. l’espressione del sacro Cosa dice l'Islam del Sacro? L'Islam è una religione, una cultura e una comunità. Ci troviamo davanti un insieme di valori specifici, ma questi valori musulmani possono avere volti diversi: ISLAM arabo, egiziano, iraniano, indiano, indonesiano e nordafricano. /n ognuna di queste religioni troviamo una FEDE IDENTICA, pratiche religione conformi ai cinque pilastri, ma un SACRO che PUÒ ESSER DIVERSO da una religione all'altra. “Hrm”, “haram”: sacro e tabù nell'Islam a)Lo statuto di Haram Haram? nell'Islam si traduce con sacro e/o con tabù. Un'eccellente conoscitore dell'Islam ha tentato di definire il concetto: Gardet-+ HARAM può significare sia il Sacro, sia il divieto, ma non si dovrebbe concludere che il sacro sia definito dalla nozione di divieto in quanto non tutti i tabù sono sacri. Secondo Dhorme, questa distinzione si basa sul puro e l'impuro: alcune ricerche recenti e in diverse opere si spingono a considerare la distinzione tra puro e impuro come primaria. Nel mondo musulmano troviamo 3 realtà, distinte tra loro e nei fatti, e che vengono considerate come HARAM: 1- Si tratta di luoghi sacralizzati dalla presenza divina e dagli atti religiosi che vi devono compiere vietati ai non musulmani sotto pena di morte (es. la cava della Mecca, la Mecca e la Medina, La Roccia di Gerusalemme e la tomba di Abramo). Il musulmano può recarvisi a condizione di essere puro grazie alla sua fede e ad abluzioni prescritte. MOSCHEA VIETATA AI NON MUSULMANI DURANTE LA PREGHIERA COMUNITARIA!!! + Questi luoghi sono vietati ai non musulmani e ai musulmani perché sono sacri in seguito ad avvenimenti religiosi. Questi oggetti sono coperti da una decisione divina: non sono sacri in se stessi (=è la volontà di Allah ad essere sacra) 2- HARAM si ritrova in ogni proprietà privata (es. le mogli legittime sono proprietà privata). Il divieto è imposto dalla legge di Allah. 3- HARAM è le impurità (es. la carne di maiale, le bevande fermentate, l'assassinio, il furto e la falsa testimonianza) + NOZIONE DI IMPURITÀ: il divieto si basa sull'impuro + non siamo quindi più nella categoria del sacro. In questa terza applicazione di haram gioca l'ACCEZIONE ETICA: l'impurità provoca un divieto da parte di Dio+ questo riferimento al comandamento divino ci porta al Sacro attraverso per un'altra via non c'è alcuna nozione di sacro che fondi il divieto perché è Dio che ordina il bene e proibisce ciò che è male o impuro. Queste tre realtà considerate come haram ci indicano a che punto bisogna sfumare la considerazione sul sacro e il tabù nell'Islam: nell'haram-sacro abbiamo la presenza del divino, nell'haram-divieto abbiamo il comandamento divino e dunque l'HARAM è AMBIVALENTE: designa il sacro quando si tratta di santità e di purezza e indica il divieto divino quando si tratta di impurità + pretendere però che puro e impuro combacino nel sacro musulmano costituirebbe un errore, perciò, Gardet insiste sull'importanza del comportamento del musulmano nel quale risiede il senso del sacro: un riferimento costante a Dio il Santissimo che comunica comandamenti e interdizioni. b)l gradi di realizzazione di Haram Haram conosce vari gradi di applicazione. Esiste una differenza tra il divieto che pende sulla kaaba della Mecca, luogo santo per eccellenza, e quello che proibisce di entrare in una moschea nell'ora della preghiera. Un Haram esige la morte per colui che osa infrangerlo. La teologia islamica si è volta ai divieti, ha classificato le azioni in condannabili, biasimevoli, lecite e permesse, lodevoli, obbligatorie. Ogni azione della vita musulmana è sacralizzata perché ogni azione comporta una di queste cinque definizioni. Si tratta di un riferimento ai comandamenti divini. Chelbod spiega la nozione di halal, permesso, come una nozione del campo profano dove nulla è proibito: ciò che è permesso, ciò che è profano, ciò che non presenta alcun pericolo per l'uomo, il non proibito. Garden non accetta questa classificazione per l'Islam. Nell'Islam anche l'halal ha il suo statuto fissato per decreto divino. L'Islam ha realizzato la fusione dello spirituale e del temporale e dunque non accetta un campo profano che sfuggirebbe alla legge divina. Garden insiste sul grande rivolgimento operato dall'Islam nel campo del Sacro: il fondamento di sacro è Dio, onnipotente, clemente e misericordioso. L'atto religioso per eccellenza è la preghiera. “Quddus”, la santità Concetto di santità nell'Islam+ questa nozione è bene resa da sadiq, il giusto, quando si tratti dell'uomo che si conforma interamente ai comandamenti divini. La nostra analisi non si impernia sulla nozione di giustizia, ma sul sacro. Al-quddus, Santissimo, designa Dio e tutto ciò che gli appartiene, lo spirito, il libro. L'idea fondamentale è quella della purezza assoluta. I musulmani chiamano Gerusalemme "la Santa": Maometto vi fu portato in un baleno dalla Mecca con il suo viaggio notturno. Al centro della città si trova l'antica spianata del Tempio donde il profeta nella stessa notte si innalzò fino al trono di Dio. La nozione di Santo designa una messa in disparte dovuta ad una purezza totale. Solo Dio è totalmente puro e solo lui può santificare la sua creatura. Ciò spiega l'assenza di ogni sacramento nell'Islam. È Dio che santifica per la sua volontà. Dopo aver messo a CONFRONTO HARAM E QUDDUS, Gardet formula una conclusione: l'impuro come il puro comporta l'haram ma l'impuro non entra in alcun modo nella nozione musulmana di sacro perché è la purezza che sacralizza + Il confronto tra haram e quddus è indispensabile per individuare il senso del sacro! La “baraka” Baraka (=inginocchiarsi+ questa idea di accovacciamento dei cammelli avrebbe dato origine al tema della benedizione passando per l'idea di fecondazione) + è la benedizione che assicura la prosperità. Il musulmano che fa la sua preghiera, il suo Ramadan, il suo pellegrinaggio è certo di ottenere la baraka. La BARAKA sarebbe la FORZA FECONDATRICE DEL PADRE che egli comunica ai figli prendendoli sulle ginocchia. Nell'Islam la baraka è la BENEDIZIONE DI ALLAH, il dono da lui concesso di poter elargire dei benefici ed è una prerogativa divina che sembra legata alla santità. Secondo Chelbod, la baraka dipende dal sacro, forza misteriosa nel cuore dell'universo. Nell'Islam popolare la baraka partecipa alle 2 fonti: Dio e il sacro indefinito + Misericordia di Allah e abbondanza negli esseri e nelle cose+ la baraka presenta quindi diversi orientamenti e attribuita alla santità ne costituisce l'irradiamento voluto da Allah> se riferita agli oggetti e/o a luoghi, 2- MOSCHEA è il luogo ufficiale in cui ci si prosterna per fare la preghiera. L'Islam conosce il luogo itinerante della preghiera. Prima di cominciare a pregare, bisogna preparare il luogo della preghiera. A questi spazi sacri bisogna aggiungere i luoghi santi visti in precedenza. La sacralizzazione dello spazio va compreso in riferimento ad Allah. TEMPO SACRO: e MESE del PELLEGRINAGGIO, tradizione religiosa araba ripresa dall'Islam. Il pellegrinaggio si compie nel corso del 12° mese. «MESE del RAMADAM è della rivelazione discesa sul Profeta: è il 9° mese del calendario lunare islamico. Il DIGIUNO del Ramadan impiega tutta la comunità: pace, preghiera. *. VENERDÌ è un GIORNO di PREGHIERA ma NON FESTIVO in quanto Maometto non ha imposto un giorno di riposo assoluto (L'onnipotenza di Allah dispensa dalla necessità di uno spazio sacro e di un tempo sacro). c)ll sacrificio nell'Islam Il sacrificio ordinario nell'Islam è l'HADY, celebrato in occasione del pellegrinaggio alla Mecca. Il pellegrino deve fare un'offerta sacrificale, scegliendo tra un cammello, un bovino, un montone o un ariete. La bestia deve rispondere a certe esigenze di bellezza e di età e non deve avere difetti. Il pellegrino comincia con l'offrire l'animale ad Allah. L'immolazione della vittima va fatta alla Mecca alla fine del pellegrinaggio, secondo un rituale ben definito poi il pellegrino consuma una parte della carne e distribuisce il resto ai poveri. L'ANIMALE è considerato come PURO e il gesto sacrificale deve avvicinare il pellegrino ad Allah e farlo uscire dallo stato di sacralizzazione nel quale era entrato all'inizio del pellegrinaggio. Nel caso in cui il pellegrino abbia commesso delle colpe durante il pellegrinaggio, il sacrificio è espiatorio. L'offerta è in teoria facoltativa, ma in pratica è obbligatoria. Conclusioni L'ISLAM+ è governato da: volontà divina + trascendenza assoluta di Dio è un monoteismo ispirato dal pensiero biblico ma formulato dal profeta Maometto. CORANO+ è sacro e costituisce il bene più prezioso dato agli uomini. Se per i cristiani Dio si è fatto carne, per il musulmano si è fatto libro: il Corano. Infatti, tutto il culto musulmano si accentra sul Corano. Il pellegrinaggio è apportatore di sacro. L'Islam ha purgato i costumi ancestrali, ma ne ha conservato l'essenziale. Troviamo anche la nozione di sacrificio. Il sacro della Mecca presenta un aspetto specificamente musulmano. MOSCHEE+ sono luoghi di preghiera e di insegnamento riservate a Dio VENERDÌ+ non è un giorno sacro, ma un GIORNO SPECIALE RISERVATO ALLA PREGHIERA. Il rigetto del sacerdozio e di ogni intermediario umano tra musulmano e Allah spinge l'Islam a insistere sull'IMPORTANZA del COMPORTAMENTO DELL'UOMO. PREGHIERA QUOTIDIANA+ svolge un ruolo enorme. Maometto ha fondato una religione e una comunità+ l'ISLAM è politico e religioso: RELIGIONE + STATO. Per questo motivo l'ingresso nella comunità musulmana da al fedele uno statuto. Secondo l'insegnamento esplicito del Corano, solo il timore di Dio crea una differenziazione tra gli uomini: i musulmani sono i soli ad avere il vero timore di Dio conforme al Corano, per tale motivo essi sono superiori agli altri. Il Corano parla anche dell'organizzazione della società. Accanto al SACRO DEL CORANO esiste un SACRO POPOLARE: visita alle tombe, alberi sacri, amuleti e sacrifici animali. Questo sacro Popolare svolge un grande ruolo nella vita quotidiana. Si tratta di usanze anteriori all'Islam ma che alcuni intendono giustificare appoggiandosi al Corano. In questo troviamo anche l'intercessione dei santi, in particolare per mezzo delle visite alle tombe. IL SACRO è UNA REALTÀ ESSENZIALE NELL'ISLAM tuttavia, la sua espressione è alquanto particolare+ il sentimento del sacro è profondamente vissuto dal musulmano quindi tutta l'esistenza umana è suscettibile ed essenza sacralizzata» COMPITO di DIO: SACRALIZZARE gli ESSERI. CAP. 7: ACCOSTAMENTI AL SACRO NELLA RELIGIONE CRISTIANA Introduzione Sacro biblico e Nuovo Testamento Per comprendere il sacro e la sua specificità nel Nuovo Testamento e nella religione cristiana, è necessario fare riferimento al contesto biblico. Il nome essenziale del dossier del Sacro semitico sta nello studio della radice Qds e dei suoi derivati. Secondo Costecalde, Qds rinvia alla nozione di appartenenza divina, consacrazione, sulla scorta dei numerosi testi pre-biblici. Gli Dei stessi sono immersi in un'atmosfera di consacrazione. Si arriva alle porte della nozione biblica di sacro con una definizione molto positiva: il sacro pre-blico implica un avvicinamento tra uomo e divinità. Costecalde dimostra chiaramente che il linguaggio del sacro biblico deriva dal vocabolario del mondo semitico del Vicino Oriente antico. Nella Bibbia Dio si manifesta come un Dio personale che si rivolge ai suoi fedeli facendo loro delle promesse ed essendo loro di guida. Il sacro biblico si differenzia dal sacro della religione dei Cananei. Dio imprime le sue orme nella storia patriarcale e già all'epoca dei patriarchi compare la nozione di santità divina. Con Isaia, la dottrina del sacro si estende alla santità. Per essere salvato, Israele deve riconoscere la santità del suo Dio. La relazione privilegiata che consente a Isaia di chiamare Dio "il Santo d'Israele" è una relazione che attiene all'ordine della salvezza. Siamo in presenza di una vera e propria teologia della santità. Nella letteratura sacerdotale vi è un rapporto intrinseco tra la santità di Dio e quella del Popolo. Gli uomini sono chiamati ad essere santi perché Dio è santo. La Bibbia greca usa il termine hagios per esprimere il sacro e la santità. Per gli ebrei di Alessandria la relazione con Dio è concepita come una prossimità con un dio santo, come una vita in comunione con lui, ciò che fa d'Israele un popolo santo. Gli autori del Nuovo Testamento leggevano la Bibbia greca e ne traevano l'essenziale del loro vocabolario teologico, di cui conoscevano il significato originario dell'uso ebraico. Per comprendere il sacro del Nuovo Testamento è indispensabile tener conto delle sue radici ebraiche da un lato, della Bibbia greca dall'altro. La “Santità consacrata” nel Nuovo Testamento Dopo aver studiato la formazione del vocabolario nella Bibbia greca, Grelot procede ad analizzare la terminologia del sacro e della santità nei diversi libri del Nuovo Testamento, per individuare meglio il significato e lo sviluppo delle nozioni di sacro e di santità che la teologia cristiana riprenderà fin dai primi secoli. // sacro cristiano sviluppa un concetto di grande originalità. Si distingue dal sacro delle religioni non cristiane in quanto imperniato sulla persona di Gesù Cristo che vive una relazione unica con lui, il mediatore della nuova alleanza. Dio salvifica e giustifica gli uomini attraverso Gesù Cristo, ha comunicato a lui per primo la pienezza della propria santità e della propria giustizia. In questa mediazione si attua un radicale superamento della sacralità delle antiche religioni e del Sacro dell'Antico Testamento. Assistiamo ad una novità radicale: è Gesù che conduce gli uomini verso la santità. Con la resurrezione di Gesù comincia il tempo dello Spirito Santo, che Gesù comunica ai suoi discepoli radunati nel Cenacolo nel momento in cui li invia come il padre aveva inviato lui. L'alleanza del Sinai aveva donato la legge. La nuova alleanza dona lo Spirito Santo. È l'inizio di un nuovo modo nelle relazioni tra Dio e gli uomini perché la comunione con Dio significa una partecipazione alla sua santità. La Chiesa è il popolo santo, il corpo di Cristo, inseparabile da Gesù. La sua consacrazione fa partecipare fin d'ora alla santità di Cristo. | membri della Chiesa saranno santificati nella misura in cui saranno fedeli alla loro vocazione. battesimo nello Spirito Santo e nel fuoco. Va sottolineato che lo Spirito Santo è un dono. L'avvento della Pentecoste, l'effusione dello Spirito Santo rappresenta per gli apostoli, gli ultimi giorni. Lo Spirito Santo è una forza divina che opera nel mondo da quel giorno. Lo Spirito Santo è una persona. Questo parla con la bocca dei profeti e parla agli apostoli. Paolo Giovanni insistono personalità dello spirito. Dei quattro evangelisti, è Luca ad insistere maggiormente dell'aggettivo Pneuma Hagion e sembra voler precisare che si tratta di un radicamento in Dio. In Luca quella parola è pregnante, e contrapposto allo spirito naturale dello spirito demoniaco. Questa istanza di Luca va presa in considerazione quando si sa come i Settanta hanno tentato di reagire contro il sacro ellenistico. Anche Paolo insiste molto sull'aggettivo hagios nel senso di una spiritualizzazione del culto e di una spiritualizzazione del tempio. II sacro e l’”ekklesia” nel Nuovo Testamento Il Nuovo Testamento presenta la comunità dei cristiani, fa una sintesi del sacro inteso nel senso di divino e in quello culturale. L'Epistola degli ebrei ne costituisce la prova migliore. Gesù Cristo è centro della comunità, sacerdote, tempio, vittima. Gli atti ci mostrano la comunità di Gerusalemme piena di Spirito Santo. Essa è immersa nella santità. Il popolo, è un popolo santo radicato nella santità di Dio e fondato su Gesù Cristo, il Messia Santo animato dallo Spirito Santo. Non si parla né di tabù né di divieti, si tratta della presenza di Dio, del Cristo dello Spirito Santo in mezzo al popolo nuovo. La Chiesa dell'Apocalisse è presentata come una chiesa Santa. Nell'Apocalisse il sacro culturale è presente dappertutto e la santità è vista in un'ottica escatologica: giudizio. Nel Nuovo Testamento non si tratta di un sacro di divieto di tabù o di sacro sociologico, ma di sacro radicato in Dio, l'essenza di Dio. Nel Nuovo Testamento Dio è Padre, Figlio e Spirito Santo. È la grande novità annunciata al mondo. La Chiesa è la grande novità rispetto all'Antico Testamento, il popolo santo unito a Dio e in Cristo grazie allo spirito. Tutto il culto è riferimento dell'uomo a Dio. Il sacro e il profano Le grandi discussioni sul Sacro di questi ultimi decenni hanno spinto la ricerca a interessarsi maggiormente della distinzione tra sacro e profano. Diverse discipline hanno insistito su questa distinzione: etnologia, fenomenologia, storia delle religioni. La distinzione tra sacro e profano nel campo cristiano è divenuta oggetto di parecchi studi. Una discussione di liturgisti Nel corso del congresso di Vanves, nel 48, gli specialisti di liturgia cristiana si sono interrogati sul senso attuale del Sacro. | risultati di una vasta inchiesta dimostrano che per noi contemporanei il sacro rappresenta delle nozioni diverse, se non contradditorie. A conclusione di questa inchiesta sono emerse delle definizioni: - Il sacro è tutto ciò che è irrazionale e tutto ciò che è segnato da qualche trascendenza; - Il sacro è il puro e spirituale e dunque distinto dal profano; - Il sacro è la radice della vita spirituale; - Tramite la consacrazione di Dio tutto può divenire sacro; - Dal pdv sociale il sacro è ciò che è segnato dal fascino e dalla luce; - Alcuni autori insistono sulla consacrazione che sfocia nella pienezza; - Alcuni distinguono il sacro in senso stretto dal sacro in senso lato, o la presenza misteriosa di Dio. AI termine di questa inchiesta e delle discussioni che ne sono seguite, si è fatta una messa a punto su una falsariga di lettura del Sacro ispirata dal padre. Si è convenuto di distinguere nel sacro tre grandi ordinamenti: - Un ordinamento sociale: il sacro designa gli oggetti o le persone il cui rispetto è considerato da una società come condizione imprescindibile della sua esistenza del suo funzionamento; - Nel campo del pensiero primitivo il sacro non è né religioso né morale. Dunque il sacro non ha rapporto cosciente con gli dèi né con l'etica delle religioni pagane. - L'idea di inviolabilità è essenziale al Sacro: donde la necessità di esprimere il Sacro di separazione. Secondo il Cristo il principio di separazione è amore divino. Il sacro implica quindi più la comunione che l'interdizione. Siamo in presenza di una Trasfigurazione del sacro delle religioni non cristiane. Da una parte questa discussione dei liturgisti testimonia il pensiero contemporaneo relativo al sacro e della diversità delle opzioni in questo campo. Ciò spiega le interminabili discussioni sul senso del sacro. Dall'altra da questa ricerca emerge come gli specialisti del sacro, i liturgisti, abbiano bisogno degli Studi del sacro delle religioni al fine di evitare confusione ed errori. II sacro e il profano nel cristianesimo Padre Audet ha dedicato a questo argomento uno studio molto approfondito che tenta di risolvere il problema e di trovare delle vie di chiarificazioni nella controversia sul sacro cristiano. a)ll problema del Sacro Audet comincia con l'interrogarsi sull'origine del problema del sacro. Questo problema si colloca sul piano della nostra esperienza del divino. Questa esperienza non è immediata, ma mediata. L'uomo sa che il divino e al di là della precessione nell'ambito dell'esistenza umana, tuttavia la storia religiosa dell'umanità lo dimostra. Secondo Audet, l'attuale disagio occidentale h proposito del sacro è dovuta alla confusione che si è fatta tra sacro, religioso e profano. La natura del Sacro va ricercata nell'esperienza che l'uomo fa del Divino, esperienza mediata, inerente alla natura umana. Il sacro non esiste se non nella ricerca del divino per via di associazione, scompare nelle esperienze immediata di Dio come scompare in ogni ricerca scientifica su Dio. La linea di confine tra sacro e profano è fissata nelle religioni in maniera empirica perché il sacro è polimorfo e polivalente secondo le coscienze e le culture. Il sacro è frazionato: tempi, luoghi, cose, persone. Nelle religioni, il sacro si presenta sotto diversi aspetti. b)Condizioni storiche dell'esistenza del sacro Audet afferma che il sacro ci viene dalle culture antiche in cui ha vissuto in condizioni che non sono le nostre. Queste culture hanno fatto da luogo di frammentazione e di conservazione del sacro. La cultura è dunque come un ambiente di nascita e di conservazione del sacro. Esiste una grande differenza tra la concezione antica e la concessione attuale del tempo, dello spazio, della legge e dell'antropologia. Per gli antichi, si aveva un quadro genealogico e un quadro cronologico. Per noi il tempo è cosmico e uniforme. Per gli antichi la rappresentazione dello spazio è molteplice e diversificata, mentre per noi è uniforme e continua. La legge antica sacralizza il potere e si situa in un'ottica di dipendenza da un'origine divina. Per noi il diritto è desacralizzato. Per gli antichi l'uomo è corpo, anima e animosità, elemento di accesso al divino attraverso i sogni. Per noi tutto è soggetto alla guida della ragione. c)ll sacro cristiano La Bibbia insiste sulla trascendenza di Dio rispetto alla sua creazione. Dio non è né sacro né profano: è santo. Il sacro sta tra il divino e l'uomo. Israele afferma la trascendenza assoluta di Dio, ma si serve del Sacro pagano purificato dal contatto con questa trascendenza. Questa legge della trascendenza divina mantiene l'equilibrio del sacro cristiano: Sacro ontologico, sacro di partecipazione e sacro culturale. Tutto il sacro cristiano è basato su Gesù Cristo, fonte e garanzia del sacro e del suo equilibrio. Anche uno storico delle religioni, Bulliard, ha affrontato questo problema del sacro e profano, nel mondo cristiano è in relazione con il sacro delle religioni non cristiane. Partendo dalla ricerca di Padre Mus sul buddismo, Bulliard ha insistito sulla struttura profano-sacro-divino. In queste tre tappe il sacro fa da mediatore tra profano e divino. Secondo l'autore il sacro è un elemento del profano in cui il soggetto religioso conosce L'Eco del Divino e con il quale esprime la propria relazione e quella della totalità del profano con la realtà del divino. L'autore applica al cristianesimo questa distinzione: profano, sacro, divino. Nel cristianesimo, secondo l'autore, il sacro è limitato dal fatto che la mediazione avviene per opera di Gesù Cristo, l'unico mediatore tra Dio e gli uomini. Tutto il problema del Sacro ruota attorno a questa realtà vivente, il Cristo. Secondo l'autore il sacro non è veramente percepito da alcuni che parlano di mistero presbiteriale anziché di sacerdozio, parlano di assemblea operistica anziché parlare del Santo Sacrificio della Messa, che parlano di Bibbia e non di Sacre Scritture. In questo modo esprimono una vera perdita del sentimento del sacro. Audet non distingue tra concezione del tempo e tempo vissuto, più di quanto non distingue tra cosmologia e geografia. Attribuisce ai sogni presso gli antichi un'importanza esagerata per quanto concerne il tempo del sacro. L'illuminante soppresso la Chiesa come istituzione per non accettare più l'evento. Questa stessa riforma ha espunto il sacerdozio. II problema del sacro in regime messianico Al centro del sacro c'è Gesù Cristo. C'è anche un'altra realtà, il corpo mistico che è la chiesa, visibile e al di là del visibile al tempo stesso. Esiste una realtà sacra, il corpo di Cristo, secondo le tre accezioni che il Nuovo Testamento attribuisce a questo termine: corpo personale di Gesù, ormai glorificato in cielo, corpo eucaristico, corpo ecclesiale definibile e al tempo stesso parzialmente ignoto. Padre Congar insiste su degli errori fondamentali in questo campo. C'è l'errore protestante e soprattutto calvinista: il rifiuto dell'esistenza di un corpo ecclesiale, di una Chiesa come istituzione. Per la riforma, l'opera di Dio si compie come Avvento, si tratta di un funzionalismo ecclesiologico accompagnato da un anti sostanzialismo. C'è anche l'errore di certi cattolici del giorno d'oggi che pretendono di abolire la distinzione Chiesa-mondo. Essi vogliono dilatare la Chiesa nel mondo e ridurla al ruolo di svelatrice del senso del mondo. Congar accenna alla critica di Maritain. La chiesa, installata al centro del mondo, se ne distingue sul piano dei suoi specifici principi di esistenza e di operato. Il campo della grazia è irriconducibile al piano del mondo: esso deve esprimersi con segni appropriati, con simboli, con mediazioni discendenti e ascendenti. Tutto ciò lo troviamo nei fatti e nelle parole della rivelazione, nei sacramenti, nelle istituzioni, nel diritto della Chiesa, nella liturgia. La nostra vita si situa tra due poli: un paradiso che fu armonia e un regno escatologico che sarà di nuovo armonia. Tra questi due poli si pone la vita attuale della chiesa con i suoi bisogni nel contesto della vita degli uomini: delle chiese, un giorno speciale: la domenica, Eucarestia, i sacramenti. Il nostro tempo attuale è quello dell'economia della grazia in un mondo reale con i bisogni legati all'esistenza e all'esperienza sensibile: un bisogno di segni, di simboli e di mediazioni. L'homo Christianus è un homo religiosus. Tutto questo dimostra l'esistenza di una presenza del sacro in regime messianico. II sacro messianico Padre Congar distingue quattro livelli qualificativi nel campo del sacro in regime messianico: A) Un sacro sustanziale: il corpo di Cristo. Il corpo di Cristo va inteso nell'ottica del Nuovo Testamento: corpo eucaristico nel mistero dell'Eucarestia celebrata dalla Chiesa, corpo ecclesiale chiamato corpo mistico di Cristo, alla chiesa. Questo sacro sostanziale ci viene direttamente dal Nuovo Testamento. Esso si trova al centro del regime messianico, dell'economia di grazia. B) Un secondo livello del sacro è il sacro dei segni di tipo sacramentale. Questo sacro dei segni partecipa al Sacro sostanziale. | sacramenti sono segni efficaci della vita in regime cristiano. | sacramenti del Battesimo, della Cresima, dell'ordine e del matrimonio creano delle situazioni umane che dipendono direttamente dall'ordine messianico del mondo: il cristiano, il sacerdote, gli sposi cristiani. Queste tre situazioni umane sono elementi importanti nella Chiesa. C) Il sacro pedagogico: è l'insieme dei segni che esprimono il rapporto con Dio in Gesù Cristo e ci aiutano a realizzarlo. Il campo è vasto: parole, gesti, usanze, regole di vita, luoghi, tempi. Questo sacro pedagogico è funzionale. D) La consacrazione della realtà terrene a Dio e il loro impiego in un'ottica messianica. Il quotidiano della vita umana resta quotidiano, ma c'è un riferimento di Quotidiano a Dio attraverso Cristo. È il senso dei gesti, della preghiera, del rituale delle benedizioni, del simbolismo e dei monumenti cristiani. Questo sacro di consacrazione esprime la direzione dell'impiego che il cristiano fa della realtà terrena. Conseguenze pratiche del sacro messianico Congar conclude questa importante ricerca con qualche orientamento pratico. Il primo concerne la linea generale del sacro cristiano: tutto è positivo, la morale è positiva, le attenzioni sono positive, la croce è inseparabile dalla risurrezione. La seconda conseguenza concerne il cristiano di fronte al mondo: si tratta di comprendere il valore dei segni, il valore duplice e cioè valore teologico e valore pedagogico. È qui che constatiamo una serie di errori: errore di coloro che pretendono di rifiutare ogni sacralizzazione, errore della desacralizzazione del corpo umano con il pretesto della soppressione dei tabù sessuali, errori di coloro che pretendono di sostituire le chiese con dei locali funzionali. Alla base di questi errori abbiamo una grave deficienza della pedagogia cristiana. Coloro che cadono in questi errori non comprendono il valore dei segni. Questo errore si ritrova anche in coloro che pretendono di desacralizzare la liturgia e la lingua liturgica. La realtà messianica del Nuovo Testamento della Chiesa ci pone in presenza di valori nuovi della salvezza. Si tratta di comprenderli, di trasmetterli, di integrarli nella vita. | teorici della sacralizzazione non sono nella linea del Messiniano neotestamentario e si rendono protagonisti di una pedagogia deficiente. Una terza conseguenza concerne le forme e materiali del Sacro pedagogico: ogni epoca e ogni cultura hanno le proprie forme. In queste forme abbiamo delle costanti, così come dimostra la storia delle religioni: è il problema delle ierofanie. La grande differenza tra il cristianesimo e le altre regioni risiede nella persona di Gesù Cristo, centro della storia umana e della storia Santa. Il sacro cristiano poggia su un contenuto positivo della fede e degli avvenimenti con i quali Dio si è manifestato come veniente a noi. Questi accostamenti al sacro nella religione cristiana si limitano ad un lavoro effettuato da uno storico delle religioni. Nel Nuovo Testamento troviamo la parola hagios come espressione del sacro. Questo termine designa l'essenza divina, la santità che fa l'unità del Padre e del Figlio e l'unità dei discepoli. Hagios è utilizzato per parlare di Gesù, Figlio di Dio: la santità è in relazione diretta con la filiazione divina. Gli atti degli apostoli mettono la santità in rapporto con la linea messianica. Il fondamento del sacro nel Nuovo Testamento è la vita di Dio, Padre, Figlio, spirito. Il cristiano partecipa a questa vita: è hagios. Audet e Bouillard insistono sulla necessità di una distinzione tripartita: divino, sacro, profano. Il sacro è mediatore tra il profano e il divino. Nel cristianesimo questa mediazione è unica, viene attraverso Gesù Cristo. La nozione di sacro è legata a questa mediazione. In questa mediazione troviamo anche le funzioni sacrali. Il sacro cristiano gode di originalità. Si distingue dal sacro delle religioni non cristiane perché è rivisto da parte di Gesù Cristo: è il sacro in regime messianico. Abbiamo, secondo Congar, un sacro fondato sul corpo personale, sul corpo eucaristico e sul corpo ecclesiale del Cristo. Da questo sacro sostanziale divengono il sacro dei segni, il sacro pedagogico e funzionale, il sacro della consacrazione del mondo, del quotidiano. Abbiamo un senso cristiano del sacro. C'è una risonanza nel del sacro, nella preghiera, nel linguaggio liturgico, nell'insieme dei segni e dei simboli del culto. La vita cristiana ha bisogno di segni sacri. Una serie di autori ha recentemente insistito sull'errore di una pastorale desacralizzazione. Desacralizzare non è purificare, è distruggere. La fede cristiana non può esistere che in un ingresso nell'assoluto. Il sacro è al centro della fede cristiana e della vita della Chiesa. CAP. 8: LHOMO RELIGIOSUS E IL SACRO Nel dibattito attuale sull'esperienza religiosa regna una grande confusione. Molte sono le cause di una tale situazione: la proliferazione del vocabolario religioso, spesso accompagnata da una mancanza di precisione, un difetto di rigore in molti settori delle Scienze Religiose, una vera e propria inflazione nel campo della letteratura religiosa contemporanea. La natura e il carattere dei fatti religiosi, la specificità stessa del fenomeno religioso sono all'origine di una disciplina che occupa un posto strategico tra le scienze umane: la storia delle religioni. Ogni esperienza religiosa si realizza in un contesto storico e culturale determinato. Bisogna vedere chiaramente il ruolo insostituibile dell'uomo. È l'uomo che sta all'origine del fenomeno religioso. La storia delle religioni non si limita allo studio di testi, dottrine, iscrizioni o fatti. Ogni documento religioso è la traccia visibile di un'esperienza religiosa e costituisce un elemento del discorso col quale l'uomo religioso ha reso conto della sua esperienza. Lo studio del fenomeno religioso Attraverso la sua opera che occupa circa mezzo secolo, Dumézil non ha smesso dimostrare che una religione non è un pulviscolo di miti, riti e pratiche. Essa è soprattutto un pensiero articolato che spiega il divino e il cosmo. Grazie a questa visione, l'uomo religioso si situa nel cosmo, nella società e precisa le sue relazioni con la divinità. Questo pensiero e questa presa di posizione sfociano in un comportamento, il comportamento specifico dell'homo delle scienze umane e in particolare in quello dell'antropologia religiosa della storia delle religioni. Queste ricerche riguardano il mondo indoeuropeo, l'uomo ittita, greco e romano, il mondo sumero babilonese, i tre grandi monoteismi: ebraico, musulmano e cristiano. L’india, la terra del sacro L'India costituisce un terreno molto fertile per lo studio del sacro. Il sacro è onnipresente perché da 5 millenni le popolazioni dell'India sono state particolarmente creative nella sua espressione attraverso simboli, colori, riti. Lo studio delle espressioni verbali del sacro nel Brahmanesimo e nell'induismo si impone indiscutibilmente. Keller ha affrontato questa problematica delimitando il campo delle sue ricerche. Egli distingue il sacro e il divino senza separarli perché non v'è sacro in assenza di divino. Il sacro si trova sotto l'influenza del dinamismo divino. Il divino e il purificatore. Keller definisce il sacro come la manifestazione potente e splendida di purificazione del divino che agisce attraverso i luoghi, gli oggetti, i gesti purificatori, manifestazioni grazie al quale il divino libera la "coscienza-soggetto" umana dai suoi legami e dalle sue impurità. La religione egizia e il sacro II senso del divino nell’Egitto faraonico Per l'egiziano esiste un miracolo: la prima volta, è l'età d'oro, l'evento originale nel quale troviamo l'acqua, la terra, la vita. E l'emergenza della terra, della luce e della coscienza. Dal terzo millennio a.C. i teologi spiegano il come della creazione, cioè la trasformazione del caos in Cosmos. Per l'homo religiosus Egizio la divinità simbolizza un'incarnazione della potenza. Nella rappresentazione visibile del suo Dio, ogni fedele usa dei simboli capaci di esprimere la Potenza. L'egizio si meraviglia di fronte alla creazione e al centro di questo stupore si colloca il mistero della vita. Il tema della vita è onnipresente in Egitto: lo troviamo in tutte le espressioni del pensiero, della meditazione, della preghiera e del culto. Per esprimere il concetto di vita, l'egiziano ha inventato un segno che si trova nelle mani del sacerdote e della sacerdotessa, sui piloni e sui muri dei Templi, sulle steli e nelle istruzioni. Questo simbolo è anche legato al fuoco e alla luce ed è divenuto simbolo della sopravvivenza, il che spiega la sua presenza nelle tombe e sui documenti funerari dell'antico impero fino al periodo romano. | documenti relativi a questo simbolo mostrano che agli occhi degli egizi è la rappresentazione di una ierofania. La vita è un mistero sacro, non si arresta. Per i cristiani, questo segno rappresenta la croce che ricorda la crocifissione e la morte di Gesù. Ai misteri della religione pagana i padri hanno contrapposto il mistero cristiano, ma per esprimere la novità del Sacro messianico in Egitto hanno mantenuto il simbolismo millenario della vita. l’espressione verbale del sacro Accanto all'espressione non verbale del Sacro c'è anche un'espressione verbale. Molti vocaboli corrispondono ai nostri aggettivi "Santo " e " sacro. Il vocabolo che esprime in modo preciso la nozione di sacro è il verbo “dsr”, che ha il senso del sontuoso, splendido, misterioso. Uno studio recente ne ha spiegato il significato. Nel Medio Impero l'uso culturale e quello funerario si precisano: “dsr” si applica alle statue, al mondo divino opposto alle forze del male, agli dei, ai sacerdoti. Nel nuovo impero il vocabolo è usato per parlare dello spazio sacro, dei Templi, delle cappelle e degli dei. L'uso si diffonde e va dal tempio a tutta la letteratura funeraria. Il sacro nella vita del popolo ha giocato un ruolo tanto importante che pochi ambiti della vita quotidiana sono sfuggiti alla sua influenza. L'uomo gnostico e il sacro La religione gnostica Sviluppatosi nel Il secolo d.C., lo gnosticismo si presenta come una religione della salvezza. Ogni scuola gnostica prevede di realizzare la liberazione delle anime, considerate come scintille divine cadute dal mondo celeste e tenute prigioniere nella materia dei corpi. La salvezza si attua per mezzo della gnosi, che da un lato è la conoscenza dei misteri divini e dall'altro è una realtà spirituale e trascendente venuta dal regno della luce per rivelare i misteri nascosti e portare la salvezza a coloro che accettano l'iniziazione gnostica. Lo gnosticismo è una religione complessa nella quale si incontrano tre correnti: il pensiero biblico, le dottrine cosmiche fondate sui grandi misteri dualistici del Vicino Oriente, diverse speculazioni astrali ereditate dalle teologie solari orientali. L'uomo religioso agnostico è un essere nel quale il principio divino e luminoso, prigioniero del corpo, dispiega tutte le sue virtualità celesti al fine di reintegrare la sua condizione primordiale. Per lo gnostico, sacro e santità sono due dati religiosi fondamentali. II sacro alla luce dei testi copti di Nag Hammadi La nozione di sacro è espressa da un vocabolo che significa "essere santo" e che troviamo abitualmente nella forma sostantiva o oggettiva di santo o Sacro. A proposito del mondo divino è da sottolineare l'uso del Trisagion di Isaia e delle persone della Trinità cristiana. Dietro queste entità si trova la sfera della santità, il luogo da cui vengono le anime. È la fonte del sacro. Gli gnostici vivono in un mondo di esilio nel quale costituiscono una stirpe diversa, la stirpe degli spirituali. Tra le tre categorie classiche illustrate dagli scrittori gnostici (Ilici, psichici, pneumatici) sono solo questi ultimi a partecipare della santità. La loro origine è nel Pleroma, dove torneranno quando l'anima avrà lasciato la prigione del corpo. Un terzo aspetto del Sacro riguarda la mediazione della salvezza: libri della rivelazione, rituali, simboli e immagini della gnosi celeste. Le scritture sono sacre perché hanno un'origine celeste, trasmettono una rivelazione che viene dal Regno e procurano una conoscenza che è la gnosi della salvezza. Nell'insieme della simbolica gnostica è da sottolineare il carattere sacrale della luce, della vita e della purezza. Sacro e santità nel manicheismo Mani si è presentato come il sigillo dei profeti, come l'ultimo rivelatore incaricato di creare la Chiesa annunciata da Gesù agli apostoli. La religione di mani è un dualismo radicale che pone alle origini due principi etemi, radici dei due regni opposti della luce e delle tenebre. Religione della salvezza destinata a liberare tutte le particelle di luce trattenute dalla materia, il manicheismo conferisce a Gesù un ruolo centrale nella redenzione del cosmo e delle anime. Vi sono tre figure di Gesù: come quinta grandezza luminosa del regno, Gesù ha trasmesso ad Adamo la gnosi Liberatrice; come Jesus patibilis, Gesù è l'anima nel mondo formata da tutte le particelle luminose prigioniero. Accanto a queste due figure mitiche c'è la figura storica di Gesù: Messaggero del regno che ha assunto un corpo spirituale. Mani, apostolo del Cristo, si presenta come il Paraclito vivente, incaricato di rivelare i misteri. Nei testi improntati ai miti cosmici si parla di una santa natura, ma anche della sacralità del sole, della luna e degli astri. Il mani è un essere consustanziale alle tre persone divine. Quanto al Sacro sostanziale e al Sacro messianico vi è un sacro funzionale, quello della chiesa di mani. Modello della chiesa cristiana, Mani ha affondato la propria chiesa sostenendo che si trattava della vera Chiesa di Gesù e della Santa Chiesa del Paraclito. La chiesa di Mani si è presentata come santa e si è attribuita la missione di santificare gli uomini, missione rivendicata dalla Chiesa di Cristo. Tutti quelli che aderiscono a questa chiesa gnostica sono chiamati santi, ma tra loro gli eletti costituiscono una classe privilegiata, l'élite missionaria. Le prime esperienze del sacro Negli ultimi decenni l'archeologia e la paleoantropologia hanno fatto avanzare in maniera spettacolare la nostra conoscenza delle origini dell'uomo. Fin dal secolo scorso conoscevamo l'homo erectus scoperto a Giava, che ci permetteva di risalire a 1,7 milioni di anni fa. Homo habilis si presentava già dotato di una capacità di dominio sul mondo e di un dinamismo creativo che andrà via via sviluppandosi. Tutte le tracce dell'attività di questi uomini mostrano l'esistenza di una capacità di immaginazione e simbolizzazione: abbiamo a che fare con un homo symbolicus. Tale scoperta è di importanza capitale perché ci mostra che l'uomo è all'origine della cultura e quest'ultima risale a più di 2 milioni di anni fa. L'homo sapiens ha fatto esperienza del Sacro, è un homo religiosus. Questa esperienza del sacro andrà sviluppandosi nella cultura del Paleolitico superiore: arte delle caverne, sepolture. Con la prima sedentarizzazione, con la nascita dei villaggi del Vicino Oriente e con l'emergere della cultura natufiana, l'esperienza del Sacro porta l'homo religiosus verso la rappresentazione della divinità e verso la nascita delle
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