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Badou sul secolo 900: L'uomo nuovo e la storicità del reale, Sintesi del corso di Filosofia

Della fine delle ideologie e dell'uomo nuovo nel secolo 900, sottolineando la passione per il reale e la convinzione di essere convocati alla realtà. Esplora l'arte come incontro con il reale attraverso i mezzi esibiti del fittizio, e la necessità di un eccesso preliminare per creare un cambiamento creativo. Critica la soggettività romantica nelle avanguardie e introduce la nuova idea dell'infinito come atto finito.

Tipologia: Sintesi del corso

2022/2023

Caricato il 22/12/2023

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9 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Badou sul secolo 900: L'uomo nuovo e la storicità del reale e più Sintesi del corso in PDF di Filosofia solo su Docsity! DA BADIOU – sul secolo 900 La nostra fine delle ideologie è la rinuncia all'uomo nuovo, alla novità nell'uomo (proprio mentre ci si appresta a cambiarlo radicalmente). Ma nel secolo, non è la dimensione ideologica dell'uomo nuovo ad agire, bensì la storicità dell'uomo nuovo = la passione del reale (uomo che agisce qui e ora) – la convinzione di essere convocati alla realtà dell'inizio. Il reale è al di là del bene e del male – per cui si è indifferenti al prezzo da pagare per il reale avvento dell'uomo nuovo - massacri che non traduciamo come barbarie ma come qualcosa di eroico, da cui una certa indifferenza ai segni oggettivi della crudeltà, poiché la potenza dell'azione è più forte della sensiblerie morale. ..secolo portatore di una concezione combattiva dell'esistenza – quindi la totalità stessa in ogni suo frammento viene rappresentata come conflitto. Ogni situazione reale è scissione, scontro. Nel secolo non esiste l'UNO né il multiplo, ma il DUE senza equilibrio combinatorio: occorre tagliare di netto. La guerra è la visibilità risolutiva del Due contro l'equilibrio combinatorio (il compromesso o la risoluzione del negativo in positivo) – un Due senza sintesi – la passione del secolo è il reale, ma il reale è “l'antagonismo” - la scissione (da ogni ideologia del passato che proponeva il reale in base a delle sintesi razionali-metafisiche). il nuovo non può sopraggiungere se non come presa di possesso della rovina – ma non c'è dialettica (es: non è la distruzione a generare il nuovo) -la distruzione è solo il terreno fecondo possibile. Uno dei sintomi della decomposizione della vecchia cultura è la rovina della lingua : la capacità delle parole di nominare è compiuta, il rapporto tra parole/cose si è dissolto. Un delitto che è veicolato da una lingua non più capace di nominare- significare (delitto che sembrerà gratuito,barbaro,immotivato → spettacolarità attuale del serial killer che distribuisce una morte priva di simbolizzazione, per cui non riesce a essere tragica) Vi è concomitanza tra fuga/perdita delle parole / morte: il corpo, una volta sparita la simbolizzazione (il suo senso- valore), non è che residuo. la maschera teatrale simboleggia un problema che non è quello della menzogna ma : capire il rapporto tra la passione del reale e la necessità della finzione. per Marx l'ideologia stessa è travestimento del reale (conflitti di classe) – una falsa coscienza su un reale eccentrico,non afferrato. L'ideologia è un montaggio immaginario che ri-presenta un reale → teatralità dell'ideologia: si mettono in scena le figure della rappresentazione laddove la violenza dei rapporti sociali viene mascherata. la violenza non è efficiente che nello scarto tra reale e la sua rappresentazione dominante. Discorsi e rappresentazioni sono le maschere del reale che essi designano e dissimulano. la rappresentazione è sintomo da decifrare di un reale di cui essa è la localizzazione soggettiva come misconoscenza (: si rappresenta la realtà attinente al potere dominante – ma da questa realtà rappresentata si deducono-scoprono le forme del potere che vi opera) INCONSCIO: l'insieme delle operazioni per mezzo delle quali il reale di un soggetto non è accessibile se non nella costruzione intima e immaginaria dell'IO – la coscienza è quindi una ideologia personale – il mito individuale del nevrotico – c'è una funzione di misconoscenza che fa sì che il reale operi solo all'interno delle finzioni, montaggi e maschere. Althusser chiama “soggetto” l'essere interpellati come soggetto in quanto è la molla di efficacia delle ideologie e dei loro apparati materiali (la categoria di soggetto è una categoria ideologica: serve al potere per dare consistenza- responsabilità-visibilità-assenso e riconoscimento agli individui) Il secolo dispiega l'efficacia della misconscenza (potenza dell'ignoranza) mentre il secolo precedente affermava il potere della conoscenza. solo ci si aspetta che la vecchia cultura putrefaccia in logo – una decomposizione nutritizia – infatti questo avversario (la vecchia cultura) non è nemmeno più una forza ma una abiezione neutra, un plasma, una neutralità in decomposizione per cui non esiste alcun rilancio dialettico. I protagonisti di questa guerra sono incommensurabili, non rientrano nel medesimo tipo di forza. dibattersi contro lo spessore di una lingua sempre tesa alle magniloquenze della sublimazione. ciò che caratterizza il secolo è l'irruzione delle masse sulla scena della storia (idea di palcoscenico - qual'è il rapporto tra destino individuale (sua volontà) e irruzione storica delle masse (sviluppo storico impersonale- le forze in gioco che lo costituiscono) là dove viene a mancare il reale si insedia il numero cieco. l'arte come incontro col reale attraverso i mezzi esibiti del fittizio L'arte dunque intesa come effrazione della finzione, rivelante lo scarto del reale, è ovunque - reversibilità tra reale/finzione come unica via d'accesso artistica al reale - un atto, evento costringe il protagonista a vincolarsi a quella finzione o rende la finzione fatto concreto : in Pirandello Enrico IV è esterefatto dalla vita della sua stessa finzione che in un momento lo ha forzato al delitto - Il reale è sempre sospetto di finzione – niente lo può attestare se non il sistema di finzione in cui esso reciterà il ruolo di reale. voler mostrare la crudezza del reale attraverso la finzione (nell'arte) – la finzione non doveva che manifestare tale crudezza. Epurazione: parola d'ordine del secolo sia in politica (epurazione del partito attraverso la soppressione dei soggetti) che in arte epurare il reale: estrarlo dalla realtà che lo occulta → gusto violento della superficie e trasparenza – reazione contro la profondità - distruggere ogni spessore e pretesa sostanziale, asserzione di realtà. È la Realtà che fa ostacolo alla scoperta del reale come superficie pura – in ciò consiste la lotta contro la finzione (la finzione che allestisce un Reale consistente, con l lettera maiuscola) – ma poiché la finzione di realtà aderisce al reale (lo costituisce anzi). distruggere la finzione è distruggere tutto desiderio terrorista di epurare il reale : nichilismo attivo → ← nichilismo passivo attuale – ostile a ogni azione/pensiero/contatto col reale. Marx: la singolarità universale del proletariato è di non portare alcun predicato , non avere niente, alcuna patria = concezione antipredicativa negativa e universale dell'uomo nuovo. Gide “famiglie, vi odio! - isterismo devastatore del secolo passato: che avete di nuovo da farci vedere? Di che cosa siete creatori? - bilancio poetico del secolo di Mallarmé “... e alla fine non siamo che approdati al verso … ” ogni diritto (umano) ha il suo prezzo da pagare – l'estensione dei diritti è estensione di ciò che l'uomo “deve essere” – lo si rende responsabile del proprio apparire all'essere ANABASI (opera di Senofonte): risalire la china – verso casa – movimento di gente spaesata,fuori legge,smarrita – anabasare: imbarcarsi/ritornare, inizio o fine ??? Celan ritiene oscena l'eloquenza – la poesia deve insediare la verità del tempo nell'impraticabilità della lingua ereditata, cioè costretta a una forzatura, senza agio. ogni impresa collettiva suppone l'identificazione di un Io con un Noi e l'interiorizzazione di un Noi come sostanza esaltante dell'Io istituzione del valore poetico dell'assenza a sé – si tratta di conquistare la fine dei legami, l'assenza a se stesso di chi si slega. la forza terribile/avvincente del capitale è quella di disfare i legami, i contratti più sacri e le immemorabili alleanze nel calcolo egoista. Segna la fine di una civiltà fondata sul vincolo. Ciò a cui aspirava il pensiero dell'epoca (al di là della negatività del capitalismo) per restituire all'umanità la sua potenza creatrice. Parole d'ordine di Perse: violenza,assenza,erranza. Voto nichilista ma creatore di movimento puro e fraternità senza destinazione. Anche le leggi sono erranti. Superiorità della grandezza nomade sulla felicità: l'ossessione della felicità è una mutilazione L'anabasi richiede l'appello all'Altro – si termina il tema dell'erranza vuota e autosufficiente – ci vuole l'incontro con qualcosa. Al tema della fraternità si sostituisce quello dell'alterità – dov'era la violenza fraterna subentra la differenza minima della voce dell'altro. ciò che viene creato nel suo movimento non è un noi-soggetto ma la parola/rifugio/tenda “insieme” - futuro come insieme attraverso il divenire nostro di un appello infimo. C'era il Noi errante della fraternità nel terrore – un Noi che ha per ideale l'IO (un Noi che pretende essere un soggetto – un Io fusionale/militare): non esiste altra alterità che quella dell'avversario – in Celan il Noi non è sottoposto all'ideale dell'Io in quanto vi è inclusa la differenza (da sè) come appello infimo all'altro – qui il Noi non è ancora sparito (fine di ogni collettivo vivente proprio di oggi) ma è un Noi disparato dell'insieme Per il secolo passato ogni soggettivazione autentica è collettiva – ogni intellettualità vivente è la costruzione di un Noi provenendo da un evento, la volontà soggettiva può realizzare possibilità inaudite. Il volere è dunque connesso al reale (lungi dall'essere una finzione impotente). Oggi invece si vuol convincere che il volere è dominato da uno schiacciante principio di realtà – c'è una natura delle cose sulla quale non si deve ne può esercitare violenza essendo l'essere del soggetto la mancanza a essere, è solo dissipandosi in un progetto che lo supera che un individuo può aspirare ad attribuirsi un qualche reale soggettivo - il Noi costruito in tale progetto è il solo veramente,soggettivamente reale. L'individuo è il nulla che deve essere dissipato in un Noi-soggetto Il rischio di articolare la costituzione del soggettivo su di una trascendenza (nazione,stato,razza,classe operaia) è quella di trasferire al collettivo le proprietà oggettive che per i liberali sono appannaggio dell'individuo. Grandi entità che non sono i Noi-soggetto suddetti ma collettivi inerti, ipostasi mitiche. Il corpo passivo della soggettivazione. si nominano tali oggettivazioni in entità macroscopiche per universalizzare un processo nel momento della sua sterilità e fissazione statale. Il nome è ciò che fa valere la singolarità al di là di se stessa - occorre storicizzare tali singolarità (es- la fraternità) persino nei momenti in cui la rivoluzione è congelata : occorre rendere evidente la loro universalità mediante i nomi portati da oggettività reperibili. c'è bisogno di grandi collettivi per dare dei nomi Il secolo ha voluto mettere inscena una costruzione volontarista del tempo. Idea che se si vuole arrivare al reale del tempo bisogna costruirlo facendosi agente delle procedure di verità (processo di soggettivazione) secolo della MANIFESTAZIONE (manif= corpo collettivo che utilizza lo spazio pubblico per mettere in scena la propria potenza – una fraternità visibile) – esiste grazie a un orizzonte soggettivo/collettivo – l'aspirazione della somma dei “niente” che è ciascun io isolato - la festa è ciò che deve interrompere il regime ordinario delle cose (primitivi) mentre oggi è di-versivo, di-vertimento,di-stoglimento, cioè una contro-manifestazione. ciò che non-è-il-Noi : 1) qualcosa di amorfo, non organizzato da formalizzare: produzione di forme – epoca formalista → l'accesso al reale avviene attraverso la forma (qui l'avanguardia deve cercare le forme accessibili a tutti) 2)un soggetto esterno antagonistico,dunque già formalizzato, da distruggere (qui l'avanguardia deve cercare la forma si accoppia al reale dell'atto - Arte in cui l'infinito non deriva se non dagli effetti dell'atto effetto reale di ciò che non si espone che come vacuità ripetitiva Lontano dal commercio degli umani – stato di eccezione (l'arte non è espressione dell'umanità - attesta quanto di inumano vi è nell'umano – vuole costringere l'umanità ad alcuni eccessi su se stessa = arte antiumanista) – perché rendendo ragione dell'atto si eccede ogni prodotto e risultato, tutte le ripetizioni oggettive (non quelle dell'atto) → ← oggi si vuole un'arte umanista, un'arte della deplorazione di ciò cui l'uomo è capace contro l'uomo – un'arte dei diritti dell'uomo !!! - ma l'uomo quale esso è, non è un gran che – l'arte del secolo è un'arte della sovraumanità -un'arte cupa perché non vuole essere riposante,immediata,di facile acquisizione – sovraumanità che impone l'abolizione di ogni particolarità (che è la nostra soddisfazione) – arte e politica che mirano ad una universalità senza residui,senza aderenze con alcuna particolarità (es architettura Bauhaus: edificio senza alcuna particolarità stilistica, puramente translucido, funzionale e universalmente riconoscibile) – per l'indifferenza al giudizio degli uomini – dispensa da qualsiasi interpretazione: se un'opera può essere interpretata significa che c'è in essa troppa particolarità e non ha raggiunto la trasparenza pura dell'atto, non è ancora univoca, non ha messo a nudo il proprio reale - instaurare una formalizzazione integrale (progetto scientifico del secolo: ogni problema correttamente formulato può venir risolto → ← ogni formalizzazione del pensiero lascia un residuo intrattabile non formalizzabile che verrà ineluttabilmente interpretato – equivocità –> ermeneutica (Godel) = l'essenza del pensiero è nella potenza delle forme (la formalizzazione ricerca sistemi di verità e non è un conveniente,pragmatico uso delle forme ) - si deve resistere a pensare l'univocità del reale contro l'equivocità della finzione e dei particolarismi (guerra della formalizzazione contro l'interpretazione – verità contro opinioni – eternità contro storia – scienza contro tecnica – arte contro cultura – amore contro famiglia – politica contro gestione degli affari) per Nietszche Dio è una figura della (im)potenza umana – dio è legato all'uomo in modo inestricabile – la morte di Dio comporta quella dell'uomo. Il superuomo è l'uomo senza Dio – pensabile fuori ogni rapporto col divino. Ma questi non c'è ancora – è da venire – è programma e non un dato. Si tratta di occupare un posto vuoto - Nel secolo ogni assolutezza è invece sospetta – è tutto per la finitezza (essenza della democrazia) il nostro secolo tenta di ritornare all'uomo come “dato” e lo fa proprio quando tenta di cambiarlo fin nella sua biologia. l'essenza dell'uomo è in questo suo progetto di sostituzione a dio e occupazione del suo posto – ma ciò non ha compimento – l'uomo è il divenire senza fine dell'assoluto che egli è – l'uomo è ciò che deve inventare – ha il solo dovere di “farsi avvenire” → stesso concetto di Marx che però ha per soggetto il proletariato – alienazione in quanto programma di disalienazione : il sapere marxista verte sull'uomo alienato – l'uomo libero è un programma = il superamento dell'alienazione è una ulteriore alienazione (nuove forme di alienazione → essenza dell'uomo: la sua alienazione ! il divenire è condizionato dalla creazione dell'uomo da parte dell'uomo (c'è un certo lavoro storico dell'uomo) ← Foucault = dire antropologia equivale a dire “religione” “teologia” - l'antropologia è sospetta – occorre abbandonare l'antropologia e chiamare la filosofia “pensiero” : si tratta di pensare senza pensare che l'uomo pensa ( la storia procede per sequenze discontinue, singolarità storiche, non c'è alcun divenire dell'uomo o continuità del senso – infatti la parola “uomo” è utilizzata solo nel discorso moderno)– pensare entro il vuoto dell'uomo scomparso – lasciar venire un inizio umano, anzi inumano grazie al vuoto dell'uomo. Oggi → ritorno all'umanismo classico, ma senza dio ne progetto – per cui l'uomo è ridotto a corpo animale. Ci si preoccupa solo della sopravvivenza della specie – la bioetica provvederà al nostro perfetto divenir formiche-maiali - ma una specie è per eccellenza ciò che si addomestica e in quanto ridotti a specie la prima operazione che si esercita è l'addomesticamento – si promuove come spettacolo e come norma il corpo vittimario (oggi si parla dell'uomo solo sottoforma di suppliziato,affamato,genocidiato perché l'uomo non è altro che il dato animale di un corpo la cui attestazione spettacolare, fin dai tempi circensi, è la sofferenza) – si vuole imporre un umanismo animale in cui l'unico valore è la vita biologica – l'uomo è un animale che fa pietà (la pietà è conferma del naturalismo imperante) – ridurre tutto al presente, senza alcuna apertura a un possibile inedito, porta con sé il rischio di fare dell'uomo una bestia o rimanere in ciò che si è → dispositivo aristotelico: da una parte la natura / dall'altro il diritto che si sforza di correggere gli eventuali eccessi perché la cosa più temuta è il non-naturale, il mostruoso (non emendabile per mezzo del solo diritto) una volta raggiunto il proprio telos storico all'uomo non resta che il dispegamento dell'oikonomia – assunzione della vita biologica come compito politico supremo – tutto trasformato in “spettacoli” culturali (addomesticamento ! Strumentalizzazione del desiderio – estinzione delle forze smisurate nel loro spettacolo : ci si soddisfa come passivi spettatori). Lo stato di abbondanza è uno stato di voyeurisme – la monotonia dello spettacolo ideologico rinvia alla passività della vita, alla sopravvivenza. Gesti futili, privati di senso, sbiaditi a forza di alimetare brillanti compensazioni immaginarie post (sto leggendo Vaneigem, non potevo risparmirvi questo brano, il contralatre dello spirio del su-scritto) Il grido di Munch: un uomo travolto da una folla, visibile da lui soltanto, urla improvvisamente per romepre il maleficio, richiamarsi a sé, rientrare nella propria pelle. Ci si alcolizza perché l'alcool dispone tutto su un piano teatrale intimo – è possibile così sfondare il muro dell'isolamento. Ma una volta sfuggito a questo si resta bloccati nell'imponderabilità. Ovunque la libertà arretra di un palmo, aumenta di cento volte il peso dell'ordine delle cose. Esclusi dalla partecipazione autentica, i gesti dell'uomo deviano nella fragile illusione di essere insieme o nel suo contrario, il rifiuto brutale del sociale. E l'amore a sua volta ingravida l'illusione di unità. L'isolamento a due non reiste all'isolamento di tutti. Il piacere si rompe prematuramente, gli amanti si ritrovano nudi nel mondo, i loro gesti volgono in gesti ridicoli e senza forza. Non c'è amore possibile in un mondo infelice. Adattarsi al mondo è un gioco di testa /croce, in cui si decide in anticipo che il negativo deve essere positivo, che l'impossibilità di vivere fonda la condizione, sine qua non, della vita. L'alienazione viene fatta passare per un bene inalienabile. Mutuata in positività, la coscienza dell'isolamento non è altro che la coscienza privata, brandello di individualismo trasferibile che la gente si tira dietro come sua proprietà, ingombrante e cara. È una sorta di piacere-angoscia che impedisce sia di istallarsi nell'illusione comunitaria che di restare bloccati nel sottosuolo dell'isolamento. La terra di nessuno dei rapporti neutri si estende dall'accettazione delle false collettività al rifiuto globale della società. I rapporti neutri offrono la forma meno faticosa del disprezzo – permettono di passare senza frizioni inutili attraverso i passaggi obbligati nelle macine dei contatti quotidiani. Prefigurano delle forme di urbanità superiori. Ma l'inumanità dei rapporti neutri non è che un tempo morto nella lotta incessante contro l'isolamento – un punto di passaggio rapido che conduce verso la comunicazione e più spesso verso l'illusione comunitaria. La gentilezza dei rapporti neutri costruisce sulla sabbia: il tempo vuoto non mi giova mai. Il piacere-angoscia equilibrato dei rapporti neutri partecipa al meccanismo generale di demolizione degli uomini. È preferibile entrare nel rifiuto radicale tatticamente elaborato che bussare gentilmente a tutte le porte dove si scambia una sopravvivenza con un'altra. La società tecnica inventa l'ideologia della libertà e della felicità – una libertà di apatia e una felicità nella passività. La fraternità nella malattia è quanto di peggio possa capitare a una civiltà. Ogni gesto meccanico, specializzato fino all'esaurimento dello spirito e del corpo – non è più nemmeno la fine di una vita ma un'assenza (di vita) giunta a saturazione – da qui il fascino per le apocalissi e le distruzioni gigantesche, gli annientamenti completi, le morti brutali, pulite, totali. O lo spettacolo attorno alle miserie e dolori particolari per consolare chi guarda e distoglierlo dal desiderio di perire. La disperazione è onnipresente – dargli una causa (fine amore,morte di un fanciullo...)non è che coglierne un'ombra – il lutto è un pretesto, un modo comodo di eiaculare il nulla a piccoli colpi. Negli altri è sempre me che cerco, il mio arricchimento e realizzazione – per legarmi agli altri devo vedere in loro ciò che mi lega alla parte più esigente della mia volontà di vivere. L'Altro in cui non mi colgo non è che una cosa – infatti è all'amore delle cose che mi invita l'altruismo. All'amore del mio isolamento.
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