Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Il secondo Cinquecento, Appunti di Storia Dell'architettura

Michelangelo (Facciata S.Lorenzo, Sagrestia Nuova, Biblioteca Laurenziana, Piazza del Campidoglio, Palazzo Farnese, S.Pietro, Porta Pia) Palladio (Basilica, Palazzo: Chiericati, Valmarana, Thiene; Lozzia del Capitaniato; Ville: Emo, Barbaro, Malcontenta, Rotonda; S. Giorgio Maggiore, Chiesa del Redentore) Vignola (Villa Giulia, Vila Farnese a Caprarola, Chiesa del Gesù, Sant'Andrea, Sant'Anna) Maderno (Facciata di S. Susanna, S. Pietro, Palazzo Barberini).

Tipologia: Appunti

2017/2018

In vendita dal 13/01/2022

___rob
___rob 🇮🇹

4.3

(10)

65 documenti

1 / 14

Toggle sidebar

Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Il secondo Cinquecento e più Appunti in PDF di Storia Dell'architettura solo su Docsity! IL SECONDO CINQUECENTO giovedì 6 dicembre 2018 09:26 MICHELANGELO Michelangelo Buonarroti nacque nel 1475 a Caprese e la sua produzione fu tale da farlo definire da Giorgio Vasari una “vera benedizione di Dio”. A Firenze, Michelangelo compì i suoi primi studi, finché decise di spostarsi a bottega nonostante la non benevolenza del padre. Si formò soprattutto copiando affreschi di Giotto e Masaccio, si applicò allo studio della scultura guardando la collezione antica dei Medici e studiò anche altri artisti come i Pisano e Donatello. Dopo le prime esperienze fiorentine come scultore, si sposta a Roma nel 1496 e vi rimarrà fino al 1501, per far ritorno a Firenze. Nel 1505 Giulio Il lo vuole a Roma e, fino al 1536, anno in cui si stabilisce definitamente nella Città, si dedicò a diverse imprese artistiche di grande portata, che riguardavano anche la stessa Firenze. Nel 1564 muore, mentre lavorava ancora alla sua ultima opera, la Pietà Rondanini. Michelangelo riteneva che lo scopo dell'arte fosse l'imitazione della natura, solo indagando la quale si poteva arrivare alla bellezza. Strumento principale di conoscenza per i pittori del tempo era la prospettiva. Michelangelo credeva, inoltre, che dalla natura occorresse scegliere i particolari migliori e che la capacità dell'artista stava nel creare, attraverso la propria mente, una realtà anche migliore della natura stessa. Con la caduta dei valori cattolici in seguito alla Riforma e al Sacco di Roma, divenne profondamente religioso, abbandonò lo studio del corpo umano per concentrarsi su quello della rappresentazione dell'anima e decise di dedicare tutta la sua produzione alla sfera religiosa. = FACCIATA DI SAN LORENZO Nel frattempo il figlio di Lorenzo il Magnifico, Giovanni, era salito al soglio pontificio col nome di Leone X e la città di Firenze era tornata ai Medici. Michelangelo lavorò per il nuovo papa fin dal 1514. In occasione di un viaggio del papa a Firenze nel 1516, la = 3 ==! facciata della chiesa "di famiglia" dei Medici, San Lorenzo, era 2 ZI stata ricoperta di apparati effimeri realizzati da Jacopo ì Sansovino e Andrea del Sarto. Il pontefice decise allora di indire un concorso per realizzare una vera facciata, a cui parteciparono Giuliano da Sangallo, Raffaello, Andrea e Jacopo Sansovino, nonché Michelangelo stesso, su invito del papa. La vittoria andò a quest'ultimo, all'epoca impegnato a Carrara e Pietrasanta per scegliere i marmi per il sepolcro di Giulio Il. Il progetto di Michelangelo, per il quale vennero eseguiti numerosi disegni e ben due modelli lignei (uno è a oggi a Casa Buonarroti) prevedeva una struttura a nartece con un prospetto rettangolare, forse ispirato a modelli di architettura classica, scandito da potenti membrature animate da statue in marmo, bronzo e da rilievi. Si sarebbe trattato di un passo fondamentale in architettura verso una concezione nuova di facciata, ma articolata in modo unitario, dinamico e fortemente plastico. Il lavoro procedette a rilento, a causa della scelta del papa di servirsi dei più economici marmi di Seravezza, la cui cava era mal collegata col mare, rendendo difficile il loro trasporto per via fluviale fino a Firenze. Nel settembre 1518 Michelangelo sfiorò anche la morte per una colonna di marmo che, durante il trasporto su un carro, si staccò colpendo micidialmente un operaio accanto a lui, un evento che lo sconvolse profondamente. In Versilia Michelangelo creò la strada per il trasporto dei marmi, ancora oggi esistente (anche se ampliata nel 1567 da Cosimo I). Nel 1520 il contratto fu rescisso, per la difficoltà dell'impresa e i costi elevati. In quel periodo Michelangelo lavorò ai Prigioni per la tomba di Giulio Il. SAGRESTIA NUOVA DI SAN LORENZO Mentre realizzava il primo e il secondo affresco della Cappella Sistina, fra il 1519 e il 1534, Michelangelo progettò la Sagrestia Nuova, chiamata così per distinguerla da quella Vecchia di Brunelleschi, realizzata un secolo prima. Era destinata ad accogliere le tombe dei Medici e, accanto, venne costruita la Biblioteca Laurenziana, che ne doveva conservare il loro patrimonio culturale. Cacciati nel 1494, i Medici ritornarono a Firenze già nel 1512, dove riuscirono a ricostruire la Signoria, mantenuta fino al 15327. In quell'anno, Firenze si dotò di un sistema Repubblicano, di cui Michelangelo ne faceva parte. La Repubblica finì rovinosamente quanto nel 1530 Clemente VII si alleò con Carlo V, che riportò i Medici a Firenze e quindi permise la ricostruzione del Ducato. Rispetto alla Vecchia, mantiene una pianta composta da due quadrati adiacenti, di cui uno maggiore e uno minore. Entrambi gli spazi sono coperti da cupole emisferiche che poggiano su pennacchi. La più grande, a modello del Pantheon, è sormontata da una lanterna: è scavata internamente da cinque anelli concentrici, l'estradosso è realizzato in squame di terracotta, contro il quale spicca il bianco della lanterna. Dotata di ampie superfici vetrate, è circondata da colonnine binate composite che reggono un pezzo di trabeazione, e la copertura è conica con profilo concavo. La pietra sembra essersi fatta liquida e plasmabile. | materiali impiegati da Michelangelo sono della tradizione, come il bianco per le pareti e il grigio della pietra serena per le membrane architettoniche, ma vengono sfruttati in una maniera tale da far dimenticare la sobrietà del periodo brunelleschiano. La continuità verticale dell’intelaiatura, infatti, pare essere spezzata da una linea retta orizzontale, la trabeazione, che pur non essendo decorata, individua due parti diverse nella composizione del muro. Non vengono riprese le proporzioni della Sagrestia Vecchia, per cui la Nuova appare più slanciata. All'interno erano previsti i sepolcri, ma furono realizzati solo due, quello di Lorenzo duca d'Urbino e quello di Giuliano duca di Nemours, rispettivamente nipote e fratello di Leone X. Michelangelo usa il marmo bianco e restringe lo spazio tra i sepolcri e la parete, ottenendo così un unico blocco. Sul coperchio dei sepolcri appaiono le allegorie del Giorno, della Notte, dell'Aurora e del Crepuscolo. All'interno delle nicchie, altre statue, tutte realizzate da Michelangelo. 9 BIBLIOTECA LAURENZIANA Mentre concludeva la Sagrestia Nuova, realizza il vestibolo della Biblioteca, uno spazio esiguo che, tramite una scalinata, immette nell'ampio salone. La biblioteca ha pareti dall'esiguo spessore, contraffortate all'esterno per non gravare sulla struttura sottostante. Si tratta di un vasto spazio a pianta rettangolare, ritmato da paraste e finestre, avente una copertura piana di legno il cui cassettonato conferisce una continuità strutturale fra le paraste e le travature orizzontali. Michelangelo provvide ai disegni dei cassettoni, del pavimento, alla progettazione delle sedute e dei tavoli da lettura studiando la corretta posizione del corpo. La sala avrebbe dovuto concludersi con un ambiente trapezoidale che avrebbe dovuto contenere i libri più preziosi. Michelangelo, anche in questo caso, decide di suddividere la parete attraverso un elemento orizzontale. Alle colonne binate incassate nella Cia muratura corrispondono superiormente coppie di paraste. Le colonne sembrano poggiare su dei mensoloni la cui funzione è puramente estetica e aiutano a conferire alle stesse maggiore altezza. Tra le colonne, le finestre sono cieche, poggiano su dei piedritti rastremati verso il basso e hanno timpano alternato rettilineo e curvilineo. L'impressione che si ha all'intemo è quella di guardare le facciate di un edificio. Quasi tutto lo spazio interno è occupato dalla scalinata, di cui direzione del cantiere a Carlo Maderno, il quale dovette affrontare la questione del completamento della basilica. Le intenzioni del pontefice erano probabilmente quelle di far coesistere le navate longitudinali dell'antica basilica costantiniana, con il corpo centrico cinquecentesco, tuttavia, con l'elezione di papa Paolo V prevalse l'orientamento di concludere la pianta centrale di Michelangelo con un nuovo corpo longitudinale. Consapevole di questi desideri Maderno approntò un disegno, forse il primo suo progetto noto per la basilica di San Pietro, che prevedeva l'inserimento di uno spazio biassiale giustapposto a quello esistente. Nel progetto erano comprese due grandi cappelle, che fungevano da raccordo tra l'ambulacro cinquecentesco e il corpo longitudinale. La pianta assumeva una forma scalare, restringendosi sensibilmente verso la facciata della chiesa; quest'ultima era aperta da un grande atrio, che introduceva un ulteriore asse trasversale nella composizione. Il progetto di Carlo Maderno fu tradotto in un modello ligneo nel 1607. Nel progetto definitivo Maderno mantenne le cappelle di raccordo tra la navata e la pianta centrale previste nel suo primo disegno, ma eliminò sia la composizione biassiale del braccio est, sia l'arco trionfale che doveva fungere da collegamento tra la nuova navata e il nucleo michelangiolesco; in ogni caso la distinzione tra le parti fu rimarcata da un lieve risalto tra la volta a botte della crociera e quella della navata; navata che originariamente era separata dalla crociera michelangiolesca da alcun gradini e da una diversa tipologia di pavimentazione. L'opera, realizzata a partire dal 1608, mutò radicalmente il progetto di Michelangelo e attenuò l'impatto della cupola sulla piazza antistante. Le campate trasformarono la chiesa in un organismo a tre navate, con profonde cappelle inserite lungo le mura perimetrali. Nel clima della Controriforma la pianta fu così ricondotta a una croce latina; come è stato osservato, si trattava di una tipologia capace di ospitare un maggior numero di fedeli, che trasformava la chiesa in uno "strumento di culto di massa". Le navate laterali furono coperte con cupole a pianta ovale, incassate nel corpo della basilica e caratterizzate all'esterno solo da piccole lanterne. Contestualmente alla costruzione della navata, Maderno pose mano anche alla facciata, dove riprese l'ordine gigante previsto da Michelangelo, reinterpretandolo però su un unico piano prospettico, senza il marcato avanzamento del pronao centrale. A lavori praticamente ultimati, per volontà di papa Paolo V, alla facciata vennero aggiunti i corpi dei campanili laterali. Successivamente la questione dei campanili fu ripresa da Gian Lorenzo Bernini. PORTA PIA Verso il 1560 progettò la monumentale Porta Pia, vera e propria scenografia urbana con la fronte principale verso l'interno della città. Il portale con frontone curvilineo interrotto e inserito in un altro triangolare è fiancheggiata da paraste scanalate, mentre sul setto murario ai lati si aprono due finestre timpanate, con al di sopra altrettanti mezzanini ciechi. Dal punto di vista del linguaggio architettonico, Michelangelo manifestò uno spirito sperimentale e anticonvenzionale tanto che si è parlato di "anticlassicismo". PALLADIO Nacque a Padova nel 1508. Lavorò inizialmente a Vicenza come manovale e solo dopo aver conosciuto il letterato Trissino poté avere un'educazione umanistica. Nel 1541 effettuò assieme a Trissino il primo di tanti viaggi a Roma, dove poté studiare le architetture di Bramante, Raffaello e quelle recenti di Michelangelo, che non solo rilevò e disegnò in pianta e prospetto, ma anche in proiezione ortogonale. Nel mentre, cominciava, per opera di Trissino, ad essere conosciuto come Palladio, attributo derivante da Athena Pàllade. Molti dei disegni che fece a Roma costituirono parte integrande del suo trattata | quattro libri dell'architettura, pubblicato a Venezia nel 1570. La sua attività si svolge soprattutto a Vicenza, ma nel 1561 si trasferisce a Venezia e aiuta la città a migliorare da un punto di vista urbanistico. Nel 1570, trasferitosi stabilmente, ottiene la carica di architetto ufficiale, ossia proto, della Serenissima. Non si sa in quale località sia morto, se a Vicenza o a Venezia, ma sicuramente nel 1580. Fra le più note realizzazioni di Palladio sono da annoverare, anche per il loro forte rapporto con il territorio circostante, le numerose ville che egli costruì nella campagna veneta. L'abitare in villa è un modo di vivere tipico dei ceti patrizi e borghesi della Repubblica di Venezia dell'epoca: tali ceti, non consideravano la residenza di campagna come un esclusivo luogo di svago, come avviene in Toscana, ma come un'unità produttiva. E per questo motivo che accanto alla residenza si trovano tutti quei fabbricati ad uso agricolo, come stalle, scuderie, magazzini, che prendono il nome di barchesse... Dopo varie sperimentazioni, la villa palladiana si stabilizza in una forma che diventa tipica e che avrà grande successo non solo in Italia, ma anche nel mondo anglosassone. La pianta è solitamente di forma quadrata o rettangolare, con la presenza di uno o più loggiati; il salone centrale, a sua volta quadrato, rettangolare o cruciforme, si configura come l'ambiente principale dell'edificio, attomo a cui si dispongono simmetricamente le scale e tutti gli altri ambienti abitativi e di servizio. BASILICA PALLADIANA A VICENZA La sua prima opera di notevole rilevanza, presso il Palazzo della Ragione di Vicenza, progetto approvato nel 1549, Palladio era solito riferirsi a questa struttura col nome di Basilica. Il suo intervento era teso a dare un nuovo involucro loggiato alla sede delle magistrature pubbliche, un edificio quattrocentesco dalla pianta fortemente irregolare, posto tra la Piazza dei Signori e la Piazza delle Erbe. Il rispetto della posizione di tre varchi preesistenti e la volontà ordinatrice e regolatrice condussero Andrea a includere, entro un doppio ordine di pilastri con semicolonne addossate (tuscaniche inferiormente e ioniche superiormente) un complesso di serliane doppie, già adoperate da Sansovino nella Libreria Marciana, che {| occupanol'intero spessore del muro. La posizione fissa delle semicolonne trabeate e la luce costante degli archi suggerisce una scansione regolare che nella realtà non esiste: Palladio poté apportare vari accomodamenti, cambiamento volta per volta, e a ogni campata, la distanza fra pilastri e coppie di colonne libere che sostengono le serliane, in maniera tale da realizzare un secondo prospetto il più armonico possibile. PALAZZO CHIERICATI Sito a Vicenza in piazza Matteotti, è progettato nel 1550 come residenza nobiliare per i conti Chiericati, tra i quali, Girolamo Chiericati, era stato colui che aveva permesso a Palladio di occuparsi della Basilica di Vicenza. Fu completato solo alla fine del Seicento ed oggi è patrimonio dell'Unesco e sede di un museo. Per questo palazzo, Palladio utilizzò una tipologia inedita per le residenze cittadine, che ricorda le ville romane. Il palazzo presenta un corpo centrale con due ali simmetriche leggermente arretrate, dotate di grandi logge al piano nobile. La pianta, allungata, è determinata dalle dimensioni del sito: l'atrio centrale biabsidato è fiancheggiato da due nuclei di tre stante, ognuna con una scala a chiocciola di servizio e una monumentale. Per conferire magnificenza all'edificio, ma anche per proteggerlo dalle frequenti inondazioni, Palladio lo solleva su un alto podio, ponendo al centro una monumentale o ? Ci i etti scalinata: il riferimento all'antico è palese. Il piano inferiore Bla e Sa eae e of 4 presenta un portico colonnato lungo tutta la facciata ordine dorico, con la relativa trabeazione a metope e trig piano superiore è ionico, con fregio continuo e si chiude con una loggia alle estremità. L'armonica facciata si struttura quindi di due ordini sovrapposti, soluzione mai utilizzata per una residenza privata in città. PALAZZO VALMARANA Costruito nel 1565 a Vicenza, è commissionato Isabella Valmarana, dove però la scelta dell'architetto è data dal marito, Giovanni Alvise, che assieme a Chiericati e Trissino, aveva sostenuto il progetto di Palladio per la Basilica. La facciata del palazzo è nella produzione di Palladio considerata una delle più singolari. Per la prima volta, compare l'ordine gigante in un palazzo: sicuramente deriva dagli esercizi di Palladio sugli edifici religiosi. Il prospetto si compone quindi di sei paraste di ordine corinzio. PALAZZO THIENE Fu realizzato da Palladio, ma si dice sulla base di un progetto di Giulio Romano. Nel 1542, Marcantonio e Adriano Thiene diedero inizio ai lavori di ristrutturazione del palazzo gotico di famiglia, ponendosi come obiettivo un progetto grandioso che avrebbe occupato un isolato intero, di 54x62 metri. Ricchi e potenti, i fratelli Thiene fanno parte della grande nobiltà italiana, si muovono con naturalezza nelle corti europee, per cui hanno bisogno di un palazzo degno del loro nome; in più, come referenti politici dell'aristocrazia cittadina, vogliono rimarcare il proprio ruolo in città. E molto probabile che l'ideazione del palazzo sia da attribuirsi a Giulio Romano, che dal 1523 era presso i Gonzaga a Mantova, con i quali i Thiene erano in stretti rapporti, e che Palladio non sia altro che il responsabile della progettazione esecutiva e della realizzazione dell’edificio, ruolo molto importante soprattutto a seguito della morte di Giulio. Sono chiaramente riconoscibili gli elementi di Giulio: l'atrio a quattro colonne è identico a quello di palazzo Te, anche se il sistema delle volte è stato modificato da Palladio, così come le finestre e la parte inferiore del prospetto sulla strada e sul cortile, mentre le trabeazioni e i capitelli del piano nobile sono da attribuirsi a Palladio. et N LOGGIA DEL CAPITANIATO o PALAZZO DEL CAPITANIATO Di fronte alla Basilica, il palazzo fu progettato nel 1565 e costruito dal 1571 fino al 1572. La città di Vicenza chiese a Palladio di realizzare un palazzo per il capitanio, ossia il rappresentate della Repubblica di Venezia in città e doveva sostituire il preesistente edificio tardo- medievale. In tal maniera, Palladio si trova impiegato su due fronti, il Capitaniato e la Basilica. Con tale progetto, poté sfruttare tutto ciò che aveva appreso e in tal modo raggiunse uno dei massimi vertici della propria carriera. L'edificio sfrutta l'ordine composito gigante, sia in altezza che in larghezza. AI piano terra, vi è una grande loggia coperta da volte, che sorreggono un piano nobile. La facciata è scandita da quattro semicolonne in mattoni a faccia vista e tre grandi arcate: le colonne erano state pensate per essere stuccate in bianco. Le decorazioni sono realizzate in pietra d'Istria e stucchi. Le arcate sono sormontati da balconi e l'ultimo piano è un attico. Le decorazioni della facciata principale rappresenta figure che versano acqua, a simboleggiare i fiumi. Sull'altra facciata, Palladio lavora sul tema degli archi di trionfo. navate laterali, ossia di una seconda facciata templare, sorretta da paraste corinzie, con fregio tripartito e timpano aggettante, interrotta dalla prima facciata. La pianta comprende un grande ambiente rettangolare diviso in tre navate nella parte anteriore, un transetto poco profondo terminate con due esedre ed infine il presbiterio, allungato alla maniera degli ordini benedettini e terminate con una abside. All'intemo, il visitatore non si rende conto della pianta allungata, ma pensa di essere in un corpo centrale e questo è dato dall'assenza del transetto. In fin dei conti, Palladio preferiva le piante centrali. Nell’intersezione tra corpo longitudinale e trasversale, si installa una cupola. La navata centrale è coperta da volta a botte, mentre quelle laterali da volte a crociera e si ripete l'ordine di semicolonne e paraste composite. CHIESA DEL REDENTORE La decisione di costruire la chiesa avviene nel 1576, quando sulla città di Venezia infuria una epidemia di peste. Eretta sul Canale della Giudecca, la chiesa presenta una facciata costituita da diversi timpani, proprio come la Basilica di San Giorgio: il primo, che corrisponde alla navata centrale, è quello più predominante, d'ordine corinzio, con due semicolonne ad inquadrare l'ingresso e due paraste angolari, reggono un fregio tripartito e un frontone a dentelli; il prospetto corrispondente alle navate laterali è tagliato da quello principale, ma il suo fregio pare continuare a livello del portale, dove due colonne corinzie reggono nuovamente la trabeazione. Ad imitazione del Pantheon, si staglia un muro, che nasconde parte della cupola. La pianta presenta una sola navata, con tre cappelle per lato. Vi si accede poi ad un transetto eccentrico, sul quale si staglia la cupola, i cui bracci sono ottenuti attraverso due esedre; una terza esedra preceduta da diaframma di quattro colonne individua il presbiterio e alle spalle di questo il coro. Anche in questo progetto, Palladio trova il modo di unire una pianta longitudinale a quella centrale, L'intemo, è decorato da semicolonne composite e si trova l'utilizzo di marmi e la struttura è in mattoni, stuccata. Alcuni degli elementi della chiesa sono realizzati in serie, come i capitelli. JACOPO BAROZZI DA VIGNOLA Nato a Vignola nel 1507, muore a Roma nel 1573. Fu uno dei più importanti esponenti del manierismo; il suo primato nell'ambito architettonico è dato sia dalle sue opere, che soprattutto al suo trattato, Regola delli cinque ordini d'architettura, nel quale tratta l'ordine architettonico. Ebbe modo di collaborare con Baldassarre Peruzzi presso il cantiere del Belvedere, e fu così introdotto alla Fabbrica di San Pietro. Si trasferì definitivamente a Roma negli anni Cinquanta e divenne l'architetto di riferimento dei Farnese. Assunse anche l’incarico, dopo la morte di Michelangelo, della Basilica di San Pietro. VILLA GIULIA La villa attuale, voluta da Giulio III, è parte di una precedente proprietà, che conteneva tre vigne. Vasari sostiene che alla progettazione della villa fosse intervenuto interamente anche il papa, la ma realizzazione e la decorazione avvenne successivamente per opera di diversi artisti, come lo stesso Vignola, Michelangelo e anche Vasari. Alla villa si accedeva attraverso una entrata urbana sulla Via Flaminia e sul retro si trovava un giardino: si individuano così due mondi, tipica concezione romana. Il casino è costruito su progetto di Vignola dal 1551 fino al 1553. Il papa spese grandi cifre per poter rendere ancora più bella la sua dimora, che è uno degli esempi di architettura manierista. La sua organizzazione prevede una forte simmetria secondo un —— nni asse principale, articolata in diverse zone tutte regolate da giardini su tre livelli diversi. Il fronte urbano di Vignola è una facciata severa su due piani della stessa altezza: è messo in risalto il centro, ossia l'entrata principale, attraverso tre archi di trionfo sostenuti da, al piano inferiori, spesse colonne doriche; al lato di queste entrate, simmetricamente, due aperture. La parte posteriore presenta la loggia di Ammanati, così conosciuta, che si affaccia su uno dei tre cortili a diversa quota. La loggia dà accesso ad un giardino ed il passaggio al secondo cortile avviene attraverso due scale in marmo che conducono al centro del complesso, ossia il Ninfeo a quota inferiore, sfruttato per i pranzi d'estate. Questa composizione su tre livelli di? î= loggia si articola attorno ad una fontana centrale, realizzata con statue in a a marmo che raffigurano divinità dei fiumi e cariatidi. Come già accennato, esistevano delle vigne, quindi un giardino della tipica concezione italiana, geometrico e ben ordinato. VILLA FARNESE A CAPRAROLA 4 :. In provincia di Viterbo, fu costruito per la famiglia Farnese e fu una delle loro molte dimore signorili. Inizialmente, doveva assumere un carattere difensivo, che era molto comune al tempo. La realizzazione della residenza fu voluta dal cardinale Alessandro Farnese il Vecchio e la affidò ad Antonio da Sangallo il Giovane, che progettò una rocca pentagonale con bastioni angolari; i lavori cominciarono nel 1530 ma sospesi nel 1546, a causa della morte di Sangallo. Il cardinale Alessandro il Giovane, volendo continuare l'impresa del nonno, affidò nel 1547 i lavori a Vignola, ma cominciarono solo nel 1559. Venne meno, a livello progettuale, lo scopo difensivo, così Vignola modificò la pianta di Sangallo. La costruzione, pur mantenendo la pianta pentagonale, venne trasformata in un imponente palazzo rinascimentale, successivamente sede estiva del cardinale e della sua corte. AI posto dei bastioni d'angolo, furono inserite ampie terrazze per godere del panorama sulla campana, al centro invece della residenza fu realizzato un cortile su due piani, del quale il superiore leggermente arretrato, mentre quello inferiore presenta una leggera pendenza verso il centro, che confluisce nella “bocca della verità”, un pozzo che raccoglieva l’acqua piovana in maniera tale da riutilizzarla. Vignola fece tagliare la collina attraverso delle scalinate, in maniera tale da isolare ma allo stesso tempo integrare il palazzo col contesto. Inoltre, fu aperta una strada rettilinea, voluta probabilmente dallo stesso Vignola demolendo molte preesistenze del borgo, dalla cittadina in basso fino alla villa, in maniera tale da collegare i due centri. All'interno della dimora, lavorarono i migliori pittori ed architetti dell'epoca; ad essa erano annessi anche gli Orti Farnesiani, esempi di giardino tardo- rinascimentale, realizzato attraverso una serie di terrazzamenti alle spalle della villa. | vari ambienti della villa sono disposti secondo uno schema molto moderno: la zona estiva è a nord-est, dove non batteva il sole, la zona invernale a sud-ovest, dove batteva il sole. Per quanto riguarda le stanze della servitù, vennero naturalmente realizzate distanti dalle zone di rappresentanza, spesso ricavate nello RL TILI TORI spessore murario, e ad essere si annettevano cucine e a ana na. magazzini; proprio nella zona di servizio compare una el singolare scala elicoidale, nel cui corrimano vi era una fuga E pEr TUE ah che permetteva di far giungere velocemente messaggi riservati (scala del cartoccio). CHIESA DEL GESÙ La costruzione della chiesa è considerata una svolta nella storia dell’arte, perché fu la prima ad essere costruita secondo lo spirito del Concilio di Trento: è stata progettata con un’unica navata, in maniera tale che l'attenzione dei fedeli fosse focalizzata sull'altare. Costruire questa chiesa era stato volere di Ignazio da Loyola, fondatore dei gesuiti, giù nel 1551. Papa Paolo III nel 1540 ne aveva autorizzato la costruzione nei pressi della sua dimora, Palazzo Venezia. Ma per mancanza di fondi, la chiesa non fu mai realizzata mentre Ignazio era ancora in vita. | lavori cominciarono solo nel 1568, quando a capo della Compagnia dei Gesuiti vi era Francesco Borgia e quando il cardinale Alessandro Farnese, nipote di Paolo III, costituì un fondo per la costruzione. | primi progetti della chiesa furono affidati a Nanni di Baccio Biagio, architetto fiorentino; nel 1554, la pianta fu rielaborata sia da Michelangiolo prima che da Vignola poi, con due modifiche: una grande navata con pulpito laterale per la predicazione, un altare centrale per la celebrazione dell'eucarestia. I lavori furono diretti da Vignola dal 1568 fino alla sua morte, quando il cantiere passò a Giacomo della Porta, che rielaborò il disegno della facciata e progettò una cupola. La Chiesa del Gesù è stata modello per gli edifici di culto dei gesuiti. La chiesa presenta andamento longitudinale con una sola navata, coperta da volta a botte, affiancata da tre cappelle per lato, un presbiterio e una cupola nell’incrocio del transetto (i cui bracci sono delle cappelle). La cupola di della Porta si imposta su un tamburo ottagonale, mentre per quanto concerne la facciata è sovrastata da timpano; l'accesso alla chiesa avviene attraverso tre portali, affiancati da gruppi di paraste corinzie, il portale principale presenta delle semicolonne; al pian superiore, il modello viene ripreso, con una finestra ad arco affiancata da colonne ioniche che reggono un timpano. | lati della chiesa presentano decorazioni a dorso di delfino. SANT'ANDREA SULLA VIA FLAMINIA Papa Giulio III la fece erigere verso il 1553, all'interno della sua Villa Giulia, come ricordo della sua fuga da Roma: durante il Sacco da parte die Lanzichenecchi, quando egli era ancora cardinale, fu uno degli ostaggi e probabilmente sarebbe finito giustiziato. Riuscì a fuggire dalla città il 80 novembre, giorno dedicato all'apostolo Andrea, fratello di Pietro, per cui la chiesa è di tipo votivo. L'edificio è un parallelepipedo in laterizio lasciato a vista, la facciata principale però è in peperino, con un portale fiancheggiato da lesene corinzie e sormontato da timpano. La chiesa è unica nel suo genere, perché presenta una volta impostata su una cornice interna ovale. L'interno, secondo i dettami del Concilio, è ad una unica navata, terminate con una piccola abside rettilinea. Dal punto di vista architettonico, nonostante le dimensioni esigue, rappresenta la crasi tra cultura umanistica e gli edifici di culto della Controriforma. SANT'ANNA DEI PALAFRENIERI La chiesa, a pianta ovale, la prima di questo genere, fu edificata sotto il pontificato di Pio IV intorno al 1565; fu realizzata dall'arciconfraternita dei Parafrenieri, sedari pontifici, il cui scopo è il culto di Sant'Anna e il suffragio delle anime dei defunti. La facciata della chiesa dà direttamente sullo Stato pontificio, ed è affiancata da due campanili,
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved