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Il secondo cinquecento e la commedia dell’arte, Schemi e mappe concettuali di Storia del Teatro e dello Spettacolo

Il secondo cinquecento e la commedia dell’arte

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2016/2017

Caricato il 25/05/2023

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kika-milanista4ever-99 🇮🇹

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Scarica Il secondo cinquecento e la commedia dell’arte e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Storia del Teatro e dello Spettacolo solo su Docsity! IL SECONDO CINQUECENTO E LA COMMEDIA DELL’ARTE Il Cinquecento è detto il secolo breve in quanto nel 1547 erano già morti tutti i grandi autori della civiltà rinascimentale (Ariosto, Machiavelli, Guicciardini ecc). e se prendiamo in considerazione la data di pubblicazione e di composizione delle loro opere, il Rinascimento appare sostanzialmente già tutto compreso entro il terzo decennio. La stagione teatrale rinascimentale ha quindi una fioritura ricca ma di breve durata. Nel 1548 comincia la codificazione aristotelica con Francesco Robortello, e ha un altro momento importante con Lodovico Castelvetro nel 1570. Prima di queste date la cultura dei commediografi era comunque riuscita a trovare da sola il modo di assestare il proprio lavoro. Il punto di partenza era stato il passo dell'Ars poetica di Orazio che fonda la scansione in cinque atti del testo teatrale. Era stato accolto anche il principio dell'unità di tempo di luogo, E così pure la scelta della prosa rispetto al verso. Era prevalsa anche la scelta del verso per la tragedia, struttura letteraria troppo solenne per potersi privare dell'accento più aulico garantita dal verso. Va detto però che la tragedia è una realtà assai minoritaria, scarsamente frequentata. I letterati scrivono moltissime tragedie ma pochissime sono rappresentate. La classe dirigente rinascimentale è laica, ama divertirsi, non ama interrogarsi sul significato profondo della vita. Uno dei pochi veri uomini di teatro del Cinquecento è sicuramente Leone de’ Sommi, in mezzo a tanti letterati, grazie alla propria esperienza di organizzatore teatrale e di vero e proprio direttore di spettacoli. L'originalità del suo trattato, “Quattro dialoghi in materia di rappresentazioni sceniche”, consiste nell'attenzione alla dimensione dello spettacolo. Il punto di vista privilegiato è quello dello spettatore, non quello del lettore. Egli dichiara con forza che ci può essere un testo bello sulla carta, che non risulta però tale sul palcoscenico, e viceversa. Ma soprattutto sorprendente è la richiesta che fa agli attori di essere ubbidienti all’autore dello spettacolo, e di accettare le lunghe prove. Siamo su una linea che rinforza la dimensione del professionismo teatrale. Il 25 febbraio 1545 otto uomini si presentano davanti a un notaio di Padova per stipulare un contratto. Hanno deciso di costituirsi una sorta di società per recitar commedie di loco in loco al fine di guadagnar denaro. Stanno insieme per un anno, e compreranno un cavallo per trasportare costumi e attrezzi di scena. Divideranno i guadagni in parti uguali, dandosi aiuto in caso di incidenti o malattie. Non si parla di che tipo ti commedie intendano mettere in scena, e nemmeno di problemi tecnici o artistici. Questo avvenimento ha inventato una nuova professione: la Commedia dell’Arte. Il teatro piace, e può diventare quindi una professione: facendolo pagare, anziché regalandolo. E a condizione di girare di loco in loco, perché occorre andare a cercarsi il pubblico. Le città sono infatti troppo piccole, per consentire a una compagnia di stare fissa in un posto determinato. Accanto a queste prime caratteristiche (la necessità di far pagare un biglietto, e di essere itineranti, sempre in viaggio, i Comici dell’Arte) mettono a fuoco, altri tratti che valgono a definire la specificità del loro modo di lavorare. Prima di tutto i ruoli fissi, in cui ogni attore si specializza, con il vantaggio evidente di una resa artistica più sicura (un attore interpreta sempre Pantalone, un altro sempre il Capitano e un altro ancora sempre l’Innamorato). Ogni attore ha il suo bagaglio di monologhi, spezzoni di dialoghi, sentenze ecc. che manda a memoria. Poi ci sono i canovacci che in qualche modo sostituiscono il testo, sulla base dei quali gli attori improvvisano le battute. Il termine canovaccio, in senso teatrale, indica un riassunto dell’intreccio della commedia, appunto a grandi linee. Anche nel primo Cinquecento non c’era un testo unitario: ogni attore sapeva solo il testo della sua parte. Era un sistema economico per non ricopiare tutto il testo. Il testo era diviso, distribuito fra gli attori, e si ricomponeva solo nello spettacolo, dalla somma delle parti dei diversi
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