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Il segreto dell’infanzia - Montessori riassunto, Schemi e mappe concettuali di Storia Della Pedagogia

Riassunto del libro “Il segreto dell’infanzia” di Maria Montessori

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2022/2023

Caricato il 18/01/2023

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Scarica Il segreto dell’infanzia - Montessori riassunto e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Storia Della Pedagogia solo su Docsity! Il segreto dell’infanzia – Montessori PREFAZIONE L’INFANZIA, QUESTIONE SOCIALE  Il bambino della società moderna è paragonato ad un uomo privo di diritti civili e di un ambiente proprio, relegato al margine della società  qualcosa cambia, però, all’inizio del XX secolo, con la nascita dell’igiene e del sentimento. I principi educativi iniziarono ad entrare sia nelle famiglie che nelle scuole.  l’infanzia inizia ad essere presa in considerazione (anche nei progetti politici). L’infanzia ora nasce come elemento sociale, il bambino diventa una personalità che ha invaso l mondo sociale, verso una grande riforma sociale, che annuncia nuovi tempi e una nuova era civile. Ora si lavora per due diverse umanità: - dell’adulto - del bambino.  l’infanzia costituisce l’elemento più importante della vita dell’adulto: essa è l’elemento costruttore  il bene o il male dell’età matura è legato alla vita infantile da cui ebbe origine.  lavorare per salvare l’infanzia significa conquistare il segreto dell’umanità.  La questione sociale dell’infanzia è paragonata a una PIANTA CON RADICI PROFONDE. PARTE PRIMA CAPITOLO I: IL SECOLO DEL BAMBINO Il progresso nella cura e nell’educazione dei bambini è stato rapido, collegabile così ad un risveglio di coscienza (dovuto a igiene infantile e cambiamento della personalità del bambino stesso, evoluta in aspetti nuovi).  la conoscenza della vita infantile diventa importantissima: è lo spirito del bambino che potrà determinare ciò che sarà il progresso reale degli uomini e l’inizio di una nuova civilizzazione. Il XX secolo fu definito in diversi modi:  Ellen Key profetizzò che esso sarebbe stato il “secolo del bambino”  Vittorio Emanuele III lo definì il “secolo dell’infanzia”. LA PSICOANALISI DEL BAMBINO  Maria Montessori analizza il ruolo della psicoanalisi nello studio dei bambini. La psicoanalisi non ha risolto nessun problema assillante nella pratica della vita, ma è stata utile per comprendere il contributo che può dare il bambino occulto.  la psicoanalisi ha superato la corteccia della COSCIENZA, ed è entrata nel subconscio, scoprendo il potere che esso ha sulle azioni dell’uomo. Questa scoperta viene paragonata al superamento delle colonne d’Ercole: Freud raggiunse l’oceano ma non lo esplorò, per questo le teorie non furono soddisfacenti. IL SEGRETO DEL BAMBINO Montessori afferma che la più grande scoperta della psicoanalisi è stata la psicosi nell’età dell’infanzia, derivata da ciò è definita la repressione dell’attività spontanea del bambino, perpetrata dall’adulto che ha la maggiore influenza sul bambino: la madre. Ci sono due piani di sondaggio incontrati dalla psicoanalisi:  Piano più superficiale: frutto dell’urto tra istinti dell’individuo e le condizioni dell’ambiente a cui l’individuo deve adattarsi  casi guaribili  Piano più profondo: il cosiddetto piano delle memorie infantili, quando si crea un conflitto tra bambino e madre/adulto (no tra uomo e ambiente sociale)  sono casi di difficile guarigione, è possibile solamente una anamnesi sulle presunte cause Maria Montessori afferma che le malattie che hanno le loro cause nell’infanzia sono le più gravi e le meno guaribili. Nell’infanzia sta, infatti, la fucina delle predisposizioni. Nonostante ciò, non si è giunti a nessuna azione pratica per la vita infantile  la psicoanalisi, infatti, non funziona nel bambino, occorre entrare nel campo di osservazione del bambino nella sua esistenza sociale e orientarsi verso quello che viene definito il bambino psichico. CAPITOLO II: L’ACCUSATO Riprendendo il concetto di repressione teorizzato da Freud, la Montessori afferma che il bambino non può espandersi come deve avvenire in un essere in via di sviluppo perché l’adulto lo reprime. Parla di accusa nei confronti dell’adulto, in quanto società responsabile dei bambini, una denuncia degli errori inconsci commessi, che porta quindi alla scoperta di sé stessi. La prima reazioni degli adulti a tale accusa è la difesa. Tuttavia, l’adulto, affermando di star facendo tutto ciò che può e che ama il bambino fino al sacrificio, afferma di trovarsi di fronte all’insuperabile, non rendendo così possibile un cambiamento del paradigma educazionale fino a quel momento adottato. E’ per questo motivo che Maria Montessori afferma che, per trattare il bambino diversamente, e salvarlo dai conflitti che mettono in pericolo la sua vita psichica, è necessario prima fare un passo fondamentale, essenziale, da cui tutto dipende: quello di modificare l’adulto. Occorre, dunque, anche nel caso del bambino la scoperta che conduce verso l’ignoto. Ciò perché è presenta una parte del bambino, il cosiddetto bambino ignorato, che non viene mai analizzata. Ma bisogna proprio ricercare tale bambino con spirito di entusiasmo e sacrificio, afferma Montessori, ed esso è il lavoro che tutti devono svolgere: senza differenze di razza o nazione: poiché si tratta di tirare fuori l’elemento CAPITOLO V: GLI ISTINTI NATURALI Montessori analizza il comportamento animale della madre successivamente alla nascita dei propri cuccioli. Sottolinea come la natura sviluppi le sue provvidenziali energie protettrici solo quando gli esseri possono liberamente obbedire agli istinti fondamentali (es: non hanno più la stessa cura per i propri cuccioli se sono chiusi in gabbia). La logica dell’istinto è, analizzando il comportamento animale, chiara: il neonato dei mammiferi dev’essere particolarmente assistito durante i suoi primi contatti con l’ambiente esterno, ed è dunque necessario tener conto di un periodo iniziale estremamente delicato, corrispondente alla sua venuta al mondo, al riposo necessario dopo lo sforzo enorme della nascita e all’inizio simultaneo di tutte le sue funzioni. dopo ciò comincia la cosiddetta prima infanzia, cioè il primo anno di esistenza, l’allattamento, la prima vita nel mondo. Sottolinea come le cure degli animali che isolano i propri figli non si limitano al corpo, ma si preoccupano anche del risveglio psichico degli istinti, per formare un altro individuo della stessa razza.  la missione delle cure materne è dunque ben superiore a quella puramente fisiologica, perché attraverso l’amore e le attenzioni delicate, si occupa soprattutto del risveglio degli istinti latenti.  si può dunque afferma che, attraverso le cure delicate che vanno necessariamente assicurate al bambino si deve mirare alla nascita spirituale dell’uomo. CAPITOLO VI: L’EMBRIONE SPIRITUALE L’INCARNAZIONE La parola incarnazione evoca la figura del neonato considerandola come uno spirito che si è racchiuso nella carne, per venire a vivere nel mondo. Nelle cure da prodigarsi al neonato si deve tener in conto la vita psichica, ed il progresso delle cure infantili consiste proprio in questo: nel considerare non solo la vita fisica, ma anche quella psichica del bambino, che il bambino possiede sin dalla nascita. Dunque, l’educazione, intesa come aiuto allo sviluppo psichico del bambino, deve cominciare fin dalla nascita. Si può pensare che il bambino possieda fin dalla nascita una autentica vita psichica, e si può ammettere che sussiste nel bambino un gioco di istinti anche rispetto alle funzioni psichiche (oltre che a quelle digestive). Quanto ai movimenti, invece, sembra che il bambino disponga di possibilità di sviluppo più lente —> mentre gli organi di senso funzionano sin dalla nascita, il movimento è ancora assai poco sviluppato, a cui il bambino giungerà fino a un anno più tardi. Con il termine incarnazione ci si riferisce a fatti psichici e fisiologici della crescita.  Incarnazione è il processo misterioso di una energia che animerà il corpo inerte del neonato e darà alle sue membra e ai suoi organi dell’articolazione della parola il potere di agire secondo volontà, e così si incarnerà l’uomo. Ogni essere nato non è soltanto un corpo materiale: esso include in sé delle funzioni che non sono quelle dei suoi organi fisiologici; ma sono le funzioni che dipendono dall’istinto. —> tutti gli istinti si manifestazione con il movimento e rappresentano caratteri della specie. Tutti quei caratteri che non sono il funzionare dell’organismo vegetativo, possono essere chiamati caratteri psichici. —> questi caratteri si trovano in tutti gli animali fin dalla nascita, dunque ci si chiede perché proprio l’uomo-bambino non ha tali caratteri.  Una teoria scientifica spiega che i movimenti istintivi degli animali sono la conseguenza di esperienze fatte dalla specie in epoche precedenti e trasmesse per eredità. —> lo spirito dell’uomo può essere così profondamente latente da non farsi manifesto come l’istinto dell’animale che è già pronto a rivelarsi nelle sue azioni stabilite. Il fatto di non essere mosso da istinti guida fissi e determinati come nell’animale è il segno di una insita libertà di azione che richiede una elaborazione speciale, quasi una creazione lasciata allo svolgimento di ogni individuo e perciò imprevedibile. Ognuno è diverso dall’altro, ognuno ha un proprio spirito creatore, che, afferma la Montessori, ne fa un’opera d’arte della natura. Ma tale lavoro è lento e lungo, prima che appaiono gli effetti esterni ci deve essere stato un lavoro intimo, che è la creazione di un tipo nuovo: è un enigma, un risultato a sorpresa. Quel lavoro attraverso cui si forma la personalità umana è l’opera occulta dell’incarnazione. L’uomo inerte è un enigma, appartiene a sé stesso e deve incarnarsi con l’aiuto della propria volontà. Il fatto stesso che i muscoli siano definiti “volontari” in fisiologia, indica che essi sono mossi dalla volontà, e nulla può indicare meglio il fatto che il moto è legato alla vita psichica, poiché ciascun movimento è un’associazione di azioni opposte. L’incarnazione individuale possiede dunque direttrici psichiche: perciò nel bambino deve esservi una vita psichica che precede la vita motrice ed esiste anteriormente a qualsiasi espressione esteriore ed indipendentemente da essa. La natura mette nel bambino nuove condizioni rispetto a quelle dei neonati animali. Lascia il campo dei movimenti libero dall’assolutismo imperante degli istinti. Vi sono anche degli istinti della specie, che impongono i caratteri fondamentali. L’uomo può tutto, sarà un costruttore volontario di tutte le sue funzioni di relazione con l’ambiente, sarà il creatore di un nuovo essere. Nella pratica della vita consueta, queste condizioni della natura infantile hanno portato molte conseguenze, che rappresentano un gran pericolo per la vita psichica del bambino. —> esse hanno fatto pensare erroneamente che il bambino stesso fosse inerte, un essere passivo e vuoto di vita psichica, che fa credere all’adulto di essere il plasmatore del bambino e il costruttore della sua vita psichica, attribuendosi così un potere quasi divino. Tuttavia, se il bambino porta in sé la chiave del suo enigma individuale, se ha un disegno psichico e delle direttive di sviluppo esse devono essere potenziali e delicate nei tentativi di realizzazione, dunque l’intervento dell’individuo adulto può cancellare quei disegni o deviarne le realizzazioni.  L’adulto, con il suo intervento, potrebbe cancellare questo disegno psichico e l’uomo crescerà deformato nella sua incarnazione. Questo è proprio il fondamentale tra i problemi pratici dell’umanità.  Tutta la questione è qui: che il bambino possegga una vita psichica attiva anche quando non può manifestarla, perché deve a lungo elaborare nel segreto le sue difficili realizzazioni. Il bambino che si incarna è un embrione spirituale che deve vivere a spese dell’ambiente, che ha bisogno di essere protetto da un ambiente esterno animato, caldo d’amore: dove tutto è fatto per accogliere e niente per ostacolare. Una volta compreso ciò, l’attitudine dell’adulto verso il bambino deve cambiare. Avviene un costante scambio fra l’embrione spirituale (l’individuo) e l’ambiente: grazie ad esso l’individuo si forma e si perfeziona. L’individualità psichica si sviluppa e si organizza così: il bambino si sforza di assimilare l’ambiente, e da tali sforzi nasce l’unità profonda della sua personalità. L’esercizio di questo sforzo produce uno sviluppo sempre attivo di energia costruttiva e contribuisce all’opera perpetua dell’incarnazione spirituale. Così si forma, da sola, la personalità umana. COSA HANNO FATTO IL PADRE E LA MADRE Il padre: ha agito unicamente dando una cellula invisibile. La madre: oltre a una cellula germinativa, ha dato l’ambiente vivo adatto, con i requisiti necessari alla protezione e allo sviluppo, affinché la cellula germinativa si segmentasse per attività propria.  Affermare che il padre e la madre hanno costruito il figlio, dunque, è errato. Bisognerebbe dire: l’uomo è stato costruito da bambino; costui è il padre dell’uomo. Lo sforzo che avviene nell’infanzia, afferma la Montessori, va considerato sacro: in questo periodo di formazione, infatti, si determina la personalità futura dell’individuo. Da tale responsabilità nasce il dovere di studiare e penetrare con approfondimento scientifico le necessità psichiche del bambino e preparargli un ambiente vitale. CAPITOLO VII: LE DELICATE COSTRUZIONI PSICHICHE I PERIODI SENSITIVI La sensibilità del bambino piccolissimo conduce a una costruzione psichica primitiva, la quale può rimanere occulta. Ciò che esiste nel bambino è la predisposizione a costruire un linguaggio, e non il linguaggio stesso. Qualcosa di simile accade con la totalità del mondo psichico, di cui il linguaggio costituisce una manifestazione esterna. Nel bambino esiste l’attitudine creatrice, l’energia potenziale per costruire un mondo psichico a spese dell’ambiente. Quando si parla di sviluppo si parla di un fatto constatabile esteriormente, ma che è stato da poco tempo penetrato in qualche particolare del suo meccanismo interno. Negli studi moderni vi sono due contributi per penetrare tale conoscenza: 1. Lo studio delle ghiandole a secrezione interna: esse riguardano la crescita fisica e si sono rese popolari per la immensa influenza che hanno avuto sulla cura dei bambini. 2. Lo studio dei periodi sensitivi: esso apre nuove possibilità di comprendere la crescita psichica del bambino. Fu lo scienziato olandese De Vries a scoprire negli animali i periodi sensitivi, successivamente questi periodi sensitivi furono ritrovati nella crescita dei bambini ed utilizzati dal punto di vista dell’educazione. Si tratta di sensibilità speciali, che si trovano negli esseri in via di evoluzione, cioè negli stati infantili, le quali sono passeggere, limitate all’acquisto di un determinato carattere: una volta sviluppato questo carattere, la sensibilità finisce —> così ogni carattere si stabilisce con l’aiuto di un impulso. Dunque, la crescita è un lavoro guidato da istinti periodici e passeggeri, che danno una guida, perché spingono a un’attività determinata, la quale differisce da quella dell’individuo allo stato adulto. Il bambino, infatti, è nel mondo come un “esposto”, cioè come un abbandonato: esposto a lotte per l’esistenza psichica, le cui conseguenze sono fatali per la costruzione definitiva dell’individuo. —> l’adulto non lo aiuta, perché non non comprende lo sforzo a cui il bambino si sottomette, e perciò non si accorge del miracolo che si sta realizzando: il miracolo della creazione dal nulla, compiuto da un essere in apparenza privo di vita psichica.  conseguenza di ciò è un nuovo modo di trattare il bambino: È necessario che l’adulto segua il bambino e lo aiuti fin dai suoi primi sviluppi. Non deve aiutarlo a costruirsi, perché tale compito spetta alla natura: deve rispettare delicatamente le manifestazioni di questo lavoro, fornendogli i mezzi necessari per la costruzione, quei mezzi che da solo non riuscirebbe a conseguire. Così come si analizzano le malattie del corpo, vanno analizzate le malattie della psiche. Segnali che la vita psichica si fonda su squilibri funzionali possono essere: morte, debolezza, arresti di sviluppo, superbia, cupidigia del potere, avarizia, ira, disordine. Da piccole cause possono derivare le più profonde deviazioni: l’uomo cresce e si matura in un ambiente spirituale che non è il suo. OSSERVAZIONI ED ESEMPI Per dimostrare l’esistenza di una vita psichica nei bambini piccolissimi non è possibile ricorrere esperienze scientifiche, non potrà, infatti, essere provato nulla in unità entro i limiti del primo anno di vita, essendo l’animazione un’incarnazione già in via di sviluppo. Dunque, le sensibilità del bambino sono suscettibili di osservazione, ma non di esperienza. Per questo motivo, la vita psichica del bambino va osservata studiandolo nel suo ambiente di vita normale. Si deve cominciare a farlo quando i sensi vanno afferrando e accumulando impressioni coscienti del mondo esteriore, poiché si sta sviluppando spontaneamente una vita a spese dell’ambiente esterno. Maria Montessori afferma che il bambino dovrebbe ricevere le sue prime impressioni sensibili dall’ambiente naturale e non da quello di una stanza. Per poter fare ciò, inoltre, bisogna sollevare il bambino poggiandolo su un piano leggermente inclinato perché egli possa abbracciare con lo sguardo tutto l’ambiente, meglio ancora se un giardino. È necessario che per parecchio tempo siano sempre gli stessi luoghi il campo di esplorazione del bambino, perché, vedendo costantemente le stesse cose, egli: - impara a riconoscerle, - a ritrovarle nei medesimi posti, - a distinguere i movimenti degli oggetti spostati dei movimenti degli esseri animati. CAPITOLO VIII: L’ORDINE Uno dei periodi sensitivi più importanti e più misteriosi è quello che rende il bambino sensibilissimo all’ordine. Questa sensibilità si manifesta già dal primo anno di vita e si prolunga anche durante il secondo. Sì egli ha un periodo di sensibilità all’ordine è proprio per questo che egli trova il massimo ostacolo intorno a sé per cui viene a tradursi nel bambino uno stato anormale. I bambini piccoli rivelano un caratteristico amore per l’ordine. Già dall’anno e mezzo ai due di età essi dimostrano chiaramente la loro esigenza di ordine nell’ambiente esterno. Il bambino non può vivere nel disordine, poiché questo lo fa soffrire. —> Il bambino piccolo osserva immediatamente il disordine che gli adulti e i bambini più grandi trascurerebbero con facilità. Evidentemente, l’ordine nell’ambiente esterno tocca una sensibilità che va scomparendo con l’età, i cosiddetti periodi sensibili; e questo è uno dei periodi sensibili più importanti più misteriosi. E necessario che le persone adulte siano aperte a questi studi di psicologia infantile: tanto più che il periodo sensitivo dell’ordine si manifesta proprio nei primi mesi di vita. Sono gli ostacoli che danno una più facile possibilità di giudicare l’esistenza di un periodo sensitivo: un oggetto fuori posto che turbava violentemente il quadro consueto della posizione degli oggetti nell’ordine che un bambino ha bisogno di ricordare è un esempio di ciò. Tale istinto, dunque, è molto intenso. Ciò che sorprende è l’estrema precocità del suo manifestarsi. Si direbbe che l’ordine è uno di quei bisogni che rappresentano reale godimento nella vita, e ciò è dimostrato da come, dopo il gioco, i bambini rimettono le cose al loro posto, lavoro che è tra quelli più graditi e spontanei. L’ordine delle cose vuol dire: - conoscere il collocamento degli oggetti nell’ambienti - ricordare il luogo dove ciascuno di essi trova - orientarsi nell’ambiente e possederlo in tutti i suoi particolari. Infatti, l’ambiente che appartiene all’anima è quello noto, è un luogo necessario per la tranquillità e la felicità della vita. L’amore dell’ordine è inteso in modo differente dai bambini e dagli adulti: - Per l’adulto: si tratta di un piacere esterno, - Per il bambino: egli si forma spese dell’ambiente, e tale formazione costruttiva esige una guida precisa e determinata. Tutto ciò avviene perché nella prima età si raccolgono gli elementi di orientamento dall’ambiente nel quale dovrà poi agire in futuro per raggiungere i suoi scopi. Se è vero che nel gioco si cerca il piacere, bisogna dire che il piacere che i bambini hanno in un determinato periodo di età è quello di ritrovare le cose al loro posto. E il nascondersi, per esempio, è interpretato da loro come il fare questi spostamenti attraverso luoghi nascosti o nel ritrovarli in luoghi non visibili. Tutto questo dimostra che la natura pone nel bambino la sensibilità all’ordine, come costruzione di un senso interno che è la distinzione dei rapporti tra le cose. In tale ambiente conosciuto diviene possibile orientarsi per muoversi e raggiungere degli scopi. Infatti, se l’uomo conosce soltanto gli oggetti e non i loro rapporti si troverebbe in un caos senza uscita. Intelligenza dell’uomo non sorge dal nulla: essa si edifica sopra i fondamenti elaborati dal bambino nei suoi periodi sensitivi. L’ORDINE INTERNO La sensibilità all’ordine esiste contemporaneamente nel bambino sotto due aspetti: o Aspetto esteriore: ti riguarda i rapporti tra le parti nell’ambiente, o Aspetto interno: che dà il senso delle parti del corpo che agiscono nei movimenti e nelle loro posizioni, ciò che si potrebbe chiamare orientamento interno. L’orientamento interno è stato oggetto di studio della psicologia sperimentale, che ha riconosciuto un senso muscolare che permette di rendersi conto della posizione delle varie membra del corpo e fissa una memoria speciale, definita memoria muscolare. Questa spiegazione porta a creare una teoria completamente meccanica, fondata sull’esperienza dei movimenti compiuti coscientemente. —> !! Ma il bambino ha dimostrato, invece, l’esistenza di un periodo sensitivo molto sviluppato assai prima che possa muoversi liberamente e fare perciò delle esperienze. Cioè, la natura prepara una sensibilità speciale per le attitudini e le posizioni del corpo. I periodi sensitivi si riferiscono a fatti psichici e sono vibrazioni spirituali che preparano la coscienza. Le prove negative che dimostrano l’esistenza e l’acutezza di questo periodo sensitivo si hanno quando nell’ambiente esistono delle circostanze che ostacolano il tranquillo svolgersi delle conquiste creative. Allora nasce nel bambino un’agitazione viva e spesso violenta, che ha i caratteri sia del capriccio ma anche apparenze di malattie che resistono ad ogni cura. Caratteri che, tolto l’ostacolo, spariscono immediatamente. Questi periodi sensitivi sono talmente potenti da essere la forza alla base della natura creatrice. CAPITOLO IX: L’INTELLIGENZA L’intelligenza non si costruisce lentamente, e non dall’esterno, poiché questo concetto suppone il bambino psichico come una cosa passiva in balia dell’ambiente e perciò sotto la completa direttiva dell’adulto. A questo si deve aggiungere un altro postulato comune errato, cioè che il bambino psichico non sia solo passivo ma che sia come un vaso vuoto e perciò un oggetto da riempire da modellare. È noto come la pedagogia montessoriana consideri l’ambiente così importante da farne il fulcro centrale di tutta la costruzione pedagogica. Vi è però una differenza sottile tra il vecchio concetto del bambino passivo e la realtà, ed essa è l’esistenza della sensibilità interiore del bambino. Vi è un periodo sensitivo molto prolungato fino a quasi all’età di cinque anni, che rende il bambino capace di impadronirsi delle immagini dell’ambiente. Dunque, il bambino è un osservatore che assume attivamente le immagini per mezzo dei sensi. Chi osserva, lo fa per un impulso interiore, per un sentimento: e quindi sceglie le immagini. —> questo concetto su illustrato da James, quando disse che nessuno vede mai un oggetto nella totalità dei suoi particolari, ma ogni individuo ne vede solo una parte, secondo i suoi sentimenti e interessi: perciò la descrizione della cosa stessa è fatta diversamente dalle varie persone che l’hanno vista. —> dunque, il bambino non può avere una spinta da una preoccupazione di origine esterna, perché ancora non hai esperienze. Il fulcro attorno al quale agisce interiormente il periodo sensitivo è la ragione. Le immagini si organizzano subito a servizio del ragionamento. Gli adulti possono ostacolare e impedire questo lavoro interiore quando interrompono bruscamente le riflessioni dei bambini e, senza comprenderli, cercano di distrarli, cancellando così il primitivo desiderio infantile. È invece assolutamente necessario che il bambino conservi con piena chiarezza le immagini che capta, perché solo con la chiarezza e la distinzione delle impressioni può fermare la sua intelligenza. CAPITOLO XII: LA MANO Due delle tre grandi tappe considerate dalla fisiologia come esponenti del normale sviluppo del bambino si riferiscono al movimento. Esse sono l’iniziarsi di: - la deambulazione - il linguaggio. Esse sono considerate una sorta di oroscopo dove si legge il futuro dell’uomo; infatti, queste due manifestazioni indicano che il bambino ha riportato la prima vittoria dell’io sopra i suoi strumenti di espressione o di attività. La deambulazione non è il movimento caratteristico dell’essere intelligente. Invece, i veri “caratteri motori” collegati con l’intelligenza sono: o Il linguaggio; o L’attività della mano a servizio dell’intelligenza per realizzare il lavoro. ATTIVITA’ DELLA MANO A SERVIZIO DELL’INTELLIGENZA La mano è quell’organo fine e complicato nella sua struttura, che permette all’intelligenza: - di manifestarsi - di entrare in rapporti speciali con l’ambiente: l’uomo “prende possesso dell’ambiente con la sua mano” e lo trasforma sulla guida dell’intelligenza, compiendo così la sua missione nel gran quadro dell’universo. Sarebbe logico, volendo giudicare lo sviluppo del bambino, prendere in considerazione l’inizio delle sue espressioni di movimento che si potrebbero chiamare intellettuali: l’apparire del linguaggio e l’apparire di una attività della mano. Per un istinto subconscio, l’uomo ha dato importanza e ha unito insieme queste due manifestazioni motrici dell’intelligenza, questi due “caratteri” proprio ed esclusivi del genere umano: ma lo ha fatto solo in alcuni simboli collegati con la vita sociale dell’adulto. Ciò dimostra come nel subconscio dell’umanità è sentita la mano quale manifestazione dell’io interiore. Questa manifestazione dovrebbe riempire l’animo dell’adulto di ammirazione. Invece, l’uomo ha paura di quelle mani piccoline tese verso gli oggetti senza valore e senza importanza che lo circondano; e si atteggia a difesa degli oggetti contro il bambino. Il bambino per vedere, per udire, cioè per raccogliere dall’ambiente gli elementi necessari alla sua prima costruzione mentale, ha bisogno di impossessarsene. Quando deve muoversi in modo costruttivo, ha bisogno di cose esterne da maneggiare, cioè ha bisogno che nell’ambiente esistano dei motivi di attività. Ma nell’ambiente familiare non fu considerato questo bisogno del bambino. Perciò gli oggetti che lo circondano sono tutti di proprietà dell’adulto e destinati a suo uso. Essi sono oggetti proibiti per il bambino. Una proibizione di toccare risolve il problema vitale dello sviluppo infantile. Il bambino non si muove a caso, egli costruisce le coordinazioni necessarie a organizzare i movimenti sulla guida dell’io, che comanda. Il movimento formativo ha dei caratteri speciali: non si tratta di impulsi disordinati e avventati. Il movimento costruttivo prende la spinta da azioni che il bambino ha veduto compiere attorno a sé. Le azioni che cerca di imitare, sono sempre quelle rivolte al maneggio o all’uso di qualche oggetto: il bambino cerca di fare azioni simili a quelle che ha veduto compiere dagli adulti, usando degli stessi oggetti. Perciò, queste attività sono collegate agli usi dei vari ambienti familiari e sociali. Essendo questo un fatto universale, è stato chiamato imitazione e viene espresso così: il bambino fa quello che ha visto fare —> NO, tale interpretazione non è esatta, poiché l’imitazione del bambino differisce da quella imitazione immediata a cui spesso ci si riferisce. I movimenti costruttivi del bambino partono da un quadro psichico, costruito sopra una conoscenza. La vita psichica ha sempre un carattere di preesistenza sui movimenti che vi sono collegati: quando il bambino vuol muoversi, sa prima ciò che vuole fare, e vuol fare una cosa conosciuta, che cioè ha visto eseguire. LINGUAGGIO Lo stesso si può dire per lo sviluppo del linguaggio. Il bambino assume il linguaggio che sente parlare attorno a sé, e quando dice una parola, la dice perché l’ha imparata sentendola dire, e la trattiene presente nella memoria. Però la usa secondo il suo proprio bisogno del momento. Non si tratta di una imitazione immediata, ma piuttosto di una osservazione immagazzinata o di una conoscenza presa. L’esecuzione è un atto separato dal primo. Questa differenza è molto importante perché chiarisce un lato dei rapporti fra adulto e bambino e fa comprende più intimamente la attività infantili. AZIONI ELEMENTARI Prima che il bambino riesca a eseguire azioni aventi un motivo chiaramente logico, comincia ad agire con degli scopi suoi, usando gli oggetti con un fine che è spesso intellegibile agli adulti. —> Ciò avviene spesso in bambini da 1 anno e mezzo a circa 3 anni di età. Uno dei movimenti elementari più favoriti, per esempio, è quello del lavoro di togliere e rimettere i tappi delle bottiglie. Tuttavia, il bambino non vuole proprio quella bottiglia: sarebbe soddisfatto di oggetti fatti per lui che permettessero quegli stessi esercizi di movimento. Queste e altre simili sono le azioni elementari che non hanno nessuna finalità logica e che si possono considerare il primo balbettio dell’”uomo lavoratore”. La prima manifestazione dell’istinto del lavoro nel bambino è la rivelazione più sorprendente per l’adulto che ne abbia compreso l’importanza. Il bambino è senza dubbio un extrasociale nell’ambiente dell’adulto, ma chiudergliene l’accesso, come si è fatto fino a quel momento, afferma la Montessori, significa “reprimere la sua crescenza (crescita)” come lo si condannasse a diventare muto. La soluzione a questo conflitto sta nel preparare l’ambiente per accogliere le superiori manifestazioni del bambino. CAPITOLO XIII: IL RITMO L’adulto, che non ha compreso ancora l’attività della mano infantile come un bisogno vitale e non vi riconosce la prima manifestazione di un istinto del lavoro, impedisce al bambino di lavorare. Non sempre dobbiamo pensare a una difesa dell’adulto: possono esservi diverse cause: 1. Una è che l’adulto guarda alla finalità esterna degli atti, e ha fissato il suo modo di agire secondo una sua costituzione mentale. Arrivare a un fine con l’azione più diretta è in lui una specie di legge naturale, che egli chiama, appunto, “legge del minimo sforzo”. E, vedendo il bambino fare grandi sforzi per compiere un’azione inutile e che l’adulto potrebbe compiere in un attimo e con assai maggior perfezione, egli è tentato ad aiutarlo. —> l’entusiasmo che l’adulto vede nel bambino per cose insignificanti lo urta, come qualcosa di incomprensibile. Ogni tentativo del bambino resta spezzato. L’adulto è irritato: - dal fatto che il bambino cerca inutilmente di compiere un’azione, - da quel ritmo, da quella maniera diversa di muoversi. Il ritmo del movimento fa parte dell’individuo, è un carattere insito in lui : e se questo è in armonia con altri ritmi simili, non può adattarsi a ritmi differenti senza sofferenze. Ciò che l’adulto fa col bambino: egli cerca come per inconscia difesa di impedire che il bambino faccia questi movimenti lenti. —> l’adulto deve, dunque, “armarsi di pazienza”. Ma quando nel movimento del bambino c’è lentezza, allora egli irresistibilmente interviene con la sostituzione. Così invece di aiutarlo nei suoi bisogni psichici più essenziali, l’adulto si sostituisce al bambino in tutte le azioni che questi vorrebbe compiere da sé, chiudendogli ogni via di attività e diventando il più possente ostacolo allo svolgimento della sua vita. Questo aiuto inutile dato al bambino è la prima radice di tutte le repressioni e perciò dei danni più pericolosi che l’individuo adulto può arrecare al bambino. CAPITOLO XIV: LA SOSTITUZIONE DELLA PERSONALITÀ La sostituzione dell’adulto al bambino non è soltanto quella di agire invece di lui, ma può essere anche quella di infiltrare la propria volontà nel bambino, sostituendola alla volontà di lui. —> non è più il bambino che agisce, ma è l’adulto che agisce nel bambino. Charcot, nel suo famoso istituto di psichiatria, dimostrò la sostituzione di personalità negli isterici a mezzo della suggestione. —> le sue esperienze scossero dei concetti fondamentali che si credevano i più sicuri: cioè che l’uomo fosse padrone delle proprie azioni. Ma si poteva dimostrare sperimentalmente che un soggetto poteva essere suggestionato al punto da sopprimere la propria personalità, sostituendola con un’altra: quella del suggestionatore. —> tali fatti aprirono a un nuovo cammino di ricerche e di scoperte. Attorno a questi studi prendono origine gli studi su: - la doppia personalità, - sul subconscio, - gli stati psichici sublimati, - approfondimento nel campo del subconscio fatto dalla psicoanalisi. C’è un periodo della vita estremamente predisposto alla suggestione: quel periodo infantile in cui la coscienza è in via di formazione e la sensibilità verso gli elementi esteriori è in uno stato creativo. —> L’adulto allora può insinuarsi. Non è volontariamente soltanto che l’adulto suggestiona, ma anche senza volerlo né saperlo, senza che egli si ponga il problema. I fatti inibitori sono specialmente favorevoli alla infiltrazione di una volontà estranea negli atti di un bambino, quando la volontà adulta non agisce così violentemente da provocare una reazione. Accade più spesso nelle classi di persone educate, self controlled, per opera specialmente di nurses raffinate. IMPORTANTE: Il problema fondamentale della vita umana, e quindi dell’educazione, è che l’io riesca ad animare e a possedere i propri strumenti motori, per poter obbedire nelle sue azioni all’istinto, che nell’uomo appartiene all’intelligenza. Se non può realizzare codeste condizioni fondamentali, l’io si disgrega, come un istinto che vada errando per il mondo, separato da quel corpo che avrebbe dovuto animare. CAPITOLO XVII: INTELLETTO D’AMORE Tutti i travagli della vita che si svolgono secondo ed entro le proprie leggi e stabiliscono armonia fra gli esseri, acquistano coscienza sotto forma di amore. Questo è il controllo della salvezza e il segno della salute. Il motore è l’istinto, l’impulso creatore della vita. Ma questo, realizzando la creazione, tende a far sentire l’amore, e per questo l’amore colma la coscienza del bambino: e la realizzazione di sé stesso si effettua nel bambino attraverso l’amore. Può infatti considerarsi come un amore per l’ambiente quell’impulso irresistibile che nel corso dei “periodi sensibili” unisce il bambino alle cose. Non si tratta del concetto che si ha comunemente dell’amore, indicando con tale parola un sentimento emotivo: è un amore d’intelligenza, che vede, osserva e amando costruisce. Quell’ispirazione che spinge i bambini a osservare si potrebbe chiamare ”intelletto d’amore”. La capacità di osservare in modo vivace e minuzioso quei tratti dell’ambiente che, per gli adulti, sono del tutto insignificanti, è certamente una forma d’amore. L’intelligenza del bambino, poiché egli osserva con amore, e mai con indifferenza, gli rivela l’invisibile. Quest’assorbimento attivo, ardente, minuzioso e costante nell’amore è una caratteristica dell’infanzia. L’amore nel bambino è ancora privo di contrasti: egli ama perché assimila, perché la natura gli ordina di far così. Ed egli assorbe ciò che coglie, per farlo parte della sua stessa vita e alimentarne sé stesso. Nell’ambiente, l’oggetto dell’amore del bambino è specialmente l’adulto; da lui il bambino riceve gli oggetti e gli aiuti materiali, e da lui prendere ciò che gli necessita per la propria formazione. Le parole dell’adulto agiscono nel bambino come stimoli soprannaturali. E l’adulto, con le sue azioni, addita al bambino come si muovono gli uomini: imitarlo significa per il bambini entrare nella vita, le parole e gli atti dell’adulto lo incantano e lo affascinano fino a penetrare in lui come una suggestione. Perciò il bambino è estremamente sensibile di fronte all’adulto, fino a permettere che l’adulto viva e agisca in lui stesso. Di fronte all’adulto il bambino è disposto all’obbedienza fino alle radici dello spirito. I capricci e le disobbedienze del bambino non sono altro che aspetti d’un conflitto vitale fra l’impulso creatore e l’amore verso l’adulto, il quale non lo comprende. Quando, invece di trovare obbedienza, insorge un capriccio, l’adulto deve pensare sempre a codesto conflitto e individuarvi la difesa di un gesto vitale necessario allo sviluppo del bambino. Chi realmente ama è, invece, il bambino, che desidera sentire l’adulto accanto a sé e che si compiace di attirare l’attenzione di lui sopra sé stesso. L’adulto passa accanto a questo mistico amore senza riconoscerlo: si difende da quell’amore, ma non ne troverà mai un altro uguale. Senza il bambino che lo aiuta a rinnovarsi, l’uomo degenererebbe. PARTE SECONDA CAPITOLO XVIII: L’EDUCAZIONE DEL BAMBINO Il bambino ha una vita psichica che passò inavvertita nelle sue delicate apparizioni, e l’adulto potè inconsciamente cancellarne i disegni. L’ambiente dell’adulto non è ambiente di vita per il bambino, ma è piuttosto un cumulo di ostacoli tra i quali egli sviluppa difese, adattamenti deformanti, dove resta vittima di suggestioni. È da questa realtà esteriore che fu studiata la psicologia del bambino e ne furono giudicati i caratteri, per farne base dell’educazione. —> la psicologia infantile deve essere dunque riesaminata radicalmente. Sotto a ogni risposta sorprendente del bambino, c’è un enigma da decifrare: ogni suoi capriccio è l’impressione esteriore di una causa profonda. C’è un uomo nascosto, un bambino sconosciuto, un essere vivo sequestrato che bisogna liberare. Questo è il primo compito urgente dell’educazione e liberare in questo senso è conoscere: è scoprire l’ignoto. Il segreto del subconscio dell’adulto è qualche cosa che rimane represso dall’individuo stesso; invece, il segreto del bambino è appena nascosto dall’ambiente. Ed è sull’ambiente che bisogna agire per liberare le manifestazioni infantili . Così preparando l’ambiente aperto, l’ambiente adatto al momento vitale, deve venire spontanea la manifestazione psichica naturale e perciò la rivelazione del segreto del bambino. Ecco la vera educazione nuova: andare prima alla scoperta del bambino e realizzare la sua liberazione. AMBIENTE: Dell’ambiente fa parte anche l’adulto, che deve adattarsi ai bisogni del bambino e renderlo indipendente per non essergli di ostacolo e per non sostituirsi a lui nelle attività attraverso le quali avviene la sua maturazione. Il metodo di educazione montessoriano è caratterizzato proprio dall’importanza centrale che in esso si dà all’ambiente. MAESTRO: Anche la figura nuova del maestro montessoriano ha suscitato interesse e discussioni: il maestro passivo, che toglie innanzi al bambino l’ostacolo della propria attività, della propria autorità, affinché si faccia attivo il bambino; e che è soddisfatto quando lo vede agire da solo e progredire senza attribuirne a sé stesso il merito. Uno dei principi caratteristici di questo metodo: il rispetto alla personalità infantile. Le scuole montessoriane hanno preso il nome di “Case dei Bambini”, appellativo che ricorda il concetto dell’ambiente familiare. Ciò che ha più suscitato discussione di queste scuole è proprio il capovolgimento tra adulto e bambino: il maestro senza cattedra, senza autorità e quasi senza un insegnamento, e il bambino fatto centro dell’attività, che impara da solo, che è libero nella scelta delle sue occupazioni e dei suoi movimenti. Invece, l’altro concetto dell’ambiente materiale adatto alle proporzioni del corpo del bambino fu accolto con simpatia. —> è sembrato un miglioramento di pratica importanza nella vita del bambino. La prima Casa dei Bambini offre l’esempio di una scoperta iniziale che da fatti minimi aprì vie illimitate. LE ORIGINI DEL NOSTRO METODO La prima scuola montessoriana di piccoli bambini normali da 3 a 6 anni fu inaugurata il 6 gennaio 1906. Si trattava di bambini molto poveri, quasi tutti figli di analfabeti. Il progetto iniziale era stato di riunire i figli piccoli degli operai di un casamento popolare, affinché non rimanessero abbandonati per le scale e non sporcassero i muri e non creassero il disordine. La Montessori presenta a questi bambini gli stessi oggetti che aveva utilizzato con bambini con disabilità. Quegli oggetti che presentava ai bambini “normali” non avevano su loro lo stesso effetto che avevano avuto sui bambini che lei definisce deficienti. Il bambino normale attratto dall’oggetto vi fissava intensamente tutta la sua attenzione, e continuava a lavorare senza sosta, in una concentrazione che definisce meravigliosa. E dopo aver lavorato, allora appariva soddisfatto, riposato e felice. Dunque, il bambino dopo aver lavorato era più forte, più sano mentalmente di prima. Questi bambini erano poveri ed abbandonati, cresciuti in case smantellate e buie, senza uno stimolo psichico, senza nessuna cura. La Montessori tenta, dunque, di analizzare quali furono le condizioni che permisero la trasformazione impressionante di questi bambini, esse dovevano essere condizioni singolarmente favorevoli per realizzare “la liberazione dell’anima del bambino”. Dovevano essere stati allontanati da loro tutti gli ostacoli repressivi. Montessori inizia analizzando le condizioni delle famiglie dei bambini: essi appartenevano alla più bassa condizione sociale, perché non erano dei veri operai, ma gente che cercava di giorno in giorno un’occupazione provvisoria, e quindi non potevano occuparsi dei loro bambini. Quasi tutti i genitori erano analfabeti. La condizione specialissima era data dal fatto che questa istituzione privata non era una vera opera sociale perché era fondata da una società edilizia, la quale doveva far ricavare il mantenimento della scuola come spesa indiretta di manutenzione di locale. Le sole spese possibili erano quelle ordinarie di un ufficio; cioè mobilio e oggetti supplementari. Per questa ragione si cominciò a fabbricare dei mobili anziché prendere dei banchi per le scuole. Senza queste circostanze singolarissime non sarebbe stato possibile isolare il fattore puramente psicologico e dimostrare la sua influenza sulle trasformazioni dei bambini. Insieme, la Montessori fece fabbricare un materiale scientifico esatto come quello che aveva già usato in un “istituto di deficienti”. In realtà, afferma la Montessori, l’ambiente della prima Casa dei Bambini non era grazioso e leggero come quello conosciuto oggi; l’unica cosa nuova erano piccole sedie e poltroncine molto semplici: una per ogni bambino. Maria Montessori afferma che si impegnò a tentare una educazione dei sensi scientifica, per analizzare eventuali differenze di reazioni tra i bambini normali e quelli deficienti; e soprattutto per cerca una corrispondenza tra le reazioni di bambini normali più giovani e di bambini deficienti di maggiore età. Inoltre, Montessori non fece nessuna restrizione alla maestra e non le impose obblighi speciali; solamente le insegnò a usare qualcuno dei materiali sensoriali, perché potesse presentarli esattamente ai bambini. CAPITOLO XIX: LA RIPETIZIONE DELL’ESERCIZIO Maria Montessori spiega come insegnò ai bambini una cosa utile: a lavarsi le mani. L’esercizio di lavarsi le mani si ripeteva di continuo e i bambini iniziarono a svolgerlo senza più alcuno scopo esterno. CAPITOLO XX: LIBERA SCELTA Osservando, la Montessori notò come: i bambini usavano il materiale, ma era la maestra che lo distribuiva e lo rimetteva a posto. Quando, però, la maestra faceva questa distribuzione i bambini si alzavano e si avvicinavano a lei. Osservandoli capì il loro desiderio di rimettere a posto gli oggetti e iniziò così a lasciarli liberi di farlo. Mettere in ordine gli oggetti, riparare a ogni disordine eventuale era una attrattiva vivissima. Così, si iniziò una attività vivace ed interessante: i bambini avevano dei desideri particolari e sceglievano le loro occupazioni. —> da allora vennero adottate le credenze basse, dove il materiale era posto a disposizione dei bambini che lo sceglievano secondo i loro bisogni interiori. Così il principio della libera scelta accompagnò quello della Montessori sottolinea come troppa fretta da parte degli insegnanti nello spiegare i caratteri stampati, avrebbe spento quell’interesse e quell’energia intuitiva. Anche una intempestiva insistenza a far leggere delle parole sui libri sarebbe stato un aiuto negativo, che avrebbe abbassato l’energia di quelle menti dinamiche. Per questo motivo, i libri rimasero per lungo tempo nelle credenze. Fu solo più tardi che i bambini si misero in rapporto con i libri. CAPITOLO XXVII: PARALLELI FISICI Durante tutto il tempo trascorso non si era fatto nulla per migliorare le condizioni fisiche dei bambini, eppure, essi erano sani come se avessero fatto cure di sole e di aria. —> Le cause psichiche esaltanti possono influire riattivando il metabolismo e tutte le funzioni fisiche. CAPITOLO XXVIII: CONSEGUENZE La Montessori afferma che non si capisce con quale metodo si ottennero quei risultati. Ed è proprio questo il punto. Il metodo non si vede: ciò che si vede è il bambino. Si vede l’anima del bambino che, liberata dagli ostacoli, agisce secondo la propria natura. Le qualità infantili intraviste appartengono semplicemente alla vita, non sono affatto la conseguenza di un “metodo di educazione”. È però evidente che quei fatti naturali possono essere influenzati dall’opera di educazione che abbia lo scopo di proteggerli, di coltivarli in modo di aiutarne lo sviluppo. Quei fenomeni presentati nella Casa dei Bambini sono caratteri psichici naturali. È quindi necessario, prima di procedere a uno svolgimento educativo, porre le condizioni di ambiente che favoriscono l’affioramento dei caratteri normali nascosti. Dunque, non si tratta di svolgere i caratteri esistenti, ma di scoprire prima la natura, e soltanto dopo aiutare lo svolgimento della normalità. Se si studia quella prima impostazione di condizioni, che causarono l’affioramento dei caratteri normali, se ne possono riconoscere alcuni di speciale rilievo:  Ambiente: uno è l’ambiente piacevole offerto ai bambini, dove essi non avevano costrizioni.  Adulto: l’altro era quel carattere negativo dell’adulto; i genitori analfabeti, la maestra operaia, senza ambizioni né preconcetti. Questa situazione si potrebbe considerare come uno stato di “calma intellettuale”.  Maestro: si è sempre riconosciuto che un educatore dovrebbe essere calmo. Ma si tratta di una calma più profonda: uno stato di vuoto o meglio di sgombro mentale che produce limpidezza interiore. È l’ “umiltà spirituale” che si avvicina alla purezza dell’intelletto, che prepara a comprendere il bambino e che dovrebbe essere perciò la preparazione essenziale della maestra.  Materiale: altra circostanza notevole è l’offerta ai bambini di un materiale scientifico adatto ed attraente, perfezionato per l’educazione sensoriale, e di mezzi, come le allacciature, che permettono un’analisi e un raffinamento dei movimenti e provocano il concentrarsi dell’attenzione, irrealizzabile quando l’insegnamento fatto a viva voce pretendesse destare le energie con richiami esterni. Dunque, l’ambiente adatto, il maestro umile e il materiale scientifico. Maria Montessori analizza poi alcune delle manifestazioni dei bambini. La più rilevante è l’attività determinata dal concentrarsi in un lavoro, in un esercizio su qualunque oggetto esterno con movimenti della mano guidati dall’intelligenza. Si tratta di caratteri che hanno evidentemente un movente interiore, come la “ripetizione dell’esercizio” e “la libera scelta delle cose”. Appare allora il bambino: illuminato di gioia, infaticabile perché l’attività è come il metabolismo psichico a cui è collegata la vita, e perciò lo sviluppo. È la sua scelta che ormai guida tutto. Ci dimostra che l’ordine e la disciplina sono per lui bisogni e manifestazioni vitali. Insomma, dal bambino sono venute delle direttive pratiche positive, anzi sperimentali, per costruire un metodo di educazione dove la scelta da lui fatta è guida alla costruzione, e la sua vivacità vitale agisce da controllo dell’errore. È interessante constatare che nella successiva costruzione di un vero metodo educativo si sono conservate intatte quelle primitive direttive venute dal nulla. Così in quel primo disegno di un metodo educativo esiste un tutto, una linea fondamentale dove si pongono in rilievo 3 grandi fatto: - l’ambiente, - il maestro, - il materiale. Evoluzione è il primo termine per indicare i successivi sviluppi di questo metodo singolare: perché i nuovi particolari sono dovuti a una vita che si svolge a spese dell’ambiente. Questo ambiente però è tutto particolare perché anch’esso è una risposta attiva e vitale ai nuovi disegni che la vita infantile manifesta svolgendosi. Le scuole che seguirono la prima Casa dei Bambini sono specialmente interessanti per il fatto che hanno costituito la continuazione della medesima attitudine di attesa dei fenomeni spontanei dei bambini. Un esempio si ebbe in una delle prime Case dei Bambini che furono fondate a Roma. Qui si trattava di bambini orfani sopravvissuti a uno dei più grandi cataclismi, il terremoto di Messina. Non si conoscevano né i loro nomi, né la loro condizione sociale. Uno choc tremendo li aveva resi pressoché tutti uniformi: abbattuti, muti, assenti; era difficile nutrirli e farli dormire. Il cambiamento di questi bambini dava una profonda impressione. Fu qui che uscì fuori per la prima volta il termine di conversione. —> tuttavia, l’idea di conversione sembra opposto allo stato innocente dell’infanzia. Ma si trattava di un cambiamento spirituale che li rendeva liberi dal dolore e dall’abbandono in una rinascita verso la gioia. Tristezza e colpa sono entrambe condizioni che indicano l’allontanamento dalla fonte delle energie vitali, e sotto questo aspetto ritrovare le energie vitali è essere convertiti. Senza questa dimostrazione così complessa dei bambini non sarebbe stato possibile distinguere il bene e il male nei caratteri dei bambini, poiché ormai l’adulto ha formato un suo giudizio e ha sancito come buono nel bambino tutto quanto significa per lui adattamento del bambino alle condizioni di vita dell’adulto e viceversa. CAPITOLO XXIX: BAMBINI PRIVILEGIATI Un altro genere di bambini che appartengono a condizioni sociali eccezionali sono i bambini dei ricchi. La bellezza dell’ambiente infantile, la magnificenza dei fiori, non attraggono il bambino ricco: la corrispondenza tra bambino e materiale non si produce. La maestra montessoriana rimane disorientata dal fatto che i bambini non si gettano sugli oggetti scegliendoli secondo il proprio bisogno. Se si tratta di bambini ricchi, già sazi degli oggetti più rari, dei più splendidi giocattoli, è molto raro che esista un richiamo agli stimoli che vengono offerti. La preoccupazione più grande è la disciplina. I bambini si mostrano disorientati nel lavoro, e refrattari a ricevere direttive. La battaglia è definitivamente vinta solo quando il bambino scopre qualche cosa, un particolare oggetto, che spontaneamente eccita in lui un grande interesse. Appena i bambini trovano un oggetto che li interessi il disordine scompare d’un tratto e finisce il vagabondaggio della mente. I bambini che finora avevano preso gli oggetti solo per un capriccio del momento, provavano ormai il bisogno di una specie di regola, di una regola personale e interiore: concentravano i loro sforzi su lavori esatti e metodici, provando una vera soddisfazione a sormontare le difficoltà. Questo lavoro prezioso produsse un risultato immediato sul loro carattere. Essi diventarono padroni di sé stessi. Il fenomeno che fu chiamato “conversione” è un carattere proprio all’infanzia. Si tratta di un cambiamento rapido, talvolta istantaneo e che avviene sempre per la medesima causa. In seguito, la diffusione delle scuole montessoriane in tutto il mondo, tra tutte le razze, dimostrò quella conversione infantile come un fatto generale di tutta l’umanità. Dunque, nell’origine della vita, nel piccolo bambino, avviene costantemente un errore che deforma il tipo psichico naturale dell’uomo, dando luogo a infinite deviazioni. Il fatto singolare che si nota nella conversione è una guarigione psichica, un ritorno alle condizioni normali. C’è una natura nascosta nell’uomo, una natura sepolta e perciò sconosciuta, che tuttavia è semplicemente la natura vera, la natura data dalla creazione: la salute. Nel bambino i caratteri psichici normali possono affiorare con facilità: e allora tutte le condizioni che erano deviate dalla norma spariscono insieme. CAPITOLO XXX: LA PREPARAZIONE SPIRITUALE DEL MAESTRO Sbaglierebbe, dunque, il maestro che pensasse di potersi preparare alla sua missione soltanto per mezzo di nozioni e studio: prima di tutto si richiedono da lui precise disposizioni di ordine morale. Il maestro deve prepararsi interiormente studiando sé stesso con metodica costanza per giungere a sopprimere i propri difetti più radicati, quelli che costituiscono un ostacolo per le sue relazioni con i bambini. —> per scoprire questi difetti nascosti nella coscienza abbiamo bisogno di un aiuto esterno, di una certa istruzione; è indispensabile cioè che qualcuno ci indichi quello che dobbiamo vedere in noi. Si potrebbe dire che il maestro deve essere iniziato. Una persona che cerchi costantemente il modo di elevare la propria vita interiore può non rendersi conto dei difetti che le impediscono di comprendere i bambini. È necessario che qualcuno ci insegni e che noi ci lasciamo guidare. Dobbiamo essere educati, se desideriamo educare. L’istruzione che la Montessori e la sua scuola danno ai maestri consiste nell’indicar loro la condizione spirituale più conveniente alla loro missione. Un peccato diffuso è quello dell’ira, alla quale si associa un altro peccato diabolico, quello dell’orgoglio. Le nostre cattive tendenze possono essere corrette in due modi: 1. Uno interiore: che consiste nella lotta dell’individuo contro i propri difetti. 2. Uno esteriore: che è la resistenza esterna alle manifestazioni delle nostre tendenze cattive. La reazione delle forme esteriori ha molta importanza, poiché, rivelando la presenza dei difetti morali, è generatrice di riflessione. —> L’opinione del prossimo vince l’orgoglio dell’individuo. Le relazioni sociali servono a mantenere il nostro equilibrio morale. Se il nostro spirito si rassegna docilmente alla necessità di correggere con buona volontà gli errori che non riconosciamo, meno facilmente esso accetta l’umiliante lezione degli altri: ci umilia di più il dover cedere che il commettere un errore. CAPITOLO XXXIII: LE BARRIERE Nelle scuole montessoriane le maestre constatano che i bambini pieni di immaginazione non riescono ad essere tra i migliori nel profitto degli studi come si sarebbe aspettato. —> tuttavia, in questo caso nessuno pensa che proprio l’intelligenza sia deviata: ma si giudica che una grande intelligenza creativa non può applicarsi a cose pratiche. Questa è la forma più evidente che il bambino deviato ha una diminuzione dell’intelligenza, perché egli non la possiede e nemmeno può condurla verso il suo svolgimento. Il livello dell’intelligenza media dei bambini comuni è basso rispetto all’intelligenza dei bambini normalizzati. Una intelligenza deviata non si può costringere a un lavoro forzato: senza incontrare o meglio provocare un fenomeno psicologico di difesa. È una difesa psichica del tutto fuori dal dominio della volontà ed essa rappresenta un fatto inconscio che impedisce di ricevere idee che si vorrebbero imporre dal di fuori e perciò di comprenderle. È quel fenomeno che i psicoanalisti hanno designato col nome così descrittivo di barriere psichiche. Sulla mente infantile discende una specie di velo, che rende psichicamente sempre più sordi e ciechi. Questa lenta opera di difesa prolungata, conduce ad agire come se le funzioni naturali fossero perdute. Il più delle volte a barriera psichica non ha soltanto il carattere di impenetrabilità, ma essa si circonda di coefficienti che agiscono a distanza, e che in psicoanalisi si indicano col nome di “ripugnanze”. Niente di più comune che portarsi tutta la vita una barriera psichica costruita nell’infanzia. Ne è esempio la caratteristica di ripugnanza che molti conservano durante tutta la vita, verso la matematica; il solo nominarla fa sorgere un ostacolo interiore che impedisce l’avvicinamento e produce stanchezza prima che possa iniziarsi l’attività. CAPITOLO XXXIV: GUARIGIONI La Montessori parla di due fenomeni deviativi: o Le fughe: come quelle nell’immaginazione e nel gioco, si sono mostrate le più facilmente rimovibili. o Le barriere. Il cambiamento dei bambini non è soltanto nell’apparenza esterna, che trasforma il disordine in lavoro, ma è un cambiamento più profondo che si presenta sotto l’aspetto di serenità e di soddisfazione. Lo sparire delle deviazioni avviene come un fatto spontaneo; una trasformazione naturale. CAPITOLO XXXV: L’ATTACCAMENTO Vi sono dei bambini remissivi le cui energie psichiche, non essendo così potenti da fuggire all’influenza dell’adulto, si legano invece a lui che tende a sostituirsi alle loro attività e ne diventano estremamente dipendenti. La mancanza di energia vitale li rende facili al lamento. Si attaccano sempre a qualcuno, come se la loro vitalità dipendesse dagli altri. Sono questi i bambini che domandano continuamente dei perché, senza tregua, come per un’ansia di conoscere: ma osservando bene ci si accorge che non hanno ascoltato la risposta mentre continuano a domandare. Quella che sembra una curiosità di sapere è veramente un mezzo per mantenere avvinta la persona di cui hanno bisogno per sostenersi. Si crea così il gran pericolo che è il decadimento nell’inerzia: quell’inerzia che si chiama oziosità o accidia. L’accidia è la depressione avvenuta nell’organismo spirituale. Sarebbe come il decadimento delle forze fisiche, di chi ha una malattia grave: qui nel campo psichico è la depressione delle energie vitali e creative. L’adulto ha spinto indietro l’anima del bambino, si è sostituito a lui, e l’ha spenta: e non se ne è accorto. CAPITOLO XXXVI: IL POSSESSO Nel piccolissimo bambino (o nel bambino normalizzato) esiste quello slancio che lo conduce verso le forze per agire con esse. Il movimento verso l’ambiente non è freddo: è un amore penetrante, un indice vitale, che si potrebbe paragonare alla fame. E il bambino ha questa specie di fame che lo porta verso l’ambiente, per cercarvi cose capaci di nutrire il suo spirito, e se ne nutre con l’attività. In questo slancio, cioè nell’amore dell’ambiente, sta la caratteristica dell’uomo. Invece, lo slancio che origina l’amore del bambino per l’ambiente lo sospinge a un’incessante attività. Se non ha questo ambiente di vita psichica, tutto rimane debole nel bambino; tutto deviato e chiuso; diventa quell’essere impenetrabile, enigmatico, l’essere vuoto, incapace, capriccioso, annoiato, fuori dalla società. Se è impossibile per il bambino trovare quei motivi di attività che sarebbero destinati a svilupparlo, egli vede solo “ le cose” e ne desidera il possesso. Prendere, possedere: ecco qualche cosa che è facile; e per cui la luce intellettuale e l’amore diventano inutili. Quasi tutte le deviazioni morali sono conseguenze di questo primo passo che decide tra l’amore e il possesso. I sentimenti di proprietà lo attaccano con veemenza alle cose e le difende, come difenderebbe la sua propria persona. I bambini più forti e attivi difendono i loro oggetti anche con la lotta contro gli altri bambini che vorrebbero possederli anche loro. —> ed ecco l’origine di reazioni che sono tutt’altro che amorevoli, sono l’esplosione di sentimenti non fraterni, veri inizi di lotta e di guerra per un nulla. Ma non è veramente per un nulla, ma per un fatto grave: si è prodotto uno spostamento, un oscuramento di ciò che avrebbe dovuto essere; è la conseguenza di una energia deviata. È un male interiore e non l’oggetto la causa del possesso. Si cerca di dare una specie di educazione morale per mezzo di esortazioni, perché il bambino non si attacchi alle cose esterne: e la base di tale insegnamento è il rispetto della proprietà altrui. Anche i bambini a caratteri remissivi riversano il loro interesse su cose esterne, materiali, di nessun valore. Tendono ad accumulare e a nascondere degli oggetti. Si tratta di bambini che accumulano i più diversi oggetti, i quali non hanno a che fare l’uno con l’altro e che non sono di nessuna attrattiva. —> è definito un collezionismo vuoto e illogico, perché maniaco, cioè dettato da una anomalia psichica. Se qualcuno prende loro gli oggetti accumulati, questi bambini si mettono sulla difensiva nel modo che possono. È interessante l’interpretazione data dallo psicologo Adler a queste manifestazioni. Egli le ha paragonate all’avarizia, quel fenomeno per cui l’uomo sta attaccato a molte cose e non vuol cederle anche se non gli servono a nulla. CAPITOLO XXXVII: IL POTERE Un altro carattere delle deviazioni che si associa al possesso è il desiderio del potere, il quale conduce attraverso l’amore all’ambiente a impossessarsi del mondo esterno. Ma è una deviazione quando il potere invece di essere frutto di conquista che edifica la personalità umana si riduce a prendere le cose. Egli comprende che grande sarebbe il proprio potere, se potesse agire attraverso l’adulto. Così il bambino comincia un’azione di sfruttamento per potere ottenere dall’adulto molto più di quanto gli sarebbe mai possibile entro i propri limiti. Questo processo va a poco a poco a insinuarsi fatalmente in tutti i bambini, tanto che è considerato come il fatto più comune e più difficilmente correggibile. Il bambino prova e comincia a volere al di là dei limiti che l’adulto troverebbe logicamente giusti per il bambino. Infatti, non ha limiti, il bambino fantastica e per lui l’adulto è l’onnipotente che potrebbe realizzare i desideri dei suoi sogni. Un tale sentimento ha una piena realizzazione nei racconti delle fate. —> in quei racconti i bambini sentono esaltato sotto forme attraenti il loro desiderio oscuro. Chi ricorre alle fate può ottenere favori, ricchezze che superano fantasticamente i poteri umani. —> sembra proprio la proiezione idealizzata del bambino che vive tra gli adulti. Più l’adulto concede, più il bambino desidera. Arriva il momento dello scontro, della lotta violenta. E il capriccio del bambino diviene il castigo dell’adulto. Anche il bambino remissivo ha la sua maniera di vincere: con l’affettuosità, il pianto, la preghiera; per cui l’adulto cede, finché non si può più dare, e allora viene quella infelicità che porta nella vita ogni sorta di deviazione dallo stato normale. Tuttavia, si sa che nulla può correggere il capriccio del bambino. Nessuna esortazione, nessun castigo saranno efficaci. No, l’adulto non ha viziato il suo bambino quando gli ha ceduto; ma quando gli ha impedito di vivere e lo ha spinto verso deviazioni del suo naturale sviluppo. CAPITOLO XXXVIII: IL COMPLESSO DI INFERIORITÀ Verso il bambino l’adulto “manifesta disprezzo” che egli consciamente non sente. Tra queste tendenze oscure sono l’avarizia e il sentimento di tirannia e di assolutismo; e lì, tra le pareti domestiche avviene la continua e lenta demolizione dell’io infantile. L’adulto sogna di vedere il proprio bambino un giorno trionfante; lo vorrebbe un uomo celebre e potente; ma in quel momento sorge in lui la tendenza tirannica, autoritaria, (che si disperde nella semplice difesa di un oggetto senza valore). Il bambino perciò deve percepire con una continuità disperante che egli è l’unico ritenuto pericoloso verso gli oggetti e perciò l’unico ritenuto incapace di toccarli, che è un inferiore, che egli quasi vale meno delle cose. Egli non ha soltanto bisogno di toccare le cose e di lavorare con esse, ma di seguire la successione degli atti: ciò che ha una importanza grandissima sulla costruzione interiore della personalità. Nell’ambiente del bambino interviene sempre questo essere poderoso che dispone della sua vita senza mai consultarlo, senza considerarlo, dimostrando che le azioni del bambino non hanno alcun valore. Dunque, il bambino sente di essere diverso da tutti, di avere un’inferiorità speciale che lo pone al di sotto di tutti. Il fanciullo porta con sé una convinzione oscura di inferiorità e di impotenza. Lo scoraggiamento più profondo è quello che viene dalla convinzione di “non potere”. L’adulto spegne di continuo nel bambino il senso dello sforzo quando umilia in lui il sentimento della propria forza e lo convince di incapacità. Questo procedere radica nell’anima del bambino la persuasione che: - le sue azioni non hanno alcun valore, -la sua personalità è inetta e non può agire. —> venne così lo scoraggiamento, la mancanza di fiducia in sé. Se l’adulto convince il bambino che l’impossibilità sta in lui, allora discende una nebbie nelle idee, una timidezza, una specie di apatia, e un timore che diventano poi costituzionali e tutte queste cose insieme costruiscono “quell’ostacolo interiore” che la psicoanalisi indica come “complesso di inferiorità”. È un ostacolo che po' restare permanente, come il senso umiliante di sentirsi incapaci e inferiori agli altri: e ciò trattiene dal prendere parte ai cimenti sociali che si presentano a ogni passo nella vita. A questo complesso di inferiorità appartengono: - la timidezza, La psicoanalisi ha fatto una grande luce quando ha illustrato la fuga nella malattia. Le fughe nella malattia non sono simulazioni, ma rappresentano sintomi reali e veri disturbi funzionali che qualche volta hanno grave apparenza. Eppure sono malattie inesistenti, collegate nel subconscio a fatt psichici che riescono a dominare le leggi fisiologiche. L’io con la malattia riesce a sottrarsi a situazioni o a obblighi spiacevoli; la malattia sparisce solo liberando l’io dalla situazione a cui volle sottrarsi. Molte malattie e stati morbosi possono sparire nei bambini, ponendoli a vivere in un ambiente libero, di attività normalizzante. PARTE TERZA CAPITOLO XLII: LA LOTTA FRA L’ADULTO E IL BAMBINO Il conflitto tra l’adulto e il bambino ha conseguenze che si estendono nella vita umana quasi all’infinito. I mali più evidenti dell’uomo adulto si riflettono sull’infanzia, e la vita infantile può indicarcene i primi sintomi. CAPITOLO XLIII: L’ISTINTO DEL LAVORO Lo sviluppo della personalità non può essere che l’indipendenza progressiva dall’adulto, realizzata grazie a un ambiente adeguato, in cui il bambino possa trovare i mezzi necessari allo svolgersi delle proprie funzioni. L’errore della libertà del bambino, nell’educazione, consistette nel considerare un’ipotetica indipendenza nei riguardi dell’adulto, senza la corrispondente preparazione dell’ambiente. Fra le rivelazioni fatte dal bambino ce n’è una essenziale: il fenomeno della normalizzazione per mezzo del lavoro. È certo che per il bambino l’attitudine al lavoro rappresenta un istinto vitale, perché senza lavoro non si può organizzare la personalità, dato che questa uscirebbe dai limiti normali della propria costruzione: l’uomo si costruisce lavorando. Nulla può sostituire la mancanza di lavoro: né il benessere né l’affetto. La mano è lo strumento della personalità, l’organo dell’intelligenza e della volontà individuale. L’istinto dei bambini conferma che il lavoro è una tendenza intrinseca della natura umana, l’istinto caratteristico della specie. Per quale motivo il lavoro, che dovrebbe essere la suprema soddisfazione e la base principale della salute e della rigenerazione, è respinto dall’adulto, che non giunge mani a credere nella sua dura necessità imposta dall’ambiente? Perché il lavoro sociale poggia su basi false, e l’istinto profondo (deviato dal possesso, dal potere, dall’ipocrisia e dal monopolio) rimane occulto nell’uomo. In queste condizioni il lavoro dipende soltanto da circostanze esterne o dalla lotta di uomini sviati, e si trasforma in lavoro forzato, che genera potenti barriere psichiche. Perciò il lavoro è duro e ripugnante. Ma quando il lavoro si collega all’intimo impulso dell’istinto, allora acquista caratteri molto diversi. In tal caso il lavoro diventa incantevole e irresistibile. Tali impulsi generano il progresso della civiltà, grazie alla quale riaffiorano i caratteri fondamentali dell’istinto normale del lavoro, su cui si fonda l’ambiente della società umana. Il lavoro è indubbiamente la caratteristica più singolare dell’uomo: il progresso della civiltà è legato alla multiforme abilità che tende alla creazione dell’ambiente per facilitare la vita dell’uomo. —> quest’ambiente, tuttavia, non può chiamarsi artificiale; piuttosto è una costruzione sovrapposta alla natura, cioè supernaturale, e l’uomo va progressivamente abituandosi finché essa diventa il suo elemento vitale. L’uomo, però, si è costruito il proprio ambiente, e in esso vive tanto esclusivamente che non potrebbe ormai esistere al di fuori della sua creazione. L’uomo vive, dunque, dell’uomo. Ciascun individuo si trova legato agli altri, e ciascuno contribuisce col proprio lavoro al complesso in cui vive l’umanità, l’ambiente supernaturale. Se l’uomo vive dell’uomo, è padrone e signore della propria esistenza, e può dirigerla. Perciò, se la personalità umana si svia, tutta la sua vita è in pericolo. È la natura che lo spinge a costruire qualcosa che dipende da lui e che deve essere unito all’esistenza e ai fini della creazione. È illogico che l’uomo non partecipi all’armonia universale a cui contribuiscono tutti gli esseri viventi, ciascuno secondo l’attività dell’istinto immesso nella specie. Gli esseri viventi non hanno come scopo ultimo quello di provvedere a sé stessi, ma, facendolo, sono essenziali nella conservazione della terra. Nel bambino, la costruzione dell’uomo, che è la sua missione, deve unirsi agli istinti direttivi della costruzione individuale. E in essa risiede il grande segreto: l’educazione normale dalla quale dipende la supernatura. CAPITOLO XLIV: LE CARATTERISTICHE DELLE DUE SPECIE DI LAVORO L’adulto e il bambino si trovano in lotta continua per l’incomprensione che corrode le radici della vita e si sviluppa in un insieme di azioni e reazioni. Ma lentamente la civiltà ha sottratto l’ambiente sociale al bambino: - tutto è eccessivamente regolato, troppo serrato e rapido. Il bambino, quindi, non può vivere attivamente. Le cure che gli si indirizzano consistono nel salvargli la vita dai pericoli che si moltiplicano e che lo tormentano esteriormente. Ma, in realtà, il bambino è nel mondo un profugo, un essere inerte. Nessuno pensa alla necessità di creargli un ambiente di vita adatto; non si riflette che egli ha esigenze di azione e di lavoro. Dunque, bisogna convincersi che le questioni sociali sono due, perché due sono le forme di vita: 1. La questione sociale dell’adulto, 2. La questione sociale del bambino. Inoltre, vi sono due tipi essenziali di lavoro: 1. Il lavoro dell’adulto, 2. Il lavoro del bambino. —> entrambi necessari per la vita dell’umanità. IL LAVORO DELL’ADULTO L’adulto deve costruire l’ambiente supernaturale. È un lavoro esteriore e costituisce il cosiddetto lavoro produttivo, che per sua natura è: - sociale, - collettivo, - organizzato. Per conseguire i fini del suo lavoro, l’uomo deve per forza ordinarlo e regolarlo mediante le norme che formano le leggi sociali. Queste leggi impongono una disciplina collettiva. Oltre a quelle leggi, nel corso dei secoli si affermano altre leggi fondamentali e radicate nella natura stessa, intorno al lavoro in sé: queste leggi sono comuni a tutti gli uomini e a tutti i tempi. Alcune di queste leggi sono: o La legge della divisione del lavoro: indispensabile, perché gli uomini si differenziano fra loro secondo la produzione. 1. La vita dell’adulto: caratterizzata dalla lotta, sia quella dell’adattamento all’ambiente sia la lotta di concorrenza e la selezione naturale. 2. La vita infantile: Quel che accade negli animali adulti si può paragonare allo sviluppo della vita sociale fra gli uomini. Nella natura, la vera chiave della vita che in essa resiste e si afferma sta nel capitolo riservato alla parte infantile. La biologia ha illustrato quegli istinti che guidano interiormente gli esseri viventi, che possono essere definiti “istinti guida”, che sono stati distinti in due classi fondamentali, secondo le loro finalità: o Istinti per la conservazione dell’individuo, o Istinti per la conservazione della specie. In entrambi vi sono aspetti di lotta, collegati con episodi passeggeri. Gli istinti guida sono sensibilità interiori delicate. Anziché il carattere impulsivo delle lotte episodiche, questi istinti guida hanno quello di una intelligenza, di una sapienza, che conduce gli esseri attraverso il loro viaggio nel tempo. Gli istinti guida sono particolarmente meravigliosi quando si rivolgono a guidare e proteggere la vita infantile, iniziale: quando l’essere è ancora inesistente o immaturo.—> qui la guida agisce come una forma di maternità e come una forma di educazione, che sono nascoste. Uno di questi istinti guida riguarda la maternità: illustrato come chiave della sopravvivenza degli esseri. Un altro riguarda lo sviluppo dell’individuo. L’istinto di maternità non è collegato solo con la madre, ma è nei due genitori e talvolta pervade tutta una società di esseri. Con istinto materno si designa, in genere, l’istinto guida della conservazione della specie. L’istinto di protezione della specie dà luogo a un lavoro costruttivo, che ha lo scopo di preparare il riparo e il rifugio ai nuovi nati. L’essere adulto che ha la missione di proteggere i nuovi esseri, cambia dunque i propri caratteri e trasforma sé sesso. —> c’è il miracolo della creazione. L’amore e il sacrificio non sono causa di protezione della specie, ma effetto dell’istinto guida al quale è legata la sopravvivenza di tutte le specie. Come partecipa l’uomo a queste leggi della natura? L’uomo racchiude in sé tutti i fenomeni naturali degli esseri a lui inferiori; li riassume e li supera. Inoltre, per il privilegio dell’intelligenza, li fa risaltare attraverso la veste psichica che è fatta di immaginazione, di sentimento e di arte. Ed è così che fa l’uomo con i suoi bambini: l’adulto esibisce di fronte a loro la propria perfezione, la propria maturità, chiedendo al bambino di imitarlo. Non pensa assolutamente che i caratteri diversi del bambino sono tali da rendere necessario di provvedere un ambiente diverso e dei mezzi di vita adatti a quest’altra esistenza infantile. —> egli, il trasformatore dell’ambiente, fa per il suo bambino meno di qualunque altra creatura. CAPITOLO XLVI: IL BAMBINO MAESTRO Scoprire gli istinti guida dell’uomo costituisce una delle più importanti ricerche da svolgere nei tempi moderni. Nulla potrà rimediare al male derivante dal fatto che tutti gli uomini saranno sempre più “anormali”, finché la loro infanzia non si sarà potuta svolgere secondo le direttive della natura, ma subirà invece irrimediabili deviazioni. L’energia ignota che può aiutare l’umanità è quella che risiede nel bambino. Qualsiasi invenzione che potrebbe generare elevazione e progresso può essere utilizzata anche per la distruzione, per la guerra, per l’industria che arricchisce. Perciò non bisogna sperare nulla dal mondo esterno, finché non si riconoscerà che la conquista fondamentale della vita sociale è la normalizzazione dell’uomo. —> soltanto dopo ciò il progresso esteriore potrà apportare benessere e una più perfetta civiltà. Bisogna pertanto considerare il bambino come il fatto della nostra vita futura. Chiunque voglia conseguire qualche beneficio per la società deve necessariamente far leva sul bambino, non solo per salvarlo dalle deviazioni, ma anche per conoscere il segreto pratico della nostra vita. Da questo punto di vista la figura del bambino si presenta possente e misteriosa, e bisogna meditare su di essa perché il bambino, che racchiude in sé il segreto della nostra natura, divenga il nostro maestro. CAPITOLO XLVII: LA MISSIONE DEI GENITORI I genitori non sono i costruttori del bambino, ma i suoi custodi. Essi devono proteggerlo e curarlo in un senso profondo. I genitori sono custodi supernaturali. Per tale missione i genitori devono purificare l’amore che la natura ha posto nei loro cuori e comprendere che tale amore è la parte cosciente di un sentimento più profondo, che non deve essere contaminato dall’egoismo o dall’inerzia. I genitori devono comprendere e abbracciare la questione sociale che oggi s’impone: la lotta per far riconoscere nel mondo i diritti dell’infanzia. La Montessori afferma che è giunto il momento di parlare dei diritti sociali del bambino. Il bambino produce l’umanità stessa, e pertanto i suoi diritti ancora più palesemente esigono trasformazioni sociali. La società dovrebbe prodigare ai bambini le cure più perfette e più sagge, per ricavarne maggior energia e maggiori possibilità per l’umanità futura. CAPITOLO XLVIII: I DIRITTI DEL BAMBINO La società non si preoccupò affatto del bambino fino a poco tempo fa, lo ignorava lasciandolo esclusivamente alle cure della famiglia. Gli furono dati soltanto i mezzi materiali, morali e intellettuali della famiglia in cui nasceva. Se la famiglia non possedeva alcun mezzo, il bambino doveva vivere nella miseria materiale, morale e intellettuale. Potevano essere vittime, senza che la società se ne rendesse conto. Non esistevano medici specialisti né ospedali per l’infanzia. Solo quando le statistiche rivelarono l’altissima media della mortalità infantile durante il primo anno di vita, si produsse una profonda impressione. —> questo fenomeno fu chiamato “strage normale degli innocenti”: erano tanti i piccoli che morivano per ignoranza e mancanza di cure. Scoperto il fatto, si organizzò rapidamente una vasta propaganda che fece sorgere un nuovo senso di responsabilità nella coscienza umana. —> I genitori dovevano procurare nuove condizioni e ricevere le istruzioni necessarie per l’igiene infantile. Ma i bambini non soffrivano soltanto nella famiglia, ma anche nelle scuole. Si riconobbe che, oltre alle malattie infettive per mancanza di igiene, i bambini soffrivano pure di malattie causate dal loro lavoro. —> questo si svolgeva nella scuola, dove i bambini sono esposti a un tormento obbligatorio per imposizione della società. Il tormento non era soltanto fisico, si estendeva anche al lavoro mentale. Gli studi erano pesanti e i bambini avevano la mente stanca e il sistema nervoso esausto. La famiglia non se ne rendeva conto, si preoccupava soltanto che i bambini superassero gli esami e s’istituissero il più rapidamente possibile. Non era l’istruzione e l’elevazione spirituale che preoccupava le famiglie, ma solo la risposta all’appello sociale, un obbligo esteriore che pesava e costava denaro. Molti bambini entravano in scuola già stanchi per il lavoro compiuto, e arrivavano a scuola affamati e assonnati, desiderosi solo di riposare. Questi bambini erano per questo castigati, poiché non stavano attenti né capivano le spiegazioni dell’insegnante. Il maestro cercava di destare l’interesse di quei bambini stanchi per mezzo di rimproveri e si faceva obbedire con minacce, li umiliava. Quelle prime investigazioni rivelarono tanta ingiustizia che ne sorse una vera reazione sociale, e le scuole e i loro regolamenti iniziarono ad essere modificati. Nacque un nuovo e importante ramo della medicina: l’igiene scolastica. —> il medico e l’insegnante si trovano associati a beneficio del bambino e costituì il primo passo verso la redenzione sociale dell’infanzia. In tutta l’aspirazione educativa, in tutta la pedagogia antica, fino ai giorni d’oggi, la parola educazione fu sempre sinonimo di castigo, e il suo scopo fu quello di sottomettere il bambino all’adulto che si sostituì ala natura mettendo i propri fini e volontà al posto delle leggi della vita. Nelle diverse nazioni esistevano differenti modi di castigare i bambini. La scuola e la famiglia si trovano d’accordo nel castigare, perché, se così non fosse, il castigo non sarebbe abbastanza educativo. Benché l’uso dei castighi vada rapidamente scomparendo nelle famiglie evolute, tuttavia non è scomparso del tutto. Si crede che sia naturale diritto dell’adulto quello di castigare il bambino. Il primo passo consiste nel tremendo compito di svegliare l’umanità addormentata e insensibile, costringendola ad ascoltare la voce che chiama. È necessario che l’intera società si ricordi del bambino e dell’importanza che esso ha, e che gli vada incontro con la massima urgenza per trarlo dal grande abisso in cui giace. Per il bambino non si fa nulla: si cerca appena di conservargli la vita vegetativa del corpo. Quando la società ha necessità estrema di denaro, lo sottrae anche alle scuole, specialmente alle scuole per l’infanzia. È poi necessario che gli adulti si organizzino nuovamente per i loro figli. La società deve restituire al bambino i suoi beni e rendergli giustizia. Importantissima è la missione che spetta ai genitori: solo essi possono e devono salvare i loro figli, perché possiedono i mezzi per organizzarsi socialmente, e quindi per agire praticamente nella vita sociale. La loro coscienza deve comprendere la forza della missione che la natura ha loro affidato. Nelle loro mani sta il futuro dell’umanità: la vita. Così nasce il dramma sociale del bambino. La società, insensibile a qualsiasi responsabilità, abbandona il bambino alle cure della famiglia, e questa a sua volta lo consegna alla società, la quale lo confina in una scuola. ECCE HOMO! La scuola è stata luogo di profonda desolazione per il bambino. Quegli enormi edifici sembrano essere stati edificati per una moltitudine di persone adulte, dove tutto è proporzionato all’adulto. La famiglia lo lasciava solo, abbandonato, sulla soglia di quell’edificio: quella porta infatti era una difesa, una separazione netta di due campi e di due responsabilità. Una voce severa e minacciosa li invitava a entrare insieme con molti sconosciuti compagni, considerati tutti insieme come esseri cattivi che devono essere castigati.
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