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IL SIGNIFICATO DI “INCLUSIVE EDUCATION” CON RIFERIMENTO AI DOCUMENTI INTERNAZIONALI IN MAT, Schemi e mappe concettuali di Pedagogia

IL SIGNIFICATO DI “INCLUSIVE EDUCATION” CON RIFERIMENTO AI DOCUMENTI INTERNAZIONALI IN MATERIA DI INCLUSIONE

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2020/2021

Caricato il 19/04/2022

alicecavaler
alicecavaler 🇮🇹

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Scarica IL SIGNIFICATO DI “INCLUSIVE EDUCATION” CON RIFERIMENTO AI DOCUMENTI INTERNAZIONALI IN MAT e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Pedagogia solo su Docsity! IL SIGNIFICATO DI “INCLUSIVE EDUCATION” CON RIFERIMENTO AI DOCUMENTI INTERNAZIONALI IN MATERIA DI INCLUSIONE Cosa significa «educazione inclusiva» «scuola inclusiva»? Una breve panoramica sul significato di queste parole alla luce di alcuni documenti internazionali. Inclusive education è espressione di un indirizzo di pensiero e di valori che si fondano sull’intuizione che il compito della scuola e dell’istruzione non si esaurisce nella trasmissione dei saperi. «L’istruzione deve essere indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana ed al rafforzamento del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali» (ONU, Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, 1948, art. 26). Inclusione —> coloro che hanno bisogni educativi speciali e coloro che si trovano nelle condizioni di disabilità Educazione inclusiva —> riferimento ai contesti di istruzione Inclusione sociale e lavorativa correlate al tema dell’inclusive education —> occorre andare oltre Inclusive education è espressione di un percorso storico, culturale e politico che ha portato a riconoscere all’infanzia alcuni diritti fondamentali, a prescindere da distinzioni o limitazioni di qualsiasi tipo, e in una prospettiva di massima integrazione sociale. Educazione inclusiva <—> scuola inclusiva Onu —> quando noi guardiamo al tema dell’inclusione non pensano solo all’istruzione ma abbiamo a che fare con qualcosa che riguarda con la possibilità di aggiungere valori e significati correlati al tema dell’inclusione. Non si parla di inclusione fino agli nei 90 nei documenti dell’Onu in quanto è una parola che ha iniziato ad assumere un significato culturale e politico più tardi. Questo non vuol dire che non se ne parlava mai, ma venivano utilizzati altri termini. ● «Gli Stati part si impegnano a rispettare i diritti enunciati nella presente Convenzione e a garantirli a ogni fanciullo che dipende dalla loro giurisdizione, senza distinzione di sorta e a prescindere da ogni considerazione di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o altra del fanciullo o dei suoi genitori o rappresentanti legali, dalla loro origine nazionale, etnica o sociale, dalla loro situazione finanziaria, dalla loro incapacità, dalla loro nascita o da ogni altra circostanza». (ONU, Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, 1989, art. 2) ● Tutti i bambini. Parole di esclusione ed inclusione sono sottintese. ● «(...)i fanciulli mentalmente o fisicamente handicappati devono condurre una vita piena e decente, in condizioni che garantiscano la loro dignità̀, favoriscano la loro autonomia e agevolino una loro attiva partecipazione alla vita della comunità̀ (...) in maniera atta a concretizzare la più̀ completa integrazione sociale e il loro sviluppo personale, anche nell’ambito culturale e spirituale» (ONU, Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, 1989, art. 23) ● Evitare esclusione in società a qualsiasi condizioni. Coloro che hanno handicap devono essere inclusi. 2001 —> Il termine handicap è stata rimosso dovunque in quanto crea stigma. Ora si utilizza la parola disablity. Nei documenti internazionali troviamo handicap e integrazione. La parola integrazione veniva spesso usata già in precedenza e preannuncia il termine inclusione. ● In Italia questa operazione non è stata affatto facile. L’Italia ha accelerato sul tema dell’inclusione rispetto a tutti gli altri Paesi. Negli anni 70-80 adoperò un’operazione di integrazione in tutti i contesti educativi —> tutti gli alunni, con e senza disabilità, potevano accedere all’istruzione: modello dell’integrazione. Questo ha generato qualche effetto collaterale sgradito: difficoltà di capire le reali differenze tra inclusione ed integrazione. Questa sovrapposizione non. Tale per cui che possiamo dire che si incastra perfettamente. Inclusione non è integrazione. Nuclei concettuali dell’inclusive education riconducibili al movimento dell’UNESCO denominato Education for All (EFA), con l’obiettivo di fornire un'istruzione di base di qualità a tutti i bambini, ai giovani e agli adulti. ● Il primo passo in questa direzione è stata la Conferenza mondiale sull’Educazione per Tutti dell’UNESCO, svoltasi a Jomtien (Thailandia), nel 1990. ● Rappresentanti di 155 Paesi e 150 organizzazioni si sono impegnati a provvedere all’educazione per tutti entro il 2000. ● La Dichiarazione mondiale sull’Educazione per tutti di Jomtien ha il merito di aver definito una nuova coraggiosa direzione da intraprendere nell’ambito dell’educazione (l’Education for All), che vede nell’attuale significato di «Inclusive Education» la sua più elevata espressione. Negli anni ’90 l’Onu parla dii inclusione – trattato di Salamanca del 1994. Motto “Education for all” —> programma con lo scopo di dormire istruzione a bambini, giovani e adulti. 52 paesi —> Programma EFA — obiettivo di educazione a tutti entro il 2000. C’erano paesi che non garantivano l’istruzione a tutti per motivi culturali (no femmine), di povertà oppure paesi che non assicuravano l’educazione di base ai disabili. Le scuole speciali non incentiva l’inclusione. Per quei paesi che educavano tutti, era un Invito a creare un modello di istruzione a coloro che includeva veramente tutti. Verso una definizione di «scuola inclusiva»: La Conferenza di Salamanca (UNESCO, 1994) “La sfida che deve affrontare la scuola inclusiva è quella di sviluppare una pedagogia incentrata sul bambino in grado di educare con successo tutti i bambini, compresi quelli che hanno gravi svantaggi e disabilità [...] Tali scuole aiutano a cambiare gli atteggiamenti discriminatori, creando comunità accoglienti e sviluppando una società inclusiva. Un cambiamento di prospettiva è imperativo”. Conferenza di Salamanca del 1994 – UNESCO (organizzazione dell’Onu che si occupa di educazione) – presenti più di 150 rappresenti Scuola inclusiva per argomentare l’inclusive education Uso della parola pedagogia —> sfida pedagogica Scuola come luogo in cui tutti gli alunni hanno pari opportunità per raggiungere il successo scolastico Successo scolastico —> completare il percorso, raggiungere un titolo, avere libero accesso. Non si tratta di regalare il titolo a tutti ma di offrirlo a tutti, anche a coloro che hanno svantaggi culturali, personali. Salvaguardare le pari opportunità mettendo in atto la pedagogia centrata sul bambino affinché tutti possano fare un percorso educativo e formativo. Trovare le modalità per garantire un percorso individuale e personalizzato per coloro che, per diverse ragioni, sono più svantaggiati. Scuola inclusiva = nessun comportamento discriminatorio, in primis gli insegnanti. Scuola impegnata anche sul versante sociale, laboratorio che crea una società inclusiva. Questo mette in discussione la scuola selettiva, la scuola competitiva, il sistema scolastico elitario per i migliori. La scuola inclusiva deve creare le condizioni per non perdere nessuno. Non bisogna confondere l’inclusione con il regalare titoli. Il programma EFA non raggiunse l’obiettivo entro il 2000 e quindi si decise di riprogettare gli obiettivi. Gli obiettivi programmatici per la realizzazione di una scuola inclusiva Il Quadro di Azione di Dakar (UNESCO, 2000) A Dakar, nel 2000, sono stati definiti gli obiettivi fondamentali del programma dell’Education for All (EFA): ■ Espandere e migliorare la cura e l’istruzione di tutti, con particolare riguardo per i soggetti più vulnerabili e svantaggiati; —> Scuola attenta che cura coloro più vulnerabili o svantaggiati ■ Assicurare, entro il 2015, l’accesso universale, gratuito ed obbligatorio all’educazione primaria, in particolare per coloro che vivono situazioni difficili o appartengono a minoranze etniche; —> Entro 2015 non riduzioni di accesso per etnia o povertà. Non dice dove, infatti non si specifica che deve avvenire in luoghi comuni. L’Italia, invece, già negli anni 70 aveva deciso per la scuola comune. ■ Assicurare che i bisogni educativi di tutti trovino risposta nell’offerta di programmi di apprendimento ed istruzione a diversi livelli, e che tale istruzione si svolga in tutto l’arco della vita; —> Programmi educativi con offerta formativa, curricula, che prevede diversi livelli attenta ad intercettare i programmi individuali. Curricula che risponde anche al territorio in cui opera. Formazione deve continuare per tutta la vita, formazione verticale. Deve essere accessibile anche ad adulti. ● Altri livelli di inclusione – esempio delle forme Il “potere” delle idee A seconda del tipo di concezione in atto nel contesto di un’istituzione educativa, variano sempre l’organizzazione del sistema, la gestione delle risorse umane e la rappresentazione di ruolo degli insegnanti, nonché le reciproche attese che si instaurano tra gli studenti, tra studenti e insegnanti, e tra insegnanti e famiglie. ● Guadagnare il significato di inclusione 18/02/2021 LA PROSPETTIVA INCLUSIVA IL PASSAGGIO DALLA SCUOLA DELL’INTEGRAZIONE ALLA SCUOLA DELL’INCLUSIONE Cominciamo col dire che «integrazione» e «inclusione» non sono la stessa cosa: sono termini che rinviano a concetti differenti, infatti hanno due opposti: ● Se la segregazione era avere in contesti particolari per persone speciali, l’integrazione è ospitate tutti nello stesso ambiente. ● Esclusione per cui non tutte le persone possono usufruire dei medesimi diritti e opportunità. ● L’integrazione ha dei destinatari particolari, l’inclusione è rivolta a tutti. Quando non c’erano né l’integrazione né l’inclusione ● Fino ai primi anni ’70 del Novecento, in Italia vigeva un modello d’istruzione di tipo bidirezionale: gli alunni con handicap (oggi il termine «handicap» è stato sostituito dal termine «disabilità») dovevano frequentare le scuole speciali; gli alunni «normali», invece, le scuole ordinarie. ● All’interno delle scuole ordinarie, inoltre, per quegli alunni che presentavano svantaggi e o difficoltà, che ne rallentavano i processi di apprendimento, erano previste apposite classi, dette differenziali. La concezione “segregativa” ● S’intende per concezione segregativa, con riferimento all’istruzione degli alunni con disabilità, l’allestimento di scuole speciali, all’interno delle quali rispondere agli specifici bisogni educativi e di istruzione di coloro che hanno menomazioni e/o deficit di varia tipologia e gravità. ● Questa concezione si fonda sull’idea che sono solo le soluzioni «speciali» quelle che meglio rispondono ai bisogni degli alunni con disabilità. ● In base a tale visione del problema, le scuole speciali rispondono ai bisogni educativi speciali degli alunni cosiddetti «speciali»; le scuole normali, invece, rispondono ai normali bisogni educativi degli alunni cosiddetti «normali». L'integrazione prima delle leggi (a cura di Andrea Canevaro) ● Prima degli anni ’70 i bambini con disabilità o non andavano a scuola oppure andavano in istituto, vedendo i genitori solo durante le vacanze grande paura e senso di vergogna ● Con l’assessora Lodi si iniziò a pensare a scuole speciali per bambini con disabilità perché gli istituti erano disumanizzanti. ● Successivamente provarono ad annullare la segregazione facendo accedere tutti alle scuole comuni. AFFONDO PEDAGOGICO E LEGISLATIVO SUL MODELLO ITALIANO DELL’INTEGRAZIONE SCOLASTICA Il modello italiano dell’integrazione scolastica degli alunni con disabilità: novità assoluta nel panorama internazionale Quando l’Italia intraprese la «via dell’integrazione» fu il primo Paese al mondo a inaugurare un modello unificato di istruzione. Il primo passo in questa direzione fu la legge n. 118 del 1971 ● Questa fu la legge che diede inizio al percorso delle riforme, che portarono il nostro Paese, nel giro di pochi anni, verso l’inaugurazione di un modello unificato di istruzione, e quindi all’eliminazione progressiva e definitiva delle scuole speciali e delle classi differenziali. ● Nell’articolo 28, con riferimento ai «mutilati e invalidi civili che non siano autosufficienti e che frequentino la la scuola dell’obbligo o i corsi di addestramento professionale finanziati dallo stato» si stabilisce che «l'istruzione dell'obbligo deve avvenire nelle classi normali della scuola pubblica, salvi i casi in cui i soggetti siano affetti da gravi deficienze intellettive o da menomazioni fisiche di tale gravità da impedire o rendere molto difficoltoso l'apprendimento o l'inserimento nelle predette classi normali» e «sarà facilitata, inoltre, la frequenza degli invalidi e mutilati civili alle scuole medie superiori ed universitarie». «Le stesse disposizioni valgono per le istituzioni prescolastiche e per i doposcuola.» ● La C.M. 227 del 1975 estende il diritto di frequentare «la scuola comune» ai discenti che presentino «particolari difficoltà di apprendimento e adattamento» LA LEGGE N. 517 DEL 1977: ● Questa è la legge che viene considerata il punto d’inizio del modello italiano dell’Integrazione scolastica degli alunni con disabilità; ● Tale legge, infatti, estese il diritto-dovere di frequentare la scuola di tutti a ogni alunno in età di obbligo scolastico, indipendentemente dalla presenza o meno di condizioni di handicap e a prescindere dalla tipologia e dal grado di gravità delle stesse. ● La L.517, inoltre, abolì le classi differenziali (Art.8, c.10), promosse interventi educativi individualizzati nella scuola elementare e media (Art. 2, cc.1, 2; Art. 7, c. 1) e postulò l’utilizzazione degli insegnanti specializzati per il sostegno accanto agli “alunni portatori di handicaps*” (Art. 2, c. 2; Art. 7, c. 2). ● Questa legge istituisce un sistema unificato per cui tutti gli alunni accedono al medesimo sistema di istruzione; non ci sono più differenze tra gravi e meno gravi abolisce le classi differenziali. ● Istituzione dell’insegnante di sostegno. Inizialmente erano gli educatori che precedentemente lavoravano nelle scuole speciale. ● Il termine handicap è scomparso dalle normative successive al 2001 ● Questa Legge ha il grande merito di aver posto in primo piano il problema della riorganizzazione che avrebbe dovuto affrontare la scuola per diventare realmente «la scuola di tutti». ● Onorevole Falcucci si assicurò che questi studenti fossero veramente integrati nelle scuole. ● Una riorganizzazione complessiva del «fare scuola», che toccava in particolare i seguenti punti: ● i docenti: che avrebbero dovuto lavorare nell’ottica di una «comunità professionale» ● le modalità di organizzazione delle lezioni ● le modalità di valutazione degli studenti, in una dimensione formativa e non più sommativa. ● È questa legge che istituzionalizza la presenza di un insegnante specializzato per il sostegno, assegnato alla classe che accoglie l’alunno disabile (la C.M. 262/88 estenderà tale diritto anche per gli studenti che frequentano la scuola superiore) Legge 5 febbraio 1992, n. 104 ● I primi studenti che negli anni 70 studiarono nelle scuole comuni diventarono adulti e quindi si si occupò del loro futuro, ampliando l’integrazione al sociale. «Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate», ● Con questa Legge, il Parlamento italiano porta a compimento il progetto nato con le leggi n.118 e n. 517, estendendo i diritti d’integrazione delle persone con handicap dalla scuola, al mondo del lavoro e alla società. ● La Legge 104/1992 è considerata il massimo riferimento, da un punto di vista legislativo, per quanto riguarda i diritti d’integrazione delle persone con disabilità. I CARDINI PEDAGOGIGO – LEGISLATIVI DEL MODELLO DELL’INTEGRAZIONE SCOLASTICA 1. La certificazione di handicap disabilità; richiesto dalle famiglie 2. L’insegnante di sostegno: «cerniera» tra alunno certificato con handicap disabilità e la classe di appartenenza; TFA, insegnante assegnato alla classe (no esclusivamente all’alunno) e opera come un mediatore di processi relazioni, di apprendimento. 3. Il Piano Educativo Individualizzato, ossia il documento nel quale sono riportati gli interventi mirati, di tipo educativo e didattico, per l'alunno certificato con handicap disabilità. Per accedere al diritto all’istruzione previsto dal modello dell’integrazione scolastica è necessaria – La «certificazione di handicap disabilità» Gli esercenti la potestà genitoriale dei soggetti in età evolutiva possono rivolgere la domanda per l’accertamento della disabilità all’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (I.N.P.S.), che vi dà riscontro non oltre 30 giorni dalla data di presentazione. (D.Lgs. 66/2017, Capo III «Procedure di certificazione e documentazione per l’inclusione scolastica», art. 5, c. 1) Si rimanda alla lezione sul D.lgs. 66/2017 per ulteriori approfondimenti Il docente specializzato ● Il docente specializzato per il sostegno (la cui figura giuridica nasce con il D.P.R. 970 del 1975 ) è assegnato alla classe in cui è iscritto uno studente con disabilità; egli assume la contitolarità della sezione e della classe in cui opera, partecipa alla programmazione educativa e didattica e alla elaborazione e verifica delle attività di competenza dei consigli di interclasse, dei consigli di classe e dei collegi dei docenti ai sensi dell'articolo 13, comma 6 della legge 5 febbraio 1992 n. 104. ● Il docente specializzato si occupa delle attività educativo-didattiche attraverso le attività di sostegno alla classe al fine di favorire e promuovere il processo di integrazione degli alunni con disabilità. ● Offre la sua professionalità e competenza per apportare all'interno della classe un significativo contributo a supporto dell’azione educativo- didattica collegiale, secondo principi di corresponsabilità e di collegialità. Genitori richiesta al comune – scuola richiede docente di sostegno che verrà assegnato alla classe. Se fosse assegnato all’alunno il docente sarebbe del singolo, è assegnato alla classe così il singolo è esattamente come gli altri; ma visto che la presenza di quell’alunno in una classe comporta un lavoro didattico maggiore, in carico ai docenti, lo Stato aggiunge un docente alla classe che si occupa di promuovere i processi di integrazione no lavoro tra docente e alunno ma lavoro di supporto all’intero processo di integrazione. Il P.E.I. (piano educativo individualizzato) ● Il Progetto o Piano Educativo Individualizzato, redatto in favore di ogni studente con certificazione di disabilità, non deve essere vissuto come un semplice «adempimento burocratico», ma come uno strumento prezioso, da cui partire per poter iniziare a pensare e a definire un Progetto di vita più ampio per la persona con disabilità. ● È imprescindibile che un documento di questo tipo, con tale valore e con una finalità così importante, debba essere frutto di lavoro condiviso tra tutti i soggetti che hanno in carico lo studente con disabilità, in primis la famiglia e tutti i docenti della classe frequentata dallo studente. ● «Si mira ad evitare la delega al docente di sostegno: le difficoltà, come i successi, non appartengono solo alla diade studente-insegnante di sostegno, ma a tutta la comunità scolastica: docenti tutti, dirigente, personale ATA, famiglie»*. *M. Pannone, Norme per la promozione dell’inclusione scolastica, www.lascuolainclusiva.it Si rimanda alla lezione sul D.lgs. 66/2017 per ulteriori approfondimenti L’EVOLUZIONE DEL SISTEMA DELL’INTEGRAZIONE SCOLASTICA ITALIANO Il “cantiere” italiano dell’integrazione scolastica e il suo stato avanzamento lavori (sal). Scuola deve accogliere alunni con BES, assetto non viene messo in discussione. L’assetto standard per l’alunno normale. Si introducono elementi, come la certificazione, il docente di sostegno e il PEI, che aiutano l’alunno a stare a passo con gli altri ma questi vengono considerati sotto l’ottica assimilazionista per diventare come i compagni normali. ● L’inclusione invece investe il sistema ad essere flessibile per far si che ogni alunno possa salvaguardare la propria diversità —> Libro di testo cartaceo, pdf, programma vocale, con font modificabile = modello fortificato Oltre la scuola dell’integrazione, verso la scuola dell’inclusione Flavio Fogarolo, Le tappe verso l’inclusione, articolo pubblicato il 24/03/2015 nel sito dell’autore Segregazione gli alunni con disabilità frequentano scuole speciali o classi differenziali. Inserimento gli alunni con disabilità entrano nelle scuole comuni, ma restano di fatto separati, a volte anche fisicamente. Integrazione gli alunni con disabilità fanno pienamente parte della comunità scolastica pur seguendo un percorso personalizzato. Inclusione la scuola si organizza per accogliere e valorizzare tutte le differenze. La personalizzazione diventa modo normale di fare scuola. Inclusione come sfida da affrontare —> oggi la scuola è in crisi per quanto riguarda l’inclusione, con alcuni che preferirebbero tornare al passato con le classi separati e programmi differenziati. L’inclusione, soprattutto all’inizio, NON facilita la vita. Il modello di valutazione che dice “chi mi sta dietro, bene, chi non riesce peggio per lui” è un modello che ha generato un’altissima mortalità scolastica = fenomeno che indica che se partono in 100 alla prima elementare, quanti arrivano alla laurea? L’istruzione è un diritto fondamentale, il quale è qualcosa he contiene un bisogno fondamentale, cioè che se non incontra una soddisfazione genera un danno per la persona. La scuola deve creare le condizioni per non perdere nessuno e così facendo tutela il diritto fondamentale. Non si può tornare indietro, bisogna andare (e guardare) avanti Le complessità educative del presente non possono essere affrontate attraverso il ricorso a logiche di semplificazione. Il complesso è per sua natura irriducibile al semplice (E. Morin) “V’è complessità quando sono inseparabili le differenti componenti che costituiscono un tutto...e quando vi è un tessuto interdipendente, interattivo e inter-retroattivo fra le parti e il tutto e fra il tutto e le parti.” ● Comprendere il fenomeno nella sua complessità. Non comprendere semplificando il fenomeno. La sfida coincide con il sopravvivere, governare e gestire la complessità. La scuola si fa inclusiva nella misura in cui si apre ai differenti bisogni educativi dei suoi alunni ● Nei contesti educativi è venuto a meno il concetto di norma come standard. L’ordinario, ormai, è la differenza = è più facile che i gruppi siano eterogenei piuttosto che omogenei —> eterogeneità di cultura, religione…e questi portano a bisogni differenti. ● 50 anni fa c’erano bambini che avevano più cose in comune che in contrasto: cattolici, italiani, genitori sposati, abitanti del paese…Ora il dato normale è l’eterogeneità. ● Eterogeneità anche educativa —> tutto ciò mette in crisi. ● Scuola inclusiva —> occorre abbandonare il modello integrazione perché stiamo parlando di tenere insieme tutte queste eterogeneità. LA SCUOLA SI FA INCLUSIVA NELL’ACCOGLIERE E VALORIZZARE OGNI DIFFERENZA In che senso l’inclusione supera il modello dell’integrazione scolastica? “A differenza dell’integrazione, il principio di inclusione non fissa dei parametri rispetto a un particolare tipo di presunta disabilità, ma riguarda piuttosto una filosofia dell’accettazione, ossia la capacità di fornire una cornice dentro cui gli alunni, a prescindere da abilità, genere, linguaggio, origine etnica o culturale, possono essere ugualmente valorizzati, trattati con rispetto e forniti di uguali opportunità a scuola”. Dovigo F. (2007), Fare differenze. Indicatori per l’inclusione scolastica degli alunni con Bisogni Educativi Speciali, p. 39 ● Inclusione ed integrazione non sono sovrapponibili La nozione di inclusione investe ogni forma di esclusione “La nozione di inclusione non riguarda dunque solo gli alunni in condizione di disabilità, ma investe ogni forma di esclusione che può avere origine da differenze culturali, etniche, socioeconomiche, di genere e sessuali; riconosce che c’è un rischio di esclusione che occorre prevenire attivamente e riconosce l’importanza del coinvolgimento di tutti gli alunni nella realizzazione di una scuola realmente accogliente, anche mediante la trasformazione del curriculum (offerta formativa) e delle strategie organizzative che devono diventare sensibili all’intera gradazione delle diversità presenti fra gli alunni”. Dovigo F. (2007), Fare differenze. Indicatori per l’inclusione scolastica degli alunni con Bisogni Educativi Speciali, p. 40 ● Organizzazione che cerca di generare n contesto di apprendimento che include un alunno iperattivo che non può stare seduto 5 ore di fila e che quindi magari prevede la possibilità di muoversi tra una lezione e l’altra o un apprendimento anche i luoghi attrezzati con attività in motorie o stando in piedi. Bisogna immaginare come trasformare le differenze in risorsa. ● L’Inclusive Education si fonda sull’idea innovativa in base alla quale le differenze (la cosiddetta “normale specialità”) sono una risorsa per l’educazione, la cui valorizzazione richiede ai sistemi educativi nuove capacità di individuazione dei bisogni e di differenziazione nelle risposte. ● Didattica differenziata come esempio ● Ossimoro normale specialità —> oggi è normale che ognuno abbia in sé qualcosa che lo renda speciale = ognuno è diverso dall’altro ● La piena realizzazione del sistema dell’Inclusive education, quindi, non consiste nel dare un posto nella scuola anche a chi è rappresentante di una qualche diversità, ma nel trasformare il sistema scolastico in organizzazione idonea a perseguire la valorizzazione delle differenze. ● Fornire uguali opportunità agli alunni Inclusive education = full inclusion La vera sfida consiste nel fare una scuola per il 100% degli alunni (il nucleo della Inclusive education - al di là e oltre ogni meccanismo di labeling - sta nella costruzione di un sistema Full inclusion). ● In Italia in questi anni è nato un sistema ibrido (un misto tra integrazione e inclusione) Essendoci già il modello di integrazione, quando è arrivato il modello di inclusivo non si è formata una collusione e nemmeno è avvenuto un azzeramento; via via, quindi, si è creato un sistema ibrido. Manca il terzo anello ● Per la trasformazione delle differenze in risorse Inclusive Education? ● Ai BES Legge 170/2010 – Direttiva 2012 e Circolare 2013 ● Dall’integrazione L. 517/1977 – L. 104/1992 Negli anni 2000 si è fondato il concetto d inclusive education a livello di parlamento europeo. L’Italia ha introdotto nel proprio sistema legislativo alcune rettifiche al modello di integrazione, in favore di quello inclusivo. ● Legge 170 ● Nella scuola non ci sono solo alunni disabili ad avere dei bisogni quindi la tutela data solo a coloro con certificazione è un errore di negligenza verso quegli alunni che seppur non avendo disabilità, hanno un disturbo specifico di apprendimento (DSA) e per questo rischiano di essere tagliati fuori dalla scuola se quest’ultima non pone a loro un’attenzione particolare. Questi alunni rischiano l’insuccesso scolastico in quanto i disturbi evolutivi specifici che interferiscono sull’apprendimento come dislessia, disgrafia, discalculia, diortografia. ● 2010 ● Sistema di tutela, però, segue il modello dell’integrazione = certificazione DSA ● Primo avvicinamento al modello di inclusione = progetto educativo personalizzato (PEP) che prevede l’introduzione di strumenti compensativi (calcolatrice) e misure dispensative (evitare di leggere ad alta voce il dislessico modificando il sistema di valutazione) ● Circolari del 2012 e 2013 ● Solo disabilità e DSA hanno bisogni specifici? No. Il 2,5% ha disabilità e il 5% hanno dsa. ● La pezza ritiene che c’è una terza categoria di alunni svantaggiati che hanno bisogno di una tutela in termini di apprendimento. Essi hanno degli svantaggi linguistici socio-culturali. Anche loro hanno la necessità di PEI, strumenti compensativi misure dispensative —> BES Adattamento italiano è inclusivo? NO! Evoluto, certo, ma sempre verso il modello d’integrazione. ● Inclusione —> no categorie specifiche ● Integrazione —> disabili, DSA, BES Nemmeno la «buona scuola» ha posto rimedio a questo vuoto. Ci si riferisce, in particolare, al contenuto dei decreti attuativi, vedi: Decreto Legislativo N. 66/2017 (Norme per la promozione dell'inclusione scolastica degli studenti con disabilità, a norma dell'articolo 1, commi 180 e 181, lettera c), della legge 13 luglio 2015, n. 107) ● 2015 – buona scuola —> legge 107 che ha messo i principi per i decreti attuativi, tra cui la riformulazione del sistema di integrazione secondo i principi di inclusione. Decreto nr. 66 “la promozione dell'inclusione scolastica degli studenti con disabilità” Appare evidente la differenza tra quanto proclamato nei principi e nelle finalità (in linea con la concezione inclusiva) Art. 1 - principi e finalità 1. L'inclusione scolastica: a. riguarda le bambine e i bambini, le alunne e gli alunni, le studentesse e gli studenti, risponde ai differenti bisogni educativi e si realizza attraverso strategie educative e didattiche finalizzate allo sviluppo delle potenzialità di ciascuno nel rispetto del diritto all'autodeterminazione e all'accomodamento ragionevole, nella prospettiva della migliore qualità di vita; […] b. è impegno fondamentale di tutte le componenti della comunità scolastica le quali, nell'ambito degli specifici ruoli e responsabilità, concorrono ad assicurare il successo formativo delle bambine e dei bambini, delle alunne e degli alunni, delle studentesse e degli studenti. ● Siamo nell’inclusive education —> Non c’è riferimento ad una categoria specifica, il sistema deve potenziarsi ed essere flessibile, promuovere il successo formativo. Rispetto alle ricadute pratiche di tali principi e finalità (non certamente in linea con la concezione inclusiva) Art. 2 - Ambito di applicazione 1. Le disposizioni di cui al presente decreto si applicano esclusivamente alle bambine e ai bambini della scuola dell'infanzia, alle alunne e agli alunni della scuola primaria e della scuola secondaria di primo grado, alle studentesse e agli studenti della scuola secondaria di secondo grado con disabilità certificata ai sensi dell'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, al fine di promuovere e garantire il diritto all'educazione, all'istruzione e alla formazione. IV messaggio: SISTEMI DI SOSTEGNO E MECCANISMI DI FINANZIAMENTO I migliori indicatori dei finanziamenti non sono da ricercarsi nelle finanze ma nella misurazione dell’efficienza e di quanto conseguito. È essenziale considerare gli esiti e correlarli agli sforzi fatti per raggiungerli. Ciò implica il monitoraggio e la misurazione dell’efficienza dei sistemi per concentrare i mezzi finanziari verso approcci di successo. Le strutture di incentivazione devono assicurare che qualora gli alunni siano posti in ambienti inclusivi, sia disponibile un maggior sostegno economico e che sia data maggiore enfasi ai risultati (non soltanto quelli accademici). Si veda rapporto dell’Agenzia su Integrazione scolastica e prassi didattiche (Agenzia Europea, 2003) L’uso delle risorse interne dovrebbe essere flessibile … le scuole dovrebbero avere molta libertà nell’uso delle risorse finanziarie, in base ai loro desideri e ai loro punti di vista. La burocrazia dovrebbe essere evitata il più possibile e anche gli alunni senza handicap o con problematiche lievi dovrebbero usufruire delle risorse interne alle classi o alle scuole laddove necessario o in base al parere dell’insegnante (ibidem, pag. 18). V messaggio: DATI ATTENDIBILI La raccolta di dati significativi e di qualità richiede un approccio sistemico che prenda in considerazione l’alunno, il collocamento, l’insegnante, nonché le questioni inerenti alle risorse. I dati relativi al collocamento dell’alunno sono un punto di partenza utile e necessario, ma devono essere integrati con dati chiari sul prodotto del sistema e sui suoi effetti. I dati sui risultati degli alunni con bisogni educativi speciali sono più difficili da raccogliere, e spesso sono assenti nella raccolta dati dei vari paesi. Monitorare senza etichettare Una sfida importante per la raccolta dati è collegata al fatto di evitare la classificazione, categorizzazione ed etichettatura dei discenti. Non si possono ignorare la ‘pluralità’ di definizioni applicate ai discenti e le ‘politiche’ dei sistemi di classificazione; né si possono ignorare gli effetti a cui portano questi sistemi di classificazione e definizioni. Mancano dati attendibili sui bambini con special educational needs (sen) nelle scuole ● La denuncia arriva dall’OCED (Organisation for Economic Co-operation and Development), che attraverso il CERi (Centre for Educational Research and Innovation) effettua il monitoraggio dei bambini con SEN nella scuola; ● L’European Agency for Development in Special Needs Education ha rilevato che ci sono evidenti difformità nelle percentuali di bambini con SEN nelle scuole dei diversi Paesi europei. Esempio: nel 2010, le percentuali variano dall’1% della Svezia al 19% dell’Islanda (Italia 2%). I NUMERI DELL’INCLUSIONE Studenti con cittadinanza non italiana in ITALIA (dati aggiornati al 31/08/2017, editi dal MIUR a marzo 2018)* ● Sono circa 826.000 gli studenti con cittadinanza non italiana presenti nelle classi, dalla scuola dell’infanzia alla secondaria di II grado. Sono il 9,4% del totale della popolazione scolastica, una presenza ormai strutturale. ● «[…] i numeri diventano notevoli con l'ingresso di quasi 670 mila studenti con cittadinanza non italiana nell'arco degli anni dal 2000/2001 al 2012/2013. Gli anni recenti si caratterizzano per un deciso rallentamento della crescita con un aumento di sole 39mila unità dal 2013/2014 al 2016/2017». ● «La costante flessione degli studenti con cittadinanza italiana, diminuiti nell'ultimo quinquennio di quasi 241mila unità, fa sì comunque che continui ad aumentare l'incidenza degli studenti di origine migratoria sul totale, passata da 9,2% a 9,4%.» ● Aumenta la quota delle alunne e degli alunni con cittadinanza non italiana nati nel nostro Paese. Negli ultimi cinque anni, dal 2012/2013 al 2016/2017, l’incremento delle seconde generazioni è stato del 35,4%. Nell’anno 2018 la crescita è stata del 5,1%. Gli studenti con cittadinanza non italiana nati in Italia rappresentano il 61% del totale degli studenti stranieri. Studenti con cittadinanza non italiana nelle scuole statali e paritarie del Veneto nell’A.S. 2017-2018 Studenti con cittadinanza non italiana nelle scuole statali venete nell’A.S. 2018-2019 (dato previsionale, elaborato sulla base delle Rilevazioni sulle scuole degli A.A.S.S. precedenti)* ● Totale : 84.230 su un totale di 594.915 studenti iscritti ● Infanzia: 9.789 su un totale di 42.463 studenti iscritti ● Primaria: 35.970 su un totale di 213.637 studenti iscritti ● Secondaria di I grado: 20.731 su un totale di 134.907 studenti iscritti ● Secondaria di II grado 17.740 su un totale di 203.908 studenti iscritti Studenti con disabilità in ITALIA nell’A.S. 2018/2019 ● Nell’anno scolastico 2018/2019 gli alunni con disabilità iscritti nella scuola statale sono 245.723 su un totale di 7.682.635 studenti* . ● Nella scuola primaria si stima che una percentuale inferiore al 10% degli alunni con disabilità non sia autonoma in nessuna delle seguenti attività: spostarsi, mangiare o andare in bagno. Nella scuola secondaria di primo grado tale quota scende ulteriormente. ● La disabilità intellettiva, i disturbi dell’apprendimento e quelli dello sviluppo rappresentano i problemi più frequenti negli alunni con disabilità. Studenti con disabilità in VENETO nell’anno scolastico 2018-2019 ● Totale : 40.740 su un totale di 594.915 studenti iscritti ● Infanzia: 1.126 su un totale di 42.463 studenti iscritti ● Primaria: 6.795 su un totale di 213.637 studenti iscritti ● Secondaria di I grado: 4.963 su un totale di 134.907 studenti iscritti ● Secondaria di II grado 4.078 su un totale di 203.908 studenti iscritti Studenti con disabilità nelle scuole statali del Veneto nell’anno scolastico 2018-2019 * Studenti con DSA IN ITALIA ● Nell’anno scolastico 2016/2017 gli studenti con DSA negli istituti statali e non statali erano 254. 614 su un totale di 8.660.574 studenti iscritti (ossia il 2,94% del totale): un trend in aumento ● Gli alunni con DSA, secondo i dati del Ministero, erano maggiormente presenti nelle regioni del Nord-Ovest: la percentuale raggiungeva il 4,5% degli studenti frequentanti. ● Tra le singole regioni, i valori più alti si riscontravano in Liguria, Valle d’Aosta, Piemonte e Lombardia, con il 4,9%, il 4,8% e il 4,5% di alunni con disturbi specifici di apprendimento sul totale alunni frequentanti. ● Nel Veneto tale percentuale raggiungeva il 2,5 %. 01/03/2021 INTRODUZIONE ALL'ICF Materiale tratto da: - Il Piano Educativo Individualizzato sua base ICF. Strumenti e prospettive per la scuola. - La valutazione multidimensionale e il progetto personalizzato Il nuovo percorso dalla certificazione all’inclusione scolastica secondi i DLgs 66/2017 e 96/2019 Legge 104 del 1992 Legge DSlg 66/2017 Introduce di nuovo che successivamente alla certificazione di disabilità le ASL avrebbero dovuto creare due unità di valutaizone: ■ diagnosi funzionale = capacità compromesse a causa della disabilità = documento clinico in cui si faceva un’analisi dettagliata dei funzionamenti del soggetto (fisico, psichico, linguaggio…) ■ profilo dinamico funzionale = documento utile alla scuola dove veniva descritto il soggetto ● documenti propedeutici al PEI prodotto dalla scuola L’ICF sostituisce questi due nuovi documenti, esso serve alla scuola per il PEI e ai comuni per creare il progetto individuale (facoltativo, è la famiglia che deve richiederlo al comune). 1. La certificazione di disabilità Articolo 5 del Decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 66 come modificato dal Decreto 96/2019. ■ Lettera a: «1. La domanda per l'accertamento della condizione di disabilità in età evolutiva ai fini dell'inclusione scolastica di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 104, come modificata dal presente decreto, corredata di certificato medico diagnostico-funzionale contenente la diagnosi clinica e gli elementi attinenti alla valutazione del funzionamento a cura della Azienda sanitaria locale, è presentata all'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), che vi dà riscontro non oltre trenta giorni dalla data di presentazione.»; ■ Lettera b: «Tale accertamento è propedeutico alla redazione del profilo di funzionamento, predisposto secondo i criteri del modello bio-psico-sociale della Classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute (ICF) dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), ai fini della formulazione del Piano educativo individualizzato (PEI) facente parte del progetto individuale di cui all'articolo 14 della legge 8 novembre 2000, n. 328.»; 2. Il Profilo di funzionamento: CHI LO DEVE FARE (DLgs n. 66/2017 - Art. 5) ■ Lettera c): Il Profilo di funzionamento, che ricomprende la diagnosi funzionale e il profilo dinamico-funzionale, è redatto da una unità di valutazione multidisciplinare, nell'ambito del SSN. ATTENZIONE: «c) è redatto con la collaborazione dei genitori o di chi esercita la responsabilità genitoriale della bambina o del bambino, dell'alunna o dell'alunno, nonchè, nel rispetto del diritto di autodeterminazione nella massima misura possibile, della studentessa o dello studente con disabilità, con la partecipazione del dirigente scolastico ovvero di un docente specializzato sul sostegno didattico, dell'istituzione scolastica ove è iscritto la bambina o il bambino, l'alunna o l'alunno, la studentessa o lo studente;» ● DLgs n. 66/2017 - Art. 5 ● Il Profilo di funzionamento […] (comma 4) ● A COSA SERVE: è il documento propedeutico e necessario alla predisposizione del Progetto Individuale e del PEI; ● QUANDO: è aggiornato al passaggio di ogni grado di istruzione, a partire dalla scuola dell’infanzia, nonché in presenza di nuove e sopravvenute condizioni di funzionamento della persona. ● Contenuto del Profilo di Funzionamento su base ICF ● Il Profilo di funzionamento ● ricomprende (nel senso che sostituisce) la diagnosi funzionale e il profilo dinamico-funzionale ● definisce (nel senso che risulta fondamentale per determinarle) le competenze professionali e la tipologia delle misure di sostegno e delle risorse strutturali necessarie per l'inclusione scolastica. Le novità introdotte con il DLgs. 66/2017, per essere comprese e correttamente tradotte nel contesto educativo e scolastico - oltre che sociosanitario - richiedono di essere lette alla luce dei cambiamenti che hanno riguardato i paradigmi di tipo scientifico, culturale, politico e giuridico con cui si interpreta oggi il significato di disabilità e, più in generale, di salute e qualità di vita delle persone. Dal paradigma ICIDH (OMS, 1980) Per l’ICIDH le disabilità sono dis-capacità al paradigma ICF (OMS, 2001) Definizione di disabilità (ICIDH, OMS, 1980) Lëv Semenovich Vygotskij (1896-1934) Le capacità superiori compaiono prima nell’interazione con gli altri e poi vengono interiorizzate e compaiono a livello intraindividuale. 1. Zona di sviluppo attuale: nella quale lo studente ha delle competenze che gli permettono di apprendere da solo 2. Zona di sviluppo prossimale: nella quale lo studente può apprendere solo se supportato da altri (insegnanti o pari grado con maggiori capacità) 3. Zona di sviluppo potenziale: rappresenta lo sviluppo possibile dello studente derivante dall’interazione con gli altri. Secondo questo modello, l'apprendimento è un "processo iterativo" che consente di guidare lo sviluppo cognitivo di un individuo ampliando gradualmente la sua area di sviluppo prossimale fino a raggiungere e saturare la sua area di sviluppo potenziale. Tale ampliamento è possibile con il supporto dell'insegnante il quale si deve avvalere di strategie adatte all'età e alle competenze dello studente, generando anche azioni di "scaffolding”. Il modello del funzionamento secondo l’ICF 08/03/2021 IL PIANO EDUCATIVO INDIVIDUALIZZATO SU BASE ICF ll processo di contrasto della disabilità e di promozione dell’inclusione Il divario tra capacità e performance rappresenta un'informazione fondamentale per la progettazione educativa e didattica, in quanto riflette l'impatto dell’ambiente attuale (quello di osservazione) sulle abilità dell'alunno/a, e quindi fornisce una guida utile riguardo alle modifiche da attuare nell’ambiente per migliorare la sua performance. Il cruscotto interpretativo: per imparare a pensare l'azione educativa/didattica tramite la logica ICF È un problema che riguarda le capacità? È la conseguenza di una menomazione nelle funzioni/strutture del corpo? Apprendimento È un problema che riguarda È un problema che riguarda i fattori personali? i fattori ambientali? ● Abitudini? - Mancanza o carenza di facilitatori? ● Emotività? - Presenza di barriere? ● Motivazione? ● Ecc… IL PROFILO DI FUNZIONAMENTO SU BASE ICF Distinguere tra capacità e performance ■ Il qualificatore capacità descrive l’abilità di un individuo di eseguire un compito o un’azione. Questo costrutto ha lo scopo di indicare il più alto livello probabile di funzionamento che una persona può raggiungere in un dato dominio, in uno specifico momento. ■ Il qualificatore performance descrive ciò che un individuo fa nel suo ambiente attuale. Dato che l’ambiente attuale implica un contesto sociale, la performance può anche venire considerata come «coinvolgimento in una situazione di vita» o «esperienza vissuta» delle persone nel contesto reale in cui vivono. Un esempio: il caso di Marco spiegazione nelle slide I QUALIFICATORI DELL’ICF ED IL LORO UTILIZZO ● Per classificare, ICF fornisce qualificatori (non “quantificatori”) che permettono di rappresentare in modo numerico “l’estensione di un livello di funzionamento” ● i qualificatori sono gli stessi, anche se variano leggermente il loro significato a seconda della Componente (funzioni, strutture, A&P, F.A.) ● per l’attribuzione di un qualificatore si considerano gli ultimi 30 giorni, in particolare relativamente alle Performance ● Termini di paragone per l'attribuzione di un qualificatore: l'alunno normotipico. Attività e partecipazione (due qualificatori) Performances Capacità Descrive quello che un individuo Descrive l’abilità dell’individuo nell’eseguire un fa nel suo ambiente attuale compito o un’azione (ambiente standard) xxx.0 nessuna difficoltà (assente, trascurabile…) 0 – 4 % xxx.1 difficoltà lieve (leggera, piccola…) 5 -24 % xxx.2 difficoltà media (moderata, discreta…) 25 -49 % xxx.3 difficoltà grave (notevole, estrema…) 50 – 95 % xxx.4 difficoltà completa (totale…) 96 – 100 % xxx.5 non specificato xxx.6 non applicabile 11/03/2021 Criteri di attribuzione: INTENSITA’ e FREQUENZA ■ intensità: fare un’azione nel miglior modo possibile in riferimento al funzionamento normotipico (NB: si considera anche la durata dell’attività) ■ frequenza: fare un’azione ogni volta che se ne presenta l’opportunità/necessità Pertanto: 0 Nessun problema: significa che l’azione è svolta al massimo grado per intensità e frequenza 4 Problema completo: significa che l’azione è completamente assente in ogni momento della giornata/settimana/mese. Come valutare Performance e Capacità ● Le performance sono direttamente osservabili nel contesto di vita. ● Le capacità vanno inferite/stimate prendendo in considerazione: ● la condizione sanitaria dell’alunno, con l’eventuale supporto di test ed esami obiettivi ● le sue performance in situazioni diverse e/o con persone diverse, in modo da identificare il contributo dei fattori ambientali (barriere o facilitatori) Se una performance è data dalla presenza di barriere o facilitatori, le capacità non potranno coincidere con le performance Attività e Partecipazione: uso dei qualificatori d450. _ _ camminare d450.2 _ medie difficoltà nelle performance d450.3_ grave limitazione nelle capacità d450.2 3_cammina con media difficoltà nonostante la presenza gravi limitazioni nelle capacità Attività e Partecipazione: fattori ambientali Attività e Partecipazione: situazioni “tipo” Lieve difficoltà nella capacità di avere relazioni con i coetanei ma performance molto carenti. ● P < C = presenza di barriere Moderata difficoltà nella capacità di giocare a basket, ma problemi minimi nel giocare (performance). ● P > C = presenza di facilitatori Grave difficoltà nella capacità di leggere e grave assenza di performance nel leggere. ● P = C : assenza di facilitatori e di barriere (oppure facilitatori e barriere, anche di tipo personale, si neutralizzano a vicenda) Ora analizziamo il questionario ICF-Scuola Composizione: ● 33 item relativi alle Funzioni del corpo ● 15 item per le Strutture del corpo ● 56 item della componente Attività e Partecipazione ● 34 fattori ambientali N.B. É presente anche un questionario, in formato ridoto, ad uso dei genitori ● Vedi slide con esempi 15/03/2021 Libro ● Esempi nelle slide Ogni perdita o anomalia Ogni limitazione della persona nello È uno svantaggio che limita o strutturale o funzionale, svolgimento di una attività secondo o impedisce il raggiungimento di fisica o psichica. I parametri considerati normali per una condizione sociale normale un essere umano. (in relazione all’età, al sesso ai fattori sociali e culturali) Il PEI deve indicare facilitatori e barriere Tiene conto dell’accertamento della condizione di disabilità in età evolutiva ai fini dell’inclusione scolastica, di cui all’articolo 12, comma 5, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e del Profilo di funzionamento, avendo particolare riguardo all’indicazione dei facilitatori e delle barriere, secondo la prospettiva bio-psico-sociale alla base della classificazione ICF dell’OMS. Nel nuovo PEI non si fa più riferimento a “parametri/assi” ma a “dimensioni” Individua obiettivi educativi e didattici, strumenti, strategie e modalità per realizzare un ambiente di apprendimento nelle dimensioni della relazione, della socializzazione, della comunicazione, dell’interazione, dell’orientamento e delle autonomie, anche sulla base degli interventi di corresponsabilità educativa intrapresi dell’intera comunità scolastica per il soddisfacimento dei bisogni educativi individuati. Assi/dimensioni del PEI – Parallelismi tra “vecchio” PEI e nuovo PEI Parametri/assi del “vecchio” PEI (DPR 24/02/1994), Le “dimensioni” del nuovo PEI, in base al in base al Profilo dinamico-funzionale DLgs 66/2017) ● Cognitivo - Relazionale ● Affettivo – relazionale - Socializzazione ● Linguistico / comunicazionale - Comunicazione ● Sensoriale - Interazione ● Motorio – prassico - Orientamento ● Neuropsicologico - Autonomie ● Autonomia ● Apprendimento 22/03/2021 IL PROGETTO DI VITA DELLA PERSONA CON DISABILITÀ: LA COPROGETTAZIONE CAPACITANTE Motivi Perché questo tema è rilevante oggi per noi? ● Insufficienza delle risposte erogate ● Motivazione deontologico-professionale ● Inadeguatezza del paradigma di riferimento ● Motivazione culturale ● Aspettative delle persone con disabilità e delle loro famiglie ● Motivazione giuridico-istituzionale IL PARADIGMA DI RIFERIMENTO ● L’impostazione storicamente assistenzialistica ● Il modello dello shelter: protezione = separazione → i percorsi sono «speciali» ● La logica della gravità guida l’accesso alle diverse possibilità, che considera: ● le autonomie (=ciò che la persona riesce a fare senza supporto nelle attività quotidiane) ● la capacità di esprimersi verbalmente ● i comportamenti disturbanti NB: questo schema impedisce di vedere un futuro diverso, anche nei genitori, se non si raggiungono “miglioramenti” ● Il modello del train and place ● le persone con disabilità non possono vivere nel mondo di tutti “così come sono”, ma devono apprendere prima una serie di competenze e raggiungere alcuni requisiti di base ● Il modello della compliance ● l’operatore sa che cosa è bene/possibile per la persona ed il soggetto e la famiglia devono adeguarsi. La conseguenza, osserva Marchisio, è che «a livello di organizzazione dei servizi l’esistenza delle persone con disabilità e delle loro famiglie finisce per essere irrigidita in percorsi che si dipanano fin dall’adolescenza tendendo a una vita adulta “speciale”. I giovani non vengono accompagnati, nel passaggio all’adultità, all’espansione delle opportunità, allo sviluppo di concrete e autentiche occasioni di autodeterminarsi, all’uscita dalla casa dei genitori secondo i propri ritmi anagrafici e sociali, al moltiplicarsi delle relazioni» (2019, p. 20). ● Il paradigma dei diritti – La Convenzione ONU dei Diritti delle PcD (2006) a. il rispetto per la dignità intrinseca, l’autonomia individuale, compresa la libertà di compiere le proprie scelte, e l’indipendenza delle persone; b. la non discriminazione; c. la piena ed effettiva partecipazione e inclusione nella società; d. il rispetto per la differenza e l’accettazione delle persone con disabilità come parte della diversità umana e dell’umanità stessa; Il paradigma di riferimento Il paradigma dei diritti La Convenzione ONU dei Diritti delle PcD (2006) e. la parità di opportunità; f. l’accessibilità; g. la parità tra uomini e donne; h. il rispetto dello sviluppo delle capacità dei minori con disabilità e il rispetto del diritto dei minori con disabilità a preservare la propria identità. ■ Non si tratta di nuovi diritti: i diritti di qualsiasi essere umano valgono anche se una persona ha una disabilità, qualsiasi essa sia e qualsiasi sia il bisogno di sostegno (superamento del concetto di gravità). ■ visione universalistica dei diritti umani → il cambio di paradigma è radicale: da soggetti da assistere a cittadini. ■ La Convenzione prefigura una società in cui alcuni tra i cittadini sono persone con disabilità I fondamenti giuridici del PdV Art. 14. legge 328/2000 (Progetti individuali per le persone disabili): Per realizzare la piena integrazione delle persone disabili di cui all'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nell'ambito della vita familiare e sociale, nonché nei percorsi dell'istruzione scolastica o professionale e del lavoro, i comuni, d'intesa con le aziende unità sanitarie locali, predispongono, su richiesta dell'interessato, un progetto individuale, secondo quanto stabilito al comma Questioni 1. Cosa significa «progettare la vita»? 2. quali possono/devono essere i contenuti del PdV? 3. di chi deve essere la responsabilità del PdV? 4. come promuovere il PdV all'interno dei propri Servizi particolari? Quali sono le prassi già in uso che vanno in questa direzione? Quali innovazioni sono possibili? 5. quali strumenti possono sostenere questa prospettiva di accompagnamento delle persone con disabilità? LA TITOLARITÀ DEL PROGETTO DI VITA Il «dopo di noi» ● Il “noi” descrive un universo limitato e circoscritto ● La preoccupazione “chi se ne occuperà?” impedisce di pensare che la PcD possa diventare un cittadino, un vicino di casa, un collega, un amico, un fidanzato ● La necessità di modificare l’assetto esistenziale è innescato dal venir meno di chi se ne prende cura, non dal bisogno evolutivo della persona Paradossalmente, il costrutto del “dopo di noi” sembrerebbe operare in modo fuorviante rispetto agli obiettivi della transizione verso la vita adulta, specialmente se per le famiglie viene vissuto e interpretato come processo teso «alla scelta di una persona o una istituzione che le sostituisca» (Marchisio C. , 2019, p. 14) ● L’espressione “dopo di noi” presuppone che tutto il mondo quotidiano del PdC ruoti intorno ai genitori (era vero 40 anni fa) e che tutta la progettualità della vita adulta si riassuma nel modo di sostituire la famiglia ● l’immaginario di futuro legato al dopo di noi è pensato in modo limitato: assistenza, cura e protezione (invece di …?) ● perciò è poco desiderabile per la persona e la sua famiglia e NON rappresenta un accesso alla vita adulta «Muoversi all’interno di uno scenario in cui la vita adulta ruota attorno alla domanda “Chi se ne occuperà?” non porta a domandarsi come fare a sostenere persone con disabilità a diventare colleghi, vicini di casa, fidanzati, amici» (Marchisio, 2019, p. 19) L’accesso alla vita adulta I percorsi di vita adulta delle PcD sono strutturalmente speciali ● a differenza dei percorsi normotipici, c’è sempre un pensiero di dipendenza, tutti si comportano da genitori (anche gli operatori? I «ragazzi» dei CD e delle CA) ● le decisioni della PcD devono essere “validate” da un soggetto a sviluppo tipico ● la gamma di opportunità è limitata e prevedibile ● la PcD deve dimostrare di essere abbastanza abile Modello di progettazione classico: il narratore è l’operatore modello medico → qualità: ● predittività ● processo rigido ● oggettività come valore ● compliance e potere Il modello della “coprogettazione capacitante” di cui parla Marchisio individua nella metodologia delle “Pratiche dialogiche” e del “Dialogo aperto” (Olson, 2015), gli strumenti attraverso cui si potrebbero modificare i modelli di presa in carico, da parte dei servizi, delle richieste di aiuto che arrivano dalle persone con disabilità e dai loro familiari, facendole diventare occasioni per la realizzazione di dialoghi trasformativi, in grado di attivare sia nuove risorse personali che nuove soluzioni in seno alle comunità di appartenenza. Modello della coprogettazione: vi sono diversi narratori (polifonia) ● Nel modello della coprogettazione l’operatore assume una posizione decentrata (= meno potere), per far spazio alla voce di: ● Persona con disabilità ● Genitori ● Fratelli, sorelle ed altri attori della rete spontanea ● «costruttivismo senza ranghi» ● È la persona e la sua famiglia a fissare il genere di esistenza che vogliono condurre ● Il processo non è rigido ed è importante quanto l’esito ● è il processo che istituisce il progetto di vita, non il contenuto di ogni singola scelta ● non si tratta di introdurre un elemento nella vita della PcD per «compensare» una sua mancanza ● non è l’operatore che propone e gli altri accettano o rifiutano, ma egli è parte del processo ● Si lavora sulla «capacitazione» (empowerment) Secondo Marchisio, un fattore decisivo della qualità della relazione intersoggettiva tra operatore, persona con disabilità e famiglia, attiene al «punto di vista con cui si guarda all’esistenza della persona» (2019, p. 40), perché a seconda del modo con cui ci si pone nella relazione con l’altro, cambiano i modelli operativi, narrativi e la gestione del potere nel processo di presa in carico della persona con disabilità, soprattutto nella delicata fase della progettazione dei percorsi di vita adulta. Ad esempio, continua Marchisio, nei processi di progettazione può succedere che operi «un modello narrativo intrinseco, spesso implicito, che circoscrive in maniera sotterranea il campo delle possibilità che quella progettualità è in grado di aprire» (2019, p. 41). Nel modello della coprogettazione capacitante, ad esempio, risulta decisivo che l’operatore assuma un punto di vista sull’altro in grado di consentirgli di avocare a sé «il potere di 1. Per realizzare la piena integrazione delle persone disabili di cui all'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nell'ambito della vita familiare e sociale, nonché nei percorsi dell'istruzione scolastica o professionale e del lavoro, i comuni, d'intesa con le aziende unità sanitarie locali, predispongono, su richiesta dell'interessato, un progetto individuale, secondo quanto stabilito al comma 2. 2. … il progetto individuale comprende, oltre alla valutazione diagnostico-funzionale, le prestazioni di cura e di riabilitazione a carico del Servizio sanitario nazionale, i servizi alla persona a cui provvede il comune in forma diretta o accreditata, con particolare riferimento al recupero e all'integrazione sociale, nonché le misure economiche necessarie per il superamento di condizioni di povertà, emarginazione ed esclusione sociale. Nel progetto individuale sono definiti le potenzialità e gli eventuali sostegni per il nucleo familiare. DPCM 14/02/2001 – Atto di indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni socio-sanitarie ● L’assistenza socio-sanitaria viene prestata alle persone … sulla base di progetti personalizzati redatti sulla scorta di valutazioni multidimensionali. ● Le regioni disciplinano le modalità e i criteri di definizione dei progetti assistenziali personalizzati (art. 2, comma 1). Determinazione del bisogno ai fini della predisposizione del PI Ai fini della determinazione della natura del bisogno si tiene conto degli aspetti inerenti a: a. funzioni psicofisiche; b. natura delle attività del soggetto e relative limitazioni; c. modalità di partecipazione alla vita sociale; d. fattori di contesto ambientale e familiare che incidono nella risposta al bisogno e nel suo superamento (art. 2, comma 3). Quale valutazione del bisogno? ● Per favorire l’efficacia e l’appropriatezza delle prestazioni socio-sanitarie necessarie a soddisfare le necessità assistenziali dei soggetti destinatari, ● L’erogazione delle prestazioni e dei servizi è organizzata di norma attraverso la valutazione multidisciplinare del bisogno, la definizione di un piano di lavoro integrato e personalizzato e la valutazione periodica dei risultati ottenuti (Art. 4, comma 3) Quaderni del ministro della salute Piano d’indirizzo per la riabilitazione (Accordo Stato-Regioni 10/02/2011) Riferimenti all'ICF ● all’ICF è riconosciuta «la capacità di guidare la valutazione multidimensionale della Persona ● la definizione individuale degli outcome da raggiungere tramite il Progetto Riabilitativo e i suoi interventi». Legge n. 18/2009, art. 26 (ratifica della Convenzione ONU Diritti Persone con disabilità I servizi e i programmi di abilitazione e riabilitazione a. «abbiano inizio nelle fasi più precoci possibili e siano basati su una valutazione multidisciplinare dei bisogni e delle abilità di ciascuno, b. facilitino la partecipazione e l’integrazione nella comunità e in tutti gli aspetti della società…» Regione Veneto: il Progetto Personalizzato ● Nella Regione Veneto per l’accreditamento istituzionale di un servizio per persone disabili deve «essere definito e documentato un progetto personalizzato sulla base: ● delle caratteristiche dell'utente, dei suoi bisogni e del suo contesto familiare e sociale; ● dei risultati che si vogliono ottenere; ● della capacità di risposta dell'ente in termini organizzativi interni e di eventuale integrazione e ricorso ai servizi della rete. ● Il Progetto Personalizzato (PP) deve comprendere la valutazione multidimensionale dell'utente, gli obiettivi d’intervento, la declinazione di questi in obiettivi specifici con i relativi indicatori di risultato. ● Deve essere definito e adottato un sistema di valutazione dei risultati (valido e attendibile) sul singolo utente e i dati in output da tale sistema devono essere utilizzati per ridefinire il PP. ● Deve essere definito e adottato un sistema di follow up anche dopo l’intervento, in relazione al progetto personalizzato». ● Deve essere definita in particolare: ● l’individuazione dell’operatore responsabile del PP ● l’informazione e il coinvolgimento dell’utente e/o dei suoi familiari nella definizione del PP ● la formalizzazione del PP, con la descrizione delle attività specifiche, dei tempi indicativi di realizzazione, la frequenza e la titolarità degli interventi ● la realizzazione di attività di verifica sul PP (procedure, tempi e strumenti) Le novità introdotte dalle ultime normative in materia di inclusione scolastica e sociale delle persone con disabilità ● modificato dal DLgs. n. 96/2019 in vigore dal 12 settembre 2019 ● decreti legislativi attuativi della legge 13 luglio 2015, n. 107 ● legge n. 66 Come fare? Una proposta operativa per la costruzione di Progetti Personalizzati a favore di persone con disabilità (coerentemente a quanto previsto dalla normativa in vigore) Dalla progettazione individualizzata alla progettazione personalizzata pp. 37-39 Ai fini della costruzione del PI, è necessario effettuare la valutazione della situazione attuale. Qui sono riportati gli strumenti (Questionari e modello di Progetto) attraverso cui è possible procedure in tale direzione https://www.progettodivita.org/strumenti Ai fini dell'elaborazione del Profilo di Funzionamento è possible accedere alla piattaforma online predisposta dall'Università di Verona inserendo i dati dei diversi questionari https://www.icfapplicazioni.it/ Dalla SVaMDi… A partire dalla SVaMDi (Scheda di Valutazione Multidimensionale della Disabilità), costituita da un core set di codici dell’ICF ed oggi utilizzata in numerose Regioni …a ICF-ADAT ADAT è l'acronimo di Adult Disability Assessment Tools, un set di strumenti che consentono l'analisi del funzionamento di una persona adulta con disabilità finalizzata ad individuare gli obiettivi prioritari su cui intervenire per promuovere dignità e qualità di vita. Vediamo assieme un filmato che riporta la testimonianza di una persona adulta con disabilità che narra il suo progetto personalizzato Antonella Se una performance è data dalla presenza di barriere o facilitatori, le capacità non potranno coincidere con le performance. Dal Profilo di Funzionamento alla costruzione del Progetto Individuale: la dimensione della vita adulta Approfondimento sul tema della Vita Adulta delle persone con disabilità I nuclei portanti di una Progettazione Individuale che sia aperta a un progetto di vita adulto Linee di continuità tra PEI e PI - I 5 pilastri della vita adulta: 1. Autodeterminazione: ■ individuare obiettivi di valore per sé – cfr Life Skill OMS: ■ risolvere problemi e prendere decisioni, comprendendo le conseguenze ■ saper valutare il proprio operato (capacità critica) ■ sapersi esprimere, sia sul piano verbale che non verbale ■ capacità di relazioni interpersonali 2. Lavoro – formare a scuola le abilità paralavorative: ■ cura del proprio materiale ■ seguire una procedura ■ portare a termine un’attività ■ aumentare i tempi di applicazione su un compito ■ rispettare gli orari ■ riconoscere ruoli e gerarchie 3. Cittadinanza attiva: ■ Costituzione italiana, art. 4: Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società ■ assumere un ruolo, già a scuola, che preveda un «incarico» ■ fare esperienza di cittadinanza attiva nell’extra scuola, nel contesto di vita 4. Vita indipendente: autonomie di base ■ orientarsi nello spazio scolastico ■ sapersi vestire ■ lettura dell’orologio e del calendario ■ uso del denaro ■ saper chiedere aiuto ■ riconoscere i pericoli ed evitarli 5. Affettività e sessualità: ■ riconoscere le proprie emozioni e sentimenti ■ fare esperienza di appartenenza ed amicizia ■ conoscere il proprio corpo ■ riconoscere i cambiamenti fisici ed emotivi ■ controllare le pulsioni del corpo nei confronti degli altri (toccare, abbracciare, baciare etc.) ■ prevenire l’abuso Prima di divenire dei pilastri, le basi della vita adulta sono già presenti nel processo di crescita e di sviluppo della persona con disabilità intellettiva ma nella forma di “link” (collegamenti che vanno attivati). Abbiamo bisogno di futuro per agire sul presente. Ma come far diventare adulta una persona con disabilità intellettiva? Innanzitutto ci vuole qualcuno che la pensi adulta fin dall’infanzia. Quando la famiglia non vuole l’adultità non arriva ■ Coloro che non hanno una disabilità intellettiva possono sottrarsi a questo destino immaginando da soli la propria adultità, ma per coloro che hanno una disabilità intellettiva risulta difficile pensarsi e, di conseguenza, pensare da soli alla propria adultità. ■ Il rischio di chi non è stato pensato/immaginato adulto, è di intraprendere percorsi di sviluppo senza sbocchi di adultità o senza contatto effettivo con la realtà. Educare a pensarsi adulti ■ Assicurare, entro il 2015, l’accesso universale, gratuito ed obbligatorio all’educazione primaria, in particolare per coloro che vivono situazioni difficili o appartengono a minoranze etniche; —> Entro 2015 non riduzioni di accesso per etnia o povertà. Non dice dove, infatti non si specifica che deve avvenire in luoghi comuni. L’Italia, invece, già negli anni 70 aveva deciso per la scuola comune. ■ Assicurare che i bisogni educativi di tutti trovino risposta nell’offerta di programmi di apprendimento ed istruzione a diversi livelli, e che tale istruzione si svolga in tutto l’arco della vita; —> Programmi educativi con offerta formativa, curricula, che prevede diversi livelli attenta ad intercettare i programmi individuali. Curricula che risponde anche al territorio in cui opera. Formazione deve continuare per tutta la vita, formazione verticale. Deve essere accessibile anche ad adulti. ■ Raggiungere un aumento del 50% nell’alfabetizzazione degli adulti, specialmente delle donne ed un accesso equo all’istruzione primaria e alla formazione continua per tutti gli adulti; —> Onu sta parlando al mondo. In Italia l’’obiettivo, nel 2000, era già raggiunto fortunatamente. ■ Eliminare le disparità di genere nell’istruzione primaria e secondaria, per il raggiungimento di una buona qualità d’istruzione per tutti; —> Disparità di genere, in Italia ci sono stati tanti cambiamenti (obiettivo entro 2015). ● Migliorare tutti gli aspetti inerenti alla qualità dell’istruzione, garantendo elevati livelli di apprendimento soprattutto in riferimento alle abilità essenziali per vivere, come leggere, scrivere e contare —> Qualità dell’istruzione è un fattore dell’inclusione, garantire diversi livelli a tutti. Competenze fondamentali per vivere necessarie all’interno di una società. Inclusione non riguarda solo una specifica di categoria di soggetti, essa non è qualcosa pensato per rispondere ai problemi specifici legati alla disabilità. Inclusione ha a c’è fare con le politiche d’istruzione, con i contesti educativi in cui ci deve essere un occhio di riguardo, un accesso a tutti. Questa è la distinzione fondamentale tra il modello dell’inclusione e il modello dell’integrazione che ha realizzato l’Italia. Esso era destinato specificamente agli alunni con disabilità. L’Italia realizza una scuola universale (comune a tutti), ma la finalizza per rispondere ad una determinata categoria di persone e crea il modello di integrazione. La legittimazione del modello «inclusivo» L’UNESCO afferma che il processo inclusivo sia sostenuto da tre legittimazioni: ■ la legittimazione educativa, secondo la quale l’educazione deve essere diretta a tutti, rispondendo adeguatamente ed efficacemente alle numerose differenze individuali; —> attenzione alle differenze individuali. ■ la legittimazione sociale, poiché le scuole inclusive , educando ad una società giusta, democratica e quindi non discriminatoria, sanno intervenire sulla collettività, modificando il modo di concepire la diversità, identificandola come valore e spunto di arricchimento anziché come un limite penalizzante per il soggetto; —> società democratica ■ la legittimazione di tipo economico: le scuole inclusive mostrano, a differenza delle scuole speciali, in cui i soggetti risultano divisi rigidamente in gruppi, un migliore rapporto tra costi e benefici” —> andare oltre le scuola speciali ha un beneficio tra costi. (UNESCO, Policy Guidelines on Inclusion in Education, Parigi 2009) L’inclusione ha a che fare con la capacità dei sistemi educativi di divenire flessibili. ● In base al Trattato di Salamanca (1994), il modello dell’Inclusive Education richiede che i sistemi educativi imparino a rispondere in modo flessibile alle esigenze degli studenti. ● Si tratta di un “modello di insegnamento incentrato su chi apprende (learner-centered teaching methods) attraverso l’utilizzo di materiali didattici appropriati” (UNESCO Policy Guidelines on Inclusion in Education, Parigi 2009) Quando si parla di inclusione non ci si riferisce ai soli alunni con disabilità. ● In base ai Principi Guida per promuovere la qualità nella Scuola Inclusiva*, “l’inclusione interessa un raggio sempre più ampio di denti piuttosto che quei(gli) studenti in possesso della certificazione per l’handicap”. * European Agency for Development in Special Needs Education, Principi Guida per promuovere la qualità nella Scuola Inclusiva – Raccomandazioni Politiche, Odense, Danimarca 2009. ● Non ha a che fare con una determinata categoria —> curriculum flessibili ● Modello di insegnamento che si concentra sule modalità per far apprendere le persone. L’inclusive education comporta specifiche responsabilitá per la scuola ● In base ai Principi Guida per promuovere la qualità nella Scuola Inclusiva*, «l’inclusione riguarda tutti gli studenti che rischiano di essere esclusi dalle opportunità scolastiche, a seguito del fallimento del sistema scuola». * European Agency for Development in Special Needs Education, Principi Guida per promuovere la qualità nella Scuola Inclusiva – Raccomandazioni Politiche, Odense, Danimarca 2009. L’agency = promuovere i principi dell’inclusione all’interno del parlamento europeo. L’inclusione ha come destinatari un raggio maggiore di studenti, non si rivolge solo a coloro che hanno la certificazione di handicap —> è un monitor per quei paesi che credono di aver fatto inclusione solo perché ospitano coloro on disabilità. Il destinatario dell’inclusione è la scuola, la quale deve vedere se stessa per assicurarsi che ci siano i principi dell’inclusione. È possibile che un alunno non abbia voglia di raggiungere un successo scolastico, ma è grave se è la scuola non è attrezzata per rispondere ai bisogni degli alunni. Essa non può essere un ostacolo. Fallimento del sistema scuola = non intercetta bisogni degli alunni, ha un curriculum che impedisce il successo a tutti. Uguaglianza = dare a tutti lo stesso. Sistema scuola che genera fallimento, in quanto non viene garantita la modalità per apprendere. La barriera, che può essere biologica o culturale, impedisce l’accesso completo. Equità = dare a ciascuno ciò di cui ha bisogno. Flessibilità del sistema. Sposto un facilitatore da che non ne ha bisogno a chi ne ha bisogno per poter accedere. Il modello del sistema ha generato le modalità per raggiungere il successo (che poi l’’alunno non ne abbia voglia è un altro discorso). L’inclusione è un progetto di fortificazione dei sistemi educativi che tende alla qualità (intesa come processo attraverso cui si diviene migliori nel rispondere ai bisogni educativi di coloro che fruiscono di quella determinata scuola). Le Linee Guida dell’UNESCO* affermano che: “La scuola inclusiva è un processo di fortificazione delle capacità del sistema di istruzione di raggiungere tutti gli studenti. (...) Un sistema scolastico ‘incluso’ può essere creato solamente se le scuole comuni diventano più inclusive. In altre parole, se diventano migliori nell’educazione di tutti i bambini della loro comunità”. Scuole comuni diventano più inclusive —> non solo scuole speciali. Se diventano migliori nell’educazione d tutti i bambini della loro comunità. UNESCO, Policy Guidelines on Inclusion in Education, Paris 2009. Esempi: LIM, servizi Click delle scuole, università che da Zoom ai docenti, tablet dati a quei bambini che non ne possedevano per la DAD, formazione degli insegnanti, font per dislessici, corsi di recupero, insegnanti di potenziamento. L’educazione inclusiva o è un bene per tutti oppure non sta funzionando Il rapporto dal titolo Cinque messaggi chiave per l’educazione inclusiva* evidenzia che la creazione delle condizioni necessarie per un’efficace inclusione degli alunni non solo deve saper rispondere alle esigenze particolari di coloro che hanno particolari necessità, ma deve risultare vantaggiosa per l’insieme dei discenti * Agenzia Europea per i Bisogni Educativi Speciali e l’Istruzione Inclusiva, Cinque messaggi chiave per l’educazione inclusiva. Dalla Teoria alla Prassi, Odense, Danimarca 2014. Sistema di fortificazione ad hoc non mira all’inclusone universale ma mira al particolare. La scuola inclusiva non è competitiva. Font per dislessici è a vantaggio sia dei dislessici, sia di tutti quindi è ok. Inclusive education: un «orizzonte di senso», di tipo etico, sia per l’insegnante che per la scuola La 48a Conferenza internazionale sull’educazione “Inclusive Education: the way of future” (UNESCO, 2008) ha evidenziato che l’Educazione Inclusiva costituisce un orizzonte in continua evoluzione, che si concentra sia sull’accesso all’istruzione che sul successo formativo nell’apprendimento. Il dover essere non coincide sempre con l’essere. Se fosse il contrario non si avrebbero mai stimoli per migliore. Se fai qualcosa per qualcuno ha valore se tutti ne traggano vantaggio. La scuola inclusiva deve progettare per gli individui ma in modo universale. Una critica all’inclusione viene spesso esplicitata da un orizzonte mai raggiungibile. Nella pratica ciò che è stato detto in precedenza è molto difficile. Assumere una prospettiva inclusiva è ciò che adesso ci viene chiesto. Siamo dentro all’inclusione anche se non siamo riusciti a fare tutto in maniera inclusiva, in modo da raggiungere tutti e i loro bisogni. Scuola inclusiva, stimolo per andare avanti. La concezione “inclusiva” della scuolaLa concezione inclusiva della scuola individua la risposta alle differenti condizioni di bisogno degli alunni, nella necessità di riorganizzare i sistemi educativi per renderli “NON escludenti”, ossia flessibili quanto basta per intercettare e accogliere i molteplici e differenziati bisogni educativi ordinariamente presenti nelle classi, sia attraverso l’adattamento dell’offerta formativa sia attraverso l’allestimento di una serie di supporti idonei a garantire a ciascun alunno pari opportunità e massimi livelli di apprendimento e partecipazione. ● Altri livelli di inclusione – esempio delle forme Il “potere” delle idee A seconda del tipo di concezione in atto nel contesto di un’istituzione educativa, variano sempre l’organizzazione del sistema, la gestione delle risorse umane e la rappresentazione di ruolo degli insegnanti, nonché le reciproche attese che si instaurano tra gli studenti, tra studenti e insegnanti, e tra insegnanti e famiglie. ● Guadagnare il significato di inclusione 18/02/2021 LA PROSPETTIVA INCLUSIVA IL PASSAGGIO DALLA SCUOLA DELL’INTEGRAZIONE ALLA SCUOLA DELL’INCLUSIONE Cominciamo col dire che «integrazione» e «inclusione» non sono la stessa cosa: sono termini che rinviano a concetti differenti, infatti hanno due opposti: ● Se la segregazione era avere in contesti particolari per persone speciali, l’integrazione è ospitate tutti nello stesso ambiente. ● Esclusione per cui non tutte le persone possono usufruire dei medesimi diritti e opportunità. ● L’integrazione ha dei destinatari particolari, l’inclusione è rivolta a tutti. Quando non c’erano né l’integrazione né l’inclusione ● Fino ai primi anni ’70 del Novecento, in Italia vigeva un modello d’istruzione di tipo bidirezionale: gli alunni con handicap (oggi il termine «handicap» è stato sostituito dal termine «disabilità») dovevano frequentare le scuole speciali; gli alunni «normali», invece, le scuole ordinarie. ● All’interno delle scuole ordinarie, inoltre, per quegli alunni che presentavano svantaggi e o difficoltà, che ne rallentavano i processi di apprendimento, erano previste apposite classi, dette differenziali. La concezione “segregativa” ● S’intende per concezione segregativa, con riferimento all’istruzione degli alunni con disabilità, l’allestimento di scuole speciali, all’interno delle quali rispondere agli specifici bisogni educativi e di istruzione di coloro che hanno menomazioni e/o deficit di varia tipologia e gravità. ● Questa concezione si fonda sull’idea che sono solo le soluzioni «speciali» quelle che meglio rispondono ai bisogni degli alunni con disabilità. ● In base a tale visione del problema, le scuole speciali rispondono ai bisogni educativi speciali degli alunni cosiddetti «speciali»; le scuole normali, invece, rispondono ai normali bisogni educativi degli alunni cosiddetti «normali». L'integrazione prima delle leggi (a cura di Andrea Canevaro) ● «Si mira ad evitare la delega al docente di sostegno: le difficoltà, come i successi, non appartengono solo alla diade studente-insegnante di sostegno, ma a tutta la comunità scolastica: docenti tutti, dirigente, personale ATA, famiglie»*. *M. Pannone, Norme per la promozione dell’inclusione scolastica, www.lascuolainclusiva.it Si rimanda alla lezione sul D.lgs. 66/2017 per ulteriori approfondimenti L’EVOLUZIONE DEL SISTEMA DELL’INTEGRAZIONE SCOLASTICA ITALIANO Il “cantiere” italiano dell’integrazione scolastica e il suo stato avanzamento lavori (sal). La metafora del “cantiere” e del SAL è particolarmente adeguata a descrivere lo stato in cui si trova in Italia il percorso d’integrazione scolastica degli studenti con disabilità. Si tratta, infatti, di una costruzione tutt’altro che conclusa, anche se già ben avviata: sono state realizzate parti importanti della struttura complessiva, alcune delle quali rispondenti al progetto originario, altre derivanti da modifiche in corso d’opera. Prima fase o sal: “inserire diverso da integrare” La mancanza o l’insufficienza di condizioni idonee a offrire risposte efficaci agli speciali bisogni degli studenti con disabilità, anche laddove venga ad essi garantito il diritto di accedere alla scuola di tutti, comporta il venir meno di un altro importante diritto, ovvero quello di vedersi riconosciute pari opportunità di sviluppo e di apprendimento. ● C.M 250/1985 L’espressione della nuova visione dell’integrazione scolastica nel contesto del primo SAL, ha trovato il suo apice nella Circolare Ministeriale n. 250 del 03 settembre 1985, in particolare laddove si riconosce che “le difficoltà di apprendimento derivanti da situazioni di handicap non possono costituire un ostacolo all'esercizio del diritto- dovere all’istruzione. «È compito e dovere della scuola garantire a ciascun alunno le opportunità di esperienze e le risorse culturali di cui ha bisogno”. ● Guadagni concettuali Notevole differenza e, nel contempo, complementarità dei concetti di: “inserimento” e “integrazione”. Seconda fase o SAL: l’integrazione nasce nella scuola, ma non per morire al suo interno Il nucleo centrale da cui ha preso avvio la nuova fase, è stata la progressiva consapevolezza da parte di genitori, insegnanti ed esperti della scuola che per far funzionare il sistema scolastico dell’integrazione bisognava guardare a tale fenomeno dentro un orizzonte più ampio rispetto alla scuola stessa. ● Legge quadro n.104/1992 Da qui, l’elaborazione di un nuovo testo di legge, la straordinaria Legge-quadro n. 104 del 5 febbraio 1992, espressione di una più articolata e globale considerazione dei problemi che le persone con disabilità devono affrontare durante tutto l’arco della vita. La promozione della persona con disabilità, come emerge dalla Legge, richiede la costruzione di reti istituzionali e collaborazioni professionali, idonee a generare specifici percorsi di condivisione di intenti e responsabilità. ● Il bilancio del secondo SAL L’integrazione scolastica richiede collaborazione scuola/famiglia, lavoro di équipe tra esperti di diversi settori e dialogo interistituzionale. Dalle leggi 133 e 169 del 2008, emerge il principio della “responsabilità prevalente” dell’istituzione scolastica nell’azione di coordinamento e promozione dell’azione amministrativa ed educativa che può garantire la qualità dell’integrazione scolastica. Terza fase o SAL. L’integrazione scolastica non può essere “sub-appaltata” agli insegnanti di sostegno: il contesto come risorsa (MIUR, linee guida per l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità, 2009) ● L’integrazione, infatti, non è problema che riguarda i soli soggetti disabili, o solo i loro familiari, o solo l’insegnante di sostegno. ● Nel Decreto Ministeriale n. 226 del 27 giugno 1995 si evidenzia la “necessità che tutto il personale scolastico sia riqualificato in funzione della messa in atto di strategie e di tecniche che consentano di realizzare una piena ed effettiva integrazione scolastica”. La corresponsabilità educativa e formativa dei docenti La progettazione degli interventi da adottare riguarda tutti gli insegnanti, perché l’intera comunità scolastica è chiamata ad organizzare i curricoli in funzione dei diversi stili o delle diverse attitudini cognitive, a gestire in modo alternativo le attività d’aula, a favorire e potenziare gli apprendimenti e ad adottare i materiali e le strategie didattiche in relazione ai bisogni degli alunni. (MIUR, Linee Guida per l’Integrazione Scolastica degli Alunni con Disabilità, 2009, III Parte, n. 2). L’insegnante di sostegno: risorsa di sistema La normativa ha sempre inteso questa figura come una risorsa del sistema-scuola, con ruolo e funzioni sì specialistiche, ma a favore della generalità degli alunni in tutti quei casi in cui sussistano difficoltà d’integrazione. La Circolare Ministeriale 199/1979 chiarisce, a proposito del docente specializzato, che “quello che invece bisogna evitare è che i suoi compiti siano interpretati in modo riduttivo e cioè in sottordine all’insegnante di classe. 22/02/2021 L’Inclusive education invia ai contesti istituzionali, in particolare alla cupola —> Onu L’Italia sviluppò un suo modello di inclusione molto prima (anni 70), interpretandola per rispondere ad una specificata categoria di alunni con difficoltà —> modello dell’integrazione specificata per alunni con disabilità. ● Modello a domanda che riconosce particolari diritti a coloro che ne hanno le caratteristiche = certificazione —> insegnante di sostegno ● Sistema di progettazione individualizzata che consiste nel PEI che ha l’obiettivo di mettere in atto un’operazione sartoriale = scuola che si fa flessibile per intercettare bisogni e difficoltà degli alunni —> documento di riferimento per la valutazione Inclusione / integrazione Integrazione = modello sviluppato negli anni Legge 104 del 1992: definisce il modello di integrazione scolastica e si occupa anche di integrazione sociale e lavorativa —> guarda al soggetto con disabilità lungo per tutta la sua vita. Legge 328 del 200, art.14 —> progetto individuale ce non si limita alla scuola a guarda alla vita extra e post-scolastica = documento richiesto a comune e Usl per obiettivi e diritti sociali. Integrazione scolastica ha comunque limiti che fanno pensare che l’inclusive education può essere considerato migliore. Il modello di integrazione è stato una guida che ha influenzato l’inclusive education. L’inclusione deve tendere alla full inclusive, deve superare la divisione tra scuole speciali e comuni. Inclusione = non è riferita ad una specifica categoria. Critiche al modello dell’integrazione scolastica ● Alla base della logica dell’integrazione, affermatasi a partire dalla seconda metà del XX secolo, c’è la volontà di “assimilare chi è fuori in un determinato assetto istituzionale attraverso un insieme di pratiche e promuovendo l’uguaglianza, ma non il rispetto della diversità; [...] prevale l’idea di assimilazione, fondata sull’adattamento dell’alunno in condizione di disabilità ad un’organizzazione scolastica che è strutturata fondamentalmente in funzione degli alunni normali, e in cui la progettazione per gli alunni speciali svolge ancora un ruolo marginale o residuale. Ciò implica l’uso di strategie per portare l’alunno in condizione di disabilità a essere quanto più possibile simile agli altri. Il livello di integrazione viene misurato a partire dal grado di normalizzazione raggiunto dall’alunno e la qualità di vita scolastica del soggetto in condizione di disabilità viene valutata in base alla sua capacità di colmare il varco che lo separa dagli alunni norma. ● L’ottica assimilazionista che caratterizza l’idea di integrazione porta a interpretare l’appartenenza “come impegno a diventare come gli altri, e divenire come gli altri è il cuore del processo di normalizzazione”. (Dovigo F. (2007), Fare differenze. Indicatori per l’inclusione scolastica degli alunni con Bisogni Educativi Speciali, pp. 36-37) ● Integrazione rivolta ad una categoria specifica di alunni —> disabilità ● Integrazione modello con un compito: come fa a stare dentro un modello diverso, speciale? Scuola deve accogliere alunni con BES, assetto non viene messo in discussione. L’assetto standard per l’alunno normale. Si introducono elementi, come la certificazione, il docente di sostegno e il PEI, che aiutano l’alunno a stare a passo con gli altri ma questi vengono considerati sotto l’ottica assimilazionista per diventare come i compagni normali. ● L’inclusione invece investe il sistema ad essere flessibile per far si che ogni alunno possa salvaguardare la propria diversità —> Libro di testo cartaceo, pdf, programma vocale, con font modificabile = modello fortificato Oltre la scuola dell’integrazione, verso la scuola dell’inclusione Flavio Fogarolo, Le tappe verso l’inclusione, articolo pubblicato il 24/03/2015 nel sito dell’autore Segregazione gli alunni con disabilità frequentano scuole speciali o classi differenziali. Inserimento gli alunni con disabilità entrano nelle scuole comuni, ma restano di fatto separati, a volte anche fisicamente. Integrazione gli alunni con disabilità fanno pienamente parte della comunità scolastica pur seguendo un percorso personalizzato. Inclusione la scuola si organizza per accogliere e valorizzare tutte le differenze. La personalizzazione diventa modo normale di fare scuola. Inclusione come sfida da affrontare —> oggi la scuola è in crisi per quanto riguarda l’inclusione, con alcuni che preferirebbero tornare al passato con le classi separati e programmi differenziati. L’inclusione, soprattutto all’inizio, NON facilita la vita. Il modello di valutazione che dice “chi mi sta dietro, bene, chi non riesce peggio per lui” è un modello che ha generato un’altissima mortalità scolastica = fenomeno che indica che se partono in 100 alla prima elementare, quanti arrivano alla laurea? L’istruzione è un diritto fondamentale, il quale è qualcosa he contiene un bisogno fondamentale, cioè che se non incontra una soddisfazione genera un danno per la persona. La scuola deve creare le condizioni per non perdere nessuno e così facendo tutela il diritto fondamentale. Non si può tornare indietro, bisogna andare (e guardare) avanti Le complessità educative del presente non possono essere affrontate attraverso il ricorso a logiche di semplificazione. Il complesso è per sua natura irriducibile al semplice (E. Morin) “V’è complessità quando sono inseparabili le differenti componenti che costituiscono un tutto...e quando vi è un tessuto interdipendente, interattivo e inter-retroattivo fra le parti e il tutto e fra il tutto e le parti.” ● Comprendere il fenomeno nella sua complessità. Non comprendere semplificando il fenomeno. La sfida coincide con il sopravvivere, governare e gestire la complessità. La scuola si fa inclusiva nella misura in cui si apre ai differenti bisogni educativi dei suoi alunni ● Nei contesti educativi è venuto a meno il concetto di norma come standard. L’ordinario, ormai, è la differenza = è più facile che i gruppi siano eterogenei piuttosto che omogenei —> eterogeneità di cultura, religione…e questi portano a bisogni differenti. ● 50 anni fa c’erano bambini che avevano più cose in comune che in contrasto: cattolici, italiani, genitori sposati, abitanti del paese…Ora il dato normale è l’eterogeneità. ● Eterogeneità anche educativa —> tutto ciò mette in crisi. ● Scuola inclusiva —> occorre abbandonare il modello integrazione perché stiamo parlando di tenere insieme tutte queste eterogeneità. Rispetto alle ricadute pratiche di tali principi e finalità (non certamente in linea con la concezione inclusiva) Art. 2 - Ambito di applicazione 1. Le disposizioni di cui al presente decreto si applicano esclusivamente alle bambine e ai bambini della scuola dell'infanzia, alle alunne e agli alunni della scuola primaria e della scuola secondaria di primo grado, alle studentesse e agli studenti della scuola secondaria di secondo grado con disabilità certificata ai sensi dell'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, al fine di promuovere e garantire il diritto all'educazione, all'istruzione e alla formazione. ● È presente ancora il riferimento ad una specifica categoria. ● Continuo rimando all’’integrazione? ● Dove è finito il principio in base al quale “l’inclusione interessa un raggio sempre più ampio di studenti piuttosto che quei studenti in possesso della certificazione per l’handicap”? Italia, 2017 —> aumentato il raggio di persone con bisogni speciali ma non è inclusivo. Decreto 96 del 2019 modifica quello del 2017 ma la struttura è rimasta tale, dell’integrazione. ● Tutele speciale verso alunni con disabilità. Certificazione = PEI + docente di sostegno ● PDP ai DSA, no insegnante di sostegno ma misure dispensativi e strumenti compensativi. ● Tutele specifici ai BES. 25/02/2021 CINQUE MESSAGGI CHIAVE PER L’EDUCAZIONE INCLUSIVA Documento prodotto dalla Agenzia Europea per i Bisogni Educativi Speciali e l’Istruzione Inclusiva (l’Agenzia, conosciuta in precedenza come Agenzia Europea per lo Sviluppo dell’Istruzione degli Alunni Disabili) è un ente indipendente e autonomo, sostenuto dai paesi aderenti all’Agenzia e dalle istituzioni europee (Commissione e Parlamento). Come nasce il documento Nel novembre 2013 l’Agenzia Europea per i Bisogni Educativi Speciali e l’Istruzione Inclusiva (l’Agenzia) ha organizzato una conferenza internazionale che ha agevolato un dibattito aperto sull’educazione inclusiva. Il dibattito ha coinvolto tutti gli stakeholder: decisori, ricercatori e operatori nonché persone con disabilità e le loro famiglie. I 5 messaggi chiave per l'educazione inclusiva ● Il prima possibile: l’impatto positivo della diagnosi precoce e dell’intervento, nonché di misure proattive. ● L’educazione inclusiva è un bene per tutti: l’impatto educativo e sociale positivo dell’educazione inclusiva. ● Professionisti altamente qualificati: l’importanza di avere professionisti altamente qualificati, in particolare tra gli insegnanti. ● Sistemi di sostegno e meccanismi di finanziamento: necessità di disporre di sistemi di sostegno e meccanismi di finanziamento consolidati. ● Dati attendibili: l’importanza di poter disporre di dati che descrivano il fenomeno e che siano in grado di averne adeguata conoscenza. I messaggio: IL PRIMA POSSIBILE Tutti i bambini che si trovano in condizione di difficoltà hanno il diritto di ricevere il sostegno necessario quanto prima e ogni qualvolta sia loro necessario. Ciò implica che tra i servizi e i diversi attori da cui dipendono le decisioni e lo stanziamento delle risorse necessarie, vi sia coordinazione e cooperazione. Gli stakeholder coinvolti devono costruire un’effettiva comunicazione fra di loro ed essere in grado di comprendere e scambiare informazioni. I genitori rappresentano una categoria di stakeholder fondamentale. Importanza della prevenzione ● La valutazione iniziale degli alunni che si suppone siano in situazione di bisogno educativo speciale può avere due possibili motivazioni: una è legata all’esigenza di adottare o di emettere una certificazione ufficiale di ‘riconoscimento’ dell’alunno come avente diritto in quanto in situazione di "handicap" e decretare dunque l’assegnazione di risorse aggiuntive al fine di sostenere il suo apprendimento; ● l’altra, l’esigenza di dare informazioni utili alla definizione dei programmi di studio e in questo caso si basa sulla messa in evidenza dei punti di forza e di debolezza che l’alunno potrebbe avere nelle diverse aree dell’esperienza educativa. Tali informazioni si usano spesso in modo formativo – ad esempio come punto di partenza per la definizione del Piano Educativo Individuale (PEI) o per stabilire l’adozione di altri modelli didattici – piuttosto che come valutazione degli apprendimenti di base (Watkins, 2007, pagg. 22–23). Una importante differenza La prevenzione delle cause di disabilità dell'infanzia e la prevenzione delle disabilità a partire dall’infanzia sono due distinti ambiti di ricerca e intervento. La prevenzione delle cause di disabilità dell'infanzia Questo tipo di prevenzione esige che siano messe in pratica tutte le conoscenze già acquisite per prevenire le cause che si sanno determinare condizioni di disabilità dell’infanzia (esempio: anomalie genetiche, traumi da parto, denutrizione, ecc.). La prevenzione delle disabilità a partire dall’infanzia ● Questo tipo di prevenzione comporta il monitoraggio dei processi di sviluppo del bambino con l’obiettivo di intercettare precocemente i segnali di sofferenza/bisogno che, se trascurati, possono generare una condizione di disabilità. ● La prevenzione delle disabilità a partire dall’infanzia richiede un modello interpretativo della disabilità e descrittivo dei fattori e delle variabili che incidono sul funzionamento umano nella direzione del possibile sviluppo di una condizione di disabilità II messaggio: L’EDUCAZIONE INCLUSIVA È UN BENE PER TUTTI L’educazione inclusiva mira a offrire istruzione di qualità a tutti gli alunni. Per ottenere una scuola inclusiva è necessario il sostegno dell’intera comunità: dai decisori agli utenti finali (gli alunni e le loro famiglie). È necessaria una collaborazione a tutti i livelli e tutte le parti interessate devono avere una visione dei risultati a lungo termine – ovvero il tipo di giovani che la scuola e la comunità ’produrranno’. La scuola inclusiva non danneggia gli alunni che non hanno problemi Secondo il rapporto RA4AL dell’Agenzia, Farrell e colleghi (2007) … hanno scoperto che la collocazione di studenti con BES nelle scuole comuni non ha gravi conseguenze per il rendimento scolastico, il comportamento e gli atteggiamenti di tutti gli altri bambini. Da una revisione sistematica della letteratura commissionata dalla Evidence for Policy and Practice Initiative (EPPI) (Kalambouka et al., 2005) è emerso inoltre che, in generale, non ci sono effetti negativi sugli alunni senza BES quando gli alunni con bisogni speciali sono inclusi nella scuole comuni (Agenzia Europea, 2012d, pag. 8). L’impatto positivo dei collocamenti inclusivi sugli alunni con disabilità (MacArthur et al. 2005) e (de Graaf et al. 2011) Gli effetti positivi dell'inclusione per gli alunni con disabilità fanno riferimento a ambiti diversi: a. il miglioramento delle relazioni e delle reti sociali, b. la funzione di modello svolto dai pari, c. il miglioramento del rendimento scolastico, d. le aspettative sono più elevate, e. maggiore collaborazione tra il personale della scuola, f. nonché una migliore integrazione delle famiglie nella comunità (Agenzia Europea, 2012d, pag. 8). IIl messaggio: PROFESSIONISTI ALTAMENTE QUALIFICATI Affinché insegnanti ed altri professionisti nel campo dell’educazione siano pronti per l’inclusione, sono necessarie modifiche in tutti gli aspetti della formazione – programmi di formazione, prassi quotidiane, reclutamento, finanze, ecc. Gli insegnanti e i professionisti dell’educazione della prossima generazione devono essere preparati ad essere insegnanti/formatori per tutti gli alunni; è necessario che siano formati non solo per quanto riguarda le competenze, ma anche i valori etici. La formazione docente per l’inclusione (si veda: il Profilo dei docenti inclusivi, Agenzia Europea, 2012b) I 4 valori fondamentali dei docenti inclusivi: 1. Il valore della diversità: deriva dalla consapevolezza che le differenze sono risorse al servizio dell’educazione; 2. Il valore educativo dell’aspettativa: deriva dall’aver compreso che credere nei propri studenti, nelle loro capacità e possibilità, è parte costitutiva della funzione docente; 3. Il valore della collaborazione e del lavoro di gruppo: deriva dall’aver compreso che per vincere la sfida rappresentata dalla complessità è indispensabile la collegialità e l’interdisciplinarità; 4. Il valore dell’aggiornamento professionale personale continuo: deriva dall’aver compreso che quella dell’insegnante è una professione che richiede una manutenzione continua. IV messaggio: SISTEMI DI SOSTEGNO E MECCANISMI DI FINANZIAMENTO I migliori indicatori dei finanziamenti non sono da ricercarsi nelle finanze ma nella misurazione dell’efficienza e di quanto conseguito. È essenziale considerare gli esiti e correlarli agli sforzi fatti per raggiungerli. Ciò implica il monitoraggio e la misurazione dell’efficienza dei sistemi per concentrare i mezzi finanziari verso approcci di successo. Le strutture di incentivazione devono assicurare che qualora gli alunni siano posti in ambienti inclusivi, sia disponibile un maggior sostegno economico e che sia data maggiore enfasi ai risultati (non soltanto quelli accademici). Si veda rapporto dell’Agenzia su Integrazione scolastica e prassi didattiche (Agenzia Europea, 2003) L’uso delle risorse interne dovrebbe essere flessibile … le scuole dovrebbero avere molta libertà nell’uso delle risorse finanziarie, in base ai loro desideri e ai loro punti di vista. La burocrazia dovrebbe essere evitata il più possibile e anche gli alunni senza handicap o con problematiche lievi dovrebbero usufruire delle risorse interne alle classi o alle scuole laddove necessario o in base al parere dell’insegnante (ibidem, pag. 18). V messaggio: DATI ATTENDIBILI La raccolta di dati significativi e di qualità richiede un approccio sistemico che prenda in considerazione l’alunno, il collocamento, l’insegnante, nonché le questioni inerenti alle risorse. I dati relativi al collocamento dell’alunno sono un punto di partenza utile e necessario, ma devono essere integrati con dati chiari sul prodotto del sistema e sui suoi effetti. I dati sui risultati degli alunni con bisogni educativi speciali sono più difficili da raccogliere, e spesso sono assenti nella raccolta dati dei vari paesi. Monitorare senza etichettare Una sfida importante per la raccolta dati è collegata al fatto di evitare la classificazione, categorizzazione ed etichettatura dei discenti. Non si possono ignorare la ‘pluralità’ di definizioni applicate ai discenti e le ‘politiche’ dei sistemi di classificazione; né si possono ignorare gli effetti a cui portano questi sistemi di classificazione e definizioni. Mancano dati attendibili sui bambini con special educational needs (sen) nelle scuole ● La denuncia arriva dall’OCED (Organisation for Economic Co-operation and Development), che attraverso il CERi (Centre for Educational Research and Innovation) effettua il monitoraggio dei bambini con SEN nella scuola; ● L’European Agency for Development in Special Needs Education ha rilevato che ci sono evidenti difformità nelle percentuali di bambini con SEN nelle scuole dei diversi Paesi europei. Esempio: nel 2010, le percentuali variano dall’1% della Svezia al 19% dell’Islanda (Italia 2%). I NUMERI DELL’INCLUSIONE Studenti con cittadinanza non italiana in ITALIA (dati aggiornati al 31/08/2017, editi dal MIUR a marzo 2018)* ● Sono circa 826.000 gli studenti con cittadinanza non italiana presenti nelle classi, dalla scuola dell’infanzia alla secondaria di II grado. Sono il 9,4% del totale della popolazione scolastica, una presenza ormai strutturale. ● ricomprende (nel senso che sostituisce) la diagnosi funzionale e il profilo dinamico-funzionale ● definisce (nel senso che risulta fondamentale per determinarle) le competenze professionali e la tipologia delle misure di sostegno e delle risorse strutturali necessarie per l'inclusione scolastica. Le novità introdotte con il DLgs. 66/2017, per essere comprese e correttamente tradotte nel contesto educativo e scolastico - oltre che sociosanitario - richiedono di essere lette alla luce dei cambiamenti che hanno riguardato i paradigmi di tipo scientifico, culturale, politico e giuridico con cui si interpreta oggi il significato di disabilità e, più in generale, di salute e qualità di vita delle persone. Dal paradigma ICIDH (OMS, 1980) Per l’ICIDH le disabilità sono dis-capacità al paradigma ICF (OMS, 2001) Definizione di disabilità (ICIDH, OMS, 1980) ● Qualsiasi limitazione o perdita (conseguente a una menomazione) della capacità di compiere un’attività nel modo o nell’ampiezza considerati normali per un essere umano. La disabilità rappresenta l’oggettivazione della menomazione e come tale riflette disturbi a livello della persona. Modello giuridico in base al paradigma scientifico ICIDH (OMS, 1980). Si veda: Legge quadro n. 104 del 1992 - Art. 3 – Soggetti aventi diritto ■ E’ persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, ■ che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa ■ e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione (…) Menomazione Disabilità Handicap Domanda cruciale: una disabilità è una condizione di salute o una condizione sociale? Si sperimenta una disabilità perché si hanno delle menomazioni o perché si abitano contesti pensati e progettati per la vita delle "persone normali" (ossia, che funzionano grazie a un corpo che risponde a requisiti di norma)? Nuovo paradigma scientifico: il paradigma biopsicosicale dell'ICF (OMS, 2001) Definizione di disabilità in base all'ICF (OMS, 2001): «La disabilità è la conseguenza o il risultato di una complessa relazione tra la condizione di salute (malattie, disturbi, ecc.) di un individuo, i fattori personali e i fattori ambientali che rappresentano le circostanze in cui vive il soggetto». La logica ICF: interazione individui/ambiente “A causa di questa relazione, ambienti diversi possono avere un impatto molto diverso sullo stesso individuo con un certa condizione di salute. Un ambiente con barriere o senza facilitatori, limiterà la performance dell’individuo; altri ambienti più facilitanti potranno invece favorirla. La società può ostacolare la performance di un individuo sia creando delle barriere (ad es. edifici inaccessibili), sia non fornendo facilitatori (ad es. mancata disponibilità di ausili)” Modello giuridico: si veda convenzione dell’Onu sui diritti delle persone con disabilità (2006) ■ Per persone con disabilità si intendono “coloro che presentano durature menomazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali, che in interazione con barriere di diversa natura possono ostacolare la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su base di uguaglianza con gli altri”. ■ Sviluppare l’accessibilità. L’art. 1 della Convenzione delle Nazioni Unite individua nel valore dell’accessibilità (all’ambiente fisico, sociale, economico e culturale, alla salute, all’istruzione, all’informazione e alla comunicazione) il nucleo fondamentale dell’azione di promozione umana e sociale delle persone con disabilità. ● Una nuova logica per l'inclusione educativa e sociale delle persone che hanno bisogni educativi speciali Accomodamento ragionevole e Progettazione universale ■ L’accomodamento ragionevole si riferisce alle “modifiche e adattamenti necessari ed appropriati che non impongano un onere sproporzionato o eccessivo, ove ve ne sia necessità in casi particolari, per assicurare alle persone con disabilità il godimento e l’esercizio, su base di eguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e libertà fondamentali” (art. 2); ■ Il significato di Progettazione universale rinvia alla “progettazione (e realizzazione) di prodotti, ambienti, programmi e servizi utilizzabili da tutte le persone, nella misura più estesa possibile, senza il bisogno di adattamenti o di progettazioni specializzate” (art. 2). Introduzione all'utilizzo dell'ICF per imparare a realizzare i Profili di Funzionamento Per facilitare l’utilizzo dell’ICF per gli insegnanti e gli educatori, è possibile fare riferimento ad alcune risorse, che si trovano in rete, disponibili open access, e che verranno presentate nel corso di queste lezioni. In particolare una serie di questionari per raccogliere le informazioni utili all’elaborazione di un Profilo di Funzionamento su base ICF, un modello di PEI su base ICF e un piattaforma online per l’elaborazione del Profilo di Funzionamento mirata alla costruzione del PEI e di Progetti Individuali. ● Il nostro sito: www.icf-scuola.it Questionario ICF 04/03/2021 Cos’è l’ICF? É una Classificazione che serve per codificare il "funzionamento" o la "disabilità" delle persone. Nell'ICF ci sono elencati i descrittori del funzionamento umano. Ce ne sono di 4 tipi: ■ Codici b= descrivono le funzioni ■ Codici s= descrivono le strutture ■ Codici d= descrivono le Attività & la Partecipazione ■ Codici e = descrivono i fattori ambientali La codifica del funzionamento nell’ICF Uno sguardo d’insieme delle diverse componenti ICF IL LESSICO ICF: LE 4 PAROLE CHI È PER CAPIRE ICF Funzionamento – Disabilità – Capacità – Performance FUNZIONAMENTO Funzioni e strutture corporee Attività Partecipazione VS Menomazione Limitazione dell’attività Restrizione della partecipazione DISABILITÀ Distinguere per comprendere La Classificazione ICF in sintesi Lëv Semenovich Vygotskij (1896-1934) Le capacità superiori compaiono prima nell’interazione con gli altri e poi vengono interiorizzate e compaiono a livello intraindividuale. 1. Zona di sviluppo attuale: nella quale lo studente ha delle competenze che gli permettono di apprendere da solo 2. Zona di sviluppo prossimale: nella quale lo studente può apprendere solo se supportato da altri (insegnanti o pari grado con maggiori capacità) 3. Zona di sviluppo potenziale: rappresenta lo sviluppo possibile dello studente derivante dall’interazione con gli altri. Secondo questo modello, l'apprendimento è un "processo iterativo" che consente di guidare lo sviluppo cognitivo di un individuo ampliando gradualmente la sua area di sviluppo prossimale fino a raggiungere e saturare la sua area di sviluppo potenziale. Tale ampliamento è possibile con il supporto dell'insegnante il quale si deve avvalere di strategie adatte all'età e alle competenze dello studente, generando anche azioni di "scaffolding”. Il modello del funzionamento secondo l’ICF 08/03/2021 IL PIANO EDUCATIVO INDIVIDUALIZZATO SU BASE ICF ll processo di contrasto della disabilità e di promozione dell’inclusione Il divario tra capacità e performance rappresenta un'informazione fondamentale per la progettazione educativa e didattica, in quanto riflette l'impatto dell’ambiente attuale (quello di osservazione) sulle abilità dell'alunno/a, e quindi fornisce una guida utile riguardo alle modifiche da attuare nell’ambiente per migliorare la sua performance. N.B. É presente anche un questionario, in formato ridoto, ad uso dei genitori ● Vedi slide con esempi 15/03/2021 Libro ● Esempi nelle slide DAL PROFILO DI FUNZIONAMENTO AL PEI DPR 24/02/1994: Il P.E.I. ● Nel Piano Educativo Individualizzato vengono descritti gli interventi integrati ed equilibrati tra di loro, predisposti per l'alunno in situazione di handicap, in un determinato periodo di tempo, ai fini della realizzazione del diritto all'educazione e all'istruzione. ● Il P.E.I. tiene presenti i progetti didattico-educativi, riabilitativi e di socializzazione individualizzati, nonché le forme di integrazione tra attività scolastiche ed extrascolastiche. ● Verifiche: sugli effetti dei diversi interventi disposti e l'influenza esercitata dall'ambiente scolastico sull'alunno in situazione di h. ● … che ogni intervento sia correlato alle effettive potenzialità che l'alunno dimostra di possedere nei vari livelli di apprendimento e di prestazioni educativo-riabilitative, nel rispetto della sua salute mentale. DLgs n. 66/2017 - Art. 7 c. 2 ---- Il PEI: a. è elaborato e approvato dal Gruppo di Lavoro Operativo per l'inclusione ● art. 9 c. 10: composto da team dei docenti contitolari o dal consiglio di classe, con la partecipazione dei genitori, delle figure professionali specifiche, interne ed esterne alla scuola nonché con il necessario supporto dell’Unità di Valutazione Multidimensionale; ● art. 9 c.11: è assicurata la partecipazione attiva degli studenti ai fini dell'inclusione scolastica nel rispetto del principio di autodeterminazione b. tiene conto della certificazione di disabilità e del Profilo di funzionamento; c. individua obiettivi educativi e didattici, strumenti, strategie e modalità per realizzare un ambiente di apprendimento nelle dimensioni della relazione, della socializzazione, della comunicazione, dell'interazione, dell'orientamento e delle autonomie anche sulla base degli interventi di corresponsabilità educativa intrapresi dall'intera comunità scolastica per il soddisfacimento dei bisogni educativi individuati performance attese? Un confronto: Aspetti / parametri della DF e del PDF Dimensioni del PEI su base ICF (DPR 24/02/1994) (DLgs 66/2017) ● cognitivo - relazionale ● affettivo – relazionale - socializzazione ● linguistico - comunicazione ● sensoriale - interazione ● motorio – prassico - orientamento ● neuropsicologico - autonomie ● autonomia concetti equivoci Corrispondenza con l’ICF "Dimensioni" del PEI su base ICF (DLgs 66/2017, art. 7 c. 2, lett. c) ● relazione/interazione: D7 ● socializzazione (partecipazione): D8 e D9 ● comunicazione: D3 ● autonomie: ● scolastiche: D1 e D2 ● motricità e prassie: D4 ● personali: D5 e D6 ● orientamento: progetto di vita (performance trasversali) La dimensione dell’orientamento su base ICF ● d175 Risolvere problemi quotidiani ● d177 Prendere decisioni ● d460 Spostarsi in diverse collocazioni (es. muoversi sul territorio) ● d570 Prendersi cura della propria salute ● d730 Entrare in relazione con estranei ● d860 Utilizzare il denaro per piccoli pagamenti ● d920 Svolgere attività ricreative e di tempo libero con gli altri ● UN MODELLO DI PEI Individuazione delle priorità Definizione degli obiettivi ed. individuazione delle priorità Definizione degli obiettivi ed. Capacità, Performance e Fattori Contestuali 18/03/2021 IL PIANO EDUCATIVO INDIVIDUALIZZATO SU BASE ICF Il nuovo PEI su base ICF L. 104/1992 (art. 12 comma 5) Il profilo dinamico-funzionale è finalizzato Il profilo dinamico-funzionale indica le caratteristiche a “profilare” le caratteristiche individuale fisiche, psichiche e sociali ed affettive dell’alunno e del soggetto con disabilità, descrivendone psichiche e sociali ed affettive dell’alunno e pone in le capacità e/o difficoltà e prospettandone rilievo sia le difficoltà di apprendimento conseguenti gli sviluppi, intesi come espressione delle alla situazione di handicap e le possibilità di recupero, potenzialità individuali. Manca una visione sia le capacità possedute, le capacità e/o difficoltà e ecologica dello sviluppo umano, ossia in che devono essere sostenute, sollecitate e grado di coglierne le dimensioni progressivamente rafforzate e sviluppate nel rispetto biopsicosociali. delle scelte culturali della persona handiccapata. La struttura della L. 104/1992 ricalca l’impostazione dell’ICIDH (OMS. 1980) Menomazione Disabilità Handicap Apparato funzionale Persona Interazione con l’ambiente Ogni perdita o anomalia Ogni limitazione della persona nello È uno svantaggio che limita o strutturale o funzionale, svolgimento di una attività secondo o impedisce il raggiungimento di fisica o psichica. I parametri considerati normali per una condizione sociale normale un essere umano. (in relazione all’età, al sesso ai fattori sociali e culturali) Il PEI deve indicare facilitatori e barriere Tiene conto dell’accertamento della condizione di disabilità in età evolutiva ai fini dell’inclusione scolastica, di cui all’articolo 12, comma 5, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e del Profilo di funzionamento, avendo particolare riguardo all’indicazione dei facilitatori e delle barriere, secondo la prospettiva bio-psico-sociale alla base della classificazione ICF dell’OMS. Nel nuovo PEI non si fa più riferimento a “parametri/assi” ma a “dimensioni” Individua obiettivi educativi e didattici, strumenti, strategie e modalità per realizzare un ambiente di apprendimento nelle dimensioni della relazione, della socializzazione, della comunicazione, dell’interazione, dell’orientamento e delle autonomie, anche sulla base degli interventi di corresponsabilità educativa intrapresi dell’intera comunità scolastica per il soddisfacimento dei bisogni educativi individuati. Assi/dimensioni del PEI – Parallelismi tra “vecchio” PEI e nuovo PEI Parametri/assi del “vecchio” PEI (DPR 24/02/1994), Le “dimensioni” del nuovo PEI, in base al in base al Profilo dinamico-funzionale DLgs 66/2017) ● Cognitivo - Relazionale ● Affettivo – relazionale - Socializzazione ● Linguistico / comunicazionale - Comunicazione ● Sensoriale - Interazione ● Motorio – prassico - Orientamento ● Neuropsicologico - Autonomie ● Autonomia ● Apprendimento 22/03/2021 IL PROGETTO DI VITA DELLA PERSONA CON DISABILITÀ: LA COPROGETTAZIONE CAPACITANTE Motivi Perché questo tema è rilevante oggi per noi? ● Insufficienza delle risposte erogate ● Motivazione deontologico-professionale ● Inadeguatezza del paradigma di riferimento ● Motivazione culturale ● Aspettative delle persone con disabilità e delle loro famiglie ● Motivazione giuridico-istituzionale IL PARADIGMA DI RIFERIMENTO ● L’impostazione storicamente assistenzialistica ● Si lavora sulla «capacitazione» (empowerment) Secondo Marchisio, un fattore decisivo della qualità della relazione intersoggettiva tra operatore, persona con disabilità e famiglia, attiene al «punto di vista con cui si guarda all’esistenza della persona» (2019, p. 40), perché a seconda del modo con cui ci si pone nella relazione con l’altro, cambiano i modelli operativi, narrativi e la gestione del potere nel processo di presa in carico della persona con disabilità, soprattutto nella delicata fase della progettazione dei percorsi di vita adulta. Ad esempio, continua Marchisio, nei processi di progettazione può succedere che operi «un modello narrativo intrinseco, spesso implicito, che circoscrive in maniera sotterranea il campo delle possibilità che quella progettualità è in grado di aprire» (2019, p. 41). Nel modello della coprogettazione capacitante, ad esempio, risulta decisivo che l’operatore assuma un punto di vista sull’altro in grado di consentirgli di avocare a sé «il potere di determinare il corso della propria vita, di sbagliare, di prendere strade che altri non imboccherebbero, di rimodellare e rimodellarsi sulla base delle esperienze» (Marchisio C. , 2019, p. 43-44) ● La capacitazione è emancipazione ma non solo sul piano personale ● è accesso alla cittadinanza reale e superamento della dis-abilità ● promuovere empowerment è il superamento della “presa in carico” connotata da forte asimmetria ● è strutturalmente e continuamente condizionata da fattori esterni o di contesto. Per questo la capacitazione è più vicina al significato di performance che a quello di capacità. ● La coprogettazione capacitante è un insieme di metodi, strategie e atteggiamenti funzionali a sostenere ciascun individuo nella definizione di un suo PdV suo percorso nell’ottica della piena cittadinanza. ● Due impegni per gli operatori: 1. capacitare le famiglie e le persone (=assumere la regia del proprio progetto) attraverso un processo psicopedagogico 2. individuare insieme quali azioni svolgere nel corso del progetto di vita Vi sono alcune domande che consentono agli operatori di applicare tale principio alla progettazione dei percorsi di vita della persona con disabilità: in particolare, le seguenti: “Chi l’ha deciso?”; “Se fossi io?”. Sono domande finalizzate a «restituire il potere decisionale all’individuo e alla sua famiglia» (Marchisio C. , 2019, p. 46) e a garantire che nell’approccio al progetto di vita non ci sia «una differenza sostanziale tra le esistenze delle persone a sviluppo tipico e quelle delle persone con disabilità» (2019, p. 47). ● Qualifica questo tipo di progettazione non la personalizzazione dei sostegni, ma la capacitazione/regia, cioè il riconoscimento del potere di determinare il corso della propria vita, di sbagliare, di prendere strade che altri non condividono, di cambiare idea, di procedere per prove ed errori, di essere indecisi. Ostacoli possibili ■ idee stereotipate sulle famiglie delle PcD ■ gli strumenti che condizionano l’incontro: valutare, orientare, classificare il bisogno Modello della coprogettazione: vi sono diversi narratori (polifonia) Azioni → Si tratta di: 1. conoscersi in un dialogo privo di intento strategico (non si tratta di far accettare una proposta già definita) 2. mettere in comune visioni e idee: non c’è una visione «giusta» 3. sostenere la persona ed i famigliari nel riappropriarsi della dimensione del futuro, che non si esaurisce nelle opportunità predefinite dal sistema dei Servizi, senza aver l’urgenza di decidere o di dar risposte. Individuare insieme quali azioni svolgere nel corso del progetto di vita Azioni: ● allargare il campo delle opportunità concretamente praticabili (è una forma di arricchimento esistenziale che di per sé da senso alla vita delle persone) ● ricercare la direzione del percorso di vita e degli obiettivi (non sulla base di ciò che è adatto a lui ma su ciò che fa il suo bene) ● lo strumento delle aree della vita adulta Il nucleo centrale della formazione dell’operatore esperto nella promozione della vita adulta della persona con disabilità, secondo questo approccio, è la “tolleranza dell’incertezza” (Seikkula & Arnkil, 2014), intesa come superamento del sistema diagnosi-intervento-compliance, con l’obiettivo di «mettere le persone in condizione di far emergere le loro risorse, dando loro il potere e la libertà effettiva di usarle per gli scopi che loro stessi definiscono» (Marchisio C. , 2019, p. 79). I contenuti del Pdv ● prospettiva di futuro ● «esigenze di normalità affettiva, educativa, esperienziale e di ruolo sociale» (Lepri, 2005) ● oltre ai bisogni anche i desideri Lascioli (2014): cinque pilastri della vita adulta 1. Autodeterminazione 2. Lavoro 3. Cittadinanza attiva 4. Vita indipendente 5. Vita affettiva e sessuale 25/03/2021 LA VALUTAZIONE MULTIDIMENSIONALE E IL PROGETTO PERSONALIZZATO Il sistema dei servizi per la disabilità adulta in base alla l. 328/2000 ● Strutture: quali sono? ● Strutture semiresidenziali (soluzione diurna) ● Consentono la permanenza in famiglia ● Centri diurni· ● Centri di riabilitazione ● Laboratori ● Centri di terapia occupazionale ● Strutture residenziali (stile casa-famiglia) ● Danno sostegno alla famiglia ● Appartamenti protetti ● Case alloggio (c.a.) ● Residenze sanitarie assistenziali (rsa) ● Comunità socio-riabilitative ● Servizi previsti Il capo III elenca le disposizioni relative alla realizzazione di particolari interventi sociali e più esattamente a favore di persone disabili, anziani non autosufficienti, famiglie. ● Progetti individuali per le persone disabili ● Sostegno domiciliare per le persone anziane non autosufficienti ● Valorizzazione e sostegno delle responsabilità familiari ● L’erogazione di assegni di cura e altri interventi a sostegno della maternità e della paternità responsabile ● Politiche di conciliazione tra il tempo di lavoro e il tempo di cura ● Sostegno alla genitorialità, anche attraverso la promozione del mutuo aiuto tra le famiglie ● Presentazioni di aiuto e sostegno domiciliare, anche con benefici di carattere economico ● Servizi di sollievo, per affiancare nella responsabilità del lavoro di cura la famiglia, ● Servizi per l’affido familiare Al fine di migliorare la qualità e l’efficienza degli interventi, gli operatori coinvolgono e responsabilizzano, inoltre, le persone e le famiglie nell’ambito dell’organizzazione dei servizi. Riferimenti legislativi – Art. 14. legge 328/2000 (Progetti individuali per le persone disabili) 1. Per realizzare la piena integrazione delle persone disabili di cui all'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nell'ambito della vita familiare e sociale, nonché nei percorsi dell'istruzione scolastica o professionale e del lavoro, i comuni, d'intesa con le aziende unità sanitarie locali, predispongono, su richiesta dell'interessato, un progetto individuale, secondo quanto stabilito al comma 2. 2. … il progetto individuale comprende, oltre alla valutazione diagnostico-funzionale, le prestazioni di cura e di riabilitazione a carico del Servizio sanitario nazionale, i servizi alla persona a cui provvede il comune in forma diretta o accreditata, con particolare riferimento al recupero e all'integrazione sociale, nonché le misure economiche necessarie per il superamento di condizioni di povertà, emarginazione ed esclusione sociale. Nel progetto individuale sono definiti le potenzialità e gli eventuali sostegni per il nucleo familiare. DPCM 14/02/2001 – Atto di indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni socio-sanitarie ● L’assistenza socio-sanitaria viene prestata alle persone … sulla base di progetti personalizzati redatti sulla scorta di valutazioni multidimensionali. ● Le regioni disciplinano le modalità e i criteri di definizione dei progetti assistenziali personalizzati (art. 2, comma 1). Determinazione del bisogno ai fini della predisposizione del PI Ai fini della determinazione della natura del bisogno si tiene conto degli aspetti inerenti a: a. funzioni psicofisiche; b. natura delle attività del soggetto e relative limitazioni; c. modalità di partecipazione alla vita sociale; d. fattori di contesto ambientale e familiare che incidono nella risposta al bisogno e nel suo superamento (art. 2, comma 3). Quale valutazione del bisogno? ● Per favorire l’efficacia e l’appropriatezza delle prestazioni socio-sanitarie necessarie a soddisfare le necessità assistenziali dei soggetti destinatari, ● L’erogazione delle prestazioni e dei servizi è organizzata di norma attraverso la valutazione multidisciplinare del bisogno, la definizione di un piano di lavoro integrato e personalizzato e la valutazione periodica dei risultati ottenuti (Art. 4, comma 3) Quaderni del ministro della salute Piano d’indirizzo per la riabilitazione (Accordo Stato-Regioni 10/02/2011) Riferimenti all'ICF ● all’ICF è riconosciuta «la capacità di guidare la valutazione multidimensionale della Persona ● la definizione individuale degli outcome da raggiungere tramite il Progetto Riabilitativo e i suoi interventi». Legge n. 18/2009, art. 26 (ratifica della Convenzione ONU Diritti Persone con disabilità I servizi e i programmi di abilitazione e riabilitazione a. «abbiano inizio nelle fasi più precoci possibili e siano basati su una valutazione multidisciplinare dei bisogni e delle abilità di ciascuno, b. facilitino la partecipazione e l’integrazione nella comunità e in tutti gli aspetti della società…»
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