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Il sistema di competenze all’interno dell’unione europea - Diritto dell'Unione Europea, Appunti di Diritto dell'Unione Europea

appunti dalle lezioni di diritto della unione europea della prof.ssa Novi 4/13DIRITTO DELL’ UNIONE EUROPEA – prof.ssa Novi Lezione n. 4/13Oggi parliamo velocemente del sistema di competenze all’interno dell’unione europea, per poi passare a parlare, e ovviamente completeremo la prossima settimana, a parlare delle istituzioni. Cominciamo dal sistema di competenze. Nell’ambito dell’unione europea le competenze sono attribuite attraverso il trattato dagli stati membri, noi siamo di fronte a compete

Tipologia: Appunti

2011/2012

Caricato il 30/05/2012

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Scarica Il sistema di competenze all’interno dell’unione europea - Diritto dell'Unione Europea e più Appunti in PDF di Diritto dell'Unione Europea solo su Docsity! DIRITTO DELL’ UNIONE EUROPEA – prof.ssa Novi Lezione n. 4/13 Oggi parliamo velocemente del sistema di competenze all’interno dell’unione europea, per poi passare a parlare, e ovviamente completeremo la prossima settimana, a parlare delle istituzioni. Cominciamo dal sistema di competenze. Nell’ambito dell’unione europea le competenze sono attribuite attraverso il trattato dagli stati membri, noi siamo di fronte a competenze trasferite dagli stati membri all’unione, gestito sulla base del principio delle competenze di attribuzione. Il principio delle competenze di attribuzione stabilisce che le competenze di cui è dotata l’unione europea sono solamente quelle conferite dal trattato; ciò significa che la competenza dell’unione è una eccezione rispetto alla competenza nazionale, diciamo che se una materia non è prevista dai trattati è di competenza degli stati e vuol dire anche che la competenza nazionale virtualmente illimitata perché ciascun stato membro è dotato di sovranità mentre invece la competenza dell’unione è una competenza limitata e denumerata, nel senso che il numero e i tipi di competenze sono previste dal trattato. Il trattato parla in vari articoli del principio di competenze di attribuzione ma quello che ci interessa è l’art.5 del TUE 2^comma che dice che in virtù del principio di attribuzione l’unione agisce esclusivamente nei limiti delle competenze che le sono attribuite dagli stati membri nei trattati per realizzare gli obiettivi da questi stabiliti e qualsiasi competenza non attribuita dall’unione nei trattati appartiene agli stati membri. Allora questa definizione del principio di attribuzione contiene una frase che dice che le competenze sono attribuite dagli stati nei trattati per realizzare gli obiettivi da quelli stabiliti, questa frase identifica nel trattato il principio di specialità. Il principio di specialità si affianca al principio di competenze di attribuzione al fine di rendere più flessibile le competenze dell’unione, in quanto il principio di specialità stabilisce appunto che l’unione è dotata di tutte le competenze necessarie per raggiungere gli obiettivi previsti dai trattati. Quindi questo principio rende flessibile il principio di attribuzione in quanto noi possiamo definire il principio di specialità, abbiamo detto quindi tutte le attribuzioni necessarie per raggiungere gli obiettivi dell’unione, quindi questo vuol dire che se anche dei singoli poteri non sono previsti all’interno del trattato là dove questi si mostrassero necessari per raggiungere gli obiettivi, questi possono essere esercitati dalle istituzioni anche se non espressamente previsti, d’altra parte vuol dire anche che i poteri e le competenze attribuite alle istituzioni sono solo e non più di quello che è necessario per realizzare gli obiettivi previsti dall’unione. Quindi attraverso il principio di specialità le competenze tendono ad aderire e a sovrapporsi agli obiettivi essendo legati strettamente, nel senso che le finalità da raggiungere sono quelle che modulano l’estensione reale delle competenze, quindi sulla base delle materie previste dal trattato, queste materie si possono espandere o restringere a seconda delle necessità relative alla realizzazione degli obiettivi previsti dal trattato. Quindi il principio di specialità, collegando direttamente le attribuzioni agli obiettivi, flessibilizza il principio di competenze di attribuzioni che è quel principio rigido che dice appunto che solo le competenze previste dai trattati sono quelle che possono essere esercitate dalle istituzioni. Prima del trattato di Lisbona non esistevano elenchi di competenze; avevamo detto, quando abbiamo parlato della struttura dell’unione, che l’unione, e prima di lei la comunità europea, era basata sul trattato quadro, quindi si stabilivano degli obiettivi e si definivano le competenze che attribuivano poteri alle istituzioni per raggiungere questo obiettivo. Le singole estensioni delle competenze delle varie materie delle istituzioni non erano espressamente elencate dai trattati ma potevano essere ricavate solamente attraverso una ricostruzione operata attraverso una giurisprudenza della corte di giustizia. Quindi il metodo delle attribuzioni delle competenze era un metodo di carattere funzionale cioè le competenze erano funzionali agli obiettivi da raggiungere e stabilivano poteri e obiettivi senza definire preliminarmente l’ambito delle materie di competenza. Con il trattato di Lisbona invece vengono inseriti nel trattato sul funzionamento degli elenchi di materie che rappresentano, come in molti altri casi, la codificazione di quello che emergeva per quello che riguardava l’ambito di competenze dalla giurisprudenza della corte di giustizia. Quindi sulla base delle competenze ricavate dalla ricostruzione della giurisprudenza della corte di giustizia, le materie di competenza vengono formalizzate nel trattato come ambiti di attribuzioni all’unione. Quindi ricalcando quella che è una procedura utilizzata specialmente nelle costituzioni federali, abbiamo elenchi di materie che vengono attribuiti o esclusivamente alla unione oppure in modo concorrente sia all’unione sia agli stati membri, mentre tutto ciò, in virtù del principio di attribuzione, tutto ciò che non è previsto dai trattati è attribuito agli stati membri, rimane agli stati membri. Quindi questo ci porta a dire che all’interno dell’unione esistono diverse categorie di competenze, le competenze non sono tutte uguali, esistono diverse categorie la prima delle quali è quella delle competenze esclusive dell’unione. Le competenze esclusive dell’unione sono elencate all’art.2 del TFUE, il trattato in questo art. dice che quando i trattati attribuiscono all’unione una competenza esclusiva in un determinato settore solo l’unione può legiferare e adottare atti giuridicamente vincolanti, gli stati membri possono farlo autonomamente solo se autorizzati dall’unione oppure per dare attuazione agli atti dell’unione. Questo è il tipo di competenze più forti che ha l’unione perché esclude totalmente la competenza nazionale; si è operato in questo modo, come sostiene parte della dottrina, un vero e proprio trasferimento di competenze dagli stati all’unione. Alcuni sostengono che tra le competenze esclusive ci sono anche delle competenze nuove, cioè competenze che non sono state trasferite dagli stati membri all’unione ma sono state create ex novo dall’unione, ma si tratta di competenze che possono essere esercitate solamente dall’unione escludendo gli stati. Dire che una competenza è perché la corte di giustizia non lo aveva mai enunciato, prevede che nel caso di competenze concorrenti gli stati possono esercitare la loro competenza fino a quando l’unione non abbia esercitato la sua, e questo già si sapeva prima, oppure può ritornare a esercitare la competenza quando l’unione abbia deciso di non esercitare più la sua. Questa è una novità del trattato di Lisbona, prima non si era parlato del fatto le competenze dell’unione potessero contrarsi, la tendenza degli ultimi 50 anni è sempre stata quella di uno sviluppo sempre in crescere delle competenze, cioè le competenze dell’unione sono sempre cresciute comprimendo sempre di più le competenze degli stati, però il trattato di Lisbona ha previsto questa possibilità cioè ha previsto la possibilità che l’unione con un atto che si ritiene debba essere un atto esplicito potrebbe rinunciare a un determinato settore decidendo di restituire quella porzione di competenza agli stati, potrebbe cancellarne un pezzettino per permettere agli stati di recuperare appunto la propria competenza per quel pezzettino. Quindi le competenze concorrenti sono competenze estremamente mobili o comunque sono competenze la cui intenzione dal punto di vista dell’unione tende a modificarsi nel corso del tempo a seconda dell’esercizio, di come viene esercitata la competenza da parte delle istituzioni. Quando noi parliamo di competenze concorrenti o meglio le competenze concorrenti così come le abbiamo definite sono competenze che potremmo porre in una categoria più ampia delle competenze condivise tra stati e unione. Perché colloco le competenze concorrenti all’interno di una categoria più vasta che è quella delle competenze condivise? Perché il trattato definisce anche un’altra categoria di competenze condivise tra unione e stati ovvero quelle competenze che precedentemente al trattato di Lisbona venivano chiamate competenze parallele. Le competenze parallele in realtà mentre il trattato parla di competenze esclusive e concorrenti non usa il termine di competenze parallele, però di fatto ne definisce il contenuto, la tipologia. L’art.4 TFUE infatti quando parla delle competenze concorrenti fa un elenco delle competenze per cui l’unione ha competenza concorrente indicando mercato interno, politica sociale, coesione economica e sociale, l’agricoltura e pesca, l’ambiente, protezione dei consumatori, trasporti, energia, spazi di libertà, sicurezza e giustizia, sanità pubblica. Poi però al paragrafo 3 art.4 dice nei settori della ricerca e dello sviluppo tecnologico l’unione ha competenza per condurre azioni in particolare l’attuazione e la definizione di programmi senza che l’esercizio di tale competenza possa avere come effetto di impedire agli stati membri di esercitare la loro e ancora più esplicitamente nel paragrafo 4 nei settori della cooperazione e dello sviluppo e dell’aiuto umanitario l’unione ha competenza per condurre azioni e una politica comune senza che l’esercizio di tale competenza possa avere come effetto di impedire agli stati membri l’esercizio della loro. L’essenza della competenza parallela è proprio in questa frase, nella previsione cioè che l’unione possa esercitare tale competenza senza che il suo esercizio abbia come effetto quello di impedire agli stati membri di esercitare la loro. Questo cosa significa? Che se qui l’unione esercita la sua competenza con l’effetto di impedire agli stati di esercitare la loro, nel caso di questa competenza l’esercizio di questa competenza da parte dell’unione e degli stati possono coesistere e quindi gli effetti dell’attività dell’unione e dell’attività degli stati possono sommarsi. Se voi vedete il paragrafo 4 fa riferimento a quello che era il classico settore considerato di competenza parallela all’interno dell’unione cioè quello della politica degli aiuti umanitari e dello sviluppo, nel momento in cui l’obiettivo della politica degli aiuti e dello sviluppo è quello di aiutare terzi che possono trovarsi in difficoltà perché precludere la possibilità che ad aiutare siano più piuttosto che uno? Quindi se l’unione fa una politica rivolta a fornire aiuti di carattere commerciale perché impedire che gli stati possano fare altrettanto? In questo caso infatti il risultato non può che migliorare. Tant’è vero che, se avete seguito il tg, è stato deciso un intervento umanitario nei confronti della Libia, questo intervento italiano non è un intervento che si pone in alternativa a un eventuale intervento dell’unione europea ma si somma. Quindi la competenza a prestare aiuti umanitari spetta all’unione, ma l’esercizio di tale competenza, il conferimento di questa competenza all’unione nulla toglie alla competenza degli stati. Quindi qui non abbiamo un trasferimento di competenza come invece lo abbiamo nelle competenze esclusive o concorrenti per occupazione. Oltre a queste categorie di competenze, dove siamo di fronte nel primo caso, a una competenza esclusiva dello stato, nel secondo a una competenza sia dello stato sia dell’unione, abbiamo anche altre categorie di competenze che il trattato prevede sia nell’art.5 sia nell’art.6 TFUE e che sono nel caso dell’art.5 una competenza di coordinamento e l’art.5 dice che gli stati membri coordinano le loro politiche economiche nell’ambito dell’unione, a tal fine il consiglio adotta delle misure in particolare indirizzi di massima per le scelte politiche. Quindi qui ci troviamo di fronte a una competenza che è una competenza prevalentemente nazionale, tant’è vero che il trattato si rivolge agli stati dicendo che gli stati devono coordinare le loro politiche economiche mentre invece quello che viene conferito all’unione è semplicemente una competenza di coordinamento diretta a definire degli indirizzi di massima che possono indirizzare verso determinati obiettivi quella che rimane di esercizio di competenza degli stati, cioè il coordinamento delle politiche economiche dei diversi stati, quindi qui non abbiamo una competenza legislativa dell’unione, l’unione non disciplina la materia ma semplicemente emana atti che contengono degli indirizzi, dei consigli, delle direttive di coordinamento e saranno poi gli stati a esercitare la loro competenza in maniera coerente con l’indirizzo fornito dall’unione. Similmente l’art.6 parla di competenze di sostegno, completamento e coordinamento per altri settori, tutela e miglioramento della persona umana, industria, cultura, turismo, istruzione, formazione professionale, protezione civile, cooperazione amministrativa. Qui siamo sempre di fronte a competenze nazionali in cui gli stati mantengono il compito di disciplinare con propria legislazione la materia mentre all’unione spettano delle competenze non di carattere normativo, cioè non disciplinano la materia, ma l’unione semplicemente o svolge attività di coordinamento per rendere uniformi le politiche nazionali, per spingere gli stati a ravvicinare le varie politiche nazionali oppure adottare misure di sostegno, l’azione di sostegno di solito, nell’ambito dell’unione, significa dei programmi e delle azioni che tendono a fornire risorse economiche agli stati per raggiungere dei risultati e aiutarli ad attuare al meglio le loro politiche. Quindi qui non si tratta di competenze normative ma si tratta di competenze di supporto attraverso meri atti di indirizzo e così via. Ovviamente la competenza qui è dello stato,mentre l’unione ha competenza estremamente limitata. Poi anche se il trattato non ne parla abbiamo competenze che sono esclusive degli stati, che sono quelle che riguardano quelle in cui l’unione non interviene, di cui il trattato non ne parla perché il trattato opera sulla base del principio di attribuzione, quindi noi sappiamo che tutto ciò che non è attribuito all’unione rimane agli stati membri , sappiamo che tutte le materie che non sono comprese nel trattato sono materie che rimangono di competenza esclusiva degli stati membri. Quando noi parliamo delle competenze esclusive degli stati non possiamo dimenticare quanto detto dalla corte di giustizia negli anni scorsi cioè il fatto che il fatto che lo stato abbia mantenuto la propria competenza esclusiva sulla materia non lo rende libero da determinati vincoli che ha nell’esercitare questa materia. Il vincolo che ha nell’esercitare questa materia è di non venire meno a un principio dell’unione, venire meno a un obbligo derivante dall’appartenenza a un trattato. Se per es. noi partiamo dal presupposto che una competenza esclusiva dell’unione sia quella di garantire l’accesso all’istruzione, all’università sicuramente ogni stato ha il potere di disciplinare ciò che vuole sulla base delle proprie inclinazioni, interessi nazionali, quella che è l’accesso al percorso universitario. Tuttavia nel momento in cui disciplina questo argomento non può per esempio stabilire che l’accesso sia limitato solamente ai cittadini italiani escludendo gli altri cittadini europei, perché questo sarebbe in contrasto con il principio della libera circolazione di persone presente nell’ordinamento dell’unione. L’ordinamento dell’unione è sovraordinato rispetto a quello dello stato membro e per lo stesso principio del primato per cui le norme dell’unione prevalgono su quelle degli stati, allora lo stato nel momento in cui disciplina una materia di propria competenza non può andare contro le norme dell’ordinamento dell’unione. Quindi il vincolo che ha lo stato nell’esercizio delle proprie competenze esclusive è quello di non contrastare un principio o norma dell’ordinamento dell’unione. Inoltre dobbiamo anche brevemente ricordare, che poi sarà oggetto del secondo modulo, che rispetto a tutte queste materie a parte sono trattate la politica estera e la sicurezza comune , questa materia non è inserita in nessun art. che abbiamo visto e il paragrafo 4 dell’art.2 TFUE dice che l’unione ha competenza fortemente alle disposizioni del trattato sull’unione per definire e attuare una politica estera e di sicurezza comune compresa la definizione progressiva di una politica di difesa comune. Si tratta di una competenza distinta rispetto a quelle che abbiamo visto finora perché il modo di attuazione di queste competenze non è basato sul principio della soprannazionalità del sistema comunitario ma la cooperazione tra gli stati in politica estera si svolge maniera temporanea e di volta in volta dall’unione stessa che poteva decidere discrezionalmente fin dove spingersi senza un criterio stabilito. Questo criterio prestabilito è il principio di sussidiarietà che è stato inserito nel 1992 nel trattato sull’unione e attualmente contenuto nell’art.5 TUE e oggetto anche del protocollo n.2 è un criterio di esercizio delle competenze concorrenti. Quindi il principio di sussidiarietà si occupa esclusivamente alle competenze concorrenti e non è un principio di attribuzione delle competenze perché la competenza concorrente è già stata attribuita, si applica sia all’unione sia agli stati è un principio che definisce l’esercizio delle competenze concorrenti, stabilisce quando è opportuno che intervenga l’unione. E quando è opportuno che agisca l’unione? Sono due le condizioni che devono essere tutte e due presenti affinché l’unione possa agire, allora primo se gli obiettivi nella podestà dell’unione non possano essere conseguiti in maniera sufficiente dagli stati, quindi se per risolvere una determinata questione o per risolvere un determinato aspetto la presenza di tante normative nazionali non riuscirebbe a raggiungere tale obiettivo; secondo che quelli obiettivi possano essere meglio conseguiti all’interno dell’unione piuttosto che a livello nazionale. Questi due criteri potrebbero essere considerati come una unica cosa, in realtà non lo sono perché se voi le capovolgete e considerate prima il secondo, quindi primo obiettivo che il risultato che si ottiene agendo a livello dell’unione sia migliore rispetto al risultato che si ottiene a livello nazionale. Questo requisito da solo però non basta perché non solo è necessario che il risultato a livello dell’unione sia migliore ma anche che il risultato a livello nazionale, e qui ritorna il primo criterio, il risultato che si vuole raggiungere a livello dell’unione non sia raggiungibile a livello nazionale, quindi l’unione agisce non solo quando è meglio rispetto agli stati ma anche quando gli stati non sarebbero sufficienti per raggiungere quel determinato obiettivo. Questo principio inserito nel 1992 da alcuni è stato visto come un principio che avrebbe come scopo principale quello di limitare questa vis espansiva delle competenze dell’unione che vi avevo detto che c’era nella prima fase del processo di espansione, gli stati avevano espresso questo malcontento su questa tendenza dell’unione a legiferare sempre di più e a restringere sempre di più la sfera di azione degli stati. In realtà il principio di sussidiarietà è un principio neutro che definisce semplicemente quando è opportuno e quando no e quindi può determinare la spinta all’unione nell’agire in determinati settori in quanto i due criteri sono entrambi presenti oppure quando si può tendere a privilegiare la competenza degli stati e quindi lasciare agli stati il compito di legiferare in tali materie o su determinati aspetti delle materie quando il loro intervento si dimostri sufficiente a raggiungere gli obiettivi previsti nel trattato. Quindi in realtà ciò che è stato fatto nel trattato di Maastricht è stato quello di definire un criterio reale, un criterio unico che potesse orientare le istituzioni per poter decidere quando intervenire e quando no e quindi non fosse nella totale discrezionalità dell’unione agire o no. Tant’è vero che a partire dal 1992 in poi la commissione europea propone un nuovo atto, che come vedremo quando parleremo della procedura legislativa ordinaria è la commissione europea che propone i nuovi atti che poi il consigli e il parlamento andranno a approvare, comunque quando lo fa deve illustrare al consiglio e al parlamento una giustificazione del perché creare quell’atto alla luce del principio di sussidiarietà, cioè nella relazione esplicativa che accompagna la sua proposta deve dimostrare perché il risultato che si vuole raggiungere si raggiunge meglio a livello europeo e perché quello stesso risultato non potrebbe essere raggiunto a livello nazionale, quindi ogni proposta deve essere giustificata alla luce del principio di sussidiarietà. Il principio di sussidiarietà è un principio ora previsto dal trattato che è il principio di prossimità. E un principio che dice che le decisioni nell’ambito europeo devono essere prese più possibile vicino ai cittadini, ovviamente rispetto all’unione più vicino ai cittadini ci sono gli stati. Quindi possiamo dire che il principio di sussidiarietà è un aspetto del principio di prossimità che è più ampio comprende questo principio per cui le decisioni devono essere prese dal basso per essere più vicino al cittadino. Accanto al principio di sussidiarietà abbiamo il principio di proporzionalità che è il secondo principio che regola l’esercizio delle competenze è un principio che si applica a tutte le competenze, perché il principio di proporzionalità stabilisce che tipo di atto deve essere emanato dall’unione, quando agisce ovviamente l’unione, ci sono vari tipi di atti che l’unione può emanare, direttive o regolamenti o il trattato utilizza il termine misura allora in quel caso le istituzioni hanno la più ampia discrezionalità possibile potendo anche ad esempio adottare degli atti che non sono vincolanti come delle raccomandazioni. In ogni caso quando viene lasciata liberà di scelta alle istituzioni in virtù del principio di proporzionalità le istituzioni devono scegliere l’atto che determina il minor sacrificio per la sovranità nazionale. Quindi questo vuol dire scegliere la direttiva piuttosto che il regolamento o addirittura scegliere una raccomandazione piuttosto che una direttiva, poi quando vedremo la differenza tra direttiva e regolamento vi renderete conto perché la direttiva comporta un minor sacrificio per la sovranità nazionale. Per il momento vi interessa sapere che il principio di proporzionalità dà la possibilità di scelta all’unione, laddove il trattato garantisca la possibilità di scegliere l’atto da emanare, l’atto che comporta un minor sacrificio per la sovranità nazionale. ISTITUZIONI DELL’UNIONE EUROPEA Le competenze dell’unione europea sono naturalmente esercitate attraverso le istituzioni che devono proporre i valori dell’unione europea, perseguire i suoi obiettivi, e servire i suoi interessi. All’interno dell’unione noi distinguiamo tra istituzioni e organi, le istituzioni sono quelle elencate all’art.13 TUE e sono il parlamento europeo, il consiglio europeo, il consiglio, la commissione europea, la corte di giustizia dell’unione europea, la banca centrale europea e la corte dei conti. A queste istituzioni elencate nell’art.13 si applicano tutte le disposizioni contenute nel TUE che si riferiscono alle istituzioni anche se esistono altri organi che non sono definiti istituzioni ma solo organi che sono definiti da un punto di vista istituzionale meno importanti. Una differenza fondamentale tra organi e istituzioni è che solo le istituzioni sono dotate di un proprio regolamento interno cioè un regolamento creato dall’istituzione stessa che disciplina le modalità del suo funzionamento, in modo che questo funzionamento risponda a delle regole certe, prefissate, e che quindi il comportamento di queste istituzioni, le procedure interne non siano il risultato di decisioni prese lì sul momento. Noi parleremo di tutte le istituzioni tranne che della corte dei conti e della banca centrale europea, ci concentreremo su consiglio europeo, consiglio, parlamento, commissione europea, corte di giustizia che però approfondiremo quando parleremo della funzione giurisdizionale. Cosa dire di queste istituzioni in linea di principio? dobbiamo dire che queste istituzioni hanno diversi tipi di rappresentanza nel senso che noi abbiamo visto che una delle caratteristiche della sovrannazionalità dell’unione è che essa presenta al suo interno un numero elevato di istituzioni che non sono espressione degli stati ma sono formati da soggetti che agiscono a titolo personale, sono autonomi, sono quelle che in diritto delle organizzazioni internazionali sono definiti organi di persone cioè coloro che siedono all’interno non rappresentano gli stati di appartenenza ma sono soggetti che pur essendo cittadini di uno stato membro non agiscono in nome e per conto di quello stato. All’interno dell’ unione europea, rispetto a una classica organizzazione internazionale, noi abbiamo un numero più elevato di questo tipo di organi e questi tipi di organi hanno un ruolo particolarmente rilevante all’interno dell’unione e nell’ambito del funzionamento dell’unione. Infatti se noi dobbiamo distinguere le diverse istituzioni possiamo dire allora che noi abbiamo due istituzioni che rappresentano gli stati, cioè due organi di stati, cioè coloro che si siedono sono rappresentanti di stati, e sono consiglio europeo e consiglio, in realtà il consiglio europeo è l’organo composto dai capi di stato e di governo, il consiglio dell’unione europea che possiamo chiamare per non confonderci, consiglio dei ministri perché formato dai rappresentanti degli stati a livello ministeriale. Questi due organi sono formati da rappresentanti degli stati e sono caratterizzati da un livello gerarchico che pone il consiglio europeo al di sopra del consiglio dei ministri, cioè hanno lo stesso tipo di rappresentante solo che il consiglio europeo è formato da soggetti che sono gerarchicamente sovra ordinati all’interno degli ordinamenti nazionali rispetto ai soggetti che formano il consiglio dei ministri. Questi due organi fanno gli interessi degli stati cioè quelli che possono essere definiti gli interessi uti singuli degli stati, si fanno portatori degli interessi individuali dei singoli stati di appartenenza. Quindi consiglio europeo e consiglio rappresentano gli stati. Nell’ambito dell’unione abbiamo però anche il parlamento europeo che è considerato organo di rappresentanza democratica, è un organo eletto dai cittadini degli stati membri. Il parlamento rappresenta i cittadini, quindi rappresenta solo indirettamente gli stati, rappresenta i governati, laddove il consiglio europeo e consiglio rappresentano i governanti, quindi governati, europeo non era un’istituzione, era un organo, era considerato durante la vigenza del trattato di Maastricht con la struttura a pilastri dell’unione era considerato l’unico vero organo dell’unione europea, questo per due ragioni: questo perché, vi ricordate quando abbiamo fatto la struttura a pilastri dell’unione, avevamo tre pilastri, poi il frontone e poi la base. Le disposizioni relative alle istituzioni, cioè il consiglio, la commissione ecc. erano tutte disciplinate nel pilastro comunitario e si diceva che le istituzioni rimanevano istituzioni comunitarie ma erano prestati ad altri pilastri, in modo che esercitassero le competenze in materia di politica estera e giustizia e affari interni. Invece il consiglio europeo era l’unico organo che vedeva racchiusa la propria disciplina nelle disposizioni comuni, per questo si diceva che era l’unico organo dell’unione, ma era anche l’unico organo che aveva come caratteristica di avere le stesse funzioni in ciascun pilastro. Nell’ambito di ciascun pilastro il consiglio europeo faceva le stesse cose, cosa che non succedeva per il parlamento, il parlamento aveva un potere molto ampio nel trattato comunitario, aveva un potere pressoché nullo nelle disposizioni in materia di … e un potere un po’ di più ma non tanto nel terzo pilastro; lo stesso valeva per la commissione mentre il consiglio vedeva un ruolo un po’ più stretto nel pilastro comunitario e meno stretti negli altri due pilastri invece il consiglio europeo aveva le stesse funzioni in tutti e tre i pilastri. Il consiglio europeo con il nuovo trattato di Lisbona è stato promosso, con l’eliminazione della struttura a pilastri e della eliminazione della differenza tra organi e istituzioni, istituzione. Il primo atto che ha fatto da istituzione proprio il 1 dicembre 2009 è stato quello di emanare il proprio regolamento interno; quindi le procedure seguite all’interno del consiglio europeo, stiamo parlando delle procedure di voto, della convocazione delle riunioni, e così via, sono disciplinati dal regolamento interno del consiglio europeo. Il consiglio europeo però presenta la ulteriore peculiarità non solo di essere stato creato da poco ma di nascere in realtà non nel trattato di Roma del 1958, in questo non esisteva. il consiglio europeo è nato per prassi, negli anni 60 i capi di stato e di governo hanno sentito la necessità di riunirsi periodicamente in modo informale al fine di scambiarsi delle opinioni sul processo di integrazione europeo e stabilire la direzione che questo processo avrebbe dovuto acquisire. Nasce così nel 60 la prassi dei cd. Vertici, però le riunioni dei capi di stato e di governo erano meno frequenti di ora e non avvenivano a scadenze fisse. Venivano convocati e ci si riuniva nel momento in cui si riteneva più opportuno. Nel 1974 al vertice di Parigi si decise invece la formalizzazione del consiglio europeo, la trasformazione del nome da vertice a consiglio europeo e la previsione di una certa periodicità degli incontri a 3 all’anno. La prima volta che si è inserito il consiglio europeo all’interno del trattato è stato nel 1984 con l’atto unico europeo, viene inserito un art. sul consiglio europeo che disciplinava solo la composizione del consiglio europeo, cioè diceva che il consiglio europeo era formato dai capi di stato e di governo, per arrivare a un art. più completo che disciplinasse la funzione e la composizione del consiglio europeo bisogna attendere il trattato di Maastricht con le disposizioni comuni sul trattato dell’unione. Vediamo adesso da chi è formato il consiglio europeo, abbiamo detto dai capi di stato e di governo, perché dipende dalla struttura costituzionale dello stato cioè se detiene il potere il capo di governo, es. per l’Italia ci va il presidente del consiglio, per altri stati il capo di stato, il presidente della repubblica se è colui che ha il potere di guidare l’esecutivo come in Francia, a seconda della struttura costituzionale dello stato va il capo di governo o della repubblica; i capi di stato e di governo sono accompagnati dai ministri degli esteri. Poi c’è il presidente della commissione accompagnato dal commissario che nello specifico è l’alto commissario per gli affari esteri e la politica di sicurezza che è anche commissario delle relazioni esterne , poi vedremo chi è l’alto rappresentante è perché è anche alto commissario. Quando si parla all’interno del consiglio europeo di questioni relative all’unione economica e monetaria partecipano anche i ministri delle finanze. Oltre a tutti questi a partire dal trattato di Lisbona esiste anche il presidente del consiglio europeo che viene eletto solo dai capi di stato e di governo a maggioranza qualificata per un periodo di due anni e mezzo ed è rieleggibile una sola volta. Il presidente non può esercitare un mandato nazionale, che cosa vuol dire? Che il presidente è uno in più, quindi anche se il presidente ha la cittadinanza di uno degli stati membri tuttavia non è in quella veste che è all’interno del consiglio europeo, perché all’interno del consiglio europeo ci sarà il rappresentante di capo di stato o di governo del suo paese, quindi è un membro ulteriore rispetto ai capi di stato e di governo, non ha il mandato dal suo governo, è un soggetto autonomo, che ha il compito di animare i lavori del consiglio, assicurare la continuità dei lavori tra una riunione e l’altra e ha la rappresentanza esterna del consiglio europeo, rappresentare il consiglio europeo di fronte a terzi stati. Diciamo che la creazione del presidente del consiglio europeo ha creato un po’ di perplessità negli osservatori perché si è ritenuto che questa figura andasse a sovrapporsi prima di tutto al presidente della commissione perché il presidente della commissione ha anch’egli la rappresentanza esterna dell’unione e inoltre andava a sovrapporsi alla figura dell’alto rappresentante per la sicurezza e gli affari esterni che ha anch’egli la rappresentanza esterna dell’unione. Diciamo che ci sono un po’ troppi rappresentanti nell’unione. In realtà poi le cose si sono capite un po’ meglio quando è stata scelta fisicamente la persona che doveva ricoprire questa carica, che attualmente è un belga che si chiama Vavonpuì (l’ho scritto come l’ho sentito), ed è un soggetto che voi non conoscete, invece sapete come si chiama l’alto rappresentante per la politica estera?...lady adzon (…) che voi non conoscete l’alto rappresentante è più grave, meno grave è che voi non conoscete il presidente del consiglio europeo, infatti quando è stata scelta la persona, è stata scelta una persona che avesse delle doti non tanto di personalità politica, precedentemente l’alto rappresentante della politica estera era Solan (…) che era un diplomatico, era una persona che aveva un profilo politico internazionale molto elevato. Vavonpuì è un personaggio molto bravo, è stato scelto perché è un abile conciliatore, cioè è un abile diplomatico, nel senso che sa gestire una assemblea, mettere d’accordo più persone. Questo dimostra che la persona scelta che ha un basso profilo internazionale, cioè non è una persona conosciuta, non se vi ricordate che si era parlato di persone con un più alto profilo, invece è stato scelto un mediatore perché è stato privilegiato rispetto a rappresentare il consiglio europeo all’esterno, cosa di cui non ce ne tanto bisogno perché ce ne sono altri che rappresentano, piuttosto è stata scelta una persona che ha la capacità di mettere d’accordo i capi di stato e di governo, quindi svolgono funzioni di conciliazione più all’interno che all’esterno dell’organo. Quindi tra le varie funzione, presiedere e animare le discussioni nel consiglio e rappresentare io consiglio europeo all’esterno, è stata privilegiata una persona che potesse svolgere al meglio la prima parte, cioè che fosse una persona capace di promuovere l’ottenimento di una posizione concertata, l’ottenimento di un accordo tra i capi di stato e di governo sulle varie questioni, cioè che agisse all’interno dell’unione per far arrivare a prendere delle decisioni, piuttosto che privilegiare una persona che avesse una visibilità esterna elevata. Sulla base della scelta fatta noi capiamo sostanzialmente che soggetto ci troviamo di fronte, qual è la funzione che dovrà svolgere questo soggetto cioè dovrà trovare l’equilibrio e l’accordo all’interno del consiglio europeo. Il consiglio europeo si riunisce 4 volte all’anno, ogni 3 mesi, marzo, giugno, ottobre e dicembre, tuttavia è possibile che vengano convocati su stimolo della presidenza, siano convocate delle riunioni straordinarie del consiglio europeo, per es. è stata convocata una riunione straordinaria dopo l’11 settembre 2001, e il presidente del consiglio europeo, se avete visto il tg oggi, ha convocato una riunione straordinaria del consiglio europeo per l’11 marzo per discutere la questione del nord Africa, per discutere la questione dei profughi, degli aiuti umanitari, il giorno prima si farà la riunione dei ministri degli esteri nell’ambito del consiglio, mentre l’11 ci sarà la riunione del consiglio europeo. Le riunioni durano due giorni con due mezze giornate dedicate la prima alle questioni economiche, la seconda alle questioni politiche, mentre il pomeriggio sono dedicate a riunioni informali, riunioni bilaterali o fra tutti gli stati. A fine dei due giorni vengono rese note le cd. Conclusioni, che rappresentano un documento in cui viene scritto tutto ciò di cui hanno parlato i capi di stato e di governo nelle riunioni formali, non in quelle informali negli incontri bilaterali, e l’insieme delle decisioni che hanno preso. Questo viene reso noto, viene comunicato al parlamento europeo, viene reso noto attraverso la pubblicazione sul sito dell’unione europea in tutte le lingue ufficiali, compreso l’italiano, e vengono rese pubbliche le conclusioni del consiglio stesso. Il consiglio europeo, secondo quanto previsto dal trattato, prende decisioni a maggioranza, seguendo lo stesso criterio di maggioranza del consiglio dei ministri, che poi vedremo la prossima volta qual è. Quando invece il trattato non lo prevede vuol dire che il consiglio prende le sue decisioni per consensus,
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