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Il sistema filosofico di Leopardi, Dispense di Italiano

Il sistema filosofico di Leopardi (pessimismo individuale, storico e cosmico), con riferimenti ai suoi componimenti.

Tipologia: Dispense

2023/2024

In vendita dal 01/07/2024

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Scarica Il sistema filosofico di Leopardi e più Dispense in PDF di Italiano solo su Docsity! IL SISTEMA FILOSOFICO DI LEOPARDI Il pensiero di Leopardi, come dice Luperini e come, nel suo film, Mario Martone ha fatto dire a Leopardi stesso in un dialogo con la sorella Paolina, si configura in un vero e proprio sistema filosofico, che è stato canonicamente suddiviso in quattro fasi: pessimismo individuale, pessimismo storico, pessimismo cosmico e titanismo eroico. Lo sviluppo della sua riflessione esistenziale, in particolare, può essere analizzato nello Zibaldone, il diario intellettuale del poeta, realizzato tra il 1817 e il 1832. Il file rouge di tutti i periodi è l’attenzione al tema dell’infelicità umana. PESSIMISMO INDIVIDUALE Durante gli anni dei suoi studi matti e disperatissimi, Leopardi, vedendo i primi segni della malattia, che lo trasformano, deformando il suo corpo, e scoprendosi diverso, non solo fisicamente, ma anche intellettualmente, dai suoi coetanei, si isola in se stesso e matura la convinzione di essere destinato, per la propria condizione individuale, ad una vita di dolore in un mondo in cui l’uomo è, però, generalmente felice. Nella “Sera al dì di festa” il poeta afferma che “l’antica natura onnipossente” l’ha creato “all’affanno” per la sofferenza: la stessa speranza gli è stata negata per volere della natura, che ha fatto sì che i suoi occhi potessero brillare solo di pianto. La drammatica consapevolezza del proprio infelice destino esistenziale è accentuata dal confronto con l’agevol sonno di una fanciulla, che, dopo un dì solenne, di trastulli (divertimenti), del tutto ignara di aver aperto nel cuore del poeta una dolente ferita d’amore, ricorda in sogno gli spasimanti del giorno, tra i quali Leopardi afferma di non avere nemmeno speranza di figurare. In particolare, la ripetizione del pronome personale “io” e della negazione, “non io”, sottolinea il sentimento di esclusione del poeta; mentre l’esclamazione “Oh giorni orrendi in così verde etate!” esprime con forza tutto il suo dolore per la propria estraneità dalle gioie della giovinezza. Il poeta, infatti, si sente come un “passero solitario”: “romito” e “strano” al “sollazzo e riso”, dolci compagni della giovane età, e all’amore, “german di giovinezza” e “sospiro acerbo de’ provetti giorni”. Nel 1816, il passaggio dall’erudizione al bello: Leopardi scopre la poesia e inizia ad elaborare la teoria del piacere--- > pessimismo storico PESSIMISMO STORICO: l’infelicità non è una condizione individuale, ma è legata alla Storia stessa dell’umanità. Tuttavia, la progressiva civilizzazione dell’umanità e l’emergere del pensiero razionale ha svelato all’uomo l’inconsistenza dei prodotti di quella che definisce la “sterminata operazione della fantasia”, ossia le speranze e le illusioni, uniche possibilità di felicità concesse dalla natura. L’infelicità, dunque, non è una condizione propria solo del poeta, ma, in quanto effetto di un processo storico, caratterizza tutti gli uomini, che hanno scelto di allontanarsi dalla natura benigna abbandonandosi alla ragione crudele. Leopardi, infatti, esalta l’età antica, un’epoca in cui l’impotenza della ragione a spiegare la realtà e cogliere il vero, lasciava spazio alla potenza dell’immaginazione e a slanci eroici e magnanimi, che seppur ispirati da illusioni, rendevano l’uomo felice. Infatti, nella poesia All’Italia, egli incita gli italiani a rivolgere lo sguardo al passato e, in particolare, all’antica Grecia per cogliere e far propri quei valori eroici, ormai persi, che avevano portato gli Spartani ad unirsi per fronteggiare il comune nemico persiano e difendere la propria patria. Allo stesso modo, esalta la giovinezza, “l’età fiorita” della fanciullezza, considerata “un giorno d’allegrezza pieno”, poiché animato dai favolosi sogni e dalle illusioni delle ingenue menti dei bambini, ancora non intaccate dall’arida e mortificante razionalità che la civilizzazione comporta. Io stesso mi ricordo di avere nella fanciullezza appreso coll’immaginativa la sensazione d’un suono così dolce che tale non d’ode in questo mondo; io mi ricordo d’essermi figurate nella fantasia, guardando alcuni pastori e pecorelle dipinte sul cielo d’una mia stanza, tali bellezze di vita pastorale che se fosse conceduta a noi così fatta vita, questa già non sarebbe terra ma paradiso, e albergo non d’uomini ma d’immortali […] (Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica) L’uomo può ritornare indietro a quell’età fantastica, rasserenata dai sogni e dalle favole, nutrendo la propria immaginazione, perché il naufragar è dolce nel mar della fantasia umana. Il piacere è naufragare nei meandri della propria mente sospinti dal vento dell’immaginazione: chiudere per un attimo gli occhi dinanzi all’”arido ver” e immaginare una realtà favolosa. (Quando finalmente riesce ad andare a Roma e si rende conto che anche nella grande città “che non finisce mai” vi è la rigida chiusura dello stato pontificio (cultura chiusa) e non vi sono più gli alti valori e gli spiriti eroici dell’età antica), comprende che l’infelicità non è una condizione individuale, ma universale in quanto legata alla Storia stessa dell’umanità: la natura, benigna, ha creato l’uomo felice, concedendo lui le illusioni e uno spirito sensibile a grandi valori e ad aneliti eroici; P.33: 20 settembre 1821 Poetica del vago e dell’indefinito. Sono termini poetici quelli che destano idee non determinabili e fanno vagare nell'immaginazione; parole comuni quali distanza, indefinitezza, oscurità, profondo, eterno, lontano, futuro, antico, passato, solitudine o parole auliche quali veroni al posto di balconi. (prima fase- Idilli) In tutte le poesie vi è un’immagine visiva o la descrizione onomatopeica di un suono, come “una dolce e chiara notte senza vento” o “d’in su la vetta di un mondo antico”, e poi la riflessione che essa scaturisce, animando l’immaginazione ed evocando, così, piacere. PESSIMISMO COSMICO Intorno al 1821-1822, il pensiero di Leopardi sulla possibilità della felicità umana si incupisce profondamente, probabilmente influenzato dalla disillusione di Roma, la città tanto sognata e idealizzata che si rivela essere “un letamaio di letteratura, opinioni e costumi” oppure dal fallimento dei moti liberali degli anni 21-22, che mette in discussione anche la speranza del poeta di un recupero dell’antica felicità attraverso l’impegno civile, come aveva sostenuto nel componimento All’Italia. La conclusione a cui perviene nel momento in cui si svela ai suoi occhi “l’arido velo” è definita “pessimismo cosmico”, cosmico perché, come afferma in un passo dello Zibaldone datato 19 aprile 1826, “tutto è male (…) il fine dell’universo è il male; (…) non gli uomini solamente…”. In questo passo Leopardi sottolinea la parola male nove volte a sottolinearne la presenza assillante e ineludibile nella vita umana. Egli comprende che la condizione d’infelicità esistenziale, “il patire, quanto il non godere” (dialogo della Natura e di un islandese), si abbatte su ogni uomo, a prescindere dal periodo storico, a prescindere dalle sovrastrutture della civiltà e della cultura. Infatti, per dar voce a questo dolore cosmico ed eterno, sceglie personaggi estranei ai meccanismi del progresso della civiltà umana, che nel periodo del pessimismo storico aveva individuato come la causa dell’infelicità dell’uomo, quali un islandese che vaga per terre esotiche e lontane e un pastore che vede solo “greggi, fontane ed erbe”.
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