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Il sogno di una cosa Pasolini, Schemi e mappe concettuali di Letteratura Italiana

Descrizione libro il sogno di una cosa Pasolini

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2021/2022

Caricato il 17/02/2023

ilaria-carta-5
ilaria-carta-5 🇮🇹

2 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Il sogno di una cosa Pasolini e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! Pier Paolo Pasolini, “Il sogno di una cosa”, con prefazione di Edoardo Albinati. Il titolo origina da una frase di Marx, da una lettera del 1843, in cui si allude al sogno di una cosa. Ma soprattutto dalla terribile agonia del martire, santo Eligio che allude a “una cosa” ... allorquando alza il braccio e dice parole come, appunto, “una cosa” (p205). Ma leggi da p 199 a p 205 per la sua agonia. E vediamo la prefazione di Albinati, il quale dice che “il sogno di una cosa” è stato concepito e scritto tra il 1948 e il 1949, sino al 1950, prima di “Ragazzi di vita” e “Una vita violenta”, ma è stato pubblicato nel 1962. Pertanto è, al contempo, romanzo di ESORDIO e CONCLUSIONE. E al lettore che aveva letto i due romanzi romani questo pare un salto all’indietro. L'ambientazione concerne quel mondo friulano assai noto a Pasolini, un mondo rurale che egli sente per sempre scomparso; pertanto, pubblicarlo ora è anche un gesto di provocazione, a favore di una realtà sconfitta, distrutta. Piglio ACCURATO e COMBATTIVO, ovvero c’è nostalgia per quel mondo sparito, ma rinfocola e rinsalda l’aura nostalgica edenica. In principio, il romanzo portava il titolo di “La meglio gioventù” che è poi passato alle poesie in dialetto friulano. Poi negli anni Cinquanta, prese il titolo di “I giorni del lodo De Gasperi”, che paga un prezzo ….. al neorealismo, e che si rivela titolo spropositato se pensiamo al tema dell’opera. In effetti, l’episodio storico, ovvero la protesta dei braccianti friulani acciocché venisse applicata una legge, un beneficio di guerra a loro favore e come un palo piantato accanto agli alberi da frutta per farli stare dritti: ciò che conta è l’albero, non il palo! La trama, poi, è come una vasta e ampia scena corale. Protagonisti, certo, il Milio, Eligio, il Nini e la povera e dolce Cecilia Faedis, che, consunta d’amore, finirà in un convento. Ma sono poi cruciali le scene conviviali: le pedalate in ciclo da un paese all’altro, le processioni religiose, le pisciate (un rito anch’esso, per così dire) tutti insieme, di spalle, in prossimità dell’argine, e le mangiate di polenta e le ubriacature nella vecchia stalla dei Faedis. Insiste, Albinati, sulla dimensione pittorica, coloristica e parla di Tele, appunto. Romanzo creaturale, insomma, “che è molto commovente, ma non meno polemico” ricorda Albinati. Prima parte si snoda nel 1948, chiarisce l’autore nella stessa articolazione del romanzo che prevede, appunto, una Prima parte datata 1948 e una Parte seconda, datata 1949.l’opera si apre con uno scenario terso e vibrante in termini di paesaggio. I giovani friulani vanno verso Casale per una sagra di Paese e straordinaria è la precisione topologica. Alla sagra, il Nini ed Eligio divengono amici. Gioia sensuale della musica, dell’orchestrina, delle danze e del boogie-woogie. Il Nini e Eligio avvistano il Milio e nasce una nuova amicizia tra barzellette, canti e canzoni anche oscene, di ubriachi. Si ubriacano i nostri e, sulla via del ritorno, urlano come diavoli e si fanno una bella “pisciata” (cfr. Pasolini) per dare acqua al tagliamento e vincerne la sacca e poi si salutano. Incontrano poi un vecchio ubriaco (p27) che ha girato tutte le Americhe, dice, e ne ha ricavato “un bel calcio in culo”. Ma poi il vecchio narra la vicenda del povero Rico che aveva comprato il suo biglietto per il bastimento per l’Argentina, un anno prima aveva acquistato il biglietto. Ma lo hanno ceduto ad uno che si è spacciato per un funzionario del governo e che ha dato qualche soldo in più per averlo. E Rico si è “adattato” al sistema, fingendosi, a sua volta, uno del governo. E ora c’è un qualche disgraziato, chissà dove, che resterà scornato e non potrà partire. Intanto è passato un anno da che i nostri si sono conosciuti. E ora il Nini comunica loro che intende andare in Jugoslavia, che lì almeno c’è il comunismo. Insieme partono, nel 1949, direzione Jugoslavia. Viaggio avventuroso alla ricerca dell’uomo che si era offerto come guida, ma non lo trovano. Sono stanchi, affamati e avviliti; ma all’osteria trovano uno che si offre di portarli oltre il confine: è uno sloveno, ubriaco, sono 7 ore di cammino per 6000 lire e poi li lascia. Davvero è un viaggio epico, leggendario e, quasi senza accorgersene varcano il confine, ma sono intercettati, condotti a un comando e interrogati da slavi. Si aspettavano una diversa accoglienza poiché vengono fatti camminare per km; in treno, poi, li fanno salire sino a Verpoile. E poi in una sorta di casa di accoglienza e non danno loro da mangiare, solo un poco di pane, tanto che a loro pare di morire di fame. Incontrano un vecchio contadino slavo, che parla bene l’italiano, il quale offre loro di lavorare per lui. Ma il lavoro è molto faticoso e il vecchio offre loro solo una minestra con due
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