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il teatro e il suo doppio, Appunti di Storia del Teatro e dello Spettacolo

riassunto teatro spettacolo e performance

Tipologia: Appunti

2018/2019
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Caricato il 24/06/2019

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Scarica il teatro e il suo doppio e più Appunti in PDF di Storia del Teatro e dello Spettacolo solo su Docsity! Il teatro e il suo doppio – Antonin Artaud Questo volume vuole presentare l'essenziale del pensiero di Artaud nelle sue applicazioni al teatro, attraverso due momenti principali: attività del Théatre Alfred Jarry e idee e programmi intorno al teatro della crudeltà. Sono stati aggiunti alcuni tra i numerosi scritti che completano il quadro dei rapporti del maestro con il teatro: progetti drammatici, progetti di messinscena, cronache drammatica, recensioni e articoli. I testi dei manifesti e programmi del Théatre Alfred Jarry sono tratti dal secondo volume delle Oeuvres complètes di Artaud. • Il Teatro Alfred Jarry (stagione 1926-1927) Il teatro partecipa del discredito in cui cadono tutte le forme d'arte. In mezzo alla confusione, al deterioramento di tutti i valori umani, all'angoscia incerta in cui siamo immersi riguardo alla necessità e al valore di questa o quella arte, la più colpita è probabilmente l'idea di teatro. Si cercherebbe invano nella massa di spettacoli presentati ogni giorno qualcosa di adeguato all'idea che ci si può fare di un teatro assolutamente puro. Nel momento di proporre questa idea di un teatro puro, una delle prime domande che dobbiamo porre è se potremmo trovare un pubblico capace di accordarci il minimo necessario di fiducia e di credito, insomma di far lega con noi: perché, a differenza dei letterati o dei pittori, non ci è possibile fare a meno del pubblico che diviene del resto parte integrante del nostro tentativo. Il teatro deve darci un mondo effimero, ma vero, un mondo tangente al reale. Lo spettatore quando uscirà dal teatro, dovrà essere scosso e sconvolto dal dinamismo interno dello spettacolo e questo dinamismo sarà in diretta relazione con le angosce e con le preoccupazioni di tutta la sua vita. L'illusione non si fonderà più sulla verosimiglianza o l’inverosomiglianza dell'azione, ma sulla forza comunicativa e la realtà di tale azione. Si vuole arrivare dunque a questo, non ci si rivolge solo allo spirito o ai sensi degli spettatori, ma a tutta la loro esistenza e a coloro che producono lo spettacolo. Lo spettatore che viene a teatro sa di venire a sottoporsi ad un'operazione vera, dove sono in gioco non solo il suo spirito ma se lo sentirà sulla sua carne, andrà a teatro come va dal chirurgo o dal dentista, con lo stesso stato d'animo pensando che non ne uscirà integro. Abbiamo bisogno di credere a ciò che vediamo, uno spettacolo che si ripete ogni sera secondo ritmi sempre uguali, sempre identici a sé stessi, non può più avere il nostro consenso. Abbiamo bisogno che lo spettacolo a cui assistiamo sia unico e che ci dia l'impressione di essere imprevisto e irripetibile come qualsiasi atto della vita, come qualsiasi avvenimento prodotto dalle circostanze. Con questo teatro ci ricolleghiamo alla vita invece di separazione. Lo spettatore non può prendere lo spettacolo sul serio se non sia ha la ben chiara sensazione che una parte della vita profonda sia impegnata in questa azione che ha per sfondo la scena. Uscendo da questo teatro, lo spettatore dovrà trovarsi l'angoscia umana, egli sarà scosso e sconvolto dal dinamismo interno dello spettacolo che si svolgerà sotto i suoi occhi. L’illusione che si cerca di suscitare non si fonderà sulla maggiore o minore somiglianza dell'azione, ma sulla forza comunicativa e la realtà di questa azione. Ogni spettacolo diverrà in questo modo una sorta di avvenimento. Si chiede al pubblico, quindi, un'adesione intima e profonda. A dare a questi spettacoli un valore di realtà ed evidenza sarà il più delle volte un'invenzione insensibile, ma capace di creare nello spirito dello spettatore la più grande illusione. Ciò significa che in materia di messa in scena ed i criteri di impostazione ci affidiamo spavaldamente al caso. Nel teatro che vogliamo fare, il caso sarà ciò a cui dobbiamo guardare sempre. Per la definizione che si cerca di dare al teatro, una sola cosa sembra invulnerabile, solo una cosa sembra vera, il testo. Ma il testo in quanto realtà distinta, esiste per se stessa e basta a se stessa. Il Teatro Alfred Jarry darà nel corso della stagione 1926-1927 4 spettacoli. Il primo sarà presentato il 15 gennaio 1927 sulla scena del Vieux Colombier con tre rappresentazioni. • Il Teatro Alfred Jarry (stagione 1928-1929) Il Teatro Alfred Jarry si rivolge a tutti coloro che nel teatro non vedono uno scopo ma un mezzo, quanti si danno pensiero di una realtà, che questo teatro si sforzerà di riscoprire attraverso le occasioni dei suoi spettacoli. A partire dal Teatro Jarry, il teatro non sarà più quella cosa chiusa, limitata entro lo spazio ristretto del palcoscenico, ma tenderà ad essere veramente un atto su cui giocano tutte le sollecitazioni e tutte le deformazioni delle circostanze. Non sono solo abolite le basi esterne del teatro, ma anche la sua profonda ragione ad essere. Una messa in scena del teatro Jarry sarà avvincente come un gioco, a cui partecipano tutti gli spettatori. Questo teatro nella vita si sforzerà di tradurre ciò che la vita dimentica, dissimula o che è incapace di esprimere. Tutto ciò che proviene da un errore secondo dello spirito, da un'illusione dei sensi, dalle incertezze dei sentimenti e delle cose che colpiscono una specie di densità materiale, saranno presentati nella loro angolazione inaudita, nella loro pura brutalità. Tutto ciò che non è rappresentabile così com’è, che ha bisogno delle illusioni di una falsa prospettiva, sarà escluso dal palcoscenico. Questo tipo di teatro non bara con la vita, tende a continuarla, ad essere una specie di operazione magica. Il Teatro Jarry è stato creato per servirsi del teatro e non per servirlo. Gli scrittori che si sono riuniti per questo scopo non hanno nessun rispetto né per gli autori né per i testi, non intendono uniformarsi, accetteranno solo le opere significative per la condizione spirituale che si ricercano. Il Teatro è stato fondato nella primavera del 1927. Come primo spettacolo ha dato Les Mystères de l’Amour, di Roger Vitrac, rappresentato al Théatre de Grenelle il 2 e il 3 giugno di quell’anno. Questo teatro sin dalla sua creazione ha sempre dovuto affrontare varie difficoltà. Un esempio lo troviamo proprio nel suo primo spettacolo che fu provato in scena solo una volta la sera prima. Altri spettacoli addirittura furono provati interi in scena solo la sera dello spettacolo. Tutte queste difficoltà derivano dal fatto che questo teatro non ha mai avuto a sua disposizione né una compagnia, né un locale. Purtroppo non ci si può impegnare ad allestire più di uno spettacolo alla volta, ma si deve avere quella sicurezza che deriva dall'avere a disposizione un locale e una compagnia anche se pure per uno spettacolo alla volta. Il locale e la compagnia servono per due mesi, ossia un mese di prove e poi a disposizione per 30 repliche consecutive che è il minimo necessario per sviluppare e sfruttare commercialmente un eventuale successo. Il Teatro Jarry è stato creato in relazione al teatro e per restituire al teatro quella libertà totale che esiste nella musica, nella poesia, nella pittura e dei quali finora si è stranamente privato. Ciò che vogliamo è troncare ogni rapporto con il teatro considerato come genere distinto e ridar vita a quella vecchia idea dello spettacolo integrale, senza comunque confondere il teatro con le altre arti, distinto quindi da musica, pantomima o danza. In un tempo in cui la sostituzione delle parole alle immagini, sotto forma di cinema sonoro, allontana il pubblico scelto da un'arte divenuta ibrida, è impossibile che questa formula di spettacolo totale non susciti un rinnovato interesse. Quello che cercano non è l'arte o la bellezza, ma l'emozione interessata, un certo potere connesso ai gesti e alle parole, la realtà vista contemporaneamente al dritto e al rovescio, l'allucinazione scelta come principale mezzo drammatico. Ostilità pubblica: 1. una delle maggiori difficoltà fu la ricerca dei capitali, poiché può succedere che si trovi denaro per uno spettacolo, ma può non bastare, dato che le imprese estemporanee non costituiscono propriamente un affare e non hanno dunque i vantaggi di cui godono le imprese regolari. Ne consegue che tutte le sottoscrizioni, sovvenzioni o altro si trovano rapidamente esaurite e lo spettacolo debba essere sospeso dopo la seconda o terza replica, cioè nel momento in cui potrebbe cominciare a mostrarsi produttivo; 2. la scelta della sede diventa anche essa complicata, o bisogna accontentarsi di una scena rudimentale senza macchinari di scena o adattarsi a recitare con macchinari solo nei giorni di scarso richiamo, oppure a fine stagione; 3. a volte dei problemi li troviamo anche nella collaborazione con gli attori. Questi sono introvabili perché in maggioranza sono impegnati in spettacoli regolari, anche per questo non è facile poter portare lo spettacolo in serata. Inoltre, i direttori di teatro abusano della loro autorità impedendo loro di collaborare con il Teatro Jarry. Peggio ancora, succede che a volte concedono permessi che in seguito annullano, interrompendo così le prove e costringendo a cercare nuovi attori. Anche se tutti gli interpreti che hanno collaborato ai vari spettacoli, hanno dato tutti prova nonostante ricatti e provocazioni di assoluta dedizione e di estremo disinteresse, benché le prove fossero portate avanti in condizioni pietose; 4. la censura nei vari spettacoli non fu mai applicata, ma è un fattore da tenere in considerazione e che può portare a modifiche all'ultimo momento degli spettacoli fino alla soppressione del teatro; 5. troviamo inoltre com'è naturale la concorrenza, il sabotaggio sistematico da parte di gente malevola e cialtroni, e la presenza ad ogni spettacolo della polizia. può non avere salde radici nella realtà storica. Artaud fu talmente suggestionato dal resoconto della vicenda da inserirla come introduzione di una delle parti più illuminanti di quella Bibbia della ricerca teatrale che è Il teatro e il suo doppio: il capitolo intitolato Il teatro e la peste. Siamo a metà primavera del 1720. Il Vicerè ha un incubo: la peste, venuta dall’oriente, è arrivata a Cagliari, si diffonde per tutta l’isola, devastando esseri umani e territori; egli stesso è stato contagiato, le sue membra si stanno disfacendo; si sveglia di soprassalto, si controlla, incredulo di constatare la propria buona salute. Al largo c’è una nave, la Grand Saint-Antoine. Proviene da Beirut, diretta a Marsiglia, con un carico di preziosi tessuti, tra i quali hanno trovato una confortevole sistemazione i batteri della peste orientale. A bordo, si dice, c’è già stata qualche morte sospetta. Il Capitano attende il permesso di effettuare una sosta nel porto, ma il Viceré, suggestionato dall’incubo, invia un emissario con l’ordine di riprendere il largo senza indugio, pena il cannoneggiamento. Funzionari di corte, notabili e semplici popolani rimangono sgomenti di fronte all’atteggiamento del Viceré, che non si fa scrupolo di calpestare le consuetudini di solidarietà ed accoglienza nei confronti di chi va per mare. Il Vicerè diventa un personaggio da barzelletta, dentro e fuori la corte, ma quando giungono le notizie da Marsiglia, le cose cambiano radicalmente. La Grand Saint-Antoine, dopo aver ottenuto a Livorno quello che non gli era stato concesso a Cagliari, il 25 maggio arriva a Marsiglia. Nel porto francese, abituato da secoli a fronteggiare il pericolo delle epidemie portate dai marinai, è in vigore un rigido iter di prevenzione, consistente in lunghi periodi di quarantena per le navi contaminate e una rete informativa che collega i porti del Mediterraneo per essere aggiornati sulle condizioni sanitarie dei porti di provenienza. Ma dall’oriente non giunge alcuna allerta e a Livorno, nonostante le morti sospette, viene rilasciato un certificato rassicurante. Così, dopo controlli poco meticolosi e un breve periodo di quarantena, anche a causa delle pressioni dell’armatore, equipaggio e merci vengono lasciati liberi di circolare. Ha così inizio l’ultima epidemia di peste nel continente europeo che si diffonde in tutta la Provenza, persistendo per due anni e uccidendo, si stima, 120.000 esseri umani. La peste, per Artaud, è la metafora stessa del teatro, in quanto porta la corruzione e la malattia al prossimo, per poi offrire un’occasione di rigenerazione. Nell'aspetto fisico dell'attore, come in quello dell’appestato, tutto testimonia che la vita ha reagito fino al culmine e che nonostante ciò, non è avvenuto nulla. Ha l'attestato che correndo dietro alle proprie allucinazioni è l'attore che si lancia alla ricerca della propria sensibilità; tra l'uomo che si inventa personaggi ai quali non ha mai pensato e l'attore che li raffigura in mezzo ad un pubblico consenziente, esistono anche tre analogie che pungono il teatro alla stregua della pestilenza: entrambe sono un'autentica epidemia. Eppure Artaud individua una sostanziale differenza, mentre le immagini della peste, essendo il rapporto con uno stato di degradazione fisica, sono come gli ultimi sprazzi di una forza spirituale che si va esaurendo, le immagini della poesia teatro sono una forza spirituale che parte dal sensibile per fare a meno della realtà. La forza dell'attore non si esaurisce, non va morendo, non si degrada, l'attore è confinato in un cerchio puro e completo. Bisogna però ammettere che la rappresentazione teatrale, come la peste, è un delirio ed è comunicativa. Per far nascere dallo spirito uno spettacolo vero e proprio si devono riscoprire determinati procedimenti e non è semplice: è questione di arte. Infatti, il teatro è come la peste, anche il teatro stabilisce un legame tra ciò che è e ciò che non è, fra realtà materiale in realtà virtualmente possibile. Ritrova così il concetto di simbolo e di archetipo, creando dinanzi agli occhi dello spettatore un universo di simboli e, come tale, impossibile e inaccessibile. Una vera opera teatrale, secondo il maestro, libera l'inconscio, spinge ad una specie di rivolta spirituale, impone alla collettività radunata un atteggiamento eroico e difficile. Come la peste, il teatro diviene formidabile veicolo di forze che riportano la sfida all'origine dei conflitti. Il teatro è essenziale come la peste, non perché contagioso, ma perché come la peste è rivelazione, è il momento del male, il trionfo delle forze oscure, in esso c'è una specie di strano sole, una luce anomala, dove nulla si accende in modo normale. Si può dire che ogni vera libertà s'identifica immancabilmente con la libertà sessuale: l’eros platonico, la libertà di vita, sono scomparsi sotto i freni della libido, nella quale si identifica tutto ciò che è sporco, infamante e abietto. Tutti i grandi miti sono neri, e fuori da un'atmosfera di strage, torture, sangue versato non si possono immaginare le splendide favole che raccontano alle folle, il teatro è modellato su questo massacro, sul fatto che scioglie i conflitti, sprigiona forze e libera le possibilità. Se queste cose sono nere, non è colpa del teatro, né della peste, bensì della vita. Dal punto di vista umano, l'azione del teatro, come quella della peste, è benefica: essa, spingendo gli uomini a vedersi come sono, fa cadere la maschera, mettere a nudo la menzogna, portare a galla la verità e spingere atti di eroismo e consapevolezza. La messa in scena e la metafisica Artaud analizza un quadro custodito al Louvre: “Le figlie di Lot” dipinto che secondo il regista rende inutili gli altri quattro o cinque secoli di storia della pittura che lo hanno seguito. Tale dipinto ha la caratteristica fondamentale di scatenare qualcosa nell'osservatore, di colpire tanto l'orecchio quanto l'occhio. Infatti, esso raccoglie in sé un grande dramma intellettuale. Sembra che il pittore sia a conoscenza di mezzi per agire sul cervello umano, ma il quadro non sprigiona idee chiare, le idee che esso raccoglie sono tutte metafisiche. Artaud aggiunge che la grandezza poetica di questa idea deriva proprio dal fatto di essere metafisiche. L'idea stessa di caos presente nel quadro si aggiunge al meraviglioso e all'equilibrio: secondo il regista questo dipinto è ciò che dovrebbe essere il teatro. Ma per farlo, il teatro dovrebbe saper parlare il linguaggio che gli è proprio, invece, secondo il maestro, la situazione è ben diversa e pone una domanda: “perché in Occidente tutto ciò che è specificamente teatrale(cioè tutto ciò che non è contenuto nel dialogo) rimane in secondo piano, quasi non fosse poi così importante?” Il dialogo non appartiene specificamente alla schiena, appartiene al libro, la scena è un luogo fisso e concreto che deve essere riempito e che pretende di parlare un suo linguaggio concreto. Questo linguaggio deve innanzitutto soddisfare i sensi, poiché esiste una poesia per i sensi come esiste una per il linguaggio, ed è un linguaggio puramente teatrale poiché i pensieri esprimono uno sfogo da linguaggio articolato. Il linguaggio fisico, materiale solido del teatro è nettamente differente dalla parola: esso consiste in tutto ciò che occupa la scena, in tutto ciò che può manifestarsi ed esprimersi materialmente sulla scena, e che si rivolge soprattutto ai sensi, invece che rivolgersi prima di tutto allo spirito come linguaggio della parola. Questo linguaggio fatto per i sensi deve innanzitutto soddisfare i sensi. Si può così sostituire alla poesia del linguaggio una poesia dello spazio, che si svilupperà nel campo che non appartiene rigorosamente alle parole. In poche parole, quindi la poesia dello spazio è capace di creare immagini materiali equivalenti alle immagini delle parole. Questa poesia difficile e complessa assume parecchi aspetti: innanzitutto quelli di tutti i mezzi di espressione utilizzabili su un palcoscenico, come la musica, la danza, la plastica, la pantomima, la mimica, la gesticolazione, le intonazioni, l'architettura, l'illuminazione e la scenografia. Una forma di questa poesia spaziale è proprio del linguaggio dei segni: un linguaggio teatrale puro, che sfugge la parola, del linguaggio fatto di segni, gesti, atteggiamenti dotati di valore ideografico, tipico delle pantomime non pervertite. Per pantomima non pervertita si intende la pantomima diretta, in cui i gesti rappresentano idee, atteggiamenti dello spirito, aspetti della natura e ciò in modo effettivo, concreto, vale a dire evocando sempre oggetti o particolari naturali. Questi gesti costituiscono autentici geroglifici, entro i quali l'uomo, è semplicemente un elemento come gli altri. In opposizione a questo modo di vedere le cose, modo che secondo Artaud è interamente occidentale, in cui il linguaggio nasce dalla scena ed è efficace quello creato spontaneamente sulla scena; è la regia a costituire teatro, assai più che il testo scritto e parlato. L’idea di una commedia è nata direttamente dalla scena, impone la scoperta di un linguaggio attivo dove siano trasferiti gli abituali limiti dei sentimenti e delle parole. Il teatro contemporaneo è in decadenza perché ha perduto da una parte il senso del serio, dall'altra quello del comico; perché ha rotto con la gravità, con l'efficacia immediata e immortale, col pericolo; perché d'altra parte ha perduto il senso autentico dell'umorismo e del potere di dissociazione fisica e anarchica del riso; perché ha rotto con quello spirito di anarchia profonda che alla base di tutta la poesia. La poesia è anarchica, nella misura in cui rimette in discussione tutti i rapporti fra oggetto e oggetto e i loro significati; è anche anarchica nella misura in cui la sua apparizione deriva da un disordine che ci riavvicina al caos. La vera poesia è metafisica, ed è proprio questo che ne costituisce l'autentico pregio. Nel teatro orientale di tipo metafisico, diversamente che in quello occidentale di tipo psicologico, tutto l'insieme compatto di gesti, disegni, di atteggiamenti e di sonorità, che costituisce il linguaggio dello spettacolo e della scena, porta necessariamente il pensiero ad assumere atteggiamenti profondi che potrebbero essere definiti metafisica in atto. Questo tipo di poesia che nasce da diversi modi con cui un gesto, una sonorità, un'intonazione possono appoggiarsi con maggiore o minore insistenza su questa o quella parte dello spazio, in questo o quel momento, è difficile da comunicare, e ciò è appunto prerogativa dello spettacolo e può determinarsi soltanto sulla scena. Fare la metafisica del linguaggio articolato significa indurlo ad esprimere ciò che di solito non esprime, significa servirsene in modo nuovo, eccezionale e inusitato, significa restituirgli le sue possibilità di scuotimento fisico, distribuirlo attivamente nello spazio, significa restituirgli il potere originario di sconvolgere di manifestare effettivamente qualcosa, ribellandosi al linguaggio e alle sue fonti bassamente utilitarie. Al punto in cui siamo, abbiamo perduto ogni contatto con il vero teatro, in quanto lo limitiamo al campo di ciò che il pensiero quotidiano può raggiungere, al terreno noto o ignoto della coscienza, e se ci rivolgiamo teatralmente all'inconscio è solo per strappargli quel tanto di esperienza accessibile e quotidiana che abbiamo potuto accumulare. Il teatro alchimistico Esiste tra il principio del teatro e quello dell’alchimia una misteriosa identità d'essenza. Il teatro come l'alchimia è legato ad un certo numero di fondamenti, comuni a tutte le arti che nel campo dell'immaginazione e dello spirito tendono a un'efficace analogia che, nel campo fisico, permette di produrre realmente oro. Ma fra teatro e alchimia esiste anche una somiglianza più alta: sia l'alchimia sia il teatro sono infatti arti, per così dire virtuali, tali cioè da non contenere in sé stesse e nei loro obiettivi la loro realtà. Mentre l'alchimia grazie ai suoi simboli è un'operazione che risulta efficace soltanto sul piano della materia reale, il teatro deve essere a sua volta considerato il doppio, non di quella realtà quotidiana e diretta di cui è a poco a poco divenuto soltanto la copia inerte, ma di un'altra realtà rischiosa e atipica. Tutti i 20 alchimisti sanno che il simbolo alchimico è un miraggio come lo è il teatro. E questa perpetua allusione agli elementi del principio del teatro, che si ritrova in quasi tutti i libri alchimistici, deve essere intesa come l'espressione dell'identità fra il piano sul quale evolvono i personaggi, gli oggetti, le immagini e il piano puramente ipotetico e illusorio in cui evolvono i simboli dell'alchimia. I simboli avviano già lo spirito verso un ardente purificazione, unificazione, una consultazione delle molecole naturali, verso un'operazione cioè che permette di ripensare e ricostituire i solidi secondo una linea spirituale di equilibrio in cui alla fine ridiventano oro. È chiaro che il genere di teatro che il regista allude non ha nulla a che vedere con quella sorta di teatro sociale di attualità che muta col mutar delle epoche, dove le idee che in origine che animavano il teatro sono ancora presenti soltanto come parodie di gesti, irriconoscibili tanto è mutato il loro significato. Le idee del teatro tipico e primitivo hanno subito la stessa sorte delle parole che col tempo hanno accettato di generare immagini e che sono ormai ridotte a un cimitero dello spirito. 'alchimia si ripropone in tutta la sua rigorosa intellettualità i conflitti che il cosmo si presenta in forma filosoficamente alterata e impura, poiché ci permette di ritrovare il sublime, ma attraverso un dramma, dopo una minuziosa ed esacerbata polverizzazione di ogni sufficientemente affinata e matura, perché è nella natura stessa dell'alchimia il non permettere allo spirito di prendere slancio se prima non ha percorso tutti i canali, tutti gli stati della materia esistente. L'operazione teatrale di produrre materia, la prodigiosa quantità di forze li eccita e scatena l'una contro l'altra, evoca alla fine nello spirito una purezza assoluta ed astratta oltre la quale non esiste più nulla e che si potrebbe considerare una nota unica, colta al volo come parte organica di una vibrazione indescrivibile. I simboli dell'alchimia offrono il mezzo spirituale per decantare e trasformare la materia, materia come evocazione dell'opera dello spirito. Sul teatro Balinese Lo spettacolo del teatro balinese, fatto di danza, di canto, di pantomima riporta il teatro a piano di creazione autonoma e pura, in una prospettiva di allucinazione e di sgomento. È molto significativo che la prima delle composizioni che compongono lo spettacolo inizi con una processione di fantasmi o, se si preferisce, che i personaggi, uomini e donne, che serviranno allo svolgimento di un tema drammatico ma familiare, ci appaiono in un primo momento in quella prospettiva di allucinazione che è tipica di ogni personaggio teatrale, ancor prima che le situazioni di questa sorta di simboli cominci ad evolvere. Il dramma non si sviluppa come conflitto di sentimenti, ma come conflitto di posizioni spirituali, schernite e ridotti a puri gesti. I balinesi realizzano con estremo rigore l'idea di teatro puro, dove tutto vale ed esiste esclusivamente nella misura in cui si oggettiva sulla scena. I temi sono vaghi, astratti, estremamente generici, da loro vita soltanto il complesso moltiplicarsi degli artifici scenici che impongono al nostro spirito l'idea di una metafisica derivata da una nuova utilizzazione del gesto e della voce. Da questo insieme di gesti, atteggiamenti, grida improvvisi, evoluzioni che utilizzano ogni punto dello spazio scenico, si sprigiona il senso di un nuovo linguaggio fisico basato sui segni non più sulle parole. Gli attori, con i loro abiti geometrici, sembrano geroglifici animati. Tali segni spirituali hanno un preciso significato che si comunica soltanto al nostro intuito, ma con violenza sufficiente a rendere inutile qualsiasi trascrizione in un linguaggio logico e discorsivo. I balinesi, che hanno un'intera gamma di gesti di posizioni nemiche per ogni circostanza della vita, restituiscono alla convenzione teatrale il suo alto pregio e ci dimostrano l'efficacia il valore altamente attivo di un certo numero di convenzioni perfettamente assimilate e magistralmente applicate. Una delle ragioni della nostra gioia davanti a questo spettacolo senza sbavature sta appunto nell’uso da parte degli attori di una precisa quantità di gesti sicuri, di mimiche ben sperimentate e applicate al momento giusto, ma più ancora nell'atto spirituale, nello spirito profondo e particolareggiato di chi ha presieduto all'elaborazione di questi mezzi d'espressione, di questi segni efficaci dei quali ricaviamo l'impressione di un'energia non impone ad una rappresentazione di lasciare intatto il pubblico, senza mai proporgli un'immagine che lo scuota alle fondamenta nel suo organismo e che lasci un'impronta incancellabile. La psicologia, che si accanisce a ridurre l'ignoto a noto, cioè a quotidiano e ordinario, è la causa prima di questo avvilimento e di questa dispersione di energie. Questa idea di un’arte fine a se stessa, di una poesia come incantesimo, è un'idea decadente, dimostrazione del nostro potere di castrazione. Bisogna porre fine a questa superstizione dei testi e della poesia scritta. La poesia scritta vale una volta e poi è distrutta, i poeti morti lasciano posto agli altri. Ci accorgeremo che la nostra venerazione per ciò che è stato fatto, per quanto bello e valido sia, si pietrifica e ci immobilizza, ci impedisce di stabilire un contatto con energia sotterranea, con la forza vitale dei mutamenti. sotto la poesia dei testi, c'è la poesia vera e propria, senza forma e testo. Artaud non è tra quelli che credono che per cambiare il teatro bisogna cambiare la civiltà, però è convinto che il teatro abbia la forza di influire sull’aspetto e sulla formazione delle cose. Per questo egli propone un teatro della crudeltà, stanno a significare un teatro difficile e crudele anzitutto per il maestro stesso. Sul piano dello spettacolo invece non è questione della crudeltà che si può esercitare gli uni sugli altri guardandosi vicendevolmente, bensì di quella assai più terribile e necessaria che le cose possono esercitare a nostro danno. Egli propone che si ritorni in teatro a quell'idea magica elementare, e ripresa dalla psicoanalisi moderna, che consiste nell'ottenere la guarigione di un ammalato facendogli assumere l'atteggiamento esteriore della condizione cui si vorrebbe riportarlo. Gli propone di agire sugli spettatori come gli incantatori sui serpenti e di far loro di trovare attraverso l'organismo le sensazioni più sottili. Per questo nel teatro della crudeltà lo spettatore è al centro, mentre lo spettacolo lo circonda. In tale spettacolo la sonorizzazione è costante, suoni, rumori e grida sono scelti per la loro qualità vibratoria come prima cosa, poi per ciò che rappresentano. Tra questi mezzi sempre più affinati interviene anche la luce e porta in sé la propria energia, la propria influenza e suggestione. Dopo il suono e la luce, entra in azione il dinamismo dell'azione, qui il teatro si mette in comunicazione con forze pure, le si accetti o le si neghi, esiste un modo di parlare che definisce forse tutto ciò che fa sorgere nell'inconscio un’immagine di violenza e all'esterno il delitto gratuito. Un'azione violenta e concentrata è una forma di lirismo: suscita immagini soprannaturali, un getto sanguinante di immagini sia nella testa del poeta sia in quella dello spettatore. Tuttavia, il gesto teatrale è violento, ma gratuito, è che il teatro insegna. L'inutilità dell'azione che, una volta compiuta, non è più da compiere. Ti propone perciò un teatro in cui immagini fisiche e violente frantumano e ipnotizzano la sensibilità dello spettatore travolto dal teatro come da un turbine di forze superiori. Un teatro che racconti lo straordinario e si presente anzitutto come una eccezionale forza di derivazione. Un teatro che provochi trances e che si rivolga all'organismo con strumenti precisi. Il teatro e la crudeltà L'idea del teatro si è perduta, è rimasto solamente un farci penetrare nell'intimità di qualche fantoccio e a trasformare lo spettatore in un voyeur, che al giorno d'oggi andiamo a cercare in medium tipo il cinema capace di darci soddisfazioni violente e non deluderci. Abbiamo bisogno di un teatro che ci sveli i misfatti del teatro psicologico derivato da Racine e ci hanno disabituati all'azione immediata e violenta che dovrebbe essere proprio del teatro. A sua volta il cinema che ci bombarda di immagini riflesse non può più raggiungere la nostra sensibilità. Nell'epoca angosciosa e catastrofica in cui viviamo, sentiamo con urgenza la necessità di un teatro che la cui risonanza in noi sia profonda e domini di stabilità dei tempi. Il teatro deve dunque rinnovarsi, il teatro della crudeltà può ricorrere allo spettacolo di massa, cercare l'agitazione di masse numerose, ma convulse e scaraventare l'una contro l'altra. Se vuole ritrovare la sua necessità, bisogna che il teatro ci restituisca tutto ciò che è nell'amore, nel diritto, nella guerra e nella pazzia. Per questo si cercherà di raccogliere intorno a personaggi famosi, uno spettacolo senza ricorrere alle immagini scadute dei vecchi miti, forse si agitano. Si vuole fare del teatro una realtà alla quale si possa credere che dia al cuore e ai sensi quella specie di concreta sterzata inseparabile da qualsiasi sensazione autentica. Per raggiungere da ogni lato la sensibilità dello spettatore, anziché fare della scena e della sala due mondi chiusi, bisogna attivare uno spettacolo mobile il quale diffonde i suoi bagliori visivi e sonori tutta la massa del pubblico. In pratica si intende dare un'idea di spettacolo totale al cinema, al mondo plastico, non si può separare il corpo dallo spirito. Insomma, troviamo da un lato la massa e l'estensione di uno spettacolo che si rivolge all'intero organismo, dall'altro un’intensa mobilitazione di oggetti, di gesti e di segni, impiegati secondo un nuovo spirito. Le parole dicono poco allo spirito, parlano invece la dimensione degli oggetti, le nuove immagini, ma anche lo spazio, ricco di immagini e pieno di suoni, predisposto anche ad estensioni di spazio cariche di silenzio e di mobilità. C'è bisogno quindi di uno spettacolo che non abbia paura di andare lontano quando corre nell'esplorazione della nostra sensibilità nervosa, con ritmi, suoni, parole e risonanze. Gli spettacoli del teatro della crudeltà dovranno essere impregnati di preoccupazioni di massa, assai più incalzanti assai più inquietanti di quelle di qualsiasi individuo. Per Artaud il termine crudeltà deve essere inteso come senso lato e non nell'accezione fisica che abitualmente le si attribuisce. Egli rivendica il diritto di farla finita col consueto significato del linguaggio, rispettare una volta l'armatura, di tornare finalmente alle origini etimologiche della lingua che evoca sempre un elemento concreto. È un errore secondo lui attribuire alla parola crudeltà un senso di spietata carneficina, di ricerca gratuita e disinteressata del male fisico. Crudeltà non è sinonimo di versamento di sangue, questa identificazione della crudeltà con le torture è un aspetto decisamente secondario della questione. C'è infatti nell'esercizio della crudeltà una sorta di determinismo superiore cui persino il carnefice è soggetto e che deve essere determinato a sopportare. La crudeltà è prima di tutto lucida, è una sorta di rigido controllo, di sottomissione alla necessità. Non si ha crudeltà senza coscienza, senza una sorta di coscienza applicata. La crudeltà non è utilizzata come espressione per un gusto sadico e perversione dello spirito, per amore del sensazionale degli atteggiamenti; non si tratta di crudeltà come ricca di appetiti perversi espressi i gesti sanguinosi, ma al contrario di un sentimento distaccato e puro, di un autentico movimento dello spirito, ricalcato sul gesto stesso della vita, partendo dall'idea che la vita, metafisicamente parlando, in quanto ammette l'estensione, lo spessore, la pesantezza e la materia, ammette di conseguenza il male e tutto ciò che è inerente al male, lo spazio, l'estensione e la materia. Tutto ciò sfocia nella coscienza, nel tormento e nella coscienza entro il tormento. La vita non può fare a meno di mettersi alla prova, altrimenti non sarebbe più vita; ma è il rigore, la vita che supera ogni limite e si mette alla prova nella tortura e nel calpestamento di tutte le cose, e questo sentimento puro e implacabile è ciò che egli chiama crudeltà. (Artaud scrisse molte lettere sul significato e sul suo modo di utilizzare il termine crudeltà). Il teatro della crudeltà – Primo manifesto Anziché tornare a testi ritenuti sacri e definitivi, è importante spezzare la soggezione del teatro al testo e ritrovare la nozione di una sorta di linguaggio unico a mezza strada fra gesto e pensiero. Questo linguaggio non può essere definito se non attraverso le sue capacità di espressione dinamica nello spazio, ciò che il teatro può ancora strappare alla parola sono le sue capacità di espansione oltre le singole parole, di azione sulla società e vibratoria sulla sensibilità. A questo punto entrano in gioco le intonazioni, il particolare modo di pronunciare una parola, ed è a questo punto che entra in gioco il linguaggio visivo degli oggetti, dei movimenti, dei gesti, oltre a quello dei suoni, purché se ne prolunghino il significato, le combinazioni, fino a formare dei segni come una sorta di alfabeto. Si tratta dunque per il teatro di creare una metafisica della parola, del gesto e dell'espressione, al fine di strapparlo all'ecologia e ai sentimenti. Ma tutto questo non servirà a nulla se non esiste una sorta di reale tentazione metafisica, delle idee inconsuete che per loro natura non possono essere limitate, come la creazione, il divenire e il caos. Non si tratta di portare direttamente sulla scena idee metafisiche, ma di creare intorno a queste idee particolari tentazioni. L'umorismo con la sua anarchia, la poesia con il suo simbolismo e le immagini, suggeriscono una prima nozione dei mezzi a canalizzare la tentazione di tale idee. Questo linguaggio, materialmente parlando, utilizza vari modi e mezzi per agire sulla sensibilità. Evidentemente utilizza movimenti, armonie, ritmi, ma solo in quanto possono contribuire una sorta di espressione totale, senza profitto per una particolare arte. Questo ovviamente può utilizzare fatti comuni e passioni comuni, ma solo come trampolino, per consigliarlo con le abitudini della ragione. Tutti i vari metodi magnetici, poetici, mezzi diretti di magia, non vorrebbero dire nulla se non servisse rapportare fisicamente lo spirito sulla via di qualcosa. Tecnica Si tratta di fare del teatro una funzione, qualcosa di così localizzato e preciso mediante una concatenazione efficace, un autentico soggiogamento dell'attenzione. Il teatro deve ricercare con tutti i mezzi una riaffermazione non soltanto di tutti gli aspetti del mondo oggettivo e descrittivo esterno, ma del mondo interiore, cioè dell'uomo metafisicamente considerato; solo così si potrà ancora riparlare a teatro dei diritti dell'immaginazione. Il nudo linguaggio del teatro, linguaggio non virtuale e non reale, deve permettere, facendo appello al magnetismo nervoso dell’uomo, di violare i consueti limiti dell'arte della parola, per realizzare attivamente in termini reali una sorta di creazione totale. Temi I temi non cercano di opprimere il pubblico con preoccupazioni cosmiche trascendenti, tuttavia è necessario che queste chiavi ci siano e che la cosa riguardi tutta la massa. Lo spettacolo Ogni spettacolo conterrà un elemento fisico e oggettivo percepibile da tutti, grida, lamenti, apparizioni, sorprese, colpi di scena, magica bellezza dei costumi ispirati a certi modelli rituali. Lo splendore delle luci, la bellezza ammaliante delle voci, accordi preziosi della musica, ritmo fisico dei movimenti ecc… La regia La regia è intesa come punto di partenza di qualsiasi creazione teatrale, solo nell’impiego e nel trattamento di questo linguaggio scomparirà l'antico dualismo fra autore e regista; ci sarà una sorta di creatore ludico, cui spetterà la doppia responsabilità dello spettacolo e dell’azione. Il linguaggio della scena Non si tratta di sopprimere la parola articolata, ma di dare alle parole all'incirca l'importanza che hanno nei sogni. Bisognerà trovare i modi nuovi di registrare questo linguaggio, sia che ci si accostino rimedi della trascrizione musicale sia che si ricorda una sorta di linguaggio cifrato. Gli oggetti ordinari o il corpo umano, sono innalzati a dignità, ed è evidente che ci si può ispirare ai caratteri geroglifici, non soltanto per registrare questi segni in modo leggibile ma per comporre sulla scena simboli precisi e immediatamente riconoscibili. Vi è anche un'idea concreta della musica, in cui il suono interviene come personaggi e le armonie sono spezzate in due si dissolvono negli interventi precisi delle parole. Persino la luce può avere un preciso significato intellettuale. Gli strumenti musicali Saranno usati come oggetti e come elementi scenografici. Inoltre, la necessità è di agire direttamente e profondamente sulla sensibilità attraverso i sensi in vita, nel campo dei suoni, a ricercare qualità e vibrazioni assolutamente inusitate, qualità che gli attuali strumenti musicali non posseggono e che ci inducono a riportare in onore strumenti antichi e dimenticati o a crearne di nuovi. La luce Gli apparecchi luminosi attualmente in uso nei teatri non sono più sufficienti, riconosciuta l'azione particolare della luce sullo spirito, si dovranno ricercare effetti vibrazione luminosa, nuovi modi di diffondere le luci… Per produrre particolari qualità di tono, la luce deve ritrovare un elemento di densità, opacità, al fine di suscitare sensazioni diverse. Il costume Si cercherà di evitare il più possibile l'abito moderno, non per gusto delle cose antiche, ma perché è assolutamente evidente che certi costumi millenari conservano una bellezza e un’apparenza rivelatrice, grazie alla loro affinità con le tradizioni che li hanno prodotti. La scena, la sala La scena e la sala le sostituiamo con una sorta di luogo unico, senza divisioni ne barriere di alcun genere, che diventerà il teatro stesso dell'azione. Sarà ristabilita una comunicazione diretta tra spettatore e spettacolo, perché lo spettatore sarà situato al centro dell'azione, sarà da essa circondato e in essa coinvolto. I teatri attualmente esistenti, si sostituiranno con un capannone o un granaio qualsiasi e lo si ricostruirà secondo i procedimenti utilizzati nell'architettura di certe chiese e luoghi sacri. All'interno di questa costruzione si preparano determinate proporzioni di altezza e profondità. La sala sarà circondata da quattro pareti disadorne e il pubblico sarà seduto in mezzo su poltrone girevoli per poter seguire lo spettacolo che si svolgerà tutti intorno a lui. Le singole scene verranno recitate sullo sfondo di muri dipinti a calce per meglio assorbire la luce. Oggetti, accessori e scenografia Manichini, maschere, oggetti di straordinarie proporzioni avranno la stessa importanza delle immagini verbali, sottolineeranno l'aspetto concreto di un'immagine e di ogni espressione. Non ci sarà scenografia. Basteranno i personaggi geroglifici, i costumi rituali, i fantocci alti 10 m, gli strumenti musicali e gli oggetti.
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