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Il titolo esecutivo e il processo esecutivo, Appunti di Diritto Processuale Civile

Caratteristiche del titolo esecutivo e disciplina del processo esecutivo, funzionamento e fasi nel processo civile.

Tipologia: Appunti

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Scarica Il titolo esecutivo e il processo esecutivo e più Appunti in PDF di Diritto Processuale Civile solo su Docsity! IL PROCESSO ESECUTIVO Tematica che abbiamo già iniziato a trattare parlando della tutela di condanna e della provvisoria esecutorietà del decreto ingiuntivo. Il processo esecutivo è quel processo disciplinato agli artt. 474 e ss. del cpc che il nostro ordinamento mette a disposizione affinché possano essere realizzati diritti del soggetto creditore anche contro la volontà del soggetto obbligato, il debitore. È lo strumento che rende possibile la realizzazione coattiva degli interessi del creditore, il soddisfacimento dei suoi interessi anche contro la volontà del creditore. È quindi un processo che ha scopo ben preciso, diversamente da quello di cognizione, di condanna, di accertamento e costitutivo, perché il suo scopo non è tanto comporre una lite, risolvere un conflitto tra le parti, dire se esiste o meno un diritto (come avviene invece nel processo di cognizione); questo semmai è lo scopo realizzato a monte, prima che intervenga il processo esecutivo. Lo scopo del processo esecutivo è la realizzazione di un diritto e per raggiungere questo scopo è evidente che la struttura del processo esecutivo è ben diversa da quella del processo di cognizione. Nel processo esecutivo NON c'è spazio per istruzione, trattazione, decisone della causa come avviene nel processo di cognizione: se lo scopo è realizzare un diritto, soddisfare un credito, la struttura del processo esecutivo è articolata in modo da perseguire questo fine. In particolare, il processo esecutivo è costituito prevalentemente di una serie di atti materiali (diciamo prevalentemente perché anche nel processo esecutivo possiamo avere delle udienze, ma non abbiamo dei momenti di accertamento, di decisioni dove vengono emesse delle sentenze); si compone quindi di una serie di atti materiali fra loro concatenati e teleologicamente orientati ad un fine ultimo che è quello di realizzare, attuare e soddisfare il diritto del creditore. Questi atti sono posti in essere dal creditore procedente o dall’Ufficiale Giudiziario e l’organo che regge questa procedura è in primis il giudice dell’esecuzione che presidia tutta la procedura esecutiva, tutto il processo esecutivo. Il processo esecutivo ha due anime, due modi di realizzarsi a seconda della tipologia del diritto che si deve soddisfare per il tramite del processo esecutivo: - esecuzione per espropriazione - esecuzione in forma specifica (602, 605 cpc) ESECUZIONE IN FORMA SPECIFICA: E’ quella forma del processo esecutivo deputata a soddisfare soddisfare obblighi di FARE, di NON FARE (fungibili), di CONSEGNA e di RILASCIO. Quindi fare una determinata prestazione fungibile, non fare fungibile, consegnare una determinata cosa o rilasciare un immobile (602 e 605 cpc). Come si realizza nel concreto l’esecuzione in forma specifica? E' una forma di esecuzione che potrebbe realizzarsi anche uno actu, cioè con una sola attività che varia a seconda del tipo di obbligazione che deve essere soddisfatta. Nel caso di obblighi di fare e di non fare di solito questo tipo di esecuzione inizia con un ricorso del creditore che chiede al giudice dell’esecuzione di fissare le modalità attraverso le quali deve essere realizzata quella determinata prestazione e gli dirà come, dove, in che ampiezza ed entro che limiti dovrà essere tenuta quella determinata prestazione. Si tratterà di una esecuzione SURROGATORIA perché è sempre un TERZO che pone in essere la prestazione a spese dell’obbligato. Nel caso della consegna sarà l’Ufficiale giudiziario ad andare a casa del soggetto che ha il bene su cui consiste il diritto del creditore e lo consegnerà a questo. Nel caso di rilascio c’è anche qui l’intervento dell’Ufficiale Giudiziario che, assistito eventualmente dalla forza pubblica, ordinerà di liberare l’immobile. ESECUZIONE PER ESPROPRIAZIONE: Al di là della esecuzione in forma specifica, dove la disciplina è piuttosto scarna a livello normativo perché è una forma di esecuzione che si concretizza e varia di caso a caso, a seconda degli interessi che vengono in rilievo, più interessante è l’esecuzione per espropriazione. Se l’esecuzione in forma specifica serve a realizzare una OBBLIGAZIONE SPECIFICA, l’esecuzione per espropriazione serve per realizzare un diritto di CREDITO, diritto di ottenere il pagamento di una somma di denaro.Il denaro è il bene fungibile per eccellenza. Io sono creditore di Caio di una somma X e Caio non paga; io ho a disposizione il processo esecutivo che è quello strumento che mi permetterà di ottenere il pagamento di quella somma di denaro da Caio anche contro la sua volontà, anche di fronte alla sua inerzia. In questo caso il mio diritto ha ad oggetto un bene fungibile quale è il denaro e la forma di esecuzione in questo caso è l’esecuzione per espropriazione. L'in sé di questa forma del processo esecutivo sta nell’andare a pignorare e nell'espropriare un bene del debitore, in modo che con il pignoramento e la vendita all'asta di questo bene il creditore si possa soddisfare sulla somma ricavata dalla vendita.Il debitore non mi paga, ma non posso andare a svuotargli le tasche o il portafoglio; metto in atto questa forma del processo esecutivo che attraverso il pignoramento di un bene del debitore, quindi attraverso una aggressione che si rivolge al patrimonio del debitore, e la sua vendita soddisferò le mie ragioni. Poiché infatti il denaro è un bene infungibile, che il debitore me lo dia di tasca propria o che lo ricavi dalla vendita di un suo bene, sempre denaro è, corrisponderà sempre a quella somma di denaro per soddisfare me, che sono il suo creditore. Il debitore cioè il soggetto inadempiente, risponde dell'adempimento NON con la sua persona fisica (i tutti gli ordinamenti improntati alle regole civilistiche la libertà personale è qualcosa di inviolabile), ma con TUTTI I SUOI BENI PRESENTI E FUTURI (2740 CC). Art 2740 cc – Responsabilità del debitore: “Il debitore risponde dell'adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri. Lelimitazioni della responsabilitànon sono ammesse se non nei casi stabiliti dalla legge”. Questa norma dà corpo alla garanzia patrimoniale generica: il debitore risponde con responsabilità che coinvolge TUTTI i suoi beni presenti e futuri e, proprio in ragione di questa regola, abbiamo garantito la soddisfazione coattiva di un diritto, attraverso cioè la possibilità di andare ad aggredire ed espropriare un bene del debitore. Le modalità di effettuare una esecuzione forzata. Il titolo esecutivo: Esse variano da ordinamento a ordinamento. Nel nostro ordinamento vige un principio che si fa ad un antico brocardo latino, "nulla executio sine titulo". Il titolo esecutivo è un istituto estremamente importante perché l'esecuzione forzata ruota intorno ad esso; nel processo esecutivo la esecuzione forzata non può aver luogo che in virtù di un titolo esecutivo. Questo è, in particolare, l'incipit 474 cpc. Art. 474. (1) (Titolo esecutivo) L'esecuzione forzata non può avere luogo che in virtù di un titolo esecutivo per un diritto certo, liquido ed esigibile. Sono titoli esecutivi: 1) le sentenze, i provvedimenti e gli altri atti ai quali la legge attribuisce espressamente efficacia esecutiva; 2) le scritture private autenticate,relativamente alle obbligazioni di somme di denaro in esse contenute, le cambiali, nonché gli altri titoli di credito ai quali la legge attribuisce espressamente la sua stessa efficacia; 3) gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge a riceverli. L'esecuzione forzata per consegna o rilascio non può aver luogo che in virtù dei titoli esecutivi di cui ai numeri 1) e 3) del secondo comma. Il precetto deve contenere trascrizione integrale, ai sensi dell'articolo 480, secondo comma, delle scritture private autenticate di cui al numero 2) del secondo comma. (1) Articolo così sostituito dalD.L. n. 35/2005e successivamente modificato dallaL. n. 263/2005con decorrenza dal 1 marzo 2006. Il testo precedente recitava: "Art. 474. (Titolo esecutivo) L'esecuzione forzata non può avere luogo che in virtù di un titolo esecutivo per un diritto certo, liquido ed esigibile. Sono titoli esecutivi: 1) le sentenze, e i provvedimenti ai quali la legge attribuisce espressamente efficacia esecutiva; 2) le cambiali nonché gli altri titoli di credito e gli atti ai quali la legge attribuisce espressamente la stessa efficacia; 3) gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge a riceverli relativamente alle obbligazioni di somme di danaro in essi contenute." Il titolo esecutivo è un presupposto fondamentale per dare avvio alla esecuzione forzata: senza titolo esecutivo non si può iniziare l'esecuzione. scrittura privata autenticata (non semplice) sarà titolo esecutivo solo per l'esecuzione per espropriazione, quella cioè che serve a soddisfare un credito di denaro, e NON l'esecuzione in forma specifica. Tutti questi sono i titoli esecutivi: rappresentano documenti, provvedimenti, atti, sentenze, disomogenei tra loro - ed è scelta discrezionale del legislatore stabilire cosa rendere titolo esecutivo e meno - con una caratteristica comune, cioè quella di rappresentare un CREDITO CERTO, LIQUIDO ED ESIGIBILE. Cosa vuol dire ciò? • LIQUIDO: determinato nel suo ammontare o facilmente determinabile. Ad esempio una sentenza che condanna Caio a pagare 100. Una sentenza di condanna generica, invece, NON è titolo esecutivo: il credito non è liquido e dev'essere ancora determinato nel suo ammontare. • ESIGIBILE: NON sottoposto a termine o condizione. • CERTO: nozione ampiamente dibattuta in ambito dottrinale e giurisprudenziale. La giurisprudenza ha detto che per “certo” non dobbiamo intendere qualcosa che è stato accertato, ma identificazione documentale del creditore, del debitore e della cosa dovuta. Pensiamo a sentenza di condanna: questa ha una identificazione documentale di creditore, debitore e della cosa dovuta? Sì, perché dice che Tizio dovrà pagare a Caio la somma X. E questo lo farà anche la cambiale, la scrittura privata autenticata e l'atto pubblico redatto da notaio. → NB: Tra i titoli esecutivi abbiamo visto che sono indicate anche le scritture private autenticate. Questo è stato una novità del legislatore del 2005; prima infatti NON erano titolo esecutivo. Il legislatore nel 2005 e nel 2006 (biennio intenso) ha messo mano al processo esecutivo, dando vita a cambiamenti radicali: uno di questi è stato aumentare la gamma di titoli esecutivi. Con una logica, peraltro, particolare perché nello stesso momento in cui è andato a modificare la gamma dei titoli esecutivi, è andato anche a modificare la norma sull'intervento nell'esecuzione, come vedremo. La ratio che ha portato il legislatore è per fini deflattivi, cioè per ridurre il contenzioso. Fino al 2005, infatti, ogni volta in cui si aveva una scrittura privata autenticata rimasta inadempiuta, bisognava andare dal giudice e iniziare una azione di condanna per ottenere l'adempimento della prestazione. E quindi un altro processo. Quando, nel 2005, le scritture private autenticate sono state inserite tra gli atti esecutivi, il legislatore dà al possessore di una scrittura privata autenticata un'utilità maggiore: senza, infatti, dover iniziare un processo di cognizione, egli può già iniziare il processo esecutivo per aver la soddisfazione del proprio diritto di credito. ATTI PRODROMICI: Quando ho un titolo esecutivo, io posso mettere in moto un processo esecutivo che, nelle forme dell'esecuzione per espropriazione, comporterà l'espropriazione di un bene del debitore. Ma prima di iniziarlo, il processo esecutivo è preceduto da due atti, da due attività. Questi sono i cd. ATTI PRODROMICI. Essi consistono nella notifica del titolo esecutivo e del precetto. Prima di iniziare una qualsiasi forma di esecuzione forzata, bisogna notificare il titolo esecutivo e il precetto personalmente al debitore. - Per quanto riguarda il titolo esecutivo verrà notificato non l'originale, ma una copia autentica, munita della forma esecutiva: quindi io creditore vado in cancelleria dove c'è l'originale della sentenza, mi faccio una copia autentica dal cancelliere, l'ufficiale giudiziario appone una particolare formula che è la cd. formula esecutiva indicata al 475. Art. 475. (Spedizione in forma esecutiva) Le sentenze e gli altri provvedimenti dell'autorità giudiziaria e gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale, per valere come titolo per l'esecuzione forzata, debbono essere muniti della formula esecutiva, salvo che la legge disponga altrimenti. La spedizione del titolo in forma esecutiva può farsi soltanto alla parte a favore della quale fu pronunciato il provvedimento o stipulata l'obbligazione, o ai suoi successori, con indicazione in calce della persona alla quale è spedita. La spedizione in forma esecutiva consiste nell'intestazione "Repubblica italiana - In nome della legge" e nell'apposizione da parte del cancelliere o notaio o altro pubblico ufficiale, sull'originale o sulla copia, della seguente formula: "Comandiamo a tutti gli ufficiali giudiziari che ne siano richiesti e a chiunque spetti, di mettere a esecuzione il presente titolo, al pubblico ministero di darvi assistenza, e a tutti gli ufficiali della forza pubblica di concorrervi, quando ne siano legalmente richiesti". Questa formula esecutiva (475) serve sostanzialmente a contraddistinguere quella copia del nostro provvedimento che noi usiamo a scopi esecutivi. Una volta che io creditore ottengo questa copia del titolo esecutivo, la devo notificare al debitore insieme ad un altro atto che va a compilare il creditore e che si chiama “precetto”. - Per quanto riguarda il precetto: anch'esso dev'essere notificato al debitore perché il legislatore ha pensato di dargli un ultima chance, prima che inizi il processo esecutivo. Il precetto è un atto con cui si intima al debitore di pagare entro 10 giorni ; dopodiché egli sarà spacciato e quindi si partirà con l'azione esecutiva. È un'intimazione ad adempiere entro 10 giorni dietro alla minaccia dell'imminente esercizio dell'azione esecutiva. Questo si ricava dall'articolo 480 cpc. Art. 480. (Forma del precetto) Il precetto consiste nell'intimazione di adempiere l'obbligo risultante dal titolo esecutivo entro un termine non minore di dieci giorni, salva l'autorizzazione di cui all'articolo 482, con l'avvertimento che, in mancanza, si procederà a esecuzione forzata. Il precetto deve contenere a pena di nullità l'indicazione delle parti, della data di notificazione del titolo esecutivo, se questa è fatta separatamente, o la trascrizione integrale del titolo stesso, quando è richiesta dalla legge. In quest'ultimo caso l'ufficiale giudiziario, prima della relazione di notificazione, deve certificare di avere riscontrato che la trascrizione corrisponde esattamente al titolo originale. Il precetto deve inoltre contenere la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio della parte istante nel comune in cui ha sede il giudice competente per l'esecuzione. In mancanza le opposizioni al precetto si propongono davanti al giudice del luogo in cui è stato notificato, e le notificazioni alla parte istante si fanno presso la cancelleria del giudice stesso. Il precetto deve essere sottoscritto a norma dell'articolo 125 e notificato alla parte personalmente a norma degli articoli 137 e seguenti. In questi 10 giorni tutto può succedere, ad esempio chiudere un conto. È per questo infatti che la norma fa salvo il disposto del 482. Sarebbe possibile, laddove ci troviamo di fronte ad un debitore che non ha tanti beni, ma ne ha sostanzialmente uno, che egli lo faccia sparire in questi 10 giorni di tempo previsti dalla legge al 480. Per questo è possibile, PRIMA di notificare il titolo esecutivo ed il precetto, di chiedere al Presidente del Tribunale una speciale autorizzazione (482). Un caso in cui non serve aspettare il decorso del termine di 10 giorni si ha quando viene emesso in via provvisoria un decreto ingiuntivo esecutivo, dove è possibile richiedere l'autorizzazione al giudice che lo emette, in modo che si possa procedere direttamente con il pignoramento, subito dopo la notifica, senza cioè aspettare il decorso dei 10 giorni. Art. 482. (1) (Termine ad adempiere) Non si puo' iniziare l'esecuzione forzata prima che sia decorso il termine indicato nel precetto e in ogni caso non prima che siano decorsi dieci giorni dalla notificazione di esso; ma il presidente del tribunale competente per l'esecuzione o un giudice da lui delegato (2), se vi è pericolo nel ritardo, può autorizzare l'esecuzione immediata, con cauzione o senza. L'autorizzazione è data con decreto scritto in calce al precetto e trascritto a cura dell'ufficiale giudiziario nella copia da notificarsi. (1) Il D.L. 31 dicembre 1996, n. 669 (convertito nella L. 28 febbraio 1997, n. 30) ha disposto che il creditore non ha diritto di procedere né possono essere posti in essere atti esecutivi contro le amministrazioni dello Stato e gli enti pubblici non economici prima di centoventi giorni dalla notificazione del titolo esecutivo, termine entro il quale le amministrazioni e gli enti devono completare le procedure per l'esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali e dei lodi arbitrali. (2) Le parole "il capo dell'ufficio competente per l'esecuzione" sono state sostituite dalle parole "il presidente del tribunale competente per l'esecuzione o un giudice da lui delegato" dal D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51. Al di là dell'ipotesi del decreto ingiuntivo, è possibile nel caso del 482, che dice: “Non si può iniziare l'esecuzione forzata prima che sia decorso il termine indicato nel precetto e in ogni caso non prima che siano decorsi dieci giorni dalla notificazione di esso; ma il presidente del tribunale competente per l'esecuzione o un giudice da lui delegato, se vi è pericolo nel ritardo, può autorizzare l'esecuzione immediata, con cauzione o senza. L'autorizzazione è data con decreto scritto in calce al precetto e trascritto a cura dell'ufficiale giudiziario nella copia da notificarsi”. C'è quindi la possibilità di fare ricorso al presidente del Tribunale chiedendo la dispensa dal termine di 10 giorni, perché (si badi: la richiesta dovrà essere il più circostanziata possibile) c'è un debitore che, ad esempio, si sta spogliando di tutti i suoi beni, sta alienando tutte le sue quote societarie, si è dimesso dalla carica di amministratore di una società grazie alla quale gli era garantito un buon compenso, ha venduto la casa al mare, si sta licenziando dal luogo di lavoro. Io creditore so che lui possiede un conto corrente di cui il debitore non si è ancora disfatto e quindi c'è un periculum in mora “grosso così” quindi chiedo al giudice di dispensarmi da questo termine di 10 giorni. Quindi si può ottenere una dispensa del termine di 10 giorni, altrimenti il creditore dovrà notificare il titolo esecutivo e il precetto e aspettare il decorso di questi 10 giorni per l'inizio dell'esecuzione. Non posso però aspettare troppo perché l'esecuzione deve avvenire entro 90 giorni dalla notifica del titolo esecutivo e del precetto. Se infatti supero il termine di 90 giorni, il precetto perde efficacia: non perdo il titolo, ma devo fare tutto da capo, cioè ri - notificare il titolo esecutivo e fare un secondo precetto. Non posso poi recuperare le spese del primo precetto. LE FASI DELL'ESECUZIONE FORZATA: Il primo atto: il pignoramento (491) E' di fatto un'ingiunzione che l'ufficiale giudiziario fa al debitore di astenersi dal compiere atti di disposizione sui beni che sono stati pignorati. Il 492,1 stabilisce che: “Salve le forme particolari previste nei capi seguenti, il pignoramento consiste in un'ingiunzione che l'ufficiale giudiziario fa al debitore di astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito esattamente indicato i beni che si assoggettano all'espropriazione e i frutti di essi.” Art. 491. (Inizio dell'espropriazione) Salva l'ipotesi prevista nell'art. 502, l'espropriazione forzata si inizia col pignoramento. Art. 492. (1) (Forma del pignoramento) Salve le forme particolari previste nei capi seguenti, il pignoramento consiste in una ingiunzione che l'ufficiale giudiziario fa al debitore di astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito esattamente indicato i beni che si assoggettano alla espropriazione e i frutti di essi. Il pignoramento deve altresi' contenere l'invito rivolto al debitore ad effettuare presso la cancelleria del giudice dell'esecuzione la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio in uno dei comuni del circondario in cui ha sede il giudice competente per l'esecuzione con l'avvertimento che, in mancanza ovvero in caso di irreperibilita' presso la residenza dichiarata o il domicilio eletto, le successive notifiche o comunicazioni a lui dirette saranno effettuate presso la cancelleria dello stesso giudice. Il pignoramento deve anche contenere l'avvertimento che il debitore, ai sensi dell'articolo 495, puo' chiedere di sostituire alle cose o ai crediti pignorati una somma di denaro pari all'importo dovuto al creditore pignorante e ai creditori intervenuti, comprensivo del capitale, degli interessi e delle spese, oltre che delle spese di esecuzione, sempre che, a pena di inammissibilità, sia da lui depositata in cancelleria, prima che sia disposta la vendita o l'assegnazione a norma degli articoli 530, 552 e 569, la relativa istanza unitamente ad una somma non inferiore ad un quinto dell'importo del credito per cui e' stato eseguito il pignoramento e dei crediti dei creditori intervenuti indicati nei rispettivi atti di intervento, dedotti i versamenti effettuati di cui deve essere data prova documentale. Quando per la soddisfazione del creditore procedente i beni assoggettati a pignoramento appaiono insufficienti ovvero per essi appare manifesta la lunga durata della liquidazione Ogni ordinamento interpreta questo principio della par condicio creditorum in modo proprio già a monte e poi prevede delle procedure esecutive che portano a risultati diversi sul modo di applicare ed interpretare la par condicio. Abbiamo due quesiti: • Significato del principio di par condicio creditorum A monte, il quesito che ci si pone per capire come realizzare il principio della par condicio, è questo: questo concetto secondo cui tutti i creditori hanno uguale diritto nel soddisfarsi sui beni del debitore, mi rappresenta un diritto di tutti i creditori, per cui quando io legislatore devo mettere mano al processo esecutivo devo porre in essere una procedura tale per cui tutti i creditori abbiano un diritto CONCRETO, reale di essere soddisfatti tutti allo stesso modo o è diritto ASTRATTO, cioè tutti i creditori hanno in astratto un diritto di essere trattati tutti alla pari, a parità di condizioni? E' concreto o astratto i principio della par condicio? • Necessità del titolo esecutivo per intervenire nel processo esecutivo Collegato a questo primo quesito, ve ne è un altro: per intervenire nell'esecuzione è necessario avere un titolo esecutivo? Posto che per mettere in moto un processo esecutivo ci vuole un titolo esecutivo, una volta che l'esecuzione è stata avviata da uno dei creditori, per intervenire successivamente ci vuole sempre e comunque il possesso di un titolo esecutivo o può intervenire nel processo esecutivo anche quel creditore che ne sia privo?Come dev'essere tradotta la par condicio creditorum da questo profilo? Cosa significa che tutti i creditori hanno uguale diritto di soddisfarsi? Vuol dire che una volta avviata la esecuzione, TUTTI i creditori possano intervenire, a prescindere dal fatto che abbiano o meno un titolo esecutivo, oppure un diritto dev'essere inteso in senso ASTRATTO, nel senso che tutti i creditori hanno in astratto un pari diritto, ma inteso a parità di condizioni processuali, per cui se tu ti riesci a procurare un titolo esecutivo potrai intervenire, se non riesci invece non potrai intervenire? Intorno a questi due quesiti (significato della par condicio, astratto o concreto da un lato e necessità di un titolo esecutivo per intervenire nel processo esecutivo dall'altro) ci sono fior fior biblioteche di manuali di illustri studiosi che hanno tentato di rispondervi. Analizzando i vari ordinamenti, andiamo da sistemi di esecuzione forzata aperta, a porte spalancate, nei quali, una volta iniziata l'esecuzione si consente di intervenire nel processo esecutivo a qualsiasi creditore, anche se non disponga di un titolo esecutivo, a sistemi semi-chiusi, che consento di intervenire solo ai creditori che hanno una prova scritta del loro credito, a sistemi completamente chiusi, come l'esecuzione immobiliare in Francia o in Germania, dove si consente di intervenire nell'esecuzione solo se si ha un titolo esecutivo. La disciplina dell'intervento nell'esecuzione varia a seconda dell'ordinamento, il concetto di par condicio creditorum quindi può essere variamente disciplinato, a seconda di quanto larghe o strette noi discipliniamo le maglie, i presupposti per intervenire con l'esecuzione. Mano a mano che si va a porre delle condizioni, è chiaro che si va a restringere la cerchia dei creditori che possono intervenire nell'esecuzione. Fino a che punto un sistema è rispetto della par condicio creditorum? Ogni autore ha una sua versione. E' giusto concedere che tutti i creditori debbano procedere? Come dev'essere interpretato, inteso quel precetto per cui tutti i creditori possano soddisfarsi ugualmente sul patrimonio del debitore salve le cause legittime di prelazione? Ammetto tutti o solo alcuni? È diritto astratto o concreto? Questo precetto il legislatore l'ha interpretato in vario modo: una volta varato il cpc, all'indomani della sua entrata in vigore, la norma che disciplinava l'esecuzione prevedeva che una volta che questa era stata avviata grazie ad un titolo esecutivo, vi potesse partecipare OGNI creditore a prescindere da possesso del titolo esecutivo. Se la norma mi dice che tutti i creditori hanno pari diritto di soddisfarsi nel patrimonio del comune debitore, allora ciò significa che a tutti devo permettere a TUTTI i creditori di intervenire, altrimenti non hanno eguale diritto di soddisfarsi perché chiusa quella procedura esecutiva su un determinato bene, su quel bene i creditori esclusi non avrebbero pari diritto di soddisfarsi. Quindi, come prima ipotesi di interpretare la regola della par condicio, il legislatore del '42 ha disciplinato la materia dell'intervento, prevedendo che nel processo esecutivo, una volta avviato, potesse intervenire qualunque creditore, A PRESCINDERE dal possesso di un titolo esecutivo. Ci fu però un'obiezione in dottrina: Carnelutti diceva “perché il creditore procedente, per dare avvio al processo esecutivo deve possedere un titolo esecutivo, mentre non serve che ce l'abbiano gli altri creditori che vi intervengono successivamente?” A questa obiezione si rispondeva che il titolo esecutivo è condizione per dare avvio al processo esecutivo, ma una volta che questo è avviato, proprio perché c'è una norma che dice che tutti hanno diritto di soddisfarsi sui beni del debitore, allora è giusto che ogni creditore abbia diritto di partecipare alla procedura, e soprattutto di partecipare alla fase satisfattiva dell'esecuzione. Fino alla vendita all'asta del bene si parla di fase espropriativa, dopo la vendita del bene, la fase successiva si chiama satisfattiva. L'interpretazione forse più congrua della par condicio creditorum è questa: per intervenire nell'esecuzione se hai un titolo esecutivo tanto meglio, ma il titolo esecutivo non è condizione necessaria per intervenire nell'esecuzione forzata, ma solo per iniziarla. C'è infatti una norma che dice che tutti hanno eguale diritto di soddisfarsi sul patrimonio del debitore e allora almeno nella fase finale, cioè quella satisfattiva, tutti i creditori dovrebbero avere potenzialmente la possibilità di intervenire. Abbiamo una norma che dice che tutti hanno pari diritto di soddisfarsi e dunque un motivo ci sarà! Anche perché, quando noi vietiamo ad un creditore di intervenire nell'esecuzione, NON sempre questo divieto configura un divieto temporaneo di soddisfarsi. Non sempre quando io impedisco a qualcuno di intervenire nell'esecuzione dicendo “puoi intervenire soltanto quando disporrai di un titolo esecutivo”, si tratta di un divieto temporaneo. Supponiamo infatti che il nostro debitore abbia un solo bene aggredibile, se io precludo a certi creditori di intervenire, non è che gli precludo la possibilità di soddisfarsi adesso, ma gli precludo la possibilità di soddisfarsi per sempre. Ed è di fronte a queste evenienze che bisogna interrogarsi su come debba essere interpretato il principio di par condicio creditorum . Cosa ha fatto il legislatore nel '42? Ha dato massima attuazione a questo principio, consentendo di intervenire nell'esecuzione a tutti i creditori, a prescindere dal possesso di un titolo esecutivo. Sussisteva solo una differenza tra esecuzione mobiliare ed immobiliare: I. mobiliare: il credito doveva essere CERTO, LIQUIDO ed ESIGIBILE; II. immobiliare: il credito doveva essere CERTO e LIQUIDO; → In linea di massima, la cosa che aveva a caro il legislatore del '42 era che in un'esecuzione, già avviata, potesse intervenire QUALSIASI CREDITORE, a prescindere dal possesso di un titolo esecutivo. Quindi anche il creditore che NON ha un documento. E così è stato per un certo lasso di tempo. Ad un certo punto, però, interviene la giurisprudenza che solleva una questione: così facendo, il legislatore permetteva a chiunque di intervenire nell'esecuzione, anche colui che si dichiarava creditore, pur in realtà non essendo tale. E siamo in un contesto processuale dove NON c'è un giudice che è tenuto a decidere, che chiama i testimoni, che fa un'istruttoria: qui abbiamo atti posti in essere “a suol battuto”, cioè notifica del titolo, notifica del precetto, pignoramento, istanza di vendita, stima del bene, vendita all'asta del bene. Non c'è quindi il tempo di andare a vedere se il creditore che è intervenuto nell'esecuzione è effettivamente creditore. Si è, quindi, creato un problema evidente: nel momento in cui il legislatore dice “ammetto tutti senza distinzione”, da un lato lo fa per dare massima esplicazione al principio di eguaglianza tra creditori, ma dall'altra, dal lato pratico sorgono dei problemi. E in parte la giurisprudenza ha cercato di risolvere questi problemi, stabilendo che coloro che non dispongono di un titolo esecutivo sono tenuti almeno ad aver una prova scritta del loro credito. → Questo è dunque un primo problema che si è creato all'interno del processo di esecuzione: se io ammetto tutti i creditori, anche coloro che NON hanno alcun titolo esecutivo, ci sarà un problema in ordine all'esistenza del loro credito, problema che invece il titolo esecutivo mi eliminerebbe perché, come abbiamo detto, il titolo esecutivo permette anche di dimostrare l'esistenza del credito in capo a colui che lo possiede. → Ci sono stati poi altri problemi che il legislatore ha involontariamente creato andando a formare un sistema “a porte spalancate”: il legislatore ha voluto dare la massima attuazione al principio della par condicio creditorum (dicendo “ammetto tutti e non faccio un torto a nessuno” → principio di eguaglianza), ma, al tempo stesso, ammettendo tutti, non è che abbia veramente risolto il problema della par condicio. Anche infatti questo sistema, che in tesi sembrava il più rispettoso del principio di eguale trattamento di tutti i creditori, in verità, dal punto di vista pratico, si è rivelato avere degli istituti che andavano a discriminare creditori e creditori. Ed infatti la norma al 2741 cc dice che tutti hanno eguale diritto di soddisfarsi, salvo le cause legittime di prelazione. Vuol dire che abbiamo, da un lato, i creditori dotati di una causa legittima di prelazione che sono i cd. creditori privilegiati e, dall'altro, i creditori il cui credito non è assistito di alcuna causa legittima di prelazione, cioè i cd. creditori chirografari. In che termini si esplica questa distinzione che dovrebbe essere l'unica ammessa? Il senso è che se abbiamo un processo esecutivo e ricaviamo una certa somma dalla vendita dei beni del debitore che però non è sufficiente a soddisfare tutti i creditori, prima si soddisfano coloro il cui credito è assistito da cause legittime di prelazione (creditori privilegiati) e poi, solo se avanza qualcosa, i creditori chirografari. → Al di là di questa distinzione, che crea quindi di per sé un distinguo tra i creditori e che dovrebbe essere l'unica accettabile sulla base di una interpretazione massimizzante, pura del principio della par condicio creditorum, vi è però, dal punto di vista delle norme che hanno disciplinato il principio di par condicio creditotum nel processo esecutivo fino al 2005, un'altra forma di distorsione: infatti i creditori venivano distinti anche a seconda del momento dell'intervento nella procedura esecutiva già avviata (cosa – sia chiaro – che è rimasta anche dopo il 2005). Se intervenivano PRIMA del momento in cui fosse stata disposta la vendita, erano considerati creditori intervenienti tempestivi; se intervenivano DOPO erano considerati creditori intervenienti tardivi. A che pro questa distinzione? Anche qui, di fronte al ricavato di una vendita insufficiente a soddisfare tutti, prima si soddisfavano i creditori tempestivi e dopo quelli tardivi. Quindi se in una procedura esecutiva già avviata, un creditore NON dotato di una causa legittima di prelazione nei confronti del proprio credito interveniva TARDIVAMENTE, c'era il rischio di non “portare a casa nulla” (cioè di non soddisfarsi), qualora il ricavato della vendita del bene pignorato fosse stato insufficiente. → C'era poi un'altra forma di discriminazione: per oltre 40 anni, se da un lato il legislatore aveva previsto che potessero intervenire nel processo esecutivo già avviato TUTTI I CREDITORI, a prescindere da un titolo esecutivo, dall'altro la giurisprudenza aveva ritenuto necessario che i creditori sprovvisti del titolo esecutivo dessero prova scritta della loro qualità di creditori. → Altra discriminazione è data poi dall'applicazione di un istituto che originariamente era previsto all'art. 527 del cpc., oggi invece trasfuso al 499,4° co. cpc., che è la cd. “estensione del pignoramento”. Art. 499. (1) (Intervento) Possono intervenire nell'esecuzione i creditori che nei confronti del debitore hanno un credito fondato su titolo esecutivo, nonche' i creditori che, al momento del pignoramento, avevano eseguito un sequestro. sui beni pignorati ovvero avevano un diritto di pegno o un diritto di prelazione risultante da pubblici registri ovvero erano titolari di un credito di somma di denaro risultante dalle scritture contabili di cui all'articolo 2214 del codice civile. Il ricorso deve essere depositato prima che sia tenuta l'udienza in cui è disposta la vendita o l'assegnazione ai sensi degli articoli 530, 552 e 569, deve contenere l'indicazione del credito e quella del titolo di esso, la domanda per partecipare alla distribuzione della somma ricavata e la dichiarazione di residenza o la elezione di domicilio nel comune in cui ha sede il giudice competente per l'esecuzione. Se l'intervento ha luogo per un credito di somma di denaro risultante dalle scritture di cui al primo comma, al ricorso deve essere allegato, a pena di inammissibilità, l'estratto autentico notarile delle medesime scritture rilasciato a norma delle vigenti disposizioni. Il creditore privo di titolo esecutivo che interviene nell'esecuzione deve notificare al debitore, entro i dieci giorni successivi al deposito, copia del ricorso, nonché copia dell'estratto autentico notarile attestante il credito se l'intervento nell'esecuzione ha luogo in forza di essa. di un titolo esecutivo, risultando il suo credito da scritture contabili che, peraltro, NON costituiscono una prova scritta, ma sono un mero simulato di prova. Qual è la ragione che può portare ad un creditore contabile un trattamento uguale a quello previsto per un creditore sequestratario? È possibile che nel momento in cui il legislatore dice “può intervenire solo il creditore munito di titolo esecutivo, sono esclusi tutti gli altri, tranne sequestratario, ipotecario e pignoratizio”, poi tra tutti i creditori esclusi che magari hanno anche una prova scritta del loro credito, va a pescare il creditore contabile? Potrebbe farlo, ma facendo riferimento non già al creditore che possiede le scritture contabili, quanto piuttosto al creditore che dispone di una prova scritta del proprio credito. Perché chi dispone di un riconoscimento di debito per iscritto, il lavoratore in forza del prospetto di busta paga, il condominio in forza della delibera delle spese con cui è stato approvato il riparto delle spese condominiali che è utile per ottenere un decreto ingiuntivo già provvisoriamente esecutivo sono tutti soggetti che però non possono intervenire in esecuzione. E ciò fa capire come sia stato messo su uno stesso piano del sequestratario, un soggetto che non ne aveva il diritto. Si badi poi che i soggetti che sono indicati nel 499,1° co come creditori che possono intervenire nell'esecuzione, non possono poi intervenirvi tout court, perché chi ha un titolo esecutivo partecipa alla distribuzione della somma ricavata dalla vendita, invece tutti gli altri creditori che non hanno un titolo esecutivo (sequestratario, ipotecario, pignoratizio e creditore il cui credito risulta dalle scritture contabili) possono partecipare all'esecuzione, ma in un modo un po' più complicato perché è previsto che loro debbano notificare il loro atto di intervento al debitore e che sia fissata un'udienza ad hoc, davanti al giudice dell'esecuzione, in cui parteciperanno tutti i creditori che sono intervenuti senza un titolo esecutivo e il debitore. Questo è spiegato nel 499 che può essere così riassunta: se c'è un creditore che interviene senza un titolo esecutivo, questo interviene nell'esecuzione, notifica l'atto di intervento al debitore e poi viene fissata un'udienza ad hoc, prima che sia disposta la vendita. In questa udienza ci sono giudice dell'esecuzione, debitore e tutti i creditori intervenuti senza titolo esecutivo; in essa il debitore è chiamato a riconoscere quale di questi crediti intende ammettere, riconoscere e non contestare. Se il debitore in questa udienza NON compare o compare e riconosce il credito dell'intervenuto, questo credito si dà per riconosciuto ai soli fini dell'esecuzione e questo creditore che era privo di titolo esecutivo acquista il diritto di partecipare alla distribuzione della somma ricavata dalla vendita del bene, al pari di tutti gli altri creditori che sono dotati di titolo esecutivo. Se, invece, il debitore compare nell'udienza e disconosce il credito dell'intervenuto privo di titolo esecutivo, questo perde il diritto di partecipare alla distribuzione della somma ricavata dalla vendita, ma può fare istanza al giudice di esecuzione affinché sia disposto un accantonamento delle somme che in teoria gli spetterebbero. L'accantonamento è a termine perché dura infatti per un tempo massimo di 3 anni ed è consentito al creditore intervenuto privo di titolo esecutivo, purché nel termine di 10 giorni dal disconoscimento del suo credito abbia iniziato un giudizio per ottenere un titolo esecutivo. Questo è un marchingegno un po' complesso, ma che consente anche al creditore privo di titolo esecutivo di intervenire nell'esecuzione, con la possibilità di avere subito il diritto al concorso se il debitore riconosce il suo credito (o comunque non lo disconosce) o di ottenere, se non lo riconosce subito, il diritto all'accantonamento. Abbiamo visto come il processo esecutivo funzionalmente ed istituzionalmente non sia finalizzato ad accertare diritti o comporre liti. Il suo scopo è quello di eseguire e attuare i diritti, di far ottenere il credito rimasto inadempiuto al creditore procedente e proprio per questo motivo il processo esecutivo è un ambiente processuale non consono e non adatto ad alcuna forma di cognizione. Al suo interno non c'è spazio per la cognizione nel senso in cui la intendiamo nel processo ordinario di cognizione: il giudice dell'esecuzione non è chiamato ad accertare se il diritto di credito per cui si procede esiste, è chiamato ad attuare il diritto. Il suo potere di porre in essere determinati atti esecutivi deriva dalla presenza del titolo esecutivo e tanto basta per iniziare l'esecuzione e portarla a termine. Il potere di aggressione statale del patrimonio del debitore, che si realizza con il processo esecutivo, trova il proprio fattore legittimante nel titolo esecutivo. Non ci sono dunque parentesi di cognizione all'interno del processo esecutivo, però il titolo esecutivo è documento privilegiato che conferisce la possibilità di agire in via esecutiva aggredendo i beni del debitore, pignorandoli senza il bisogno di dimostrare che il credito esiste ancora: il titolo esecutivo rappresenta il credito ma non offre la certezza sul fatto che il credito ancora sussista. Ci si è posti, per questo, il problema di come possa difendersi il debitore dato che il processo esecutivo fa fronte all'esigenza del far presto, di consentire al creditore di aggredire i beni del debitore senza il bisogno di dover dimostrare di volta in volta che è creditore. Deve essere comunque consentito al soggetto passivo dell'esecuzione che è il debitore di potersi difendere perché può essere che l'esecuzione del processo esecutivo, così come è stato instaurato, non sia un processo giusto per svariate ragioni. I rimedi e i mezzi che sono messi a disposizione per tutelarsi dall'esecuzione forzata ingiusta sono disciplinati agli articoli 615 ss. cpc. e sono sostanzialmente tre i rimedi oppositivi, le opposizioni esecutive: • Opposizione all'esecuzione, articolo 615 cpc.; • Opposizione agli atti esecutivi, articolo 617 cpc.; • Opposizione di terzo all'esecuzione, articolo 619 cpc. Ogniuno di questi strumenti oppositivi consente di far valere una forma di ingiustizia dell'esecuzione. A seconda del rimedio oppositivo fatto valere muta il giudice cui ci si deve rivolgere, il soggetto che può far valere l'opposizione e la tipologia di doglianza che può essere fatta valere.
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