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Il titolo esecutivo europeo e le esecuzioni speciali, Sintesi del corso di Diritto Civile

aa. vv. (a cura di s. vincre), appunti di diritto dell’esecuzione civile. il titolo esecutivo europeo e le esecuzioni speciali, padova, 2012, riassunto di tutto il libro, 63 pag.

Tipologia: Sintesi del corso

2015/2016
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Scarica Il titolo esecutivo europeo e le esecuzioni speciali e più Sintesi del corso in PDF di Diritto Civile solo su Docsity! 1 Il titolo esecutivo europeo e le esecuzioni speciali CAP. 1 – Titolo esecutivo europeo 1. Premessa: cos’è e a cosa serve il titolo esecutivo europeo (pp. 1 – 2) Il tit esecutivo eu è stato introdotto col Reg CE 805/04 ed è in vigore dal 21 ottobre ‘05. Il tit esecutivo eu può essere ottenuto in tutti gli Stati dell’UE (eccetto Danimarca) ed è utilizzabile, senza bisogno di alcun exequatur, per i crediti non contestati. Si tratta di una sorta di passaporto giudiziario eu che consente alle dec giudiziarie, alle transazioni giudiziarie e agli atti pubblici, di circolare liberamente ed automaticamente nello spazio territoriale comunitario, senza alcun proced intermedio, ossia senza la necessità di alcun provv autorizzativo da parte dello Stato dove si chiede l’esecuzione, nell’ipotesi in cui quest'ultimo non coincida con quello in cui la dec è stata pronunciata o la transazione conclusa o l’atto pubblico redatto. La reciproca fiducia nell’ammin della giustizia negli Stati m. giustifica che la sussistenza dei requisiti richiesti per il rilascio del certificato di tit esecutivo eu sia accertata, con validità paneuropea, solo dal giudice dello Stato m. ove il tit si è formato. Ed è l’efficacia transnazionale del tit esecutivo eu a consentire una sua utilizzazione nell'ambito di qualsiasi Paese m. in cui si manifesti l’interesse. Il fatto che il debitore sia domiciliato, ad es, in Italia, non esclude la possibilità di iniziare l’esecuzione forzata in Inghilterra, se lì si trovano beni aggredibili, di un tit emesso in Francia. Con l’eliminazione del benestare del sistema giudiziario del Paese in cui il tit viene utilizzato ai fini esecutivi si ottiene un risparmio di tempi e di costi. Il tit esecutivo eu rappresenta per il creditore, rispetto all’esecuzione di tit conseguiti all’estero, un importante strumento. Si noti che esso non è stato previsto come sistema esclusivo, ma rimane alternativo alla procedura di exequatur, disciplinata dal Reg CE 44/01 del Cons concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle dec in materia civile e commerciale. Nell’effettuare la scelta fra queste due modalità di esecuzione, il creditore deve considerare che il tit esecutivo eu consente un’esecuzione rapida ed efficiente, risparmiando ai giudici dello Stato m. dell’esecuzione le formalità connesse alla dich di esecutività, ma, al contempo, occorre tenere presente che il tit esecutivo eu può essere rilasciato unicamente per crediti non contestati e salva l’osservanza di determinati requisiti. 2. Ambito di applicazione del Reg CE 805/2004 (pp. 2 – 3) Per quanto concerne l’ambito materiale di applicazione del reg, l’art, 2 sancisce che esso si applica alla materia civile e commerciale, indipendentemente dalla natura dell’organo giurisdizionale. Esso non si applica alla materia fiscale, doganale o ammin o alla respons dello Stato per atti od omissioni nell’esercizio di pubblici pot. Sono esclusi dal suo campo di applicazione: a) lo stato o la capacità delle persone fisiche, il regime patrimoniale fra coniugi, i testamenti e le successioni; b) i fallimenti, i concordati e le procedure affini; c) la sicurezza sociale; d) l’arbitrato. Secondo la giurisprudenza della CGUE, la nozione di materia civile o commerciale va considerata come una nozione autonoma, da interpretarsi avendo riguardo agli obiettivi e al sistema della legislazione comunitaria e ai princ generali desumibili dal complesso degli ord nazionali. Per stabilire se una controversia abbia o meno natura civile o commerciale vanno considerati due elementi: l’oggetto della controversia e la natura dei rapp giuridici fra le parti in causa. Per quanto riguarda le controversie con la PA, la CG ha precisato che non è di natura civile o commerciale la controversia fra PA e privato qualora la prima abbia agito nell'esercizio della sua potestà d'imperio. Rilievo la distinzione tra acta iure imperii, esclusi dall'ambito di applicazione, ed acta iure gestionis, ricompresi. 3. Tipologie dei titoli esecutivi europei (pp. 3 – 4) I docc che possono essere certificati come tit esecutivo eu rispondono a tre categorie: le dec giudiziarie, le transazioni giudiziarie e gli atti pubblici aventi ad oggetto crediti non contestati. Per dec giudiziaria deve intendersi qualsiasi dec emessa da un giudice di uno Stato m., a prescindere dalla denominazione usata. Sono suscettibili di certificazione non solo le sentenze, ma anche i d., le ordinanze, i mandati di esecuzione, e la determinazione delle spese giudiziali da parte del cancelliere. I provv debbono essere esecutivi (non se ne richiede la definitività) secondo la legislazione dello Stato m. d’origine (art. 6.1). Ne consegue che, nel ns ord, la definizione comprende tutti i provv indicati dall’art. 474 c.p.c. Per quanto attiene alle transazioni giudiziarie, l’art. 24 fa riferimento sia alle transazioni, scaturenti da accordi stragiudiziali, successivamente approvate dal giudice, sia a quelle concluse dinanzi al magistrato nel corso di un proced giudiziario. Rientrano nella prima categoria, ad es, i verbali di conciliazione relativi a controversie di lavoro di cui all’art. 411 c.p.c., o quelli di conciliazione davanti al GDP in sede non contenziosa di cui all’art. 322 c.p.c.; nella seconda, i verbali contenenti una conciliazione. Per atto pubblico, come sancisce l’art. 4.3, si intende qualsiasi doc che sia stato redatto o registrato come atto pubblico e la cui autenticità riguardi la firma e il contenuto, e sia stata attestata da un’autorità pubblica o da altra autorità a ciò autorizzata dallo Stato m. di origine. La norma considera atti pubblici qualsiasi conv in materia di obbligazioni alimentari conclusa davanti alle autorità ammin o da queste autenticata. [nozione comunitaria di atto pubblico coincide con quella di dir interno: nel ns ord sono tit esecutivi anche le scritture private autenticate, relativamente alle obbligazioni di somme di denaro in esse contenute. Esse non possono essere certificate come tit esecutivo eu, a meno che non contengano convenzioni in materia di obbligazioni alimentari] 4. Requisiti necessari per la certificazione: a) caratteristiche del credito (pp. 4 – 6) Condizione necessaria per il rilascio della certificazione è che il credito abbia ad oggetto una specifica somma di denaro e non anche un obbligo di consegna o rilascio o un obbligo di fare o di non fare. Il credito dev’essere liquido, determinato nel suo ammontare ed esigibile. L’aspetto di maggior rilievo è la natura del credito: esso dev’essere non contestato. A tal proposito, l’art. 3 prevede quattro ipotesi: due basate su un comportamento attivo del debitore, due che si ricavano da un contegno 2 passivo dello stesso. Quanto alle prime, il debitore deve avere espressamente riconosciuto il credito mediante una dich o mediante una transazione approvata dal giudice o conclusa dinanzi al giudice nel corso di un proced giudiziario o deve avere espressamente riconosciuta la debenza in un atto pubblico. Integrano ipotesi di non contestazione tacita il caso del debitore che non abbia mai contestato il credito nel corso del proced giudiziario, in conformità delle relative procedure giudiziarie previste dalla legislazione dello Stato m. di origine, o il caso in cui il debitore non sia comparso o non si sia fatto rappresentare in un’ud relativa a un determinato credito pur avendo contestato inizialmente il credito stesso nel corso del proced, sempre che tale comportamento equivalga ad un'ammissione tacita del credito o dei fatti allegati dal creditore secondo la legislazione dello Stato m. d’origine. Si noti come il concetto di non contestazione rispetto ai tit di formazione giudiziale, non essendo omogeneo nei vari Stati, debba essere ricavato anche alla luce della disciplina processuale applicabile nello Stato m. d’origine. Il reg, pur dettando una nozione a carattere comunitario del concetto di non contestazione, opera un rinvio ai singoli ord processuali nazionali al fine di verificare se, nella fattispecie concreta, il comportamento del debitore possa essere inteso o meno come un’ipotesi di non contestazione o di ammissione tacita del credito. [nel ns ord nazionale: nella categoria dell'espresso riconoscimento mediante una dich resa nel proced è compresa la confessione giudiziale, spontanea o provocata mediante l’interrogatorio formale. Sono riconducibili alla categoria di cui all’art. 3.1, ovvero mancata contestazione nel corso del giudizio, il d. ingiuntivo dichiarato esecutivo per mancata opposizione, l’ordinanza emessa nel proced di accoglimento della domanda di condanna pronunciata per effetto della non contestazione specifica del debitore in relazione ai fatti costitutivi del dir di credito allegati dal creditore, l’ordinanza emessa nei confronti del contumace, non seguita dalla costituzione nei 20gg dalla notifica, le ordinanze per il pagamento di somme non contestate (e i d. ingiuntivi dichiarati provvisoriamente esecutivi in pendenza del giudizio di opposizione limitatamente alle somme non contestate). È riconducibile al disposto dell’art. 3.1, il caso dell’assenza del debitore senza giustificato motivo all’ud fissata per l’assunzione del giuramento decisorio o a quella per l’espletamento dell’interrogatorio formale, a condizione che sia il giuramento sia l’interrogatorio vertano sull'intero complesso dei fatti costitutivi del dir di credito. È da ritenere estranea alla fattispecie l'ipotesi dell’estinzione del proced di opposizione a d. ingiuntivo, non essendo necessariamente legata al solo comportamento del debitore] Una contestazione iniziale potrà in seguito essere vanificata soltanto da contegni successivi che, secondo la l. processuale dell'ord d'origine, siano valutati come equivalenti ad un’ammissione della pretesa avversaria o dei fatti che ne sono stati assunti a fondamento. Occorre sottolineare che il reg si applica anche alle dec pronunciate a seguito dell’impugnazione di dec giudiziarie, transazioni giudiziarie o atti pubblici certificati come tit esecutivi eu. La contestazione può avere ad oggetto anche solo le spese giudiziali ed i tassi d’interesse. In proposito l’art. 7 dispone che una dec giudiziaria, avente efficacia esecutiva in relazione all’importo delle spese riguardanti i proced giudiziari, compresi i tassi d'interesse, è certificata come tit esecutivo eu anche nei confronti di tali spese, a meno che debitore abbia contestato di essere tenuto al pagamento nel corso del proced, secondo la legislazione dello Stato m. d’origine. 5. b) norme minime procedurali per i titoli di formazione giudiziale (pp. 6 – 9) Qualora si voglia richiedere la certificazione di una dec giudiziaria non basta che essa abbia ad oggetto un credito non contestato, ma occorre che il proced giurisdizionale nel quale la stessa si è formata abbia rispettato alcuni requisiti minimi, i quali possono essere tutti ricondotti ad un’unica comune finalità: la sussistenza di garanzie sufficienti del rispetto del dir di difesa del debitore, in conformità all’art. 6 CEDU e all’art. 47 Carta dei dir fondamentali dell’UE. In primo luogo, tali requisiti attengono alle notificazioni. La domanda giudiziale e le eventuali citazioni a comparire in ud devono essere notificate secondo una delle forme di notificazione ammesse dal reg e specificate agli artt. 13 e 14. Sono possibili due tipi di notificazione: le notificazioni con prova di ricevimento da parte del debitore e le notificazioni senza prova di ricevimento da parte del debitore. Le prime sono elencate in modo esaustivo all’art. 13 e sono rappresentate: 1) dalla notificazione in mani proprie con dich di ricevimento datata e sottoscritta dal debitore; 2) dalla dich della persona competente che ha provveduto alla notificazione, attestante che il debitore ha ricevuto il doc o ha rifiutato di riceverlo senza alcuna giustificazione legale; 3) dalla notificazione a mezzo posta, attestata da una dich di ricevimento datata, sottoscritta e rinviata dal debitore; 4) dalla notificazione con mezzi elettronici attestata da una dich di ricevimento datata, sottoscritta e rinviata dal debitore. Le forme di notificazione sostitutiva, ovvero senza prova di ricevimento da parte del debitore o del suo rappresentante sono ammissibili solo a condizione che l’indirizzo del debitore sia conosciuto con certezza. É ammessa la notificazione presso l’indirizzo del debitore a persona con esso convivente o che lavori come dipendente nell’abitazione del debitore. Se il debitore è un lavoratore autonomo, o una persona giuridica, la notificazione può essere effettuata nei suoi locali commerciali a una persona alle sue dipendenze. In tali casi la notificazione dev’essere attestata da una dich di ricevimento sottoscritta dalla persona cui è stata effettuata la notificazione, o da un doc, sottoscritto dalla persona che ha provveduto alla notificazione, che certifica la forma di notificazione, la data in cui è stata effettuata, il nome della persona cui è stata effettuata e il legame di quest’ultima col debitore. La notifica può effettuarsi anche tramite il deposito del doc nella cassetta delle lettere del debitore o presso un ufficio postale o un’autorità pubblica competente. Sono esclusi tutti i tipi di notifica fittizia (es il sistema francese ove la notifica si dà per avvenuta nel momento del deposito delle copie dell’atto da parte dell'ufficiale giudiziario presso la procura francese, indipendentemente dalla circostanza che l’atto sia effettivamente pervenuto al destinatario estero). Stando al contenuto delle prescrizioni del reg sulle notificazioni sono valide le dec giudiziarie emesse nel ns ord e notificate ai sensi degli artt. 137 c.p.c. ss. In secondo luogo, è necessario che il debitore sia stato reso edotto della domanda e delle concrete modalità con cui può difendersi. Tali info obbligatorie che il debitore deve aver ricevuto sono previste agli artt. 16 e 17 Reg. A tal fine, nella domanda giudiziale devono essere indicati: nome e indirizzo delle parti, importo del credito, dich riguardante le motivazioni della domanda; se è richiesto il pagamento di interessi, tasso d'interesse e periodo per il quale sono richiesti, 5 Stato m. può indicare la lingua o le lingue ufficiali delle istituzioni della Comunità eu, diverse dalla propria, nelle quali ammette la compilazione del certificato. La lingua ammessa, quando il tit esecutivo eu venga portato in esecuzione in Italia, è solo l’italiano. La traduzione è autenticata da una persona a tal fine abilitata in uno degli Stati m. È prevista una norma a tutela di eventuali discriminazioni fra creditori domiciliati o residenti nello Stato dell’esecuzione e quelli residenti o domiciliati altrove: l’art. 20.3 sancisce che alla parte richiedente l'esecuzione di una dec certificata come tit esecutivo eu in un altro Stato m. non possono essere richiesti cauzioni, garanzie o depositi, comunque denominati, a causa del suo essere straniera o per il fatto di non avere domicilio o residenza nello Stato m. dell'esecuzione. [Nel ns ord si pone il problema della necessità, al fine dell’esecuzione di un tit esecutivo eu, della sua spedizione con formula esecutiva ai sensi degli artt. 475 c.p.c. e 153 disp. att. c.p.c. Sembra doversi escludere la necessità di un simile adempimento, poiché il controllo riservato al cancelliere appare coincidente con la verifica svolta nello Stato di origine dal giudice che ha certificato una dec come tit esecutivo eu. L’apposizione della formula esecutiva, riducendosi a compito meramente formale, privo di concreta giustificazione, contrasta con le esigenze di rapidità e semplificazione sottese al Reg 805/04] Se sul tit esecutivo eu, a differenza dei tit di formazione nazionale elencati nell’art. 474 c.p.c., non è necessaria l’apposizione della formula esecutiva, sostituita dal riscontro operato al momento della certificazione (attestante la sussistenza dei requisiti richiesti dalla normativa comunitaria), il cui rilascio compete esclusivamente all’autorità dello Stato d’origine, per procedere all’espropriazione nel ns Stato, sulla base di un tit esecutivo eu, è necessaria la previa notificazione del tit al debitore in persona ai sensi del disposto dell’art. 479 c.p.c., seguita dalla notificazione del precetto. 9. Intangibilità del titolo esecutivo europeo nel Paese ove si svolge l’esecuzione (pp. 15) Obiettivo primario del reg è l’abolizione dell’exequatur e di ogni sistema di controllo da parte del giudice del Paese ove si svolge l’esecuzione. Nell'art. 21 si ribadisce che in nessun caso la dec o sua certificazione come tit esecutivo eu può formare ogg di riesame nel merito nello Stato m. dell’esecuzione. Si parla di una vera blindatura ed intangibilità del tit esecutivo eu. 10. Possibili rimedi delle parti: a) strumenti in mano al creditore in caso di certificazione negata (pp. 15 – 16) Se il giudice ha negato il rilascio del certificato di tit esecutivo eu perché la domanda giudiziale o le eventuali citazioni a comparire in ud non sono state debitamente notificate in conformità agli artt. 13 o 14 o perché non sono state fornite le info di cui agli artt. 16 o 17, il creditore può scegliere di presentare una nuova istanza di tit esecutivo eu al giudice che ha reso la dec giudiziaria. Se il tit esecutivo eu è stato negato per altri motivi il creditore ha due possibilità: o chiede l’esecuzione della dec giudiziaria in un altro Stato m. secondo la procedura di exequatur prevista dal Reg CE 44/01 o impugna la dec di diniego del tit esecutivo eu se la legislazione nazionale lo consente. Nel ns sistema processuale avverso il d. di rigetto dell’istanza per ottenere un tit spendibile nell’Ue è esperibile il reclamo camerale di cui all’art. 739 c.p.c. Una simile scelta sarà influenzata anche da valutazioni di opportunità pratiche legate al luogo ove si trovano i beni aggredibili del debitore: qualora gli stessi fossero concentrati in un unico Stato, per il creditore sarebbe indifferente impugnare il rigetto per ottenere un tit esecutivo eu o promuovere un giudizio per ottenere l’exequatur; all’opposto, se il patrimonio del debitore fosse distribuito fra più paesi eu sarebbe più conveniente per il creditore procedere con un giudizio di impugnazione, al fine di poter ottenere un unico tit con efficacia esecutiva transnazionale, spendibile in tutti i diversi Stati. 11. b) Strumenti in mano al debitore, specie la richiesta di rifiuto dell’esecuzione e di sospensione o limitazione della stessa (pp. 16 - 18) La regola dell’intangibilità del tit esecutivo eu nel paese ove si svolge l’esecuzione, è la regola per la quale in nessun caso né la dec né la sua certificazione come tit esecutivo eu possono formare oggetto di un riesame nel merito nell’ord ad quem. Alla luce di ciò si può dire che il tit esecutivo eu è dotato di un’inoppugnabilità sconosciuta ai tit esecutivi nazionali. L'unica eccezione rispetto all'idea dell’idoneità del tit esecutivo eu ad una libera circolazione paneuropea è contenuta nell’art. 21. Questa disp prevede che su espressa domanda del debitore l’autorità giudiziaria dello Stato m. dell’esecuzione possa rifiutare l’esecuzione del tit esecutivo eu contestato sul rilievo che la dec giudiziaria certificata come tit esecutivo eu è incompatibile con una dec anteriore pronunciata in uno Stato m. o in un Paese terzo. Ciò solo se ricorrono contemporaneamente tre condizioni: la dec anteriore deve riguardare la stessa causa (deve avere lo stesso oggetto e le stesse parti); la prima dec dev’essere stata pronunciata nello Stato m. dell'esecuzione; il debitore non deve aver fatto valere l’incompatibilità nel proced svoltosi nello Stato d’origine. [La dottrina maggioritaria ha sottolineato come, rispetto all’ultima condizione, il debitore debba dimostrare di non aver avuto la possibilità di dedurre il rischio del conflitto di giudicati. Si è osservato come la circostanza non sia di facile configurazione: essa mal si concilia con l'onere di eccepire, nel giudizio terminato con la dec o la transazione certificata come tit esecutivo eu, la litispendenza dell'altro proced. Per alcuni studiosi la disp potrebbe essere interpretata non come norma valorizzatrice del princ di auto-respons del debitore, ma come regola posta a tutela di esigenze pubblicistiche di coerenza interna del foro dell'esecuzione. Se così fosse l’esecuzione promossa sulla base di un tit esecutivo eu potrebbe essere rifiutata anche quando il debitore è rimasto inerte nello Stato di origine] Gli elementi essenziali per domandare il rifiuto dell’esecuzione sono rappresentati dall’incompatibilità di due dec, nell'identità dei soggetti e dell’oggetto e nell’anteriorità di una pronuncia rispetto all’altra. [Il reg non prevede una perfetta coincidenza delle controversie, non essendo necessaria l’identità della causa petendi. Ne consegue che il contrasto potrà ravvisarsi non solo quando la dec nazionale accerti l'inesistenza del dir di credito riconosciuto nel provv estero, ma anche quando la pronuncia interna abbia dichiarato la nullità del contratto posto alla base della condanna al pagamento di una determinata somma, statuizione contenuta nella dec certificata come tit esecutivo eu] Sussiste un’ulteriore ipotesi di rifiuto: è il caso in cui, prima dell’entrata in vigore del Reg 44/01, gli Stati m. si siano impegnati, con accordi specifici, a non riconoscere una dec emessa in un altro Stato ai sensi dell’art. 59 Conv Bruxelles sulla competenza 6 giurisdizionale e l’esecuzione delle dec in materia civile e commerciale. Il rifiuto dell'esecuzione potrà essere fatto valere, nel ns ord, con lo strumento di cui all'art. 615 c.p.c.: la richiesta di rifiuto si configurerà come opposizione a precetto, se l’esecuzione non è ancora iniziata o come vera opposizione all'esecuzione, volta a contestare il dir del creditore ad agire in via esecutiva per difetto del tit. Altro strumento di tutela del debitore è contenuto nell’art. 23. Si tratta della possibilità di richiedere, al giudice del Paese ove l’esecuzione è stata intrapresa, di sospenderla o limitarla. Il giudice nazionale dell’esecuzione potrà, in ipotesi determinate e tassative, su domanda di parte, limitare il proced di espropriazione a meri provv conservativi o potrà subordinare l’esecuzione alla prestazione di una cauzione o, in casi estremi (in circostanze eccezionali), potrà sospendere il proced di esecuzione. Detti provv saranno assunti con ordinanza, soggetta all'opposizione agli atti esecutivi. Nel ns ord il giudice potrà, con essi, disporre la sospensione della vendita dei beni pignorati. Condizione indispensabile per la proponibilità della domanda ex art. 23 è che il debitore abbia preventivamente impugnato la dec giudiziaria certificata come tit esecutivo eu. Potrà trattarsi di un’impugnazione nel merito, in conformità al dir processuale dello Stato m. in cui è stata resa, come di una domanda di riesame ai sensi dell'art. 19, ovvero di rettifica o di revoca di un certificato di tit esecutivo eu a norma dell’art. 10. La particolarità di questo strumento risiede nel fatto che il pot sospensivo è affidato, in attesa della definizione del giudizio nell’ord a quo (che spiega efficacia pregiudiziale), al giudice ad quem. Se l’impugnazione è respinta e la dec riguardante l’impugnazione è esecutiva, il creditore può ottenere un certificato sostitutivo utilizzando il modello di cui all’Allegato 5. Se la dec giudiziaria non è più esecutiva o l’esecutività è sospesa o limitata secondo la legislazione dello Stato m. in cui è stata resa, il debitore può chiedere al giudice che ha pronunciato la dec di rilasciare un certificato comprovante la non esecutività o limitazione dell’esecutività, utilizzando il modello di cui all’Allegato 4. 12. Rimedi di diritto interno: opposizioni esecutive ex artt. 615, 617 e 619 c.p.c. (pp. 19 – 21) Rimane da verificare se contro un tit esecutivo straniero, certificato come tit esecutivo eu, che sia stato utilizzato per promuovere un proced esecutivo in Italia, siano o meno esperibili i ns rimedi di dir interno e, specie, l’opposizione all’esecuzione, l’opposizione agli atti esecutivi e l’opposizione di terzo all’esecuzione. La possibilità di utilizzare gli strumenti messi a disp dal foro, se, da un lato, è ammessa dall’art. 20 (il quale prevede che fatte salve le disp del Capo IV Reg, i proced di esecuzione, comprese le eventuali parentesi cognitive, sono disciplinati dalla l. dello Stato dell’esecuzione), dall’altro, deve fare i conti con l’impossibilità per un giudice dello Stato dell'esecuzione di censurare le valutazioni operate dal giudice dello Stato d’origine. Il giudice italiano non potrà entrare nel merito delle valutazioni effettuate dal giudice dell’ord a monte, in relazione all’incontestabilità del credito, all’osservanza delle norme minime, e al rispetto delle competenze esclusive. Ciò è coerente non solo col princ d’intangibilità, ma anche con l’istituto della revoca di cui all'art. 10 Reg, il quale, prevalendo rispetto ai rimedi interni, va a limitare il concreto ambito di applicazione dell’art. 615 c.p.c. Quest’ultimo rimedio non potrà mai essere utilizzato al fine di contestare l’originaria insussistenza del dir di credito tutelato in sede esecutiva, per lamentare, ad es, l’ingiustizia o erroneità della dec straniera certificata come tit esecutivo eu. E ciò può dirsi pure rispetto all’atto pubblico certificato come tit esecutivo eu, poiché, anche per questo, l'unico rimedio, quando se ne voglia denunciare l'erroneità, pare essere rappresentato dalla revoca da richiedersi al giudice d’origine. Al contrario, l’opposizione all'esecuzione sarà sempre proponibile dal debitore per contestare l’impignorabilità dei beni, in quanto l’origine estera o interna del tit esecutivo non incide sulla natura (pignorabile o meno) di un bene. Allo stesso modo sarà esperibile l’opposizione di cui all’art. 615 c.p.c. per eccepire l’esistenza di una dec precedente e incompatibile con quella certificata come tit esecutivo eu. L'esecutato potrà far valere, sotto il profilo dell’inesistenza del dir a procedere ad esecuzione forzata nel ns Paese, per carenza originaria o sopravvenuta di un tit esecutivo, alcune doglianze: mancanza di efficacia esecutiva del tit nei suoi confronti come il difetto di efficacia esecutiva del tit a favore del creditore precedente, ossia il fatto che il tit non sia stato utilizzato dal creditore o da un suo successore contro il debitore o un suo successore. Il debitore potrà lamentare la sopravvenuta cessazione dell’efficacia del tit esecutivo eu. È il caso in cui l’esecuzione sia stata iniziata sulla base di un tit esecutivo eu in realtà privo di efficacia esecutiva, per essere la stessa stata sospesa o limitata dal giudice di 2°grado o per essere venuta meno a causa della riforma totale della dec in sede di impugnazione. Il debitore, in questo caso, avrà l’onere di allegare, alla domanda di opposizione all’esecuzione, il certificato di cui all’Allegato 4 del reg. L’esecutato potrà invocare il sopravvenuto venir meno del dir di credito da tutelare. Si tratta dell'ipotesi in cui il debitore eccepisca l’esistenza di fatti estintivi, impeditivi o modificativi sopravvenuti alla certificazione; come, ad es, il pagamento effettuato successivamente alla formazione del tit. In questo caso sorge il dubbio in ordine a quale debba essere la l. sostanziale da applicare nel merito del giudizio di opposizione all’esecuzione: occorre verificare se il giudice italiano debba applicare la stessa l. che ha applicato il giudice straniero o se possa procedere ad una nuova individuazione. In proposito la dottrina si è orientata nel senso che il giudice italiano dell’opposizione all’esecuzione è tenuto ad accertare la sopravvenienza dei fatti estintivi, impeditivi o modificativi in base alla stessa l. sostanziale che ha presieduto alla valutazione dell’esistenza dei fatti costitutivi già dedotti nella sede processuale estera e che ha disciplinato il relativo onere della prova. Il giudizio promosso ai sensi dell’art. 615 c.p.c. dovrebbe adattarsi al dir straniero. Solo in tal modo sarebbe assicurata l’identità della disciplina preposta alla valutazione dell’unico rapp obbligatorio, oggetto di esame, dapprima del giudice straniero, poi di quello italiano. Quando sia proposta l’opposizione all'esecuzione si pone il problema della possibilità per il giudice italiano di utilizzare i pot di sospensione del proc esecutivo o dell’efficacia esecutiva del tit previsti, rispettivamente, dall’art. 615 c.p.c. e 624 c.p.c. ln proposito la sospensione dell'esecuzione del tit esecutivo eu nello Stato dell’esecuzione è circoscritta ad ipotesi eccezionali ed è subordinata all’impugnazione della dec certificata o alla richiesta di rettifica o revoca del certificato nello Stato d’origine. Ciò significa che un debitore contro il quale è stata promossa 7 un'esecuzione sulla base di un tit esecutivo eu, non potrà richiedere la sospensione in forza della normativa interna se non avrà prima instaurato nello Stato m. a monte un'impugnazione secondo la lex fori o una domanda di rettifica o di revoca del certificato, o di riesame della dec ai sensi dell’art. 19 Reg. Per quanto concerne l’opposizione agli atti esecutivi, nella parte in cui con essa si miri a contestare irregolarità formali del proc esecutivo, la stessa, riguardando il segmento processuale che si svolge nell’ord nazionale, sarà regolata interamente delle norme interne. Un vizio di forma di cui il debitore potrebbe dolersi riguarda il mancato deposito dei docc di cui art. 20 Reg. Anche questo tipo di opposizione incontra dei limiti quando il proc esecutivo è stato avviato sulla base di un tit esecutivo eu. Il debitore non potrà utilizzare il rimedio di cui all’art. 617 c.p.c. per contestare la divergenza tra dec e certificato, essendo gli errori materiali del certificato di tit esecutivo eu contestabili esclusivamente con la domanda di rettifica da presentare al giudice a quo. Allo stesso modo il debitore non potrà lamentare la mancanza della formula esecutiva, dal momento che il tit esecutivo eu non necessita della relativa apposizione. L’opposizione di terzo all’esecuzione prevista dall’art. 619 c.p.c. sarà, di regola, sempre esperibile a tutela del dir di proprietà o di altro dir reale sui beni pignorati essendo il terzo soggetto estraneo all’esecuzione. L'unica preclusione che il terzo incontra è rappresentata dal fatto che costui non potrà mai far valere dir che vadano ad incidere sull’accertamento della qualità di creditore, status oramai cristallizzato nel tit esecutivo eu. CAP. 2 – Esecuzione sui beni costituiti in pegno 1. Esecuzione sui beni costituiti in pegno. Generalità (pp. 23 – 24) Il pegno è disciplinato nel c.c. agli artt. 2784 ss., in un apposito capo inserito nel libro sulla tutela dei dir. Il cod non fornisce una definizione esplicita del pegno, ma dà alcuni elementi essenziali per l’inquadramento dell’istituto: l’art. 2741 c.c., lo qualifica come una causa legittima di prelazione, unitamente ai privilegi ed all’ipoteca; mentre l’art. 2784 c.c. specifica che viene costituito a garanzia dell’obbligazione dal debitore o da un terzo, e che possono formarne oggetto beni mobili, universalità di mobili, crediti e altri dir aventi per oggetto beni mobili. Ai sensi dell’art. 2786 c.c., il pegno sui beni mobili si costituisce con la consegna al creditore, o ad un terzo designato dalle parti, della cosa o doc che conferisce l’esclusiva disponibilità della cosa: può anche essere prevista una custodia congiunta, ma in questo caso è essenziale che il costituente si trovi nell’impossibilità di disporre della cosa senza la cooperazione del creditore. Lo spossessamento del datore di pegno rappresenta il momento centrale per la nascita della garanzia, e vale ad imprimere sul bene conferito un vincolo di destinazione alla soddisfazione del credito del beneficiario. Ciò non significa che il bene venga espunto dal patrimonio del debitore, e sottratto alla funz di garanzia generica per tutti i crediti di costui, ma implica che il creditore pignoratizio ha dir di essere preferito agli altri nella ripartizione della somma ricavata dalla vendita forzata della cosa ricevuta in pegno. La particolare condizione nella quale viene a trovarsi sul piano sostanziale il bene costituito in pegno, posto al riparo da possibili atti dispositivi del suo proprietario, si ripercuote sulla tutela processuale assicurata al creditore pignoratizio in sede esecutiva. Si tratta di una tutela particolarmente intensa, che si estrinseca in forme procedurali differenziate la cui scelta, a determinate condizioni, è rimessa al creditore pignoratizio. Egli può utilizzare l’ordinario proc di esecuzione forzata, beneficiando di un’esenzione dal passaggio, altrimenti obbligato, del pignoramento; o può ricorrere alle particolari forme di vendita o di assegnazione disciplinate dal cod agli artt. 2797 e 2798. Per alcune tipologie di beni soccorrono le disp contenute in l. speciali, che, tenendo conto delle specificità del cespite o del dir considerati e dell’impossibilità di applicare la disciplina sostanziale generale, introducono forme particolari di esecuzione, alternative a quelle indicate dal c.p.c. 2. Espropriazione nelle forme del codice di rito: a) presupposti e ambito di applicazione (pp. 24 – 25) Il creditore pignoratizio può scegliere di soddisfarsi sul bene ricevuto a garanzia del proprio credito chiedendone la vendita o l’assegnazione secondo le forme del c.p.c. La norma di riferimento è l’art. 502 c.p.c., che prevede alcune possibili varianti all’ordinario proced di espropriazione, dovute alla particolare condizione nella quale viene a trovarsi il cespite costituito in pegno. Il ricorso al proced delineato dall’art. 502 è consentito al solo creditore pignoratizio munito di tit esecutivo: si tratta di un'ordinaria procedura esecutiva, inserita nell’alveo della piena giurisdizionalità, che non fa eccezione al princ nulla executio sine titulo. Sotto questo profilo va evidenziata la differenza rispetto alla vendita o all'assegnazione disciplinate dal c.c. che, muovendosi su un piano sostanziale, prescindono dal possesso di un tit esecutivo. Analizzando il dettato dell’art. 502 è possibile individuarne il corretto ambito di applicazione: la sua collocazione nel capo dedicato all’espropriazione forzata potrebbe trarre in inganno e far pensare ad un'efficacia generalizzata. Tuttavia, la natura del vincolo di garanzia non lascia dubbi circa la riferibilità alla sola espropriazione mobiliare, come dimostrato dalla tipologia di beni presi in considerazione dalla norma. L’art. 502 parla di espropriazione delle cose date in pegno o dei mobili soggetti ad ipoteca, chiarendo la natura mobiliare della procedura esecutiva di riferimento. Cose date in pegno sono i beni mobili corporali, gli unici passibili di materiale apprensione e di imposizione del vincolo di garanzia reale mediante spossessamento. Ne restano esclusi i beni incorporali, come i crediti, per i quali si rende necessario procedere al pignoramento, eventualmente presso terzi, o richiedere la vendita o l’assegnazione ai sensi dell’art. 2804 c.c. Per quanto concerne i beni mobili soggetti ad ipoteca, va osservato che, realizzandosi l’ipoteca mobiliare mediante iscrizione nei pubblici registri e non con la consegna materiale del bene, l’esenzione dal pignoramento appare meno giustificata: rimangono attuali le esigenze di individuazione del bene e di sua destinazione al soddisfacimento coattivo del credito azionato, come dimostrerebbe anche il perdurante obbligo di pignoramento rispetto ai beni immobili ipotecati. Secondo l’interpretazione corrente nella categoria considerata rientrano, in conformità alla previsione dell’art. 2810 c.c., le rendite dello Stato e gli autoveicoli. Le navi e gli aeromobili, pur essendo beni mobili registrati 10 al termine per l’intimazione o l’opposizione potrebbero essere modificate solo in senso più vantaggioso per il debitore: mancando ogni intervento del giudice e un controllo dello Stato sulle operazioni, dovrebbero considerarsi insopprimibili i termini a difesa] 6. c) procedimento di assegnazione in autotutela (pp. 32 – 33) In alternativa alla vendita, il creditore pignoratizio può chiedere, ai sensi dell’art. 2798 c.c., che il bene costituito in pegno gli venga assegnato in pagamento fino alla concorrenza del debito, secondo una stima da farsi tramite perizia o secondo il prezzo corrente, se la cosa abbia un valore di mercato. Nel caso dell'assegnazione, e a differenza di quanto accade per la vendita, è indispensabile l’intervento del giudice: ciò che si vuole evitare è che tramite l’assegnazione venga violato il divieto di patto commissorio posto dall’art. 2744 c.c., e che il creditore acquisti direttamente la proprietà della cosa data in pegno in caso di mancato pagamento del credito nel termine pattuito. Dovrà sempre essere il giudice ad ordinare la stima del bene o a valutare l’esistenza di un prezzo di mercato. Questa circostanza ha portato autorevole dottrina a negare che nell’ipotesi disciplinata dall’art. 2798 c.c. si possa rimanere nell’ambito dell’esecuzione stragiudiziale e si possa continuare a parlare di autotutela. Non va dimenticato che anche in questo caso il creditore pignoratizio può essere sprovvisto di un tit esecutivo, e che agisce indipendentemente dal suo possesso. L’intervento del giudice non dev’essere visto in una prospettiva esecutiva, come se si trattasse di una procedura espropriativa destinata a concludersi con l’assegnazione forzata, ma in una prospettiva cognitiva, di controllo circa la congruità del prezzo. Sulla base di questo presupposto interpretativo, è possibile risolvere alcuni dei problemi legati all’applicazione della norma, primo fra tutti quello dell’individuazione del giudice competente. Pare corretto ritenere che debba trattarsi del giudice della cognizione ordinaria, in particolare del trib del luogo di residenza del creditore (quindi di adempimento dell’obbligazione principale) ai sensi dell'art. 20 c.p.c., e non del giudice dell’esecuzione. Il creditore, al termine di questa procedura, diviene proprietario del bene, anche se esso abbia un valore superiore al credito complessivo. Stante la limitazione letterale «fino alla concorrenza del debito», sembra corretto ritenere che costui debba in questi casi versare una somma a tit di conguaglio, secondo i princ generali in materia di assegnazione. Tanto l’assegnazione di cui all’art. 2798 c.c., quanto la vendita di cui all’art. 2797 c.c., sono apprestate dal c.c. nell’interesse esclusivo del creditore pignoratizio e difettano di qualsiasi effetto conservativo in favore di eventuali altri creditori del medesimo debitore: a decorrere dalla sua costituzione il pegno svolge la sua funz di garanzia del credito impedendo gli atti di disp sul bene vincolato, e consentendo al beneficiario di avvalersi in autotutela del dir di vendita o di assegnazione a proprio esclusivo vantaggio. Ciò implica che in entrambi i proced speciali non vi è spazio per l'intervento dei creditori. In mancanza di una disciplina specifica sul punto, si ritiene che gli altri creditori del debitore pignoratizio possano aggredire esecutivamente il bene vincolato con le forme del pignoramento presso terzi: in questo caso, secondo la ricostruzione dottrinale preferibile, la procedura speciale prevista dal c.c. non potrebbe proseguire ed il creditore pignoratizio, dichiarata l’improcedibilità della vendita coattiva in autotutela, dovrebbe sottoporsi alle regole della comune espropriazione col creditore procedente e quelli eventualmente intervenuti nell’esecuzione ordinaria, nel rispetto delle reciproche cause di prelazione. 7. d) opposizione (pp. 33 – 36) Entro 5gg dall’intimazione ad adempiere (aumentati a 90 se il debitore non abbia residenza o domicilio eletto nel luogo di residenza del creditore) il debitore ha facoltà di proporre opposizione alla vendita. L’art. 2797 c.c. non dice nulla circa le forme che tale opposizione dovrebbe seguire, e ciò ha determinato l’insorgere di una serie di ricostruzioni confliggenti dell'istituto. L’orientamento da ultimo accolto dalla Cass riconduce l’opposizione alla vendita alla figura dell’opposizione a precetto: equiparata l’intimazione ad adempiere all’atto di precetto; si è ritenuto che l’intero giudizio di opposizione ai sensi dell’art. 615 c.p.c. debba rappresentare il paradigma procedurale cui attingere per regolare i profili non esplicitamente disciplinati dal c.c. Ma proprio quei pochi profili disciplinati evidenziano differenze marcate fra i due strumenti, che portano ad escluderne l’intercambiabilità. Diverso è il termine per l’esercizio della relativa az. L’opposizione al precetto può essere promossa sino a quando non sia eseguito il pignoramento, quindi durante tutta la decorrenza del termine acceleratorio di 90gg, fissato dall'art. 481 c.p.c.; iniziata l’esecuzione resterebbe aperta al debitore la strada all’opposizione di merito ex art. 615 c.p.c., non difforme da quella preventiva sotto il profilo degli effetti inibitori sulla vendita. L’opposizione alla vendita coattiva può essere esercitata solo entro un termine decadenziale brevissimo, di 5gg dall’intimazione, decorso il quale non è chiaro se sia ammesso il ricorso ad altri alternativi rimedi per bloccare la liquidazione forzosa dei beni. [Secondo parte della dottrina, spirato il termine fissato dall’art. 2797 c.c. l'opposizione potrebbe ancora proporsi, ma solo per doglianze relative al dir di proccdcrc ad esecuzione forzata, e senza dar luogo all'automatica sospensione delle operazioni di vendita. Di diverso avviso altra dottrina, per la quale l’az proposta fuori dai termini non potrebbe avere alcun tipo di incidenza sulla vendita coattiva, ma potrebbe condurre solo ad un accertamento della situazione sostanziale, ed eventualmente al risarc del danno che si dimostrasse di aver subito] Diverso è il modo di operare dell'effetto sospensivo sulla vendita minacciata. L’art. 615 c.p.c. consente al giudice investito dell’opposizione a precetto una valutazione discrezionale dei gravi motivi idonei a determinare la sospensione dell'efficacia esecutiva del tit azionato: l'efficacia incondizionata del tit esecutivo può essere arrestata solo in presenza di circostanze tali da far presumere che vi sia una discrepanza con la situazione sostanziale sottostante al tit medesimo. Nell’opposizione alla vendita in autotutela la sospensione delle attività liquidative è automatica, e si produce per il semplice fatto della proposizione della domanda: manca un tit esecutivo, quindi difetta un precedente riconoscimento giudiziale o stragiudiziale della situazione debitoria, e la sospensione automatica della vendita viene considerata come una sorta di contropartita per l’assenza del tit, a tutela della parte intimata. La differenza più profonda concerne l’oggetto del giudizio. A tale proposito non si deve dimenticare che 11 l'opposizione di merito all’esecuzione, sia essa preventiva o successiva, si risolve in un giudizio sull'esistenza del dir di procedere ad esecuzione forzata: a seconda delle diverse ricostruzioni si tratta di in una contestazione sull’inesistenza, originaria o sopravvenuta, del tit esecutivo, o del dir di credito azionato, cui vanno aggiunte, per la sola ipotesi dell’alt. 615 c.p.c., le controversie sulla pignorabilità dei beni staggiti. Per l’opposizione alla vendita coattiva si profila un oggetto variabile, sulla cui ampiezza sembra che si fatichi a raggiungere un punto fermo. [In giurisprudenza prevaleva un orientamento restrittivo, secondo il quale il giudice dell’opposizione non avrebbe potuto accertare la fondatezza nel merito delle contrapposte pretese delle parti e deliberare sulle relative domande, ma si sarebbe dovuto limitare ad affrontarle solo incidentalmente, se essenziale per la verifica di eventuali vizi procedurali. Recentemente, una riflessione sul dato letterale delle norme sostanziali e processuali coinvolte, unita a valutazioni di economia processuale, ha condotto ad ammettere nell’opposizione ex art. 2797 c.c. la proposizione da parte del debitore di questioni relative tanto al rito quanto al merito del dir azionato. In dottrina nessuno ha mai dubitato della spendibilità nel proced di ragioni di merito, attinenti al dir di procedere alla vendita, che si aggiungerebbero alle controversie inerenti alla regolarità formale o sostanziale dell'intimazione, o della sua notifica] Considerata anche la funz di controllo svolta da questo rimedio oppositivo nell’assenza del tit esecutivo, non sembra che sussistano valide ragioni per limitarne l’oggetto alle sole contestazioni processuali: nel silenzio della norma, si deve ritenere che il debitore possa sollevare vizi procedurali, anche relativi alle particolari modalità di realizzazione della garanzia concordate fra le parti, e ragioni di merito, oltre che eventuali questioni circa la limitazione della vendita ad alcune solo delle cose date in pegno. Si riuniscono contestazioni che secondo i canoni generali farebbero capo in parte all’opposizione agli atti esecutivi ed in parte all’opposizione all’esecuzione, ed anche sotto questo profilo è evidente la distanza fra l’opposizione alla vendita in autotutela e l’opposizione a precetto. Se si guarda ai caratteri delineati dall'art. 2797 c.c., ci si rende conto che l’opposizione contemplata è qualcosa di diverso dall’opposizione preventiva al precetto: il brevissimo termine decadenziale d’esercizio e l’automaticità della sospensione della vendita disegnano un istituto in cui il ricorso all’autorità giudiziaria viene a bilanciare in modo forte l'assenza del tit esecutivo e della giurisdizionalità insita nell’esercizio dell’az esecutiva. L’opposizione all’esecuzione si inserisce come incidente cognitivo in una fattispecie sin dall’inizio caratterizzata dalla giurisdizionalità, dalla proposizione di un’az esecutiva fondata, ai sensi dell’art. 474 c.p.c., su di un tit esecutivo, per la tutela di un dir certo, liquido ed esigibile. Questo giustifica il diverso trattamento processuale delle due figure e, nell’assenza di specifici rinvii normativi, deve condurre all'applicazione all’opposizione ex art. 2797 c.c. delle disp sul proced ordinario di cognizione in 1°grado. Il giudice competente, da adire con atto di citazione, andrà individuato in base agli ordinari criteri di competenza per valore e per territorio: mancando la figura del giudice dell’esecuzione, non sarebbe possibile determinare il foro competente per l’opposizione ai sensi dell’art. 27 c.p.c. Contrariamente a quanto statuito dalla giurisprudenza di merito, il giudizio sarà assoggettato alla sospensione feriale dei termini, e non esentato dalla stessa come l’opposizione all’esecuzione. 8. Forme speciali di esecuzione su beni costituiti in pegno: cenni (pp. 36 – 37) Per alcune particolari tipologie di beni l’alternativa rispetto all’espropriazione forzata ex art. 502 c.p.c. è rappresentata dalla procedura delineata da l. speciali che regolano la costituzione del vincolo pignoratizio. Fra le più importanti va ricordato il r.d.l. 436/27, che all'art. 7 disciplina l'esecuzione forzata speciale sugli autoveicoli. Poiché la corrispondente disciplina, completata dal reg attuativo, di cui al r.d. 1814/27. Il d.lgs. 170/04, disciplina i contratti di garanzia finanziaria, fra i quali, ai sensi dell’art. 1, rientra anche il contratto di pegno avente ad oggetto attività finanziarie. L'escussione del pegno è disciplinata dagli artt. 4 e 5, che conferiscono al creditore pignoratizio il pot di disporre anche mediante alienazione, dell’attività finanziaria oggetto del pegno, o di appropriarsene fino a concorrenza del valore dell’obbligazione garantita, se ciò sia previsto nel contrato di garanzia finanziaria e concordemente alle pattuizioni in esso contenute. Particolare è la disciplina contenuta nella l. 401/85, che detta le norme sulla costituzione in pegno di prosciutti a denominazione di origine tutelata, in alternativa alle modalità previste dall'art. 2786 c.c. La natura deperibile del bene e le necessità legate alla sua lavorazione e stagionatura rendono sconsigliabile per il creditore, che non sia a sua volta anche produttore, lo spossessamento del debitore e la materiale apprensione del prodotto non finito: il pegno può essere costituito con l'apposizione sulla coscia a cura del creditore pignoratizio, in qualunque fase della lavorazione, di uno speciale contrassegno indelebile e con la contestuale annotazione su appositi registri vidimati annualmente, in conformità ai modelli ed alle previsioni approvati con d. del Min dell'industria, del commercio e dell'artigianato su proposta dei consorzi di tutela della denominazione d'origine. In caso di vendita, l’art. 3 stabilisce che non può essere eseguita la tradizione al compratore se prima non sia stato soddisfatto il creditore pignoratizio, o se non vi sia il suo consenso, che deve risultare da annotazione sui registri, a margine della costituzione del vincolo. In base all’art. 6, il creditore può richiedere, in particolare quando il vincolo sia realizzato nelle forme ordinarie previste dal c.c., la vendita ai sensi dell’art. 2797 c.c., che sarà eseguita presso lo stabilimento del debitore. Può domandare, a norma dell’art. 3, l’assegnazione dei prosciutti oggetto di pegno ai sensi dell’art. 2798 c.c. CAP. 3 – Espropriazione e partecipazioni sociali Parte 1 – Espropriazione di quote di SRL 1. Premessa. Incerta natura giuridica della quota e questione delle forme dell’espropriazione negli orientamenti tradizionali (pp. 39 – 41) L’espropriazione di quote di srl ha generato notevoli questioni, sia sotto il profilo teorico, sia pratico. Le ragioni di tale problematiche devono essere ricercate, da un lato, nell’assenza, per lungo tempo, di una disciplina specifica e, dall’altro, nell’incertezza relativa alla natura giuridica delle quote, che si è riflessa nelle difficoltà di individuare le modalità con le quali attuare il pignoramento. Fino alla riforma del dir societario intervenuta col d.lgs. 6/03, l’unica norma che si occupava del 12 tema, l’abrogato art. 2480 c.c., si limitava a enunciare che la quota può formare oggetto di espropriazione, senza fornire alcuna indicazione delle modalità con le quali procedere alla stessa. Nel scegliere quale forma di pignoramento, tra quelle previste nel c.p.c., fosse la più idonea, occorreva identificare a quale bene la quota fosse assimilabile. [La natura giuridica della quota è stata oggetto di ampio dibattito, da cui sono emerse numerose posizioni. Essa è costituita da un complesso di situazioni attive e passive di natura e contenuto eterogenei e, sotto il profilo dinamico della circolazione, la quota è considerabile come un'entità oggettivamente unitaria. La giurisprudenza, dopo una prima fase in cui aveva trattato la quota come un dir di credito nei confronti della società, ha consolidato l’orientamento secondo il quale la quota esprime una posizione contrattuale obiettivata, da considerare alla stregua di bene immateriale assimilabile a un bene mobile e suscettibile di essere oggetto di situazioni soggettivo reali] Per quanto concerne le modalità di espropriazione, si è proposto l’utilizzo delle forme del pignoramento diretto presso il debitore, del pignoramento di beni indivisi, di un pignoramento documentale specifico, nel quale il creditore avrebbe dovuto notificare al debitore un atto recante l’ingiunzione di cui all’art. 492 c.p.c., con la successiva iscrizione dell’atto nel libro soci. Per la giurisprudenza prevalente, l’espropriazione delle quote doveva rivestire le forme del pignoramento presso terzi. Questa soluzione si fondava su ragioni pratiche e operative: il pignoramento presso terzi appariva lo schema procedimentale più idoneo per realizzare l’attuazione del vincolo, il quale necessitava della collaborazione della società, sia al fine di individuare la quota, sia al fine di iscrivere il vincolo nel libro soci. Il debitore avrebbe dovuto notificare al debitore e alla società un atto avente i requisiti di cui all'art. 543 c.p.c. (contenente l’ingiunzione prevista dall’art. 492 c.p.e. al debitore, e alla società l’intimazione a non disporre dei beni, le quote, senza ordine del giudice), a mezzo del quale il legale rappresentante della società veniva citato all’ud per rendere la dich, che egli era tenuto a effettuare, indicando se il debitore fosse socio, l’entità della sua partecipazione nella società (e secondo alcuni anche il valore di questa) e l’esistenza di vincoli gravanti sulla quota. Sennonché il ricorso alle forme dell’espropriazione presso terzi era poco appagante sotto il profilo teorico e sistematico. In primo luogo, la posizione della società non era assimilabile né a quella di un creditore, né a quella di un possessore del bene. In secondo luogo, l’intimazione, rivolta alla società in qualità di terzo, non sembrava poter avere alcuna portata giuridica, in quanto la società non aveva pot di disp delle quote del socio, che avrebbero potuto essere trasferite a prescindere dalla collaborazione degli organi sociali. La società, quale terza pignorata, avrebbe dovuto assumere ex lege, al momento della notifica dell’atto, gli obblighi di custodia della quota, esercitando tutti i dir patrimoniali, amministrativi e di controllo che a questa si accompagnano, ponendosi in una situazione analoga a quella che discenderebbe dall'acquisto o dal pegno di proprie az, operazioni che l’art. 2483 c.c. (oggi art. 2474 c.c.) vietava. [Anche dal punto di vista pratico, lo schema del pignoramento presso terzi creava non pochi inconvenienti. Il creditore, atteso che il rappresentante della società di solito non rilasciava la dich prevista dall’art. 547 c.p.c., era costretto ad instaurare un giudizio di cognizione, al cui esito la quota avrebbe potuto avere un valore differente da quello risultante al momento del pignoramento. Tenuto conto che nel tipo di società in questione la compagine sociale è di solito ristretta, fino al punto da poter essere anche unipersonale, e che spesso l’amministratore o gli amministratori sono titolari della maggioranza o della totalità del capitale sociale, la durata dell’incidente di cognizione avrebbe potuto consentire, da parte di questi ultimi, comportamenti di gestione non corretti, in quanto il positivo andamento della società, col conseguente aumento del valore delle sue quote, avrebbe finito per andare a beneficio del creditore] 2. Istituzione del registro delle imprese, nuovo art. 2471 c.c., introdotto dal d.lgs. 6/03 e superamento dell’orientamento dell’espropriazione secondo le forme del pignoramento presso terzi (pp. 41 – 45) Un contributo al superamento dell’orientamento consolidato si è avuto con l’entrata in vigore delle l. 310/93 e 580/93. La prima ha novellato l’art. 2479 c.c., prevedendo che l’atto col quale si trasferisce la quota debba essere depositato a cura del notaio autenticante per l’iscrizione nel registro delle imprese; la seconda ha istituito detto registro. Tali interventi normativi hanno avuto conseguenze sul dibattito relativo alle modalità con le quali procedere all'espropriazione, sebbene non si occupassero direttamente del tema. In virtù delle nuove norme era possibile assimilare, sotto il profilo del regime di circolazione, le quote ai beni mobili immateriali iscritti in pubblici registri. Si è sostenuto che il regime di pubblicità valesse anche per i vincoli sulle quote e che il pignoramento dovesse effettuarsi non con le forme del pignoramento presso terzi, ma con la notifica al debitore e la successiva iscrizione nel registro delle imprese di un atto contenente l’indicazione delle quote e l'ingiunzione di cui all’art. 492 c.p.c. [Tale proposta è stata oggetto di alcune critiche, che si appuntavano sul princ di tassatività delle iscrizioni nel registro delle imprese, il quale avrebbe escluso l’ammissibilità dell’iscrizione del pignoramento, in quanto atto non espressamente previsto] In questo quadro normativo e interpretativo è intervenuta la riforma del dir societario la quale ha introdotto una norma, nell’art. 2471 c.c., che si occupa di disciplinare le forme dell'espropriazione di quote. Tale norma, dopo aver ribadito che la partecipazione può formare oggetto di espropriazione, stabilisce che il pignoramento si esegue mediante notificazione al debitore e alla società e successiva iscrizione nel registro delle imprese. Gli amministratori procedono senza indugio all’annotazione nel libro soci. Quest’ultimo periodo è stato abrogato ad opera dell’art. 16, d.l. 185/08, convertito nella l. 2/09, col quale è stato eliminato l’obbligo delle società di tenere il libro soci. Alla luce del dettato normativo, il pignoramento si esegue mediante notificazione al debitore e alla società di un atto contenente, oltre all’ingiunzione dell’ufficiale giudiziario rivolta al debitore, i dati che consentono di individuare la società e l’indicazione del valore nominale della quota; info, queste ultime, facilmente reperibili consultando il registro delle imprese. Successivamente, l’atto dev’essere depositato per l’iscrizione nel registro delle imprese. La norma non chiarisce quali soggetti siano legittimati al deposito dell’atto di pignoramento presso il registro delle imprese per l’iscrizione. In analogia con quanto prevede l’art. 555 c.p.c. in materia di pignoramento immobiliare, devono ritenersi legittimati sia l’ufficiale giudiziario, sia il creditore, il quale rappresenta un soggetto interessato che può domandare le iscrizioni. Deve ritenersi che l’art. 2471 c.c., recependo la tesi 15 dell’applicazione di questo schema, il giudice dell’esecuzione, dopo la presentazione dell’istanza, e fuori ud, nomina l’esperto, convocandolo per la prestazione del giuramento, fissando l’ud per l’autorizzazione alla vendita e il termine, con scadenza anteriore all’ud medesima, per il deposito della relazione di stima, concedendo alle parti di presentare osservazioni in ud, a patto di averle inviate all'esperto almeno 15gg prima. In quest’ultimo caso, l’esperto interviene in ud per rendere i chiarimenti necessari. Deve ritenersi che l'esperto, ai fini della valutazione delle quote, possa richiedere la documentazione necessaria agli organi amministrativi della società] La dottrina sembra orientata a ritenere che il giudice possa disporre solo la vendita all'incanto. Non si esclude la possibilità, per il giudice, ove lo reputi opportuno, di delegare le operazioni di vendita a professionisti, in quanto tale forma potrebbe risultare più efficiente. 6. Vendita delle partecipazioni non liberamente trasferibili (pp. 49 – 51) La srl si connota per la rilevanza assegnata alla persona del socio o soci. Tale rilevanza si riflette anche sul regime circolatorio delle quote, nel senso che la trasferibilità (inter vivos, o mortis causa) delle quote, con disp dell’atto costitutivo, può essere limitata, con clausole di prelazione e di gradimento. In questi casi, sorge l’esigenza di conciliare gli obiettivi della liquidazione con l’interesse della società di non subire l’ingresso di soci non graditi. A tale esigenza risponde l’art. 2471 c.c. con la previsione di uno specifico modello procedimentale. La norma stabilisce che se la partecipazione non è liberamente trasferibile e il creditore, il debitore e la società non si accordano sulla vendita della quota, la vendita ha luogo all'incanto; ma la vendita è priva di effetto se, entro 10gg dall'aggiudicazione, la società presenta un altro acquirente che offra lo stesso prezzo. [In passato la giurisprudenza di legittimità riteneva che la norma si applicasse limitatamente ai casi in cui la libera trasferibilità della partecipazione fosse posta nell'interesse della società (e in presenza di clausola di gradimento), ma non in relazione alle clausole di prelazione, che risponderebbero all’interesse dei soci. Tale orientamento è stato superato, e si ritiene che la norma si applichi in presenza di qualunque tipo di limite al trasferimento delle quote previsto in sede statutaria] Il modello procedimentale disegnato dall’art. 2471 c.c. prevede due ipotesi. Nella prima ipotesi, vi è l'accordo sulla vendita tra creditore, debitore e società. Si discute se esso debba perfezionarsi entro l’ud prevista dall’art. 530 c.p.c. o anche successivamente, dopo l’ordinanza di vendita. La soluzione preferibile è la prima, in quanto dall’accordo dipendono le modalità dello svolgimento della liquidazione. Di conseguenza, anche qualora l'accordo sia raggiunto in sede stragiudiziale, esso dovrà essere formalizzato in ud, affinché il giudice ne prenda atto ed emetta i provv consequenziali. Per quanto concerne l’aggiudicazione, se all’ud vi sia la comparizione anche dell'acquirente, il quale offra il prezzo stabilito, il giudice emetterà il provv traslativo, disponendo l’aggiudicazione a suo favore, e gli altri provv consequenziali, tra cui la cancellazione del pignoramento dal registro delle imprese. Nel caso in cui l’acquirente non si presenti, o presentandosi, non offra il prezzo, il giudice non potrà disporre l’aggiudicazione, ma dovrà fissare un termine per il versamento del prezzo, a ciò subordinando l’aggiudicazione e gli altri provv. [La dottrina ritiene che tale vendita non sia una vendita negoziale, soggetta alla disciplina privatistica dettata per i contratti, ma rimanga una vendita giudiziaria. Di conseguenza, è il giudice a disporre la vendita. Si ritiene che l’accordo abbia natura di accordo processuale, che si inserisce nella sequenza degli atti del proc esecutivo, e non rappresenti un negozio di dir privato con effetti processuali. Ci si domanda se l’accordo debba prevedere un prezzo pari a quello risultante dalla relazione di stima, o possa essere inferiore. Tenuto conto che all'accordo partecipano tutti gli interessati (società, debitore e creditore, con la necessità del consenso, si ritiene, anche dei creditori intervenuti muniti di tit esecutivo), potrebbe ritenersi valido un accordo a prezzo inferiore] Nella seconda ipotesi, l’accordo non è raggiunto. In questo caso, il giudice dispone la vendita all'incanto, con provv che il creditore deve notificare alla società, la quale potrebbe stimolare la partecipazione all'incanto di soggetti graditi. Anche dopo l’aggiudicazione, la società, entro 10gg, può presentare un nuovo acquirente disposto ad offrire lo stesso prezzo dell’aggiudicatario. L’aggiudicazione è immediatamente produttiva di effetti, e realizza il trasferimento, ma essa è sottoposta alla condizione risolutiva rappresentata dalla presentazione di un nuovo acquirente da parte della società. [La norma prevede che il nuovo acquirente sia presentato dalla società. Si ritiene che questa debba formalizzare il proprio gradimento nei confronti del nuovo acquirente tramite una dich dell'organo che ne ha la rappresentanza; dich che andrà depositata in cancelleria unitamente alla nuova offerta. Di conseguenza, può porsi il problema dell’invalidità della dich, se proveniente da soggetto privo del relativo pot. In questo caso, si ammette la possibilità per il primo aggiudicatario di proporre opposizione ex art. 617 c.p.c.] Parte 2 – Espropriazione di azioni 7. Premessa. Azioni e diverse tecniche rappresentative adottate dal legislatore; loro rilevanza in ordine alle modalità di espropriazione (pp. 51 – 52) Nelle società azionarie, col termine az, sotto il profilo sostanziale, si fa riferimento sia alla partecipazione sociale, che i soci ricevono a fronte del conferimento, sia alla misura quantitativa di detta partecipazione, intesa come frazione del capitale sociale, frazione che dev’essere indivisibile e di uguale valore. Il legislatore ha adottato diverse tecniche rappresentative, ossia meccanismi attraverso i quali sono regolate la legittimazione, la circolazione, la creazione di vincoli e le altre vicende riguardanti le partecipazioni. Le az possono essere incorporate in un doc cartaceo, il tit azionario, che costituisce un tit di credito. Ma il legislatore ammette anche la possibilità che la società non emetta tit azionari: in questa ipotesi la partecipazione non è rappresentata da un tit di credito. Per le società con az quotate nei mercati regolamenti e per le società con az diffuse tra il pubblico, è prevista, obbligatoriamente, la dematerializzazione delle az, la quale può essere prevista, in via facoltativa, anche per le altre società azionarie. Tutte le az sono espropriabili. L’eccezione è rappresentata dalle az o quote rappresentative del capitale delle società cooperative, le quali, finché dura la società, non sono suscettibili di espropriazione forzata, per espressa disp dell'art. 2537 c.c. Le diverse tecniche rappresentative influenzano le modalità con le quali si realizza l’espropriazione, che mutano a seconda che le az siano incorporate in un doc cartaceo, non emesse, o in regime di 16 dematerializzazione. Con riguardo a quest’ultimo caso sorgono rilevanti problemi, vuoi per la necessità di coordinare le norme codicistiche con quelle della legislazione speciale, vuoi perché le disp processuali non sono state adeguate a quelle sostanziali, imponendo a giurisprudenza e dottrina la ricerca di uno schema procedimentale idoneo in via interpretativa. È opportuno trattare separatamente le diverse ipotesi. [Le az possono essere nominative o al portatore. Ai sensi dell'art. 1 l. 239/42, i tit azionari sono obbligatoriamente nominativi. Fanno eccezione al divieto le az di risparmio, per le quali è prevista la scelta di regime. Le az di risparmio sono dematerializzate, in quanto possono essere emesse solo dalle società quotate in mercati regolamentati] 8. Espropriazione di azioni incorporate in un documento (pp. 52 – 54) Il doc che incorpora l’az, tit azionario, costituisce un bene mobile ed è espropriabile secondo i modelli previsti per questi ultimi. Il pignoramento si esegue nelle forme del pignoramento mobiliare (artt. 513 c.p.c. ss.), se il tit è nel possesso del debitore, e in quelle dell’espropriazione presso terzi (artt. 543 ss. c.p.c.) se le az siano detenute da altri, ad es siano depositate presso una banca o la società medesima. In considerazione della peculiarità delle az, sono previsti specifici adempimenti per l’attuazione del vincolo. [La circolazione delle az nominative può avvenire col metodo del transfert in relazione al quale l’art. 2022 c.c. stabilisce che il trasferimento del tit nominativo si opera mediante l’annotazione del nome dell’acquirente sul tit e nel registro dell’emittente o col rilascio di un nuovo tit intestato al nuovo titolare. La circolazione può avvenire anche mediante girata: il giratario che si dimostra possessore in base a una serie continua di girate ha dir di ottenere l’annotazione nel libro soci ed è legittimato a esercitare tutti i dir sociali. Il trasferimento delle az incorporate in tit al portatore avviene con la consegna del tit. La legittimazione all’esercizio dei dir è subordinata alla presentazione del tit. Si ritiene che tali norme disciplinino l'efficacia del trasferimento delle az nei confronti delle società, e siano necessarie affinché l’acquirente ottenga la legittimazione all'esercizio dei dir sociali; mentre non sarebbero necessarie per l’acquisto della proprietà, in ordine al quale sarebbe sufficiente, in applicazione del princ consensualistico, il perfezionamento di un valido negozio traslativo] Per quanto concerne le az nominative, occorre fare riferimento all'art. 1997 c.c., che esprime il princ generale per il quale il pignoramento e gli altri vincoli sul dir non hanno effetto se non si attuano sul tit; all'art. 2024 c.c., dettato per i tit nominativi, che specifica che nessun vincolo sul credito produce effetti nei confronti dell’emittente e dei terzi, se non risulta da una corrispondente annotazione sul tit e nel registro; e all'art. 3 r.d. 239/42 (sulla nominatività obbligatoria dei tit azionari), il quale prevede che i pignoramenti, sequestri ed altre opposizioni debbono essere eseguiti sul tit. In virtù di tali norme, il vincolo pignoratizio sul tit azionario dev’essere annotato sul tit medesimo e nel libro soci. Nel caso di pignoramento mobiliare presso il debitore, l’annotazione del vincolo sul tit è a cura dell'ufficiale giudiziario, del quale costituisce un preciso pot-dovere. Il custode nominato dal giudice dell’esecuzione, deve attivarsi per chiedere alla società, dietro presentazione del tit sul quale l’ufficiale giudiziario ha annotato il vincolo, l’annotazione nel libro soci. Nell’ipotesi di pignoramento presso terzi, mancando l'intervento diretto dell’ufficiale giudiziario, è il terzo, costituito custode, a doversi attivare per effettuare le annotazioni. Si ritiene che, inter partes, il vincolo si perfezioni al compimento delle attività procedimentali che conducono allo spossessamento. Si discute se le formalità della doppia annotazione siano un adempimento necessario ai fini dell’esecuzione-attuazione del vincolo o siano misure facoltative, ancorché opportune, non necessarie per l’attuazione del vincolo stesso. La tesi più corretta appare quella secondo la quale le annotazioni, pur situandosi al di fuori del momento perfezionativo, costituiscono elementi essenziali per l’opponibilità erga omnes del vincolo, e in quanto tali necessarie per la piena efficacia di quest'ultimo] Per quanto concerne l’espropriazione di az incorporate in tit al portatore, il vincolo dev’essere eseguito sul tit, in conformità al princ generale dettato dall’art. 1997 c.c., con modalità analoghe a quelle previste per le az nominative, con esclusione dell’annotazione del vincolo nel libro soci. 9. Espropriazione di azioni non emesse (pp. 54 – 55) Le spa non quotate nei mercati regolamentati possono prevedere, in sede statutaria, di non emettere tit azionari e le partecipazioni, pur rappresentate da az in senso sostanziale, non sono incorporate in un doc cartaceo e non sono soggette al regime di circolazione cartolare previsto per i tit di credito. Per quanto concerne il trasferimento di tali az, l’art. 2355 c.c. si limita a prevedere che esso ha effetto nei confronti della società dal momento dell’iscrizione nel libro soci. La maggior parte della dottrina ritiene che alle partecipazioni, per quanto concerne il regime di circolazione, sia applicabile la disciplina prevista per le quote di srl. Anche il problema delle modalità con le quali attuare il pignoramento, in mancanza di norme che lo prevedano, è stato affrontato mediante il richiamo alle soluzioni raggiunte con riguardo alle quote di srl, sostenendosi l’utilizzo delle forme del pignoramento presso terzi. Il creditore deve notificare al socio debitore e alla società un atto contenente l’ingiunzione prevista dall’art. 492 c.p.c. al primo e alla società l’intimazione di non disporre delle az senza ordine del giudice. La società deve annotare il vincolo nel libro soci. A seguito dell’introduzione dell’art. 2471 c.c., ci si è chiesti se siano estendibili all’espropriazione di az non emesse le modalità previste da questa norma e se detto pignoramento non debba essere attuato nelle forme di un pignoramento diretto: ingiunzione rivolta al debitore e notificata anche alla società per l’annotazione nel libro soci. [Occorre segnalare che, diversamente dalla disciplina prevista in materia di quote di srl, nell'ipotesi di az non emesse manca uno strumento per garantire la conoscibilità del vincolo e la sua opponibilità erga omnes: mancando una disp che preveda l’iscrivibilità nel registro delle imprese, atteso il princ di tassatività degli atti soggetti a iscrizione nel registro delle imprese, il pignoramento non può essere depositato per l’iscrizione. Ciò costituisce un grave limite, tenuto conto che il libro soci non è consultabile da terzi estranei e che l'elenco dei soci e dei titolari di dir e vincoli sulle az è pubblicato nel registro delle imprese con cadenza annuale, in occasione del deposito del bilancio] 17 10. Regime di dematerializzazione debole o della sola circolazione e regime di dematerializzazione forte. Ambito di applicazione (pp. 55 – 56) Ulteriore tecnica rappresentativa utilizzata dal legislatore è quella della dematerializzazione. Al riguardo, occorre distinguere, in quanto convivono due sistemi tra loro diversi. Nel primo sistema, la dematerializzazione attiene alla sola circolazione dell’az e alla legittimazione all’esercizio dei dir; è questa la dematerializzazione debole o circolatoria o parziale, nel quale il tit azionario continua a esistere. Nel secondo sistema, la dematerializzazione avviene a monte, coinvolgendo la stessa creazione dell’az, ed è caratterizzato dall’inesistenza di un tit incorporante. [Nel sistema della dematerializzazione si fa riferimento al concetto di strumento finanziario, che ricomprende anche i valori mobiliari. Con l’espressione strumenti finanziari, l’art. 1 t.u.f. designa: 1) i valori mobiliari, ossia le az e gli altri tit rappresentativi del capitale di rischio negoziabili sul mercato, le obbligazioni, gli altri tit di debito negoziabili sul mercato e qualsiasi tit negoziato che consenta di acquisire e vendere i valori mobiliari; 2) i tit di Stato e i buoni del Tesoro; 3) i tit negoziati sul mercato monetario; 4) le quote di fondi comuni di investimento; 5) i derivati, quali futures, swaps, equity swaps, opzioni su valute, merci e tassi di interesse. Questi ultimi, essendo contratti, non possono essere oggetto di espropriazione] La maggior parte degli strumenti finanziari è soggetta al regime della dematerializzazione forte. L’art. 83 bis t.u.f. prevede che gli strumenti finanziari negoziati o destinati alla negoziazione nei mercati regolamentati o diffusi non possono essere rappresentati da tit. La dematerializzazione debole, pur restando in vigore, ha oggi una portata residuale. [La tecnica della dematerializzazione forte è obbligatoria, oltre che per gli strumenti finanziari negoziati o destinati alla negoziazione nei mercati regolamentati italiani, anche per gli strumenti finanziari previsti dall’art. 15 Reg. Consob e Banca d’Italia del ‘08, che ha sostituito, abrogandolo, Reg. Consob 11768/98. La dematerializzazione forte può essere facoltativa, come previsto dall’art. 83 bis t.u.f. e dall'art. 15 Reg. Per quanto riguarda la dematerializzazione debole, l’immissione nel sistema di gestione accentrato di strumenti finanziari rappresentati da tit avviene a iniziativa del titolare (e non dell'emittente) ed è una scelta reversibile, potendo il depositante in ogni momento chiedere la riconsegna dei tit] La dematerializzazione si fonda su un sistema di gestione accentrata delle az e degli altri strumenti finanziari, che è affidata a una società di gestione accentrata (oggi svolta dalla Monte Titoli S.p.A., ma in libera concorrenza). In tale sistema, gli adempimenti relativi alla circolazione delle az e all’esercizio dei dir sociali, previsti per i tit azionari cartolari nel regime ordinario sono sostituiti da scritturazioni di conto. Con riguardo all’espropriazione sorge l’esigenza di adattare i modelli esecutivi previsti dal c.p.c. con le peculiarità del sistema di gestione accentrata. 11. Struttura della gestione accentrata degli strumenti finanziari parzialmente dematerializzati. Forme del pignoramento e modalità di attuazione del vincolo (pp. 56 – 58) Sotto il profilo sostanziale, nella gestione accentrata degli strumenti finanziari parzialmente dematerializzati si instaura un duplice rapp di deposito. Il titolare deposita le az presso un intermediario, che apre un conto nelle proprie scritture contabili a nome di questi e un sottoconto per ogni tipo di az affidate dal cliente. L’intermediario sub-deposita le az presso la s.g.a., la quale apre un conto a nome dell’intermediario, suddiviso in sottoconti per ogni tipo di az affidate dall’intermediario. È opportuno sottolineare che la s.g.a. non ha evidenza del nominativo del cliente dell’intermediario. Il dir esclusivo del depositante sul bene (strumento finanziario) si tramuta in un dir di comproprietà su una quota degli stessi beni (strumenti finanziari) depositati presso la s.g.a. Il trasferimento degli strumenti finanziari avviene attraverso operazioni contabili realizzate dagli intermediari: addebito sul conto nominativo intestato al venditore, con contestuale accredito su un conto nominativo intestato al compratore. La legittimazione all’esercizio dei dir è attestata da certificazioni rilasciate dall’intermediario in conformità alle proprie scritture contabili. Per quanto concerne i vincoli, è previsto che essi si costituiscono con registrazioni in appositi conti tenuti dall'intermediario, a nome del titolare e, nel caso di ritiro dello strumento finanziario dal sistema, il depositario provvede all’annotazione del vincolo sul relativo certificato. È stabilito che in caso di pignoramento gli adempimenti nei confronti dei comproprietari previsti dagli artt. 599 e 600 c.p.c. sono eseguiti nei confronti dei depositari. Tale norma, se da un lato conferma la ricostruzione del rapp tra titolare e az immesse nel sistema e sub-depositate presso la s.g.a. in chiave di comproprietà, dall’altro non fornisce alcuna indicazione in ordine alle modalità procedimentali del pignoramento. Si ritiene che le forme più adeguate siano quelle dell’espropriazione presso terzi, Per la dottrina maggioritaria, le forme previste dagli artt. 543 ss. c.p.c. si applicano non solo alle fattispecie di possesso in senso stretto, ma anche alle situazioni di detenzione in capo al terzo, nelle quali il debitore, per esercitare il pot di disporre del bene, ha bisogno della cooperazione del terzo; ciò che avviene in relazione agli strumenti finanziari immessi nel sistema di deposito accentrato. Sia il trasferimento, sia la restituzione degli strumenti finanziari sono possibili solo con la collaborazione dell’intermediario ed eventualmente della s.g.a. Ci si è chiesti se il terzo vada identificato nell’intermediario, nella s.g.a. o in entrambi. Anche alla luce delle modifiche intervenute nelle norme del t.u.f. e in quelle regolamentari, deve ritenersi che terzo sia da considerare unicamente l’intermediario, sebbene i tit non siano fisicamente depositati presso quest’ultimo. Tutte le operazioni, e l’apposizione dei vincoli, avvengono tramite l’intermediario e non la s.g.a. la quale neppure conosce il nome del singolo investitore depositante. [Tale conclusione risulta rafforzata dalle disp del Reg. Consob-Banca d’Italia. Queste ultime, diversamente dall’art. 38 Reg. Consob 1168/98 abrogato, non prevedono più che la s.g.a. trasferisca i tit pignorati in un apposito conto intestato all’Autorità giudiziaria] Il creditore dovrà notificare al debitore e all’intermediario un atto contenente l’ingiunzione ex art. 492 c.p.c. al debitore, i requisiti di cui all’art. 543 c.p.c., l’avviso dell’art. 599 c.p.c. e la richiesta del compimento dell’adempimento previsto dall’art. 600 c.p.c. Il pignoramento si perfezionerà con la duplice notificazione e l’intermediario assumerà gli obblighi del custode col divieto di consentire la circolazione delle az. Egli è chiamato a effettuare la dich relativa alla quantità e qualità delle az. [Si discute se la registrazione contabile del vincolo sia subordinata alla previa individuazione, nel contesto del proced esecutivo, degli strumenti finanziari di titolarità del debitore, o se l’intermediario, ricevuta la notifica dell’atto, debba procedere subito alla registrazione, salvo poi cancellare con effetto retroattivo la registrazione del vincolo 20 corrisposto all’atto della vendita e per i relativi accessori, specificati nel contratto, compresa la somma necessaria, ai sensi dell’art. 4 r.d.l. 436/27, ad assicurare il debitore per la respons civile verso terzi per i danni prodotti dall’autoveicolo, la quale può essere recuperata mediante la procedura esecutiva disciplinata dal r.d.l. [Pur se denominati privilegi, si tratta di ipoteche, come confermato sia dal disposto normativo dell’art. 2810 c.c., secondo cui sono considerati ipoteche i privilegi iscritti sugli autoveicoli a norma della l. speciale, sia dalla Relazione al c.c. n. 1135] Lo stesso privilegio spetta a chi abbia, nell’interesse del compratore, corrisposto la totalità o parte del prezzo dell’autoveicolo; trattasi, in tale ipotesi, di privilegio in favore del finanziatore, a tit di mutuo di scopo. Il pagamento deve avvenire in favore del venditore, sebbene la sovvenzione del terzo possa essere anche non essere contestuale alla vendita. [In ordine alla preesistente ipoteca iscritta a favore del venditore, secondo taluni autori, l’ipotesi configurerebbe una fattispecie di surrogazione legale, giacché operante anche senza il consenso del venditore, nella sua qualità di creditore] L'autoveicolo può formare oggetto di privilegio convenzionale, concesso dal debitore a garanzia di qualsiasi altro credito, anche mediante dich unilaterale, purché non per testamento, all’infuori dei casi di privilegio legale. L’iscrizione sull’autoveicolo può avvenire anche in forza di un tit cambiario, ai sensi dell’art. 6 r.d.l. 436/27. Tale disp prevede che, se il tit di credito è all’ordine, la girata di esso produce anche il trasferimento del privilegio in favore del giratario in virtù dell’art. 15, r.d. 1814/27, contenente le Disp di attuazione e transitorie del r.d.l. 436/27, che costituisce espressione del princ generale di cui all’art. 2831 c.c. [L'art. 15, r.d. 1814/27 stabilisce che le cambiali rilasciate dal debitore a favore del creditore, a rappresentazione del credito privilegiato debitamente iscritto nel Pubblico Registro, debbono contenere un riferimento espresso al r.d.l. 436/27 e la dich, da parte del conservatore del PRA, che il credito è garantito su di un autoveicolo, con l’indicazione della sede provinciale dell’ACI presso la quale il credito si trova iscritto, e del volume e foglio di questo in cui l’iscrizione è seguita] L’iscrizione del tit o l’annotazione della girata sul PRA fanno piena fede di fronte ai terzi per stabilire la data della costituzione o del trasferimento del privilegio. [Si discute circa la natura costitutiva o dichiarativa di tale annotazione: parte della dottrina e della giurisprudenza ritengono che essa abbia natura costitutiva; mentre, secondo altra tesi, l’annotazione rivestirebbe efficacia dichiarativa, sulla base del rilievo che l’iscrizione dell'ipoteca sul PRA è già stata eseguita, per cui l’annotazione sarebbe finalizzata solo a portare a conoscenza dei terzi il fatto che dette cambiali concernono un credito garantito da privilegio] Il tit che dà luogo ai privilegi deve risultare da atto scritto registrato a tenore della l. di registro; la forma scritta è richiesta ad substantiam. L’iscrizione del privilegio non può essere chiesta trascorso 1anno dalla data dell’atto che vi dà luogo, a pena di nullità. Tale privilegio ha durata non superiore a 5anni, sebbene possa, col consenso delle parti, essere rinnovato prima della scadenza, per un ulteriore quinquennio, con effetto dall'originaria data di iscrizione. Il privilegio, debitamente iscritto su istanza di parte, segue l’autoveicolo presso ciascun proprietario e possessore successivo, sino all’estinzione del credito che garantisce; effetto, questo, che discende dal carattere di realità dell’ipoteca. La trasmissione del vincolo, può avere luogo per cessione, surrogazione, costituzione di pegno, postergazione di grado, e per girata della cambiale ipotecaria. [La surrogazione realizza una successione a tit particolare nel lato attivo del rapp obbligatorio, in deroga al princ di cui all’art. 1180 c.c., in base al quale il pagamento del terzo estingue l’obbligazione. Essa può aver luogo per volontà del creditore, per volontà del debitore o in ipotesi tassativamente previste dalla l. A norma dell’art. 2784 c.c., il pegno è costituito a garanzia di un’obbligazione dal debitore o da un terzo per il debitore e può avere ad oggetto beni mobili, universalità di mobili, crediti ed altri dir su beni mobili, purché infungibili, ricorrendo, altrimenti, la figura del pegno irregolare. Esso rappresenta una causa legittima di prelazione, poiché consente al creditore garantito di potersi soddisfare sul bene oggetto del pegno con preferenza rispetto ad altri creditori. Il pegno si costituisce mediante un contratto reale, in virtù del quale il bene oggetto della garanzia viene trasferito al creditore o ad un terzo designato dalle parti, con la conseguenza che il debitore (o il terzo datore di pegno) ne perde temporaneamente il possesso. La figura della postergazione di grado del credito ipotecario è prevista dall’art. 2843 c.c. e ricorre quando, in presenza di più ipoteche iscritte sullo stesso bene, due creditori ipotecari si accordano per realizzare uno scambio dei gradi delle rispettive ipoteche. Ciò può aver luogo nella forma della posposizione, se trattasi di gradi immediatamente successivi, o nella forma della permuta, se trattasi di gradi non immediatamente successivi. Con la girata della cambiale si trasferisce sia il dir di credito, sia i dir accessori ad esso inerenti, tra cui eventuali garanzie reali, quale è l’ipoteca, che assistano il credito cambiario, garantendone il pagamento] La trasmissione dev’essere annotata nel PRA e tale annotazione tiene luogo della notificazione al debitore, dal momento in cui dell’annotazione è fatta menzione nel foglio complementare della licenza di circolazione. A norma dell’art. 5, i privilegi stabiliti nell’art. 2 r.d.l. 436/27, se debitamente iscritti, sono preferiti ad ogni altro privilegio generale e speciale, eccezion fatta per quelli previsti nell’art. 1956 c.c. [Tali privilegi concernono rispettivamente le spese di giustizia fatte per atti conservativi o di esecuzione sui mobili nell’interesse comune dei creditori; le spese funebri necessarie secondo gli usi; le spese di infermità fatte negli ultimi 6mesi della vita del debitore; le somministrazioni di alimenti fatte al debitore per lui e per la sua famiglia negli ultimi 6mesi e i salari delle persone di servizio per ugual tempo] Ulteriore eccezione è rappresentata dal privilegio riguardante i crediti dello Stato per i dir di dogana e di registro e per ogni altro dazio o tributo indiretto sopra gli autoveicoli che ne furono oggetto, ai sensi dell’art. 1958 c.c. In ogni caso, nel concorso fra i privilegi di cui all’art. 2, il grado è determinato dalla data di iscrizione sul PRA. Gli autoveicoli possono formare oggetto anche di ipoteca giudiziale, in ragione dell'assenza, nell’ord, di un divieto in tal senso, tale da non consentire un’integrazione della disciplina speciale contenuta nel r.d.l. con quella codicistica. 2. Pubblico registro automobilistico: a) cenni (pp. 69 – 70) Il PRA è istituito presso ogni sede provinciale dell’ACI. Secondo quanto disposto dall’art. 24, r.d.l. 436/27, ai funzionari dell’ACl, per quanto riguarda l’esercizio delle funz ad essi demandate, compresa la tenuta del PRA, è riconosciuta la qualità di pubblico ufficiale; prima di assumere le loro funz, essi sono tenuti a prestare giuramento dinnanzi al Procuratore della Repub presso il Trib avente giurisdizione nella località ove ha sede l’uff a cui sono addetti. A norma dell’art. 25, l’ACI è responsabile 21 dell’operato dei propri funzionari sia verso i terzi, sia verso lo Stato, nell’ipotesi di danni derivanti dall’omessa iscrizione e/o annotazione nei PRA, o di errori commessi nel compimento di tali operazioni; o derivanti dall’omissione, nei certificati, di una o più iscrizioni o annotazioni, salvo che l’omissione o l'errore provengano da indicazioni insufficienti, ché, in tal caso, essi non possono essere imputati ai funzionari medesimi. La respons dell’ACI ricorre quando siano operate cancellazioni indebite. La vigilanza relativa alla tenuta del PRA ed il sistema di pubblicità dei privilegi sugli autoveicoli spetta ai PG della Repub presso le Corti d’appello, i quali esercitano detta funz per mezzo dei Procuratori della Repub territorialmente competenti, ai sensi dell'art. 26, r.d.l. 436/27. In esso dev’essere iscritto ogni autoveicolo che abbia ottenuto, nella provincia, la licenza di circolazione. [In separati registri devono essere iscritti i motocicli e le trattrici agricole. I registri automobilistici sono organizzati su base reale, altrimenti detta tavolare o germanica, nel senso che la ricerca va effettuata sulla base del numero di immatricolazione] A norma dell’art. 11 r.d.l. 436/27, chiunque ne abbia interesse può fare richiesta ed ottenere copia delle iscrizioni e delle annotazioni contenute nel predetto PRA, o il certificato che non ve ne sono. Per ciascun autoveicolo e/o motociclo, a norma dell’art. 12, r.d.l. 436/27, devono essere iscritte, in interi fogli distinti, una serie di indicazioni, tra cui il numero della licenza di circolazione, la data d’iscrizione nel PRA, le caratteristiche di fabbricazione dell'autoveicolo, quali risultano dalla licenza di circolazione; il nome del proprietario o dei proprietari e la loro residenza; la data del rilascio della licenza di circolazione da parte del competente uff di Prefettura. [Per gli autoveicoli di fabbricazione posteriore alla data di entrata in vigore del r.d.l., dev’essere specificata la data del certificato di origine, rilasciato dalla fabbrica produttrice] Devono essere specificate la data e le indicazioni relative ad ogni atto di successivo trasferimento della proprietà dell’autoveicolo, e la data dell'atto da cui sorgono eventuali privilegi sull’autoveicolo, ai sensi dell’art. 2, unitamente all’ammontare del credito privilegiato ed alla sua scadenza, oltre che gli interessi che esso credito produce, la persona o l’ente a favore dei quali i privilegi sono costituiti, la residenza della persona stessa o la sede dell’ente. Per l’iscrizione di ogni autoveicolo nel PRA, l’ACI deve ritirare e conservare agli atti il certificato di origine rilasciato dalla fabbrica. [Per quanto concerne il valore giuridico da attribuire all’iscrizione nel PRA, non v’è unanimità di vedute: da un lato, vi è chi ritiene che detta iscrizione abbia valenza, nei riguardi dei terzi, di presunzione assoluta di proprietà; dall'altro, vi è chi sostiene che detta iscrizione abbia valore solo di presunzione iurís tantum della proprietà. E vi è chi considera l'iscrizione elemento costitutivo e perfezionativo dell’acquisizione del dir di proprietà, e chi distingue tra iscrizione originaria ed iscrizioni successive, delle quali solo la prima sarebbe tale da attribuire valore legale di proprietà] La sede provinciale dell’ACI custodisce negli archivi, in fascicoli, i tit che le vengono consegnati e riporta nel PRA il contenuto delle note, indicando giorno della consegna del tit, numero d’ordine assegnato nel registro progressivo e numero del fascicolo in cui il tit è collocato. 3. b) iscrizione o rinnovazione del vincolo di privilegio (pp. 71 – 72) Per quanto concerne l’iscrizione del privilegio, essa ha efficacia costitutiva ed è effettuata mediante esibizione, alla sede provinciale dell'ACI, del tit costitutivo del privilegio -in originale o copia autentica- e di due note, una delle quali può essere stesa in calce al tit; dev’essere contemporaneamente esibita la licenza di circolazione. Secondo quanto dispone l'art. 14, r.d.l. 436/27, le note devono contenere nome, cognome, residenza del creditore e del debitore e loro paternità; data dell’atto di vendita e estremi della formalità della registrazione effettuata ai fini della l. di registro, o la data dell’atto costitutivo del privilegio convenzionale, con gli estremi della sua registrazione, l’ammontare della somma dovuta, gli interessi che il credito produce; il tempo in cui le rate o la totalità del credito si rendono esigibili, e il numero della licenza di circolazione dell’autoveicolo. Con riguardo alla descrizione dell’autoveicolo, dev’essere specificata la fabbrica, con l’indicazione precisa del nome con cui questa è conosciuta in commercio, la potenza del motore ed il numero da cui è distinto, il cod identificativo del telaio, la specie di carrozzeria, se l’autoveicolo ne è provvisto o, in caso contrario, la dich espressa che ne è sprovvisto. Qualora si debba richiedere la rinnovazione del privilegio, il creditore, in virtù di quanto sancito dall’art. 18, r.d.l. 436/27, deve presentare alla sede provinciale dell’ACl due note conformi a quelle della precedente iscrizione, contenenti la dich che si intende rinnovare l’originale iscrizione, accompagnate dall’atto da cui risulti il consenso del debitore. Una volta eseguita l'iscrizione o rinnovazione del privilegio, la sede dell’ACl territorialmente competente restituisce al richiedente una delle note, nella quale certifica l’avvenuta iscrizione o rinnovazione del privilegio; riporta l’iscrizione o rinnovazione sulla licenza di circolazione. Per il disposto dell’art. 6, i trasferimenti di proprietà ed i vincoli di privilegio costituiti sull’autoveicolo, se non sono stati registrati nel PRA, non hanno efficacia di fronte a terzi che abbiano acquistato la proprietà o altri dir sull’autoveicolo, e li abbiano fatti debitamente iscrivere nel PRA, quando l'iscrizione sia richiesta dalla l. 4. c) cancellazione del vincolo di privilegio (pp. 72 – 73) La cancellazione dei vincoli di privilegio legale o convenzionale è eseguita, su istanza delle parti interessate, ai sensi dell’art. 21, r.d.l. 436/27, dalla sede provinciale dell’ACI, previa presentazione dell’atto di quietanza o di altro doc equipollente, portante il consenso del creditore iscritto che dev’essere espresso per atto pubblico o scrittura privata autenticata. La cancellazione è eseguita quando venga ordinata giudizialmente con sentenza o provv passati in giudicato. [Tra i provv si annoverano quello pronunciato dal giudice delegato, una volta accertata la completa esecuzione del concordato, e il d. di trasferimento del bene espropriato, emesso dal giudice dell'esecuzione] È ammessa anche la cancellazione parziale; anche in tal caso chi la richiede è tenuto a rimettere alla competente sede provinciale dell’ACI il tit che l’autorizza. La cancellazione di un’iscrizione e la rettifica di essa si eseguono in margine all’iscrizione medesima, con l’indicazione del tit e della data in cui la formalità è compiuta. Il conservatore del PRA ha pot di controllo sia in ordine alla regolarità della documentazione depositata, sia in ordine al contenuto dell’atto ed alla legittimazione delle parti. Pot, questi, che trovano giustificazione nella 22 considerazione dell’effetto che da tale iscrizione deriva, atteso che la cancellazione, seppur effettuata indebitamente, determina irreversibilmente l’estinzione dell’ipoteca. Qualora il conservatore rifiuti di procedere alla cancellazione richiesta, il richiedente può proporre reclamo all’Autorità Giudiziaria, che provvede con d. motivato in camera di cons, sentiti il conservatore ed il PM. Avverso il provv che rigetta la domanda, il richiedente può proporre reclamo alla corte d'appello. Sia il trib, che la corte possono ordinare che la domanda di cancellazione sia proposta nelle forme ordinarie, in contraddittorio con coloro che abbiano un interesse contrario alla cancellazione medesima. 5. Procedimento finalizzato all’espropriazione forzata (pp. 73 – 79) Per il disposto dell’art. 7, r.d.l. 436/27, il compratore decade dal beneficio del termine se, senza il consenso del venditore -o di chi, nel di lui interesse, abbia corrisposto al venditore la totalità o parte del prezzo dell'autoveicolo su cui esiste privilegio, debitamente iscritto a loro favore- alieni l’intero autoveicolo o parti di esso, o, in qualunque modo, diminuisca le garanzie a favore del venditore o del sovventore del prezzo. Qualora il compratore non adempia alle proprie obbligazioni, il creditore privilegiato può proporre ricorso - il cui contenuto è disciplinato dall’art. 125 c.p.c.- al giudice del luogo ove il veicolo si trova abitualmente custodito al momento del deposito del ricorso medesimo, allegando ad esso la documentazione del PRA. Se il veicolo è in territorio estero, il creditore si trova nell’impossibilità di procedere giudizialmente, attesa la carenza di giurisdizione italiana. Il giudice assume, se del caso, sommarie info ed ordina, con d. steso in calce al ricorso, inaudita altera parte, il sequestro e la vendita dell'autoveicolo sottoposto a privilegio. [Sotto questo profilo, trattasi di atto espropriativo atipico, non riconducibile alla disciplina ordinaria contenuta nel c.p.c.; esso non appare riconducibile né al sequestro giudiziario, né a quello conservativo, ma rappresenta una tipologia di sequestro a sé stante] L’instaurazione del contraddittorio non ha luogo, in ragione del fatto che il giudice deve limitarsi ad accertare la ricorrenza, nel caso di specie, dei presupposti indicati dalla l. speciale applicabile nella materia, secondo quanto previsto dall'art. 7 r.d.l. 436/27. In caso di provv giudiziale di diniego della concessione del sequestro richiesto, la l. non prevede alcun mezzo di impugnazione, ma nulla vieta la riproposizione dell’istanza. [Il provv ha natura di tit esecutivo da cognizione sommaria, che tende alla soddisfazione dell’interesse del creditore, al pari di ogni proced di esecuzione forzata. Esso non possiede natura di provv cautelare. In relazione a tale provv non sono previsti termini di efficacia; né può ritenersi operante il disposto dell'art. 675 c.p.c., dettato con riguardo al sequestro conservativo, secondo cui il provv perde efficacia se non è eseguito nel termine di 30gg. L'opinione prevalente ritiene che il provv conservi la propria efficacia sino al giorno della vendita, fissata ex art. 7, r.d.l. 436/27. Si precisa che il sequestro dell'autoveicolo è un mezzo di conservazione della garanzia patrimoniale che istituisce sull’autoveicolo un vincolo di indisponibilità materiale e giuridica, in vista dell'esecuzione forzata e della soddisfazione delle ragioni creditizie. Sotto questa angolazione, il sequestro degli autoveicoli è assimilabile al sequestro conservativo, il quale attribuisce al creditore un rimedio di carattere preventivo, volto ad impedire che il debitore compia atti dispositivi del proprio patrimonio, idonei a pregiudicare la garanzia generica; trattasi di rimedio che incide sui beni in relazione ai quali è disposto, dal momento che essi beni sono sottratti alla libera disponibilità del debitore-proprietario, sia in senso materiale, giacché i beni sequestrati sono sottoposti a custodia, sia in senso giuridico, giacché il vincolo di indisponibilità si concreta nell’inefficacia relativa dell’eventuale alienazione e degli altri atti di disp dei beni medesimi, posti in essere dal debitore] Il sequestro può essere disposto sia presso il debitore, sia presso un terzo detentore; al contempo, il giudice provvede alla nomina di un custode -che può essere la medesima parte istante se lo domanda- e stabilisce le modalità ed il giorno della vendita, eventualmente a trattative private. [Qualora l’autoveicolo si trovi presso un terzo detentore, l'esecuzione deve svolgersi nei riguardi del terzo. Deve tenersi distinta l’ipotesi in cui il terzo detenga il bene nell’interesse del debitore, da quella in cui la detenzione sia giustificata da un tit, tale da determinare un interesse diretto in capo allo stesso. Nel primo caso la dottrina ritiene che, qualora il terzo possessore non consenta l'esibizione del bene, siano applicabili le norme sull’espropriazione presso terzi, mentre, nel secondo caso, il mancato consenso al pignoramento escluderebbe il ricorso alla disciplina ex artt. 543 ss. c.p.c. e, prevalendo la l. speciale, l’ufficiale giudiziario può procedere direttamente al sequestro] Esso, a differenza del pignoramento, non richiede l’individuazione del bene che ne costituisce l’oggetto, giacché predeterminato dalla l. in quello su cui sussiste il privilegio; al pari del pignoramento il d. di sequestro va trascritto presso il PRA. L’art. 7 r.d.l. 436/27 prevede che copia del ricorso, unitamente al d., sia notificato al debitore, a cura della parte istante. L’omessa notifica a costui impedisce l’esecuzione del d. di vendita. Essa non incide sul dir di procedere all’esecuzione, ma determina l’invalidità di eventuali atti compiuti successivamente. Il debitore può proporre opposizione, nel termine perentorio di 10gg dalla notifica, con ricorso dinnanzi allo stesso giudice che ha pronunciato il provv, deducendo eventuali irregolarità sostanziali e/o formali. [Decorso inutilmente il termine, il debitore decade dalla facoltà di richiedere la sospensione dell'esecuzione. Eventuali irregolarità formatesi successivamente a tale termine potranno essere fatte valere mediante l’opposizione agli atti esecutivi, entro 20gg dal compimento dell’atto. Sia per l'opposizione all’esecuzione, sia per quella agli atti esecutivi, è competente il trib in composizione monocratica] Tale ricorso, unitamente al d. di fissazione di ud, dovrà essere notificato, dal debitore opponente, sia al creditore procedente, che agli eventuali creditori intervenuti. La sospensione dell’esecuzione del d. di vendita può avere luogo solo qualora il debitore, proposta tempestiva opposizione, non oltre la prima ud produca documentazione da cui risulti il pagamento delle somme dovute al venditore o al finanziatore, fatti salvi, in ogni caso, i dir del debitore stesso in prosieguo di giudizio. La sospensione, concessa con ordinanza, opera sino all’esito della controversia e non è revocabile, se non con la sentenza conclusiva del giudizio di opposizione. Se dal certificato relativo allo stato delle iscrizioni sul PRA -che dovrà essere allegato al ricorso- risulti l’esistenza di altri creditori aventi privilegio anteriore sull’autoveicolo, copia del ricorso e del d. di vendita dovrà essere loro notificata a cura del creditore istante. Anche i creditori ipotecari successivamente iscritti dovranno essere avvisati a norma dell’art. 498 c.p.c., onde essere posti nella condizione di intervenire nella procedura esecutiva pendente. L’omissione 25 qualsiasi impiego siano destinati] Altri importanti limiti all’applicabilità delle norme discendono dalla condizione di fatto, in cui la nave o l’aeromobile si trovano quando si vuole iniziare l'esecuzione. Perché si possa procedere in via esecutiva secondo la normativa dettata da c.nav., il bene dev’essere adatto a svolgere la sua funz dinamica: esso, nel momento in cui si inizia l’esecuzione, deve avere attitudine alla navigazione. In virtù di ciò una parte della dottrina ritiene che fuoriescano dall’ambito di applicazione della normativa sia le navi, sia gli aerei in costruzione o in demolizione, sia i relitti di navi. Altri sostengono che le norme esecutive del c.nav. si applichino anche alle navi e agli aeromobili in costruzione, purché essi siano iscritti negli appositi registri, e alle navi e agli aeromobili per i quali sia stata autorizzata la demolizione, purché non siano ancora (totalmente) demoliti. La giurisprudenza ha precisato che la nave perde la sua attitudine alla navigazione solo quando la navigabilità e la destinazione al trasporto di cose e persone per acqua vengano meno in modo permanente; e non quando essa sia solo temporaneamente innavigabile, come avviene, ad es, quando si trovi in un bacino di carenaggio. 3. Espropriazione di carati di nave, di quote di aeromobili, di pertinenze e di parti separabili (pp. 85 – 86) Oltre all’esecuzione sulla nave o sull'aeromobile, il c.nav. prevede anche che possano essere oggetto della procedura di espropriazione i singoli carati della nave o le singole quote dell’aeromobile. [Col termine carati si intendono le quote di partecipazione alla proprietà della nave; sono24, e sono a loro volta frazionabili. Quanto alla proprietà all’aeromobile la partecipazione si divide in quote frazionabili] In dottrina si è affermato che l'ipotesi in esame rappresenta un caso particolare di espropriazione di beni indivisi, ma in realtà le differenze tra questa previsione e la procedura ex art. 599 ss. c.p.c. sono notevoli. Questa disciplina interessa solo le quote del bene e non coinvolge -salva l’ipotesi in cui il debitore sia il proprietario della maggioranza dei carati o delle quote- l’intera nave o l’intero aeromobile in comunione: l’oggetto della procedura è il carato o la quota, senza che vi sia la necessità (o possibilità) di ricorrere alla divisione giudiziale del bene. È possibile che il giudice competente, su istanza del procedente, autorizzi il pignoramento e la vendita dell’intera nave o dell'intero aeromobile, se la quota di proprietà del debitore (o del terzo responsabile) eccede la metà dei carati o delle quote. In questo caso il dir di proprietà dei caratisti e dei quotisti si converte in dir alla corrispondente parte del prezzo di aggiudicazione, da soddisfarsi in prededuzione: esso è esente da ogni concorso alle spese. Si tratta di un’ipotesi particolare, che trova riscontro nel co.2 art. 264 c.nav., in tema di vendita volontaria della nave, laddove derogando al princ dell’unanime volontà dei caratisti, è previsto che su domanda di tanti comproprietari che rappresentino almeno la metà dei carati, il trib, sentiti i dissenzienti, può autorizzare con d. la vendita della nave all'incanto. Il c.nav. prende in considerazione, quale possibile oggetto della procedura di espropriazione, le pertinenze separabili di navi e le parti separabili e pertinenze di aeromobili. [La nozione di pertinenza utilizzata nel c.nav. non differisce da quella che si trova nel c.c.: sono considerate pertinenze della nave le imbarcazioni, gli attrezzi e gli strumenti, gli arredi e tutte le cose destinate in modo durevole a servizio o ad ornamento della nave. Diversamente da quanto dispone il c.c., nell’ipotesi in esame la destinazione può essere effettuata anche da chi non sia proprietario della nave o non abbia su questa un dir reale: può ad es essere fatta dall’armatore. In questo caso affinché il proprietario della pertinenza possa opporre al pignorante il proprio dir, esso deve risultare da una scrittura privata dotata di data certa o dall’inventario di bordo. Uguale regime si applica alle pertinenze dell’aeromobile (che sono il paracadute, gli attrezzi e gli strumenti, gli arredi e tutte le cose destinate al servizio del medesimo). Il motore dell'aeromobile è considerato parte separabile] 4. Limiti alla giurisdizione esclusiva: a) cc.dd. limiti esterni (pp. 86 – 88) Nell’esecuzione su navi e aeromobili, la giurisdizione dello Stato incontra dei limiti particolari; alcuni derivano dall’ambito in cui si può esercitare la giurisdizione esecutiva dello Stato, altri dipendono dal particolare utilizzo, cui il bene è destinato, altri dalla situazione di fatto in cui il medesimo si trova in determinate circostanze. Per quanto riguarda i limiti della giurisdizione esecutiva del giudice italiano (cc.dd. limiti esterni), si usa distinguere, da un lato, quelli che attengono alla qualità giuridica del bene da sottopone ad espropriazione, dall’altro, quelli che concernono l’ambito territoriale nel quale tale bene si trova. Sotto il primo profilo rileva la condizione di immunità, che si riconosce alla nave o velivolo, qualora esso assuma la qualità di mezzo di trasporto di uno Stato estero o qualora esso sia destinato ad un servizio governativo non commerciale riferibile ad uno Stato estero. Concorrono a regolare queste ipotesi sia alcune l. speciali, sia alcune conv internaz. Di recente la Cass ha affermato che la destinazione dei beni di cui lo Stato estero si avvale per lo svolgimento delle proprie funz pubbliche può trovare tutela nella sede esecutiva, nelle forme dell'opposizione all'esecuzione, in quanto l'impossibilità di distogliere i beni dello Stato estero dalla destinazione stessa ne comporta l'impignorabilità. Secondo questo orientamento non si tratta di ipotesi che attengono propriamente ai limiti della giurisdizione del giudice italiano, ma che attengono alla pignorabilità dei beni. Per quanto riguarda i limiti della giurisdizione relativi all’ambito territoriale di sovranità dello Stato, rileva ai fini dell’esecuzione il luogo nel quale il bene si trova. Possono essere assoggettati sia all'espropriazione sia all’esecuzione per consegna le navi e gli aeromobili italiani e stranieri purché si trovino in spazi acquei o aerei italiani. [La nave e l’aeromobile sono beni dotati di una loro nazionalità. Ciò comporta, da un lato, delle interferenze tra i ns istituti processuali -e specie tra gli istituti relativi all’esecuzione- e la disciplina sostanziale degli Stati di nazionalità della nave e dell’aeromobile; dall’altro lato, impone la partecipazione alla procedura esecutiva di un soggetto estraneo alle procedure regolate dal c.p.c.: il console delle Stato di bandiera. La normativa che riguarda la nazionalità della nave e dell'aeromobile è molto articolata. Si richiama l'art. 143 c.nav., il quale indica i requisiti di nazionalità dei proprietari di navi italiane. Rispondono ai requisiti di nazionalità per l’iscrizione nelle matricole o nei registri sia le navi che appartengono per una quota superiore a 12carati a persone fisiche, giuridiche o enti italiani o di altri Paesi dell'Ue; sia quelle di nuova costruzione o provenienti da un registro straniero non comunitario, appartenenti a persone fisiche, giuridiche o enti stranieri non comunitari, i quali assumano direttamente l'esercizio della nave attraverso una stabile organizzazione 26 sul territorio nazionale con gestione demandata a persona fisica o giuridica di nazionalità italiana o di altri Paesi dell'Ue, vale a dire: per tramite di un armatore italiano o di un altro Paese dell’Ue. Si ricorda l’art. 155 c.nav. a norma del quale le navi abilitate alla navigazione inalberano la bandiera italiana. Per gli aeromobili ci si riferisce all’art. 756 c.nav., che fissa dei requisiti simili a quelli previsti dall'art. 143 c.nav., quanto alla nazionalità dei proprietari] Possono essere oggetto di esecuzione anche le navi e gli aeromobili italiani, che si trovino in luoghi non soggetti alla sovranità di alcuno Stato (acque internaz), poiché ex art. 4 c.nav. in questo caso essi sono da considerarsi come territorio italiano. 5. b) altri limiti relativi alla pignorabilità della nave e dell’aeromobile: cc.dd. limiti interni (pp. 88 – 90) Il c.nav. prevede altri limiti riguardo alla possibilità di assoggettare all’espropriazione alcune categorie di navi e di aeromobili, in virtù dell’esistenza sui medesimi di un vincolo pubblico, o in virtù della condizione di fatto in cui essi si vengono a trovare in particolari circostanze (limiti interni). Questi limiti sono descritti nell’art. 645 c.nav., per quanto riguarda le navi, e nell’art. 1057 c.nav. per gli aeromobili. L’art. 645 c.nav. esclude che possano formare oggetto di espropriazione forzata (o di misure cautelati) le navi da guerra, comprese le navi in costruzione per conto della marina militare, e l’art. 1057 c.nav. esclude che possano formare oggetto di espropriazione (e di misure cautelari) gli aerei di Stato, e, secondo l’interpretazione unanime della dottrina, tutte le navi e gli aeromobili militari che fanno parte del patrimonio indisponibile dello Stato. Per alcune particolari categorie di navi e di aeromobili il c.nav prevede la possibilità di esercitare l’az esecutiva, ma solo a seguito di una specifica autorizzazione. Ciò vale per le categorie indicate nell’art. 650, lett. b) e c), c.nav., quanto alle navi, e nell’art. 1057, lett. b), c.nav. quanto agli aerei. Si tratta di navi adibite alle linee di navigazione, dichiarate di preminente interesse nazionale dal Min competente, e di navi e aeromobili adibiti ai servizi pubblici di linea (o di rimorchio della navigazione interna). In questi casi il pignoramento può essere eseguito, ma solo a seguito di un'apposita autorizzazione ministeriale. [La giurisprudenza ha ritenuto che tale regime non si applichi alle navi adibite a servizio pubblico di linea, qualora tale servizio non sia gestito in condizioni di monopolio o possa essere effettuato da un’altra nave della stessa flotta] Non vi è uniformità di opinioni riguardo alla qualificazione di questi limiti, soprattutto per quanto riguarda i casi nei quali il pignoramento è condizionato dal vincolo pubblico che grava sul bene. Alcuni autori considerano questa ipotesi come una limitazione della giurisdizione esecutiva. Altri riconducono ogni ipotesi descritta dagli artt. 645 e 1057 c.nav nella categoria della impignorabilità: nel caso dell’art. 645, lett. a), e 1057, lett. a) c.nav. si tratterebbe di impignorabilità assoluta, negli altri casi di impignorabilità relativa. Quest’ultima è la tesi più aderente al dato letterale: sia nella rubrica dell’art. 645 c.nav., sia in quella dell’art. 1057 c.nav., il legislatore fa riferimento a navi e aeromobili non soggetti a pignoramento o a sequestro. [La Cass ha chiarito che il problema della pignorabilità del bene e dell'esperibilità o meno della procedura esecutiva, in relazione all'asserito carattere pubblicistico dell'oggetto dell'esecuzione, configura una questione influente sulla realizzabilità della tutela del creditore e sul merito dell'az esecutiva, e non sulla giurisdizione] Un altro caso particolare, nel quale il c.nav limita la possibilità di pignorare la nave e l’aeromobile, è descritto nella let d) art. 650 c.nav. e nella let e) art. 1057 c.nav.: si tratta dell’ipotesi relativa alla nave o all'aeromobile pronto a partire o in corso di navigazione. In questo caso l’impignorabilità (relativa) non si ricollega alla funz pubblica che la nave o l’aereo svolge, ma alla situazione in cui esso si trova nel momento in cui si chiede il pignoramento. [Ex art. 645, lett. d), c.nav., la nave marittima si considera pronta a partire quando il comandante ha ricevuto le spedizioni, ossia le carte di bordo, vistate dal comandante del porto. Gli aeromobili si considerano pronti a partire quando abbiano ricevuto l’autorizzazione alla partenza da parte delle autorità aeroportuali] L’impignorabilità in questo caso è la regola; in via d’eccezione possono procedere con l’esecuzione coloro i quali vantano un credito che è sorto a causa del viaggio da intraprendere o di quello già in corso: come si è rilevato in dottrina, la norma privilegia l’interesse dei creditori caricatori. Il carattere particolare di questa disp rileva anche sotto un diverso profilo: essa fa sì che l’origine del credito si rifletta direttamente sul piano espropriativo, condizionando la pignorabilità del bene. [La categoria di crediti che non risentono di tale limitazione, è ampia. Si ritiene che essa comprenda tutte le ipotesi di credito assistito da privilegio marittimo (con le sole esclusioni di quelli non funzionali al viaggio); quanto agli aeromobili vengono in considerazione i crediti dotati di privilegio] La ratio della norma va individuata anche nella protezione che il legislatore accorda agli interessi economici che fanno capo alla nave o all’aeromobile: si consente l'adempimento del contratto di trasporto o di nolo, anche rischiando di penalizzare il creditore procedente, al fine di non vanificare la capacità della nave e dell’aeromobile di produrre reddito. Ciò rappresenta un aspetto rilevante nel disegno degli equilibri interni al c.nav, come dimostra anche l’istituto dell’ammin giudiziale del bene pignorato. 6. Soggetti passivi dell’espropriazione forzata (pp. 91 – 92) Anche per quanto riguarda i soggetti che subiscono l’esecuzione forzata e l’espropriazione forzata, il c.nav contiene delle regole particolari. Oltre all’espropriazione contro il debitore proprietario della nave e dell’aeromobile e a quella contro il terzo proprietario della nave e dell’aeromobile, che abbia dato ipoteca sul bene, o che sia risultato soccombente in un giudizio di revocatoria, il c.nav disciplina altri casi nei quali l’espropriazione può dirigersi nei confronti di soggetti diversi dal debitore. Si tratta della procedura di espropriazione contro il proprietario di nave non armatore e contro il proprietario di aeromobile non esercente, ipotesi previste negli artt. 670 e 1070 c.nav., unitamente a quella dell'espropriazione contro il terzo proprietario. [L'art. 265 c.nav, stabilisce che chi assume l'esercizio di una nave deve preventivamente fare dich di armatore all'uff di iscrizione della nave o del galleggiante. Ugualmente l’art. 874 c.nav. dispone che la dich relativa all’assunzione del ruolo di esercente dev’essere fatta all’ENAC] La particolarità di queste norme è evidente: si consente ai creditori dell’armatore non proprietario della nave e a quelli dell’esercente non proprietario dell’aeromobile di sottoporre ad espropriazione tali beni, benché essi siano di proprietà di un terzo. La ratio di tali istituti viene individuata nella necessità di salvaguardare le ragioni dei creditori 27 dell’armatore e dell'esercente, data la frequenza con la quale in questo settore si verifica la dissociazione tra il dir di proprietà della nave o dell’aeromobile e l’esercizio della stessa. La legittimazione attiva a questa espropriazione non spetta a tutti i creditori dell’armatore o dell’esercente, ma solo ad una categoria specifica: il c.nav riserva questa possibilità ai creditori, il cui credito sia assistito da privilegio marittimo o aeronautico. Ciò si riconnette al disposto dell’art. 557 c.nav., il quale prevede che i crediti privilegiati seguono la nave presso il terzo proprietario. [ln relazione ai privilegi sulle navi e aeromobili si deve ricordare che essi sono preferiti ad ogni altro privilegio speciale o generale] La legittimazione passiva in queste ipotesi spetta sia al debitore, sia al proprietario: il tit esecutivo e il precetto devono essere notificati anche a quest’ultimo soggetto; egli dovrà essere sentito ogni volta che ciò sia prescritto per il debitore; e si applicano nei confronti del medesimo tutte le disp relative al debitore, eccetto quelle che vietano a questo soggetto di presentare offerte nella vendita del bene. 7. Competenza (pp. 92 – 94) La competenza per quanto riguarda sia l’esecuzione per consegna, sia l’espropriazione di navi, galleggianti e aeromobili spetta al trib. Il c.nav indica nell’art. 643 il giudice competente per quanto riguarda l’esecuzione su navi e galleggianti, e nell’art. 1055 quello competente per l’esecuzione su aeromobili. Il testo di tali norme fa riferimento sia per quanto riguarda le navi minori e i galleggianti, sia per quanto riguarda gli aeromobili alla competenza del pretore; ma esse devono essere lette alla luce del d.lgs. 51/98, che ha soppresso tale uff con decorrenza dal 2/06/99. Attualmente la competenza spetta in via esclusiva al trib sia in relazione alle navi maggiori, minori e ai galleggianti, sia in relazione agli aeromobili. Più complesso è stabilire quale sia il giudice territorialmente competente. Sul punto le norme non si discostano da quanto prescrive il c.p.c., giacché anche in relazione a queste ipotesi il legislatore utilizza il criterio del locum rei sitae: ciò che rileva è il luogo, nel quale la nave o l’aeromobile si trova nel momento in cui viene iniziata l’az esecutiva. Trattando le ipotesi di beni a destinazione dinamica, è evidente che nell’applicazione di questo criterio di collegamento, ritenuto dalla giurisprudenza attributivo di una competenza funzionale ed inderogabile, si possano incontrare notevoli difficoltà. Anche quando la nave o l’aereo stazioni abitualmente in un certo luogo, i suoi spostamenti sono frequenti; in secondo luogo, quando la nave o l’aeromobile sono in navigazione è necessario utilizzare dei criteri in qualche misura empirici, al fine di riuscire ad individuare il giudice competente. In questi casi si ritiene che la competenza spetti al giudice del luogo da cui la nave o l’aeromobile è partito, a quello del luogo in cui la nave deve approdare e l’aereo deve atterrare, e al giudice costiero o a quello che ha competenza nel territorio corrispondente allo spazio aero attraversato dal velivolo. Benché il tentativo di rendere meno complessa l’applicazione degli artt. 643 e 1055 c.nav. sia apprezzabile, non si può prescindere dal dettato dell’art. 5 c.p.c.: la giurisdizione e la competenza si determinano con riguardo alla l. vigente e allo stato di fatto esistente al momento della domanda. Per ovviare agli inconvenienti che possono derivare da questa estrema mobilità del bene oggetto di esecuzione, il c.nav appresta due istituti di indubbia utilità. Il primo consiste nel fermo della nave o dell'aeromobile. Si tratta di un provv, che può essere concesso dal giudice competente per l’esecuzione e, ove ricorra l'urgenza, dall’autorità di pg o dal comandante del porto in cui la nave si trova, o dall'ENAC nel caso di aeromobili. Si discute riguardo alla natura di questo provv, soprattutto con riferimento all’ipotesi in cui esso sia autorizzato dal giudice. Taluni vi vedono un provv cautelare; altri ritengono che si tratti di un provv cautelativo tipico del c.nav e non riconducibile ad alcun istituto del c.p.c. Ci si interroga sul rapp intercorrente tra questa ipotesi e quelle previste nell’art. 645, lett. d), e 1057, lett. c), c.nav., laddove si vieta la pignorabilità sia della nave, sia dell’aeromobile pronto a partire. Parte della dottrina ha sostenuto che l’esercizio del pot di fermo incida sul limite alla pignorabilità dei beni sancito in quelle norme, assorbendolo e creando un regime favorevole alle ragioni del creditore. Pare più opportuno, al fine di evitare delle interpretazioni antinomiche, circoscrivere l’ambito di applicazione del fermo: questo provv può essere emesso solo quando la nave o l’aeromobile non sia ancora pronto a partire, avendo il medesimo la funz di evitare che, ricevute le spedizioni e le relative autorizzazioni, il mezzo sia posto nella condizione di impignorabilità. Un’altra possibilità, che viene messa a disp del pignorante dal c.nav, per ovviare al problema dell’estrema mobilità del bene, consiste nella notificazione dell’atto di pignoramento per via telegrafica o radiografica. Ciò è molto utile quando la nave o l’aereo sia in corso di navigazione, perché consente di sottoporre il bene al vincolo esecutivo senza dover attendere che esso approdi o atterri, e di determinare la competenza del giudice anche se la nave o l'aereo si trova nella sua circoscrizione solo per un periodo di tempo molto limitato. [Questa forma di notificazione è utile quando si voglia raggiungere la nave e l’aeromobile italiani, che si trovino in spazi non soggetti ad alcuna autorità statale. In questo ultimo caso la competenza per l'esecuzione spetterà al trib, la cui circoscrizione sia prospiciente il tratto di mare o di cielo nel quale la nave o l’aeromobile navigano] 8. Precetto (pp. 94 – 95) Quanto all’atto di precetto, il c.nav rinvia alla disciplina del c.p.c. Il termine per adempiere è molto più breve rispetto a quello fissato dalle norme ordinarie: esso è ridotto a sole 24ore. Il precetto relativo alla procedura di espropriazione diviene inefficace dopo che siano trascorsi 30gg (e non90), senza che si sia proceduto al pignoramento. Uguale limite non è applicabile alla procedura per consegna di navi e aeromobili, giacché l’art. 648 c.nav., sul punto fa riferimento solo all’atto iniziale dell’espropriazione. [Occorre segnalare che, sebbene il termine per adempiere previsto dal c.nav. sia molto ridotto, la dottrina ammette la possibilità di ottenere l’autorizzazione all’esecuzione immediata. Ciò suscita perplessità: da un lato, nessuna norma del c.nav fa riferimento a questo istituto; dall’altro, il suo utilizzo appare di scarsa utilità, poiché i tempi necessari per ottenere l’autorizzazione al pignoramento immediato di norma superano le 24ore. L'abbreviazione del termine ad adempiere concessa dal c.nav a chi voglia agire in via esecutiva, se, da un lato, è d’ostacolo all'obbligato che decida di adempiere spontaneamente, dall’altro, appare opportuna, considerando che ci si trova di fronte a beni soggetti a repentini spostamenti. Si è rilevato come in caso di 30 ingiunzioni, per facilitare e accelerare il recupero alla procedura dei proventi dei viaggi autorizzati, l’ult co. art. 652 c.nav prevede un'ulteriore possibilità. La norma dispone che i crediti per il nolo, gli accessori e i valori suindicati, e quello per la differenza dovuta dal creditore richiedente, invece di essere riscossi dalla procedura possono essere ceduti per contanti dal giudice a chi ne faccia richiesta; il prezzo della cessione va in aumento del prezzo di aggiudicazione. [Nulla precisa il c.nav riguardo alle modalità di questa cessione. L'art. 490 reg navale marittimo specifica solo che il cancelliere cura la registrazione del proc verbale di cessione del nolo e dei crediti di cui all’ult. co. art. 652, ne dà avviso ai creditori ipotecari, se a questi non è ancora stato notificato il ricorso per l'ordinanza di vendita, e deposita il prezzo nelle forme dei depositi giudiziari. Pare che sul punto si possano applicare in via analogica le norme che regolano la vendita di crediti nell’espropriazione regolata dal c.p.c.: in particolare il co.2 art. 553 c.p.c., il quale rinvia alle modalità della vendita di cose mobili. 11. Fase di liquidazione nell’espropriazione navale e aeronavale: a) istanza di vendita, intervento dei creditori e ordinanza di vendita (pp. 102 – 106) Dopo il pignoramento la procedura di espropriazione navale si dipana nella fase della liquidazione e della distribuzione, ma discostandosi dalla procedura prevista dal c.p.c. Una prima particolarità riguarda la mancata previsione di qualsiasi riferimento all'istituto dell’assegnazione del bene: in nessuna norma esecutiva del c.nav viene regolata questa ipotesi, né in relazione alla medesima si trova alcun rinvio alla normativa che ne tratta nel c.p.c. Ciò induce la dottrina ad escludere che in tale contesto si possa fare ricorso a tale istituto, ma vi è chi giunge ad una conclusione opposta, rilevando come non vi sia alcuna incompatibilità tra l’assegnazione e il complesso delle norme esecutive del c.nav. [L’introduzione di questo istituto avrebbe il pregio di evitare che i beni rimangano invenduti o vengano venduti a un prezzo vile, ma questa integrazione della disciplina navale trova un ostacolo nell’orientamento della giurisprudenza di legittimità e di merito, secondo il quale gli istituti del c.p.c. sono applicabili nelle procedure in esame solo se vi sia un espresso rinvio dai medesimi] Anche nell'espropriazione di navi e aeromobili la fase della vendita si apre su impulso di parte: il creditore pignorante o un creditore intervenuto munito di tit esecutivo, devono chiedere con ricorso la vendita del bene pignorato, dei suoi carati o delle sue quote. La disciplina dettata dal c.nav si differenzia per numerosi profili da quella del c.p.c. È diversa la scansione temporale di questa fase: nell’espropriazione navale il ricorso va presentato non prima di 30gg e non oltre 90gg dal pignoramento. In secondo luogo, la domanda di vendita dev’essere rivolta al capo dell'uff competente (pres del trib competente), e non al giudice dell’esecuzione, alla cui nomina in questa fase della procedura non si è ancora provveduto. Il ricorso col quale si domanda la vendita del bene dev’essere notificato, oltre che al proprietario debitore, anche al proprietario non armatore e al terzo proprietario, nelle ipotesi previste dagli artt. 670 e 1070 c.nav. Se si tratta della vendita di una nave straniera, occorre provvedere alla notificazione del ricorso al console dello Stato di cui la nave batte la bandiera o, nel caso vendita dell’aeromobile straniero, al console dello Stato del quale l'aeromobile ha la nazionalità. Esso va notificato ai creditori ipotecari e ai creditori intervenuti con invito a far pervenire le loro osservazioni sulle condizioni di vendita. La disciplina dell’intervento non è delineata direttamente dal c.nav, il quale si limita a rinviare al c.p.c. Ciò assume una particolare importanza a seguito delle riforme, che nel 05/06 hanno interessato tale istituto. Per tramite di questo rinvio si devono ritenere legittimati all’intervento, anche nella materia regolata dal c.nav, solo i creditori titolati e quelli che sono ricompresi nelle categorie descritte dal co.1 art. 499 c.p.c.; il che comporta conseguenze di rilievo nella materia navale: la categoria dei crediti assistiti da privilegio marittimo -per la quale il c.nav presta particolare attenzione- rischia di non poter essere ricompresa tra quelle legittimate all’intervento in mancanza di un tit esecutivo. In secondo luogo, pare che il rinvio all’art. 499 c.p.c. imponga di considerare tempestivo anche l’intervento avvenuto prima che sia tenuta l’ud in cui è disposta la vendita, anche se sia l’art. 653, sia l’art. 106 c.nav fanno riferimento solo ai creditori intervenuti in un momento precedente il ricorso col quale si domanda la vendita. Il rinvio al c.p.c. fa sì che anche in queste forme particolari di espropriazione si debba provvedere alla verifica dei crediti o al riconoscimento del credito da parte del debitore, e all’accantonamento della somma corrispondente al credito contestato. [Il sistema mantiene perfetta coerenza, ancorché appaia modificato rispetto allo schema originario, perché sia la disciplina relativa all’accantonamento della somma, sia quella che riguarda la distribuzione della medesima sono applicabili all’espropriazione navale e aeronautica in virtù del rinvio operato dall'art. 681 c.nav agli artt. da 510 a 512; 596 a 598 c.p.c.] Nulla precisano le norme in esame riguardo alle modalità con le quali in questa fase si deve provvedere ad attuare il contraddittorio tra le parti. La forma dell’ordinanza, imposta dal legislatore al provv di vendita, la necessità che i soggetti indicati dalla norma debbano essere sentiti e che l’ordinanza di vendita debba successivamente essere notificata a tutte le persone indicate nell’art. 655, che non sono comparse fa ritenere certa la necessità di fissare un’ud, nell’ambito della quale le parti in contraddittorio possano proporre le loro osservazioni. [A questo proposito occorre segnalare un’altra lacuna della normativa: nelle disp che si occupano della vendita (e negli artt che trattano dell'opposizione agli atti esecutivi) non si rinviene alcuna disp analoga a quella del co.3 art. 530 c.p.c. e co.2 art. 569 c.p.c. in merito alla necessità che le parti debbano proporre a pena di decadenza le opposizioni agli atti esecutivi, se non sono già decadute dal dir di proporle. Ciò nonostante, si può ritenere che anche nell'espropriazione navale si verifichi un'identica decadenza. La stabilità degli atti dell’esecuzione (e del suo risultato) rispetto alle nullità del proc esecutivo, che hanno preceduto la vendita, si fonda non solo sulle norme cui si è fatto riferimento, ma sulla divisione in fasi della procedura espropriativa, divisione, che è presente anche nelle procedure in esame] Incombe sul richiedente la vendita l’onere di depositare non solo il ricorso notificato, ma anche l'estratto del registro di iscrizione della nave o dell'aeromobile, dal quale risultano le ipoteche iscritte, l’atto di pignoramento, e, nel caso di pignoramento di nave o aeromobile italiano, il certificato di trascrizione del pignoramento medesimo, che viene rilasciato al creditore pignorante. Il deposito di questa documentazione deve avvenire entro 30gg dalla notifica del ricorso, e nel termine massimo di 90gg dal pignoramento. [Manca un’esplicita sanzione per il caso in cui non la parte non provveda al deposito dei docc nei tempi indicati. Pare certo che il mancato deposito di questa documentazione impedisca la corretta formazione 31 del fascicolo d’uff da parte del cancelliere, ostacolando il prosieguo della procedura] Tutti gli atti e docc compongono il fascicolo d’uff, che dev’essere presentato dal cancelliere al capo dell’uff giudiziario competente, il quale, solo a seguito di ciò, assume i provv necessari per il seguito della procedura, primo tra tutti la nomina del giudice dell’esecuzione. Il capo dell’uff giudiziario deve provvedere agli adempimenti necessari alla stima del bene, nominando l’esperto nel caso di vendita della nave, o richiedendo all’ENAC la stima dell’aeromobile; a meno che ci si trovi in un’ipotesi di ammin giudiziale della nave o dell’aero: in questo caso si rinvia la stima del bene, in attesa di valutare l’esito dell’ammin giudiziale. [Lo stimatore deve provvedere in un termine non superiore a 30gg; e solo dopo 5gg dal deposito della relazione di stima, il giudice dell’esecuzione sentiti il debitore proprietario, il creditore precettante e l’istante, i creditori ipotecari e quelli intervenuti, e il console dello Stato di cui la nave batte la bandiera o il console dello Stato del quale l’aeromobile ha la nazionalità (oltre al proprietario non armatore e al proprietario terzo, può disporre con ordinanza la vendita] Al fine di rendere partecipi della vendita tutti i soggetti interessati, l’art. 657 c.nav, oltre ad imporre al cancelliere di notificare l’ordinanza di vendita a tutte le persone indicate nell'art. 655, che non sono comparse, prevede anche che essa venga annotata a margine del pignoramento, per le ipotesi in cui lo stesso si è potuto trascrivere: per quanto riguarda le navi e gli aeromobili stranieri anche riguardo a questo incombente si ripropongono le difficoltà. [Certo è che la partecipazione del console dello Stato di bandiera (o di nazionalità dell’aeromobile) all’ud in cui si dispone la vendita assume un significato rilevante: la vendita è da considerarsi conosciuta anche in quello Stato, e tale notizia può rilevare come mezzo sostitutivo della pubblicità legale] L’art. 657 c.nav prescrive che venga data pubblicità all’ordinanza di vendita mediante pubblicazione ed affissione. Paiono utilizzabili tutte le forme di pubblicità cui fa riferimento il c.p.c., poiché il c.nav lascia libero il giudice dell’esecuzione di disporre altre forme di pubblicità che ritiene opportune. [La lettera della norma fa riferimento alla pubblicazione nel Foglio degli annunci legali (FAL), abolito dalla l. 340/00. Questo prescrive che quando le norme vigenti fanno riferimento al FAL come unica forma di pubblicità, la pubblicazione venga effettuata nella GU. Più importante è la possibilità di utilizzare le forme pubblicitarie previste dal c.p.c. e, specie, quella che consente di inserire l'ordinanza di vendita oltre che nei quotidiani, in pubblicazioni specializzate e in siti internet, in modo da garantire una effettiva conoscibilità del provv anche all'estero] 12. b) modalità di vendita (pp. 106 – 109) Quanto alle modalità con le quali si procede alla vendita, il c.nav adotta dei modelli differenti, secondo che si tratti della liquidazione della nave (o suoi carati) o dell’aeromobile (o sue quote). Quanto alla vendita della nave (o suoi carati), l’art. 655 c.nav prescrive che essa debba avvenire mediante incanto. [L'ordinanza di vendita in questo caso deve specificare, il prezzo base, il giorno e l'ora dell'incanto, l’ammontare della cauzione che gli offerenti devono versare, la misura minima dell’aumento delle offerte, e il termine non superiore a 60gg dall’aggiudicazione definitiva entro il quale il prezzo dev’essere depositato e le modalità del deposito] Le modalità con le quali si svolge l’incanto ricordano quelle previste dal c.p.c. per la vendita degli immobili, ma nella versione precedente la riforma del ‘05. L’art. 638 c.nav fa riferimento al sistema della candela vergine e l’art. 662 c.nav tratta dell’aumento di 1/6. [Le norme del c.p.c. corrispondenti a quelle in esame sono state riscritte dalla riforma del ‘05. Per quanto riguarda la vendita degli immobili, da un lato, si è abbandonato il sistema della candela vergine, preferendole il cronometro; dall’altro, si è riscritta la norma che riguarda le offerte in aumento. Riguardo a quest’ultimo istituto occorre segnalare un’altra differenza rilevante tra la disciplina del c.p.c. e quella del c.nav: dopo la riforma, l'art. 584 c.p.c. tratta delle offerte dopo l'incanto e della possibilità di aprire una gara tra gli offerenti, indicando quali soggetti legittimati a parteciparvi solo gli offerenti in aumento, l’aggiudicatario, e coloro i quali hanno presentato un’offerta al precedente incanto. L’art. 662 c.nav dispone che il giudice dell’esecuzione accertato l’adempimento relativo al deposto della cauzione da parte dell'offerente, stabilisce un nuovo incanto, senza limitare in alcun modo la partecipazione a questo nuovo incanto. Un’altra particolarità si trova nell'art. 659 c.nav: a differenza di quanto prevede l’art. 581 c.p.c., nella vendita navale ogni offerente cessa di essere tenuto per la sua offerta quando essa è superata da altra valida e non anche quando la successiva offerta viene poi dichiarata nulla] Diversamente da quanto prevede il c.p.c. sia in relazione ai beni immobili (dove viene preferita la vendita senza incanto), sia in relazione ai beni mobili (dove la scelta sulle modalità di vendita spetta al giudice dell’esecuzione) nella normativa in esame si può ricorrere alla vendita senza incanto della nave solo quando, dopo aver sentito gli interessati e il debitore proprietario, siano stati disposti ulteriori incanti e pure essendo stato ridotto il prezzo al 40% del prezzo base, la vendita all’incanto non ha luogo per mancanza di offerte. Perché si passi a tale modalità di vendita occorre non solo che vada deserta la prima asta, ma anche che uguale sorte abbiano gli incanti successivi, nei quali il prezzo base viene stabilito di volta in volta, ribassandolo almeno del 20% rispetto all’incanto precedente. Nulla si dice nell'art. 661 c.nav riguardo alle modalità della vendita senza incanto della nave (o dei carati), se non che il giudice dell’esecuzione sentiti i creditori interessati e il debitore proprietario dispone in proposito, prescrivendone le condizioni. Non vi è un rinvio ai corrispondenti istituti del c.p.c., ma ciò non significa che il giudice dell’esecuzione non possa adeguarsi a quella disciplina: non si rinviene alcuna incompatibilità su questo tema tra le norme del c.p.c. e quelle del c.nav. Diverse sono le scelte operate dal c.nav per quanto riguarda le modalità relative alla vendita dell’aeromobile (o sue quote). In questo caso l’art. 1066 c.nav lascia libero il giudice di scegliere la vendita con o senza incanto, precisando solo, nell’art. 1068 c.nav, che, nel caso in cui venga scelta la vendita con incanto, la procedura si attua nelle forme stabilite negli artt. da 658 a 666, ossia secondo la disciplina prevista per la vendita delle navi. Al contrario, nel caso in cui il giudice opti per la vendita senza incanto, la medesima si attua nelle forme stabilite negli art. 570 a 575 c.p.c. [Quest’ultimo aspetto è importante, perché grazie a tale rinvio il giudice dell’esecuzione ha la possibilità di utilizzare l'intero schema procedurale dettato dal c.p.c. per l’ipotesi di vendita degli immobili senza incanto. In questo caso la vendita avviene utilizzando il sistema delle offerte di acquisto in busta chiusa, cui può seguire la gara tra gli offerenti e/o la vendita con incanto] Per quanto riguarda la vendita delle parti separate e delle pertinenze, il c.nav si occupa solo dell’ipotesi relativa a quelle dell’aeromobile: ne tratta l'art. 1071 c.nav, il quale rinvia 32 alle norme del c.p.c. relative alla vendita di beni mobili. Nessuna norma del c.nav riguarda le modalità di vendita delle pertinenze separabili della nave. Poiché nell’art. 651 il c.nav rinvia alle norme sul pignoramento di cose mobili del c.p.c., pare ragionevole ritenere che anche la fase liquidativa di quella procedura si svolga secondo le medesime regole. Occorre rilevare che nulla si dice nel c.nav anche riguardo alla possibilità di ricorrere all’istituto della vendita delegata. La dottrina è divisa, ma la giurisprudenza di merito si è espressa in senso favorevole all’applicazione dell’art. 534 bis c.p.c., rilevando l’utilità dell’istituto anche nell’ambito di tali procedure. 13. c) decreto di trasferimento (pp. 109 – 110) L’art. 664 c.nav (applicabile anche alla vendita dell’aeromobile) dispone che avvenuto il versamento del prezzo, il giudice dell’esecuzione con d. trasferisce all'aggiudicatario la nave descritta nell’ordinanza di vendita e ingiunge all'uff competente di cancellare le trascrizioni delle ipoteche e dei pignoramenti. [Nel caso di d. di trasferimento avente ad oggetto i carati della nave o le quote dell’aeromobile, il giudice deve limitarsi ad ingiungere all’uff competente di restringere le ipoteche ai carati o alle quote che non formano oggetto di espropriazione. Occorre ricordare che il d. di trasferimento estingue anche i privilegi sulla nave, mentre in caso di vendita volontaria essi si estinguono solo col decorso del termine di 60gg] Si sottolinea come possano sorgere dei gravi problemi applicativi, nel caso in cui la procedura abbia ad oggetto una nave o un aeromobile straniero. La cancellazione delle iscrizioni pregiudizievoli può essere utilmente ingiunta dal giudice quando si tratti della vendita di una nave o di un aeromobile iscritto in registri che sono tenuti nel territorio italiano, ma rischia di non poter ricevere attuazione nel caso in cui si tratti di una nave o di un aeromobile non italiani. Quanto all’iscrizione della nave nei registri italiani, cui si deve provvedere a seguito della vendita, la dottrina ritiene che essa debba avvenire a norma del Reg 328/52, con la cooperazione dell’autorità consolare. [Gli uff di un altro Stato, presso i quali questi beni sono registrati, non hanno alcun obbligo di ottemperare all'ordine di cancellazione delle ipoteche e dei pignoramenti ingiunto dal giudice italiano; e in questo caso l’aggiudicatario per ottenere tali cancellazioni non può far altro che attivarsi presso le autorità dell’ord di bandiera, nei limiti in cui quest’ultimo consenta il recepimento di tale ordine. In ambito eu è possibile chiedere l'esecuzione di tale provv secondo il Reg CE 44/01] Il d. di trasferimento dev’essere reso pubblico e contro di esso è possibile proporre l'opposizione agli atti esecutivi. Benché nel c.nav non vi sia una norma equivalente all’art. 187 bis disp. att. c.p.c., pare che essa possa essere applicata anche in queste procedure speciali, quanto meno in relazione all'estinzione dell’espropriazione. La regola per la quale in ogni caso di estinzione dell’espropriazione avvenuta dopo l’aggiudicazione, anche provvisoria restano fermi nei confronti dei terzi aggiudicatari gli effetti di tali atti si può considerare direttamente applicabile alla procedura navale, grazie al rinvio che sia l’art. 672 sia l’art. 1073 c.nav compiono ai corrispondenti istituti del c.p.c. in tema di estinzione del proc di esecuzione. 14. Distribuzione (pp. 110 – 111) La fase della distribuzione (sia nel caso di vendita della nave, sia in quello di vendita dell’aeromobile) si svolge secondo le disp che il c.p.c. detta per l’ipotesi di espropriazione immobiliare. Quella relativa alla vendita di cose già costituenti pertinenze separabili segue le regole del c.p.c. relative all’espropriazione mobiliare. Nel primo caso, salva l’ipotesi in cui vi sia da soddisfare il solo creditore procedente, spetta al giudice dell'esecuzione provvedere alla redazione del progetto di distribuzione; nel secondo caso, è possibile che la distribuzione avvenga secondo un piano concordato o che, in mancanza di accordo, vi provveda il giudice dell’esecuzione. La distribuzione avviene secondo il princ della graduazione, basato sulla qualità del credito vantato. Bisogna ricordare che nelle ipotesi descritte dagli artt. 644 e 1056 c.nav (ossia, quando la procedura abbia avuto ad oggetto l’intera nave o l’intero aeromobile, benché il debitore fosse titolare solo della maggioranza dei carati o delle quote) dal ricavato della vendita occorre prelevare la quota di riparto spettante ai caratisti e ai quotisti non debitori. In relazione sia all’espropriazione di navi, sia a quella di aeromobili è possibile contestare il riparto, promuovendo una controversia distributiva. Sul punto occorre sottolineare una particolarità: la ricomprensione nella categoria dei terzi assoggettati all’espropriazione, cui fa riferimento il co.1 art. 512 c.p.c., anche del proprietario non armatore e del proprietario non esercente. Anche questi soggetti, al pari del debitore proprietario, possono avere interesse a promuovere la controversia distributiva, perché sperano di ricevere il residuo, una volta che siano state pagate le spese di procedura e che siano stati soddisfatti tutti i creditori concorrenti. 15. Opposizioni (pp. 111 – 113) Anche per quanto riguarda le opposizioni esecutive il c.nav detta una disciplina specifica, pur riproducendo la tripartizione del c.p.c.: opposizione all’esecuzione, opposizione agli atti esecutivi e opposizione di terzo. Le particolarità di questa disciplina, rispetto a quella del c.p.c., dipendono dal fatto che nelle espropriazioni in esame la nomina del giudice dell’esecuzione avviene solo dopo la presentazione dell’istanza di vendita. Ciò comporta che, se la procedura è pendente, ma non è stato ancora nominato il giudice dell’esecuzione, sia l’opposizione all’esecuzione, sia l’opposizione agli atti esecutivi, sia l'opposizione di terzo debbano essere proposte davanti al giudice competente (davanti al pres del trib competente). Per il caso in cui l’opposizione venga promossa prima dell'inizio dell'esecuzione, sia l’art. 667, sia l’art. 668 c.nav rinviano all’art. 480 c.p.c. In questo caso essa dev’essere proposta, secondo le regole ordinarie, davanti al giudice del luogo dove si trovano i beni e nel quale ha eletto residenza o domicilio il precettante, o, in mancanza di queste indicazioni, nel luogo in cui il precetto è stato notificato. Occorre rilevare come l’estrema brevità del termine ad adempiere (24ore), che è possibile concedere all’obbligato col precetto navale, finisca per rendere infrequente questa ipotesi. Per ciò che concerne l'opposizione agli atti, un notevole 35 dedotte le spese di ammin e tributi. Tale attribuzione avviene senza che sia necessaria un'istanza del creditore e senza la preventiva approvazione del rendiconto o di un progetto di distribuzione parziale da parte degli altri creditori o del giudice dell'esecuzione, in deroga a quanto stabilito dall'art. 594 c.p.c.: l'obbligo del custode di provvedere al versamento delle somme nelle mani del creditore fondiario discende direttamente dalla l.; e la sua omissione ne giustificherà la sua sostituzione. Il co.4 art. 41 t.u.b. dispone che il giudice dell'esecuzione debba indicare nell'ordinanza di vendita il termine entro il quale l’aggiudicatario deve versare al creditore fondiario parte del prezzo corrispondete al complessivo credito della stessa. [La disciplina attuale si discosta da quella del t.u. del 1905 su due punti. 1) L'art. 55 t.u. del 1905, stabiliva che non vi fosse necessità di indicare nelle condizioni di vendita l'obbligo per l’aggiudicatario di pagare direttamente al creditore fondiario. 2) L'abrogato art. 55 t.u. 1905 veniva interpretato nel senso che la disciplina di favore, sul punto, si applicava non solo alle vendite conseguenti ad una espropriazione individuale, ma anche all'aggiudicatario di un bene conseguente ad una vendita fallimentare] Nonostante la l. nulla dica espressamente, si ritiene che i pagamenti effettuati dal custode, o dall'aggiudicatario, avvengono in via provvisoria. Per quel che riguarda i pagamenti del custode, il riferimento al eredito vantato dalla banca esclude la definitività dell'attribuzione. Ne consegue che al successivo rendiconto resterà la funz di controllo della correttezza e della legittimità dei versamenti e delle trattenute operate dal custode, ed in quella sede si opereranno gli eventuali conguagli e restituzioni. Al medesimo risultato si deve pervenire anche con riferimento ai pagamenti effettuati dall'aggiudicatario: il pagamento avviene quando il credito della banca non è ancora certo nella sua esistenza, poiché avviene prima della fase di distribuzione del ricavato che a tale scopo è funzionale e che non può mancare anche nell'espropriazione per credito fondiario. La stessa funz del rendiconto viene svolta, in questa ipotesi, dal piano riparto ove verrà verificata la legittimità dell'attribuzione provvisoria. Dalla natura provvisoria consegue che l'attribuzione alla banca dipende dalle vicende dell'espropriazione: se l’esecuzione si estinguesse, la banca dovrà restituire le somme agli aventi tit; se all'aggiudicazione non conseguisse il d. di trasferimento, la banca dovrà restituire le somme all'aggiudicatario. Il pagamento dell’aggiudicatario al creditore fondiario pone un duplice problema. In primo luogo, si è discusso sulla necessità che il giudice dell'esecuzione indichi nell'ordinanza di vendita il prezzo che l’aggiudicatario deve corrispondere alla banca. In assenza di un dato normativo esplicito, non si vede motivo per derogare al princ generale che riserva alla fase di distribuzione la determinazione definitiva del credito, sicché si giustifica lasciare al creditore l’indicazione dell'ammontare della propria pretesa in via provvisoria. Secondo problema riguarda i crediti chirografari che la banca aziona insieme a quello garantito da ipoteca fondiaria: valorizzando il dato letterale della norma, nella parte in cui si parla di credito complessivo, si è sostenuto che il versamento dell'aggiudicatario dev’essere parametrato anche al credito chirografario eventualmente vantato dalla banca con quello ipotecario. Ma il privilegio proces della banca non può prescindere dal suo dir sostanziale, con la conseguenza che il credito che può godere del regime agevolato dev’essere determinato ex art. 2855 c.c. 5. c) subentro dell’aggiudicatario nel contratto di mutuo (pp. 122 – 123) La disciplina sull'espropriazione per credito fondiario consente all'aggiudicatario di subentrare nel contratto di mutuo, purché entro il termine di 15 gg dalla comunicazione del d. ex art. 574 c.p.c. per la vendita senza incanto, dall'aggiudicazione definitiva o dall'assegnazione, corrisponda alla banca le rate scadute, gli interessi e le spese. L'art. 41, co.5, t.u.b. contiene una duplice deroga alla disp dell'art. 508 c.p.c. (che disciplina l'accollo del debito), conferendo all'aggiudicatario un dir potestativo, nei confronti del creditore fondiario ed esercitabile senza necessità di alcuna autorizzazione del giudice, che gli consente di accollarsi il debito dell'esecutato. L'assenza di un provv autorizzativo del giudice non esclude la sussistenza di un qualsivoglia suo pot discrezionale. In primo luogo, l'art. 586 c.p.c. resta applicabile alla fattispecie; ne consegue che resta intatto il pot esercitabile dal giudice dell'esecuzione in sede di emissione del d. di trasferimento. In secondo luogo, alla fattispecie è applicabile l'art. 585 c.p.c. che disciplina l'assunzione del debito garantito da ipoteca, disponendo che il giudice dell'esecuzione ordini all'aggiudicatario il pagamento della parte del prezzo occorrente per le spese e per la soddisfazione degli altri creditori che potranno risultare capienti. L'applicabilità dell'art. 585 c.p.c. anche all'espropriazione per credito fondiario costituisce l'argomento dirimente che consente di escludere la correttezza di quell'interpretazione restrittiva che, per tutelare i creditori che hanno dir ad essere soddisfatti con precedenza rispetto alla banca, non ammette la possibilità di subentro nel contratto di mutuo nelle ipotesi in cui nell'espropriazione siano intervenuti più creditori. Tale ricostruzione interpretativa, sotto altro aspetto, appare poco convincente alla luce del dato letterale -nella parte in cui non attribuisce al giudice dell'esecuzione alcun pot autorizzativo- e di sistema -atteso che se il subentro nel contratto di mutuo comportasse anche il pagamento di un prezzo, esso risulterebbe punitivo per l'acquirente, frustrando la ratio di favore che sottende al co.5 art. 41 t.u.b., rispetto all'art. 508 c.p.c. 6. Conseguenze sul provvedimento che dispone la vendita (pp. 123 – 124) Dal punto di vista della dinamica processuale, le norme derogatorie contenute nell'art. 41 t.u.b. hanno delle conseguenze sul proced di vendita, che dovrà adeguarsi alla disciplina predetta per consentirne l'attuazione, permettendo all'aggiudicatario di pagare il prezzo direttamente al creditore fondiario e di subentrare, qualora lo volesse, nel contratto di mutuo. Il provv che dispone la vendita -d. ex art. 574 c.p.c. (per la vendita senza incanto); ordinanza di vendita (per la vendita con incanto) o provv ex art. 590 c.p.c. nel caso di assegnazione- dovrà prevedere che l’aggiudicatario debba pagare il prezzo dell'aggiudicazione direttamente al creditore fondiario: così l'art. 41, co.4, t.u.b. La soluzione non può essere diversa nelle ipotesi in cui le operazioni di vendita siano delegate ad un professionista, alla luce dell'art. 576 e 591 bis c.p.c. da cui è possibile argomentare 36 sull’esclusività del pot del giudice dell'esecuzione di determinazione delle modalità di versamento del prezzo. Con riferimento al termine per il pagamento, esso non potrà essere superiore a 60 gg dall'aggiudicazione definitiva e non inferiore a 15 gg dall'aggiudicazione definitiva, atteso che il termine quindicinale costituisce lo spatium deliberandi entro il quale l’aggiudicatario può esercitare il dir potestativo al subentro nel contratto di mutuo. Il giudice dell'esecuzione dovrà fissare un ulteriore termine per il versamento in cancelleria del prezzo residuo qualora questo fosse superiore al credito complessivo dichiarato dalla banca. Con riferimento alle modalità di versamento del prezzo, si è sottolineata l'opportunità che il provv che dispone la vendita precisi quale debba essere il destino della cauzione versata dall’aggiudicatario, indicando se quest'ultimo dovrà versare alla banca il prezzo al netto della cauzione (e lasciare alla banca l'onere di chiedere alla cancelleria la consegna della cauzione) o se dovrà versare integralmente il prezzo di aggiudicazione e provv al recupero della cauzione in cancelleria. Il provv che dispone la vendita dovrà prevedere che il creditore fondiario, dopo l’aggiudicazione provvisoria, indichi l’ammontare complessivo del proprio credito ed anche l’ammontare delle rate scadute, degli accessori e delle spese, nonché l’importo residuo del finanziamento. Per consentire all'aggiudicatario di esercitare il dir potestativo al subentro ex art. 41 co.5 t.u.b., è necessario che il giudice dell'esecuzione, dopo l’aggiudicazione provvisoria, emetta il provv ex art. 585 c.p.c., indicando l’ammontare della somma che l'aggiudicatario dovrà versare in cancelleria, a soddisfo dei creditori che risulteranno capienti e delle spese. Il provv che dispone la vendita potrà essere oggetto di opposizione agli atti esecutivi proponibile dal creditore fondiario, qualora contenga delle omissioni relative al pagamento del prezzo, o dal debitore o da altri creditori intervenuti, qualora volessero contestare la natura fondiaria del credito. Lo scopo dell'opposizione non è quello di far dichiarare la nullità integrale del provv, ma solo dei vizi dello stesso, idonei a provocare una sua nullità parziale. Resta fermo il pot di revoca e modifica dell’ordinanza esercitabile dal giudice dell'esecuzione prima della sua esecuzione. 7. Espropriazione per credito fondiario e fallimento (pp. 124 – 127) Il co.2 art. 41 t.u.b. contiene una deroga rilevante alla regola generale che regola i rapp tra espropriazione individuale e fallimento disciplinata dall'art. 51 L.fall. La norma stabilisce che l'az esecutiva sui beni ipotecati a garanzia di finanziamenti fondiari può essere iniziata o proseguita dalla banca anche dopo la dich di fallimento del debitore e, al fine di coordinare i due proced, attribuisce al curatore la facoltà di intervenire nell'esecuzione ed al fallimento la somma ricavata dall'esecuzione, eccedente la quota che in sede di riparto risulta spettante alla banca. [La norma speciale disciplina solo l'ipotesi del fallimento, omettendo di disciplinare la fattispecie di concorso con le altre procedure concorsuali. Non si vedono ostacoli a ricomprendere nell'ambito di applicazione della disciplina speciale anche la liquidazione coatta ammin, a fronte del richiamo dell'art. 201 l.fall. all'art. 51 l.fall. e alle sue eccezioni. Per il concordato preventivo e l'ammin straordinaria delle grandi imprese in crisi il discorso dev’essere diverso. Per la prima procedura, l'art. 168 l.fall. dispone che i creditori non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire az esecutive sul patrimonio del debitore; per la seconda l'art. 48 d.lgs. 270/99 esclude la possibilità di intraprendere az esecutive individuali, anche speciali. La ratio è evidente: la deroga all'art. 51 l.fall. si applica solo nelle ipotesi di procedure liquidative; in quelle in cui si tende a conservare l'integrità aziendale, la disciplina dev’essere quella del divieto o dell'improcedibilità dell'espropriazione individuale. Altre previsioni normative disciplinano questo aspetto, prevedendo che non può essere iniziata o proseguita alcuna procedura individuale: per la liquidazione coatta ammin delle banche, l'art. 83 d.lgs. 385/93; per gli enti cooperativi, ex art. 3 l. 400/75. Mentre l'art. 51 l.fall. continua ad essere derogato dall’art. 17 l. 457/78, con riguardo ai mutui edilizi assistiti da garanzie dello Stato] Fermi i problemi di coordinamento risolti dalla norma, ve ne sono altri la cui soluzione è stata trovata in via interpretativa. Occorre valutare se il dir della banca di proseguire la procedura espropriativa individuale sussista anche nelle ipotesi in cui la banca sia intervenuta in una procedura avviata da altri e non sia la creditrice pignorante. Il dato letterale non esclude il dir del creditore fondiario intervenuto di proseguire la procedura individuale iniziata da altri; mentre, dal lato pratico, si è evidenziato che, in caso contrario, nulla impedirebbe alla banca di iniziare una nuova espropriazione forzata. Occorre individuare quale tra le due procedure liquidative debba prevalere, nell'ipotesi in cui la banca si avvalga delle facoltà di cui al co.2 art. 41 t.u.b. e il curatore fallimentare proceda autonomamente alla liquidazione del bene compreso nella massa attiva fallimentare. Sul punto, la giurisprudenza di legittimità, ha rilevato che la procedura di vendita del bene appare indifferente per il creditore fondiario. Si è affermato il princ della reciproca concorrenza tra la procedura concorsuale e quella individuale ed il conflitto tra le due è stato risolto nel senso che prevarrà la procedura in cui viene emesso per primo il provv che dispone la vendita. Tale soluzione dev’essere rivista alla luce dell'art. 41, co.4, t.u.b. che, riferendosi al giudice dell'esecuzione, riconosce il dir del creditore fondiario al pagamento anticipato solo nell'espropriazione individuale, non in quella concorsuale, così superando la previsione dell’art. 55 t.u. del 1905, che, nell'interpretazione della Cass, consentiva il pagamento anticipato del creditore fondiario anche in pendenza di fallimento, ad opera del curatore. Se la tesi che afferma l'indifferenza della procedura di vendita non è più sostenibile alla luce delle vigenti norme, viene meno il cardine del ragionamento della Suprema Corte, con la conseguenza che l'espropriazione individuale dovrà prevalere sulla liquidazione del bene in sede concorsuale, onde garantire il privilegio processuale al creditore fondiario. Si discute a chi appartenga la legittimazione passiva dell'espropriazione individuale, nell'ipotesi del fallimento del debitore: la giurisprudenza ritiene che resti in capo al debitore, il quale è il solo legittimato a ricevere il precetto e gli atti esecutivi, e di conseguenza a proporre le relative opposizioni. Il curatore può contestare la sussistenza dei presupposti di applicabilità dell'art. 41, co.2, t.u.b. Con riferimento alla nomina del custode, in passato, si è ritenuto che, pendente il fallimento, il ruolo di custode dovesse essere ricoperto dal curatore fallimentare, senza possibilità di sostituzione da parte del giudice dell'esecuzione. Tale orientamento è stato abbandonato dalla giurisprudenza di legittimità e simile conclusione appare maggiormente aderente sia ai princ generali, che non sembrano imporre che il curatore debba essere l'esclusivo custode dei beni pignorati, sia alla specificità dei 37 compiti del custode discendenti dall'art. 559 e 560 c.p.c. Il pot di nomina del custode resta una prerogativa del giudice dell'esecuzione che potrà scegliere il curatore fallimentare, se lo ritiene opportuno, o un altro soggetto. Uno dei problemi più complessi riguarda il coordinamento della fase distributiva del ricavato dell'espropriazione individuale, col riparto fallimentare, e la sussistenza dell'onere di insinuazione al passivo fallimentare gravante per il creditore fondiario. Occorre valutare se debba essere data prevalenza alla disciplina speciale e escludere la necessità della verifica del dir al concorso, atteso che il curatore può sempre intervenire nella procedura espropriativa individuale e opporsi qualora si verifichino delle violazione della par condicio creditorum; o se debba prevalere la disciplina concorsuale e le regole che attribuiscono in via esclusiva al giudice delegato il pot di accertamento del dir al concorso. Occorre rilevare che non possono esservi più dubbi sul fatto che l’espropriazione individuale debba arrivare alla fase distributiva. L'art. 41, co.2, t.u.b. conferma la correttezza di tale interpretazione, nella parte in cui dispone che al fallimento è attribuita la somma ricavata dall'esecuzione, eccedente la quota che in sede di riparto (dell'espropriazione individuale) risulta spettante alla banca. Quanto alla necessità per la banca di ottenere il riconoscimento del dir al concorso e di essere ammessa al passivo fallimentare, la soluzione è fornita dall’art. 110 l.fall., nella parte in cui stabilisce che nel piano di riparto sono collocati anche i crediti per i quali non si applica il divieto di az esecutive e cautelari di cui all'art. 51 l.fall., che ha affermato l'obbligo di ammissione al passivo anche per i crediti esentati dal divieto di az esecutive. Ne consegue che, per ottenere la somme dovute in sede di riparto nell'esecuzione individuale, non è necessario per la banca provare di essere stata ammessa al passivo; ma l’attribuzione conseguente al piano di riparto nella procedura espropriativa individuale ha natura provvisoria e può essere rimessa in discussione in sede fallimentare. CAP. 7 – Esecuzione sui diritti di proprietà industriale 1. Introduzione: a) ambito di applicazione ed oggetto (pp. 129 – 130) I beni della proprietà industriale possono essere oggetto di espropriazione forzata. L’esecuzione può colpire non tanto i dir morali e d’autore, ma i soli dir di natura patrimoniale nascenti dallo sfruttamento economico di detti beni. Anche i dir patrimoniali nascenti dalle proprietà intellettuali possono essere oggetto di esecuzione, ma con limitazioni rilevanti: l’art. 111 l. 633/41 esclude la pignorabilità dei dir di pubblicazione ed utilizzazione dell’opera finché spettano personalmente al suo autore, consentendola solo per i frutti dell’utilizzazione e gli esemplari dell’opera già pubblicati. L’art. 137 c.p.i. disciplina l’esecuzione forzata sui dir patrimoniali che derivano dall’utilizzo dei beni di proprietà industriale intendendosi con «proprietà industriale» «marchi ed altri segni distintivi, indicazioni geografiche, denominazioni di origine, disegni e modelli, invenzioni, modelli di utilità, topografie dei prodotti a semiconduttori, informazioni aziendali riservate e nuove varietà vegetali». Tale norma riprende la disciplina previgente in materia di brevetti per invenzioni e modelli industriali rievocando l’art. 87, r.d. 1127/39 (L. in materia di brevetti per invenzioni industriali), applicabile anche ai modelli industriali, ma estende la pignorabilità in generale dei dir di proprietà industriale, prima normativamente prevista solo con riferimento a marchi e brevetti. La caratteristica fondamentale di questa esecuzione sta nella natura del bene che viene colpito: trattasi di beni di natura immateriale. Ciò impone alla procedura esecutiva alcune peculiarità, oltre al rischio che il distacco forzoso del segno distintivo dal precedente titolare determini una perdita di valore del bene in sé. Per l’esecuzione è necessario che i beni siano registrati: questo lo si evince dalle modalità di esecuzione del pignoramento. La norma prevede che il pignoramento venga trascritto a pena di inefficacia entro i successivi 8gg dall’esecuzione: ciò impone che i beni della proprietà industriale oggetto di esecuzione siano già stati in precedenza brevettati e registrati, non potendosi in mancanza provvedere ad alcuna trascrizione. Conseguentemente si deve escludere la possibilità di pignoramento dell’invenzione sfruttata in segreto, ma anche la pignorabilità dei dir di proprietà industriale in corso di concessione e registrazione, per i quali, cioè, è stata presentata una domanda di brevetto o di registrazione all’Uff Italiano Brevetti e Marchi, ma la stessa non è ancora stata accolta. Al riguardo l’art. 137 c.p.i. precisa che i dir di proprietà industriale sebbene in corso di concessione o registrazione possono essere oggetto di sequestro, ma non di pignoramento; il legislatore, laddove ha inteso ammettere la possibilità di pignoramento anche sui beni in corso di registrazione lo ha espressamente previsto: es espropriazione da parte dello Stato per ragioni di interesse della difesa militare del Paese o di pubblica utilità disposta mediante d.P.R. 2. b) richiamo alle norme del c.p.c. (pp. 130 – 131) Il co.2 art. 137 c.p.i. dispone che all’esecuzione in questione si applichino le norme previste nel c.p.c. per l 'esecuzione sui beni mobili. Analogo richiamo è presente nei co.8 e 11. Benché sia presente questo richiamo sia delle norme del c.p.c. per l’esecuzione mobiliare presso il debitore che per quella presso terzi, i co. successivi dispongono regole specifiche che si discostano dalla normativa sull’espropriazione forzata mobiliare del c.p.c., ma che si giustificano per la natura dei beni sottoposti ad esecuzione. Il richiamo alle norme codicistiche deve intendersi avente natura di norma generale, che trova applicazione se non espressamente derogata dalla disciplina dell’art. 137 c.p.i. in quanto incompatibile con essa. Così saranno applicabili gli artt. 474 ss. c.p.c. sia con riferimento all'individuazione dei tit esecutivi che possano consentire l’esecuzione, sia relativamente alle attività prodromiche all’inizio dell'esecuzione da eseguirsi. La richiesta di pignoramento dovrà essere preceduta dalla preliminare notifica di un tit esecutivo e del relativo atto di precetto: anche se detto atto non è menzionato tra gli elementi da indicare nell’atto di pignoramento, la sua redazione e notifica non appare in contrasto con le altre disp dell'art. 137 e contiene elementi quali l’intimazione ad adempiere, l’elezione di domicilio che possono risultare utili anche in sede di opposizione. Analogamente, troveranno applicazione anche i termini perentori che disciplinano il proc esecutivo e i termini di 90 gg previsti dall’art. 481 c.p.c. per la richiesta di pignoramento, pena la perenzione del precetto e dall’art. 497 40 garanzie trascritte: se i creditori titolari di dir di garanzia non intervengono, l’aggiudicatario del dir potrà ottenere la cancellazione delle trascrizioni dei dir di garanzia sulla privativa. 6. Vendita e aggiudicazione (pp. 137 – 138) La normativa speciale della vendita e dell’aggiudicazione delle privative industriali è molto sintetica, ma dev’essere integrata dalle norme del c.p.c., gli artt. 529 ss. c.p.c., secondo il disposto del co.7. La vendita può essere effettuata non prima che siano trascorsi 30gg dal pignoramento ed almeno 20gg dal d. di fissazione della data della vendita stessa: non troverà applicazione l'art. 501 c.p.c. vista la presenza di una disciplina specifica. La vendita avrà ad oggetto i dir patrimoniali derivanti dal bene di proprietà industriale e sarà disposta su istanza del creditore depositata nel termine di cui all’art. 497 c.p.c. Se non sussiste un’indicazione del valore del brevetto pignorato nell’atto di pignoramento che abbia un margine di ragionevole certezza (consulenza fatta in precedenza), il giudice dovrà convocare le parti, nominare un perito perché sia valutato lo sfruttamento economico del bene, anche in considerazione delle prospettive future di utilizzo. Il valore individuato nella perizia costituirà il prezzo base d’asta. Il giudice potrà disporre la vendita nelle forme ritenute più opportune secondo i casi, senza incanto, tramite commissionario specializzato e nominato dal giudice o all’incanto, affidando le vendite ad un istituto autorizzato (l’IVG), o tramite ufficiale giudiziario o cancelliere. Troverà applicazione anche l’art. 534 bis c.p.c., che disciplina la vendita con incanto dei beni mobili iscritti nei pubblici registri con delega ad un notaio o ad altro professionista per le operazioni. Se l’incanto va deserto si potrà avere un nuovo incanto col prezzo ribassato secondo il disposto dell’art. 538 c.p.c. Il giudice potrà disporre la pubblicità più consona: ad es. l’affissione dell’avviso d’asta nei locali/sul sito della Camera di commercio e dell'Uff Italiano Brevetti e Marchi, la pubblicazione nel Bollettino dei dir di proprietà industriale, ecc. 7. Distribuzione del ricavato (pp. 138 – 139) Anche la fase della distribuzione del ricavato è disciplinata, al co.11 art. 137 c.p.i. in modo sintetico. Impone la norma che il giudice dell’esecuzione fissi un’ud di comparizione delle parti e verifichi se i creditori titolari di dir di garanzia siano stati avvisati della pendenza dell’esecuzione e della vendita così da poter intervenire: il mancato avviso blocca nel proced esecutivo del c.p.i. la distribuzione della somma ricavata. Questa è una differenza significativa rispetto al disposto dell’art. 498 c.p.c. che prevede la sospensione della vendita del bene pignorato. In assenza di controversie di sorta, il giudice procede alla distribuzione o in base ad un piano di distribuzione concordato tra i creditori o provvede egli stesso a predisporne uno. I crediti con mora, eventuali o condizionati, diventano esigibili secondo le norme del c.c.: il termine verrà a scadenza, la condizione, se verificata, permetterà la distribuzione, altrimenti la somma verrà accantonata. L’aggiudicatario del dir di proprietà industriale ha dir di ottenere che siano cancellate le trascrizioni dei dir di garanzia sul tit corrispondente, depositando, presso l’Uff Italiano Brevetti e Marchi, copia del verbale di aggiudicazione con l’attestato del cancelliere dell’avvenuto versamento del prezzo di aggiudicazione. Trovano applicazione anche le norme codicistiche in tema di estinzione del proc esecutivo. 8. Opposizioni esecutive (pp. 139 – 140) L’ult. co. art. 137 c.p.i. dispone che tutte le controversie in materia di esecuzione forzata e di sequestro su dir di proprietà industriale siano proposte a norma dell’art. 120 c.p.i. Tale previsione individua la competenza per territorio. Le controversie dovranno proporsi davanti all’autorità giudiziaria del luogo in cui il convenuto ha la residenza o il domicilio e, se questi sono sconosciuti, del luogo in cui il convenuto ha la dimora. Quando il convenuto non ha residenza, né domicilio né dimora nel territorio dello Stato, le az sono proposte davanti all'autorità giudiziaria del luogo in cui l’attore ha residenza o domicilio. Qualora né l’attore, né il convenuto abbiano nel territorio dello Stato residenza, domicilio o dimora è competente l’autorità giudiziaria di Roma. L’indicazione di domicilio effettuata con la domanda di registrazione o di brevettazione e annotata nel registro vale come elezione di domicilio esclusivo, ai fini della determinazione della competenza. Il domicilio così eletto può essere modificato solo con apposita istanza di sostituzione da annotarsi sul registro a cura dell’Uff Italiano Brevetti e Marchi. Si pone il problema se le opposizioni esecutive debbano essere devolute anche al Trib delle Imprese per motivi di competenza per materia o meno. Nel caso di opposizione all’esecuzione e opposizione di terzo, la competenza seguirà le regole ordinarie come per ogni giudizio di cognizione in base al loro oggetto: nell’opposizione all’esecuzione se l’oggetto è il dir di credito azionato, non dovrebbe aversi nessuno spostamento in base alla competenza per materia in favore del Trib delle Imprese. Quanto, invece, all’opposizione di terzo, poiché ciò che è stato pignorato è un bene della proprietà industriale sul quale il terzo rivendica un proprio dir, è ipotizzabile uno spostamento di competenza in favore del Trib delle Imprese. Per quanto riguarda l’opposizione agli atti esecutivi, avendo ad oggetto atti del proc esecutivo, si ritiene opportuno attribuire la competenza al giudice ordinario in sede esecutiva. L’opinione prevalente riconosce la competenza delle sez specializzate (ora trib delle imprese) con riferimento a tutte le controversie di opposizione. La competenza in materia di dir di proprietà industriale appartiene ai trib espressamente indicati dal d.lgs. 168/03, ora modificato dalla l. 27/12. CAP. 8 – Esecuzione per rilascio dell’immobile urbano locato 1. Premessa (pp. 141) Il rilascio dell’immobile che sia stato oggetto di un contratto di locazione si esegue applicando le norme dettate dal c.p.c. Qualora si tratti di un immobile urbano e il tit esecutivo con cui si procede consista in un provv giudiziale, l’esecuzione, pur 41 svolgendosi secondo la disciplina del c.p.c., è soggetta ad alcune norme particolari, le quali talvolta si aggiungono alle norme generali e altre volte le sostituiscono. Si tratta di numerose l. speciali, che si sono succedute nel tempo. Per quanto riguarda la normativa attualmente in vigore rilevano la l. 392/78 (l. sull’equo canone), e la l. 431/98, seguita da una serie di interventi, culminati nella l. 9/02. Da sempre la materia degli sfratti è stata considerata con particolare attenzione dal legislatore, sia per la rilevanza degli interessi in gioco, sia per l’enorme numero di procedure esecutive cui essa dà luogo. Ad oggi non si può affermare di avere trovato uno strumento legislativo che sia in grado di fornire un giusto equilibrio tra le contrapposte esigenza delle parti. Nonostante i reiterati interventi legislativi ci si trova ancora di fronte ad una legislazione emergenziale, che fa largo uso della sospensione dell’esecuzione, posticipando la soluzione di questi problemi. 2. Art. 56, l. 27 luglio 1978, n. 392 (pp. 141 – 144) Prima della l. dell’equo canone del ‘78 il rilascio degli immobili urbani avveniva secondo le norme del c.p.c.; ma la procedura era condizionata, in forza di talune norme speciali, sia da ipotesi di proroga degli sfratti, sia da ipotesi particolari di sospensione dell’esecuzione, sia dalla graduazione dell’inizio dell’esecuzione: in quest’ultimo caso la fissazione della data di inizio dell’esecuzione avveniva secondo un ordine prefissato dal legislatore. Diversamente da quanto disponeva la precedente legislazione, l’art. 56 l. 392/78 prevede che il giudice della cognizione, nel momento in cui emette il provv di rilascio dell’immobile, debba anche fissare la data per l'inizio dell’esecuzione. Ci si interroga sull’ambito di applicazione di tale norma. La giurisprudenza, seguita da parte della dottrina, ritiene che l’art. abbia una portata generale, e che sia applicabile, anche nelle ipotesi in cui il contratto non sia regolato dalla l. 362/78. Diversamente, altra parte della dottrina ritiene che essa riguardi solo i contratti che rientrano nell’ambito di applicazione della l. 392/78 ossia i contratti di locazione di immobili urbani stipulati in regime di equo canone. [A seguito della modifica dell’art. 474 c.p.c. si pone un ulteriore quesito: se, quando il tit esecutivo in virtù del quale si agisce in via esecutiva sia un atto pubblico, occorra che si fissata la data dell’esecuzione. La dottrina sostiene che in questo caso la fissazione della data di inizio dell’esecuzione, secondo quanto disposto dall’art. 56 l. 362/78, spetti al giudice, quanto meno nelle ipotesi in cui contro il tit esecutivo (nel quale non si prevede la data) venga proposta opposizione agli atti] La data dalla quale è possibile iniziare l’esecuzione varia, secondo che la liberazione dell’immobile venga ordinata in relazione alla finita locazione o allo sfratto per morosità. Nel primo caso, tale data dev’essere compresa entro il termine massimo di 6mesi o, in casi eccezionali, di 12mesi dalla data del provv, secondo la valutazione del giudice, il quale nel fissare tale termine deve tenere conto di vari aspetti, e deve motivare sul punto la sua dec. Il co.1 art. 56 l. 392/78 richiede che il giudice, nel fissare il termine, tenga conto sia delle condizioni del conduttore comparate a quelle del locatore, sia delle ragioni per le quali viene ordinato il rilascio. Nel caso in cui l’ordine di rilascio venga pronunciato per finita locazione, occorre che il giudice tenga conto del tempo trascorso dalla disdetta. [La dottrina ritiene che la formulazione dell’art. 56, nella parte in cui specifica che il giudice debba tenere conto anche delle condizioni del conduttore comparate a quelle del locatore, consenta al medesimo di prendere in considerazione qualsiasi elemento ai fini della fissazione della data dell’esecuzione. Tale esame non si dovrebbe focalizzare solo sulle condizioni economiche delle parti, ma dovrebbe prendere in considerazione le complessive condizioni di vita del conduttore e del locatore] Diverso è il caso in cui il conduttore sia moroso. Per questa ipotesi l'art. 56, co.3, l. 392/78, richiamando l’art 55 della stessa, dispone che la data dell'esecuzione non può essere fissata oltre 60gg dalla scadenza del termine concesso per il pagamento. Si afferma in giurisprudenza, e in dottrina che il termine previsto dall’art. 56 ha natura processuale; esso non determina la posticipazione della scadenza del rapp di locazione. Si discute sull’obbligo del conduttore di corrispondere al locatore, in pendenza del termine per l’esecuzione, l’indennità prevista nell’art. 1591 c.c. A seguito delle modifiche introdotte col d.l. 240/04 il provv del giudice è impugnabile, relativamente alla fissazione del termine, ai sensi dell’art. 6 d.l. 431l/98: con l’opposizione agli atti esecutivi. Per tramite di questo giudizio il ricorrente può lamentare la mancata fissazione del termine, o l’insufficiente o omessa motivazione del provv, ma anche un’errata valutazione delle condizioni delle parti, delle quali il giudice deve tenere conto. L’opposizione è di competenza del trib, il quale giudica in composizione collegiale. Si discute riguardo al momento entro il quale l’opposizione agli atti debba essere proposta. Taluni, ritenendo applicabile all’ipotesi in esame non solo l’art. 618 c.p.c., ma le norme che disciplinano l’opposizione agli atti, sostengono che debba essere rispettato il consueto termine di 20gg (dalla notifica del tit); altri ritengono che tale opposizione possa essere promossa anche oltre tale termine, poiché l’art. 56 afferma che essa può essere proposta in qualsiasi momento. 3. L. n. 431/1998 (pp. 144 – 146) Il sistema creato dalla l. sull’equo canone prevedeva l’abbandono del sistema della graduazione degli sfratti. A causa del disagio sociale che ciò provocava, il legislatore è stato costretto ad intervenire nella materia, introducendo un nuovo sistema di graduazioni delle esecuzioni; finche con la l. 431/98 ha modificato sia la disciplina sostanziale delle locazioni ad uso abitativo, sia l’esecuzione dei provv di rilascio. [Il d.l. 551/88 affidava al prefetto il pot di graduare gli interventi della forza pubblica in materia di sfratti. Sul punto è intervenuta la Corte Cost, la quale ha sancito l’illegittimità dell’art. 1 bis d.l. 172/97, nella parte in cui consentiva al prefetto di intervenire, modificando l’ordine delle richieste di rilascio] Nell’art. 6 l. 431/98, si è prevista la temporanea sospensione delle procedure di rilascio, ma solo per le ipotesi di finita locazione di immobili ad uso abitativo, e limitatamente agli immobili siti in comuni individuati dalle norme stesse e definiti dal legislatore ad alta tensione abitativa. Il co.3 art. 6 dispone che solo dopo che sia trascorso il termine di sospensione di cui al co.1 ed in mancanza di accordo fra le parti per il rinnovo della locazione, i conduttori interessati possono chiedere, entro e non oltre i 30gg dalla scadenza del termine fissato dal co.1, con istanza rivolta al pretore competente, che sia nuovamente fissato il giorno dell'esecuzione. L’art. 42 6, co.4, l. 431/98, prevede che il conduttore possa chiedere al giudice territorialmente competente un differimento dell’esecuzione della durata massima di 18mesi (e non inferiore a 9mesi). Ciò è consentito solo in casi particolari, determinati dalla norma stessa, in relazione ai quali il legislatore ha ritenuto che il conduttore sia particolarmente meritevole di tutela. [La norma fa riferimento a varie ipotesi: che il conduttore abbia compiuto i 65anni di età, abbia 5o più figli a carico, sia iscritto nelle liste di mobilità, percepisca un trattamento di disoccupazione o di integrazione salariale, sia assegnatario di alloggio di edilizia residenziale pubblica o di ente previdenziale o assicurativo, sia prenotatario di alloggio cooperativo in corso di costruzione, sia acquirente di un alloggio in costruzione, sia proprietario di alloggio per il quale abbia iniziato az di rilascio. Il medesimo differimento del termine delle esecuzioni può essere fissato nei casi in cui il conduttore o uno dei componenti il nucleo familiare, convivente col conduttore da almeno 6mesi, sia portatore di handicap o malato terminale] L’istanza dev’esser notificata al locatore e può essere proposta anche successivamente alla scadenza del termine per l’esecuzione; su di essa si pronuncia il trib monocratico con d, impugnabile con opposizione ex art. 618 c.p.c. Fino alla pronuncia del trib l’esecuzione rimane sospesa. La l. specifica che durante tale periodo i conduttori sono tenuti a corrispondere una somma mensile pari all'ammontare del canone dovuto alla cessazione del contratto, al quale si applicano automaticamente ogni anno gli aggiornamenti ISTAT; tale importo dev’essere maggiorato del 20%. [La Corte Cost ha dichiarato l'illegittimità cost dell'art. 6, co.6, l. 431/98, nella parte in cui esime il conduttore dall’obbligo di risarcire il maggior danno, anche nel periodo successivo alla scadenza del termine di sospensione dell’esecuzione stabilito ope legis o di quello giudizialmente fissato per il rilascio dell’immobile. La Corte Cost ha dichiarato l’illegittimità cost anche dell’art. 7, nel quale si prevedeva che condizione per la messa in esecuzione del provv di rilascio dell'immobile locato è la dimostrazione che il contratto di locazione è stato registrato, che l'immobile è stato denunciato ai fini dell'applicazione dell'ICI e che il reddito derivante dall'immobile medesimo è stato dichiarato ai fini dell'applicazione delle imposte sui redditi] In caso di inadempimento, il conduttore decade dal beneficio, comunque concesso, della sospensione dell'esecuzione, fatto salvo quanto previsto dall'art. 55 l. 392/78: ossia fatta salva per il conduttore la possibilità di sanare il suo inadempimento. 4. Altre norme relative alla sospensione dell’esecuzione nei confronti di particolari categorie di soggetti. L. 8/02/07 n. 9 (pp. 146 – 148) Benché l’intento del legislatore del ‘98 sia stato quello di offrire risposte nuove e più efficienti al problema del rilascio degli immobili ad uso abitativo, negli anni successivi all’entrata in vigore della l. 431/98 si sono succeduti vari provv legislativi emergenziali, nei quali si è fatto ampio uso della sospensione delle procedure esecutive. Ad es l’art. 80, co.22, l. 388/00 in relazione alle procedure di rilascio degli immobili ad uso abitativo e limitatamente a conduttori che versino in particolari situazioni di disagio, cui ha fatto seguito una numerosa serie di altri provv con uguale contenuto. [È opportuno ricordare che il sistema del blocco degli sfratti è stato oggetto di aspre critiche da parte della Corte Cost. Sul punto si può citare la sentenza della Corte cost. del ‘03, nella quale (pur avendo rigettato la domanda relativa alla dich di incost dell'art. 1, d.l. 450/01) si afferma che, pur non potendosi negare che il legislatore debba farsi carico delle esigenze di coloro che si trovano in particolari situazioni di disagio, egli non può limitarsi a trasferire indefinitamente, senza alcuna valutazione comparativa, l'onere relativo in via esclusiva a carico del privato locatore] Con la l. 240/07, il legislatore decide di intervenire sulla materia, con lo scopo di contenere il disagio abitativo e di favorire il passaggio da casa a casa per particolari categorie sociali. Per raggiungere tale scopo le nuove norme impongono la sospensione delle procedure di rilascio dei beni immobili adibiti ad uso abitativo, per un periodo di 8mesi, o di 18mesi, nel caso in cui il locatore possa essere ricompreso nelle categorie indicate dal co.3 art. 1: ossia, che si tratti, ad es, di un ente pubblico previdenziale, di una cassa professionale o di un istituto bancario. Ciò non riguarda tutte le ipotesi di esecuzione per rilascio di immobili urbani, ma solo quelle nelle quali il locatore procede per la finita locazione. [Parte della dottrina definisce tale sospensione automatica; altri ritengono che, essendo l’effetto sospensivo subordinato all’autocertificazione del conduttore relativa alla sussistenza delle condizioni richieste dalla l., il giudice debba fissare un’apposita ud e, nel contraddittorio col procedente, disporre la sospensione con provv impugnabile] La disciplina si differenzia rispetto ai precedenti provv in materia, sia per quanto riguarda l’ubicazione degli immobili interessati dalla sospensione, sia per quanto riguarda la categoria dei conduttori che ne possono beneficiare. [Quanto all’ambito oggettivo della sospensione, si prevede nell’art. 1 che possano beneficiarne i conduttori degli immobili adibiti ad uso di abitazioni e residenti nei comuni capoluoghi di provincia, nei comuni con essi confinanti con popolazione superiore a 10mila abitanti e nei comuni ad alta tensione abitativa di cui alla delibera CIPE del ‘03, pubblicata nella GU, quanto all’ambito soggettivo di applicazione della sospensione, la stessa norma fa riferimento a conduttori con reddito annuo lordo complessivo familiare inferiore a 27mila€, che siano o abbiano nel proprio nucleo familiare persone ultra- sessantacinquenni, malati terminali o portatori di handicap con invalidità superiore al 66%, purché non siano in possesso di altra abitazione adeguata al nucleo familiare nella regione di residenza. La sospensione si applica, alle stesse condizioni, anche ai conduttori che abbiano, nel proprio nucleo familiare, figli fiscalmente a carico] L’art. 1 esclude la sospensione dell’esecuzione in danno del locatore che dimostri, nelle forme di cui al co.2, di trovarsi nelle stesse condizioni richieste per ottenere la sospensione medesima o nelle condizioni di necessità sopraggiunta dell'abitazione. Altro aspetto di rilievo della normativa riguarda la reintroduzione della graduazione dell’esecuzione. L’art. 1, co.6, estende la disciplina prevista nell’art. 6, co.4, l. 431/98 a tutte le procedure per finita locazione relative a contratti stipulati secondo la medesima l., purché il conduttore appartenga ad una delle categorie protette, cui fanno riferimento i co.1 e 3 art. 1 l. 9/07. [L’art. 3, co.3, prevede a tal proposito che a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente l., nei comuni individuati nell'art. 1, co.1, possono essere istituite apposite commis, con durata di 18mesi, per l'eventuale graduazione, fatte salve le competenze dell'autorità giudiziaria ordinaria, delle az di rilascio, finalizzate a favorire il passaggio da casa a casa per i soggetti di cui all’art. 1, e per le famiglie collocate utilmente nelle graduatorie comunali per l'accesso agli alloggi di edilizia residenziale pubblica] Occorre segnalare che successivamente all’entrata in vigore della l. 9/07 il legislatore è intervenuto di nuovo nella materia, prorogando di volta in volta la sospensione 45 quelle disp che indicano le finalità pubbliche da tutelare e rimettono ad un atto della PA (con efficacia esterna) l’individuazione delle somme (attraverso la loro quantificazione) da destinarsi alla funz pubblica. Si tratta del sistema prescelto dal legislatore in relazione ai pignoramenti riguardanti gli enti locali (regioni, comuni, province, comunità montane) e gli enti sanitari (ASL e aziende ospedaliere). Viene in rilievo, per le regioni l'art. 11 d.l. 8/93 che costituisce l’archetipo, sul quale la Corte Cost ha rimodellato la disciplina applicabile agli altri enti locali territoriali e alle aziende sanitarie. In base a tale norma non possono essere aggredite le somme destinate: a) al pagamento delle retribuzioni per il personale dipendente e dei conseguenti oneri previdenziali per i 3mesi successivi; b) al pagamento delle rate dei mutui scadenti nel semestre in corso, c) le somme specificamente destinate all'espletamento dei servizi locali indispensabili quali definiti con un d. interministeriale, il tutto a condizione che la giunta, con deliberazione da adottarsi per ogni trimestre, quantifichi preventivamente gli importi delle somme destinate a tali finalità e che successivamente all’adozione della predetta delibera la giunta non proceda a pagamenti per tit diversi da quelli vincolati, se non seguendo l’ordine cronologico delle fatture come pervenute per il pagamento o, se non soggette a fattura, della data di deliberazione di impegno da parte dell’ente. L’impignorabilità dipende da due requisiti positivi: le finalità pubbliche individuate dalla norma (somme per il pagamento di retribuzioni per i dipendenti, di debiti finanziari e per l’espletamento di servizi essenziali) e l’adozione di una delibera trimestrale di determinazione delle somme necessarie per il soddisfacimento delle predette finalità. Si accompagna un presupposto negativo rappresentato dal mancato rispetto nei pagamenti effettuati a tit diverso dell’ordine cronologico delle fatture. Tale ultimo requisito negativo vuole impedire che le somme vengano distratte dalle finalità legislativamente predeterminate, distrazione che consentirebbe la sostanziale elusione della ratio (protezione delle funz essenziali dell’ente) per la quale è giustificabile, anche costituzionalmente, una limitazione ai dir del creditore di agire in executivis. [Non diversa è la disciplina per gli altri enti territoriali discendente dal t.u. sull’ord delle l. sugli enti locali -TUEL: d.lgs. 267/00-. Questo individua le finalità pubbliche che impongono il vincolo di impignorabilità (si tratta del: a) pagamento delle retribuzioni ai dipendenti dell'ente e relativi oneri previdenziali per i 3mesi successivi; b) pagamento delle rate di mutui e prestiti obbligazionari scadenti nel semestre in corso; c) espletamento dei servizi locali indispensabili), e impone alla PA di quantificare preventivamente, ogni semestre, con delibera adottata dal proprio organo esecutivo, gli importi delle somme destinate alle suddette finalità. Su tale norma è intervenuta la Corte Cost, che, nel censurare la disparità di trattamento rispetto al regime previsto per le aziende sanitarie, ha dichiarato l’illegittimità cost della norma nella parte in cui non prevede che l’impignorabilità non operi qualora, dopo l’adozione della deliberazione semestrale di preventiva quantificazione delle somme destinate alle finalità individuate dalla norma e la notificazione di essa al tesoriere, siano emessi mandati di pagamento a tit diversi da quelli vincolati, se non seguendo l'ordine cronologico delle fatture come pervenute per il pagamento o, se non è prescritta fattura, delle deliberazioni di impegno da parte dell'ente stesso. Analogo, anche a seguito degli interventi della Consulta, è il regime riguardante le ASL: il d.l. 9/93 prevedeva in origine l’impignorabilità delle somme dovute alle aziende sanitarie e agli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico nei limiti degli importi corrispondenti agli stipendi e alle competenze spettanti al personale dipendente e convenzionato, e nella misura dei fondi a destinazione vincolata essenziali ai fini dell’erogazione dei servizi sanitari definiti con d.min. La norma non contemplava una specifica delibera di quantificazione e finendo con ciò per attribuire rilevanza esterna ai bilanci previsionali dell’ente pubblico. La Corte Cost ha ritenuto fondata la censura di costituzionalità, per violazione dell'art. 3 Cost, integrando la norma con una disciplina analoga a quella vigente in relazione agli enti locali: la norma è stata dichiarata incost nella parte in cui, ai fini dell'inespropriabilità delle somme destinate ai fini indicati, non prevede la condizione che l'organo di ammin dell’azienda sanitaria, con deliberazione da adottare ogni trimestre, quantifichi preventivamente gli importi delle somme destinate e che dall’adozione della predetta delibera non siano emessi mandati a tit diversi, se non seguendo l'ordine cronologico delle fatture] Analizzando la struttura di tali norme, si ritiene che il vincolo sorga al momento dell’emanazione della delibera dell’organo esecutivo dell’ente, delibera che assume efficacia costitutiva dell’impignorabilità, mentre il successivo pagamento di spese estranee alle suddette finalità determina la sopravvenuta inefficacia. Tale notazione rileva al fine del riparto dei carichi probatori nell’ambito dell'eventuale giudizio di opposizione all’esecuzione promosso dall’ammin debitrice per far valere l’impignorabilità delle somme. 4. b) procedura di espropriazione (pp. 158 – 160) Venendo alle disp più strettamente processuali che caratterizzano, quali norme speciali, l’esecuzione nei confronti della PA, va segnalato il termine di grazia che deve intercorrere tra notifica del tit esecutivo e precetto: l'art. 14 d.l. 669/96 prevede che le ammin dello Stato e gli enti pubblici non economici completano le procedure per l’esecuzione dei provv giurisdizionali e dei lodi arbitrali aventi efficacia esecutiva e comportanti l’obbligo di pagamento di somme entro il termine di 120gg dalla notificazione del tit esecutivo. Prima di tale termine il creditore non può procedere ad esecuzione forzata né alla notifica di atto di precetto. La norma ha introdotto un termine dilatorio di grazia di 120gg tra la notifica del tit esecutivo (che costituisce necessario adempimento preliminare, anche laddove non sarebbe ordinariamente prescritta) e notifica del precetto. Tale termine comporta una sostanziale paralisi temporanea del dir del creditore di procedere ad esecuzione forzata, con conseguente proponibilità, da parte del debitore pubblico che lamenti la violazione del termine, dell'opposizione all’esecuzione. La norma ha la funz da un lato di consentire alla PA di fruire di uno spazio temporale per completare la complessa procedura di contabilità pubblica di liquidazione e provvedere al pagamento spontaneo di quanto dovuto, senza subire le conseguenze pregiudizievoli (anche in tema di spese ed onorari della procedura esecutiva) derivanti dall’immediata aggressione esecutiva. Immediata aggressione che implica il rischio di reiterati blocchi dei fondi e di conseguente paralisi dell’attività ammin. Ulteriore ratio dell’istituto è quella di evitare il rischio di duplicazioni di az esecutive derivante dalla frequente mancanza di coordinamento tra strutture ammin che si occupano della gestione ammin e giurisdizionale del 46 contenzioso, con conseguente indebito arricchimento del creditore. Il termine dilatorio riguarda esclusivamente gli obblighi di pagamento di somme, e il proced per espropriazione forzata, nascenti da un provv giurisdizionale o assimilato (lodi arbitrali), con esclusione dei tit esecutivi stragiudiziali. Rispettato il termine, il precetto potrà essere notificato all’ente debitore (e non all’Avvocatura dello Stato), in particolare presso la struttura territoriale dell'ente pubblico nella cui circoscrizione risiede il creditore e dovrà contenere i dati anagrafici dell'interessato, il codice fiscale ed il domicilio. Al precetto seguirà la notifica dell’atto di pignoramento presso terzi. Per quanto attiene all’individuazione del terzo pignorato, giova rammentare come vi siano enti ed organismi pubblici che risultino soggetti al sistema di tesoreria unica istituito dalla l. 720/84: tale sistema accentra in contabilità speciali aperte presso la tesoreria provinciale dello Stato tutti i fondi di pertinenza dell’ente che vengono gestiti da quest’ultimo tramite il proprio istituto di credito tesoriere o cassiere che provvede alle operazioni di incasso e pagamento. Per le ammin ed enti tenute al sistema di tesoreria, la qualità di terzo debitore è assunta dall'istituto tesoriere o cassiere: di conseguenza, l’atto di pignoramento dovrà essere notificato sia al tesoriere (quale terzo tenuto alla dich ex art. 547 c.p.c.) sia al debitore esecutato (presso la struttura territoriale di residenza del creditore). L’art. 1 bis, co.4 bis, l. 720/84 specifica che non sono ammessi (con sanzione di nullità) pignoramenti presso le sez di tesoreria dello Stato. Territorialmente competente per l’espropriazione presso terzi è il giudice del luogo di residenza (sede) del terzo pignorato, che coinciderà con l’istituto cassiere dell’ente pubblico (ad eccezione degli enti previdenziali, per i quali il d.l. 669/96 prescrive la competenza del giudice dell'esecuzione della sede principale del trib nella cui circoscrizione ha sede l’uff giudiziario che ha emesso il tit esecutivo). Il pignoramento di crediti perde efficacia quando dal suo compimento sia trascorso 1anno senza che sia stata disposta l’assegnazione, così come perde efficacia l’ordinanza di assegnazione ove entro 1anno dall’emissione il creditore non provveda all’esazione del credito pignorato. 5. c) opposizioni (pp. 160 – 162) La procedura di espropriazione nei confronti delle PA prevede significative deviazioni rispetto al modello ordinario; deviazioni che possono dar luogo, in caso di omesso rispetto delle norme, alla frequente apertura di proced di cognizione incidentali al proc tramite le opposizioni esecutive di cui agli artt. 615 e 617 c.p.c. Stante il fondamento pubblicistico sottostante alle suddette disp speciali, la relativa violazione potrà essere oggetto di rilievo officioso da parte del giudice dell’esecuzione, che rifiuterà di proseguire nella procedura. Quanto al mancato rispetto del termine dilatorio di 180gg per la notifica del precetto, la norma dispone che prima del decorso di tale termine il creditore non può procedere ad esecuzione forzata né alla notifica del precetto. Al riguardo, giurisprudenza e dottrina, anche facendo leva sul tenore letterale (il creditore non può procedere all'esecuzione forzata) ritengono che il rispetto del termine costituisca una condizione di ammissibilità dell’az esecutiva e un requisito di validità del precetto. In difetto si avrà una temporanea carenza del dir del creditore a procedere in executivis, carenza che potrà essere fatta valere, senza termini di decadenza, dal debitore al quale sia stato notificato anzitempo il precetto, tramite l’opposizione all’esecuzione. Trattandosi di condizione di ammissibilità del proced esecutivo, il giudice dell’esecuzione dovrà verificarne anche d'uff la sussistenza, imponendosi una chiusura in rito dell’esecuzione, laddove risulti che il precetto sia stato intimato prima della scadenza del termine. La questione dei limiti di espropriabilità delle somme oggetto di esecuzione dà luogo ad una controversia sulla pignorabilità dei beni per la quale l’art. 615 c.p.c. appresta il rimedio dell’opposizione all’esecuzione. Con l’iniziativa del debitore esecutato concorre il pot del giudice di rilevare d’uff l’esistenza del vincolo di impignorabilità, pot che è previsto dall'art. 159 TUEL (Non sono soggette ad esecuzione forzata, a pena di nullità rilevabile anche duff, le somme…), ma che dottrina e giurisprudenza ritengono esteso ad ogni fattispecie di impignorabilità di beni pubblici, trattandosi di disciplina stabilita a tutela di interessi generali. Il giudice dell’esecuzione dovrà porsi d’uff, in base alla documentazione e dich del tesoriere terzo pignorato e delle osservazioni del creditore, la questione relativa alla nullità del pignoramento relativo a somme vincolate tramite delibera dell’organo esecutivo dell’ente pubblico, così come la questione dell’eventuale perdita di efficacia del vincolo a seguito di pagamenti per tit diversi, senza il rispetto dell'ordine cronologico delle fatture. Ove accerti la nullità del pignoramento, il proc esecutivo si arresterà con la dich di nullità, impugnabile dal creditore procedente con l’opposizione agli atti esecutivi. Ove ritenga insussistente o inefficace il vincolo e provveda alla conseguente assegnazione al creditore delle somme pignorate, l’ammin esecutata potrà proporre opposizione agli atti avverso all’ordinanza di assegnazione (o proporre opposizione all’esecuzione). Quanto al riparto degli oneri probatori in relazione all’impignorabilità delle somme: fatto costitutivo del vincolo è la delibera di quantificazione degli importi da destinarsi alle finalità pubblicistiche individuate dalla norma; tale fatto dovrà essere provato dal debitore esecutato. Al creditore procedente spetterà solo l’onere di allegare specificamente, quale fatto estintivo del sorgere del vincolo, i pagamenti effettuati a tit diverso da quelli per finalità pubbliche protette, mentre al debitore, in virtù del princ di vicinanza alla prova, spetterà la prova del fatto (impeditivo dell’effetto estintivo) che i pagamenti sono avvenuti seguendo l’ordine cronologico delle fatture. Oggetto d’opposizione all'esecuzione, e di rilievo ufficioso, sono le questioni relative ai pignoramenti effettuati presso le sez di tesoreria provinciale o di banco posta, invece che presso l’istituto di credito tesoriere o cassiere. 6. Cenni al giudizio di ottemperanza (pp. 162 – 163) Qualche cenno merita la disciplina del giudizio di ottemperanza quale strumento di attuazione delle sentenze civili. Tale proced, regolato dal c.p.a., rappresenta un istituto duttile per eseguire le pronunce giurisdizionali che riguardano la PA. Il giudice ammin opera con una giurisdizione estesa eccezionalmente al merito e con pot di sostituzione, anche tramite la nomina di un commissario ad acta che opera sotto controllo giudiziale, dell’attività della PA. Con riferimento alle pronunce 47 del giudice civile, il rimedio è esperibile, innanzi al TAR nella cui circoscrizione è sito il giudice che ha emesso la sentenza, solo in relazione a provv passati in giudicato (mentre per le sentenze del giudice ammin è sufficiente l’efficacia esecutiva tipica delle sentenze di 1°grado). La giurisprudenza ammin ne ha riconosciuto l’ammissibilità anche per le condanne al pagamento di una somma: l'ottemperanza è uno strumento concorrente con l’esecuzione forzata per espropriazione di cui al libro III c.p.c. Tramite tale rimedio il TAR è in grado di incidere nella fase ammin (di contabilità pubblica) che porta all’emissione del mandato di pagamento e alla soddisfazione coattiva del creditore. Si tratta di un rimedio concorrente, sicché il creditore potrà eventualmente scegliere di avvalersi di entrambi (senza poter conseguire due volte la medesima prestazione), ma si presenta utile laddove vi sia necessità di incidere sull’attività ammin necessaria per conseguire la soddisfazione del dir (es i casi di impignorabilità delle somme che può essere superata solo attraverso l’individuazione delle somme nel bilancio dell’ente pubblico e l’emissione di mandati di pagamento, attività di competenza della PA). Il giudice ammin può ordinare all’ammin di adottare determinati provv ed occorrendo, nominare anche un commissario ad acta che si sostituisca alla PA inadempiente. CAP. 10 – Esecuzione forzata esattoriale 1. Premessa (pp. 165 – 167) La riscossione coattiva dei tributi e di altri crediti iscritti a ruolo mediante esecuzione forzata è regolata dal d.p.r. 602/73, contenente Disp sulla riscossione delle imposte sul reddito. Le norme ivi contenute non sono idonee a delinearne integralmente la disciplina. L’esecuzione forzata esattoriale -come altri proced speciali di esecuzione forzata- è disciplinata non solo dal d.p.r. 602/73, ma anche dalle norme dell’espropriazione forzata di dir comune, nella misura in cui tali norme non siano derogate dalle disp speciali e non siano con esse incompatibili. Ciò discende dall’art. 2910 c.c., in virtù del quale l’espropriazione forzata di dir comune assume il ruolo di archetipo di tutti i proced speciali, e di fonte delle necessarie integrazioni di ogni disciplina speciale. Nel caso dell’esecuzione forzata esattoriale, tale rapp tra la disciplina di dir comune e quella speciale trova un ulteriore fondamento nell’art. 49, co.2, d.p.r. 602/73, secondo il quale il proced di espropriazione forzata è regolato dalle norme ordinarie applicabili in rapp al bene oggetto di esecuzione, in quanto non derogate dalle disp del presente capo e con esso compatibili. Per tale ragione, la disciplina speciale dell’esecuzione forzata esattoriale è il frutto dell’applicazione della disciplina dell’esecuzione forzata di dir comune, modificata dalle norme specifiche previste dal Tit II d.p.r. 602/73, in particolare da quelle di cui al Capo II (Espropriazione forzata) e alle sue Sez I (Disp generali), II (Disp particolari in materia di espropriazione mobiliare), III (Disp particolari in materia di espropriazione presso terzi) e IV (Disp particolari in materia di espropriazione immobiliare). La disciplina che risulta da questa operazione di coordinamento tra le norme di dir comune previste dal c.p.c., e quelle speciali contemplate dal d.p.r. 602/73, presenta diversi e rilevanti profili di specialità rispetto a quel archetipo rappresentato dal proc di esecuzione forzata di cui al Libro III c.p.c. Ciò soprattutto per quanto riguarda le forme di assoggettamento dei beni all’espropriazione e di liquidazione dei beni pignorati, e le opposizioni esecutive. Vi sono alcuni profili di specialità che rilevano, poiché essi contraddistinguono in modo ancora più evidente l’esecuzione forzata esattoriale dall’esecuzione forzata di dir comune. In primo luogo, il sistema adottato dal legislatore per la riscossione coattiva mediante esecuzione forzata è caratterizzato dalla scissione tra titolarità del credito e titolarità dell’az esecutiva. Della riscossione della somma dovuta non si occupa il creditore, ma un altro soggetto, al quale tale compito è affidato: l’agente della riscossione. L’esecuzione forzata esattoriale si distingue dall’esecuzione di dir comune in virtù della de-giurisdizionalizzazione del relativo proced. L’esecuzione esattoriale, contrariamente a ciò che avviene nell’esecuzione forzata di dir comune in forza dell’art. 484 c.p.c., non è diretta da un giudice: essa non solo è promossa dall’agente della riscossione, ma è anche da questo diretta. Il ruolo del giudice -a parte alcune funz, che egli svolge nel corso dell’esecuzione forzata promossa dall’agente della riscossione, su iniziativa dell’agente stesso o del debitore-, assume rilievo solo all’esito del proced. Il controllo dell’autorità giudiziaria, salva l’ipotesi in cui sia richiesto nel corso del proced, su iniziativa del debitore o dell’agente della riscossione, si traduce in un controllo meramente successivo all’espropriazione del bene pignorato. Di regola, il proced si svolge senza alcun controllo da parte dell’autorità giudiziaria, nemmeno per quanto riguarda l’autorizzazione alla vendita dei beni pignorati. [Nella disciplina speciale della riscossione coattiva mediante espropriazione, di cui al d.p.r. 602/73, si trovano riferimenti al giudice dell’esecuzione. È opportuno precisare che tali riferimenti non devono essere intesi in senso proprio, ossia come riferimento al giudice designato di volta in volta, al quale è affidata la direzione del proc esecutivo, ma solo come riferimento al giudice competente per l’esecuzione forzata] Quest'ultima caratteristica dell’esecuzione forzata esattoriale è collegata ad un'altra, in cui la suddetta assenza di un controllo preventivo sugli atti dell’agente della riscossione trova un’adeguata giustificazione. La degiurisdizionalizzazione del proced di esecuzione esattoriale si giustifica, da un lato, con la predeterminazione delle forme previste per l’assoggettamento dei beni pignorabili all'espropriazione e per la liquidazione dei beni sottoposti a pignoramento, e, dall’altro, con l’affidabilità degli agenti della riscossione. Un’altra caratteristica dell’esecuzione forzata esattoriale è rappresentata dall'adozione di un proced improntato a criteri di semplicità e speditezza, rispondendo ciò a un’esigenza di pronto soddisfacimento dei crediti fatti valere dall’agente della riscossione. E tale esigenza non trova il proprio fondamento solo nella natura di tali crediti, ma anche nella qualità del soggetto creditore, a tutela del quale l’ord appresta un proced con tali caratteristiche. [Bisogna considerare che la disciplina della riscossione coattiva mediante esecuzione forzata di cui al d.p.r. 602/73 è applicabile non solo nel caso che si debba procedere alla riscossione dei tributi, ma anche in altri. Si effettua mediante ruolo la riscossione coattiva delle entrate dello Stato, anche diverse dalle imposte sui redditi, e di quelle degli altri enti pubblici, anche previdenziali, esclusi quelli economici. Anche la riscossione delle entrate delle regioni, delle province, dei comuni e degli altri enti locali può essere effettuata con l’esecuzione esattoriale] 50 tributaria e di altre banche dati pubbliche nei casi previsti dall’art. 492 c.p.c. Non sembra che sussistano motivi per escludere in astratto l’impiego degli strumenti di individuazione dei beni da pignorare di cui all’art. 492, co.8, c.p.c., nell’espropriazione speciale mediante ruolo. Sebbene tale disp non sia di agevole applicazione nell’esecuzione speciale, essa non sembra essere incompatibile con le norme previste dal d.p.r. 602/73. La disciplina speciale prevede uno strumento di individuazione dei beni pignorabili finalizzato all’esperimento dell'attività di riscossione forzata tramite le forme di espropriazione presso terzi previste dal d.p.r. 602/73 e dal c.p.c. Una volta decorso invano il termine di 60gg dalla notificazione della cartella di pagamento, l’agente, prima di procedere a pignoramento presso terzi secondo le forme speciali o le forme ordinarie, può chiedere a soggetti terzi, debitori del soggetto che e iscritto a ruolo o dei coobbligati, di indicare per iscritto, ove possibile in modo dettagliato, le cose e le somme da loro dovute al creditore. Ai terzi è fissato un termine di 30gg per rispondere alla richiesta di info. In caso di inottemperanza alla richiesta, i terzi sono soggetti ad una sanzione tributaria (da2.065 a 20.658€). 8. Aspetti generali dell’espropriazione forzata speciale promossa dall’agente della riscossione (pp. 175 – 178) Il proced di espropriazione forzata speciale promosso dall’agente della riscossione è disciplinato dalle norme dell’espropriazione forzata di dir comune, nella misura in cui le norme ordinarie non siano derogate dalle disp speciali previste dagli artt. 49 ss. d.p.r. 602/73 e non siano incompatibili con tali norme. Le disp speciali sono previste dal Capo II (Espropriazione forzata) del Tit II d.p.r. 602/73, e sono suddivise in diverse Sez, che contengono, da una parte, le disp generali, applicabili ad ogni forma di espropriazione forzata (Sez l, Disp generali, artt. 49-61), e, dall'altra, le disp specifiche concernenti le singole forme di espropriazione forzata (Sez II, Disp particolari in materia di espropriazione mobiliare, artt. 62-71; Sez III, Disp particolari in materia di espropriazione presso terzi, artt. 72-75-bis, Sez IV, Disp particolari in materia di espropriazione immobiliare, artt. 76-85) . Nell’espropriazione speciale promossa dall’agente della riscossione, il pignoramento è sottoposto ad un termine di efficacia maggiore di quello previsto dalla disciplina codicistica. Ai sensi dell’art. 53 d.p.r. 602/73, il pignoramento perde efficacia quando sono trascorsi 120gg dal suo compimento, mentre cessa l’efficacia del pignoramento di dir comune quando sono trascorsi 90gg dal suo compimento. Tra la disciplina speciale e quella comune vi è su questo punto un’altra differenza, dovuta alle caratteristiche dell’esecuzione forzata mediante ruolo; laddove nell'espropriazione mediante ruolo il pignoramento perde efficacia se nel termine di 120gg non è effettuato il primo tentativo di vendita del bene pignorato, nell’espropriazione forzata di dir comune, il pignoramento perde efficacia se nel termine di 90gg i creditori muniti di tit esecutivo non si rivolgono al giudice dell’esecuzione con l’istanza di vendita o di assegnazione del bene pignorato. Per ciò che concerne le modalità di liquidazione forzata dei beni pignorati, esse sono predeterminate dal d.p.r. 602/73; e l’agente della riscossione procede alla liquidazione dei beni pignorati, nelle forme previste dal d.p.r. 602/73, senza che sia necessario ottenere dall’autorità giudiziaria un apposito provv di autorizzazione. [Nell’espropriazione forzata speciale promossa dall’agente della riscossione non sorge nessuna discussione concernente la forma e la modalità di liquidazione del bene pignorato, perché esse sono predeterminate dal d.p.r. 602/73. Non vi è una questione, su quale sia la forma e la modalità di liquidazione forzata più idonea a garantire il soddisfacimento dei creditori, da sottoporre al contradditorio delle parti o alla valutazione del giudice dell’esecuzione. È giustificabile la scelta del legislatore di non prevedere una fase in cui si discutono le forme, le modalità e i tempi della liquidazione forzata, e di non sottoporre la liquidazione forzata all’autorizzazione dell’autorità giudiziaria] Nell’espropriazione speciale promossa dall’agente della riscossione i beni pignorati vengono liquidati tramite vendita all’incanto. La liquidazione forzata dei beni può altresì aver luogo tramite altre forme contemplate dal d.p.r. 602/73, che sono quelle previste espressamente o richiamate dalle singole Disp particolari di ogni forma speciale di espropriazione. [Le Disp particolari contengono alcune norme, secondo le quali i beni pignorati possono essere liquidati con forme e modalità diverse dalla vendita forzata all’incanto. Ad es, le Disp particolari in materia di espropriazione mobiliare prevedono che, dopo un secondo tentativo fallito di vendita all’incanto, i beni mobili pignorati possono essere venduti a trattativa privata] Nella fase di liquidazione dei beni pignorati, è vietato all’agente della riscossione di offrire agli incanti e di chiederne l’assegnazione. L’art. 55 d.p.r. 602/73 stabilisce che l’agente non può rendersi acquirente dei beni pignorati negli incanti, nemmeno per interposta persona, né diventare assegnatario dei beni pignorati, tranne che nei casi previsti dagli arti. 539 e 553 c.p.c. Tali divieti sono giustificabili, non solo perché l’espropriazione è promossa e diretta dall’agente della riscossione, ma anche perché la vendita dei beni all’incanto dev’essere effettuata a cura dell’agente della riscossione. Oltre alla vendita forzata all’incanto (e alle altre forme di liquidazione previste dal d.p.r. 602/73), l'art. 52 prevede che il debitore, col consenso dell’agente della riscossione, può procedere alla vendita dei beni pignorati, e dei beni immobili gravati da ipoteca. In questo caso, il bene dev’essere venduto a un prezzo non inferiore a quello del primo incanto, determinato ai sensi dell’art. 68, se si tratta di bene mobile, e 79, se si tratta di bene immobile. Il corrispettivo della vendita dev’essere integralmente versato all’agente della riscossione, il quale deve versare al debitore l’eventuale eccedenza della somma versata a tale tit rispetto alla somma per cui si procede, nel termine di 10gg dall'incasso. Dopo la vendita del bene, l’agente della riscossione deve depositare gli atti del proced nella cancelleria del giudice dell’esecuzione nel termine di 10gg, con, se del caso, la prova degli adempimenti di cui all’art. 498 c.p.c. L’agente deve consegnare all’ufficiale giudiziario la somma ricavata con la liquidazione del bene, affinché essa sia depositata nella forma dei depositi giudiziari. Tuttavia, in certi casi, egli non è tenuto a consegnarla integralmente all’ufficiale giudiziario. Secondo l’art. 56, se non sono stati eseguiti interventi da parte di altri creditori, che prevalgono sull’agente in sede di distribuzione o che con quest’ultimo concorrono in parità, il giudice dell’esecuzione può autorizzare l'agente della riscossione a trattenere una somma pari al credito fatto valere dall’agente stesso nei confronti del debitore o del coobbligato. L’agente può essere autorizzato a trattenere tale somma anche quando la somma ricavata sia sufficiente a soddisfare tutti i creditori intervenuti. 51 In queste ipotesi, l’agente della riscossione trattiene dal ricavato una somma pari all’ammontare del credito fatto valere e deposita nella cancelleria del giudice dell’esecuzione solo l’eccedenza, affinché tale somma sia poi distribuita tra i creditori intervenuti. Se nell’espropriazione non vi è stato alcun intervento, l’agente della riscossione, qualora sia autorizzato dal giudice dell’esecuzione, trattiene la somma di sua competenza, restituisce l’eccedenza al debitore o al coobbligato assoggettato ad espropriazione, e deposita solo gli atti del proced nella cancelleria del giudice dell’esecuzione. 9. Intervento dei creditori (pp. 178 – 181) L’intervento di altri creditori nell'espropriazione forzata mediante ruolo, oltre ad essere implicitamente consentito da diverse disp specifiche, è ammesso espressamente dall’art. 54 d.p.r. n. 602/73. La disciplina speciale dell’intervento dei creditori presenta alcuni profili di specialità rispetto a quella di dir comune, dovuti alle caratteristiche dell'espropriazione mediante ruolo, oltre ad avere certi punti in comune con la disciplina codicistica. Come nell’espropriazione di dir comune, ai sensi dell’art. 499 c.p.c., possono intervenire nell’esecuzione esattoriale i creditori muniti di tit esecutivo, e i creditori, che al momento del pignoramento avevano eseguito un sequestro sui beni pignorati o avevano un dir di pegno o un dir di prelazione risultante da pubblici registri o erano titolari di un credito di somma risultante dalle scritture contabili. [In mancanza di una norma speciale, di deroga all’art. 499 c.p.c., nella parte in cui ammette l'intervento di creditori privi di tit esecutivo, si pone anche nell'espropriazione forzata speciale promossa dall’agente della riscossione la questione concernente la verificazione dei crediti degli intervenienti sine titulo. È da verificare se siano applicabili nell’espropriazione forzata speciale promossa dall'agente della riscossione gli artt. 499, co.5 e 6, e 510, co.2, 3 e 4, c.p.c. Secondo una parte della dottrina, il riconoscimento dei crediti di cui agli artt. 499, co.5 e 6, troverebbe applicazione nell’espropriazione forzata speciale, poiché il riconoscimento ivi previsto è compatibile con la logica e coi princ dell’esecuzione mediante ruolo. Se si dovesse condividere quest'interpretazione, ci sarebbe anche un'altra questione da risolvere: bisognerebbe stabilire se si debba fissare un’apposita ud ex art. 499, co.5, c.p.c., davanti al giudice competente, prima della vendita del bene pignorato all'incanto, o se l’ud ex art. 499, co.5, nell’espropriazione speciale debba aver luogo solo in un momento successivo, dopo il deposito, a cura dell’agente della riscossione, degli atti del proced e della somma ricavata nella cancelleria del giudice dell'esecuzione. Se il debitore non dovesse riconoscere i crediti fatti valere dagli intervenienti senza tit, questi ultimi avrebbero sempre dir all’accantonamento ai sensi dell’art. 510 c.p.c. Si potrebbe ipotizzare anche un'altra soluzione, secondo la quale il riconoscimento dei crediti da parte del debitore, di cui all’art. 499, co.5 e 6, non troverebbe applicazione nell’espropriazione speciale, poiché incompatibile con le norme speciali. Sarebbe di conseguenza applicabile la disciplina dell’accantonamento in sede di distribuzione della somma ricavata. La domanda di intervento nell’espropriazione forzata speciale promossa dall’agente della riscossione non può essere proposta con ricorso da depositare nella cancelleria del giudice dell’esecuzione, come avviene nella disciplina ordinaria. Ai sensi dell’art. 54 d.p.r. 602/73, i creditori devono notificare direttamente all’agente della riscossione, che ha promosso l’espropriazione in cui intendono intervenire, un atto contenente le indicazioni prescritte dal co.2 art. 499 c.p.c.] Ai creditori intervenuti nell’espropriazione forzata speciale non possono essere riconosciuti gli stessi pot dei creditori intervenuti nell’espropriazione di dir comune, pot che sono identici a quelli attribuiti al creditore procedente. L’intervento nell’espropriazione di dir comune dà ai creditori intervenuti muniti di tit esecutivo il dir a partecipare alla distribuzione della somma ricavata, a partecipare all’espropriazione del bene pignorato e a provocarne i singoli atti. Nella disciplina speciale di cui al d.p.r. 602/73, l’intervento conferisce ai creditori intervenuti solo il dir di partecipare alla distribuzione del ricavato. Vi è anche un’ulteriore differenza, concernente il termine oltre il quale l'intervento dev’essere considerato tardivo. Non essendo prevista nessuna ud nell’espropriazione speciale, il d.p.r. 602/73 individua nella data fissata per il primo tentativo di vendita all'incanto il termine oltre il quale l’intervento dev’essere considerato tale. Ai sensi dell'art. 54 d.p.r. 602/73, i creditori chirografari che intervengono dopo questa data, possono soddisfarsi solo sulla parte della somma ricavata che sopravanza dopo che sono stati soddisfatti i crediti fatti valere dall’agente della riscossione, dai creditori aventi dir di prelazione e dagli altri chirografari intervenuti tempestivamente. Nel caso di intervento nell’espropriazione di crediti, devono essere considerati tardivi i creditori intervenuti oltre la data fissata per l’assegnazione del credito pignorato. [Per ciò che riguarda l’espropriazione presso terzi, in particolare di crediti presso terzi, la formulazione dell'art. 54, co.2, d.p.r. 602/73 è infelice. Non esiste nell’espropriazione presso terzi una data fissata per l’assegnazione del credito pignorato, ma una data in cui il credito è assegnato al creditore, che non può che coincidere con la data dell'ordinanza di assegnazione del credito. Nell’espropriazione presso terzi prevista dagli artt. 72 ss. d.p.r. 602/73, il soddisfacimento del credito iscritto a ruolo può essere raggiunto anche a prescindere da un provv di assegnazione del credito. Al terzo debitore è notificato un atto contenente un ordine di pagare la somma dovuta direttamente all’agente della riscossione. Solo se il terzo debitore decide di non ottemperare a tale ordine, il trasferimento coattivo del dir di credito del debitore all'agente della riscossione può aver luogo mediante assegnazione del credito pignorato a quest’ultimo. In questo caso l'intervento dev’essere ritenuto tardivo solo se successivo alla data dell'assegnazione. La disciplina speciale, su questo punto, offre un trattamento più favorevole agli altri creditori, rispetto a quanto previsto dalla disciplina di dir comune. Nell’espropriazione presso terzi di dir comune, l’intervento è considerato tardivo se successivo all’ud prevista per la dich del terzo ex art. 547 c.p.c., o se successivo all’ud in cui il giudice, sentite le parti, provvede per l’assegnazione dei crediti. In ogni caso, se il soddisfacimento del credito iscritto a ruolo avviene tramite assegnazione forzata, la regola di cui all’art. 54, co.2, non è di difficile applicazione. Una considerazione analoga non può essere fatta nel caso che il soddisfacimento del credito iscritto a ruolo sia dovuto all'ottemperanza da parte del terzo debitore all’ordine contenuto nell’atto di pignoramento notificatogli, ossia all'ordine di pagare direttamente all’agente della riscossione. In que-sto caso il credito pignorato non è assegnato all'agente della riscossione, perché il terzo debitore versa le somme dovute direttamente all'agente della riscossione, e lo fa fino a concorrenza del credito per cui si procede. Nell’impossibilità di individuare la data dell’assegnazione, il termine oltre il quale l’intervento degli altri creditori nell’espropriazione presso terzi dev'essere ritenuto tardivo va individuato in 52 un altro momento. A tale riguardo, si potrebbe ipotizzare che tale termine possa essere individuato nel giorno in cui il terzo debitore, in ottemperanza all’ordine contenuto nell’atto di pignoramento notificatogli, versa direttamente la somma dovuta all’agente della riscossione. Non si può non rilevare che l’intervento tardivo in questo caso sarebbe inutile. Il terzo debitore, in ottemperanza all'ordine notificatogli, paga direttamente all’agente solo nei limiti del credito per cui procede. La somma versata all’agente non sarebbe quindi capiente. Ciò consiglierebbe di non seguire questa soluzione e di cercarne un’altra, che forse potrebbe partire da un’ind volta a stabilire la compatibilità dell’intervento tardivo con la disciplina speciale dell’espropriazione presso terzi di cui agli artt. 72 e 72 bis, d.p.r. 602/73] Occorre precisare che la questione, consistente nel determinare se l’intervento nell’espropriazione speciale promossa dall'agente della riscossione sia tempestivo, assume rilevanza solo tra i creditori chirografari. Nella disciplina speciale, come in quella di dir comune, i creditori privilegiati si sottraggono alle conseguenze attribuite dalla l. alla tardività dell’intervento. Sebbene il testo dell’art. 54, co.3, d.p.r. 602/73, nel prevedere che i creditori intervenuti tardivamente si soddisfano solo su ciò che rimane della somma ricavata, dopo che sono stati soddisfatti i dir del concessionario, dei creditori aventi dir di prelazione e dei creditori chirografari intervenuti tempestivamente, possa far intendere che non vi siano creditori privilegiati di grado poziore rispetto all’agente della riscossione, la norma non contiene in realtà alcuna deroga alla disciplina ordinaria. 10. Forme dell’espropriazione forzata esattoriale: a) espropriazione mobiliare (pp. 181 – 186) La forma speciale di espropriazione mobiliare diretta prevista dal d.p.r. 602/73 è, tra le tre ivi disciplinate, quella che si allontana in minor misura dal modello adottato dal c.p.c. A parte le Disp generali di cui agli artt. 49 ss. d.p.r. 602/73, che caratterizzano le tre forme speciali di espropriazione forzata, le Disp particolari in materia di espropriazione mobiliare previste dagli artt. 62 ss. non contengono ulteriori deroghe di grande impatto alla disciplina dell’espropriazione di dir comune, come invece si rinvengono nelle Disp particolari in materia di espropriazione presso terzi e nelle Disp particolari in materia di espropriazione immobiliare. Anche nella disciplina speciale dell’espropriazione mobiliare diretta vi sono delle peculiarità di rilievo. Essa si differenzia dalla disciplina ordinaria dell’espropriazione mobiliare per quanto concerne la fase di assoggettamento del bene mobile all’espropriazione. L’attuazione del pignoramento mobiliare avviene ai sensi dell’art. 513 c.p.c., con gli adattamenti dovuti alle Disp generali dell’espropriazione forzata mediante ruolo. Rileva il ruolo che svolgono nella procedura gli ufficiali della riscossione, ai quali l’art. 49 d.p.r. 602/73 attribuisce i compiti che nelle procedure disciplinate dal c.p.c. sono affidati all’ufficiale giudiziario. Nella fase di attuazione del pignoramento, l'agente della riscossione, si reca nella casa del debitore (o coobbligato) e negli altri luoghi a loro appartenenti al fine di ricercare le cose mobili da pignorare. L’agente della riscossione può rivolgersi al pres del trib o ad un giudice da lui delegato, per ottenere un d. che lo autorizzi a pignorare cose determinate che non si trovano in luoghi appartenenti al debitore, ma delle quali egli può direttamente disporre, e a sottoporre a pignoramento i beni mobili che si trovano presso un terzo, qualora quest’ultimo glieli esibisca. La scelta dei beni da pignorare dev’essere compiuta secondo i criteri di cui all’art. 517 c.p.c.: essa deve cadere sui beni di più facile e pronta realizzazione, preferibilmente su denaro contante, oggetti preziosi, tit di credito e altri beni di sicura realizzazione, nel limite di un valore presumibile di realizzazione pari all’importo del credito aumentato della metà. Le Disp particolari in tema di espropriazione mobiliare contengono ulteriori regole, che rendono la disciplina speciale dell’espropriazione mobiliare diversa sotto altri profili. In primo luogo, l’agente della riscossione è tenuto ad astenersi dall’assoggettare beni mobili a pignoramento, o a desistere dal proced di espropriazione già iniziato, nel caso che sia dimostrato che tali beni appartengono a persona diversa dal debitore iscritto a ruolo, dai coobbligati o dai loro coniugi, parenti e affini fino al 3°grado. Tale dimostrazione dev’essere fornita mediante l’esibizione all’agente di atto pubblico o di scrittura privata autenticata, stipulati in data anteriore all’anno in cui l’entrata è stata iscritta a ruolo, o di una sentenza passata in giudicato, con la quale il giudice si sia pronunciato su una domanda proposta prima dell’anno in cui si riferisce l’entrata iscritta a ruolo. È stabilito che il verbale di pignoramento, redatto dall’agente della riscossione, dev'essere notificato al debitore, notificazione che ha luogo nello stesso momento in cui il pignoramento è eseguito, se è presente il debitore o un suo rappresentante, mediante consegna di una copia del verbale. Nel caso in cui siano pignorati contanti, tit di credito e oggetti preziosi, la custodia dei beni è disciplinata dall’art. 520 c.p.c., in forza del quale l'agente deve consegnarli al cancelliere del trib, affinché il denaro contante sia depositato nelle forme dei depositi giudiziari, e il giudice dell’esecuzione determini le modalità di custodia dei tit di credito e degli oggetti preziosi. Secondo l’art. 64 d.p.r. 602/73, se sono pignorati beni diversi da quelli previsti dall'art. 520 c.p.c., l’agente nomina il debitore stesso o un terzo custode. L’agente può sia avvalersi degli istituti vendite giudiziarie per la custodia dei beni, sia far prendere in consegna i beni mobili dal comune, se non vi sono persone idonee, alle quali affidarne la custodia. L’agente può sostituire il custode in qualsiasi momento. La liquidazione dei beni mobili pignorati di regola avviene, in forza dell’art. 52, tramite vendita all’incanto, alla quale non può partecipare l’agente della riscossione, e nemmeno il debitore. Il prezzo base del primo tentativo di vendita all’incanto, nel caso che il valore dei beni non risulti da listino di borsa o mercato, è pari al valore attribuito al bene pignorato nel verbale di pignoramento. L’art. 68 d.p.r. 602/73 prevede che l’agente possa rivolgersi al giudice dell’esecuzione affinché sia designato uno stimatore per la determinazione del prezzo. La designazione di uno stimatore a tale fine può aver luogo anche su iniziativa del debitore; in questo caso, il giudice dell'esecuzione provvede, nel contradditorio con l'agente della riscossione, se la nomina è opportuna in rapp alle particolari caratteristiche dei beni pignorati. In vista della realizzazione del primo tentativo di vendita all’incanto, bisogna procedere alla pubblicazione di un atto detto avviso di vendita, che contiene la descrizione dei beni, l’indicazione del giorno, dell’ora e del luogo del primo e del secondo incanto. La pubblicazione avviene tramite l'affissione dell’avviso di vendita 55 pignoramento presso terzi contiene un elemento diverso rispetto all’atto di pignoramento presso terzi di cui all’art. 543 c.p.c., ossia l’ordine rivolto al terzo. A parte questa differenza, l’atto di pignoramento presso terzi di dir speciale deve contenere tutti gli altri elementi presenti nel suo equivalente di dir comune, che siano compatibili con la disciplina speciale. L’atto di pignoramento deve contenere l’ingiunzione rivolta al debitore di cui all’art. 492, e l'indicazione del credito per il quale si procede, l’indicazione almeno generica delle cose e somme dovute e l'intimazione al terzo di non disporne. L'atto di pignoramento dev'essere notificato sia al debitore esecutato, sia al terzo debitore. Nella forma speciale di espropriazione presso terzi adottata dal d.p.r. 602/73, la collaborazione del terzo assume un’importanza fondamentale. Ove essa manchi, l’agente non può coltivare il proced speciale di espropriazione presso terzi previsto dagli artt. 72 ss. d.p.r. 602/73, ma deve procedere ai sensi degli artt. 543 ss. c.p.c. Nel caso di espropriazione di fitti o pigioni, l’art. 72 d.p.r. 602/73, prevede che, nel caso di inottemperanza all’ordine di pagamento, si procede, previa citazione del terzo intimato e del debitore, secondo le norme del c.p.c. Tale norma si applica sia nel caso di espropriazione di altri crediti verso terzi, in virtù del richiamo espresso previsto dall’art. 72 bis d.p.r. 602/73, sia nel caso di espropriazione di beni mobili presso terzi presso terzi, dato che tale procedura si svolge secondo la regola prevista dall’art. 72 bis, il quale richiama l’art. 73 d.p.r. 602/73. [Non è chiaro quale sia l’esatto significato della norma, nella parte in cui prevede che se manca la collaborazione del terzo, si procede, previa citazione del terzo intimato e del debitore, secondo le norme del c.p.c. Si può rilevare che, secondo parte della dottrina, si procede alla notifica al terzo e al debitore della citazione prevista dall'art. 543 c.p.c.; secondo altra parte della dottrina, in questo caso, l'agente agisce nei confronti del terzo debitore e del debitore esecutato direttamente ai sensi dell’art. 548, al fine di ottenere una sentenza di accertamento dell’obbligo del terzo] In questa ipotesi (e nel caso che l’agente decida di agire direttamente ai sensi degli artt. 543 ss. c.p.c.), la disciplina ordinaria sarà modificata solo nella fase di liquidazione del bene pignorato e, nel caso che l’agente diventi assegnatario del credito pignorato, di riscossione della somme dovutegli dal terzo debitore, secondo le regole contenute negli artt. 73 e 74 d.p.r. 602/73. 12. c) espropriazione immobiliare (pp. 191 – 199) La forma speciale di espropriazione immobiliare prevista dal d.p.r. 602/73 si differenzia dalla forma ordinaria prevista dal c.p.c. Sebbene le Disp particolari in materia di espropriazione immobiliare previste dagli artt. 76 ss. d.p.r. 602/73, incidano su caratteristiche di rilievo dell’espropriazione immobiliare di dir comune, esse non sono tali da alterarne la struttura, come avviene nel caso dell’espropriazione presso terzi. Vi sono disp particolari che riguardano una fase precedente all’inizio dell’espropriazione, consistenti nella previsione, da una parte, di limiti all’esperimento dell’attività di riscossione coattiva mediante espropriazione immobiliare e, dall'altra, di altre iniziative affidate all’agente della riscossione, volte sia ad assicurare determinati beni al soddisfacimento dei crediti scritti a ruolo, sia ad evitare l’espropriazione stessa. L’art. 76, co.1, d.p.r. 602/73, pone un limite all’attività dell’agente della riscossione attraverso la fissazione di un importo minimo del credito iscritto a ruolo, sotto al quale l’agente non può promuovere l’espropriazione speciale immobiliare. Ai sensi di tale art., l’agente può espropriare gli immobili del debitore e del coobbligato solo se l’importo complessivo del credito per cui si procede supera complessivamente 20mila€. L’art. 76, co.2, d.p.r. 602/73, stabilisce un altro limite all’attività di riscossione forzata: l’agente della riscossione non può espropriare beni immobili qualora il valore del bene, quantificato ex art. 79 d.p.r. 602/73, diminuito delle passività ipotecarie con priorità sul credito iscritto a ruolo, sia inferiore all'importo di 20mila€. In altri casi, l’espropriazione immobiliare è consentita, ma dev'essere preceduta dall’iscrizione dell’ipoteca sul bene pignorabile, da parte dell’agente della riscossione. Secondo l'art. 77, co.2, d.p.r. 602/73, se l’importo del credito non è superiore al 5% del valore del bene immobile da pignorare, quantificato ex art. 79, l’agente, prima di procedere a espropriazione, deve iscrivere ipoteca. L’iscrizione dell’ipoteca in questa ipotesi non è solo diretta a vincolare il bene al soddisfacimento del credito iscritto a ruolo, ma anche a convincere il debitore a soddisfare tale credito entro un certo termine, e ad evitare l’assoggettamento dell’immobile all’espropriazione: l'art. 79 d.p.r. 602/73 prevede che, una volta decorsi 6mesi dall'iscrizione senza che il debito sia stato estinto, il concessionario procede all'espropriazione. Se non ricorre l’ipotesi prevista dall’art. 77, co.2, d.p.r. 602/73, l'agente della riscossione può iscrivere ipoteca sui beni del debitore, per un valore pari al doppio dell’importo del credito fatto valere, qualora il termine per adempiere fissato a quest’ultimo dall’agente della riscossione ex art. 50, decorra invano. A tale fine è necessario che l’ammontare del credito iscritto a ruolo non sia inferiore a 20mils€. Prima di procedere all’iscrizione dell’ipoteca, l’agente della riscossione deve notificare al proprietario dell'immobile una comunicazione preventiva, con l’avvertimento che iscriverà ipoteca in caso di mancanza di pagamento delle somme dovute nel termine di 30gg. Tale avvertimento è richiesto solo nel caso in cui l’agente intenda procedere all’iscrizione facoltativa dell’ipoteca ex art. 77; invece, nel caso in cui egli debba iscrivere ipoteca, non vi è alcun bisogno di notificare tale atto al proprietario dell’immobile. Oltre a queste disp particolari su profili che precedono l’inizio dell’esecuzione, ve ne sono altre che riguardano l’espropriazione immobiliare. In questo campo, la disciplina ordinaria è modificata dalle disp particolari contenute nel d.p.r. 602/73 già in sede di attuazione del pignoramento. Diversamente da quanto previsto dalla disciplina ordinaria, il pignoramento immobiliare non si esegue mediante la notificazione dell’atto di pignoramento al debitore e successiva trascrizione dell’atto nei registri immobiliari, ma con la trascrizione nei medesimi registri di un atto diverso nella sua denominazione e nel suo contenuto. Ai sensi dell’art. 78 d.p.r. 602/73, il pignoramento immobiliare si esegue mediante la trascrizione nei registri immobiliari di un atto complesso, che, sebbene sia denominato avviso di vendita contiene sia gli elementi di un atto di pignoramento immobiliare di dir comune, sia gli elementi del provv che dispone la vendita con incanto di cui all'art. 576 c.p.c. [Come nell’atto di pignoramento immobiliare disciplinato dal c.p.c., nell’avviso di vendita ex art. 78 d.p.r. 602/73, vi sono gli elementi riguardanti la 56 corretta individuazione del credito per il quale si procede e del bene immobile oggetto di pignoramento, oltre all’ingiunzione ad astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito fatto valere il bene pignorato e i frutti di esso. L’avviso di vendita contiene: il giorno e l’ora del primo incanto (e del secondo e terzo), il prezzo base dell'incanto, la misura minima dell’aumento da apportare alle offerte, l’ammontare della cauzione -pari al 10% del prezzo base dell’incanto- che gli offerenti devono prestare, il termine di versamento del prezzo] La notificazione dell’avviso di vendita al debitore o al coobbligato assoggettato ad espropriazione immobiliare avviene solo dopo la trascrizione dell’avviso stesso nei registri immobiliari, e costituisce un presupposto in mancanza del quale la vendita non può aver luogo. Vi è, rispetto all’espropriazione di dir comune, un’inversione nell’ordine dei passaggi da osservare in vista dell’aggressione del bene: il pignoramento immobiliare di dir comune, da un lato, si esegue mediante la notificazione dell’atto di pignoramento al debitore, con la successiva trascrizione, mentre il pignoramento immobiliare di dir speciale, dall’altro, si esegue tramite la trascrizione dell’avviso di vendita, alla quale deve seguire la notificazione al soggetto nei cui confronti si agisce. L’avviso di vendita dev’essere reso pubblico, nei tempi e secondo le modalità di pubblicità ordinaria previste dalla disciplina speciale; ossia fino a 20gg prima della data fissata per il primo incanto, l’agente deve affissare l’avviso di vendita alla porta esterna della cancelleria del giudice dell’esecuzione e all’albo del comune o dei comuni dove sono situati gli immobili. Tanto l'agente della riscossione, quanto il debitore/coobbligato assoggettato ad esecuzione possono richiedere ad un giudice che si proceda, a spese del richiedente, a dare pubblicità straordinaria all’avviso di vendita, a mezzo di giornali o con altre idonee forme di pubblicità commerciale. La forma speciale di espropriazione non contempla una fase intermedia, che si pone tra l’assoggettamento del bene all’espropriazione e la liquidazione del bene stesso. Dalla destinazione del bene all’espropriazione si passa direttamente alla fase della liquidazione. In tale passaggio, è necessario osservare un termine dilatorio, di 20gg tra la data in cui si esegue il pignoramento, e la data fissata (nell’avviso di vendita) per il primo tentativo di vendita del bene all’incanto. [È opportuno chiedersi in quale momento il pignoramento possa ritenersi perfezionato, anche al fine del computo del termine dilatorio tra la data del pignoramento e quella fissata per il primo incanto. Secondo parte della dottrina, il pignoramento si perfezionerebbe con la sola trascrizione dell’avviso di vendita ex; secondo altra parte della dottrina, non sarebbe sufficiente la trascrizione dell’avviso di vendita, ma sarebbe necessario notificare l’atto al soggetto nei cui confronti si procede] Tra il giorno del pignoramento e quello del primo incanto, devono decorrere non meno di 20 e non più di 120gg. Ciò perché, da un lato, l’art. 80 d.p.r. 602/73, stabilisce che dell’avviso di vendita bisogna dare pubblicità almeno 20gg prima del primo incanto, e, dall’altro, il pignoramento perde efficacia quando dalla sua esecuzione sono trascorsi 120gg senza che sia stato effettuato il primo incanto. [Occorre rilevare che, secondo la dottrina prevalente, tra il giorno del pignoramento e la data fissata per il primo incanto dovrebbero decorrere non meno di 10 (anziché20) gg. Tale posizione si fonda sul fatto che la disciplina speciale non contiene una norma specifica, secondo la quale tra il pignoramento e il primo incanto devono decorrere un certo numero minimo di gg. Troverebbe applicazione nell'espropriazione speciale la disciplina prevista dal c.p.c., specie l’art. 501, secondo cui l’istanza di assegnazione o di vendita dei beni pignorati non può essere proposta se non decorsi 10gg dal pignoramento. L’art. 501 c.p.c. non sembra essere di agevole applicazione nell’espropriazione mediante ruolo. In primo luogo, perché la norma riguarda un’ipotesi diversa, che non si verifica nell'espropriazione immobiliare speciale. Tale norma stabilisce il termine minimo da osservare tra la data del pignoramento e il giorno in cui il creditore può fare istanza di vendita o di assegnazione, non il termine dilatorio tra il pignoramento e il primo tentativo di vendita. Il rilievo determinante per escludere l’applicabilità dell’art. 501 c.p.c. sembra essere un altro: la sua incompatibilità con la disciplina della pubblicità dell'avviso di vendita. Secondo l’art. 80, dell'avviso dev’essere data pubblicità almeno 20gg prima dell’incanto, e non sembra azzardato sostenere che la pubblicità dell’avviso segua alla sua trascrizione nei pubblici registri e alla sua notificazione al debitore, e non il contrario] Il prezzo base di vendita dell’immobile pignorato è stabilito secondo una regola particolare dell’espropriazione immobiliare promossa dall’agente della riscossione ai sensi del d.p.r. 602/73, diretta ad evitare che le operazioni di stima del valore del bene rallentino la vendita. Il criterio utilizzato dalla disciplina speciale consente di prescindere dalla stima, e di quantificare il prezzo base del bene all’incanto in modo immediato. Secondo l’art. 79 d.p.r. 602/73, il prezzo base del bene all’incanto è pari a 3volte il valore catastale dell’immobile, determinato ai sensi dell’art. 52 d.p.r. 131/86. Nel caso in cui non sia possibile determinare il prezzo base dell’incanto in tale modo, l’agente della riscossione si rivolge all’uff del territorio per ottenere l'attribuzione della rendita catastale. L’agente della riscossione si rivolge all’uff del territorio anche qualora siano stati assoggettati ad espropriazione terreni edificabili, affinché l’uff ne stabilisca il prezzo. [La legittimità cost dell’art. 79 è stata messa in dubbio dal Trib di Forlì, per contrasto con l’art. 3 Cost, in relazione alla parte in cui non contempla la possibilità di utilizzare il valore commerciale dell'immobile come parametro per fissare il prezzo base dell’incanto, soprattutto quando l'applicazione dei criteri previsti dalla norma porti a un valore palesemente inferiore a quello di mercato. Secondo il giudice rimettente, vi sarebbe un’illegittima disparità di trattamento tra i debitori soggetti alla disciplina ordinaria dell'espropriazione immobiliare e quelli soggetti alla disciplina speciale. La Corte Cost ha dichiarato tale questione di legittimità cost manifestamente infondata, ritenendo la disp dell'espropriazione immobiliare mediante ruolo giustificata perché volta ad assicurare la tempestiva riscossione dei crediti tributari, e a garantire il regolare svolgimento dell’attività finanziaria dello Stato. Secondo la Consulta, la norma si basa su una ragionevole presunzione di congruità del valore catastale] Alla vendita all’incanto dell’immobile pignorato possono partecipare tutti, eccetto il debitore e l’agente della riscossione. Quanto al debitore, è applicabile nella forma speciale di espropriazione l’art. 579 c.p.c., che prevede che ognuno, eccetto il debitore, è ammesso a fare offerte all’incanto. Per quanto riguarda l'agente della riscossione, la disciplina speciale contiene una nonna specifica, secondo la quale egli non può chiedere l’assegnazione dei beni pignorati, né rendersi acquirente dei medesimi negli incanti, neppure per interposta persona. Se il primo tentativo di vendita all’incanto fallisce, si procede al secondo tentativo di vendita all'incanto, nel giorno fissato nell'avviso di vendita, e a un prezzo base ridotto di 1/3 rispetto al prezzo base del primo incanto. Qualora il 57 bene rimanga invenduto al secondo incanto, a quest’ultimo segue il terzo tentativo di vendita all’incanto, nella data già fissata con l’avviso di vendita, con un’ulteriore riduzione nella misura di 1/3 del prezzo base del secondo incanto. Nel caso in cui nemmeno nel terzo incanto si riesca ad aggiudicare l’immobile pignorato, l’art. 85 d.p.r. n. 602/73, stabilisce che l'agente della riscossione deve rivolgersi al giudice dell’esecuzione, affinché si disponga l’assegnazione del bene invenduto allo Stato. A tale fine, l’agente deposita nella cancelleria del giudice dell’esecuzione gli atti del proced; e il giudice dell’esecuzione fissa all’assegnatario il termine per il versamento del conguaglio. L’immobile pignorato è assegnato per il prezzo base del terzo incanto. [Nella sua versione previgente, l’art. 85 d.p.r. n. 602/73 stabiliva che l’assegnazione del bene rimasto invenduto allo Stato aveva luogo per il minor prezzo tra il prezzo base del terzo incanto e la somma per la quale si procede. La Consulta ha dichiarato l’illegittimità cost dell’art., per violazione dell’art. 3 Cost, in relazione al princ di ragionevolezza nella parte in cui prevede che, se il terzo ha esito negativo, l’assegnazione dell’immobile allo Stato ha luogo per il minor prezzo tra il prezzo base del terzo incanto e la somma per la quale si procede, anziché per il prezzo base del terzo incanto] Se i dir reali assoggettati ad espropriazione sono aggiudicati in uno dei tre tentativi di vendita all’incanto, sono ammissibili altre offerte di acquisto, superiori di almeno 1/5 del valore raggiunto nell’incanto. Una volta aggiudicato il bene, trova applicazione una disp particolare dell’espropriazione immobiliare, che deroga solo in parte la disciplina ordinaria. Ai sensi dell’art. 82, co.1, d.p.r. 602/73, l’aggiudicatario è tenuto a versare il prezzo di aggiudicazione del bene nel termine di 30gg. Nel caso che l’aggiudicatario non provveda nel suddetto termine, il giudice dell’esecuzione dichiara decaduto dall’aggiudicazione, con la conseguente perdita della somma versata a tit di cauzione. Oltre alla previsione di un termine per il versamento del prezzo, la disciplina speciale si differenzia da quella ordinaria per un altro profilo: se viene dichiarata la decadenza dell’aggiudicatario, l’agente stesso fissa la data per un nuovo tentativo di vendita del bene immobile all’incanto, ad un prezzo base pari a quello dell’incanto in cui il bene è stato aggiudicato. Non si applicano gli art. 587 c.p.c. e 176 disp. att. c.p.c., i quali prevedono che, nel caso di mancato versamento del prezzo, il giudice dell’esecuzione dispone un nuovo incanto, e, a tale fine, fissa un’ud per l’audizione delle parti. Nel caso di mancato versamento del prezzo, l’aggiudicatario non solo perde la cauzione a tit di multa, ma rischia di essere responsabile per un'ulteriore somma. La disciplina speciale della riscossione mediante espropriazione immobiliare prevede una norma identica a quella di cui all’art. 587 c.p.c.: l’aggiudicatario è tenuto a versare la differenza tra l’importo ricavato dal nuovo incanto, unito alla cauzione confiscata e il prezzo della precedente aggiudicazione. Una volta versato il prezzo, l’agente della riscossione, nel termine di 10gg, deve provvedere al deposito degli atti del proced e del prezzo nella cancelleria del giudice dell’esecuzione. Se non vi sono creditori intervenuti, trova applicazione l’art. 510 c.p.c., secondo il quale, il giudice dell’esecuzione, sentito il debitore, dispone a favore del creditore pignorante il pagamento di quanto gli spetta per capitale, interessi e spese. Ove vi sia stato intervento nell’espropriazione immobiliare speciale, l’agente della riscossione, deve depositare il progetto di distribuzione delle somme ricavate unitamente agli atti del proced. In seguito, il giudice dell’esecuzione, dopo aver modificato, se del caso, il progetto di distribuzione presentato dall’agente della riscossione, deposita il progetto in cancelleria affinché possa essere consultato dai creditori e dal debitore, fissando l’ud per la loro audizione. [Occorre precisare che tali passaggi possono essere in parte modificati in forza di altre norme, applicabili in ipotesi specifiche. Non sempre è necessario che l’agente consegni al cancelliere il prezzo ricavato dalla vendita. Qualora non siano stati effettuati interventi da parte di altri creditori, che prevalgono sull’agente in sede di distribuzione o che con quest’ultimo concorrono in parità, il giudice dell'esecuzione può autorizzare il medesimo a trattenere una somma pari al credito fatto valere dall'agente stesso nei confronti del debitore o del coobbligato. Questa regola si applica anche quando la somma ricavata con la liquidazione dell’immobile è sufficiente a soddisfare tutti i creditori intervenuti. In queste ipotesi, l’agente della riscossione, se è autorizzato dal giudice dell'esecuzione, trattiene dalla somma ricavata una parte del ricavato pari all’ammontare del suo credito e deposita nella cancelleria del giudice dell’esecuzione solo l’eccedenza, affinché sia distribuita tra i creditori intervenuti. Se nell’espropriazione non vi è stato alcun intervento, l’agente della riscossione restituisce l’eccedenza al debitore o al coobbligato, e deposita solo gli atti nella cancelleria del giudice dell’esecuzione] 13. Opposizioni esecutive: a) opposizione all’esecuzione e agli atti esecutivi (pp. 199 – 200) Si possono individuare altre rilevanti differenze tra le norme del c.p.c. e quelle previste dal d.p.r. 602/73 nella disciplina delle opposizioni esecutive. Le disp generali relative all’espropriazione forzata contemplate dagli artt. ss. d.p.r. 602/1973 contengono diverse deroghe agli artt. 615 ss. c.p.c., dirette a delimitarne l’ambito di applicazione. Tali deroghe riguardano sia l’opposizione all’esecuzione di cui all’art. 615, sia l’opposizione agli atti esecutivi di cui all’art. 617, e l’opposizione di terzo ex artt. 618 ss. c.p.c. Le norme speciali riguardanti le opposizioni esecutive introducono anche alcuni elementi di specialità, volti ad adattare la disciplina codicistica alle caratteristiche del proced di esecuzione forzata mediante ruolo e a rafforzare la tutela del credito iscritto a ruolo di fronte ad eventuali tentativi di sottrazione alla garanzia patrimoniale di una parte dei beni che la compongono. Bisogna precisare che le deroghe alla disciplina codicistica delle opposizioni sono applicabili solo se l’agente della riscossione procede in executivis per la riscossione coattiva di crediti tributari. Diversamente, ai sensi dell’art. 29 d.lgs. 46/99, trova applicazione la disciplina di dir comune. Quanto all'opposizione all’esecuzione, l’art. 57 d.p.r. 602/73, la dichiara inammissibile nell'esecuzione mediante ruolo, tranne che nel caso in cui essa riguardi la pignorabilità dei beni. Il debitore non può contestare con l’opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c. il dir della parte istante a procedere a esecuzione forzata, né sotto il profilo dell'esistenza del dir di credito fatto valere, né sotto il profilo dell’esistenza del dir alla tutela esecutiva, ma con essa egli può solo dedurre in giudizio la violazione di una norma che preveda l’impignorabilità del bene colpito dall'agente della riscossione. Anche l’ambito di applicazione dell’opposizione agli atti esecutivi nell’esecuzione mediante ruolo è delimitato dal d.p.r. 602/73. Si tratta di una deroga di minore importanza, rispetto a quella concernente 60 solo ad un’esecuzione da promuovere in uno Stato m. diverso da quello dell'accordo), l’exequatur va chiesto direttamente al giudice nel cui circondario l’accordo deve avere esecuzione] Occorre domandarsi se l’exequatur previsto dall’art. 12 sia sempre necessario alla formazione del tit esecutivo. L’orientamento maggioritario nega la possibilità di sussumere il verbale di accordo, le cui sottoscrizioni delle parti siano state autenticate dal mediatore, nell’ipotesi ex co.2 art. 474 c.p.c.: la certificazione dell’autografia delle sottoscrizioni da parte del mediatore non è considerata assimilabile a quella descritta nell’art. 2703 c.c. Ma la dottrina riconosce in tale atto un tit esecutivo quando le sottoscrizioni siano autenticate da un pubblico ufficiale. Nonostante l’art. 12 d.lgs. 28/10, sembri imporre in ogni caso l'omologa, al fine di far acquisire effetti esecutivi al verbale di accordo, tuttavia, anche prescindendo dal suddetto provv, il verbale di conciliazione è una scrittura privata autenticata, e, in quanto tale, è da considerarsi tit esecutivo relativamente alle obbligazioni di somme. Così pure si è sostenuto che il verbale di conciliazione possa costituire, indipendentemente dall'exequatur giudiziale, tit esecutivo ai sensi del co.2 art. 474 c.p.c., qualora le parti trasfondono l’accordo in un atto pubblico. [Pare importante sottolineare che il verbale di conciliazione può essere considerato tit esecutivo, anche prescindendo dall’exequatur giudiziale, solo se rispecchia fedelmente il dettato dell'art. 474 c.p.c., e in particolare se contiene tutti i requisiti imposti dal co.2, per le scritture private autenticato e per gli atti pubblici. Quanto alle scritture private autenticato, rileva il fatto che l’art. 474, co.2, c.p.c. limita l'effetto esecutivo alle sole obbligazioni di somme in esse contenute: affinché tale scrittura possa assumere la valenza di tit esecutivo, essa deve recare l'autentica del pubblico ufficiale, e contenere l’assunzione di un’obbligazione certa e determinata da parte di chi l'ha sottoscritta] 4. Astreinte convenzionale prevista nell’art. 11, co.3, d.lgs. 28/2010 (pp. 208 – 210) Un’altra norma che ha rilievo in tema di esecuzione si trova nell’art. 11, co.3, d.lgs. 28/10. Nella relazione illustrativa del provv si fa riferimento alla volontà di introdurre con la disp un'astreinte convenzionale, che le parti, nella loro autonomia, possono inserire per rendere più efficace l’accordo, salvo il limite dell’ordine pubblico. La dottrina maggioritaria si mostra scettica riguardo alla possibilità di considerare tale ipotesi alla stregua di una vera astreinte, assimilabile a quella prevista nell’art. 614 bis c.p.c.; in effetti tra i due istituti corrono delle differenze rilevanti. La misura coercitiva introdotta dal legislatore del ‘09 nel c.p.c. (art. 614 bis), a differenza dell’istituto in esame, è un provv del giudice di merito, accessorio ad una condanna e destinato a tutelare solo gli obblighi ad un facere infungibile o un non facere; sebbene non manchino delle interpretazioni tendenti ad ampliarne la portata. Al contrario, la misura in esame non trova un’uguale limitazione oggettiva e non accede ad una statuizione del giudice della cognizione. In virtù di ciò, la dottrina maggioritaria ha ritenuto di qualificare tale istituto, più che un’astreinte con funz sanzionatoria, una misura o clausola pen di stampo civilistico, anche se non mancano voci discordi. L’ipotesi in esame è differente sia rispetto alla misura coercitiva ex art. 614 bis c.p.c,, sia rispetto alla clausola pen civilistica. Pare che la disp abbia una funz più simile alla misura coercitiva prevista dall’art. 614 bis c.p.c., piuttosto che a quella della clausola pen civilistica. L’intento del legislatore sul punto è chiaro: nella relazione al d. si afferma che la funz di queste astreintes convenzionali è quella di rendere più efficace l’accordo, senza che vi siano sia riferimenti ad un effetto limitativo del risarc del danno. Spetta solo alle parti stabilire se l’astreinte convenzionale è equa; e spetta solo al mediatore verificare che essa non contrasti con l’ordine pubblico. E d’altra parte, se, nonostante queste differenze, si volesse riconoscere nell’istituto una vera clausola pen, occorrerebbe domandarsi per quale motivo il legislatore avrebbe dovuto introdurre una sorta di doppione di una norma già esistente ed applicabile anche agli accordi conciliativi. Ciò detto, occorre domandarsi se vi sia la possibilità di conferire esecutività alla pen-coercitiva unitamente al verbale di accordo che la contiene o se occorra rivolgersi al giudice della cognizione, per far accertare dal medesimo sia il ricorrere dei presupposti dell’astreinte, sia la sua quantificazione, e per conferirle forza esecutiva. [Anche su questo punto vi sono in dottrina due diversi orientamenti. Vi è chi ritiene che, quanto meno con riferimento al verbale di accordo omologato, anche l’astreinte convenzionale (o clausola pen), essendo parte del medesimo, assuma efficacia esecutiva; e chi nega questa possibilità. Secondo questa tesi sarebbe necessario adire il giudice della cognizione al fine di ottenere un provv che, accertato l’inadempimento o il ritardo della parte obbligata, emetta un provv di condanna] Sul punto merita attenzione il problema relativo alla mancanza di qualsiasi verifica circa il ricorrere effettivo dell’inadempimento o del ritardo, e circa la quantificazione della penale-coercitiva. Non si può negare che ciò rappresenti un aspetto critico, soprattutto alla luce del co.1 art. 474 c.p.c., là dove si richiede la certezza, la liquidità e l’esigibilità del dir. Non si può dimenticare che lo stesso problema si incontra in relazione alla misura coercitiva contenuta nell’art. 614 bis c.p.c., che è qualificata tit esecutivo. Sotto questo aspetto nulla osta ad estendere anche all’ipotesi in esame le soluzioni prospettate in relazione a quel caso. [Secondo alcuni la determinazione della somma dovuta spetta al giudice dell'esecuzione ai sensi dell’art. 612 c.p.c., come se si trattasse di un provv che riguarda le modalità dell’esecuzione; secondo la dottrina maggioritaria tale determinazione spetta direttamente all'avente dir-creditore nell’atto di precetto, ferma la possibilità per l’obbligato di proporre le sue difese nell’opposizione ex art. 615 c.p.c.] CAP. 12 – Esecuzione forzata nei proced di composizione della crisi da sovraindebitamento e di liquidazione del patrimonio 1. Premessa (pp. 211 – 213) Nel corso dell'ultimo anno il legislatore è intervenuto più volte per dettare la disciplina relativa al sovraindebitamento del debitore civile e del consumatore. Le prime norme sulla procedura di composizione del sovraindebitamento erano state introdotte dal d.l. 212/11 non convertito in l., ma abrogato, nella parte relativa a questo istituto. Ad esso ha fatto seguito la l. 3/12, modificata in più punti dal d.l. 179/12 (non ancora convertito). Le novità contenute in queste disp sono di grande rilievo per il ns ord e influiscono in modo rilevante sulla materia esecutiva sotto diversi profili. L’art. 6 l. 3/12 prevede che al fine di porre rimedio alle situazioni di sovraindebitamento non soggette né assoggettabili alle procedure concorsuali, è consentito 61 al debitore concludere un accordo coi creditori nell’ambito della procedura di composizione della crisi disciplinata dalla medesima l. Modificando tale norma, il d.l 179/12 ha disposto che con le medesime finalità, il consumatore può proporre un piano fondato sulle previsioni di cui all'art. 7, ed avente il contenuto di cui all’art. 8. Il d.l. 179/12 modifica la l. 3/12, introducendo un’altra procedura volta alla sistemazione concorsuale della posizione debitoria del consumatore e del debitore civile: si tratta della procedura di liquidazione del patrimonio (artt. 14 ss. l. 3/12, modificati dal d.l. 179/12). Il problema della regolazione collettiva della crisi del debitore non imprenditore commerciale e del consumatore, al fine di attuare in modo compiuto il princ della respons patrimoniale, non è solo di oggi. Prima dell’entrata in vigore della l.fal. del ‘42 si discuteva riguardo all’opportunità di estendere anche a questa categoria di debitori e non più solo al commerciante l’applicabilità delle procedure concorsuali. Tale scelta non è mai stata compiuta dal legislatore italiano, il quale ha preferito garantire la concorsualità nella realizzazione della respons del debitore civile solo per tramite dell’istituto dell’intervento dei creditori nel proc di espropriazione individuale. La modifica delle norme del c.p.c. relative all'intervento e specie dell’art. 499 c.p.c., attuata con le riforme del ‘05 e ‘06, ha comportato una sensibile restrizione della categoria di creditori che possono partecipare alla procedura espropriativa da altri iniziata; ed ha limitato la possibilità di attuare compiutamente il concorso dei creditori in sede esecutiva. Da qui l’ulteriore necessità di una nuova procedura che, sia pure solo su base volontaria, consenta la soddisfazione dei creditori del debitore civile inadempiente secondo una logica concorsuale. Occorre sottolineare come il tema del sovraindebitamento del debitore civile e del consumatore sia al centro di un’ampia discussione in numerosi Paesi eu e nei Paesi oltre oceano. [Vari sono i fattori che hanno portato ai massimi livelli l’allerta nei confronti di questo nuovo tipo di insolvenza civile. L'acutizzarsi e il diffondersi delle situazioni di crisi del debitore civile e del consumatore a causa dell’attuale contesto socio- economico eu e statunitense si fondono sia con la maggiore propensione delle famiglie e dei singoli al ricorso al credito, sia con la bolla speculativa immobiliare, che ha costretto buona parte della popolazione a contrarre mutui per l’acquisto della casa d’abitazione. Ciò ha indotto numerosi Paesi a disciplinare il fenomeno. Le soluzioni che sono state proposte sono varie. In alcuni ord si sono previste delle procedure apposite per i debitori persone fisiche, in altri per i debitori non imprenditori, in altri per i soli debitori-consumatori. Sul fronte delle istituzioni eu, si può ricordare la Dir CE 48/08 in materia di credito al Consumo e di prestito responsabile entrata in vigore nel 10] 2. Presupposti di apertura della procedura e sue caratteristiche principali (pp. 213 – 214) Secondo l’art. 6 l. 3/12, modificato dal d.l. 179/12, per sovraindebitamento si deve intendere la situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, o la definitiva incapacità del debitore di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni. Come ha evidenziato la dottrina, in questo caso il legislatore ha privilegiato l’aspetto statico del rapp tra debiti e crediti per descrivere la situazione patrimoniale del debitore, distaccandosi dal concetto fallimentare di insolvenza e dall’interpretazione dinamica di tale concetto. Quanto al presupposto soggettivo, l’ambito di applicazione della l. è limitato al debitore non soggetto alle procedure concorsuali previste nella l.fal e al consumatore; ossia il debitore persona fisica che ha assunto obbligazioni esclusivamente per scopi estranei all'attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta. Ne sono esclusi gli imprenditori commerciali soggetti alle norme fallimentari. Non è da escludere che anche l’imprenditore commerciale possa accedere alla procedura per sovraindebitamento, ma, affinché la sua richiesta sia ammissibile, occorre che egli non superi le soglie di fallibilità descritte dall’art. 1 l.fall. Si deve trattare di un piccolo imprenditore commerciale. L’imprenditore agricolo, il quale ha anche accesso alla procedura per ristrutturazione dei debiti, può proporre l’accordo, indipendentemente dalle sue dimensioni. 3. Brevi cenni sui procedimenti previsti dalla l. 3/2012 (pp. 214 – 215) A seguito delle modifiche apportate alla l. 3/12 col d.l. 179/12 si prevedono dei proced differenziati per il sovraindebitamento del debitore civile e del consumatore, e un proced di liquidazione del patrimonio sotto il controllo giudiziale, cui hanno accesso entrambi. In tutti i casi (salva l’ipotesi di liquidazione per conversione del proced di sovraindebitamento) si tratta di procedure volontarie, le quali prendono avvio su richiesta del debitore. La procedura per sovraindebitamento del debitore civile si fonda sul raggiungimento di un accordo tra il debitore e una maggioranza qualificata dei suoi creditori, che ha ad oggetto un piano col quale il debitore definisce, attraverso un programma, le modalità e i tempi di soddisfazione dei medesimi. Il piano può prevedere un programma di dismissione dei beni che fanno parte del patrimonio del debitore, i quali, nel corso della procedura, possono essere affidati ad un fiduciario che li gestisca e li liquidi, per poi ripartirne il ricavato a favore dei creditori, secondo quanto stabilito nel piano stesso. Ma le modalità per mezzo delle quali si deve provvedere alla soddisfazione di creditori possono essere anche di diverso tipo. Nella sua attuale formulazione l’art. 7 l. 3/12, lascia al debitore ampia libertà. Ciò che va garantito è il regolare pagamento dei crediti impignorabili. [L’accordo può essere omologato dal trib se sia raggiunto coi creditori rappresentanti almeno il 60% dei crediti. I creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca dei quali la proposta prevede l'integrale pagamento non sono computati ai fini del raggiungimento della maggioranza e non hanno dir di esprimersi sulla proposta, salvo che non rinuncino in tutto o in parte al dir di prelazione. Non hanno dir di esprimersi sulla proposta e non sono computati ai fini del raggiungimento della maggioranza il coniuge del debitore, i suoi parenti e affini fino al 4°grado, i cessionari o aggiudicatari dei loro crediti da meno di 1anno prima della proposta. È possibile una divisione dei creditori in classi, tuttavia ciò non influisce sul calcolo delle maggioranze richieste per l’approvazione] La procedura appositamente prevista per il consumatore prescinde dall'accordo coi creditori, cui si sostituisce un giudizio di meritevolezza del piano da parte dell’autorità giudiziaria. Ugualmente, prescinde dal consenso dei creditori la procedura di liquidazione ex artt. 14 bis che si fonda sulla convenienza e sui i vantaggi che possono derivare ai creditori da una liquidazione organizzata del patrimonio del debitore. In tutte queste 62 procedure si prevede l'intervento dell’autorità giudiziaria, la quale è chiamata, attraverso dei provv di omologazione, a valutare la sussistenza dei presupposti di ammissione e la legittimità della procedura. Proprio l’intervento dell’autorità giudiziaria legittima la vincolatività di tali accordi o piani (nel caso del consumatore) nei confronti di tutti i creditori anteriori all’apertura delle procedure. Di fondamentale importanza in questi proced è il ruolo svolto dagli Organismi di composizione della crisi, la cui istituzione e i relativi compiti sono disciplinati dalla l. 3/12. L’art. 7 specifica che la presentazione del piano avviene con l'ausilio degli organismi di composizione della crisi di cui all'art. 15 con sede nel circondario del trib competente. 4. Effetti del d. di apertura sulle azioni esecutive (pp. 215 – 217) Numerosi sono gli aspetti di questa normativa che interessano le procedure esecutive. L’art. 10, co.5, l. 3/12 (sostituito dal d.l. 179/12) prevede che il d., col quale il giudice competente, se la proposta del debitore soddisfa i requisiti di ammissibilità previsti dagli artt. 7 e 9, fissa l'ud di comparizione delle parti deve intendersi equiparato all’atto di pignoramento. Uguale disp di trova nell’art. 12 bis, in relazione all’ipotesi di procedura proposta dal consumatore. Col d. si produce, in relazione a tutti i beni del debitore, un vincolo di destinazione degli stessi alla soddisfazione delle ragioni dei creditori: divengono inopponibili ai creditori gli atti di disp sui beni del debitore, secondo le regole del c.c. [La particolarità del caso sta nel fatto che la trascrizione del d. nei pubblici registri -a cura dell'organismo di composizione della crisi- viene disposta da queste norme solo per il caso in cui si preveda la cessione o l'affidamento a terzi di beni immobili o mobili registrati mentre tali formalità sono necessarie sia in caso di pignoramento di beni immobili sia in caso di beni mobili registrati, sebbene con differente natura. Tale problema può essere risolto, interpretando in senso ampio l’equiparazione che le norme pongono tra il d. ex art. 10 e ex 12 bis e l’atto di pignoramento, così da permettere la trascrizione di questo provv tutte le volte in cui si preveda la trascrizione del pignoramento] Un’altra norma che rileva rispetto alle procedure esecutive è contenuta nel co.2 art. 10. Si prevede che il giudice, col d. ex art. 10 dispone che, sino al momento in cui il provv di omologazione diventa definitivo, non possono, sotto pena di nullità, essere iniziate o proseguite az esecutive individuali né disposti sequestri conservativi né acquistati dir di prelazione sul patrimonio del debitore che ha presentato la proposta di accordo, da parte dei creditori aventi tit o causa anteriore; la sospensione non opera nei confronti dei titolari di crediti impignorabili. Ci si trova di fronte ad una nuova ipotesi di inammissibilità e improcedibilità delle az esecutive, che ha carattere generale, pari a quella che si trova nell’art. 168 L.fall in relazione all’ipotesi di concordato preventivo, e più ampia di quella cui fa riferimento l’art. 51 l.fall per il caso di fallimento. Ciò è funzionale alla ristrutturazione globale dei debiti del ricorrente e all’eventuale liquidazione dei suoi beni secondo le regole proprie della normativa speciale, le quali sono in conflitto con la logica individualistica delle procedure esecutive. La norma suscita alcune perplessità. Occorre osservare che nel momento in cui il giudice si trova a dover disporre l’inammissibilità o l’improcedibilità delle az esecutive, la procedura di composizione della crisi si trova ancora in una fase preliminare. Ancora non si sa se i creditori accetteranno o no la proposta del debitore, sicché sarebbe stata più appropriata al caso la previsione di un’ipotesi di sospensione delle procedure esecutive pendenti, in attesa dell’esito della votazione dei creditori, come prevedeva il co.5 dello stesso art. prima delle modifiche. Nonostante l’intervenuta innovazione, si può ricordare che anche in relazione all’art. 168 l.fall oltre all’orientamento secondo il quale l’apertura della procedura produce l’estinzione o la nullità ex tunc dell’az esecutiva, ve ne sono altri secondo i quali essa rimarrebbe solo sospesa in attesa dell’esito dell’omologazione. Sicuramente più razionale pare l’art. 12 bis, dettato in relazione all’ipotesi di proced per la composizione del sovraindebitamento del consumatore. In questo caso si prevede che quando, nelle more della convocazione dei creditori, la prosecuzione di specifici proced di esecuzione forzata potrebbe pregiudicare la fattibilità del piano, il giudice, con lo stesso d., può disporre la sospensione degli stessi sino al momento in cui il provv di omologazione diventa definitivo. Solo da questo momento i creditori con causa o tit anteriore non possono iniziare o proseguire az esecutive individuali. Uguale regola si applica anche in relazione ai creditori con causa o tit posteriore con riguardo ai beni che sono oggetto del piano. 5. Effetti dell’omologazione dell’accordo e del piano sulle procedure esecutive (pp. 217 – 218) Quando l’accordo proposto dal debitore viene omologato, esso diventa obbligatorio per tutti i creditori anteriori al momento in cui è stata eseguita la pubblicità di cui all'art. 10; restano salvi i dir dei creditori nei confronti dei coobbligati, fideiussori del debitore e obbligati in via di regresso. Quanto alle az esecutive, nulla si dice nell’art. 12 (in relazione all'omologazione dell’accordo) con riguardo ai creditori che subiscono gli effetti della procedura, mentre viene precisato che non possono procedere esecutivamente sui beni oggetto del piano del debitore civile i creditori con causa o tit posteriore al d. Al contrario il co.1 art. 12 ter vieta l’inizio e la prosecuzione delle az esecutive per i creditori con causa o tit anteriore all’omologazione del piano del consumatore. Lo stesso co. prevede che i creditori con causa o tit posteriore non possono procedere esecutivamente sui beni oggetto del piano. Tali differenze sono probabilmente da imputare al differente effetto che l’apertura della procedura produce sulle az esecutive nell'un caso e nell’altro. Come avviene in ambito fallimentare, anche in questo caso con l’omologa i beni del debitore sono definitamente destinati alla soddisfazione dei creditori concorrenti -salve le ipotesi di risoluzione o annullamento dell’accordo e di revoca e cessazione di dir dell’efficacia dell’omologazione del piano del consumatore-; e ciò impedisce ai creditori successivi all'apertura della procedura di promuovere az esecutive sul patrimonio oggetto della stessa. L’esecuzione dell’accordo e del piano avviene secondo le norme contenute nel capo II l. 3/12. Quanto alle procedure esecutive, occorre porre attenzione all’art. 13, nel quale si prevede che se per la soddisfazione dei crediti sono utilizzati beni sottoposti a pignoramento o se previsto dall’accordo, il giudice, su proposta dell'organismo di composizione della crisi, nomina un liquidatore che dispone in via esclusiva degli stessi e delle somme incassate. Benché la norma sembri
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