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Immaginazione sociologica, sociologia, Sintesi del corso di Sociologia

storia e teorie della sociologia, tutto quello che devi studiare per ventrone, mette 30 con questi appunti

Tipologia: Sintesi del corso

2022/2023

In vendita dal 02/07/2024

daniela-oliva-19
daniela-oliva-19 🇮🇹

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Anteprima parziale del testo

Scarica Immaginazione sociologica, sociologia e più Sintesi del corso in PDF di Sociologia solo su Docsity! IMMAGINAZIONE SOCIOLOGICA LA PROMESSA. L’uomo ha sempre la sensazione che spesso i problemi che deve affrontare vadano al di là della cerchia rispetta in cui vive. Questa sensazione è spesso esatta. Quando deve affrontare problemi in ambienti diversi dal proprio si muove male e questa sensazione lo fa sentire in trappola. Questi problemi vengono spesso causati dai grandi mutamenti che osserviamo anche all’interno della società che sono strettamente collegati anche alla vita privata dell’individuo. Infatti, non si può comprendere la vita dell’individuo se non si comprende quella della società, e viceversa. Questo l’uomo spesso non è capace di farlo, nel senso che non sempre riesce ad attribuire i propri successi ed insuccessi anche alla società. L'uomo ignora il fatto che questi mutamenti incidano sul tipo d’umanità che va formandosi o sugli eventi storici a cui dovrà partecipare. L'uomo ha bisogno di una mentalità che lo aiuti a servirsi dell’informazione (abbondante ormai in età contemporanea) e a sviluppare la ragione che gli permetta di vedere quel che accade e può accadere nel mondo e in lui. Questa qualità verrà chiamata l’immaginazione sociologica. Essa permette a chi la possiede di vedere e valutare il grande contesto dei fatti storici, basandosi sia sul mondo interiore che esteriore. Questo gli permetterà di capire la loro effettiva e reale posizione all’interno di quel caos causato dalla frenetica vita quotidiana. Questa qualità in altre parole, fa sì che il disagio personale che un individuo percepisce, egli lo riesca a collegare ai turbamenti della società e trasforma la pubblica indifferenza in interesse per i problemi pubblici. L'individuo riuscirà a comprendere la propria esperienza e valutare il proprio destino soltanto collocandosi dentro la propria epoca. Conosce le proprie probabilità solo confrontandosi con gli altri individui che lo circondano. L'uomo è connesso alla storia, vive con lei, e la costruisce ogni giorno anche se in minima parte, contribuisce a formare la società. L'immaginazione sociologica ci permette di afferrare biografia e storia e il loro costante rapporto nell’ambito della società. Chi ammette questa funzione si qualifica come sociologo classico. (Spencer, Ross, Durkheim, Comte, Mannheim, Marx ecc). Uno studio sociologico infatti si baserà sullo studio della società correlandolo alla storia e alla biografia esistente in quel momento dato. A muovere quest’immaginazione sociologica è sempre il bisogno di conoscere il senso sociale e storico dell’individuo nella società e nel periodo in cui ha vita e valore. Così l’essere umano riuscirà ad avere un nuovo modo di pensare. Una delle distinzioni che l’immaginazione sociale opera si basa sulla differenza tra: • Difficoltà personali e d’ambiente: le difficoltà si sviluppano nel carattere dell’individuo e nei rapporti che esso ha con il prossimo. Sono connesse con il suo io e con quelle zone della vita sociale di cui è conscio, cioè quel quadro sociale che si apre direttamente alla sua esperienza personale ed entro i limiti della sua attività volontaria. Queste difficoltà fanno sentire l’individuo come se i propri valori vengano minacciati. • Problemi pubblici di struttura sociale: si riferiscono alle organizzazioni di ambienti individuali nelle istituzioni. Un problema è una questione pubblica, che implica spesso una crisi di istituzioni. Se in una città con 100.000 abitanti c’è solo un disoccupato si tratta di una difficoltà personale. Se in una nazione di 50 milioni di cittadini, ci sono 15 milioni di disoccupati, allora si tratta di un problema istituzionale, un castello di possibilità che crolla. Per trovare delle soluzioni possibili dobbiamo considerare le istituzioni economiche e politiche della società e non solo la situazione personale e il carattere di un determinato n. di individui. Per comprendere i mutamenti che si verificano in molti ambienti personali dobbiamo ampliare il nostro sguardo, infatti, più le istituzioni si ampliano più ci saranno dei problemi. Riuscire a capire la struttura sociale e usare l’intelligenza per comprenderne i mutamenti significa servirsi di immaginazione sociologica. Ma quali sono i più grossi problemi d'ordine pubblico e le principali difficoltà di carattere individuale del nostro tempo? Partiamo dal concetto che quando si predilige un certo complesso di valori e non lo si sente minacciato, si ha una sensazione di benessere. Quando invece lo sentiamo minacciato, si è in stato di crisi, si percepisce una difficoltà personale o problema pubblico. Se tutti i valori sono minacciati allora è lo sgomento totale, panico. Quando non si predilige alcun valore né si sente alcuna minaccia allora si prova indifferenza, che diventa apatia quando coinvolge tutti. Quando non si predilige alcun valore, ma si ha la forte sensazione di una minaccia incombente allora si prova disagio. I nostri sono tempi di indifferenza e disagio. Fra il 1930 e il 1940 nessuno dubitava dell’esistenza di un problema economico, anche se i valori minacciati erano evidenti a tutti e così anche le strutture che li minacciavano erano evidenti. In questo dopo guerra, gran parte del disagio dei singoli rimane non definito, gran parte del malessere pubblico non arriva a problemi di ordine pubblico. Il problema in questo caso viene rappresentato dall’indifferenza. I problemi del nostro decennio si sono spostati dal dominio esterno a quello della qualità della vita individuale, ammesso che si possa ancora parlare di vera e propria vita individuale. Molti grandi problemi pubblici sono descritti in termini di psichiatria, nel patetico tentativo di non considerare i grandi e veri problemi della società moderna. Il principale compito politico e intellettuale del sociologo è oggi di individuare e definire gli elementi del disagio e dell’indifferenza dell’uomo contemporaneo, questo compito e Quando invece facciamo riferimento a quelle azioni che noi ci aspettiamo dagli altri parliamo di sanzioni, che possono distinguersi in positive e negative, a seconda che siano sentite come soddisfazione o privazione. Quando gli uomini sono guidati da standards e sanzioni, svolgono insieme i loro ruoli. Quando all’interno di un'istituzione (che sarebbe un complesso più o meno stabile di funzioni) standards e sanzioni non sono più efficaci allora possiamo parlare di anomia, il centro non regge, come dice Mills l’ordine normativo crolla. Per quanto riguarda le istituzioni possiamo dire che la definizione che Parsons ne dà non è abbastanza completa, possiamo concluderla dicendo che; i ruoli che le compongono non sono un grande complesso di aspettative condivise, ma un’istituzione è un complesso di ruoli a diversi livelli di autorità. Parsons continua dicendo che... Quando gli uomini condividono gli stessi valori tendono a comportarsi nel modo che gli altri si aspettano, perdendo di vista anche i propri interessi, al punto che questi valori comuni diventano parte della personalità di chi li segue. Questi valori legano insieme la società, poiché ognuno fa di questi valori una necessità individuale. Questo è molto importante per la stabilità di qualsiasi sistema sociale. Per Parsons dunque l’ordine sociale si realizza attraverso la condivisione di valori comunemente accettati. Questi standards che gli individui seguono, spesso sono delle norme e chi agisce in conformità con queste norme si comporterà sempre nello stesso modo quando si ripeta una stessa situazione. Se questo si verifica avremo delle <<regolarità sociali>>, che chiameremo strutturali. Queste regolarità fanno sì che all’interno di un sistema sociale vi sia equilibrio, ed esistono 2 modi per garantirne la sua massima realizzazione: 1. Attraverso la socializzazione: cioè il complesso di azioni che vengono seguite dall’individuo che diventerà così un individuo sociale. Si agisce nel modo che gli altri si aspettano. 2. Attraverso il controllo sociale: il complesso dei mezzi con i quali si tiene in linea la gente e la gente tiene in linea sé stessa. Con linea intendiamo la direzione tipica attesa e approvata nel sistema sociale. Però affinché si mantenga un equilibrio è necessario che l’individuo rispetti ciò che gli altri si aspettano che lui faccia. E se questo non accade, bisogna adottare dei mezzi più forti per tenerli in linea. Le migliori classificazioni e definizioni di controllo sociale sono state date da Weber. Mills da quanto detto da Parsons rimane comunque dubbioso su un punto, si chiede come mai dato questo equilibrio, vi siano dei casi in cui individui escano fuori strada? Come si spiega il mutamento sociale, la storia? Il problema dei Grandi teorizzanti è che non collegano mai le loro generalità ai contesti storici e ai problemi, infatti le loro elaborazioni non allargano la nostra comprensione e né ci fanno capire meglio ciò che abbiamo vissuto. Il fatto è che loro analizzano molto le parole in rapporto con altre, guardano quindi le caratteristiche sintattiche, dimenticandosi però ciò che una parola realmente esprime, la Grande teorizzazione è dunque vuota di semantica. Quando noi definiamo una parola stiamo sottintendendo anche il modo in cui desideriamo ch’essa sia usata, così da poter discutere e creare interazione. I grandi teorizzanti sono troppo preoccupati dei significati sintattici e poco sensibili ai riferimenti semeiologici, che le tipologie da essi costruite sembrano più uno scarso gioco di concetti, che non ci aiuta a definire i problemi in esame. La capacità di controllo del concetto è la caratteristica di un pensatore immaginativo e sistematico e l’assenza di questa capacità è la chiava per il feticismo del concetto. Quando infatti il Grande teorizzatore cerca di costruire una teoria sociologica generale, finisce per costruire un mondo di concetti che non comprendono molti aspetti strutturali della società. Parsons vorrebbe riuscire a stabilire come i valori nella società cambiano e perché sono così vari, dalle sue idee ne risulta che le strutture istituzionali si trasformano in una specie di sfera morale, che chiameremo <<sfera del simbolo>>. Spieghiamo questa sfera; Chi detiene il potere cerca di porre il proprio dominio sulle istituzioni e lo fa attraverso simboli morali, forme giuridiche largamente accettate e riconosciute. Facendo così le persone seguiranno queste regole morali, come se fossero degli obbiettivi personali. Questi simboli non sono altro che una legittimazione delle istituzioni, da rispettare come se fosse un servizio a mandato pubblico. Legittimazioni efficaci pubblicamente, diventano spesso, col tempo, efficaci come motivi personali. Ciò che Parsons e gli altri Grandi teorizzanti chiamano <<orientamenti valutativi>> e <<struttura normativa>> ha a che fare principalmente con simboli dominanti di legittimazione. La relazione fra questi simboli e la struttura delle istituzioni sono fra i problemi più importanti della scienza sociale. L'uso che di questi simboli se ne fa è importante per giustificare o contrastare l’apparato del potere, diventano la base per il consenso o l’opposizione alla struttura del potere. Ci sono dei simboli che vengono usati per contrastare autorità dominanti o per giustificare l’insorgere di nuovi movimenti. I valori di una società, non hanno alcuna importanza storica e sociologica se non giustificano istituzioni e non motivano le persone a svolgere determinati ruoli attivi. Quando l’uso di questi simboli viene fatto in maniera adatta e i valori vengono comunemente condivisi da tutti all’interni di una nazione tutto dovrebbe andare secondo come ci si aspetta. Ad esempio, negli Stati Uniti troviamo una continuità del sistema politico, infatti, non troviamo al suo interno violenze. Ma comunque non possiamo dire che il funzionamento dei governi sia determinato solo da un’identità morale condivisa. Vi sono delle società però in cui le istituzioni per mantenere l’ordine utilizza la violenza o minaccia di violenza. Fra questi due tipi di sistemi, cioè quelli che fanno seguire i valori e quelli che si impongono verso i loro membri, vi sono numerose forme di integrazione sociale. I Grandi teorizzanti credono invece che esista una sola struttura normativa nella quale Parsons individua il cuore del sistema sociale. In questo contesto, parliamo di potere per intendere qualunque decisione presa dagli uomini in relazione del contesto in cui vivono, ma alcuni apparati istituzionali mutano anche senza che vi sia bisogno di prendere delle decisioni. Chi invece avrà il potere di prendere delle decisioni dovrà guidare e manipolare il consenso degli uomini. Ma non solo attraverso la coercizione si può ottenere l’obbedienza. (= Costrizione o sopraffazione tirannica, tale da escludere ogni possibilità di reazione). Si utilizza anche l’autorità e la manipolazione. Quando si pensa alla natura del potere si devono considerare questi 3 tipi. Nel mondo moderno, rispetto al Medioevo, troviamo un’autorità diversa, un’autorità che non ha bisogno di giustificarsi per esercitare il potere. Infatti, molte decisioni che vengono prese adesso dalle istituzioni, ci vengono presentate una volta che sono già state prese. Parsons nella descrizione del potere fa sorgere tanti dubbi, ad esempio non tiene in considerazione strutture di dominio economiche, politiche o militari. Quest'idea di potere che i grandi teorizzanti hanno ci porta a pensare che ogni potere è legittimato e che una volta che viene stabilito il mantenimento delle aspettative di ruolo il sistema sociale è sistemato e non ci sarà più niente di problematico. Per loro non occorre alcun meccanismo speciale per spiegare il mantenimento di un’interazione sociale. Così però non possiamo parlare di conflitti, poiché nel sistema di cui loro parlano, una volta costruito, vige armonia. L'eliminazione del conflitto e l’armonia eliminano da questa teoria <<sistematica>> e <<generale>> ogni possibilità che ci si debba scontrare con i mutamenti sociali, con la storia. Nelle strutture sociali dei grandi teorizzanti non ci sono comportamenti collettivi di masse e di folla, di cui invece il nostro secolo è pieno. In pratica, in termini di Grande teorizzazione non vi è un principale problema di sostanza. Comunque, tutti gli scienziati sociali, dicono che non esiste una sola soluzione al problema dell’ordine, anche perché la risposta a questo problema cambia a seconda della società. Quando infatti passiamo da ciò che succede nella realtà e lo mettiamo a confronto con le realtà storiche, capiamo l’irrilevanza monolitica che la Grande teorizzazione opera. Ogni stato contiene tipi diversi di struttura sociale a seconda delle necessità. Non c’è una grande teoria, uno schema unico attraverso il quale possiamo comprendere la struttura di una società, come non c’è un’unica risposta al problema dell’ordine sociale. La storia è sempre connessa alla struttura sociale che vige in un determinato luogo. Non esiste un unico modello di ordine sociale. Nell'assegnare alla sociologia il compito di trasformare la filosofia in scienza, si sottintende che il metodo abbia una forza tale da escludere che sia importante una conoscenza preliminare della zona che vogliamo convertire. Ma ovviamente non è così. Il sociologo, inteso da Lazarsfeld, trasforma filosofi sociali in scienziati empirici, diventa dunque un creatore di scienza. Questa transazione è caratterizzata da 4 fasi: 1. Non si guarda più la storia, ma il comportamento concreto degli uomini. Si ha una netta tendenza allo psicologismo, cioè quelle filosofie che riservano alla psicologia un qualche tipo di primato, o che in genere danno qualche particolare risalto alla sfera psicologica. 2. La tendenza a non studiare soltanto un settore delle questioni umane, ma lo si riferisce ad altri settori. (Affermazione non proprio esatta, dato che con riferire si intende farlo in maniera solo statistica). 3. La preferenza per lo studio di situazioni sociali che si ripetono, piuttosto che quelle che si verificano solo una volta. (questo perché così i comportamenti possono essere studiati statisticamente). 4. Grande enfasi sugli eventi sociali piuttosto che su quelli storici. (questa tendenza a-storica è dovuta dal fatto che è molto più semplice per questo tipo di scienziati procurarsi i dati che gli servono, in quanto trattano eventi 4. contemporanei.) Il sociologo in questo caso dovrà procurarsi i dati da solo e questo gli darà il “potere” di essere colui che fabbrica gli strumenti per le altre scienze sociali. Il sociologo ha avuto storicamente anche una terza funzione, cioè quella di interprete, in quanto sarà lui ad analizzare il dato. Ciò che bisogna capire è che queste interpretazioni che egli fa non sono scientifiche, anzi spesso egli crea variabili interpretative utili alla statistica, che però riducono la realtà sociologica diventando variabili psicologiche. Abbiamo 2 tesi a favore dell’empirismo astratto: • Questi studi sono molto costosi e quando vengono finanziati poi si pretende che le ricerche vengano svolte intorno ai “problemi dei finanziatori”. I ricercatori, quindi, non riescono a scegliere i problemi su cui lavorare e quindi difficilmente arriveranno ad un risultato globale significativo. • I critici dell’empirismo possono sembrare impazienti. Infatti, questa tesi difensiva presume che studi di questo genere assumeranno pieno significato quando, svolte tante ricerche, le sommiamo, in modo da costruire un'immagine fedele e controllata. Per questo diventa desiderabile che un numero sempre maggiore di studiosi si dedichi alle scienze sociali, così da accelerare questo processo, in modo da poter creare una scienza sociale integrata capace di aiutarci a comprendere gli affari sociali. La prima critica che Mills fa riguarda il rapporto tra teoria e ricerca. Secondo Lazarsfeld la teoria sarebbero le variabili che utilizziamo per l’interpretazione del dato e i dati empirici non sono altro che quei fatti statisticamente determinati. In questo caso, teoria e dati sono veramente ristretti e questo rende la ricerca inadatta. È necessario parlare anche dei problemi, che nella scienza sociale sono delle concezioni che riferiamo a strutture sociali storiche. Non li possiamo tradurre e capire se essi vengono espressi sotto forma di variabili o dati statistici che si disperdono tra una moltitudine di individui e di ambienti. Questi empiristi hanno la presunzione che basti Il Metodo affinché gli studi che ne deriveranno diventino <<una scienza pienamente organizzata e sviluppata>> dell’uomo e della società. Questo stile si aggancia molto a quelli che sono i dati individuali, ma quando parliamo di problemi di struttura abbiamo necessità di un empirismo molto più ampio. Se ad esempio, volessimo studiare la struttura della società americana avremmo un enorme quantità di denominatori sociali e psicologici, da renderne molto complesso lo studio. Questo lavoro si potrà fare solo quando il nostro orizzonte si allarga fino a considerare strutture sociali comparative e storiche, cosa molto difficile per gli empiristi astratti, in quanto essi sono a- storici e non comparativi. Fra gli empiristi astratti c’è la tendenza di aggiungere prima dell’analisi statistica, uno o due capitoli teorici. Questo è abbastanza positivo, se non fosse che questo lavoro venga fatto solo dopo che il dato è stato analizzato. Questo per farci “credere” che il dato è stato analizzato al fine di controllare empiricamente concezioni e ipotesi più ampie, quando invece questo lavoro spesso viene fatto, appunto perché gli empirismi astratti hanno ricevuto troppe critiche a riguardo. Inoltre, questi concetti che vengono utilizzati solitamente appartengono a fattori strutturali storici che nella ricerca vengono sottovalutati, e a fattori psicologici che il ricercatore non è riuscito ad estrapolare. Gli intervistatori non potranno infatti avere materiali <<profondi>> con il tipo di interviste che svolgono, come non è possibile che possano scaturire studi adeguati all’orientamento della storia da una ricerca su campioni. Questo tipo di ricerca ha però acquistato nel tempo valore accademico e commerciale. La critica rimane comunque la stessa: non si può usare un metodo per delimitare i problemi che affrontiamo, se abbiamo il senso dei problemi reali, dovremmo lavorare su di essi con tutta l’attenzione e l’esattezza di cui siamo capaci. Un lavoro di scienza sociale adeguato si serve di ipotesi accuratamente elaborate e documentate da informazioni più particolareggiate. Possiamo chiaramente constatare che, l’empirismo astratto esclude dal campo dell’indagine i grandi problemi sociali e umani del nostro tempo. CAPITOLO 4. TIPI DI PRATICITA’. Il lavoro di scienza sociale è sempre stato accompagnato da problemi di valutazione in quanto non c’è studioso non sottintenda, nel suo lavoro, delle decisioni morali e politiche; ma il vero lavoratore intellettuale lavorerà consapevole di questo. Anche la scelta dei problemi viene influenzata dai valori come lo è anche il loro processo risolutivo. Per ciò che riguarda le concezioni, dovremmo servirci del maggior numero possibile di termini neutri dal punto di vista del valore e renderci coscienti delle implicazioni di valore che rimangono e di renderle esplicite, evitando ogni preferenza valutativa; tuttavia, vi sono situazioni dove il descrivere neutralmente può essere considerato un naturalismo primitivo (es. società americana). la rappresentazione della realtà in modo obiettivo. Mills distingue l'arte dell'insegnare, arte intelligibile del pensare a voce alta, dall'arte dello scrivere, dove lo scrittore tenta di convincere gli altri dei risultati del suo pensiero. Gli studiosi delle scienze sociali ed altri fanno anche uso di studi sui modi ideologici, l 'importanza ideologica delle scienze sociali è inerente alla sua stessa esistenza come fatto sociale. Ogni società si forma e conserva le immagini di sé stessa per giustificare il suo sistema di potere ed i modi del potente; le immagini e idee trasformano il potere in autorità e criticando o contrastando l'organizzazione e i capi dominanti li privano di autorità. Distraendo l'attenzione dalle questioni del potere e dell'autorità distolgono anche l'attenzione dalle realtà strutturali della società stessa. La norma è che gli scienziati prendano coscienza dei significati politici del proprio lavoro, coscienti o no essi svolgono una funzione burocratica o ideologica (storicamente maggiormente ideologica). Nel 19esimo secolo la scienza sociale è stata direttamente collegata con movimenti di riforma ed attività di miglioramento sociale; questo movimento che va sotto il nome di social science movement che si organizzò nel 1865 come American Social Science Association, è stato un tentativo di applicare la scienza ai problemi sociali senza ricorrere ad esplicite tattiche politiche. Chi aderiva a questo movimento cercava di trasformare le difficoltà della classe inferiore in problemi pubblici della classe media. Il liberalismo negli Stati Uniti è stato il denominatore comune per quanto riguarda la politica degli studi sociali e fonte dell’ideologia pubblica. I sociologi americani rivelano una forte tendenza a trattare un particolare empirico per volta, suddividendo e disperdendo l'attenzione. Supponendo che tutti i fatti nascano uguali, e hanno persistito nell’idea che in ogni fenomeno sociale debba necessariamente esserci un grande numero di piccole cause. Questo <<pluralismo causale>> è utile ai fini di una politica liberale di piccole riforme, ovvero alla praticità liberale. La <<linea di orientamento>> americana è rappresentata dalla divisione e dispersione degli studi, verso un’indagine dei fatti e la pluralità delle loro cause. Queste sono le caratteristiche principali della praticità liberale, come stile di studio sociale.
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