Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

impugnazione: appello, Appunti di Diritto Processuale Civile

riassunto relativo all'appello

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 27/06/2024

lucia-maio-4
lucia-maio-4 🇮🇹

1 documento

1 / 10

Toggle sidebar

Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica impugnazione: appello e più Appunti in PDF di Diritto Processuale Civile solo su Docsity! Capitolo XVII - L’ appello 182. I caratteri generali dell'appello e il principio del doppio grado di giurisdizione Alcune connotazioni fondamentali dell'appello sono: a. è un'impugnazione dall'effetto almeno potenzialmente devolutivo, sottopone ad un giudice diverso e superiore lo stesso oggetto sul quale ha già pronunciato a quo; b. ha natura sostitutiva, il suo obiettivo non è la mera eliminazione della sentenza ma, sempre e direttamente, la pronuncia di una nuova decisione sul merito della causa, la quale prende in ogni caso il posto della sentenza di primo grado, può quando il contenuto sia identico; c. è utilizzabile a fronte di qualunque vizio della sentenza di primo grado, sia esso in procedendo o in iudicando, indipendentemente dalla circostanza che attenga al giudizio in diritto oppure alla ricostruzione dei fatti rilevanti per la decisione. 183. Le sentenze appellabili e il giudice competente Di regola, tutte le sentenze pronunciate in primo grado, dal giudice di pace o dal tribunale, sono appellabili. Fanno eccezione: a. le sentenza pronunciate secondo equità in base ad una concorde richiesta delle parti, nei casi in cui ci è consentito dall'art. 114; b. le sentenze nei cui confronti le parti, anche anteriormente alla pronuncia, si siano accordate per omettere l'appello, al fine di poterle impugnare direttamente con ricorso per cassazione (art. 360 co 2°); c. le sentenze che decidono una controversia di lavoro di valor non superiore a 25, 82 euro (art. 440); d. le sentenze rese su un'opposizione agli atti esecutivi, che l'art. 618 definisce non impugnabili; e. le sentenze per le quali la legge preveda, quale rimedio di carattere generale, una opposizione davanti allo stesso ufficio giudiziario dal quale promanano. Competente per il giudizio d'appello è il giudice immediatamente superiore a quello che ha pronunciato la sentenza impugnata. La competenza per territorio è attribuita all'ufficio giudiziario nella cui circoscrizione ha sede il giudice che ha pronunciato in primo grado (art 341). 184. L'oggetto del giudizio di appello e i limiti dell'effetto devolutivo Trovano applicazione i principi generali desumibili dall'art. 50, che consente, quando venga adito un giudice incompetente, la conservazione degli effetti dell'atto introduttivo e la continuazione del processo davanti al giudice competente. L'effetto devolutivo dell'appello deve intendersi come la possibilità che l'impugnazione chiami il giudice ad quem a decidere nuovamente la stessa domanda già sottoposta all'esame del giudice di primo grado, con i medesimi poteri che competevano a quest'ultimo. Il codice del 1940 ha limitato l'automaticità dell'effetto devolutivo: l'art. 342 impone all'appellante di indicare, fin dall'atto introduttivo, i motivi specifici dell'impugnazione; l'art. 346 stabilisce invece che le domande e le eccezioni non accolte nella sentenza di primo grado, che non sono espressamente riproposte in appello, si intendono rinunciate. L'art. 342 esige la specificazione dei motivi di impugnazione ma non commina alcuna particolare sanzione per la violazione di tale obbligo. Secondo una prima opinione, i motivi servirebbero essenzialmente a chiarire quali parti della sentenza l'appellante abbia inteso effettivamente impugnare, la loro omissione resterebbe priva di autonome conseguenze quando dall'atto di appello fosse desumibile la volontà di impugnare la sentenza nella sua interezza. Una seconda opinione (prevalente) invece ritiene che i motivi d'appello non servano solo ad individuare i capi della sentenza oggetto dell'impugnazione, ma anche a selezionare le questioni sulle quali il giudice ad quem è chiamato a decidere, nel senso che potrà riesaminare le sole questioni che gli siano state riproposte attraverso specifiche censure. La cognizione del giudice d'appello resta definitivamente circoscritta alle sole questioni sulle quali la pronuncia del primo giudice sia stata oggetto di specifiche censure nell'atto di appello; il grado di specificità richiesto per tali censure dipende essenzialmente dal livello di specificità della motivazione della decisione impugnata, giacché le critiche dell'appellante devono essere potenzialmente idonee a contrastare l'iter argomentativo seguito dal primo giudice. Una recente riforma, nell’introdurre il cosiddetto filtro di ammissibilità dell’appello, ha inopportunamente modificato l’articolo 342 Primo comma che ora testualmente prevede, per la parte che qui interessa, che l’appello debba essere motivato e che la relativa motivazione debba contenere, a pena di inammissibilità: - l’indicazione delle parti del provvedimento che si intende appellare e delle modifiche che vengono richieste alla ricostruzione del fatto compiuta dal giudice di primo grado; -l’indicazione delle circostanze da cui deriva la violazione della legge e la loro rilevanza ai fini della decisione impugnata. L'art. 342 prevede un onere dell'appellante che, qualora voglia far riesaminare dal giudice di secondo grado una determinata questione già decisa dal primo giudice, non può limitarsi a sostenere che questi ha sbagliato nel risolverla, ma ha pure l’onere di chiarire perché reputa erronea la soluzione cui era pervenuto il giudice a quo. 185. L'onere di espressa riproposizione delle domande e delle eccezioni non accolte L'art. 346 fa onere alle parti di riproporre espressamente in appello le domande e le eccezioni non accolte nella sentenza di primo grado, onde evitare che si intendano rinunciate. Riguardo alle domande deve intendersi solamente nel senso di “non decise”, poiché, quando si trattasse di domande respinte, la parte soccombente non potrebbe limitarsi a riproporle ma dovrebbe impugnare, in via principale o incidentale il relativo capo di sentenza, formulando le relative censure nello stesso atto d'appello, a norma dell'art. 342. Mentre per l'appellante l'art. 346 troverebbe applicazione solo rispetto alle eccezioni non decise (per quelle respinte varrebbe egualmente l'onere di impugnare il relativo capo di sentenza), per l'appellato la norma riguarderebbe anche le eccezioni rigettate, con la conseguenza che tali eccezioni potrebbero essere semplicemente riproposte al giudice ad quem. Si preferisce l'opinione, minoritaria, secondo cui anche per le eccezioni, e non soltanto per le domande, l'espressione “non accolte” può essere intesa esclusivamente nel senso di “non decise”, riconoscendo che se invece si tratta di eccezioni vere e proprie esplicitamente o implicitamente respinte, anche l'appellato vittorioso nel merito deve impugnare la relativa statuizione, ovviamente in via incidentale, per evitare che sulla questione scenda la barriera del giudicato. 186. La funzione dei motivi di appello e i limiti della cognizione del giudice di secondo grado Dopo un intervento delle sezioni unite È prevalsa l'idea che i motivi specifici richiesti dall'articolo 342 non servissero solamente ad individuare i capi della sentenza concretamente impugnati, ma assolvessero, invece, la ben più incisiva funzione di selezionare le questioni che il giudice di secondo grado poteva e doveva a sua volta affrontare e risolvere. L'appellante deve ovviamente mentre lascia impregiudicata la possibilità che anche il giudice d'appello utilizzi i poteri istruttori officiosi che la legge gli attribuisce. 191. Il peculiare regime di appellabilità limitata delle sentenze di equità del giudice di pace La riforma del 2006 ha introdotto un regime d’impugnazione del tutto peculiare per le sentenze del giudice di pace rese secondo equità a norma dell'art. 113 co 2°: esse sono infatti sono appellabili esclusivamente per violazione delle norme sul procedimento, per violazione delle norme costituzionali o comunitarie ovvero dei principi regolatori della materia. Si considerano rese secondo equità tutte le sentenze pronunciate in cause di valore non superiore a 1100 euro, ad eccezione di quelle derivanti da rapporti giuridici relativi a contratti conclusi mediante sottoscrizione di moduli o formulari. L'appello in questi casi si baserà: a. quanto agli errori di diritto concernenti la disciplina sostanziale del rapporto, sulla violazione di norme di rango superiore (costituzionali o comunitarie) oppure dei principi regolatori della materia, da identificare con quelli desumibili dai tratti essenziali della disciplina positiva di un determinato istituto, oltre che dai principi generali dell’ordinamento; b. quanto agli errores in procedendo, sui vizi di attività da cui sia derivata la nullità del processo davanti al giudice di pace, nonché su qualunque violazione di norme processuali che abbiano potuto condurre all'erronea soluzione di questioni pregiudiziali attinenti al processo. Non avranno alcuna rilevanza gli errori attinenti alla valutazione di prove o alla ricostruzione dei fatti, al giudice ad quem non potrà chiedersi puramente e semplicemente un diverso apprezzamento di tali fatti. Ciò non esclude la possibilità di un sindacato indiretto degli accertamenti di fatto compiuti dal giudice di pace, dal punto di vista della congruità della motivazione, tenuto conto che qualunque giudice è obbligato a motivare adeguatamente i propri giudizi di fatto, come pure non dovrebbe escludere, ove ne sussistano i presupposti, l'ammissibilità dei nova contemplati dall'art. 345. Trattandosi pur sempre di un'impugnazione sostitutiva, il giudice di secondo grado non potrà esimersi da una nuova decisione sul merito della causa, neppure quando la sussistenza del vizio denunciato dall'appellante dovesse rendere necessarie nuove valutazioni di fatto pretermesse dal giudice di pace oppure la rinnovazione di accertamenti di fatto da lui già compiuti. 192. L'atto introduttivo e i suoi possibili vizi In base all'art. 342 il giudizio di appello inizia con la notifica di un atto di citazione contenente l'esposizione sommaria dei fatti ed i motivi specifici dell'impugnazione, nonché le indicazioni prescritte nell'art. 163. Il co 2° prevede che trovino applicazione anche qui i termini minimi di comparizione dell'art. 163-bis. L'unica differenza rispetto alla vocatio in ius nel processo di primo grado è la difficoltà di applicare l'art. 162 n. 7 nella parte in cui esige a pena di nullità l'avvertimento che la costituzione del convenuto oltre i termini dell'art. 166 implica la decadenza di cui agli artt. 38 e 167. Per tutti i vizi della vocatio in ius trova applicazione la disciplina dell'art. 164 co 2° e 3°, l'eventuale nullità sarà sanata, con effetti retroattivi ed indipendentemente dalla scadenza del termine per l'impugnazione, dalla spontanea costituzione dell'appellato oppure dalla rinnovazione dell'atto introduttivo. L’ inammissibilità dell'impugnazione, oggi espressamente comminata dall’articolo 342, non può impedire la rinnovazione dell’atto di appello, a condizione che essa avvenga prima della scadenza dei termini di cui agli articoli 325 327. 193. La costituzione delle parti e le conseguenze della mancata o tardiva costituzione dell’appellante Circa la costituzione delle parti in appello, l'art. 347 richiama le forme e i termini stabiliti per il procedimento davanti al tribunale, di regola l'appellante deve costituirsi entro 10 giorni dalla notifica dell'atto introduttivo e l'appellante almeno 20 giorni prima dell'udienza di comparizione indicata nell'atto di citazione. L'appellante deve inserire nel proprio fascicolo una copia della sentenza impugnata, pur non essendo previsto un termine per tale adempimento né una sanzione. Il cancelliere dovrà provvedere, su istanza della parte che si costituisce per prima, all'iscrizione della causa a ruolo e alla formazione del fascicolo d'ufficio, chiedendo al cancelliere del giudice a quo che gli trasmetta il fascicolo del relativo procedimento. Relativamente al giudizio di secondo grado, l'art. 348 prevede che l'appello debba dichiararsi improcedibile, anche d'ufficio, se l'appellante non si costituisce in termini; è tenuto cioè a rispettare i 10 giorni dalla notifica della citazione e non può evitare l'improcedibilità costituendosi entro la prima udienza. In caso di mancata o tardiva costituzione di tutte le parti trova applicazione l'art. 307 co 1°, con conseguente estinzione del processo d'appello se nessuna delle parti provvedesse a riassumerlo entro 3 mesi. 194. I termini e le modalità dell'appello incidentale L'art. 343 prevede che l'appello incidentale deve essere di regola proposto, a pena di decadenza, nella comparsa di risposta, all'atto di costituzione in cancelleria ai sensi dell'art. 166; la costituzione ritardata alla prima udienza preclude la possibilità dell'impugnazione incidentale. Fa eccezione l'ipotesi in cui l'interesse alla proposizione dell'appello incidentale sorga dall'impugnazione proposta da altra parte che non sia l'appellante principale e possa considerarsi quindi dipendente da un'altra impugnazione incidentale; in questo caso l'appello incidentale è consentito fino alla prima udienza successiva alla proposizione dell'impugnazione cui si ricollega (art. 343 co 2°). 195. La trattazione della causa e l’eventuale inibitoria della sentenza impugnata L'appello incidentale può essere proposto in via condizionata, la richiesta di riforma di un capo della sentenza può essere subordinata all'accoglimento di un'altra impugnazione, principale o incidentale. Solitamente l'attività del giudice d'appello si riduce alla trattazione, che può spesso esaurirsi in un'unica udienza, seguita dalla precisazione delle conclusioni e dallo scambio di difese scritte conclusive. Quando il processo si svolge davanti alla corte d'appello, ogni attività viene svolta dal collegio nella sua interezza (art. 350), e la stessa composizione del collegio ben potrebbe cambiare tra l'una e l'altra udienza, non essendo applicabile il principio di immutabilità previsto per il giudice istruttore (art. 174). Per quanto riguardo l’ipotesi di mancata comparizione delle parti, nel caso in cui l'appellante, pur essendosi anteriormente e tempestivamente costituito in cancelleria, ometta di comparire alla prima udienza, il giudice, con ordinanza non impugnabile, è tenuto a rinviare la causa ad altra udienza, della cui data il cancelliere deve dare comunicazione all'appellante. Se poi l'assenza si ripete alla nuova udienza, la sanzione non sarà l'estinzione, ma la dichiarazione di improcedibilità dell'appello, da pronunciare anche d'ufficio. Questa disciplina si applica anche all'appellante incidentale che ometta di comparire alla prima udienza, fermo restando che l'improcedibilità dell'impugnazione principale non si estende a quella incidentale e viceversa. Per il resto la disciplina specifica della trattazione è piuttosto scarna e può riassumersi: a. nella prima udienza il giudice deve verificare la regolare costituzione del giudizio e delle stesse parti e pronunciare con ordinanza, quando ne ricorrano i presupposti, i provvedimenti occorrenti per porre rimedio ad eventuali vizi del contraddittorio, oppure diretti a salvaguardare l'unità del processo d'appello. Nella stessa udienza è previsto che venga dichiarata l'eventuale contumacia dell'appellato (non quella dell'appellante che implica improcedibilità e può pronunciarsi solo con sentenza) e si proceda al tentativo di conciliazione ordinando la comparizione personale delle parti (art. 350). b. di regola, anche la decisione sull'istanza di inibitoria è attribuita al collegio che provvede con ordinanza non impugnabile nella prima udienza (art. 351); il soccombente ha per diritto di chiedere, con ricorso al giudice monocratico o al presidente del collegio, che la decisione sulla sospensione sia pronunciata prima dell'udienza di comparizione. In questo caso si apre un procedimento incidentale autonomo e distinto da quello concernente il merito dell'appello, e al giudice o al presidente, col medesimo decreto con cui fissa la comparizione delle parti in camera di consiglio, è consentito disporre provvisoriamente, quando ne sia stato richiesto e sussistano giusti motivi d'urgenza, la sospensione immediata dell'efficacia esecutiva o dell'esecuzione della sentenza, fermo restando che all'udienza in camera di consiglio tale decreto dovrà essere confermato, modificato o revocato con ordinanza non impugnabile. c. quando vengano eccezionalmente ammesse nuove prove, oppure sia disposta la rinnovazione totale o parziale dell'assunzione già avvenuta in primo grado, lo stesso collegio procede alla nuova fase istruttoria. d. anche in appello è espressamente prevista l'applicabilità dell'art. 279 co 2°, ossia la possibilità di pronunciare sentenza non definitiva su domanda o su questione, nelle stesse ipotesi in cui è consentita al giudice di primo grado. 196. La decisione La decisione è regolata dall'art. 352: precisazione delle conclusioni, scambio delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, eventuale fissazione dell'udienza per la discussione orale della causa quando una parte lo chieda. Il termine della decisione è sempre di 60 giorni, anche quando la decisione spetti al tribunale, rispettivamente decorrenti, a seconda dei casi, dalla scadenza del termine per le memorie di replica o dall'udienza di discussione. Fa eccezione l'ipotesi in cui oggetto dell'appello sia una sentenza che ha dichiarato l'estinzione del processo a norma dell'art. 308, ossia la sentenza del collegio che ha respinto il reclamo proposto contro l'ordinanza di estinzione resa dal giudice istruttore: l'art. 130 disp. att. prevede che l'appello sia deciso con sentenza in camera di consiglio, escludendo sia lo scambio di comparse conclusionali e delle repliche sia la fissazione di un'udienza di discussione, salva la possibilità che il collegio, quando è necessario, autorizzi le parti a presentare delle memorie, fissando i relativi termini. A prescindere da questa specifica ipotesi, l’articolo 352 contempla l’eventualità che il collegio utilizzi per la decisione, a propria discrezione, anche l’iter semplificato disciplinato
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved