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In ricerca. Giulia Pastori, Sintesi del corso di Metodologia della ricerca

Riassunto del libro In ricerca

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021
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Caricato il 14/01/2021

PaolaMariaColombo
PaolaMariaColombo 🇮🇹

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Scarica In ricerca. Giulia Pastori e più Sintesi del corso in PDF di Metodologia della ricerca solo su Docsity! IN RICERCA Prospettive e strumenti per educatori e insegnanti Capitolo 1 L’insegnante come investigatore L'idea che la ricerca scientifica coinvolga anche il campo educativo come attività primaria nasce seguito di un lungo percorso. Pensare che gli insegnanti possano e debbano avere una formazione alla ricerca è un'idea impegnativa sia per le ricadute professionali sia per le premesse che ha a supporto. Rilevanti in particolar modo sono i cambiamenti avvenuti nel definire il rapporto fra teoria e pratica nella costruzione della conoscenza che hanno incoraggiato una profonda revisione dell'idea di professionalità docente. Oggi teoria e pratica educativa sono momenti distinti ma al contempo in relazione di sinergia e di interdipendenza reciproca. Da un lato si è consolidata l'idea deweyana che teoria ricerca educativa non possono prescindere dal mondo della vita educativa. Dall'altro si è consolidata l'idea che la pratica riflessiva-indagativa, come capacità di riflettere sull’azione e sull’esperienza, abbia una valenza formativa superiore, possa essere generativa di conoscenza nuova, abbia un potere trasformativo e migliorativo della pratica educativa essa quindi parte essenziale nella professionalità educativa. Quindi postura e competenze di ricerca sono centrali nella professionalità educativa: l’insegnante, l’educatore è un professionista che osserva, pensa, riflette, sceglie, mette alla prova le sue idee; opera come un ricercatore nel contesto di esperienze in cui agisce e in cui acquisisce conoscenze, attingendo anche al sapere teorico e a ricerche svolte, ma non applicandoli in modo automatica. Quindi, l’insegnante può conoscere i modelli didattici, teorie e tecniche didattiche ma non li usa come strumenti osservativi, per trovare risposte alla situazione didattica. Per molti secoli teoria e pratica erano due realtà distinte. Ciò era dovuto anche al pensiero filosofico che ha considerato la riflessione teorica superiore rispetto alla pratica in quanto fonte di conoscenza. Già prima dell’Ottocento c’erano state delle reazioni a questa dicotomia: il contesto educativo viene affrontato in azione e la riflessione teorica viene vista come un modo per migliorare l’azione educativa. Dalla fine dell’800 molteplici figure (Montessori, Agazzi, Dewey, Freinet,..) passano all’azione. Nel Novecento abbiamo la nascita delle scienze umane perché anche la psicologia e l’educazione si fondano su una base empirica e con il metodo scientifico. Con lo sviluppo della ricerca sperimentale l’insegnante doveva saper applicare in aula teorie e soluzioni scientifiche corroborate in laboratorio, in situazioni controllate e manipolate dalla psicologia e dalla didattica sperimentale, non più teorie filosofiche. La novità che contraddistingue la riflessione sul rapporto fra ricerca, teoria e pratica educativa negli anni Novanta è rappresentata dalla visione dell’insegnante come professionista impegnato in un processo di riflessione e di indagine sulla sua attività didattica-educativa, come agente di cambiamento e miglioramento della propria azione educativa del contesto scolastico. Quindi l'insegnante non è più un semplice esecutore di teorie, regole, metodologie didattiche elaborate al di fuori del contesto scolastico. Dewey, interessato a definire cosa si può intendere per scienze dell’educazione e il suo rapporto con le altre scienze, propone una distinzione fra atteggiamento acquiescente ed esecutivo nell’utilizzo di conoscenze scientifiche ed un atteggiamento educativo in senso stretto. Secondo Dewey la conoscenza di teorie scientifiche psicologiche e sociologiche e di riflessioni filosofiche amplia e affina lo sguardo dell’insegnante e le sue chiavi di lettura del contesto educativo, se correttamente interpretate come strumenti e repertori di conoscenza. Inoltre, afferma che la scienza dell’educazione risiede nella menta di chi è direttamente impegnato nelle attività educative, non appartiene ai libri, ai laboratori e alle aule. Le scienze psicologiche e sociologiche forniscono dei risultati utili, illuminano porzioni di realtà, nutrono le menti degli educatori e hanno una validità intermedia, perché inizio e chiusura dell’investigazione educativa sono nella pratica dell’educazione. Infatti, la pratica pone problemi, prova, verifica, modifica, sviluppa le conclusioni delle indagini. Impostata la relazione imprescindibile fra scienze dell'educazione menti degli insegnanti di Dewey conclude il suo ragionamento affermando che per quanto riguarda le scuole è vero che i problemi che richiedono un trattamento scientifico nascono dall’effettivo contatto con gli studenti; di conseguenza è impossibile controllargli risolverli a meno che non vi sia una partecipazione attiva da parte di coloro che sono direttamente impegnati nell'insegnamento. Diversamente si corrono dei rischi: 1. gli insegnanti sono ridotti a trasmettitori applicazione di teorie scientifiche 2. l'attività teorica di ricerca è scollegata dalla realtà dell'esperienza. La tesi che Dewey è impegnato a smontare è che teoria e pratica dell’educazione siano due momenti distinti e separati, come se vi fosse un tempo e un luogo in cui alcuni soggetti conoscono, e un tempo e un luogo in cui altri soggetti agiscono secondo i dettami della scienza. La radicale separazione di questi due momenti toglie valore all’una e all’altra, portando con sé riduzionismi:  la riduzione della complessità dell’azione didattica: il metodo didattico non è mai una tecnica deducibile in modo lineare da un studio, ma è un evento complesso, dove entrano in gioco l’interazione fra insegnante e colui che apprende, il quale ha un ruolo attivo.  la riduzione della professionalità dell’insegnante ha funzione esecutiva: l’insegnante è privato di una capacità autonoma di elaborazione dell’esperienza e di costruzione di un sapere fondato su di essa.  l’esclusione delle dimensioni finalistiche dell’agire didattico: rinchiuso in una visione tecnica-ingegneristica l’insegnane è solo un tecnico che deve applicare procedure didattiche disgiunte da una riflessione filosofica e morale sulle finalità dell’educazione. Il modello applicazionista, di separazione fra teoria e pratica è entrato in crisi per diversi motivi: Il dibattito fra metodi sperimentali-quantitativi e metodi qualitativi, cambiamenti riguardanti le teorie sulla conoscenza e sulla conoscenza scientifica. Il pensiero riflesso descrivere una qualità essenziale dell’essere educatore e insegnante e offre una cornice per parlare di insegnate ricercatore. Esso è diventato un concetto cardine delle teorie della formazione professionale: la riflessione sull’azione è considerata un modo efficace per aumentare livelli di consapevolezza, di capacità decisionale e di responsabilità, obiettivi oggi perseguiti come prioritari, mentre i modelli formativi tradizionali, definibili trasmissivi (o della razionalità tecnica) che procedono dalla teoria alla pratica cercando di formare gli operatori della teoria perché essi stessi la trasferiscono nella pratica sono entrati in crisi per numerosi motivi. Le teorie non entrano all’interno di soggettività vuote (concetto di tabula rasa di Locke) ma entrano in relazione con soggettività stratificate, che hanno una storia di formazione formale e informale, di socializzazione a culture educative acquisite nei contesti educativi di cui si è stati partecipi come bambini e come adulti. Il processo deduttivo di trasmissione di sapere formalizzati è inverso a quello che il soggetto si trova a percorrere nel corso dell’attività pratica. L’impatto con la realtà educativa a seguito di percorsi di formazione eccessivamente teorici può risultati disorientante: la distanza non solo in termini di contenuti (ho appreso tante metodologiche che non vedo realizzate) ma in termini di esperienza vissuta (sono uscito dall’aula con le sue teorie cristalline e mi sono imbattuto in una realtà complessa) può portare a rinunciare alle acquisizioni teoriche e a assorbire come cultura pratica quella che veicola il contesto. L’orientamento critico-riflessivo nella formazione degli insegnanti ed educatori enfatizza il ruolo fondamentale giocato non tanto dall’acculo di nuove conoscenze teoriche, quanto piuttosto dalla possibilità di operare un lavoro di riflessione sull’esperienza, propria e altrui; Riflessione che comprende frasi di osservazioni di auto- osservazione, di dubbio interrogazione sugli eventi sulle scelte educative, di confronto di chiarificazione di concetti, di approfondimento teorico, di messa alla prova di tali idee nuove situazioni. Per una definizione di pensiero riflessivo: i modelli di formazione professionale tradizionali basati sull’insegnamento di competenze e strategie, derivate e messe a punto dal mondo scientifico e La rinuncia a un pensiero riflessivo si traduce in comportamenti meccanici e stereotipati. La scelta di essere riflessivi, di mettersi in ricerca è un impegno etico che definisce la professionalità educativa. Divenire riflessivi e pensanti non avviene automaticamente, si configura come una scelta, una conquista progressiva. La riflessività ha la finalità di fondare le proprie convinzioni per decidere consapevolmente che cosa fare, per acquisire una capacità autonoma e responsabile di farsi interprete della proposta educativa, di farsi carico dei traguardi sociali, di adattarsi al cambiamento e governarlo. Se la riflessività diviene ricerca di senso dell’esperienza che si sta facendo si configura come un principio di libertà, creatività. Quest’ultime permettono di cogliere l’ambiente Non solo come qualcosa che richiede adattamento adeguamento, ma come qualcosa che ha una configurazione personali e che può essere trasformata. Essere liberi significa riuscire ad affermare la propria differenza virgola in proprio modo personale di stare al mondo. Inoltre, significa essere soggetti etici e soggetti educanti che entrando in relazione con l'altro gli conferiscono questo potenziale creativo e di libertà. Il pensiero di riflessione come via di liberazione dalla cieca obbedienza a credenze non fondate viene a coincidere con l’idea di riflessione critica nell’accezione che assume nel corso del 900, come capacità di mettere in discussione i presupposti che vincolano il modo di interpretare e di strutturare il contesto. Quindi il pensiero riflessivo mi viene capacità di revisione di svelamento di forme ideologiche insite anche nelle pratiche educative, come messo in luce in modo sistematico da scuole di pensiero filosofico- sociologiche e psicologico, Dai movimenti delle scuole popolari, dalla letteratura di pedagogia critica. Il pensiero riflessivo si traduce non solo in una riflessione tecnica sull’efficacia e sull’efficienza dell’azione rispetto a dei fini, e in riflessione pratica che rivede gli obiettivi, le ipotesi e i risultati, ma si estende a considerare se l’attività professionale e la scuola nel suo complesso sia anche equa dentro una valutazione più ampia della sua azione sociale e diviene strumento di consapevolezza, di coscientizzazione per una trasformazione della scuola che è responsabilità individuale e comunitaria al contempo. Il pensiero critico riflessivo coincide con la capacità di comprendere in modo sempre più ampio già che si sta facendo. Pensiero riflessivo e ricerca costituiscono il fondamento etico della professionalità educativa. Il pensiero riflessivo acquisisce rilevanza quando si constata che a guidare l’azione educativa sono una pluralità di istanza interne al soggetto. Ognuno di noi entra nelle situazioni professionali ed educative con un corpo e una biografia famigliare, sociale e culturale, interiorizzati e incanti nella nostra soggettività, che filtrano, come le reti degli occhiali, il modo di percepire, di interpretare e di mettersi in relazione. Nelle pratiche didattica entrano in gioco saperi acquisiti lungo il corso di sviluppo storico-biografico che ha contraddistinto la formazione della nostra identità personale, sociale e culturale. La relazione educativa attivano apprendimenti e modalità relazionali che affondano le proprie radici nella storia familiare che rappresentano il sostrato profondo del nostro sistema comportamentale. Gli studi sull’attaccamento in età adulta mostrano che nelle relazioni primarie entrano in gioco modelli operativi interni. Il modello operativo interno è definito come un sistema di sentimenti, emozioni, ricordi, credenze,.. immagazzinate e associate a relazioni significative, il quale fornisce una mappa orientativa e indirizza le modalità di interazione, le interpretazioni delle relazioni e le aspettative. Esso rispecchia e delinea i diversi stili relazionali nell adulto. In particolare della relazione bambino-insegnante entrano in gioco anche le proprie esperienze di relazione con gli insegnanti. A questi modelli operativi interni si sovrappongono saperi codificati e plurimi e che connotano il percorso formativo personale di un individuo. Gauthier distingue le enciclopedie degli insegnanti a cui attingono nelle scelte pratiche:  sapere disciplinare: riguarda i contenuti, i criteri e le strategie di trasposizione didattica;  sapere curricolare: riguarda i contenuti disciplinari selezionati secondo i principi che il canone curricolare storico istituisce;  sapere delle scienze dell’educazione: riguardano teorie dello sviluppo dei bambini, riflessioni sulla scuola come istituzione, sulla professionalità degli insegnanti,…;  sapere della tradizione: il contesto scolastico è permeato di una tradizione pedagogica e didattica di lontana matrice. Il contesto è dunque imbevuto di una tradizione pedagogico scolastica implicita costituita dalla pedagogia popolari che riflettono una varietà di assunti sull’apprendimento, sull'educazione dei bambini e sui bambini. Questa idea hanno radici culturali profonde giuste e possono avere un impatto incisivo sul attività di insegnamento. A volte dello stesso soggetto che esistono teorie differenti incoerenti tra il dichiarato il agito.  sapere dell’esperienza: appartiene al singolo insegnante e riguarda eventi particolati, strategie, trucchi del mestiere, provati in prima persona. E’ un sapere di casi che se confermati generano delle modalità stabili di organizzare la propria attività e di affrontare le situazioni. Producono routine e degli habitus.  sapere d’azione pedagogica: ha origine da un lavoro di riflessività condivisa e sistematica, sulle pratiche per individuare le ragioni implicite, le interferenze di saperi che entrano in gioco nelle scelte operative, Verso pesarli valutarle, per confrontarle con la conoscenza scientifica e arrivare a definire un sapere che sia comunicabile, trasferibile accessibile a tutti. Riflessività significa costruire un governo interno fra questi saperi, conoscerli e sceglierli, per raggiungere gradi sempre più ponderati e integrati di un’intenzionalità educativa. Secondo Mezirow e la teoria dell’apprendimento trasformativo. L'ingresso nell'età adulta non comporta automaticamente la capacità di agire in modo razionale. Piuttosto e la propria capacità riflessiva che segna il passaggio effettivo in età adulta. Una pratica riflessiva e di ricerca come componente essenziale della professionalità degli insegnanti si lega anche all’idea di scuola e di insegnamento- apprendimento che riteniamo valida. Secondo Bruner le idee fondamentali su come avvenga l’apprendimento significativo sono: assumere controllo sulla propria attività mentale (agency); dare senso a quello che si impara, capirlo (riflessione); condividere le risorse (collaborazione) con i pari e l’adulto, perché la mente non è solo nella testa del singolo, ma è anche nella comunità; acquisire consapevolezza sul proprio modo di procedere (competenza metecognitiva). Queste connotazioni di apprendimento significativo portano a concepire l'attività didattica in classe come costruzione di un atteggiamento di costante ricerca. Il concetto di competenza definisce l’apprendimento come un processo multidimensionale: la capacità di far fronte a un compito riuscendo a mettere in modo le proprie risorse interne, cognitive, affettive e ad utilizzare quelle esterne. Paul concetto di competenza valorizza la centralità di un apprendimento profondo che consente al soggetto di avvalersi delle conoscenze in modo critico-riflessivo e strategico da applicare a situazioni nuove, imprevedibili. Una didattica orientata all’essere in ricerca, al fare ricerca e a connette la conoscenza al suo valore per la vita. Gli studi sui fattori che influenzano il miglioramento scolastico, in prospettiva sistemico-ecologica, distinguono tra:  fattori contestuali che si collocano a livello del macrosistema e definiscono il campo, il gioco di forze esterne e la cornice istituzionale che supporta. Vi possono essere: elementi di pressione esterna (vanno da fenomeni di cambiamento sociale, a politiche riguardanti sistemi di autonomia scolastica), risorse e forme di supporto fornito all’attuazione di processi di miglioramento (risorse economiche, tempi di lavoro favorevoli), quadri codificati di obiettivi educativi e di apprendimenti degli studenti che orientano l’attività degli insegnanti.  fattori interni: si collocano a livello dei sistemi locali, riguardanti la singola scuola e possono essere organizzati in tre categorie: 1)cultura del miglioramento nella scuola ossia l’insieme di convinzioni, valori norme che contraddistinguono la scuola e i docenti 2)processi di miglioramento cioè modalità di analisi dei problemi, la loro interpretazione nonché la progettazione de cambiamenti 3)esiti che si vogliono raggiungere con il miglioramento non solo in termini di conoscenze, ma di qualità complessiva della scuola. Queste 3 categorie sono interrelate e in rapporto di reciproca influenza: la cultura rappresenta il fondamento profondo su cui poggiano i processi, i processi possono modificare la cultura, così come la scelta di obiettivi-esiti trae origine da una specifica visione condivisa del miglioramento e il loro raggiungimento può avere delle importanti ricadute a livello di cultura e processi. Ad esempio in una scuola un’esperienza di progettazione, condivisa da un gruppo ristretto di insegnanti, di innovazioni didattiche che hanno successo (raggiungimento degli obiettivi) può generare una diffusione della convinzione che sia possibile operare un cambiamento della scuola, incoraggiare l’acquisizione di competenze nella ricerca e progettazione da parte di più soggetti e condurre a progettare nuovi traguardi, andando a incidere sulla cultura locale della ricerca e della progettazione (valori, convinzioni) sui processi (diffusione di competenze) e sulla definizione di traguardi e obiettivi. Investimento politico favore di una scuola della ricerca della riflessività è stato discontinuo nel nostro paese. La scuola italiana dalla fine degli anni 90 scelto un modello organizzativo di riconoscimento dell'autonomia scolastica locale. L'autonomia permette di dare forza e potere alle singole scuole per passare da una cultura esecutiva, burocratica ad una cultura della progettazione responsabilità educativa locale. L'autonomia organizzativa si accompagna l'autonomia didattica nella scelta dei materiali, delle metodologie dell’organizzazione dei tempi di apprendimento nel rispetto della libertà di insegnamento e delle esigenze di apprendimento degli studenti. Nonostante questa autonomia di cui godono le scuole è molto limitata infatti non c'è spazio per sperimentazione cambiamenti. Il fatto che i dirigenti abbiamo svolto per lo più funzioni burocratiche e gli insegnanti abbiano avuto pochi incentivi a seguire percorsi di sviluppo professionale, ad acquisire e svolgere ruoli di coordinamento organizzativo e didattico all’interno e ad acquisire competenze di valutazione e progettazione del miglioramento scolastico, ha contributo a non far decollare una cultura dell’autonomia vera e propria. La riforma della scuola del 2015 introdotto alcuni cambiamenti nell’assetto organizzativo: Il dirigente scolastico assunto nuovi compiti e funzioni, organizzazione del personale dei collaboratori, programmazione delle attività formative per gli insegnanti, gli insegnanti possono e devono assumere nuovi incarichi di coordinamento di attività progettuali locali in rete con altre scuole. Altra riforma importante da ricordare quella del Sistema Nazionale di valutazione che richiede alle scuole un processo continuo di autovalutazione e di progettazione del miglioramento Realizzato da un nucleo interno di valutazione (NIV) composta dal dirigente scolastico insegnanti della scuola , svolto sulla base di indicatori statistici forniti da Invalsi dal ministero dell'istruzione e sulla base di eventuali iniziative di indagini interne alla scuola. Le scuole devono in seguito progettare azioni di miglioramento. Tutto ciò richiede alla scuola di acquisire con padronanza competenze di ricerca. Riflessività e formazione alla ricerca nella professionalizzazione degli insegnanti riguardano anche la sfera politica. Insegnanti italiani vivono un diffuso malessere per via di politiche riformiste che poco organiche e/o poche condivise. Ciò indica che non sia possibile attuare riforme senza coinvolgere gli insegnanti in processi riflessivi, consultivi di ricerca e progettazione. Nella scuola si sovrappongono riforme spesso senza che agli insegnanti venga data occasione di appropriarsi e di conoscerne il significato, le implicazione e le conseguenze. Un esempio sono le prove Invalsi, inserite in un sistema di valutazione nazionale finalizzato al miglioramento della scuola e a un’attivazione degli insegnanti in percorsi di ricerca trasformativa, ma somministrato nelle scuole perlopiù come un adempimento burocratico e come uno strumento che non si integra nella scuola di tutti i giorni. Capitolo 2 Contesto e dimensioni di processo nella ricerca a scuola Quand’anche una scuola, un gruppo di insegnanti, si avvalgano di una consulenza esterna che guidi o faciliti l’attività di ricerca, il cambiamento avviene solo a partire dall’interno, dai soggetti che operano nel contesto, in termini di disponibilità, di motivazione, di fiducia e di conoscenza esperta del contesto stesso. Fare ricerca significa avviare un processo di cambiamento individuale, di gruppo e organizzativo, che non richiede solo scelte di metodo, ma di predisporre anche un terreno propizio al confronto fra più persone, quindi richiede competenze comunicative-relazionali, bussola. Ognuno interpreta le richieste e la situazione sulla base delle sue esperienze pregresse. 2. storming (tempesta): i partecipanti testano la capacità e l’autorità del leader, si creano sottogruppi, possono esserci ostilità tra i membri, vengono messe in discussione le decisioni del leader. non a caso questa fase è detta storming e molti gruppi fanno fatica a superarla. 3. norming (periodo normativo) il ritorno a un clima sereno avviene grazie all’elaborazione di regole, ruoli e obiettivi, si diffonde un sentimento di fiducia e collaborazione, la coesione del gruppo aumenta e il lavoro del team è teso al perseguimento di finalità comuni. 4. performing (periodo della prestazione): il gruppo si concentra sulla soluzione dei problemi e sulle attività per cui si è formato. 5. adjourning (periodo di sospensione) caratterizzato da disimpegno, soprattutto emotivo, funzionale allo scioglimento del gruppo. Si elaborano le attività compiute, si prende coscienza del lavoro fatto fino a quel momento e vengono ipotizzate nuove mete con un rinnovato spirito partecipativo. I gruppi efficaci hanno le seguenti peculiarità:  la leadership è distribuita (tutti sono coinvolti nelle decisioni);  la responsabilità sulla riuscita del compito è percepita al contempo come individuale e collettiva  lo scopo/missione è delineato con chiarezza  il problem solving è assunto come forma mentis e non come attività parziale  l’efficacia viene misurata sui risultati e i prodotti collettivi del gruppo. In particolare, i gruppi di lavoro che funzionano bene possiede una capacità comunicativa sviluppata. in questi gruppi ruoli e compiti sono chiaramente definiti. Gli e lo spazio per il confronto e periodicamente viene fatto un lavoro di autovalutazione della qualità del funzionamento del team. Per costruire un buon gruppo di lavoro si possono distinguere due livelli:  strutturale: interventi mirati all’organizzazione e ai ruoli che caratterizzano ogni team.  di processo: riguarda i processi decisionali, di analisi e di problem solving. Quando si inizia un’attività di ricerca è necessario chiarire ed esplicitare i significati, i valori e le credenze di alcuni dimensioni importanti per la ricerca, in modo da verbalizzare tutto ciò che c’è di implicito. “Cosa significa per ogni membro fare ricerca?” “Cosa significa analizzare i problemi?” “E cosa significa condividere?” E’ importante ritagliare momenti in premessa e in itinere per trovare dei punti di riferimento comuni che fungano da pilastri portanti per la costruzione di una cultura di gruppo. Corso spazio di condivisione permette di creare significati comuni. Inoltre, il gruppo poi deve condividere che significato assume il tema/problema specifico su cui intende lavorare. Il processo di costruzione del gruppo implica la sua strutturazione in ruoli, responsabilità e mansioni, i quali, a loro volta, permettono ai membri una visione ordinata e prevedibile della vita in un gruppo di lavoro. Si possono definire i ruoli come una serie di comportamenti che la gente si aspetta da chi occupa una determinata posizione, e possono essere orientati al compito (chi fa cosa) od orientati al mantenimento della coesione e della comunicazione intersoggettiva funzionale allo svolgimento delle attività. Le mansioni che vengono assegnate ad ogni membro possono essere definite a priori da una persona che supporta il gruppo o definite su base volontaria. All’interno di un gruppo possono emergere dei conflitti su tipologie diverse di problemi:  ambiguità di ruolo: il compito non è stato assegnato con chiarezza  conflitto di ruolo: ci si sente investiti da aspettative diverse dal proprio ruolo  sovraccarico di ruolo: l’individuo non riesce a sostenere il carico di lavoro assegnatogli. Durante il processo di esecuzione delle attività e quindi mentre i membri svolgono le proprie mansioni è utile l’integrazione di alcune attività di revisione, quali: il monitoraggio (osservare e raccogliere informazioni); la valutazione o la riflessione a posteriori. Una volta che sono stati chiariti i compiti di ogni membro e che i ruoli sono definiti, il gruppo inizia a sviluppare dinamiche processuali e relazionali che implicano l’appropriazione di norme. Essa può essere spontanea la quale consente di elaborare assunti comuni e norme di condotta, oppure sostenuta dalla presenza di un responsabile che aiuti il gruppo a divenire coscienti delle norme. La cultura scolastica della struttura in cui si opera influenza fortemente l’intervento di ricerca che si intende fare. Ogni insegnante possiede un implicito riguardo modelli e teorie didattico pedagogiche. Quest'ultima influenza fortemente i propri comportamenti con i colleghi andando ad incidere anche sulle relazioni interpersonali. Per avviare gli insegnanti alla pratica riflessiva è necessario formare al monitoraggio di comportamenti e meccanismi cognitivo-emozionali. L’avvio di un clima sereno di confronto, in grado di superare il pensiero automatico e di costruire un contesto nel quale i partecipanti si ascoltino, non si fraintendano o s’interrompano a vicenda, è un percorso ad ostacoli che si scontra a volte con la sensazione d’improduttività e di dispersione di tempo. E’ utile anche l’intervento di mediatori che coordinino il gruppo. Il coordinatore ha la funzione di:  scaffolding;  mediazione nell’organizzazione degli incontri  gestione della comunicazione  promozione e facilitazione dello scambio di opinioni e del dissenso civile  monitoraggio del livello di utilità della discussione  richiesta di affiancare alle argomentazioni esempi di vita quotidiana  raccolta e analisi di materiali raccolti durante le discussioni. Esistono diversi metodi di monitoraggio dei dati narrativi raccolti, uno di quelli è di dividere in 4 categorie: 1. fattuali: descrizione di eventi 2. valutativi: il parlante esprime un giudizio sull’esperienza 3. giustificativi: esprimono le ragioni di un’azione 4. critici: le azioni e le scelte del protagonista vengono messe in discussione L'argomento della dimensione relazionale è molto vasto. Essa una componente strutturale ed essenziale dell'esperienza che ciascun soggetto fa all'interno dei contesti di vita e la comunicazione è il mezzo attraverso il quale si intestano i nostri rapporti. Ci sono diverse teorie riguardanti questo argomento in particolar modo le teorie rogersiane inerenti la consapevolezza di sè e gli atteggiamenti interni adeguati un clima comunicativo accogliente e poi le teorie pragmatiche della comunicazione Teorie rogersiane inerenti:  La consapevolezza di sè: Schein afferma che per comprendere a fondo le relazioni occorre comprendere cosa accade nella nostra mente. Essere consapevoli degli atteggiamenti automatici del pensiero, delle stereotipie esistenti nella propria mente e in quella altrui, aiuta a considerare le relazioni, alla luce di indizi percepibili con l’osservazione e l’introspezione. Per potercapire.se stessi le relazioni con gli altri e utile un esercizio sistematico di osservazione riflessione individuazione, gestione delle proprie inclinazioni, dei propri vissuti emotivi e comportamenti. Questo spirito d'investigazioneverso.se stessi e alla base della ricerca della consapevolezza di sé e aiuta ogni persona strutturare un percorso di analisi dei propri comportamenti e relazioni.  Gli atteggiamenti interni: è fondamentale creare un clima comunicativo facilitante che permetta ai soggetti di aprirsi fiduciosamente senza sentirsi giudicati. Rogers, introduce il concetto di ascolto attivo, qualità essenziale di un clima comunicativo accogliere. L’ascolto attivo è caratterizzato da un genuino interesse all’altro e da empatia, intesa come capacità di entrare nel sistema di riferimento dell’altro, comprendere i significati espressi dall’altra persona senza distorcerli sovrapponendo il proprio schema di riferimento. A questi atteggiamenti si correlano la congruenza della propria personalità, intesa come capacità di esperienze ciò che si sente e si pensa veramente. In questi atteggiamenti si correranno la congruenza della propria personalità, capacità di esprimere ciò che si sente si pensa veramente, e la disposizione alla non valutati vita e all’accettazione positiva incondizionata dell'altro. L'atmosfera non valutative distesa consente una maggiore apertura verso colleghi. La collaborazione e il confronto costruttivo sono facilitati dalla condivisione di pensieri e situazioni personali. Il ritenere che gli errori siano occasioni per poter inventare strategie aiutano la costruzione di legami interindividuali.  La comunicazione come relazione: la comunicazione non è costituita solamente da una dimensione sintattica e semantica, è comportamento, interazione all’interno di un contesto. Gli atti comunicativi sono comportamenti di interazione che avvengono collocati in situazioni contestuali che contribuiscono a costruire le relazioni. Teorie sistemico-pragmatiche: La teoria sistemica fu formulata da Von Bertalanffy che definì il sistema come un insieme di soggetti , oggetti e di relazioni tra i soggetti o gli oggetti e tra i loro attributi. Tale definizione sottolinea non solo l'idea di insieme, ma anche l'importanza delle relazioni che gli elementi appartenenti all’insieme intraprendono. La scuola di Palo Alto considera gli atti comunicativi come contesti. Il loro approccio allo studio della comunicazione, è definito pragmatico, in quanto considera ogni atto comunicativo come un comportamento che influenza il comportamento dell’altro in una concatenazione di azioni e retroazioni e in una circolarità d’influenze. Centrale è il concetto di circolarità della comunicazione che richiama all’impossibilità di segmentare la situazione comunicativa e di risalire ad un inizio. Attraverso l’osservazione e l’analisi empirica, gli studiosi hanno individuato alcune regolarità e ridondanze che vengono considerati assiomi-regole della comunicazione. Essi definiscono degli elementi significativi rispetto ai quali regolare il proprio comportamento per facilitare l'interazione con gli altri.  Primo assioma: non si può non comunicare Qualsiasi interazione umana è una forma di comunicazione: le parole, il silenzio, i gesti, gli sguardi hanno tutti valore di messaggio, in quando influenzano la risposta degli altri. L'errore comunicative quello di lueders di potersi sottrarre a una qualche forma di comunicazione e di non controllare piu in modo intenzionale inevitabile catena di azioni comunicative.  Secondo assioma: ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto (trasmette i dati della comunicazione) e un aspetto di relazione (trasmette il modo con cui si deve intendere tale comunicazione). Infatti, quando intraprendiamo un’interazione con un'altra persona trasmettiamo un contenuto verbale che a che fare con le parole presenti nell’enunciato. Ogni atto comunicativo però e caratterizzato anche dal linguaggio non verbale il quale è fortemente radicato nelle mozioni. I due livelli si integrano a vicenda e abbiamo bisogno di poter ascoltare osservare entrambi per interpretare decodificare il messaggio di contenuto e di relazione che riceviamo. Ad esempio l'ironia il sarcasmo hanno una forte componente extra testuale relazionali che è difficile da rendere attraverso la produzione scritta. Vi sono alcuni casi in cui il contenuto del messaggio e la parallela comunicazione a livello relazione si negano a vicenda creando un cortocircuito nell’interlocutore. Queste comunicazioni vengono chiamate del doppio legame, ovvero caratterizzate da informazioni duplici contradittorie (ad esempio capita di rappresentarsi come una persona aperta al punto di vista dell’altro, ma in realtà si assumono atteggiamenti comunicativi paradossali). Nella vita quotidiana capita molto spesso di esprimersi con comunicazioni paradossali. Gli errori nella comunicazione possono essere prodotti da entrambi gli individui. Esistono diversi tipi di  Comte: il positivismo afferma che la scienza è applicata tutti gli ambiti della vita anche a quelli sociali. Il positivismo così inteso può essere definito un romanticismo scientifico (Abbagnano).  All'interno delle scienze fisiche matematiche sono messi in discussione i nuclei fondanti del pensiero positivistico e sono posti dei limiti critici alle possibilità conoscitive della scienza. Le teorie scientifiche del 900 (elettromagnetismo, relatività, fisica quantistica) introducono idee innovative nel cuore delle scienze hard (fisica e matematica): 1. fenomeni fisici che assumono diversi stati e imprevedibili (causalità e mondo fisico puramente meccanico) 2. Lo stato in cui sono stati individuati i fenomeni dipende dalle procedure conoscitive attuate e dalle premesse epistemologiche (Si mette in crisi l'idea di un sapere scientifico e di una soggettività capace di conoscere il mondo in modo oggettivo ). 3. La realtà non è semplicemente fatta di parti discrete, distinguibili e aggregati, ma una rete complessa di connessioni, sistemi e campi di energia, forze e relazioni. A partire da queste idee si realizza il paradigma scientifico cioè si procede da una razionalità di tipo moderno ad una post moderna o ecologica. Secondo Khun, Un paradigma scientifico oggi è una cornice interpretativa per cui dati alcuni assunti, una comunità scientifica guarda la realtà, ne dà spiegazioni dei fenomeni e costruisce un sapere scientifico non definitivo ma valido fino che non viene messo in discussione da un nuovo nucleo di assunzioni. Le assunzioni riguardano la natura delle cose, l'ontologia; La natura della conoscenza, gnoseologia; La natura della scienza, l'epistemologia Vi sono diversi modi di intendere il mondo e la realtà:  il mondo come macchina, come grande orologio, governata da leggi matematiche e costituita da parte di materia in rapporto causa-effetto fra loro. La realtà è intesa come una conoscenza della somma delle parti di cui é composta. Questa logica analitica è considerata oggi, parziale e limitata.  modello organismico: visione del mondo come organismo vivente. Questa metafora esprime la centralità della connessione e dell’insieme delle parti, in quanto ogni realtà è costituita da parti in relazione fra loro che definiscono le caratteristiche essenziali del suo funzionamento (concetti fondamentali: relazione e struttura connettiva). Critica: linearità che riguarda le traiettorie di sviluppo lineare, stadiali come la teoria dello sviluppo cognitivo di Piaget o la teoria dello sviluppo sessuale di Freud  modello sistemico e contestuali distico (caratterizzato dalle teorie sistemiche, dall’ecologia dello sviluppo, dall’epistemologia della complessità), secondo cui l’interazione reciproca e continua fra i livelli di organizzazione della realtà genera il cambiamento seguendo una direzione di sviluppo probabilistica. Aprendo definitivamente un varco di uscita da un idea deterministica meccanicistica della realtà appunto i sistemi hanno capacità autopoietiche e auto costruttive cioè vivono processi di creazione, trasformazione e distruzione delle proprie componenti che interagendo tra loro sostengono e rigenerano in continuazione lo stesso sistema.  teorie biologiche di Sheldrake, in cui ogni individuo attinge alla memoria collettiva della specie depositata in memorie-campo, che consente di sintonizzarsi con i membri passati della specie e contribuirne lo sviluppo.  teoria generale dei sistemi, lo sviluppo del bambino è collocato dentro sistemi-contesti di crescita: adattamenti e competenze che si acquisiscono vengono distribuiti e di incorporati nei sistemi di vita e di crescita. Vygotskij aveva già parlato di ciò nella teoria della zona di sviluppo prossimale. Osservando la variazione delle competenze in presenza o assenza di un adulto che sostiene il processo; Bruner utilizza la teoria dello scaffolding (impalcatura) per descrivere un accompagnamento esterno nel processo di apprendimento sulle esigenze. Lo sviluppo infantile è visto per natura dinamico e multi-componenziale e i cambiamenti desiderati accadono in modo probabilistico incerto perché dipendono dalle influenze multiple. Il cambiamento è un sistema intrecciato di sviluppo motorio, cognitivo emotivo e sociale, dimensioni osservate in modo coordinato e non isolato(Ad esempio emozioni di rabbia e aggressività possono essere legate a fatiche nello sviluppo linguistico e alle reazioni che queste scatenano nel contesto sociale tra i pari) Questa teoria è utile per la lettura dei contesti educativi se visti come sistemi. Un sistema è in equilibrio quando gode di una buona compensazione tra il principio di differenziazione (cioè la distinzione tra le unità che lo compongono) e il principio di integrazione che garantisce che le parti con diversi ruoli e funzioni siano integrate, correlate organizzate. Scuola: un sistema in disequilibrio è quando per esempio gli insegnanti non comunicano; quando numerosi progetti didattici non sono conosciuti da tutti gli insegnanti; quando le parti sono isolate tra loro. La scuola appare un sistema poco integrato e eccessivamente uniforme e cristallizzato. Di vengono cruciali indicatori di valutazione dell' adeguatezza dei contesti di sviluppo e crescita, la loro flessibilità di adattamento a situazioni individuali specifiche e le funzioni di feedback.  teoria ecologica dello sviluppo di Brofenbrenner, sostiene che lo sviluppo è un processo dinamico ed interattivo che coinvolge tutti i livelli dei sistemi di una società(nicchia evolutiva): 1. Microsistema = a livello prossimale nelle relazioni diadiche e gruppali vissute direttamente dal bambino (scuola-famiglia- gruppo sportivo); 2. Mesosistema = a livello intermedio nelle relazioni fra i contesti abitati (relazioni scuola e famiglia, relazione con il gruppo classe o di amici) 3. Esosistema= nelle influenze indirette di contesti non frequentati dai bambini, ma da figure collegate (lavoro genitori, i compagni del fratello, etc) 4. Macrosistema =a livello distale le idee, il sistema culturale e i valori della società (credenze diffuse sui tempi di sviluppo, di apprendimento). L'individuo vive un processo di interazione reciproca secondo la legge per cui.se il tutto influenza le parti, le parti influenzano il tutto e soggetto è un'entità dinamica e attivo che reagisce alle pressioni ambientali, capace di modificare e ristrutturare il proprio spazio di vita. La prospettiva sistemica ecologica invita a non attribuire un'eccessiva responsabilità alle caratteristiche individuali, essenzializzando ciò che invece è frutto di un processo ed è distribuito nel contesto. Esempio questo alunno è nato svogliato oppure è la famiglia che non funziona. Il passaggio da visione meccanicistica ad una sistemico-ecologica porta in primo piano la natura complessa, multipla e poco prevedibile dei fenomeni anche quelli umani sociali Nel Novecento, la relazione conoscitiva del soggetto col mondo esterno non si fonda più sulla fiducia ingenua e romantica di poter conoscere il mondo in modo certo e isomorfico. Il significato delle cose non appare in evidenza, ma è dato dall'interpretazione e il rapporto conoscitivo si caratterizza come problematico, processuale e progressivo. il soggetto cerca la conoscenza di sè stesso e del mondo nella storicità mediante l’attraversamento delle rappresentazioni e dei segni in cui soggetto si oggettiva, ovvero nel linguaggio e nelle narrazioni. Già Tommaso d’Aquino aveva definito tre via di intendere il rapporto tra soggetto e oggetto nella conoscenza del mondo:  adeguamento dall’intelletto alla cosa: tipica del positivismo  adeguamento della cosa all’intelletto  adeguamento dell’intelletto e della cosa Le posizioni gnoseologico e del novecento guardano esclusivamente alle seconde due, nelle quali il soggetto ha un ruolo attivo imprescindibile la cui conoscenza del reale non è mai rispecchiamento della realtà ma è interpretazione e costruzione. La filosofia fenomenologica di Husserl è la prima che nel corso del novecento approfondisce il tema della soggettività che invita a un mutamento radicale di atteggiamento nella conoscenza: da un’osservazione focalizzata sugli oggetti reali, a una osservazione focalizzata sulla realtà come appare alla coscienza, sul mondo vissuto del soggetto. A partire dagli anni 80 la fenomenologia ha aperto riflessioni molto feconde inserite nel campo delle scienze umane:  conferimento radicale alla centralità dell'esperienza del soggetto nella conoscenza dei fenomeni, alla coscienza e alla percezione delle cose dal punto di vista soggettivo;  ha proposto un'idea di soggetto conoscente che per osservare fenomeni deve riflettere su di sé, decostruire e divenire cosciente delle strutture conoscitive che lo abitano. Questi contributi sono stati rivisitati alla luce di nuovi studi:  il pensiero filosofico esistenzialista ed ermeneutico definiscono il processo di comprensione e significazione dei fenomeni come un processo interpretativo senza fine. Il circolo ermeneutico di comprensione e appropriazione del testo-mondo avviene attraverso le precomprensioni gli schemi di senso che è soggetto possiede e che definiscono il suo punto di partenza, di osservazione. Le precomprensioni non sono un ostacolo ma sono una possibilità di accesso al significato dell'oggetto. Il soggetto è costruttore di senso.  interazionismo simbolico: scuola di Chicago. In ambito sociologico e psicologico- sociale il riferimento è l'internazionalismo simbolico della scuola di Chicago: il comportamento non è derivante da strutture psicologiche interne( psicoanalisi) o da strutture sociali (soc. marxista) ma l'individuo è costruttore di significati grazie all'interazione con il mondo con gli altri, capace di Influenzare il contesto e non solo di essere influenzato.  I presupposti dell'internazionalismo simbolico negli anni ‘60 sono ripresi dalla corrente etnometodologica che studia i metodi e le pratiche con cui una comunità costruisce significati della vita sociale ( ruoli identità identità di genere…) e si organizza. La costruzione dei significati si rende leggibile attraverso un lavoro interpretativo sulle azioni linguistiche che possono essere lette per ciò che direttamente esprimono, ma soprattutto per ciò che sottintendono implicitamente e che possono essere comprese solo all'interno del contesto in cui accadono. Nella ricerca educativa Queste correnti micro sociologi che hanno avuto applicazioni interessanti portando l'attività di ricerca all'interno dei contesti educativi e scolastici, osservando le pratiche educative e ricostruendo nel significato a partire da quello che i soggetti vi attribuiscono, dal vissuto che hanno docenti e studenti rispetto a ciò che accade e non come semplice conseguenza delle forze strutturali che agiscono nel contesto sociale. Si parla di contratto didattico.  cognitivismo: in ambito psicologico, il cognitivismo inizia a farsi strada nell'indagine sui processi mentali riguardanti la conoscenza a partire dagli anni ‘50-‘60. Piaget parla di conoscenza procedurale: la mente non lavora sulla realtà insieme per costruire sapere sull'interazione con l'ambiente ed elabora descrizione della realtà non fedeli.  la definizione di Piaget viene ripresa dal costruttivismo: Sapere qualcosa che non è ricevuto in modo passivo del soggetto, ma si costruisce nella relazione tra il soggetto della realtà. La realtà è creata dal fare esperienza di essa. Il linguaggio è la mediazione necessaria tra il soggetto della realtà. L'analisi delle pratiche discorsive dei linguaggi ha assunto rilevanza inedita nelle scienze: Il linguaggio è guardato come una azione che trasforma e costruisce  Le filosofie e gli approcci di ricerca qualitativa (Ermeneutica-fenomenologica, narrativa, dell'interazionismo simbolico…) sono orientate a capire le situazioni nella loro unicità, in relazione al contesto in cui avvengono, a raggiungere una comprensione del punto di vista dei partecipanti al contesto, a osservare e conoscere come si agisce in un certo contesto e quali significati le persone attribuiscono alla loro esperienza. 4. Parcellizzazione contro contestualizzazione  Il metodo quantitativo e sperimentale deve operare delle semplificazioni della realtà individuando le componenti discrete di essa e indagando le relazioni tra esse. Per esempio se si vuole studiare in modo sperimentale l'efficacia di un metodo didattico, bisogna disporre di una definizione molto chiara di quali siano le singole unità osservabili che compongono il metodo didattico e di quali unità rendono osservabile la sua efficacia.  Nello studio dei fenomeni educativi l’operazione quantitativa ha generato molti dubbi su come sia possibile procedere all’individuazione dei dati di partenza, delle unità di analisi di un esperimento e su quale significato mantengano parcellizzazioni e schematizzazioni estratte e ridefinite al di fuori del contesto che le costituisce. Secondo il concetto ermeneutico la conoscenza non è decontestualizzata, ma è legata al soggetto che conosce e al contesto in cui il fenomeno è inserito; l'interpretazione avviene attraverso un continuo rimando tra tutte le sue parti 5. Quantità misurabile contro qualità descrittiva  La necessità di una traduzione numerica dei risultati richiede una riduzione drastica delle variabili considerabili con il rischio di una scarsa significatività.  Nucleo centrale dell'approccio qualitativo è che l'essere umano vive dentro un mondo di significati la cui comprensione richiede la messa in atto di processi di interpretazione e di descrizione progressiva dei fenomeni, avvalendosi di un tempo prolungato di osservazione. 6. Oggettivo e neutrale contro intersoggettivo e in dialogo  La neutralità positivistica è stata messa in discussione. La ricerca quantitativa- sperimentale è legata a un'idea regolativa di oggettività dei risultati di ricerca.  La ricerca qualitativa utilizza tecniche di triangolazione nella raccolta dei dati e nell'interpretazione che fanno leva sulla pluralità di prospettive dei soggetti in ricerca e sul raggiungimento di un accordo intersoggettivo. Il confronto è il dialogo tra prospettiva interna dei soggetti che vivono e agiscono quotidianamente nel contesto e prospettiva esterna di coloro che entrano da fuori e lo servono esternamente sono nucleo essenziale di un'idea di cogenerazione della conoscenza. Viene riconosciuto il valore euristico del dialogo tra prospettive dentro e fuori il contesto. 7. Osservazione controllata contro osservazione in contesto naturale  Il metodo sperimentale verifica l'ipotesi in condizioni di controllo di tutte le variabili per poter con certezza individuare nessi causali correlazioni.  Per molti anni il mito del laboratorio ha dominato la scena nel campo delle scienze umane. Tuttavia, ha riscontrato limiti: o sul piano metodologico o etico o conoscitivo La ricerca qualitativa si caratterizza per un approccio naturalistico nell'osservazione e ascolto dei fenomeni: la ricerca si svolge dentro i luoghi dove avviene il fenomeno, senza che il contesto sia alterato. Qualità e quantità: Sguardi diversi I due grandi paradigmi di ricerca, quantitativo e qualitativo, si caratterizzano sinteticamente: quantitativo Qualitativo Sapere Nomotetico: lo studio quantitativo e sperimentale di fenomeni è finalizzato alla definizione di leggi e di conoscenze che siano generalizzabili Idiografico: lo studio qualitativo dei fenomeni studia in profondità soggetti o fenomeni singoli Conoscenza come Spiegazione: lo studio quantitativo e sperimentale individua le condizioni che determinano i fenomeni Costruzione e interpretazione: studia attraverso un approfondimento descrittivo, un’osservazione prolungata e un’interpretazione ricorsiva. Analisi/ sguardo Analisi atomistica: le condizioni individuate devono consentire di preveder i fenomeni, scomposti in componenti elementari sguardo olistico: uno sguardo sistemico Il concentrato sulle caratteristiche di un fenomeno- evento come unità non riducibile alle sue componenti Logica Causale-predittiva: descrizione di nessi di causa effetto Finalistica: comprensione delle strutture di senso che soggetti intrecciano. Campioni Estesi: Le indagini descrittive devono individuare caratteristiche comuni a una popolazione , la cui scelta è affidata al caso: selezione casuale ristretti: l’indagine si svolge in profondità e valorizza uh la singolarità irriducibile di individui le situazioni coinvolgendo un numero non ampio di soggetti scelti per la specifica prospettiva e contributo che possono offrire: campioni scelti, informatori chiave. Ogg/ sogg Oggettività e neutralità del ricercatore Soggettività del ricercatore e ricostruzione polifonica del significato Validazione Matematica-statistica Validazione riflessiva e pragmatica Osservazione Sperimentale : esperimenti e situazioni controllate Naturalistica e clinica/semi-speriementale Triangolazione  Degli strumenti di rilevazione: osservazioni, interviste, focus group  Dei ricercatori  Delle teorie di riferimento La scelta di un paradigma circoscrive le scelte che fai il ricercatore, lo scopo della ricerca, la definizione dell’oggetto, il tipo di domande che guidano il processo di ricerca e gli strumenti utilizzati nella raccolta e nell’analisi dei dati. Le diverse prospettive conoscitive non corrispondono necessariamente ad una contrapposizione né è obbligata una scelta esclusiva. Negli ultimi anni sono stati raggiunti a livello epistemologico e metodologico alcuni assunti comuni. Un primo assunto riguarda la conoscenza scientifica, un processo progressivo di interpretazione e rappresentazione delle cose che avviene attraverso pluralità di accessi e prospettive, senza potersi mai dire esaurito.  Le scienze nomotetiche(la matematica…, quindi la ricerca quantitativa) hanno preso consapevolezza che NON ESISTE UNA VERITÀ OGGETTIVA e di dover definire Attraverso quale modello di semplificazione della realtà si sta operando, per raggiungere conoscenze parziali e temporanee.  In ambito qualitativo si è consapevoli che ogni descrizione, anche la più ricca e diffusa, rappresenta una costruzione modellizzazione della realtà circoscritta a singoli casi. Nell'interazione con l'ambiente costruiamo e utilizziamo dei modelli mentali che non sono copie della realtà ma una sua rappresentazione. NESSUN MODELLO HA UNA VALIDITÀ ASSOLUTA. I modelli possono essere: o iconici: un modello concreto in miniatura- es plastico architetto o analogici: un modello che utilizza una relazione una logica di funzionamento fra oggetto e rappresentazione – es circolazione del sangue è un sistema idraulico o simbolici: rappresentazioni mentali, descrizioni verbali o scritte e rappresentazioni logico matematiche Queste diverse rappresentazioni hanno gradi di precisione, capacità descrittive differenti. Ogni forma di ricerca è influenzata in modo significativo dal quadro teorico, modello virgola di riferimento del ricercatore, un soggetto attivo nella costruzione della conoscenza. Su entrambi i versanti della ricerca si riconosce che un sapere valido e attendibile può essere ottenuto solo attraverso forme di triangolazione. Guba e Lincon individuano: Criteri ricerca quantitativa Criteri ricerca qualitativa  Validità: correttezza del metodo applicato  Generali abilità cioè teorie che abbiano una capacità di spiegazione estesa tutti i contesti analoghi  Esattezza cioè capacità di spiegare con precisione realistica il fenomeno indagato  Oggettività cioè neutralizza lunedì alle influenze della soggettività del ricercatore  Credibilità: assume significatività anche rispetto alla condivisione dei risultati con i partecipanti  trasferibilità degli esiti: la conoscenza di un contesto può dare chiavi di lettura per altri  affidabilità delle sue conclusioni che offre alla comprensione dei fenomeni  Confermati vita del sapere prodotto che risiede nell accuratezza del confronto intersoggettivo oggi in ambito quantitativo il riferimento alle definizioni di leggi è inteso in un' accezione debole rispetto alla tradizione positivista, come definizione temporanea di leggi e connessioni e in ambito educativo buone ricerche mai esaustive. La ricerca quantitativa in ambito educativo può contribuire a individuare fattori e configurazioni di fattori salienti che con buona Nel caso della ricerca qualitativa situazioni e casi possono avere valore paradigmatico e a partire da essi è possibile giungere a delle teorie formalizzate che eccedono il singolo caso con una valenza che va al di là di esso, ma per essere utili non possono mai venire espressa in forme astratte e semplificate, devono mantenere una relazione con la specificità dei casi che raccontano , che ricostruiscono, che o osservazione continuata sul campo o Triangolazione dei dati raccolti delle tecniche delle fonti o Riscontro raccolto dai soggetti partecipanti o Le osservazioni di un amico critico esperto per individuare distorsioni.  Nel processo finale d'analisi dei dati il coinvolgimento dei partecipanti è un processo volto alla costruzione della conoscenza.  il ricercatore si immerge Il più possibile nella ricerca, cerca di acquisire in modo profondo e articolato il sistema di riferimento dei soggetti studiati virgola di limitare il più possibile un' alterazione del corso quotidiane naturale degli eventi .  Scelta dei soggetti partecipanti: non è numerosa, né casuale, ma i soggetti detti informatori chiave vengono individuati in premessa o in corso d’opera. Sono considerati come attori sociali di cui comprendere e interpretare il punto di vista.  Il disegno di ricerca è flessibile e poco strutturato, aperto, pronto a raccogliere imprevisto.  Come per le quantitative, le indagini qualitative possono prevedere uno studio- pilota che permette di prendere decisioni rispetto ai dati, alle persone, ai gruppi, ai luoghi di osservazione e sui metodi di indagine adeguati; consente di prevedere gli aspetti relativi al fenomeno indagato.  Caratteristica della ricerca qualitativa, proibita nella ricerca quantitativa: la costruzione euristica del disegno di ricerca sulla base di azione continua di analisi dei dati raccolti e di adattamento dell'indagine. Il lavoro di ricerca si comporrà in modo circolare di: 1. Individuazione tema problema, osservazione sul campo o viceversa 2. Auto riflessione conoscenze pregresse 3. definizione prime domande e strumenti 4. Individuazione di informatori significativi 5. Analisi dei primi dati 6. Sviluppo di una prima teoria dai dati, eventuale ridefinizione delle domande, degli strumenti per consentire un'evoluzione continua del disegno epistemico. Disegni di ricerca misti(MIXED METHODS) Ci sono casi di confine: allora, uso sinergico di metodi quantitativi e qualitativi in uno stesso disegno di ricerca per studiare l'oggetto da più punti di vista che possono :  confermarsi e aumentare la validità dei risultati (esempio: Pensiamo ad un esperimento cui si viene chiamati a sottoporsi svolto in un laboratorio dell'università al seguito del quale viene condotto un focus Group finalizzata ad approfondire i motivi che hanno condotto i partecipanti a produrre determinati comportamenti. L'esperimento in laboratorio costellato di variabili e accompagnato da un’indagine sulle motivazioni sottostanti le risposte comportamentali e quindi può essere considerato un multi metodo)  divenire fonte di dubbio e ampliamento nella lettura di un fenomeno (esempio: I dati quantitativi che risultano da un test standardizzato sottoposto alle insegnanti di una scuola primaria ci dicono che la percentuale di insegnanti soddisfatti del proprio lavoro è superiore al 70% ma nei colloqui centrati sul intervistato emergono vissuti molto più complessi e sfaccettati che non confermano il dato appunto è opportuno approfondire i motivi di tale incongruenza). Esistono diverse tipologie secondo Clark e Creswell; la distinzione è data dal modo in cui i due paradigmi tradizionali vengono combinati: 1. disegni convergenti paralleli: raccolta dati contemporanea sia sul piano quantitativo che qualitativo. Analisi dei dati: sviluppata secondo le procedure le strategie del proprio orientamento (I dati quantitativi: elaborazione statistica; i dati qualitativi potrebbero essere studiati ad esempio attraverso l'analisi dei contenuti di un'intervista). Conclusione: integrazione e convergenza dei due piani paralleli di indagine. I limiti riguardano il livello di conoscenze abilità del ricercatore nell'uso simultaneo di entrambi metodi, La definizione del campione e della numerosità, interpretazione congiunta di due serie di dati paralleli che possono risultare dissonanti. 2. Disegni sequenziali esplicativi: raccolta dati in due momenti divers prima con uno studioi i quantitativo per individuare un campione, caratteristiche e criteri utili. I risultati della prima fase vengono utilizzati nella ricerca qualitativa che approfondisce la quantitativa (permette di chiarire i dati numerici). Limiti:  Ci sono ancora sguardi scettici che guardano a questo metodo come a due studi distinti che si susseguono: uno quantitativo e uno qualitativo  Sono richieste risorse di tempo abbondanti e non tutti soggetti possono essere disponibili per uno studio successivo  altro aspetto problematico riguarda la previsione delle strategie che verranno utilizzate per selezionare i partecipanti alla seconda fase 3. Disegno sequenziale esplorativo: costituito da due fasi consecutive: prima la fase qualitativa (campione ristretto) che ha rilevanza maggiore in quanto esplorativa, per l'individuazione di fattori allo scopo di trattarli in seguito con strategie- statistiche (campione di ampie dimensioni). Questo metodo è utile per la costruzione di strumenti di rilevazione. Questo metodo è indicato da ricercatori con un approccio qualitativo oltre che in casi in cui le variabili centrali non siano ancora state indagate a sufficienza oh non siano misurabili. Viene utilizzato anche per comprendere.se determinate tematiche possono essere generalizzate ad una popolazione di grandi dimensioni. 3. Disegni integrati: I due orientamenti in questo caso interagiscono fin dalla fase di definizione del disegno di ricerca combinando i due approcci a seconda dello scopo che ci si prefigge. In base alla scelta stabiliscono i ricercatori, quando introdurre metodi tipici dell’approccio contrapposto. I dati vengono raccolti nella fase preliminare. È necessario un livello esperienza sufficiente in entrambi gli approcci. Metodo, creatività e intuito Adottare un metodo di ricerca e utilizzare i dati di ricerca si colloca all'interno di un processo riflessivo e creativo che coniuga scienza e arte, metodo e capacità immaginativa. La complessità in campo educativo richiede di procedere provando soluzioni diverse ai problemi chi si riscontrano, considerando diversi e possibili scenari e ricercando soluzioni creative. La ricerca educativa non è un insieme di regole definite in anticipo; il metodo è uno strumento che offre le coordinate per orientarsi e per trasformare in progetto un'idea. La complessità dei fenomeni è tale che non esiste solo metodo per affrontarla. Capitolo quarto Vie qualitative di riflessività e ricerca. Ricerca fenomenologia, narrativa ed etnografica Tra le filosofie e i metodi della ricerca qualitative, che perseguono una conoscenza approfondita, idrografica, del mondo sociale, dei luoghi di vita abitati dai soggetti, da trame di significato, da relazioni, che si caratterizzano in ambito educativo per alcuni elementi comuni, troviamo:  la ricerca fenomenologia: pensiero riflessivo sulla percezione e sul vissuto dei soggetti stessi rispetto ai fenomeni educativi;  ricerca narrativa: ricostruzione narrativa e interpretazione sulle esperienze formative, su azioni, eventi, situazioni educative;  ricerca etnografica: pensiero riflesso finalizzato alla ricostruzione delle culture locali Filosofia fenomenologica e ricerca educativa. Esse in ambito educativo hanno degli elementi in comune:  centratura sulle prospettive soggettive e intersoggettive nello studio dei contesti e delle pratiche educative;  collaborazione tra ricercatori esterni e soggetti interni al contesto educativa;  valorizzano il confronto tra pari;  costruzione di teorie locali;  i soggetti sono coinvolti durante tutto l’arco della ricerca. La fase di restituzione ha una valenza formativa nel promuovere nuove consapevolezze nei partecipanti. 1. FILOSOFIA FENOMENOLOGIA E RICERA EDUCATIVA: raggruppa orientamenti e esperienze molto diverse tra loro, ma che in ambito educativo, hanno trovato una definizione nell’analisi dei fenomeni così come appaiono ai soggetti sul piano cognitivo, emotivo e relazionale. La filosofia fenomenologica risale a Husserl, e ha suscitato interesse e ha trovato numerose applicazioni nelle scienze umane. Essa nasce come filosofia della conoscenza, non come metodologia di ricerca empirica. Per la sua originaria natura teoretica, la fenomenologia, anche applicata allo studio delle scienze umane, si configura come una cornice teorica e un metodo di ricerca filosofica. Il progetto filosofico di Husserl era quello di fondare la filosofia come scienza rigorosa differente dalla scienza empirico-sperimentale e psicologica: la conoscenza filosofica deve assumere come oggetto di indagine l’esperienza della coscienza. La coscienza è il luogo originario della conoscenza del senso degli eventi e degli oggetti. L’esperienza della coscienza e il flusso di idee coscienti che ad essa appaiono è definito da Husserl il vissuto ed è una fonte di conoscenza certa. Se il soggetto riesce a sospendere il riferimento a tutte le precedenti costruzioni razionalistiche, alle teoriche scientifiche, alle pre-comprensioni che nel tempo sono state costruite intorno alle cose, può osservare i fenomeni come essi si danno alla coscienza e quindi nella loro semplice immediatezza, senza aggiungere sensi in eccesso. Questa sospensione e messa tra parentesi di conoscenze pregresse è definita da Husserl epochè. Evidenza e apparenza dell’oggetto vengono a coincidere: la fenomenologia è la conoscenza rigorosa della realtà nel suo modo di apparire alla coscienza. Quindi, la conoscenza fenomenologica può apparire una conoscenza soggettivistica, legata alla prospettiva individuale del soggetto liberatosi da preconoscenze. In realtà, la conoscenza del fenomeno non è completa se non è ridotta alla sua essenza ideale, operazione che Husserl definisce riduzione eidetica: significa riconoscere ciò che costituisce l’essenza della percezione di un fenomeno, considerando solo ciò che lo definisce in modo invariabile. Il riconoscimento di questa essenza può essere raggiunto attraverso il metodo della variazione: prendendo in diversamente correlati, secondo una modalità che è sempre creativa e produttrice di realtà, poiché costruisce trame connettive dell’esperienza umana che possono differire a seconda dell’attore sociale che narra. I livelli di rappresentazione dell’esperienza sono processi manipolativi dell’esperienza stessa, il primo è l’atto di traduzione linguistica. Essa porta sempre una perdita di informazioni e una selezione dell’esperienza. La narrazione nasce in una fase successiva all’accadimento, è una traslazione in parole e concetti dei significati del narrante. Ogni livello di traslazione comprende sia un’espansione che una riduzione dell’esperienza. Una tecnica narrativa nel lavoro con gli insegnanti è l’autobiografia formativa, che consiste nel ricostruire i contesti e le relazioni che hanno più inciso sul processo di formazione del docente. Grazie ad essa l’insegnante diventa consapevole delle ragioni che l’hanno indirizzato verso l’adozione di certi modelli pedagogici piuttosto che altri. Per accrescere la valenza formativa di questa attività è possibile chiedere ai soggetti di condividere le proprie autobiografie e di leggere le produzioni altrui. Rilevanti per un’azione riflessiva su di sé sono anche strumenti narrativi come il diario di bordo o la narrazione biografica. L’intervista narrativa è uno degli strumenti più utilizzati al fine di raccogliere audio, video, fotografie, anche utilizzate come materiale osservato e stimolo alla ricostruzione riflessiva dei processi di azione nelle quali un insegnante racconta e spiega il senso del suo lavoro guardando la videoregistrazione di un’attività didattica educativa che lo vede protagonista. A partire dalle ricostruzioni narrative, anche stimolate dal video e ancorate al dato osservativo l’insegnante può operare una riflessione di secondo livello, metacognitiva rispetto ai concetti considerati importanti nell’organizzare il lavoro. La narrazione in contesto educativo può tradursi in un repertorio di casi esemplari, ossia situazioni che possono fare chiarezza su questioni chiave nell’educazione e che possono essere costruiti attraverso alcune azioni:  individuare una situazione problematica risolta in modo efficace;  raccontare gli eventi percepiti come problematici;  descrivere le strategie messe in atto;  ricostruire il processo mentale messo in atto per la scelta delle strategie;  riportare evidenze che attestano l’efficacia delle strategie messe in atto. Questo processo richiede un lungo tempo di scrittura e di riflessione. La scrittura narrativa prende avvio dall’analisi del tema scelto e dalla descrizione della progettazione dell’azione educativa, che esprima la qualità, i significati e i processi riflessivi che le hanno dato forma; accompagna la fase esecutiva dell’azione didattica pratica e la ricerca durante l’azione; prosegue dopo l’azione a seconda dell’efficacia del metodo utilizzato e della rilevanza dei dati raccolti. Il lavoro di riflessione e di scrittura si muove su più piani:  narrare l’esperienza oggetto di indagine: tale narrazione richiede di agire didatticamente e osservare il flusso del proprio pensiero nell’azione didattica;  narrare l’azione di ricerca per ricostruire il processo d’indagine: tale narrazione richiede di effettuare azioni di ricerca e osservare il flusso del proprio pensiero nell’azione di ricerca. 3. LA RICERCA ETNOGRAFICA Il metodo etnografico nasce come studio di culture diverse da quella occidentale finalizzato alla rappresentazione scritta delle forme di vita sociale e culturale di gruppi umani. Oggi è usato anche per lo studio della cultura scolastica. Questo è stato reso possibile da profondi cambiamenti al metodo. Il concetto cardine di questa prospettiva è la cultura. Cosa s’intende per cultura? La cultura è un elemento tipico della natura umana, strutturale e universale; gli esseri umani sono sempre inscritti in una cultura, ossia non c’è essere umano al di fuori della cultura definibile come uomo universale o uomo in sé, ogni tentativo di descrizione sarà sempre culturalmente connotato. Alla base di questa constatazione vi è l’acquisizione scientifica chi è psiche umana e cultura sono co-emergenti. La psiche può essere definita come contenitore culturale in quanto la cultura esiste grazie alla vita psichica degli individui. L’espressione di sé si configura in relazione con la cultura di appartenenza. La cultura è la lente attraverso cui guardiamo e percepiamo il mondo, noi stessi e gli altri. I contenitori culturali danno significato all’esistenza umana: ruoli sociali, differenze di genere, comportamenti…. Da dove hanno origine le culture? Sono preesistenti ai gruppi umani? Risposte positive queste domande sono state fornite da ideologie razziste e persecutorie a partire da quale schiaviste settecentesche fino ad arrivare a quelle recenti del ‘900. La decostruzione di ideologie razziste passato attraverso una ridefinizione dei concetti di cultura, razza ed etnia. Rogoff afferma che “ la cultura non è un concetto statico , ma si trasforma dall' incontro dall' interazione fra le persone che utilizzano e adattano gli strumenti materiali e simbolici ereditati dal passato e nel contempo di creano di nuovi.” I soggetti non sono plasmati dalla cultura come realtà oggettiva e posta a priori, ma piuttosto contribuiscono a organizzare i processi culturale e i processi culturali concorrono a forme gli individui, in un rapporto di reciproca strutturazione e di scambio. L’origine di diverse forme culturali trae origine da processi di differenziazione tra i gruppi umani, e al contempo le culture si sono evolute grazie a forme di scambio e ibridazione. Quindi, società o nazioni pure sono comunità immaginate, create come strumenti politici ed economici. Infatti, ogni società è multiculturale. Forme culturali si creano anche in ambienti scolastici che orientano il comportamento dell’individuo. Esse sono costruite in modo intersoggettivo, ma vengono interpretate soggettivamente. L’etnografia può essere intesa come lo studio antropologico di comportamenti sociali e culturali di qualsiasi aggregato umano preventivamente definito in base agli interessi dell’osservatore. L’etnografia nei contesti educativi e scolastici in Italia tutt’oggi non appare ancora praticata, diffusa e conosciuta a sufficienza. L’approccio etnografico risulta essere adatto allo studio delle pratiche socio-materiali dell’educazione, dei fenomeni e delle interazioni educative perché offre un paradigma metodologico flessibile, attento alla dimensione simbolico e materiale dei processi e delle interazioni educative. La lettura etnografica delle situazioni scolastiche consente di mettere in luce i processi di partecipazione che insegnante e alunni realizzano nella costruzione intersoggettiva dell’attività di insegnamento-apprendimento e i processi di formazione delle teorie pratiche degli insegnanti, mediante l’osservazione dei docenti in azione, interviste che sollecitino negli insegnanti processi di analisi dei propri atti cogniti e la messa in parola di tali atti per rendere visibile il fenomeno mentale della costruzione di teorie nella pratica. Inoltre, l’aumento della diversità culturale, linguistica, religiosa rende l’etnografia adatta a interpretare i sistemi scolastici. Infatti, il contesto scolastico ha accolto in numero crescente bambini e famiglie di origine culturale differente, fenomeno che ha messo in discussione il processo culturale della scuola, la sua capacità di inclusione e che ha attivato dinamiche interne alle relazioni fra individui e gruppi, rispetto alle quali l’etnografia offre strumenti interpretativi e d’indagine. L’etnografia offre preziosi contributi:  supporta l’analisi e la comprensione della presenza e del ruolo di culture subalterne e culture dominanti che attraverso la scuola vengono tramandate, riproducendo o meno disparità che condizionano la vita degli studenti. Processo di costruzione dell’alterità, di categorizzazione e stereotipizzazione, dei rapporti di potere entrano nella scuola in un rapporto di rispecchiamento della realtà. Quindi, gli educator e i professori devono compiere un lavoro di riflessione sulle proprie rappresentazioni per decostruire l’ideologia nelle quale siamo tutti immersi per un incontro tra soggetti appartenenti a culture diverse e per riequilibrare culture forti e deboli;  sostiene una comprensione delle costruzioni simboliche che avvengono anche all’interno della scuola, del diverso, dell’alterità, dell’identità culturale dei soggetti;  aiuta a cogliere con evidenza la natura culturale del contesto scolastico nel suo complesso delle sue forme organizzative e del suo processo formativo. Il pensiero etnografico suggerisce atteggiamenti e posture dello sguardo molto utile a chi insegna, indirizzando a conoscere l’universo dei significati dei soggetti con cui si lavora e riconoscere le loro abilità, competenze e conoscenze. Oggi ci si riferisce all’etnografia come una pratica di ricerca condotta sul terreno, compiuta in relazione con i soggetti interni al contesto studiato in cui il ricercatore compie non solo un atto tecnico di osservazione, di raccolta dati, ma un lavoro di destratificazione dei significati condivisi dalla comunità osservata consapevole dell’interazione fra sguardo interno (emico) dei soggetti membri della comunità e sguardo esterno del ricercatore (etico). Il metodo etnografico consiste in una descrizione accurata e contestualizzata di una realtà sociale e culturale, attraverso la partecipazione a tale realtà. La partecipazione attiva del ricercatore alla vita della comunità mira descriverne a interpretarne la cultura, avvalendosi di riflessioni partecipate, di interviste, conversazioni. Successivamente vengono analizzate le produzioni scritte per indagare i significati condivisi dalla comunità studiata cogliendo il più possibile il punto di vista interno dei membri. Il lavoro di ricerca è di tipo intensivo, descrittivo e di natura microscopica. I soggetti sono ascoltati, descritti nei comportamenti e interpretati nel contesto di vita naturale, all’interno delle interazioni, delle ritualità e routine. La validità e significatività della ricerca etnografica risiedono nella natura approfondita e contestualizzata della conoscenza. L’etnografia, nell’indagine empirica, impegna il ricercatore in un’esperienza di partecipazione e di osservazione delle attività quotidiane ravvicinata e prolungata nel tempo. Lo studio della comunità culturale avviene attraverso l'osservazione delle sue pratiche, delle forme del parlare del vivere quotidiano interpretando e ricostruendo la cultura del contesto attraverso significati ritenuti rilevanti per i membri della comunità stessa. La riuscita dell’indagine etnografica è legata ai rapporti umani che il ricercatore crea con i soggetti nel contatto quotidiano, riuscendo a calibrare intensità di presenza-partecipazione e non intrusività. La costruzione di una relazione di fiducia ed empatia con i soggetti è fondamentale quanto non scontata. Nell’accesso al contesto di possono distinguere 2 livelli:  accesso fisico: si esaurisce in procedure pratiche che legittimino sul piano formale la presenza del ricercatore;  accesso sociale: riguarda la legittimazione sociale, conquistata sul campo, di farsi accettare dal gruppo. Tale accesso implica delle negoziazioni rispetto alle possibilità e ai modi di partecipazione del ricercatore. Nella fase iniziale di negoziazione, che può essere più o meno lunga, si costruisce l’identità del nuovo venuto e il suo ruolo, si parla di inversione di status in quanto l’osservatore diventa l’oggetto di osservazione dei nativi, i quali devono capire se fidarsi di lui. In quanto esterno, il ricercatore può essere percepito come giudicante, ma ha anche la possibilità di porsi nella posizione tipica del novizio culturale: collaborare e partecipare ad attività, ponendosi in una modalità di ascolto genuina e ponendo domande autentiche di esplorazione. Nel rapporto con i soggetti diventa cruciale il lavoro riflessivo nel ricercatore di consapevolezza dei propri impliciti e delle proprie cornici di riferimento operando “l’inversione di distanze”: rendere progressivamente familiare ciò che non è noto, mantenendo uno sguardo aperto e curioso, prendere le distanze dalle proprie precompressioni e supposizioni più immediate, rendendo esotico ciò che è famigliare e già acquisito, non dando per scontato le cose e i loro significati. Il ricercatore stesso è lo strumento principale della ricerca etnografica e la metodologia è lo scambio di informazioni e di punti di vista che continuamente avviene sul campo. Importante è distinguere tra sguardo:  emico: interno dei soggetti protagonisti della comunità in oggetto,  etico: esterno, della mente del ricercatore. Questa distinzione è stata ulteriormente articolata in tre approcci:  fascinazione: idealizzazione dell’altro, vederlo senza vizi;  negazione e minimizzazione: avvicinare l’immagine dell’altro a quella di sé stesso;  radicalizzazione della differenza: guardare un’altra cultura come radicalmente differente, incomparabile alla propria;  denigrazione: sentirsi superiore all’altro. Lo studio delle diversità educative ha contributo a ispirare un’idea di scambio e di prestito fra comunità culturali. All’idea di imitazione o di trasferimento di modalità educative di altri Paesi si predilige oggi un’idea di traduzione e di trasformazione, di creazione di nuove soluzioni educative, che prendono spunto da quelle osservate in altri contesti. La comparazione per comparazione o per contrasto permette di comprendere con maggiore chiarezza la propria prospettiva culturale. Infatti, nella comparazione si rendono visibili aspetti culturali che spesso restano invisibili a chi rimane immerso nella propria acqua culturale e non ha la possibilità di nuotare fuori da essa. Quindi prendere la distanza dalla propria cultura e entrare in contatto con altre forme culturali permette una doppia critica culturale: rispetto alla cultura di riferimento che a quella nuova. Questo movimento dialettico costituisce il fulcro della competenza interculturale definita come insieme di abilità, conoscenze e atteggiamenti che consentono di agire appropriatamente in situazioni interculturali. Il suo sviluppo avviene tramite l’acquisizione di una capacità di interpretazione complessa delle differenze culturali, è uno sviluppo multidimensionale e dinamico. Elemento centrale di questa competenza è la capacità di decentramento culturale, ossia riconoscere che esistono altre prospettive culturali oltre alla propria. Essi è promosso dall’apertura, la curiosità, l’interesse, la tolleranza. Un atteggiamento aperto può essere promosso dalle conoscenze che però non sono abbastanza. Infatti, importanti sono abilità interne di riflessione sulle situazioni interculturali. In ultima analisi la competenza interculturale si traduce in un’abilità comportamentale ad agire adeguatamente e efficacemente in situazioni interculturali e anche a saper gestire situazioni conflittuali, sapendo interpretare le culture, andando oltre i pregiudizi e trovando orizzonti di senso condivisi. Capitolo 5 LA RICERCA TRA PENSIERO E AZIONE. PROSPETTIVE E FORME DI RICERCA PARTECIPATIVA Storicamente la ricerca teorica e sperimentale in educazione ha prodotto tantissime conoscenze, informazioni ma con notevole distanza dalla realtà concreta. Questa distanza fra ricerca conoscitiva e vita pratica ha suscitato insoddisfazione sia da parte di insegnanti ed educatori, sia da parte dei ricercatori che hanno constato la scarsa reale applicazione e incidenze di teorie ed esiti di ricerca scientifica. Per rispondere ai bisogni di aderenza, di contatto e confronto tra ricerca e realtà educatia, fra teoria e pratica, nel corso del Novecento si sono sviluppate numerose riflessioni ed esperienze di ricerca partecipativa che vedevano la partecipazione degli operatori non soltanto nella fase di definizione dei problemi ma in tutte le fasi della ricerca stessa ricerca. Modelli ed esperienze si sono sviluppate in particolare a partire dagli anni ‘80 e ’90. Per ricerca partecipativa si intendono un insieme di esperienze di ricerca- azione che si riferiscono a Kurt Lewin. L'autore è il primo che utilizza il termine action research e che formula i principi fondamentali di questo campo di studi (anche se Dewey aveva già delineato un modello di ricerca partecipativa). Sono presentati nel testo i modelli di ricerca-azione e di ricerca intervento in ambito educativo scolastico; i modelli di ricerca- Formazione come ricerca-azione-formazione e la ricerca collaborativa a cui si annettono gli studi di analisi pratiche. Si analizza anche la ricerca basata su progetti (Design o project- Based- research) che condivide i modelli di ricerca-azione. La ricerca-azione. Origine e capisaldi teorici Nel 1946 Lewin , psicologo ebreo emigrato negli USA con l'avvento del nazismo, pubblica l’articolo sull’ action-research (RA). Negli anni ‘40 studia da psicologo di comunità alcune problematiche in ambito sociale legati alla migrazione e ad altri fenomeni. Propone un modello d'azione sul campo secondo cui il gruppo sociale che vive un problema ne mette a fuoco le caratteristiche, identifica gli obiettivi di risoluzione e di cambiamento, raccoglie dati necessari in tempi rapidi per attuare un intervento efficace. Il cambiamento migliorativo segue tre fasi: 1. Scongelamento: che comporta il superamento dell'inerzia e delle abitudini esistenti. Fase cruciale per la costruzione della motivazione, nella quale deve essere resa percepibile la necessità al cambiamento 2. Cambiamento: contraddistinto da uno stato di confusione e provvisorietà legato alla transizione, non si ha ancora una chiara percezione di come sostituire il quadro precedente; fondamentale è il delineare nuovi modelli comportamentali perché non si inneschino processi involutivi 3. Il ricongelamento: consolidamento del nuovo quadro e delle nuove abitudini e la loro cristallizzazione. È una fase di stabilizzazione del cambiamento. Gli assunti di base delle questa teoria sono:  il cambiamento implica l'apprendimento di qualcosa di nuovo elencazione di vecchi comportamenti;  Il cambiamento non si verifica in assenza di motivazione;  ci può essere una certa resistenza al cambiamento anche se gli obiettivi sono desiderabili; richiesto un rinforzo di comportamenti atteggiamenti. La teoria di Lewin risponde alla domanda di aderenza alla realtà concreta, alla complessità dei fenomeni sociali, all'esperienza di chi vive un problema perché i protagonisti della scena sociale hanno ruolo cruciale nella risoluzione del problema. La ricerca-azione mira a contribuire contemporaneamente alla risoluzione di problemi pratici immediati di una specifica situazione e agli obiettivi della scienza sociale per mezzo di una mutua collaborazione (cliente-ricercatore) all’interno di un contesto etico mutualmente accettabile. La ricerca-azione si configura come una ricerca sociale applicata, che coinvolge il ricercatore nel processo d’azione e gli operatori nel processo di ricerca, e finalizzata a fornire al contempo un contributo alle preoccupazioni pratiche delle persone e allo sviluppo delle scienze sociali. Questa metodologia di intervento e di ricerca proponeva in modo innovativo la collaborazione e il confronto fra ricercatori e operatori nella definizione dei problemi, nell’attuazione di strategie di risoluzione di essi e nell’attività di ricerca vera e propria. Alla fine degli anni 70 il documento programmatico della ricerca partecipante (ICAE) trova una prima definizione alle questioni più rilevanti:  Il problema sorge all’interno della comunità educativa che la definisce, analizza e lo risolve;  lo scopo della ricerca è la trasformazione radicale della realtà sociale e la modificazione dei comportamenti di chi vi fa parte;  La ricerca partecipante esige la partecipazione di tutta la comunità  la ricerca partecipante interessa dei gruppi più deboli ed emarginati;  le procedure di ricerca tendono a stimolare una maggiore consapevolezza nei partecipanti;  Il metodo di ricerca utilizzato può essere considerato più scientifico poiché il coinvolgimento della comunità offre una maggiore autenticità;  Il ricercatore partecipa alla ricerca al fianco degli altri, apprende durante la ricerca coinvolgendosi nei processi analizzati. Le declinazioni assunte dalla RA hanno in comune: individuare delle forme di ricerca partecipativa fra ricercatori e insegnanti che promuovano al contempo un cambiamento migliorativo delle pratiche, delle forme organizzative, delle conoscenze scientifiche e delle competenze professionali superando la distinzione fra teoria e pratica. In ambito educativo, la RA:  Mira a coniugare lo studio sistematico di un problema avvertito degli insegnanti e considerato rilevante, con la trasformazione dell'organizzazione, delle pratiche, degli atteggiamenti e dei comportamenti di chi è parte del contesto;  si basa sulla cooperazione reciproca tra ricercatori e operatori che sono coinvolti nel processo di indagine  Segue un processo a spirale di raccolta dei dati, di definizione degli obiettivi, di azione per raggiungere gli obiettivi e di valutazione sugli esiti dell'intervento fatto per tornare alla ridefinizione di nuovi obiettivi di ricerca. Implicazione e alleanza: ricercatori e operatori al lavoro Gli operatori sono coinvolti in tutte le fasi di conduzione della ricerca: nei luoghi di vita reale e di esperienza gli attori sono coinvolti nell'analisi dei problemi, nella scelta degli interventi, nella realizzazione degli stessi nella valutazione del proprio intervento e negli apprendimenti che ne sono derivati. Possono contribuire alla descrizione dei contesti e dei fenomeni diventando informatori-chiave. Il ricercatore è nel campo d'azione con uno sguardo decentrato, esterno, attrezzato sul piano metodologico. Tutto questo è rappresentato da Barbier come un capovolgimento epistemologico rispetto alla forma tradizionale della ricerca, nella quale il ricercatore osserva, definisce fenomeni e analizza, si avvale dell’apporto dei soggetti al buon esito della ricerca e alla conoscenza del fenomeno, mentre i soggetti della ricerca si lasciano intervistare. Per IMPLICAZIONE Barbier nei riguardi degli attori sociali, intende il passaggio da oggetti di ricerca a soggetti-attori della ricerca; utilizza il termine "ricercatore collettivo” a indicare la collaborazione tra ricercatore e operatori. Pourtois, a questo proposito parla di coinvolgimento esistenziale dei soggetti. Emerge la figura di ricercatore come colui che entra nel campo della ricerca, vi partecipa, agisce. Gli insegnanti occupano la posizione di co-ricercatori nell'esplorazione di strategie di soluzione e forniscono forme di documentazione (diari, fotografie, video, artefatti degli studenti e degli insegnanti) per analizzare la pratica esistente e documentare i cambiamenti ideati. La collaborazione è definita nei termini di reciprocità. La ricerca-azione propone la partecipazione e il coinvolgimento delle persone nei processi decisionali, una ricca informazione e comunicazione fornita a tutti i partecipanti e spazi di negoziazione. Sono richiesti tempi distesi, lunghi. Ci possono essere vari rischi: eccessiva produzione di interpretazioni, difficoltà di non giungere a letture condivise. Lewin, aveva messo in luce che contesto e dinamiche sociali sono possibili elementi di problema, ma anche possibili risorse per la risoluzione, perché “un sistema umano può essere aiutato solo ad aiutarsi da sé”. Un percorso di ricerca-azione a scuola richiede la disponibilità da parte di tutti i soggetti per avviare un processo di cambiamento che sia personale , professionale e istituzionale. Quindi è necessario incidere sulla motivazione perché il cambiamento è un processo impegnativo e faticoso. Alla base del rapporto di implicazione del ricercatore sul campo, c'è l'idea che non sia possibile occuparsi dei fenomeni sociali se non interagendo con essi. I problemi a quali si cerca di trovare delle strategie risolutive in ambito educativo sono complessi perché coinvolgono più piani (credenze, atteggiamenti,…); gli obiettivi sono declinati e resi espliciti a tutti questi livelli in relazione ai diversi soggetti coinvolti; per individuare finalità generali e obiettivi, possono essere utili alcune domande guida: Quali sono i cambiamenti desiderati rispetto al problema in oggetto? In che modo i cambiamenti desiderati sono coerenti con una visione educativa pedagogica chiara e definita? Chi sono i soggetti e gruppi coinvolti nel cambiamento? Come si declinano i cambiamenti desiderati per ciascuno di essi? Gli obiettivi descrivono in modo chiaro che cosa ci si aspetta in concreto? Sono verificabili? Le strategie e le azioni sono scelte in base agli obiettivi specifici. Anche nella scelta di queste è fondamentale l'accuratezza svolta nell'analisi del problema. La scelta delle azioni deve essere coerente con il quadro che gli insegnanti e ricercatori hanno costruito dalla lettura del problema alla definizione delle finalità e obiettivi verso cui si può indirizzare il cambiamento. Una volta avviate le azioni previste il monitoraggio del lavoro consiste in una documentazione puntuale che ha più funzioni: sondare processi ed effetti, aggiustare flessibilmente in corso d'opera obiettivi strategie. La verifica in itinere può avvenire a due livelli di analisi: un primo livello di verifica evidenza che cosa, quante volte e in che tempi si è realizzata l'attività, e tutte le finalità e gli obiettivi e le strategie sono conosciuti, comprese e attuate; un secondo livello di verifica in itinere è finalizzato ad osservare quali fattori e relazioni intervengono durante le azioni. Gli insegnanti devono acquisire competenze metodologiche nella stesura di resoconti giornalistici, registrazioni audio e video e imparare a riflettere. I ricercatori contribuiscono al materiale documentario. La riflessione condivisa tra ricercatori e insegnanti sui materiali raccolti è un momento conclusivo, cardine che mette a fuoco gli apprendimenti acquisiti nel corso del lavoro. Attraverso la triangolazione di più punti di vista si possono analizzare i risultati attesi e quelli raggiunti. Il momento finale è quello della stesura del report che oltre a descrivere il percorso di ricerca svolto documentato argomenta il valore teorico del processo conoscitivo come teoria locale rigorosamente costruita. fecondità e punti di fragilità della RA Il nucleo concettuale della ricerca-azione di Lewin è stato molto fecondo in ambito internazionale. Sono state proposte diverse variazioni sullo schema logico e diverse denominazioni. I limiti:  Problemi nella definizione del problema, dell'ipotesi interpretative e dell'intervento da attuare nella negoziazione tra il ricercatore e gli attori  I tempi di realizzazione sono numeri, onerosi e non sempre attuabili, nonché le risorse anche in termini di competenze degli insegnanti non sempre presenti  Le difficoltà a mobilitare un processo realmente partecipato che coinvolga anche i dirigenti scolastici e figure non insegnanti La complessità dell'analisi di un materiale raccolto attraverso più strumenti e fonti. Alcune forme di ricerca partecipativa nell’alveo della RA hanno proposto dei cambiamenti al modello presentato. Vi è una proposta metodologica che condivide con la RA una vocazione trasformativo e di intervento sul campo, il project based research. Ricerca partecipativa e formazione Dagli anni 90 in area Francofona, Canadese, Francese, Belga, Svizzera e anche in Italia, ha trovato forte impulso una riflessione sistematica su come consolidare la connessione tra ricerca partecipativa e formazione degli insegnanti. La ricerca-formazione nasce nell'ambito della formazione degli insegnanti cambiando alcuni aspetti della RA. Nell'intento di trasformare la realtà didattica mentre si fa ricerca con gli insegnanti, si persegue l'obiettivo di formare gli stessi insegnanti. I modelli di ricerca-formazione utilizzati sono quello della RICERCA-AZIONE- FORMAZIONE e della RICERCA-COLLABORATIVA. La ricerca-azione-formazione Si sviluppa in area belga. La formazione degli insegnanti si struttura il laboratorio con il supporto del ricercatore-formatore; si elaborano progetti o strumenti didattici. Questi laboratori di analisi, di pratiche e di progettazione danno vita sperimentazioni in classe della progettazione costruita dal gruppo di insegnanti con il ricercatore-formatore. Le ricerche in classe sono declinate in modo specifico da ciascun insegnante, che osserva, ascolta, interagisce all’interno del proprio contesto- classe con gli studenti, crea raccordi con la loro esperienza e con le loro domande di senso e di conoscenza. La formazione alterna periodi di pratica professionale a di formazione. La procedura formativa ed esperienziale è:  È partecipativa perché tutti i soggetti sono attivamente coinvolti nel lavoro di analisi e di progettazione.  È regolata per l'alternanza di tempi di analisi, riflessione, progettazione e tempi di azione e messa la prova  È strutturata perché nelle diverse tappe sono presi in considerazione elementi che scandiscono le fasi ideativa e attuativa. La formazione degli insegnanti è costruita sull’azione. L’oggetto della formazione è la progettazione dell'intervento educativo-didattico su cui gli insegnanti faranno ricerca, sperimentandolo e contestualizzandolo. La ricerca come ciclo ricorsivo di progettazione diventa un dispositivo formativo. La formazione ha un duplice significato:  per il ricercatore è l'oggetto di ricerca, occasione di applicare modelli e strategie formative precedentemente utilizzati, da estendere, da riverificare. Il ricercatore incoraggia la meta riflessione sulle modalità formative attraverso la riflessione e il dialogo. È un mediatore tra le proprie esigenze di studio sulla formazione con le richieste dei bisogni di accompagnamento e analisi che gli insegnanti richiedono.  per gli insegnanti è un'esperienza di analisi e di progettazione che li porterà all'azione sul campo. Gli insegnanti raccolgono la documentazione tramite strumenti proposti dal ricercatore e confrontati e costruiti ad hoc. Le domande di ricerca che accomunano gli insegnanti e i ricercatori riguardano come cambia l’azione dell’insegnante durante il processo formativo-esperienziale, per il ricercatore sarà l’occasione per rilevare le condizioni che hanno reso possibile il cambiamento, per l’insegnante sarà l’occasione di scoprire forme efficaci e praticabili di azione educativa. La ricerca collaborativa Si sviluppa in Canada. Per ricerca educativa collaborativa si intende una forma di ricerca- formazione degli insegnanti nella quale professionisti con competenze differenti condividono un comune oggetto di ricerca. Desgagnè definisce il concetto di ricerca-collaborativa in relazione a tre dimensioni: 1. la co-costruzione di conoscenza su un oggetto stimolante coinvolgente; 2. una doppia finalità di cooperazione, Produrre conoscenza e realizzare un processo formativo; 3. una mediazione tra attività di ricerca e attività pratico-educativa con il fine di definire i ruoli e le competenze tra i ricercatori e i pratici in relazione asimmetrica ma democratica non gerarchica. La ricerca collaborativa si colloca in educazione come una ricerca con gli insegnanti e non sugli insegnanti, aspetto che accomuna la RC con la RA. A differenza della ricerca-azione, nella ricerca collaborativa appare pre-definito il contratto di collaborazione cioè il quadro dei ruoli, delle responsabilità, degli scopi. Tutti partecipano a una medesima situazione (co-situazione) in posizioni differenti cosicché l'attività riflessiva svolga contemporaneamente una doppia funzione: occasione di formazione continua per gli insegnanti e occasione di ricerca. Il ricercatore svolge una funzione di accompagnamento, un processo di co-formazione e cocostruzione di senso, è una relazione asimmetrica ma non gerarchica, intersoggettiva perchè nessuno è oggetto di ricerca dell’altro, coinvolgente, contestuale, co-mobilizzatrice perché sollecita un cammino condiviso, locale e comune. Anche in questo caso la ricerca sulla pratica e la riflessività costituiscono un dispositivo formativo. Il modello comprende tre fasi: 1. co-situazione Nella prima fase il ricercatore e gli insegnanti situano la ricerca cioè negoziano l'oggetto, il tema, la questione del lavoro di co-operazione cioè la fase di ricerca e di raccolta di documentazione, Di pratica riflessiva condivisa; 2. co-operazione 3. co-produzione  l'ultima fase consente di individuare gli apprendimenti che sono avvenuti per entrambi. Nella fase di scrittura finale emerge la novità della figura professionale del ricercatore-formatore e la figura professionale dei pratici nell'ambito della ricerca collaborativa che cooperano anche nell'analisi, nella co-costruzione degli apprendimenti e delle conclusioni. Il ricercatore opera in due tempi: in un primo tempo realizza la ripresentazione narrativa del percorso fatto (restituzione) e in un secondo attua un lavoro di analisi vero e proprio del materiale raccolto, è la fase della ripresentazione analitica che conduce all'interpretazione dei significati. Il report che chiude il lavoro deve essere significativo: - Per la prima assumerà le caratteristiche del report di ricerca, quindi dimostrare la conoscenza prodotta rispetto al tema scelto - Per la seconda, riporta come le pratiche sono diventate leggibili, come sono cambiate, le tipologie di azione. Alcuni limiti della ricerca collaborativa che emergono sul piano operativo sul piano teorico e sono condivisi dalla ricerca operazione ed altri approcci qualitativi come il project-Based research: - Tempi lunghi, - difficoltà a sensibilizzare le scuole alla ricerca, - scarso riconoscimento del valore scientifico dei risultati. I report che sono prodotti sono interpretazioni e descrizioni del sapere e della pratica pedagogica il cui valore generativo risiede nell’interattività dell'esperienza che documentano. Indagare la pratica didattica: l'analisi di pratiche Nei modelli di ricerca-formazione presentati la formazione poggia sul costrutto di pratica riflessiva, delineato nel pensiero di John Dewey e successivamente nel costrutto di professionista riflessivo di Shon . Oggi le proposte sono molto variegate, incrociano diverse teorie e strumenti per la ricerca e la formazione utilizzati da studiosi in diversi contesti. La pratica degli insegnanti è oggetto di L'analisi è articolata in modo complesso e coinvolge più competenze disciplinari differenti e una pluralità di strumenti di analisi proposti agli insegnanti per analizzare la propria attività didattica in un lavoro cooperativo tra colleghi con i ricercatori. È un lavoro sistematico che segue una logica evolutiva in base ai dati che emergono. La relazione tra ricercatore e operatore è di accompagnamento come nella ricerca collaborativa e, in alcuni studi, questo processo collaborativo viene definito di co-esplicitazione. Si parte da una documentazione di pratiche (per esempio da una trascrizione di lezione o di conversazioni). Viene esaminata da chi l’ha vissuta in un primo momento e poi dal gruppo dei colleghi per porre domande . L'esperto interviene per dare strumenti concettuali di analisi e comprendere, approfondire l'analisi condotta favorendo processi riflessivi. Consente di acquisire l'abitudine a trattare il progetto di ricerca con distanza. Nelle pratiche di co- esplicitazione dopo che l'insegnante offre una documentazione, il gruppo di partecipanti può contribuire con nuovi episodi simili, con i propri vissuti. È un momento di confronto che viene registrato e inviato ai partecipanti. Il ricercatore successivamente propone un'analisi del testo mediante gli strumenti teorici da lui scelti. Infine, l'insegnante protagonista chiude il lavoro sul senso del lavoro svolto sugli apprendimenti in vista di un cambiamento. Verbalizzazione, ragionamento, racconta, narrazione: mezzi per l'elaborazione dei significati. La modellizzazione che ne deriva è utile a tutto il gruppo di lavoro che ha collaborato e che utilizzerà gli stessi schemi secondo una logica di trasferibilità di modelli di azione. Strumenti Nell’ambito dell’analisi di pratiche sono molteplici le soluzioni strumentali adottate per documentare le pratiche e per lavorare a livello di analisi, individualmente e in gruppo  La scrittura le attività di scrittura sono considerate un dispositivo formativo che facilita l'operazione di concettualizzazione perché favorisce il passaggio dal vissuto all'esperienza elaborata. La scrittura può avere diversi gradi di strutturazione: o Scrittura nella pratica professionale: collocata dentro l’azione didattica, consiste nella forma di scrittura estemporanea che l’insegnante compie (scrittura alla lavagna);per esempio alla lavagna, ecc. o Scrittura per la pratica professionale: è immanente all’azione avendo una finalità pratica e operativa, ma si attua come progettazione dell’azione; o Scrittura sulla pratica professionale: è una pratica di scrittura formativa in senso proprio che richiede una visione a distanza dell’azione attraverso uno sguardo retrospettivo e un lavoro di riflessione (diario di bordo, narrazione biografica). Un esempio di diario di bordo è il memoire il contenuto presenta il progetto elaborato rispetto ad una situazione problematica di lavoro); o Scrittura a partire dalla pratica professionale: scrittura di ricerca scientifica che richiede collaborazione con la comunità scientifica per produrre una conoscenza per l'azione e un'analisi sui tre livelli di scrittura precedenti.  Condivisione di rappresentazioni e di pratiche  richiede una doppia trasformazione dell'esperienza la prima è una ricostruzione che fanno i protagonisti dell'esperienza e richiede l'utilizzo di un linguaggio condiviso, deve raccontare lo sviluppo dell'esperienza; la seconda trasformazione è di chi riceve, interpreta ciò che ascolta, si appropria delle esperienze tratte da altri e sviluppa la capacità per comparazione di trasferire schemi d'azione.  Colloquio esplicativo a coppie, utile per ricostruire alcune situazioni nelle quali superato senza chiarezza dei motivi delle scelte  Video-formazione in funzione auto-formativa e informativa. Ricerca Basata su Progetti È una metodologia recente di matrice anglosassone che vede la collaborazione significativa tra insegnanti e ricercatori, la Design o Project-Based-Research . Segue la logica ricerca-intervento, applicata in diversi ambiti delle scienze dell'apprendimento in relazione alle tecnologie della comunicazione dov'è stato definito "una metodologia sistematica e flessibile finalizzata a migliorare la pratica educativa attraverso il ciclo iterativo di analisi, progettazione, sviluppo, attuazione, fondato sulla collaborazione tra ricercatori e pratici in contesti di vita reale che consente di definire teorie e principi di progettazione ancorati ai contesti " ha le seguenti caratteristiche:  Contesto naturale in cui avviene il processo di insegnamento -apprendimento  Osservazione etnografica  Riferimento a chiare cornici teoriche  Collaborazione con insegnanti ed educatori  Interventi progettati che rispondono ad assunzioni teoriche derivate da studi precedenti  Documentazione di situazioni concrete complesse.  Progettazione che si fonda sia sulla teoria che sull'esperienza mediante aggiustamenti progressivi (Ciclicità ricorsiva): viene sviluppato il progetto di un artefatto.  Obiettivi pratici e teorici. Il metodo per Wang e Hannafin è: - pragmatico e trasformativo perché da risposta a problemi reali mediante la progettazione e attuazione di interventi sul campo - Teorico perché orientato all’estensione di teorie - Interattivo, iterativo e flessibile sia nella progettazione che nella relazione con il contesto in cui si interviene - Multi-metodologico - Contestualizzato perché avviene in un contesto locale. - Riflessivo perché gli insegnanti sono impiegati in un lavoro critico-riflessivo. La progettazione è un punto di congiunzione, di cerniera tra teoria e pratica (Teoria-progettazione - esperienza pratica-progettazione-teoria). L’utilizzo di strumenti qualitativi e quantitativi è finalizzato ad aumentare la credibilità dei risultati. Le teorie a cui può pervenire possono essere: - teorie tematiche locali, che descrivono la relazione tra esiti di apprendimento, contesto locale e ambienti di apprendimento; - Indicazioni metodologiche su come si progetta; - Cornici di riferimento per la progettazione che illustrino strategie e soluzioni a classe di problemi che si possono incontrare nel progettare. Le differenze tra la ricerca basata su progetti e la ricerca-azione sono: 1. Il ruolo del ricercatore-guida e conduzione molto più forte nella ricerca basata su progetti rispetto alla RA. 2. nella ricerca basata su progetti l'iniziativa parte dai ricercatori, I progetti non nascono da una condivisione tra operatori e ricercatori ma dagli studi teorici ed empirici. Affinità e distinzione anche con il metodo sperimentale: chiarezza di definizione teorica è un'affinità ma differisce rispetto al metodo sperimentale perché questo segue una certa linearità e rigidità. Il ricercatore rispetto al metodo sperimentale non si trova in una posizione neutrale. Rispetto la ricerca etnografica, condivide lo studio del contesto come parte del processo euristico e la documentazione qualitativa dei processi, mentre differisce per la vocazione per formativa. La valutazione formativa è una componente essenziale del ciclo di progettazione e di collaborazione con i pratici ma non mira allo sviluppo della teoria. Si limita al miglioramento della progettazione didattica. CAPITOLO 6: STUDENT VOICE Una nuova immagine dell’infanzia. Il contributo della sociologia Fino alla metà degli anni 80 la sociologia ha proposto un’idea riduttiva d’infanzia come mera fase di preparazione alla vita adulta e delle nuove generazioni come potenziale ricorsa o minaccia per la società attuale e futura, ma non come realtà a sè stante. La ricerca sociologica ha proposto un modello deterministico di bambini passivo, modellato da forze esterne. I due approcci fondamentali in cui questo modello ha trovato espressione sono quello: - Funzionalità: la socializzazione è un processo che mira al mantenimento dell’equilibrio e della struttura della società e in esso il bambino può essere paragonato a un sacco gettato nello stagno e le cui onde d’urto rappresentano una minaccia e che quindi va socializzato a partire dalla famiglia. - Riproduttivo: la società tende a riprodurre le disuguaglianze sociali anche attraverso le istituzioni deputate alla formazione delle nuove generazioni. La ricerca con i bambini di matrice sociologica e di matrice pedagogica o ispirata alla student’s voice condividono alcune finalità di principi: 1. Considerare bambini e ragazzi come attori sociali, capaci di interagire attivamente con gli adulti e con i contesti di vita; 2. Ascoltare e dare occasione di espressione a tale prospettiva, riconosciuta come unica e specifica, per poter accedere a una piena comprensione del mondo di significati e del senso che i bambini attribuiscono alle esperienze scolastiche 3. Riconoscere bambini e ragazzi come informatori chiave sulla loro vita 4. Svolgere la ricerca nei contesti e luoghi di vita quotidiana dei bambini, privilegiando un approccio di ricerca naturalistico 5. Coinvolgere i bambini in esperienze di ricerca riconoscendoli come co-ricercatori e co- autori Tuttavia, ci sono alcune specificità della riflessione metodologica nella ricerca pedagogica che hanno trovato minore enfasi in altri settori di studio quali quelli sociologici e che potrebbero rappresentare un contributo importante della pedagogia in questo ambito di ricerca: 1. circoscrivere i temi di ricerca a ciò che ha senso rispetto alla prospettiva dei bambini 2. coinvolgere i bambini in ricerche di tipo descrittivo con stativo e in ricerche collaborative dei contesti educativi e scolastici 3. creare dei contesti educativi e sociali che strutturalmente includono la partecipazione, l'espressione El ascolto della loro voce come una pluralità di voci e di prospettive che come tessere di un mosaico consentono di guardare i fenomeni educativi e alla qualità dei contesti in modo multi prospettico e che promuovano processi partecipativi di vita democratica e corresponsabilità 4. favorire la vita comunitaria nel contesto in cui si opera 5. integrare l'intervento di ricerca con i bambini in un progetto educativo più ampio della scuola in cui si entra al fine di collocare l'esperienza di ricerca coerentemente dentro ai confini di un esperienza educativa ed interagire con il contesto nel modo ecologicamente più sensato possibile possiamo osservare una stretta connessione fra etica e metodologia della ricerca che caratterizza in generale la ricerca qualitativa. Più le sfide metodologiche si configurano al contempo come questioni di tipo metodologico e strettamente tecnico strumentale e di tipo etico che richiamano la ri flessibilità dei ricercatori appunto questa duplice dimensione si riscontra nei due aspetti metodologici centrali : l'ascolta e l'accesso al mondo dei bambini e la promozione della partecipazione. L’ascolto e l’accesso I due aspetti metodologici di questo campo di ricerca sono l’ascolto e l’accesso al mondo dei bambini e la promozione alla partecipazione. L’ascolto dei bambini presenta quali snodi metodologici principali quello della definizione delle modalità di accesso al mondo dei bambini e quello della scelta di strumenti per la comprensione della loro prospettiva nel riconoscimento che i bambini hanno uno specifico modo di comunicare che non può essere equiparato a quello adulti. Possiamo identificare alcune variabili: 1. LUOGO: Insegnanti ed educatori vivono il vantaggio di poter accedere alla relazione con i bambini quotidianamente e di condividere con loro luoghi e tempi di vita quotidiana a scuola, per quanto possono mettere in atto strategie osservative e dialogali in modo naturale. La relazione con i bambini è però condizionata dalla valutazione e dal contratto didattico. Per chi accede da fuori la prima scelta fondamentale è quella del luogo: nel capitolo 3 si è messo in evidenza come la ricerca qualitativa prediliga la conoscenza dei fenomeni educativi nei luoghi quotidiani di vita o definiti anche luoghi naturali. A scuola la ricerca può avvenire nei tempi delle ore di lezione o nei tempi liberi, in entrambe i casi nel coinvolgere attivamente i bambini si pongono dei rischi, nel primo caso che i bambini sovrappongano e identifichino la ricerca con lo svolgimento di un compito, nel secondo caso che si sentano sottratti un tempo di gioco libero. 2. TEMPO: L’avere accesso al mondo dei bambini e poterlo conoscere richiedono la disponibilità a passare del tempo con loro e a condividere momenti di vita quotidiana. Inoltre, è una variabile molto significativa perché consente al ricercatore di familiarizzare con il contesto e con i bambini e ai bambini di conoscere e sviluppare fiducia. L’età dei soggetti incide molto. 3. POSTURE E ATTEGGIAMENTI NEL COSTRUIRE LA RELAZIONE Nel tempo di osservazione o di interazione con i bambini incidono molto i comportamenti messi in atto, le scene su come interagire, sul grado di prossimità e di partecipazione a cui tendere nella relazione con i soggetti e il clima emotivo complesso. La ricerca etnografia ha sottolineato l’importanza di accedere alla relazione, con atteggiamenti che facilitino la fiducia e collaborazione. Il comportamento dell'adulto deve muoversi in equilibrio fra osservazione a distanza e partecipazione, quella che Corsaro ha definito partecipazione periferica (=condividere la quotidianità di vita, osservare con curiosità e discrezione, attendere di essere ospitati e accolti per poter porre anche qualche domanda o svolgere conversazioni spontanee)Il ricercatore etnografo si pone come colui che non sa, che è novizio rispetto alla cultura locale ed è per questo che deve essere guidato a conoscerla ed esplorarla dagli esperti, cioè gli attori interni al contesto. I bambini accolgono con entusiasmo la possibilità di istruire un adulto sulle loro attività di gioco. Il ricercatore e l’insegnante non devono mai esporre il bambino a situazioni di disagio, di vergogna, di eccessivo contatto con il dolore e devono essere previste modalità di elaborazione dello stesso quando questo diviene tema di elaborazione e di condivisione con i pari e con l’adulto. La partecipazione. Quali confini alla collaborazione? I bambini e i ragazzi devono poter prendere parte alle scelte che si compiono lungo tutte le fasi della ricerca, della definizione delle domande di ricerca, alle modalità di raccolta dati. Ma il tema di come si coinvolgono i soggetti in tute le fasi è molto rilevante e rappresenta un’ideale discriminante dell’eticità di una ricerca. Mortari propone di riformulare la denominazione di ricerca con i bambini con l’espressione ricerca per i bambini, per porre l’accento sul criterio regolativo essenziale nel lavoro di ricerca con i bambini. La ricerca non deve essere partecipativa a qualunque costo, ma deve offrire esperienze educative, buone, interessanti, sensate per i bambini, definendo il setting, le condizioni di partecipazione più adeguate rispetto alla loro prospettiva. Si può coinvolgere i bambini nella preparazione del setting senza caricarli di un’eccessiva responsabilità sul processo e il metodo di ricerca: si può consultare su ciò che si aspettano dalla ricerca e dal ricercatore, condividere il loro tema e le finalità della ricerca, raccogliere un loro consenso alla partecipazione, consultarli su strumenti. L’etica della ricerca con i bambini Il fare ricerca con i bambini porta a delle “credenze”: o Il passaggio da un’immagine di bambino passivo a un’immagine di bambino competente e dotato di intenzionalità ha liberato l’infanzia dal silenzio. Tuttavia questo non può condurre a forme ideologiche di livellamento della simmetria di relazione fra adulto e bambino virgola che è strutturale ed essenziale nella dinamica dello sviluppo né può portare a una sottovalutazione delle caratteristiche di vulnerabilità e di bisogno di cura, di protezione e di esperienze educative che contraddistinguono l'età infantile . Nella politica, come nell'educazione familiare ed extra-familiare o nella ricerca, è la considerazione complessa del bambino, e la considerazione della asimmetria di competenze e di potere fra bambino e adulto che definiscono l'impegno etico dell'adulto nel predisporre le migliori condizioni possibili volte alla tutela, alla promozione del benessere, al dispiegamento delle potenzialità di sviluppo e di espressione del bambino. o La ricerca non è un fine in se stessa, ma è un processo che nel suo dispiegarsi consente a ricercatori e co-ricercatori e soggetti di apprendere, di trasformarsi, di conoscersi Lo sguardo dell'adulto, quale metafora della relazione intersoggettiva io-tu, può assimilare l'altro e costituirlo, non vederlo o al contrario può contemplare l'altro, valorizzarlo, stabilendo con molto rigore come le relazioni all'altro possano essere fondate su una reciprocità creatrice. I ricercatori si pone in ascolto virgola e consapevole delle proprie pre comprensioni e categorie interpretative e tenta di metterle tra parentesi o di metterle in relazione dialettica con quelle emergenti dai soggetti. Questa etica dell'alterità è un atteggiamento continuo che si assume nel corso della ricerca, che pone sotto controllo la tendenza a chiudere in categorie interpretative note la novità dell'altro, per essere invece fedele al suo punto di vista. Sul piano strettamente metodologico, inoltre, si ripropongono naturalmente le tecniche della triangolazione, di approcci multi-strumentali e di tecniche di analisi grounded e fenomenologiche per garantire l'aderenza alla prospettiva dei soggetti. Capitolo 7: Vie quantitative di ricerca. Sperimentazione e descrizione. La ricerca quantitativa ha delle caratteristiche che metodologicamente la rendono meno fruibile agli insegnanti senza l'aiuto di un esperto esterno, anche se essa è una fonte di conoscenza e riflessività fondamentale a cui fare riferimento. La conoscenza dell’uso di ricerca quantitativa e qualitativa congiunta permette di capire meglio le caratteristiche dei due approcci verso la ricerca empirica e di leggere in maniera più corretta e senza distorsioni le informazioni. Quantità e qualità sono due concetti sempre strettamente collegati tra loro. Essere in grado di utilizzare la ricerca quantitativa permette di superare gli stereotipi che la contraddistinguono (oggettività). Per poter agire con rigore essa applica delle semplificazioni alla realtà ed ogni cosa che viene semplificata da questo processo è poi oggetto di riflessione. Per quanto riguarda la ricerca educativa vi è un forte attrito tra la descrizione del caso singolo e l’astrazione di una regola generale sul eseguita ma anche in base al suo valore nella pratica educativa. Prima di tutto bisogna trovare qualcosa, un interesse che accenda la curiosità verso una certa questione. Occorre innanzitutto una definizione chiara del problema che si pone in forma complessa, densa e anche confusa perché emerge dalla vita educativa. È necessario un primo distacco dall'esperienza per attingere a fonti teoriche. Il confronto con le basi conoscitive ha più funzioni: - permette di definire il problema in un quadro di riferimento da cui prendere concetti variabili e fare le prime ipotesi portando la questione ad un livello linguistico condiviso Esistono studi e ricerche precedenti che possono aver affrontato problematiche simili e questi forniscono informazioni necessarie per definire il problema e le domande di ricerca dentro un quadro teorico di riferimento - Il confronto con la letteratura è anche un passaggio, un distanziamento, astrazione dalla realtà concreta; consente un primo distacco dall’esperienza da cui è nato l’interesse. Questa può comportare una riduzione della rilevanza del problema punto deve essere provvisoria e funzionali alla fase di ricerca conoscitiva e cui risultati devono essere poi confrontati in maniera critica e riflessiva con l'originaria esperienza pratica concreta. Inoltre, necessariamente definire e collocare un problema comporta una circoscrizione e un restringimento del problema da cui si è partiti. Esplorazione qualitativa e definizione delle ipotesi, variabili e strumenti E’ necessario definire e collocare il problema, in modo da individuare e rafforzare quelle intuizioni che abbiamo già avuto dal contesto riguardo a ipotesi interpretative che possiamo usare nella fase di ricerca quantitativa. Le ipotesi interpretative che facciamo ci danno gli elementi, le variabili, su cui indagare e controllare le relazioni per verificare l’ipotesi stessa. La significatività del lavoro empirico dipende tutta da questa fase. Spesso gli studi quantitativi prevedono prima della realizzazione dello studio in sè una fase preparatoria dove si valutano la significatività e la pertinenza delle variabili scelte e dove possono essere presenti momenti di osservazione o di interviste colloquio. In questa fase è importante sia rendere operativi i concetti che si vogliono analizzare che mantenere aderenza al problema. Le variabili vanno definite in modo chiaro e univoco. Nello studio pilota, quindi, tutti gli strumenti di rilevazione sono convalidati mettendosi a confronto con la situazione vera che dovranno misurare. Grazie alla realizzazione del disegno applicativo si possono così controllare la validità e la funzionalità di ipotesi, strumenti, variabili rispetto al problema di partenza. Verifica quantitativa delle ipotesi Una volta che si dispone di ipotesi, variabili e strumenti di rilevazione, si può procedere al controllo rigoroso e quantitativo delle ipotesi predefinite per vedere se è possibile generalizzarle. La verifica può avvenire all'interno di disegni di ricerca oppure di vere e proprie sperimentazioni per verificare le variabili come si comportano. La selezione del campione dipende dal tipo di ricerca. In seguito bisogna definire in maniera meticolosa fasi, tempi e modi di somministrazione degli strumenti e di codifica e analisi statistica per controllare l’ipotesi. Le procedure di campionamento e di utilizzo degli strumenti devono essere svolte con la massima trasparenza e tracciabilità, affinché l’esperimento venga considerato valido deve essere ripetuto più volte e dare sempre lo stesso risultato. Il rigore con cui i materiali, gli strumenti di valutazione, le unità di misura sono utilizzate conferisce loro oggettività e li rende riutilizzabili, aprendo la strada alla possibilità di validare i risultati ottenuti e di giungere alla definizione di nuove leggi o regole, di trasformarsi in teorie e divenire terreno fertile per ulteriori ipotesi e verifiche. La problematicità del dato: l’interpretazione La valutazione e l’interpretazione dei dati non è mai priva di problematicità e opacità. Il rigore effettivo con cui si sono svolte le misurazioni dà una base di informazioni solida ma non garantisce un risultato di lettura univoco, rendendo comunque la discussione in merito molto ricca di altri eventuali spunti.Coinvolge il ricercatore e la comunità scientifica nella negoziazione dei risultati. un aspetto specifico della ricerca educativa e che amplifica la portata problematica dell'interpretazione è la valutazione delle effettive ricadute dei risultati evidenziati sul campo educativo e formativo, val a dire il ritorno a confrontarsi son il problema da cui si è partiti. Nel ripercorrere il processo complessivo di indagine quantitativa in ambito educativo si può osservare quanto essa preveda in più tempi la stretta connessione con la pratica educativa e una collaborazione fra teoria e pratica e come in ultima analisi gli esiti siano messi alla prova dalla loro capacità di orientare come scelte operative, di cambiamento e miglioramento della pratica educativa .Il ricercatore è coinvolto in una pluralità di momenti interpretativi, qualitativi e creativi , in fase di definizione dell'impianto di ricerca e in fase di lettura dei dati stessi, in un orizzonte epistemologico e non riconosce come verità assolute gli esiti della ricerca. Ricerca sperimentale e quasi sperimentale Le ricerche sperimentali classiche tentano di verificare le relazioni di causa effetto tra variabili e presuppongono il controllo e la manipolazione di una o più variabili che si pensa controllino il fenomeno. Le variabili Per variabili si intende qualsiasi aspetto concreto del fenomeno indagato che può assumere valori diversi misurabili. Ciascuna variabile per poter essere utilizzata deve essere operazionalizzata, cioè tradotta in una specifica definizione che la renda concreta e misurabile. Esistono due tipi di variabli: - Variabili indipendenti sono chiamate così perché il loro valore non dipende dalle variabili dipendenti, ma viene manipolato, controllato direttamente dal ricercatore. - Le variabili dipendenti di cui si pensa abbiano un aspetto causale sulla variazione delle altre, questo nesso va trovato e verificato. Sono chiamate anche variabili osservate perchè il ricercatore è interessato ad osservare come cambiano al variare delle variabili indipendenti. Per valutare la presenza di un nesso causa-effetto è fondamentale che tutte le variabili che potrebbero intervenire, dette variabili intervenienti o di disturbo, rimangano costanti, questo per garantire che eventuali cambiamenti osservati nelle variabili dipendenti vengano dalla manipolazione di quelle indipendenti e non da altro. Un esempio di ricerca: ricercatore interessato a indagare se e come cambia l'apprendimento degli alunni con l'introduzione delle tecnologie didattiche; vogliamo verificare l'ipotesi in base a cui l’utilizzo del computer e della rete per il repertorio delle informazioni-variabile indipendente-influenza l'apprendimento dei bambini- variabile dipendente-vanno tenuti sotto controllo alcuni possibili fattori come d'esempio il genere dei bambini, Il loro status socio-economico o la loro motivazione Il controllo: setting e gruppi La presenza di variabili intervenienti non controllate da ricercatore può portare ad errori minare la validità dell'esperimento. Il controllo è un concetto fondamentale della metodologia sperimentale. A tal fine è bene controllare il setting, cioè il contesto dell'esperimento. Lo studio il laboratorio prevede l'allestimento di un'area progettata appositamente; purtroppo l’artificiosità del laboratorio può alterare comportamenti dei soggetti. Nonostante il controllo delle variabili, la validità può essere comunque minata perché i risultati potrebbero non essere replicati in condizioni naturali. È possibile condurre esperimento sul campo introducendo altre variabili. Esempio di ricerca classica realizzata nelle aule scolastiche, setting naturale, un gruppo di insegnanti è stato istruito a lodare(Variabile indipendente) allievi scelti a caso(Casualità) in matematica per verificare se questo provocava un miglioramento nel rendimento dei successivi compiti di matematica (variabile dipendente). Un'altra strategia di controllo, può essere il controllo dei gruppi: - controllo fra gruppi: consiste nel formare 2 gruppi (gruppo sperimentale e gruppo di controllo) che differiscono tra loro solo per una variabile indipendente. In tal modo eventuali differenze nei valori della variabile dipendente rilevati potrebbero essere attribuiti solo alla variabile indipendente. L'assegnazione dei soggetti ai 2 gruppi dovrebbe avvenire in modo casuale, ma non sempre è praticabile perché a volte o tende ad alterare eccessivamente il contesto naturale oppure vi sono troppe variabili da considerare. Un metodo alternativo a quello casuale è quello del pareggiamento, che consiste nel rendere i gruppi simili rispetto alle variabili da controllare, pareggiando appunto l'effetto delle potenziali variabili di disturbo. In alcuni casi si procede ad un appaiamento (matching) uno a uno dei soggetti rispetto a queste variabili. - Controllo all'interno del gruppo stesso: gli stessi soggetti sono studiati prima e dopo un trattamento o più volte nel tempo. Questo metodo ha una maggiore validità ecologica perché simula maggiormente una situazione reale. Tuttavia, proprio perché in questo tipo di disegni i soggetti rappresentano sia la fonte di variabilità che quella di controllo, si espongono a numerosi rischi di interferenza come - Effetto di pratica: la ripetizione di una prova: costituisce una forma di esercizio e modifica il livello di prestazione - Effetto di sensibilizzazione: assuefazione al compito che altera la prestazione - Carry over: Persistono in una fase successiva gli effetti della condizione precedente. Per cercare di porre limite a questi effetti si può fare attenzione alla sequenza con cui vengono somministrati i test bilanciando i trattamenti. Per via della difficoltà nel realizzare setting di ricerca che permettano di controllare le variabili spesso si preferisce scegliere disegni di ricerca definiti semi-sperimentali, accettando quindi in partenza di non poter controllare tutte le variabili e applicando diverse modalità nella scelta del campione. Per questo motivo i quasi-esperimenti sono detti ex post facto poiché l’esperimento viene fatto con gruppi già formati. Sulla carta l’applicazione di questo metodo non ha controindicazioni ma è molto difficile riuscire a fare uno studio sperimentale rispettando le caratteristiche come la numerosità dei gruppi, la randomizzazione, l'assegnazione dei gruppi, il controllo di tutte le variabili intervenienti. Queste difficoltà e limitazioni sono le ragioni per cui molto spesso in ambito educativo si utilizzano metodi descrittivi anzichè esperimenti o quasi-esperimenti. Metodi descrittivi In ambito educativo non è sempre possibile applicare il metodo sperimentale e i ricercatori devono avvalersi di nuove strategie ad esempio i metodi descrittivi Consentono di descrivere il fenomeno in esame senza alcuna manipolazione della variabile indipendente né un completo controllo sulle possibili variabili intervenienti. Tre metodi descrittivi figurano diverse tipologie di studio: - L'inchiesta  forma più semplice, si tratta della descrizione di un fenomeno e si traduce in descrizioni sintetiche come quelle del Censis - Studi correlazionali.  individuano le correlazioni fra le variabili. Per poter effettuare un'analisi delle correlazioni è necessario disporre preventivamente di una conoscenza del fenomeno indagato a partire da precedenti studi e definire un modello teorico, cioè un disegno correlazionale. Ciò consente di individuare le variabili di riferimento e introdurle nello strumento di rilevazione, ad es un questionario. La correlazione ci parla unicamente dell'esistenza di un legame tra le due variabili, ma non offre informazioni rispetto alla presenza di un eventuale rapporto causale tra le due. Nonostante questo limite, la ricerca - Variabile indipendente ambigua. VALIDITÀ ECOLOGICA si riferisce alla corrispondenza tra le condizioni dell’esperimento e la realtà a cui si fa riferimento e alla quale si dovrebbero estendere i risultati ottenuti. Validità ecologica e validità interna sono inversamente proporzionali. La massima validità si attiene all'interno di ricerche che studiano fenomeni in ambiente naturale VALIDITÀ STATISTICA si verifica che la validità trovata tra le variabili sperimentali è casuale o meno tramite il calcolo delle probabilità o dell'inferenza statistica. Valutazione e monitoraggio della qualità della scuola: criteri, indicatori, standard Come già detto è importante che gli insegnanti siano capaci di comprendere e leggere studi di ricerca quantitativa. Questo tipo di competenza oggi è importante perché le indagini qualitative, oggigiorno, servono a valutare la qualità dei sistemi educativi e scolastici e sono inseriti in un vero e proprio Sistema Nazionale di valutazione che coordina i criteri e gli strumenti per tutto il sistema scolastico. Negli ultimi 25 anni si è infatti assistito, a livello europeo ed extraeuropeo, ad un implemento della ricerca e dei sistemi di valutazione della qualità della scuola, questo perché i sistemi di istruzione sono voci del bilancio economico e di investimento dei governi di cui si valutano esiti e ricadute in termini di successo scolastico,lavorativo e benessere sociale. C’è quindi una vera e propria istanza politica ed economica dietro al monitoraggio della qualità che segue una logica misurativa, quantificatoria e di standardizzazione. Alle scuole sono imposti criteri, standard ed indicatori con cui misurarsi. I criteri di qualità sono aspetti ritenuti rilevanti per individuare e valutare la qualità della scuola. Gli standard sono da considerarsi come punto di riferimento per orientare l’azione che poi vengono tradotti in indicatori, per indicatore si intende il tentativo di contenere un fenomeno complesso in un enunciato descrittivo che possa anche diventare oggetto di misurazione. Dall’identificazione degli indicatori significativi si costruiscono strumenti di valutazione. Il Sistema di Valutazione Nazionale, coordinato da Invalsi, ha in questi ultimi anni realizzato una serie di attività di strutturazione di documenti che non hanno avuto sufficienti tempi di riflessione e confronto a scuola nonostante le molte sperimentazioni ed è proprio su questo aspetto che in Italia sono nate delle incomprensioni. Da un lato si riconosce che queste forme di valutazione nazionale hanno permesso di avere moltissime informazioni utili per avviare un processo di miglioramento nel sistema scolastico; dall’altro l’assenza di dialogo nel definire modalità, criteri e finalità con cui si valutano queste prove compromette la disponibilità all’apertura. Diversi studi hanno dimostrato come la pressione di sistemi di valutazione esterna possono provocare forme di: - inganno → insegnanti aiutano gli studenti nelle prove - semplificazione → insegnare solo ai fini di semplificazione del test - fissazione riduttiva su alcuni obiettivi, indicatori e variabili. - isomorfismo → tendenza delle scuole ad uniformarsi in metodi e strumenti. E’ molto importante appoggiare l’impegno riflessivo e di ricerca in ambito educativo e didattico sul controllo centralizzato della qualità dei processi e dei prodotti dell’istruzione e sull’azione riflessiva qualitativa. Insegnanti e dirigenti devono essere in grado di leggere analisi statistiche e quantitative per inserirle in una corretta prospettiva ricercando domande di riflessione e d’indagine sulle diverse interpretazioni che si possono dare. Il processo riflessivo sul dato quantitativo e sulla cornice teorica è un passaggio molto importante per superare forme di totale disinteresse all’assunzione meccanicistica e acritica dei dati raccolti. Capitolo 8: Strumenti di documentazione e di ricerca La progettazione didattica, la formazione e la ricerca educativa implicano tutta una serie di strumenti di rilevazione dei dati e di documentazione dell’attività educativa. La pratica della documentazione si costruisce in corso dell’azione didattica e implica un insieme di procedure e strumenti (osservazione, diari, video) che permettono di tenere traccia e rendere comunicabile l’azione educativa. Strumenti di ricerca, strategie formative e strumenti di documentazione del attività educative hanno ampie aree di sovrapposizione. Più la ricerca e la formazione in educazione trovano nella documentazione degli insegnanti un materiale prezioso su cui operare riflessivamente e analiticamente, per cui la documentazione si configura come un attività di ricerca in se stessa e preparatoria lavoro di ricerca e alla formazione degli insegnanti, finalizzato allo sviluppo di consapevolezza e al miglioramento dell attività pratica. La documentazione è una raccolta di documenti di varia natura finalizzata a rendere visibile il processo di insegnamento-apprendimento, a rendere visibile il senso e la struttura della pratica didattica di un processo affinchè diventi comunicabile, condivisibile e oggetto di riflessione individuale e di gruppo. Documentare vuol dire raccogliere tracce di ciò che accade nella progettazione della didattica e nel corso dell’azione didattica in classe in una forma che permetta essere fruibile a più scopi. E’ il materiale che viene raccolto dall’insegnante prima, durante e alla fine dell’attività che gli permette di realizzare sia alla fine che in itinere una riflessione su quanto sta facendo e gli permette di rivedere le sue scelte, Valutare la coerenza tra obiettivi previsti e realizzati, migliorare la progettazione e la conduzione di processi didattici complessi in parte imprevedibili. La documentazione di un percorso didattico facilita il lavoro di riflessione di un gruppo di insegnanti e il lavoro con collaboratori esterni, se viene condivisa come materiale di ricerca esterna. In percorsi di autoformazione e formazione permette di approfondire l'analisi di aspetti specifici, elementi del proprio comportamento e del comportamento dei bambini nel corso dell'attività didattica. La documentazione oggi è considerata un elemento strategico ed innovatore anche nel percorso formativo universitario( tirocinante-esperto, tirocinante-tutor) e per gli inseganti neo assunti. Con la documentazione vengono messi in luce, in modo microanalitico, delle varie azioni didattiche i comportamenti degli attori e le variabili che entrano in gioco. Essa poi viene condivisa dal tirocinante con il tutor. A prova di ciò si è vista l’istituzione di un percorso sperimentale attivato nel 2014-2015, il Ministero dell’Istruzione ha richiesto agli insegnanti neoassunti nell’anno di prova la costruzione di un portfolio dove l’insegnante doveva documentare elementi della sua storia formativa ritenuti importanti, un percorso didattico ricostruito tramite una progettazione e una riflessione conclusiva. Al termine dell'anno di prova il portfolio è stato discusso con la commissione di valutazione della scuola. La documentazione nei percorsi di tirocinio e neoassunzione fa da mediatore tra la teoria e la pratica, tra gli obblighi valutativi e gli obbiettivi formativi. Raccogliere e rileggere dati, materiali e documentare le varie azioni didattiche permette di dare una continuità alle varie esperienze e di far emergere i saperi taciti. La documentazione permette al gruppo o all’insegnante di prendere coscienza di quello che accade, di capire il pensiero che sta dietro all’azione, di analizzare gli schemi d’azione e rielaborare le varie azioni in una cornice di riferimento. Essa fa parte della pratica riflessiva in quanto permette di riflettere sulle azioni e trasformarle. Inoltre, la riflessione sulla pratica educativa fa emergere gli scarti tra dichiarato e agito. La costruzione della documentazione si presenta come un lavoro di indagine e di riflessione: nel lavoro di tessitura e rilettura di un esperienza si è impegnati a immergersi a fondo nell’esperienza svolta e al contempo ad assumere una posizione osservativa, a distanza, guardando l'esperienza come un oggetto di osservazione con uno sguardo intimo ed esterno al contempo. Più le funzioni della documentazione sono quelle di:  tenere memoria del flusso della vita pratica  consentire il passaggio dall'implicito all’esplicito  rendere comunicabile ciò che accade  mettere in comunicazione che ha agito e chi ascolta, senza aver fatto parte dell’azione  consentire un’elaborazione del vissuto per elevarlo esperienza di apprendimento su di sé e sulla pratica  supportare la trasformazione delle cornici interpretative di riferimento o la valorizzazione di idee pratiche educative efficaci e valide. Esistono due caratteri principali di documentazione:  denotativo → scrittura descrittiva che racconta lo svolgersi di un percorso. Può avvenire in forma più o meno analitica.  connotativo → comunica aspetti del processo(comportamenti, emozioni, relazioni). Richiede di predefinire su che aspetti focalizzarsi, la ricostruzione mnemonica e la riflessione. Le categorie di analisi privilegiate sono le realtà educative che è ben più sfaccettata e multidimensionale di quanto possiamo pensare. Esistono vari strumenti di documentazione di cui ci si può avvalere:  forme diaristiche, narrative e osservative che rappresentano sia il livello denotativo che quello connotativo  osservazioni  materiali documentali come prodotti, documenti di progettazione di una certa attività  documenti audio e video  interviste, focus group, questionari sono strumenti della ricerca sociologica e rappresentano un arricchimento alla documentazione. L’osservazione è la prima fonte di documentazione della pratica didattica. Non denota solo una tecnica o uno strumento di ricerca, ma indica per lo più un habitus, una competenza che è strettamente correlata alla pratica riflessiva. L’osservazione è una parte integrante del processo di indagine e riflessione definito da Dewey. Osservare a scuola significa trovare dei dati sulla condizione in atto per individuare la strategia migliore per intervenire promuovendo il cambiamento. Nella formazione universitaria e nella formazione in servizio degli insegnanti l'osservazione viene proposta come con continuità sia come osservazione attiva del contesto e dell'insegnante tutor-accogliente nella scuola, sia come osservazione del tutor-accogliente nei confronti del tirocinante nell’esperienza di attività didattica preparatorie. Osservare deriva dal latino observare e significa guardare con attenzione, focalizzarsi su un soggetto, un evento e mantenere il ricordo. E’ un processo complesso che viene messo in atto consapevolmente da un soggetto. Infatti, l'osservazione richiede concentrazione in quanto costantemente siamo sottoposti a un grandissimo numero di stimoli dei quali sono una percentuale ridotta cattura la nostra attenzione al punto di essere osservata. In campo educativo l'osservazione è una pratica intesa come una modalità intenzionale, pensata e finalizzata, per approcciarsi all’ambiente educativo circostante e diviene tecnica quando strutturata sostenuta da criteri condivisibili, dei tempi, nei modi, negli scopi, che sostengono la realizzazione e la sistematizzazione del processo. Osservare non è un generico guardare, ma posare lo sguardo in modo minato. Quando l'osservazione guidata da domande rilevanti e continuo necessita di pianificazione e sistematicità per produrre risposte costruttive. In questo caso l'osservazione si realizza a partire da una domanda specifica e quindi da un obiettivo, segue una procedura codificata, implica l'uso di strumenti e quindi richiede un metodo. All’interno del contesto educativo- scolastico l’osservazione assume valenze e caratteristiche precise. Svolge più funzioni:  conoscitiva  valutativa: l'osservazione del contesto virgola di se stessi, dei colleghi degli alunni è finalizzato a riconoscere aspetti che funzionano e aspetti che possono essere migliorati  formativa: contribuisce alle conoscenze proprie dell'insegnante in formazione in servizio. In ambito umano si parla di etologia umana come studio della biologia del comportamento. Secondo gli etologi comportamento deriva dall'azione della selezione naturale e la sua evoluzione serva a favorire l'adattamento dell'organismo all'ambiente. Quindi si osservano la natura e la frequenza di comportamenti al fine di scoprire le relazioni adattive con gli ambienti dei quali gli individui si sviluppano. L'osservazione etologica è stata usata da Bowlby per elaborare la teoria della relazione di attaccamento: descrivi le strategie comportamentali del neonato atti ad assicurarsi la cura la protezione da pericoli procurandosi la vicinanza fisica alla madre. Il contributo etologico nelle scienze umane è di tipo metodologico. Le caratteristiche dell’osservazione etologica sono:  l’osservazione del comportamento in ambiente naturale. Infatti, la teologia sostiene che i comportamenti evolutisi del tempo sono strettamente legati all’ambiente per cui sono stati selezionati e quindi è necessario osservarli in quel determinato sistema ecologico.  l’osservatore non deve influenzare in nessun modo le sequenze comportamentali che devono avvenire in modo spontaneo. Possiamo parlare quindi di osservazione non partecipante.  l’osservazione mira alla costruzione di un catalogo minuzioso di tutti i comportamenti osservati secondo una classificazione precisa.  l’osservazione è non valutativa, descrittiva senza interpretazioni ed oggettiva. Le indagini etologiche puntano alla descrizione dettagliata di moduli comportamentali Composti in unità di analisi chiaramente osservabili. I comportamenti sono descritti a prescindere dallo scopo, senza presupporre eventuali motivazioni sottese. Il processo di interpretazione dei comportamenti serve per capire le cause immediate di un comportamento dal suo valore adattivo per la specie e l’individuo ( Qual è la causa immediata di questo comportamento? Qual è lo sviluppo di questo individuo per avere queste risposte comportamentali? Che funzione ha tale comportamento? Perché questa specie risolvi una particolare problematica di sopravvivenza in tale modo?). La suddivisione della spiegazione del problema in queste quattro domande semplifica lo studio del comportamento e permette di non confondere le cause prossime con le cause remote. Il prodotto di questo tipo di osservazione è l’etnogramma o repertorio comportamentale esaustivo, Ossia una lista completa di descrizioni riferite a specifici comportamenti che si caratterizzano per ricchezza di particolari e rilevazione minuzioso dei tempi, senza di commenti di inferenze sulle motivazioni del soggetto. Le tecniche di rilevazione usate sono : dettatura al registratore, videoregistrazione, check list( che però prevede un’alta conoscenza del fenomeno in esame). Gli studi etnologici si sono dimostrati efficaci per quanto riguarda lo studio del comportamento sociale infantile che permette di comprendere anche delle problematiche psicologiche. In generale teologia insegna indagare i fenomeni nei contesti in cui si verificano e anche nel loro svolgersi del tempo, a focalizzarsi sulle azioni distinguendo con chiarezza la descrizione di ciò che è osservabile e interpretazione di ciò che non è osservabile. Due sono le grandi obiezioni posta questa metodologia: 1. la pretesa dell'oggettività dell’osservazione 2. la frammentazione del comportamento in unità ridotte che può oscurare il significato globale di un comportamento in un determinato contesto. 3)L’OSSERVAZIONE SEMI-SPERIMENTALE PIAGETIANA La metodologia osservativa introdotta da Piaget aveva lo scopo di chiarire i meccanismi su cui si basano e che producono i fenomeni intellettuali che ci portano a conoscere. Egli deriva la teoria sullo sviluppo del pensiero dalla sistematica osservazione dei comportamenti visibili dei bambini, in particolare dei figli, e delle trasformazioni dei comportamenti stessi. Questo tipo di metodologia è chiamata quasi- sperimentale o clinico-sperimentale perché si basa su un insieme di ipotesi sistematicamente verificate tramite la manipolazione delle variabili. Durante l'osservazione gli predisponevano situazione ambientale in cui ipotizzava che si sarebbe verificato un determinato comportamento che gli interessava studiare. Le caratteristiche delle variabili indipendenti venivano di volta in volta modificate in modo da poter notare eventuali cambiamenti nelle reazioni nei comportamenti dei bambini. Piaget combinava l’osservazione di comportamenti spontanei a quella di comportamenti stimolati attraverso la variazione di elementi sperimentali. Durante l'osservazione lo studioso chiedeva spiegazioni al bambino e si interrogava insieme a lui rispetto quali fossero le cause di alcune questioni poste e quali le possibili conseguenze. sulla base delle risposte dei bambini poneva catena una serie di domande di approfondimento. Nasce così il metodo clinico ovvero una strategia che consiste in un'interazione dialogica col bambino tale per cui le domande che lo sperimentatore pone sono guidate dalle stesse risposte del bambino. Piaget osserva che il pensiero del bambino in parte è formulabile e in parte resta implicito. Per questo lo studioso si chiede come poter fare per ascoltare e per sollecitare quello che non viene spontaneamente detto. Quindi l'osservazione piagetiano concilia queste due Vicenza e combinando l'atteggiamento del clinico con quello dello sperimentatore: il buon clinico parla ascolta il malato ma lo accompagna dolcemente nelle zone critiche laddove potrebbe affiorare il problema. L'unità di osservazione del metodo clinico piagetiano e costituita dal comportamento dei bambini, ossia l'insieme di azioni spontanee di reazioni provocate da una certa manipolazione indotta dal clinico. Un alto aspetto dell'osservazione piagetiana e che taglia osservazioni sono sistematiche e longitudinali andando a costituire nel tempo un modello originale di diario. In questa prospettiva le osservazioni sono continue e restituiscono una storia caratterizzata da cambiamenti che possono essere studiati mentre sono in corso. L'osservazione richiede quindi di essere ripetuta più volte nella stessa situazione anche nell’arco della giornata stessa. E un'osservazione di tipo qualitativo, infatti , Piaget non ho fornito tabelle , ma illustrazioni di processi sui quali sta ragionando. Questo aspetto è stato oggetto di critica dal momento che l'assenza di indicazioni basilari e di formulazioni quantitative, utili per essere ripetute correttamente ha limitato la validità scientifica delle sue sperimentazioni. Altra critica mossa è relativa al vedere solo ciò che voleva vedere, le reazioni che confermavano il suo pensiero, senza considerare la soggettività del proprio punto di vista e l'influenza che questo poteva avere sulla percezione della sperimentazione. 4)L’OSSERVAZIONE PSICOANALITICA L’osservazione psicoanalitica approfondisce e fa luce su un aspetto molto importante: la relazione tra osservatore ed osservato. Una sua caratteristica è il fatto che l’osservatore deve prestare attenzione a due dimensioni:  verso il soggetto studiato  verso se stessi. Questo tipo di osservazione si è sviluppato seguendo due filoni di pensiero che si sono formati nel tempo:  Anna Freud in Europa e Margaret Mahler negli Stati Uniti hanno usato l’osservazione per ottenere informazioni utili allo sviluppo delle ricerche sul mondo dei bambini e delle loro relazioni. I dati raccolti vengono confrontati con analisi fatte sue casi e permettono di integrare la descrizione.  in funzione della formazione del terapeuta: osservazione come processo interno dove l’attività di pensiero dell’osservatore diventa costitutiva delle interpretazioni psicoanalitiche. Nonostante il terapeuta mantenga sempre una neutralità formale rispetto alla situazione che osserva deve essere in grado di percepire la propria partecipazione emotiva. I due filoni evolutisi nella storia della osservazione psicoanalitica diventano due facce di uno stesso processo metodologico: download si cerca di mantenere una certa aderenza e oggettività e dall'altro si allena la consapevolezza emotiva dei significati affettivi. Nella descrizione verbale e discorsiva di ciò che si osserva è necessario l'uso di termini altamente qualitativi e differenze rispetto alle cause dei comportamenti osservati. Pertanto l'osservazione psicoanalitica richiede un setting rigorosamente definito costituito da incontri settimanali discussione supervisione delle osservazioni, nel corso dei quali vengono analizzati vissuti e le reazioni emotive dell’osservatore. Principi di base della metodologia osservativa psicoanalitica sono:  l'attenzione minimi dettagli del comportamento del bambino: Prendere nota di qualsiasi cosa faccia, dica il riferimento alle sue capacità intellettuali, alla sua età biologica, il suo linguaggio, alle sue relazioni sociali.  l'osservazione del contesto  lo studio della continuità genetica: il bambino è inserito in un continuum evolutivo che prende le mosse da predisposizioni genetiche per essere influenzato dagli eventi dalle esperienze di vita. L'osservazione non è guidata da domande priori o schemi prefissati ma rimane libera. Il controllo sull’attendibilità dei dati osservati e reso impossibile perché non si può immaginare alcun tipo di registrazione audio o video o di doppia presenza di osservatori in situazioni così complesse. Un ulteriore obbiezione riguarda anche il ruolo posizione dell'osservatore. Ha però il grande pregio di fornire descrizioni particolareggiate e ricca di intuizioni del processo di crescita di un bambino nelle relazioni affettive primarie e secondarie in contesti educativi esterne alla famiglia. Si tratta di una metodologia complessa che ci consegna resoconti unici sulle formazioni delle prime relazioni. Per questo motivo appare una risorsa di grande utilità ai fini della formazione di chi si prende cura dei bambini perché concorre a sviluppare la sensibilità dello sguardo sulla relazione educativa, ad affinarne la comprensione. 5)L’OSSERVAZIONE ETNOGRAFICA L’osservazione etnografica ha radici nella ricerca antropologica ed etnografica. Originariamente si andavano a studiare modelli di società, culture e popolazioni sconosciute e diverse da quella occidentale, oggi è uno strumento che permette di studiare micro-culture come quella scolastica. Il primo problema metodologico consiste nell’accesso ai contesti locali per comprendere a fondo i significati dell'osservazione. L’assunto di base è che non sia possibile separare l'osservatore dall' osservato. La ricerca etnografica è di stampo qualitativo e riprende l'ottica costruttivista dell’andare ad immergersi completamente e personalmente nel gruppo e nelle dinamiche che si vogliono studiare. Quindi solamente partecipando alla vita sociale è possibile ricostruire il senso dei fenomeni cercando di capire il punto di vista della comunità osservata. Quindi possiamo parlare di osservazione partecipante perché l’antropologo interagisce con la comunità osservata. Nella scuola è una tecnica molto utilizzata da psicologi e pedagogisti grazie all’utilizzo di alcune tecniche specifiche. Vi sono tre aspetti peculiari del metodo osservativo etnografico: 1. è un lavoro intensivo e partecipato fondato su osservazioni sul campo di lunga durata in cui l'osservatore entra nel gruppo e ne descrive in modo esaustivo i contesti naturale in cui si svolge l’azione, le pratiche sociali. 2. ha interessi microscopici ed approfonditi: la descrizione è minuziosa e particolareggiata e deve andare in profondità nei fenomeni osservati. 3. le ricerche etnografiche si caratterizzano per ricorsività ossia il rapporto tra dati raccolti e teorie ha forma di continuo confronto. La validità dei dati raccolti viene avviene tramite un processo di triangolazione indefinita cioè l’esame di molteplici prospettive fondi al fine di creare una fitta rete di informazioni intorno a uno specifico fenomeno. In aggiungersi raccolgono documenti, come materiale scritto artistico virgola e si rileva il linguaggio prodotto nelle conversazioni spontanee. L’osservazione etnografica a molti pregi:  accuratezza ed estensione delle fonti  pluralità di materiali  molteplicità di fonti di informazione  vicinanza al fenomeno studiato che permette di mettere a fuoco gli eventi. 1. Carta e matita → vantaggi : buon livello di mantenimento di contatto con la situazione. E non perdere la visione d’insieme. Svantaggi: le trascrizioni non garantiscono la stessa affidabilità dei video 2. Videoregistrazione → vantaggi  differenziare i tempi della vita registrazione e della trascrizione rispetto agli elementi di interesse;  ritornare al filmato in qualsiasi momento per sciogliere qualche dubbio;  verificare la consistenza della codifica di dati osservati nel tempo;  rilevare studiare i fenomeni complessi che richiedono informazioni su dimensioni diverse quali lo sguardo, l'espressione del volto, le posture. Svantaggi: ampiezza del campo, velocità di cambio inquadratura, qualità insoddisfacente. 3. audioregistrazione → vantaggio: contemporaneità di osservazione con la registrazione, attenzione all’evento. Svantaggi : si perdono aspetti importanti come il non verbale. La pratica diaristica ha la funzione principale di contenitore per tenere traccia di ciò che si sta facendo e la sua caratteristica principale è quella di coniugare diverse esigenze: annotare cosa succede nel tempo, osservare e riflettere. Il valore di queste funzioni cambia in base alle finalità che gli sono date. Trattandosi di una forma di scrittura è necessario scegliere accuratamente le parole poichè sono ciò che resterà e darà significato all’esperienza. Non si tratta solo di una cronaca ma l’impronta che ha lasciato su di noi quel certo fatto. I diari sono strumenti molto versatili e possono usare in forme diverse:  molto aperte o semi-strutturate: possono contenere domande guida o indicatori, ma di solito non richiedono un grande livello di strutturazione;  individuali o scritture collaborative: quando raccolgono attività che sono situate in progetti condivisi tra più persone;  quotidiani o scanditi da tempi distanziati, in corrispondenza di attività specifiche. Alcune tipologie di diario sono:  CRONACHE E DIARI DI BORDO: si tratta di una pratica di scrittura che accompagna e documenta l’agire quotidiano permettendo di prendere nota anche di eventi percepiti come non molto significativi. Sono fonte di materiale esperienziale che è molto utile ai fini dell’osservazione anche ai fini della rilettura a distanza. Permettono di fissare l’esperienza e di mantenere chi scrive in contatto con il susseguirsi degli eventi portando alla riflessione a posteriori. Il loro vantaggio maggiore è quello di permettere uno sguardo riflessivo e introspettivo e ricostruttivo in modo da aumentare la consapevolezza del proprio modo di fare. Il diario di bordo permette di riflettere su sè stessi in quanto si deve trovare del tempo da dedicarvi e si deve adottare uno sguardo da lontano. In particolare, permette di analizzare il proprio modo di fare e di diventare abili nell’analisi degli eventi. I diari di bordo hanno una forma rigida e raccolgono due livelli: 1)descrizione di eventi accompagnate da intuizioni, valutazioni, riflessioni e descrizioni di eventi e situazioni accompagnate da 2)ipotesi riguardo le proprie azioni future. Per redigere il diario di bordo entrano in gioco la memoria episodico-descrittiva(fatti accaduti, conversazioni, azioni) e la memoria semantica che tende alla sintesi interpretativa degli eventi. Solitamente si pensa che la stesura dei diari dovrebbe essere fatta a caldo per permettere a tutti i vissuti e riflessioni di emergere lasciando un margine bianco per permettere riflessioni a posteriori durante la rilettura. Demetrio parla di bilocazione e moltiplicazione per descrivere un processo di sdoppiamento per cui si può guardare se stessi come un soggetto altro da sé oppure si può ripensare agli eventi dal punto di vista di altre persone coinvolte nella scena educativa( colleghi).  DIARI OSSERVATIVI: consistono nel prendere nota alla fine di una sessione osservativa degli eventi significativi che si è osservato. In questo caso l’osservazione descrive interazioni e comportamenti anche testi di scambi verbali e riscontri introspettivi su quanto è accaduto. Si realizza una documentazione che al contempo è descrittiva ma che in alcuni casi implica la compilazione di questionari ed integrata con registrazioni, video e disegni. Osservare ed analizzare in modo dettagliato il comportamento altrui però rischia di instaurare dinamiche comportamentali difficili andando a minare l’affidabilità dei diari e creare situazioni relazionali non facili. Il dato osservativo è fondamentale e complementare alla ricostruzione narrativa. Integrazioni interessanti in questo tipo di diario sono gli audio e i video delle conversazioni che vi sono in classe tra insegnante ed alunno.  DIARI DI PROGETTO: integra la scrittura narrativa del resoconto di eventi, situazioni e attività svolte, la loro descrizione osservativa con delle riflessioni sostenute anche da delle domande predefinite. Possono essere scritti individualmente o collaborativamente. I diari di progetto contengono informazioni come data, breve descrizione di quanto successo, ragioni dell’importanza di questo evento, chi era coinvolto, domande sull’evento. In caso di scritture collaborative bisogna fin da principio condividere il tipo di strutturazione, le sue priorità e gli obbiettivi da dare in modo da evitare pagine con osservazioni troppo libere da cui non si può trarre nulla di confrontabile. In base alle attività annotate l’insegnante può svolgere una riflessione più o meno approfondita basandosi sulla rilevanza che essa ha su progetto che sta seguendo. La riflessione può prevedere vari punti come gli obbiettivi previsti raggiunti o meno, coinvolgimento degli alunni, le risorse, valutazione su ciò che è apparso funzionale e ciò che è critico o problematico…  DIARI DI RICERCA E PROMEMORIA ANALITICI: sono usati nella ricerca qualitativa per tenerne presente tutto il progetto e rendere l’esperienza trasparente. In campo scientifico i diari sono utili anche a scopo personale, aiutano a capire i propri vissuti personali durante l’indagine( riflessione durante l’azione di ricerca) ed aiutano il ricercatore a crearsi un punto di vista critico( riflessione sull’azione svolta a indagine compiuta). Nel diario di ricerca il lavoro si sviluppa su due piani: 1)descrittivo: documentare dettagliatamente il processo di ricerca e la vita mentale del ricercatore allo scopo di registrare tutti gli indizi per una posteriore analisi del processo di ricerca 2)critico perché è importante passare dalla pura descrizione al prendere coscienza del fenomeno. Durante il percorso di ricerca è possibile utilizzare una strategia breve e rapida di raccolta di idee e pensieri: i promemoria analitici. Devono essere prodotti a scansione regolare e contengono riflessioni prodotte a distanza di tempo ravvicinato alla fine di un’attività inerente al processo di ricerca. Dunque, sono dei brevi input scritti che consistono in note sui dadi da raccogliere per approfondire meglio certe idee e punti di vista. da sottoporre a verifica. Essendo un tipo di analisi molto stringata andrebbe confrontata con il diario o trascrizioni di video/audio. Le trascrizioni di conversazioni che avvengono in ambito scolastico sono un oggetto di osservazione ed interpretazione molto rilevante. Il linguaggio è il principale strumento di mediazione simbolica e permette di condividere credenze, ideologie, rappresentazioni. Il linguaggio non è solo parole, ma un codice entro il quale costruire significati. In particolare, in ambito educativo il linguaggio media le modalità di condivisione di idee e promuove o meno la partecipazione dei soggetti alle attività sociali o di apprendimento. più l'analisi del discorso e una famiglia di approcci che studiano l'uso del linguaggio delle conversazioni in contesti sociali. Il discorso svolge molteplici funzioni all'interno delle situazioni didattiche e sociali:  a un livello profondo, contribuisce a costruire le relazioni, a comunicare l'immagine di sé e dell'altro;  a livello di processi cognitivi, serve all’apprendimento di concetti virgola di abilità di ragionamento e di competenze metacognitive. L’analisi delle conversazioni permette di capire: le modalità della conversazione, le asimmetrie di potere e la punteggiatura della sequenza comunicativa. In particolare, in ambito scolastico nella pratica documentale del lavoro in classe si possono cogliere indizi:  sulle motivazioni, intenzioni dei bambini  sulle percezioni reciproche verso le relazioni che vi sono tra i soggetti impegnati nella comunicazione  sulla condivisione degli scopi tra insegnante-alunno. La registrazione d l’analisi delle conversazioni fatte in classe permette all’insegnante di prendere consapevolezza ed analizzare il suo stile comunicativo e relazionale. La tipica modalità di interazione in classe da parte dell’insegnante di solito si articola nel seguente modo:  introduzione dell’argomento da parte del docente  spiegazione  porre domande  assegnare i compiti e verificare quanto appreso. Gli alunni possono alzare la mano, intervenire solo se interpellati, ascoltare, scrivere. Wells nel 1999 ha strutturato l’analisi del discorso a scuola su quattro livelli partendo da una macro unità di analisi, un episodio: 1. un episodio, può essere un’attività specifica finalizzata a uno scopo 2. si svolge in un numero variabile di sequenze 3. ogni sequenza è composta da scambi e discorsi 4. le cui unità minime sono le mosse. La microanalisi del discorso poi prende in esame più aspetti, specialmente in campo scolastico:  chi avvia gli scambi comunicativi  l’insegnante si rivolge a tutti o solo agli alunni più attivi  come vengono interpretati gli errori di comprensione  che tipo di domanda usa l’insegnante  come stimola la partecipazione  che linguaggio usa l’insegnante. Il repertorio di codifica delle unità di analisi del discorso è molto ampio e può variare in base alla cornice teorica di riferimento. Importante è qind scegliere chiaramente cosa osservare nelle trascrizioni. L'utilizzo del video sta modificando il modo di fare ricerca e il suo utilizzo è stato cambiato nel tempo. Gli studiosi originariamente hanno introdotto l'uso del video come supporto alla ricerca e si assicuravano in questo modo di restituire con la massima oggettività contenuti inconfutabili, infatti il video rappresenta un modo per riprodurre la realtà esatta dei fenomeni che sono oggetto di studio. esso si è diffuso nel clima culturale del positivismo e successivamente è stato usato nella ricerca etnografica. Per alcuni studiosi divenne l'oggetto stesso dello studio come per esempio Franz Boas. Egli usa questo strumento per diffondere il mondo culturale che avevano conosciuto direttamente e di cui intendevano produrre una descrizione documentata. Dopo questo primo utilizzo di tipo documentale che serviva per garantire l'oggettività delle testimonianze a supporto delle descrizioni verbali la riflessione sul video,fu sviluppata, insieme ai grandi cambiamenti epistemologici che sono stati protagonisti del secolo scorso, una discussione sul concetto di L’intervista è uno strumento della ricerca sociale, nel quale attraverso domande più o meno rigidamente prefissate si intende raccogliere informazioni o opinioni su un particolare tema. Oltre che per raccolta dati, può essere utilizzato come strumento di riflessione. Intervista può essere definita come uno scambio verbale fra due persone in cui uno dei due attori, l’intervistatore, è interessato a raccogliere informazioni opinioni su un particolare tema ponendo una serie di domande al suo interlocutore, all’intervistato. Nonostante assomigli ad una conversazione NON lo è perché lo scambio non è casuale; i ruoli non sono intercambiabili: l'intervistato non può porre domande all'intervistatore e quest'ultimo deve facilitare lo scambio senza offrire la propria opinione sui temi affrontati. E' uno scambio asimmetrico. Esistono varie tipologie di intervista e possono variare per il grado di strutturazione della traccia di intervista, per la profondità a cui mirano nell'esplorare l'opinione dell''esperienza soggettiva, e per il polo di centratura ossia la libera espressione dell''intervistato e sulle domande strutturate dell''intervistatore. Le interviste possono essere rigidamente strutturate, strutturate, semi-strutturate, libere, centrata sull’intervistato. INTERVISTA CENTRATA SULL’INTERVISTATO: pone nella massima centratura sul intervistato, il quale gode di un ampia libertà narrativa, può scegliere quale percorso seguire nel discorso, una volta avviato attraverso una breve introduzione dell'intervistatore e la proposta di una domanda aperta. Il colloquio centrato sull’intervistato, va inteso come strumento di conoscenza dell'esperienza altrui. La modalità di conduzione è priva di scaletta e prevede una comunicazione non direttiva. Sarà compito dell''intervistatore avere chiaro l'argomento rispetto al quale prevederà un'articolazione di possibili sotto-temi o aspetti salienti sui quali cercherà di consentire ed invitare l'intervistato a parlare creando un clima comunicativo favorevole e tenendo in apertura equilibrio e focalizzazione del discorso. L’intervistatore deve concedere all’intervistato di parlare più liberamente possibile pur mantenendo un focus tematico e arginando eventuali eccessive divagazioni. Queste caratteristiche Quando si che intervista libera presenta molte analogie con i colloqui terapeutici psicologici. Infatti, in quest’ultimi viene lasciata la libertà di far fluire senza vincoli associazioni di pensiero. In modalità di conduzione di un colloquio centrato sul intervistato si ispirano alla psicologia fenomenologico-umanistica di Carl Rogers. Tra questa tipologia di intervista e i colloqui terapeutici psicologici vi sono analogie ma anche due differenze sostanziali, tra queste: 1) mentre il colloquio nasce da una richiesta del soggetto che desidera un sostegno, l'intervista libera segue una direzione opposta: il ricercatore necessita delle argomentazioni del soggetto. 2) il colloquio pone il suo focus primariamente sulla relazione tra terapeuta e cliente con l'intento di modificare opinioni, atteggiamenti e comportamenti dei soggetti. Nel caso dell''intervista, invece, il fine va al di là del rapporto col soggetto in questione in quanto parte dall'esigenza di raccogliere informazioni la cui utilità si collega ai fini della ricerca. L'intervistatore è chiamato alla completa assenza di giudizio e di valutazione nei confronti dell'interlocutore, di una comprensione empatica dell'intervistato e deve porsi nella posizione di facilitatore della comunicazione sollecitandolo all'arricchimento e approfondimento dei propri racconti. Infatti, al centro del colloquio e la scorta della persona, dei suoi pensieri emozioni e la creazione di uno spazio di comunicazione il più possibile accogliente, rispettose di libera espressione per l'intervistato. lo sforzo che compie intervistatore di comprendere lo schema di riferimento interno dei significati che le intervistati esprime e di non sovrapporre adesso il proprio. nel colloquio intervistatore si pone come facilitatore della comunicazione, ossia sollecita intervistata da arricchire approfondire i propri racconti attraverso interventi a specchio, per questo non prevede domande dirette. Questa intervista può tenere conto sia dei contenuti palesi che di quelli latenti, profondi punto la difficoltà riguarda la mole di materiali narrativi e la difficoltà dell’ intervistatore di non deviare eccessivamente dal tema in oggetto. Il grande vantaggio e l'opportunità che queste interviste offrono per ricostruire da esplorare idee, atteggiamenti, scelte educative ed emozioni. INTERVISTA SEMI-STRUTTURATA: modalità di conduzione centrata sull'intervistato. Viene definito un canovaccio di domande da proporre, l'intervistatore può apportare alcune modifiche (modificare o saltare domande per esempio) nella formulazione e nell'ordine delle domande per meglio adattare l'intervista all'intervistato ed ai contenuti emersi. Si decide a priori se vi sono delle aree tematiche che devono essere indagate oppure se è utile proporre le stesse identiche domande gli intervistati valutando eventualmente l'opportunità di modificare il momento in cui vengono poste, di saltarne alcune per evitare ripetizioni o di aggiungerne altre. INTERVISTA STRUTTURATA: la formulazione e la sequenza delle domande sono decise a priori e le possibili opzioni di risposta sono già stabilite lasciando spazi più limitati all’intervistato. Per garantire la comparabilità delle risposte dei diversi intervistati, intervistatore deve uniformare il più possibile le modalità di somministrazione delle domande. All’intervistatore permesso modificare la domanda solo in caso di mancata comprensione, anche se in questo modo viene meno la possibilità di confrontare pienamente le risposte. INTERVISTA RIGIDAMENTE STRUTTURATA: presenta il massimo livello di strutturazione e può essere paragonato a un questionario. non solo la formulazione e la sequenza delle domande sono decisa a priori, ma anche le possibili opzioni di risposta. Quindi la preparazione dell'intervista presuppone un tempo di preparazione molto ampio per poterne verificare attendibilità ma un tempo minore di analisi dei dati raccolti. Questo genere di intervista presenta una differenza rispetto alle precedenti. Se il colloquio è centrato sull’intervistato, nell’intervista strutturata l’intervistatore ricercatore imposta il dialogo, temi domande perfino opzioni di risposta e il solo soggetto è tenuto a rispondere aderendo alle opzioni proposte dall’intervistatore. Capita che intervistato debba scegliere tra frasi che non sente particolarmente aderente al suo modo di pensare e quindi la scelta fra le opzioni può risultare ardua. Il confronto tra i soggetti e l'individuazione di eventuali costanti casi eccezionali e facilitata dall’alta standardizzazione. Il problema alla base di ogni tipologia di intervista è ottenere testimonianze che siano qualitativamente affidabili e quantitativamente ricche. Al contempo l’esperienza dell'intervista deve potersi configurare come un tempo qualitativamente gradevole e significativo per l'intervistato, il quale sta offrendo il suo contributo su richiesta dell'intervistatore e per questo deve beneficiare di una cura specifica dedicata dall'intervistatore rispetto alla qualità della relazione comunicativa. La scelta del luogo è un primo aspetto da considerare; è opportuno che il luogo sia moderatamente appartato in cui entrambi gli attori possano sentirsi a proprio agio, poco rumoroso e nei limiti del possibile al riparo da interruzioni e intrusioni altrui. Il contesto può essere pensato anche in relazione ai fini della ricerca se ad esempio, si sta svolgendo una ricerca che coinvolge un gruppo di insegnanti, un'aula della scuola può essere appropriata. L'intervista richiede un alto grado di concentrazione da parte di chi intervista ed è consigliabile prendersi il tempo necessario per prepararsi adeguatamente: riflettere su ciò che si potrà chiedere o sull'atteggiamento da tenere e, se è possibile, conoscere qualche aspetto generale di chi si andrà ad intervistare per prevenire momenti spiacevoli o per guidarlo in narrazioni emotivamente difficili. Fin dai primi contatti e in apertura dell''intervista è importante avere in mente che l'altro non conosce la natura del lavoro che stiamo conducendo e gli obiettivi che attraverso l'intervista stiamo proseguendo. E' importante quindi spiegargli gli obiettivi (sia immediati che futuri), chi verrà a conoscenza delle informazioni fornite e garantire l'assoluta riservatezza, la durata approssimata dell''intervista sono tutte modalità che rendono quest'ultima qualcosa di meno sconosciuto e ansiogeno. L'intervistato deve essere messo nelle condizioni di sentirsi tutelato. L’avvio dell’intervista è un passaggio dedicato, nel quale l’intervistato può lasciar trasparire o provare per la prima volta la tensione emotiva di sentirsi porre delle domande. Dopo aver ricordato il tema dell'intervista e aver posto la prima domanda aperta può essere necessario un tempo più lungo nel quale si riformula la domanda o se ne propongono altri per sostenere l’interlocutore nell’avviare la condivisione. Questo sostegno deve prevedere un tempo di silenzio.se necessario, infatti, inizialmente intervistato può avere bisogno di qualche istante per pensare organizzare i pensieri. Un'attenzione comportamentale che facilita le riduzioni di stati di tensione è anche la postura con cui ci si approccia all’intervistato: sedersi frontalmente obbliga un contatto oculare e richiama a situazioni di esame e valutazione, un'eccessiva prossimità, affiancando l'interlocutore, può rendere ambiguo il comportamento e renderlo potenzialmente invasivo. Una posizione diagonale offre una buona mediazione tra informalità e rispetto della sfera privata di una persona, un contatto oculare più discreto e meno obbligato, o più facilmente evitabile. Altro aspetto che bisogna considerare è che quando si trattano argomenti pregnanti sul piano etico- valoriale, c'è il rischio che sopraggiungano obiezioni nei confronti delle parole dell'altro. Spesso il nervoso e la rabbia che queste possono suscitare, possono non trovare espressione verbale diretta ma possono modificare il comportamento non verbale, para - verbale (cambio della prosodica del parlato che diviene affrettato o stentato) e modificare la formulazione di domande che vorremmo essere neutrali e che assumono invece un tono giudicante. Alcune situazioni che richiedono una conduzione competente dell’intervista nel controllo del possibile disagio provato dall'intervistato e dall'intervistatore sono:  la remissività dell’intervistato che teme di esprimersi e che va rassicurato più volte sul fatto che ogni risposta interessante, se sincera;  silenzi e pause prolungati;  l’accentuata riservatezza dell'intervistato che va rispettata;  l'emergere di emozioni forti e dolorose verso cui è doveroso mostrare rispetto accoglienza. In chiusura è importante che l'intervistato percepisca il termine dell''intervista come la naturale chiusura di un processo. Le domande rappresentano la principale palestra di esercizio e di auto-valutazione di un buon intervistatore. Più le domande hanno il potere di influenzare l’interlocutore ad affrontare certi argomenti piuttosto che altri il diverso modo in cui è impostata può dar luogo a risposte molto diverse. Si possono classificare sulla base di alcune caratteristiche: 1) domande a risposta aperta e a risposta chiusa: il grado di apertura di una domanda riguarda lo spazio di risposta che è lasciato all'intervistato. La domanda aperta permette all’intervistato di approfondire un tema scegliendo cosa dire mentre la domanda chiusa invita chi risponde a scegliere fra un più ristretto numero di alternative; 2) domande neutre (il grado di neutralità di una domanda rappresenta la capacità e la volontà di non far capire all'intervistato la propria opinione, evitando quindi di influenzarlo nella risposta) e orientate (una forma estrema è la domanda retorica che include già una risposta all'interno della domanda); 3) domande dirette ed indirette: la domanda diretta offre esplicitamente il turno di parola all'interlocutore, quella indiretta è un invito ad esprimersi, ad approfondire, a continuare un discorso, pur non apparendo sintatticamente una domanda. In forma esplicita la domanda in diretta viene a coincidere con una richiesta, le forme implicite possono essere molto diversificate. Strategie semplici di comunicazione indiretta sono forme di incoraggiamento a continuare, sia attraverso gesti o piccoli interventi che un interlocutore mette in atto per dare la sensazione l'altro di essere interessato il suo discorso, sia attraverso richieste di estensione o di ampliamento del tema o infine richieste di chiarificazione approfondimento. L'elemento critico è la padronanza della comunicazione non direttiva e forme di comunicazione a specchio, quali rispecchiamenti o riformulazioni:  i rispecchiamenti sono tentativi di verbalizzazione dello stato emotivo che l'intervistatore sente di cogliere e osserva nelle parole e negli atteggiamenti dell''intervistato. Toccano la sfera privata delle emozioni;  le riformulazioni sono riproposizione con parole diverse di contenuti che l'intervistatore pensa di aver comprese. Le riformulazioni possono avere diversi gradi: 1)debole inferenza (propongono lo stesso concetto espresso dall’interlocutore con parole diverse) inferenza 2)intermedia (l’intervistatore interpreta i contenuti emersi e alcune convinzioni che ritiene stiano emergendo e vuole verificarle) 3)alta inferenza ( l’intervistatore propone alcune dei partecipanti: testi, immagini, role playing, brani musicali. Questi strumenti possono essere usati anche per stimolare interrogativi. Con questa tecnica si possono raccogliere contenuti, opinioni, idee, credenze, percezioni, osservazioni. Inoltre, il clima disteso ed informale può essere facilitato dalle forme della comunicazione e dalla tutela della privacy. Un elemento centrale è la scelta dei componenti del focus. Vengono scelti perché possiedono caratteristiche utili per la ricerca o perché si presuppone abbiano idee che potrebbero contribuire a svilupparla. E' consigliabile costituire un gruppo di partecipanti che varia da sei a dodici in modo che non si creino sottogruppi In gruppi troppo piccoli si rischia che i dati raccolti non siano quantitativamente soddisfacenti, mentre in gruppi con eccessivi partecipanti si rischia di avere difficoltà nella gestione delle comunicazioni. Inoltre, è necessario tenere presenti tutte le variabili che di solito influiscono sulle relazioni sociali come ad esempio l'età, gli anni di servizio, il genere in rapporto al contesto in cui si effettua il focus group. Un altro elemento da tenere in considerazione è la conoscenza reciproca dei partecipanti e il loro rapporto nella gerarchia istituzionale: nel caso in cui alla discussione partecipino un gruppo di insegnanti e il dirigente scolastico è intuibile che essi soppeseranno le loro parole in base alla presenza di una figura con uno status istituzionale più elevato di loro. Il gruppo può essere costituito per la ricerca e quindi composto da persone che non si conoscono (ad hoc) o naturale e cioè composto da una rete di persone con una storia di relazioni pregressa. Il gruppo come mezzo per studiare un tema può avere una funzione strumentale oppure può essere esso stesso l'oggetto di indagine svolgendo una funzione centrale. Un aspetto specifico della discussione di gruppo è la costituzione di un patto comunicativo a cui il conduttore potrà fare ricorso nel caso in cui non ne vengano rispettate alcune condizioni. Esempi di regole a cui attenersi: se condivisa, la scelta del "tu", il rispetto dei turni di parola, il rispetto delle opinioni altrui, non esistono frasi, opinioni giuste o errate, il non obbligo né obiettivo di raggiungere un accordo conferendo importanza alla molteplice raccolta di punti di vista, la neutralità del o dei conduttori. Questi criteri consentono di avere chiaro i comportamenti comunicativi consoni alla situazione comunicativa.Nelle fasi iniziali del focus group vengono solitamente proposte delle attività che consentono al gruppo di conoscersi ( attività di riscaldamento). Solitamente si avvia la discussione a partire da una breve descrizione di se stessi per conoscersi meglio e rompere il ghiaccio. Il conduttore deve avere chiari gli obiettivi della discussione. E' possibile seguire tracce strutturate ma l'eccessiva rigidità può risultare artificiosa. Variazioni importanti nelle modalità di conduzione del focus group riguardano i seguenti casi:  focus group a due vie: un gruppo ne osserva un altro mentre discute e rileva le interazioni;  focus group con moderatore partecipante: ad uno o più partecipanti viene chiesto di comportarsi temporaneamente come moderatore;  focus group con due moderatori: uno dei conduttore-facilitatori si accerta che la sessione progredisca con il contributo di tutti, mentre l'altro accerta che vengano trattati tutti gli argomenti previsti o che non ci siano divagazioni. Ci possono essere degli atteggiamenti dei partecipanti che richiedono un monitoraggio:  può capitare che un individuo sia prevaricante rispetto agli altri e che intende imporsi sul gruppo. In questo caso il conduttore può tentare di limitare gli interventi richiamando l'attenzione sul fatto che è importante avere l'opinione di tutte le persone;  può capitare che alcune persone siano particolarmente restia a esprimere i loro pensieri poiché timide. In questo caso è necessario supportare i pochi interventi valorizzando le apertamente e cercando di aumentarne la frequenza;  capita che un individuo porta i suoi interventi altro, lontano da quello che il focus della discussione aprendo digressioni. Il compito del conduttore e riportare l'attenzione all’oggetto di discussione pur non sminuendo l’intervento fuorviante. Il conduttore periodicamente è utile che proponga delle sintesi e/o delle interpretazioni del pensiero dei membri del gruppo al fine di organizzare i punti di vista emersi, di comprenderli meglio o di stimolare la discussione, oppure di segnare il passaggio a un nuovo argomento. Durante la discussione e le interazioni è fondamentale registrare ciò che avviene a livello di contenuti e/o relazioni. A tal proposito è bene assicurarsi che i dati vengano trascritti al momento da una persona incaricata (recorder) che ha il compito esclusivo di tenere traccia delle argomentazioni del gruppo segnando i turni di parola e avvalendosi di un audio-registratore per una documentazione completa dei contenuti. Il verbalizzatore, invece, può prendere appunti liberi, aspetti che attirano la sua attenzione o può utilizzare, durante la discussione, strumenti che potenzino la raccolta dei dati come griglie di osservazione e check-lists. Questo materiale è utile anche nel momento in cui dati saranno analizzati. Diffuso è l’uso della videoregistrazione che permette di ottenere una documentazione ricca e che riguarda sia i comportamenti verbali che non verbali. Il questionario è uno tra gli strumenti più utilizzati per la rilevazione di atteggiamenti e opinioni; metodo agevole ed efficace per raccogliere in breve tempo anche grandi quantità di dati. Generalmente si utilizza il questionario nel momento in cui si conoscono già alcuni aspetti del fenomeno che si sta indagando, condizione indispensabile per scegliere non solo le domande ma anche le possibili opzioni di risposta. Il questionario si avvale di variabili standardizzate, tratte dalla ricerca già condotta e/o tratte da studi qualitativi esplorativi che ne precedono la costruzione, molto spesso a risposte già definite. Si possono distinguere: vari gradi di strutturazione, standardizzazione e le premesse teoriche che entrano in gioco. Per la costruzione del questionario si devono prendere in considerazione i seguenti aspetti: a) essenzialità e completezza: lo studio preparatorio riveste un ruolo fondamentale. Il ricercatore deve procedere ad una revisione della letteratura per valutare se altre ricerche hanno esaminato il tema di interesse e individuare domande che si sono rivelate in precedenza efficaci, elementi critici o aree ancora non indagate. Una volta terminata la fase preparatoria, il ricercatore deve scegliere quante domande somministrare. Rispetto alla numerosità delle domande emergono due esigenze contrapposte:  costruire un questionario il più breve possibile à un questionario con troppe domande, infatti, può indurre un minor numero di soggetti a partecipare all'indagine. La stanchezza o il calo di concentrazione possono portare a compilare il questionario in modo sommario. Un questionario molto lungo, infine, può comportare un maggior costo;  costruire un questionario il più completo possibile evitando di omettere domande che potrebbero invece rivelarsi particolarmente efficaci. La soluzione consiste nel trovare un equilibrio tra queste due esigenze includendo "tutte le domande veramente importanti ma nessuna di più". b) domande e risposte: una seconda scelta che il ricercatore deve compiere nel costruire un questionario riguarda quali domande includere e come formularle, tenendo presente che il diverso modo in cui è impostata una domanda può dar luogo a risposte e interpretazioni molto diverse. Le domande dovrebbero essere rilevanti non solo per la ricerca ma anche per i rispondenti, riguardando realtà o opinioni vicine alla loro esperienza e ai loro interessi. Se così non fosse si rischia che i partecipanti smettano di compilare il questionario. Per questo si può ricorrere alle domande condizionate ossia quelle domande alle quali si deve rispondere in base alle precedenti dette domande filtro. Rispetto alla forma delle domande il ricercatore può scegliere se proporre domande a risposta aperta o chiusa. Le domande aperte garantiscono al soggetto massima libertà di espressione. Nelle domande chiuse il ricercatore presenta le possibili risposte al quesito posto, fornendo un certo numero di opzioni fra cui il soggetto può scegliere. Ci possono essere diverse tipologie di domande chiuse, quali ad esempio:  domande chiuse a risposta singola  domande chiuse a risposta multipla  domande chiuse con risposta da ordinare Nella formulazione delle domande è bene che il ricercatore rispetti alcuni accorgimenti come:  ricorrere ad un linguaggio semplice e chiaro  evitare formulazioni o termini ambigui  evitare formulazioni che potrebbero essere percepite come troppo dirette o invasive  evitare domande che potrebbero condizionare l'interlocutore e privilegiare domande brevi e poste in forma affermativa. Prima di procedere alla somministrazione dello strumento è opportuno testare la comprensibilità del questionario proponendolo a pochi soggetti i quali chiedere una valutazione sulla chiarezza delle domande, sull'eventuale ambiguità di alcuni termini, sulla ridondanza. DOMANDE APERTE DOMANDE CHIUSE Vantaggi Massima libertà di risposta. canale privilegiato per ottenere informazioni su elementi “delicati” o che coinvolgono la sfera privata. Precisione e immediatezza della risposta, possibilità di richiamare alla memoria un maggior numero di fatti, semplicità di elaborazione dei dati. Limiti Possibili incomprensioni, rischio che le informazioni non siano rilevanti per la ricerca, scarsa comparabilità delle informazioni. Non adatte per indagini su alcuni argomenti come temi emotivamente coinvolgenti, possibile condizionamento, informazioni circoscritte. c) sequenza delle domande: una volta che il ricercatore ha definito quali domande includere nel questionario e la loro formulazione, occorre stabilire in quale ordine presentare i diversi quesiti. Una prima raccomandazione è che la sequenza sia il più logica possibile, mettendo vicine tutte le domande relative a un determinato argomento. Nello stabilire la sequenza delle domande relative a ciascun tema in genere si passa dal globale al locale, da domande più generali a più specifiche (successione ad imbuto). Talvolta, si può privilegiare una successione ad imbuto rovesciato, anteponendo le domande specifiche a quelle più generali. Bisogna tenere presente che potrebbe essere opportuno collocare i quesiti che affrontano temi "delicati" verso la fine, beneficiando della maggiore confidenza e disponibilità ad aprirsi acquisita dal rispondere. QUESTIONARIO INTERVISTA Data set Ampio Limitato Focus del ricercatore Conoscenza del fenomeno rispetto a una pluralità di soggetti Comprensione del singolo soggetto nella sua individualità Livello di approfondimento Rilevare opinioni coscienti o gli atteggiamenti del soggetto Rilevare le ragioni del comportamento, le rappresentazioni, le credenze profonde di un individuo Analisi dei dati Più semplice: le variabili che lo compongono sono meglio precisate e definite Più complessa: spesso è difficile classificare, codificare e comparare le risposte Costi Economicità di tempo e risorse Maggiori costi di tempo e risorse Grado di riflessività Più rigido: sequenza prestabilita e invariabile di domande Più flessibile: è possibile adeguare maggiormente le domande ai diversi intervistati Le domande che compongono un questionario possono riguardare anche proprietà psicologiche: valori, opinioni, motivazioni, sentimenti e più in generale atteggiamenti. Un atteggiamento può essere definito come un orientamento positivo o negativo verso un oggetto, una persona o un evento, una disposizioni mentali interne non direttamente osservabili che influenza le azioni e i con gli altri. In presenza di un clima di ascolto e accettazione non giudicante il gruppo può diventare uni spazio di scambio e riflessione tanto che lo si può definire un gruppo di riflessione. La possibilità di scambiare opinioni, esperienze, punti di vista facilità l'emergere di uno sguardo al contempo interno ai fenomeni e capace di distanziamento per una lettura critica dell’esperienza propria e altrui. Il pensiero critico è appreso dal singolo grazie al confronto e nell’interazione sociale, quindi il gruppo diviene una comunità critica riflessiva. Non è detto che dopo aver preso parte alla riflessione di gruppo cambino la propria opinione riguardo a un fenomeno. I metodi di lavoro possono essere molto diversi:  Action-Reason-Thematic Thecnique (ARTT) è un metodo che si sviluppa secondo una serie ricorsiva di azioni: una prima serie di interviste ai partecipanti consente di individuare temi, argomenti critici che si ritiene utile approfondire, una seconda serie di interviste approfondisce i temi/le questioni scelti come prioritari e problematici. Il ricercatore cerca di portare ciascuno dei partecipanti a identificare le ragioni le ragioni per cui sono state compiute determinate scelte e, successivamente, una volta ricostruita la sequenza, egli conduce, attraverso domande aperte, a individuare le credenze, le idee e i valori alla base delle scelte operate sia quelle espressamente dichiarate che quelle implicite. Il processo è induttivo. Produttivo è restituire un resoconto degli aspetti che non sono emersi in mood tale che il ciclo riflessivo non si fermi. Queste interviste sono dette dialogiche poiché il testo intero dell'intervista viene trascritto e diviene in un secondo momento l'oggetto stesso dell'analisi da parte dell'intervistatore e del gruppo di lavoro.  L'analisi di caso e di incidente critico: l’analisi di caso consiste nel presentare ad un gruppo di persone una situazione problematica di cui sono fornite tutte le indicazioni fondamentali: il contesto, i soggetti coinvolti, gli eventi, la conclusione e a volte anche alcuni scambi verbali. La descrizione viene consegnata ai partecipanti che, prima studiano il caso individualmente e poi lo discutono in gruppo, moltiplicando così le alternative di approccio al caso stesso. L'obiettivo di questa tecnica non è quello di risolvere problemi bensì di imparare ad individuarli, affrontarli ed analizzarli. L'analisi di un caso particolare può aumentare la consapevolezza e la comprensione di una categoria di casi, e favorire così la gestione di altri casi simili. Le mani di caso presenta anche altri importanti aspetti formativi: l’interazione fra colleghi favorisce la conoscenza delle altre persone e permette di capire come lo stesso problema possa essere valutato in modo diverso, sensibilizza e forma all'interazione e alla discussione creando condizioni che facilitano una migliore comprensione reciproca, aiuta a comprendere le difficoltà che presenta il pensare a un problema reale e giungere a un’eventuale soluzione di gruppo. Una variante dell’analisi del caso è l'incidente critico e consiste nel fornire ai partecipanti una breve descrizione di una situazione problematica rispetto alla quale vanno prese delle rapide decisioni. A differenza di quello precedente, il materiale fornito al gruppo è volutamente carente di molti elementi. Il compito dei partecipanti è quello di ricostruire gli elementi mancanti, chiedendo ulteriori informazioni al formatore, che le fornisce man mano che esse vengono richieste. Una volta individuate e raccolte, viene chiesto a ciascun partecipante di formulare individualmente le proprie decisioni e successivamente di confrontarsi con gli altri, al fine di tentare di giungere ad un accordo e trarre delle linee condivise. Il vantaggio di questa tecnica rispetto al metodo dei casi è che riproduce un processo analogo a quello che accade in molte situazioni reali, dove per comporre un quadro preciso dell’accaduto occorre decidere quali fatti siano decisivi per risalire ai dati mancanti. Tale procedimento inoltre fa sì che i partecipanti siano motivati interessati accrescendo in loro la consapevolezza della loro responsabilità nell’analisi e risoluzione delle situazioni problematiche. I casi analizzati non sono solo quelli in letteratura, ma possono essere anche casi vissuti. L’analisi dell’incidente critico permette di prendere consapevolezza delle pedagogie implicite che guidano il nostro agire e deve avvenire in piccoli gruppi.  Il Problem Based Learning: è una metodologia didattica il cui fine ultimo è l'aumento delle capacità dei discenti di autoformazione e lo sviluppo di un apprendimento critico basato sul confronto delle conoscenze. Alla base di questa metodologia vi è il pensiero che a fianco della continua messa in pratica delle conoscenze educative è necessario che i docenti riflettano sul proprio agire a partire dalla letteratura. Si dà quindi importanza alla formazione continua. I protagonisti sono gli insegnanti a cui viene chiesto di riunirsi in piccoli gruppi focalizzarsi su un problema preso dall' esperienza concreta e reale dei professionisti, e se funge da punto di partenza che stimola il gruppo ad apprendere nuove conoscenze. La sequenza di lavoro prevede più fasi: i partecipanti si incontrano in gruppi ristretti e condividono un una situazione reale complessa/ problematica, una volta approfondita il gruppo si domanderà quali siano le variabili critiche del problema in oggetto e analizzerà le proprie conoscenze e competenze riguardo ad esse. Verranno quindi valutate le conoscenze di cui il gruppo ha bisogno per poter elaborare una strategia di risoluzione e ogni partecipante si auto-formerà attraverso uno studio teorico personale un piccolo gruppo. Il team verrà riunito nuovamente per poter condividere nuovi apprendimenti sulla base dei quali sarà progettato una possibile soluzione. Infine, verrà esaminato criticamente la soluzione ipotizzata grazie anche all'aiuto del tutor.  Brainstorming: è una tecnica di creatività di gruppo per far emergere idee volte alla risoluzione di un problema. Significa “usare il cervello per prendere d’assalto un problema”. In questa attività dato un problema i membri producono liberamente soluzioni di ogni tipo che vengono annotate su una lavagna da un conduttore. L’ascolto degli altri partecipanti stimola nuove soluzioni, varianti in un processo di concatenazione di nuovi idee. Ciò che caratterizza una sessione di brainstorming è che la produzione di idee non viene censurata, ma neppure giudicata. Compito del conduttore, infatti, è quello di creare un clima disteso e rilassato dove ognuno possa sentirsi libero di esprimere le proprie idee. La eventuale selezione avrà solo in un secondo momento. Il brainstorming conduce a risultati molto produttivi: può portare una soluzione completa del problema, a una lista di idee per un approccio ad una soluzione successiva. Il brainstorming ha molte applicazioni pratiche: analisi risoluzione di un problema, gestione di progetti. Inoltre, è una strategia di riscaldamento spesso utilizzato ad esempio nel focus Group.  Role playing: è una tra le più conosciute tecniche di simulazione e drammatizzazione finalizzata a riprodurre in aula problemi e accadimenti simili a quelli della vita reale col fine di formazione o presa di coscienza dei problemi. Consiste nel richiedere alcuni partecipanti di assumere il ruolo di attori rappresentando ruoli professionali o sociali, mentre gli altri partecipanti fungono da osservatori dei contenuti dei processi che la rappresentazione manifesta. Alla fase recitativa segui il vero e proprio lavoro formativo: la simulazione offre la possibilità di riflettere sulle scelte verbali di comportamento gli attori, sulle emozioni emerse, siano i protagonisti sia nelle persone che vi hanno assistito. I partecipanti hanno così l'opportunità di riesaminare il proprio comportamento di cercare di comprendere con maggiore flessibilità il comportamento altrui, di prendere consapevolezza di differenti punti di vista, di ricercare un feedback da parte del gruppo. Alla base vi è l’idea del gioco come dimensione leggera che permette di superare l’inibizione e l’autocontrollo rispetto all’espressione della propria posizione, il superamento di atteggiamenti difensivi o conservativi delle proprie idee, il decentramento di prospettive attraverso l’assunzione di punti di vista altrui. Lo studio di caso: è una strategia di ricerca finalizzata ad analizzare e comprendere a fondo fenomeni complessi e i processi evolutivi che li caratterizzano, indagandoli in una prospettiva olistica nel loro corso naturale. Due caratteristiche centrali sono da un lato, la scelta di non astrarre il soggetto dal suo contesto di appartenenza e dall'altro restringere il campo d'analisi ma studiandolo il fenomeno in tutta la sua multisfaccettata complessità. Lo studio avviene in un arco temporale lungo attraverso la raccolta ripetuta di dati sugli stessi soggetti. Questa strategia si è diffusa nei primi decenni del secolo scorso negli Stati Uniti, inizialmente solo in ambito antropologico e sociologico, poi è stato usato anche in ambito educativo. Infatti, fare ricerca in educazione significa accostarsi a realtà complesse, in costante evoluzione, che vedono in gioco una costellazione di variabili diverse e spesso difficilmente controllabili; realtà che per poter essere adeguatamente descritte e comprese devono essere analizzate da vicino e a fondo, con uno sguardo olistico che abbracci il contesto nel suo insieme piuttosto che le singole variabili che lo compongono. Gli studiosi sono stati divisi in categorie dai vari autori.  Stake ha suddiviso gli studi di caso in studi di caso strumentali e studi di caso intrinseci.  Yin divide gli studi di caso strumentali in casi esplorativi e esplicativi. Denomina gli studi di caso intrinseci come descrittivi.  Bassey rinomina i casi esplorativi come theory-testing. Distingue invece i casi descrittivi in story-telling e picture-drawing case study. Gli studi di caso intrinseci o descrittivi sono analisi descrittive ed interpretative di eventi educativi di cui sono indagati in profondità molteplici aspetti e temi, nel modo più completo e ricco possibile. I resoconti possono assumere la forma di resoconti narrativi (importante è la linea del tempo) oppure il resoconto può essere descrittivo rispetto a tutti i dati raccolti il cui formato finale può essere definito come un ritratto della realtà esaminata. Fra questi studi di caso possono rientrare anche quelli etnografici, che raccolgono la prospettiva di tutti i soggetti all'interno di un contesto, lo esplorano attraverso un esame approfondito di testimonianze orali (interviste e colloqui), di osservazioni partecipanti, di materiali scritti, di artefatti e, se il contesto lo consente, non escludono una raccolta di dati quantitativi mediante questionari. Gli studi di caso esplicativi o strumentali sono selezionati come casi specifici rappresentativi rispetto ad un tema generale di cui ci si sta occupando; il fuoco di attenzione è posto sul caso generale piuttosto che sui singoli casi selezionati (nel caso dei casi intrinseci il singolo caso è il fuoco centrale). Il caso scelto è considerato tipico o rappresentativo di una classe di casi e il suo studio può contribuire a delineare una teoria. Bassey parla in questi casi di casi di fuzzy (incerto) propositions e di fuzzy generalizations. Avendo la funzione di contribuire al completamento di una teoria, ciò che interessa non è tanto il caso studiato nella sua interezza ma le informazioni particolari, le relazioni tra i fattori implicati che diventano materiale di riflessione. Bassey ritiene opportuno distinguere gli studi di caso valutativi cioè indagini svolte per valutare la validità e l'efficacia di un progetto rispetto agli obbiettivi. Il processo di indagine avviene seconda una modalità valutativa formativa ossia come un processo di valutazione che contribuisce a promuovere un cambiamento migliorativo, e/o come valutazione sommativa che valuta gli esiti finali. In ambito educativo lo studio di caso può presentarsi a diverse applicazioni: per scopi esplorativi, descrittivi o esplicativi all'interno di indagini volte alla comprensione di particolari realtà educative, utilizzato per valutare programmi di intervento e impiegato con finalità per promuovere il cambiamento di pratiche didattiche ed educative o d dispositivi organizzativi. Si possono distinguere sei fasi principali nel processo di svolgimento di uno studio di caso: 1. definizione dei quesiti di ricerca; 2. selezione del o dei casi e determinazione della raccolta dati e alle tecniche di analisi; 3. preparazione alla raccolta dati; 4. raccolta dei dati sul campo; 5. analisi dei dati raccolti; 6. redazione dei documenti di reportistica che possono essere diffusi. Per comprendere tale prospettiva a partire dai bambini stessi, ci si può avvalere anche di tecniche ludiche e narrative che facilitino l'espressione ed elaborazione dei bambini utilizzando registri esperienziali e comunicativi molto vicini a loro come ad esempio:  foto e video: possono commentarli anche per la padronanza della lingua;  i disegni e le produzioni artistico-espressive: il disegno facilità l'espressione di emozioni e sentimenti. Necessario è che sia accompagnato da uno scambio comunicativo verbale perché altrimenti rimane in testa aperta molte letture e interpretazioni. Il disegno anche un'attività che può inibire o comunque mettere a disagio alcuni soggetti specialmente in età preadolescenziale e adolescenziale quando la qualità estetica del disegno condiziona la spontaneità della sua produzione. Raramente il disegno già notato come unico strumento di ricerca generalmente abbinato ad altri;  i giochi: con i bambini in età prescolare nel primo anno di scuola possono svolgere una funzioni in termini di area fra adulti e bambini;  i role-play e la narrazione di storie: queste tecniche permettono lo sviluppo linguistico quale motivo;  i diari e le forme di scrittura: vengono proposte in base alle competenze dei bambini  ICT (utilizzo delle nuove tecnologie es. Power Point e storytelling): Con i bambini ragazzi l'uso delle nuove tecnologie può essere accattivante molto utile quando vi sono difficoltà nella lettura e nella scrittura. L'utilizzo di più strumenti offre di solito la possibilità di raccogliere un materiale ricco, ma soprattutto consente ai bambini di poter fruire di diverse modalità espressive. Questi strumenti devono essere utilizzati anche tenendo conto dell'età dei bambini, ad esempio, il disegno non sempre incontra le preferenze espressive specialmente in età adolescenziale. L'audio le videoregistrazioni vengono visti come strumenti invasivi da parte soprattutto dei bambini molto piccoli. Più la ricerca qualitativa , prevedendo un processo di lavoro intenso e reiterato, procede attraverso la costruzione di un rapporto collaborativo e di fiducia fra ricercatore partecipanti. La relazione collaborativa di fiducia è fondamentale sia ai fini del processo di raccolta dei dati (finalità euristica), sì ai fini di un coinvolgimento significativo, rispettose piacevole per i soggetti (finalità etica ). La dimensione etica nel coinvolgimento delle persone riguarda in prima istanza il rispetto della privacy che deve essere garantita attraverso apposite liberatorie. L'accesso al campo, vale a dire la disponibilità a svolgere osservazioni, interviste ecc, si può ottenere solo progressivamente attraverso atteggiamenti di interesse e curiosità. Quando un processo di ricerca e di formazione comporta processi ciclici di raccolta, l'utilizzo di tali materiali non solo in contesti allargati ma anche all'interno del gruppo di lavoro stesso, va preventivamente concordata con i protagonisti del materiale scelto. Il fine euristico non è mai superiore a quello etico; i soggetti devono poter vivere un'esperienza che sia piacevole in tutte le sue fasi. La restituzione dei dati è una fase conclusiva del processo di ricerca che nell'ambito della ricerca qualitativa non comporta una semplice informazione rivolta ai soggetti coinvolti nel corso della ricerca rispetto agli esiti, ma una forma di restituzione dialogica di confronto sull'interpretazione dei dati. Nella ricerca con bambini e studenti la dimensioni lì che assume ancora più rilevanza. Negli ultimi anni a livello internazionale si sono sviluppati quadri teorici di riferimento etici rivolti alla ricerca con i bambini. uno di questi prevede quattro condizioni per la ricerca con i bambini: 1) la ricerca deve essere importante per la salute e il benessere dei bambini; 2) la partecipazione dei bambini è indispensabile perché la sola informazione filtrata da altri non è attendibile; 3) i metodi di indagine devono essere appropriati per i bambini; 4) lo studio deve essere condotto in modo da garantire la sicurezza fisica, emotiva e psicologica. Ulteriore lavoro individuale aree principali attorno a cui si sono sviluppati temi etici della ricerca con i bambini:  la responsabilità sociale: importante il perseguimento della verità, ossia non sovrapporre aspetti valoriali ideologici del ricercatore a quelli rilevati sul campo;  l'accesso al campo e la tutela dei bambini: il coinvolgimento di un bambino richiede il permesso di chi ne è tutore;  il consenso (accettazione espressa da chi ha tutela del bambino attraverso una lettera scritta che deve informare rispetto alle possibilità di partecipare, di ritirarsi, al ruolo richiesto ecc.) e l'assenso (accettazione da parte del bambino di partecipare nel percorso di ricerca o la possibilità di esprimere il dissenso e quindi di interromperla);  riservatezza/garanzia dell''anonimato/segretezza;  il riconoscimento (piccolo compenso) e il feedback (restituzione dei risultati della ricerca)  la proprietà dei dati: il ricercatore ha la responsabilità di archiviare in modo sicuro i materiali raccolti i dati di ricerca in modo tale che l'accesso a tali informazioni si è regolato. CAPITOLO 9 L'ANALISI DEI DATI TESTUALI NELLA RICERCA QUALITATIVA L'analisi qualitativa di dati raccolti attraverso interviste, focus group, questionari a domande aperte, osservazioni, prevede alcuni passaggi che vedono:  la trascrizione e l'organizzazione del materiale raccolto: in tutti gli approcci di analisi qualitativa si predilige la trascrizione integrale dei testi e il mantenimento inalterato dell’intero svolgimento dell’intervista, processo che è molto oneroso in termini di tempo. Per questo motivo si può operare per una trascrizione parziale selezionando, dopo aver riascoltato la registrazione, le parti che si ritiene più significative e tralasciando passaggi poco pertinenti al focus della ricerca. Questo è possibile se l'analisi non è focalizzata su aspetti dialogici e conversazionali, ma ad esempio su temi contenuti. In analisi che si avvalgono di elementi linguistici e discorsivi la trascrizione può riportare anche elementi del non verbale, paraverbale e extra-verbale, attraverso sistemi di notazioni che possono descrivere ad esempio il tono della voce. Il livello di dettaglio deve essere valutato sulla base degli obiettivi della ricerca e sulla scelta di approccio teorico all’analisi dati. Esistono alcune forme di notazione già codificate come il sistema ATB usato per la trascrizione di interviste narrative-discorsive. Questo sistema è particolarmente adeguato alla trascrizione di interviste individuali, in coppia, di gruppo. In modo semplice consente di avere una raffigurazione di eventi linguistici, degli elementi interattivi di contesto, organizzati in 5 livelli: livello linguistico( parole e enunciati) , livello para linguistico (torno, team, intensità, altezza della voce), modalità di interazione tra intervistatore e intervistato (presa del turno, sovrapposizioni), notazioni sul contesto in cui avviene l’interazione ( eventi esterni all’intervista che possono essere di disturbo o attirare l’attenzione). Il contesto viene presentato in un’introduzione con tempo e luogo, durata, tema trattato o altre note.  la codifica dei dati raccolti: la codifica rappresenta di fatto una prima fase di analisi in cui i dati grezzi vengono organizzati attraverso un sistema di categorie tematiche, descrittive, denotative che hanno caratteristiche diverse in base all’approccio teorico. Nelle ricerche qualitative i dati raccolti sono molti, quindi, la codifica viene svolta per identificare segmenti di testi che presentano significati o caratteristiche comuni, che possono essere etichettati mediante una categoria-codice. I segmenti saranno simili fra loro e ciò che li accomunerà sarà espresso nel codice. L'identificazione dei codici può essere avviata dopo la lettura di una parte dei dati: successivamente si potranno identificare nessi e relazioni fra essi. L’identificazione dei codici può essere avviata dopo la lettura di parte dei dati raccolti. Inizialmente si identificano i dati analitici e poi le relazioni che ci sono tra essi: generalmente si identificano sia dei codici generali che dei sottocodici. La rete di codici troverà una sistematizzazione progressiva attraverso aggiustamenti al corpo di dati verificando esaustività del sistema di codici e la sua affidabilità. I codici devono essere chiari e distinti nella loro funzione denotativa, per questo è utile che i codici siano identificati da due o più persone e che siano correlati da esempi. La codifica consente di ridurre il materiale raccolto in termini di quantità e in termini di eterogeneità. Oggi il processo di codifica è favorito anche da software per l'archiviazione dei dati. Essi consentono di applicare le etichette scelte parte di testo e al contempo di mantenere i testi integrali nella loro completezza narrativa.  l'analisi dei dati: nella ricerca qualitativa può basarsi su diversi tipi di approcci e logiche. Vi sono modalità di analisi interessate al significato dei dati e a trattare inferenze circa ciò che le persone pensano, sentono e fanno. In questa categoria di approcci considerati esperienziali possono essere incluse: l'analisi tematica, l'analisi fenomenologica, la grounded theory, l’analisi fenomenografica e l'analisi narrativa. Altro approccio indagano come il linguaggio viene usato nelle situazioni sociali, essi possono essere definiti discorsivi includono: l'analisi del discorso e le analisi conversazionale. Accanto a queste strategie di tipo qualitativo è possibile adottare una prospettiva quantitativa e statistica dell’analisi dei dati: analisi del contenuto. La ricerca qualitativa interpreta significati, costruisce teorie locali che non mirano alla generalizzazione nella spiegazione. Quindi l'interpretazione dei dati: sarà costruita a partire da una lettura ricorsiva dei dati dal riferimento alla teoria; provvederà processi di triangolazione fra ricercatori, fonti, teorie; si avvarrà dei dati raccolti per supportare le tesi sostenute; si avvarrà del dialogo con i soggetti sulle interpretazioni attuate per validar le virgole integrarli o ampliarle. ANALISI TEMATICA: è una tra le più diffuse strategie per categorizzare analizzare i dati qualitativi identificando nel corpus testuale pattern ricorrenti e significati. Questo approccio non è legato ad un approccio teorico specifico, per questo può essere usato con diverse tipologie di dati. Prende avvio dall'identificazione di codici e di temi sovraordinati. Esistono tre diverse modalità per sviluppare i set di codici tematici(parole o frasi che fungono da etichette per sezioni di testo) e di temi sovraordinari. Esistono tre diverse modalità per sviluppare i seti di codici tematici: 1. theory driven: il set di codici mediante cui avviene l'analisi viene definito prima della lettura dei dati, sulla base di teorie preesistenti. L’analisi del contenuto consiste nel ripercorrere il corpus di dati per ricondurre le unità di analisi i codici stabiliti a priori. Questa modalità si rivela utile quando si vogliono comparare i propri risultati con quelli di altre ricerche oppure quando le teorie sul tema sono largamente consolidate e l'obiettivo del ricercatore è quello di verificarle. Non mancano limiti: 1) la buona riuscita dello studio dipende dalla capacità della griglia di codici di soddisfare le aspettative della ricerca 2) si rischia di riprodurre percorsi delle teorie vigenti 3)non è una metodologia utile ai fini esplorativi. 2. prior data drive: le categorie di codifica sono desunte da dati di altri studi empirici o da una combinazione mista dei due approcci. Offre la possibilità di costruire un sistema di codifica flessibile, aderente ai dati al contempo ancorata alla teoria che supporta la definizione chiara dei codici. Dopo aver analizzato l’intero corpus dati è possibile esaminare i codici identificativi e organizzarli in temi o categorie più ampie. Questo approccio è indicato quando il fenomeno è poco esplorato o c'è una conoscenza frammentaria su di esso, L'ANALISI NARRATIVA: pone la sua attenzione sui modi attraverso cui le persone, a partire da un particolare contesto sociale, storico e culturale, creano e usano le narrazioni per interpretare sé, gli altri, il mondo. L’interesse per le narrazioni si fonda sull’assunto, messa in evidenza da Bruner, secondo cui la comunicazione umana è permeata di narrative e queste permettono di rivelare le esperienze, le interpretazioni e le priorità dei narratori. Le narrative non rispecchiano il passato, ma lo rinfrangono poiché i narratori non si limitano a raccontare gli avvenimenti passati come sono accaduti ma li interpretano, cercano di renderli significativi per gli ascoltatori. Nel secolo scorso il dibattito riguardo a cosa sia una storia è stato molto acceso tanto che sono diverse le posizioni riguardo a quali siano gli elementi costitutivi di una storia e di conseguenza come debba essere analizzata. Lieblich e collaboratori hanno identificato due principali dimensioni che guidano la scelta dell'approccio analitico da adottare:  la prima scelta che ricercatore deve compiere riguarda quale unità d'analisi considerare: evento specifico o la narrativa nella sua interezza. Nel primo caso ricercatore andrà a cercare nel testo tutti i riferimenti alla categoria di interesse e si limiterà ad analizzare queste porzioni, nel secondo caso invece l'unità di analisi sarà costituita dall' intera storia;  la seconda scelta concerne il focus di analisi. Alcuni ricercatori si soffermano sul contenuto della storia, altri sono interessati al modo in cui essa viene strutturata (forma). Qualora ricercatore è interessato ai contenuti potrà soffermarsi ad analizzarli a livello superficiale o a livello latente. Invece, se è interessato agli aspetti formali il ricercatore esaminerà la struttura della trama, la sequenza degli eventi il linguaggio usato. L'analisi narrativa può attingere ad essere applicata molteplici fonti di dati: interviste narrative, note di campo, diari, lettere, racconti biografici o autobiografici ed è stata ampiamente utilizzato in ricerche condotte in contesti educativi. L'ANALISI FENOMENOGRAFICA: fa riferimento alle idee di Marton secondo il quale lo studio della realtà coincide con lo studio del fenomeno, cioè della realtà come percepita soggettivamente virgola e ogni soggetto interpreta la realtà partire dai sistemi di credenze modelli interpretativi secondo cui orienta il proprio agire. Scopo della fenomenologia è definire i differenti modi tramite i quali le persone percepiscono, interpretano, concettualizzano un fenomeno o un certo aspetto della realtà, che saranno differenti tra loro almeno in parte. Tradizionalmente oggetto di indagine della fenomenografia è lo studio delle concezioni individuali riguardanti l'apprendimento e per questo ha trovato applicazione crescente in ambito educativo negli ultimi 30 anni acquisendo solidità teorica e metodologica. Il materiale di analisi è raccolto attraverso interviste e questionari, i testi che ne derivano sono analizzati seguendo un processo induttivo di analisi del contenuto che definisce le categorie di analisi a posteriori. La caratteristica che contraddistingue questo approccio rispetto ad altri è che identifica in modo analitico gli elementi di varianza fra le diverse concezioni espresse dal gruppo di soggetti coinvolti, e ordina le concezioni in modo gerarchico delle più complesse le più semplici, sulla base dei fattori strutturali di varianza identificati. Secondo Marton esiste numero limitato di moda qualitativi secondo i quali le persone percepiscono e concettualizzano le cose, per questo è possibile identificare le categorie descrizione delle diverse concezioni, approfondendo i significati e le loro relazioni. Il campo di possibili concezioni viene definito outcome space e si possono distinguere due componenti:  le categorie sintetiche che denotano i diversi modi di concepire il fenomeno;  i fattori strutturali, le categorie analitiche che permettono di distinguere fra le loro concezioni di ordinarle gerarchicamente. L'ANALISI DEL DISCORSO: nasce fra gli anni ’60 e ’70 dalla convergenza di varie discipline: linguistica, semiotica, psicologia, antropologia e sociologia. Essa è interessato allo studio della relazione che intercorre tra il linguaggio e il contesto nel quale viene usato. Si basa sull’assunto secondo il quale la realtà sociale e linguisticamente costruita ossia in linguaggio non è un semplice mezzo per descrivere la realtà esterna, ma contribuisce a costruire il mondo così come lo esperiamo. Il suo focus è sulla realtà sociale, pubblica e collettiva così come viene costruita dall'uso del linguaggio. Esso è una risorsa che può essere impiegato in molti modi. Nel suo uso soggetti compiono continuamente delle scelte con le quali si esprime la loro libertà. Le forme linguistiche sono considerate come scelte coerenti con i propositi e le funzioni per le quali sono impiegati nelle vicende umane riflettendo l'ordine sociale e interattivo. Impegnarsi nel discorso significa non solo comunicare ma anche agire. L'analisi del discorso può essere utilizzata per analizzare testi scritti e produzione orali di ogni tipo( conversazioni, diari, interviste, lettere) e prende come unità di analisi del testo nella sua interezza e complessità. Alcuni aspetti a cui il ricercatore presta attenzione nel condurre un analisi del discorso sono i seguenti:  contesto d'uso  struttura grammaticale  strutture del discorso. L’analisi del discorso non richiede un lavoro particolare di preparazione dei materiali. Tuttavia, i numerosi livelli di analisi possono renderla piuttosto dispendiosa in termini di tempo. I materiali non possono essere selezionati secondo un criterio di rappresentatività statistica, ma prevale la logica dello studio di caso: si ricerca ciò che appare particolare allo stesso tempo comune, generalizzabile. L'ANALISI CONVERSAZIONALE: considera la conversazione come interazione e studia l'everyday-talk, il parlato quotidiano che si verifica ogni giorno in contesti informali o istituzionali analizzandone i meccanismi (turni di parola, attese ecc). Vi è l'interesse per la realtà quotidiana, considerata degna di esserlo da parte dei ricercatori e passibile di essere studiata in modo scientificamente accurato. L'osservazione dei meccanismi si basa su trascrizioni di conversazioni reali. Ciò che si osserva è la sistematicità con cui un certo fenomeno si verifica nella conversazione. L’analisi conversazionale parte dal presupposto che l'interazione verbale sia una manifestazione dell’ordine sociale, come l'analisi del discorso, ma si differenzia in quanto mostra come può essere la conversazione stessa e i meccanismi che vengono messi in atto a rendere conto di aspetti del contesto sociale. Più l'analisi avviene dopo la completa trascrizione della conversazione adottando una notazione che consente di non perdere le informazioni relative al non verbale. Successivamente si procede ponendo attenzione a diversi elementi:  la tipologia di atti verbali adottati dai parlanti;  il sistema di alternanza dei turni: è importante analizzare come avviene ciò in particolare di eventuali silenzio, pause o sovrapposizioni;  la presenza di turno estesi, cioè quelle sequenze in cui il parlante mantiene il turno per un tempo prolungato;  la presenza di coppie adiacenti, ossia coppie di turni che si richiamano reciprocamente e si ritrovano ricorrentemente abbinati(domanda/ risposta);  eventuale presenza di cadute di comunicazione ossia dei momenti in cui uno dei due interlocutori perde il contatto con l'altro ed i conseguenti processi di segnalazione della caduta e di recupero. L'ANALISI DEL CONTENUTO: consiste in un insieme di procedure sistematiche e quantitative che permettono di analizzare i messaggi comunicativi. Il suo utilizzo accanto a metodi di analisi qualitativa dei dati testuali può rivelarsi proficuo ai fini di una più completa analisi del materiale raccolto. Prima che ricercatore analizza il testo opportuno compiere alcune operazioni preliminari. Anzitutto, il testo deve essere normalizzato, più le grafie utilizzate devono essere omogeneizzata te al fine di eliminare le possibili fonti di sdoppiamenti del dato testuale; vanno eliminati dal corpus tutte le cosiddette parole vuote, ossia tutte le parole dal contenuto strumentale virgola in genere prettamente grammaticale (di, e, che, per). Vengono così lasciate solo le parole piene, ossia quelle parole ricche di significato e che contribuiscono all’interpretazione del testo. Una volta completati questi passaggi è possibile procedere all’analisi vera e propria. La più semplice procedura di analisi quantitativa è il computo delle frequenze statistiche delle parole in un testo o in un insieme di testi. Questa procedura si fonda sull’assunto secondo cui la frequenza di una determinata parola è un indicatore dell’interesse del testo o dei testi analizzati nei confronti di ciò che è stato designa. Individuare le parole piene che più frequentemente ricorrono nel testo, quindi, consente di iniziare a delineare i temi più importanti presenti all'interno del testo. Per evidenziare le parole che ricorrono più spesso si può far uso di un ordinamento in senso decrescente di frequenza. La frequenza non è una sola condizione sufficiente per conferire valore ha un testo. Dopo aver analizzato le frequenze, può essere opportuno fare ritorno al testo originario per controllare il significato attribuito alle parole selezionate per l’analisi è possibile procedere all’analisi dei contenuti d'uso di una certa parola visualizzando le parole precedenti e successive. Le parole piene i segmenti ripetuti significativi che compaiono possono essere successivamente classificati in categorie di diverso tipo:  categorie semantiche: parole ed espressioni che assumono nelle l'unità del contesto lo stesso significato significati simili;  categorie tematiche: parole ed espressioni che si riferiscono allo stesso tema o argomento. Questo tipo di analisi permette di rendere conto della dimensione tematica di un insieme di testi e di delineare una sorta di panoramica di sintesi dei nuclei concettuali per mezzo dell'individuazione dei principali elementi di contenuto. Infine, permette di valutare la similarità dei testi in funzione della tipologia di parole o categorie che costituiscono e di ottenere una rappresentazione grafica dell’ associazione fra parole e testi che può aiutare il ricercatore nella lettura e descrizione del corpo testuale.
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