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Inchiesta sul bello e sul sublime- Edmund Burke (riassunto), Sintesi del corso di Estetica

In questo famoso trattato di estetica del 1757 Edmund Burke fa una accurata disanima dei concetti di gusto, bello e sublime, trattandone i vari casi e manifestazioni. Sono qui riassunte tutte e cinque le parti che compongono il libro.

Tipologia: Sintesi del corso

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filippo_marani 🇮🇹

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Scarica Inchiesta sul bello e sul sublime- Edmund Burke (riassunto) e più Sintesi del corso in PDF di Estetica solo su Docsity! Estetica Inchiesta sul bello e sul sublime Introduzione: sul gusto Nonostante le apparenti differenze di gusto e ragionamento fra gli uomini, la regola della ragione e del gusto hanno in tutti gli uomini la stessa regola; senza principi di giudizio non potremmo infatti avere l’ordinario rapporto di vita. Nelle discussioni infatti tutti utilizzano criteri di valutazione e modelli il cui fondamento starebbe nella nostra natura comune. Questo nel ragionamento: nel gusto i principi non sono così chiari, sfuggono a definizioni e non si prestano a modelli e regole. Tuttavia per descrivere la “logica del gusto” non bisogna ricorrere alle definizioni, ordinario rimedio alla confusione, perché esse rischiano di circoscrivere un concetto nella limitata sfera delle nostre nozioni. Le leggi che ci siamo dati al principio limitano la nostra ricerca; infatti l’insegnamento migliore è quello che più si avvicina alla ricerca. Il gusto è la facoltà (o le facoltà) che si impressiona dalle opere di immaginazione e dalle belle arti, e formula un giudizio su di esse. L’inchiesta vuole stabilire se vi siano principi di questa facoltà così fondati da poterci ragionare su, benché in apparenza il gusto sembri indeterminato, vista la varietà di gusto. I poteri naturali dell’uomo sono i sensi, l’immaginazione e il giudizio, e per primi i sensi. 1: I sensi. La nostra conformazione degli organi è quasi uguale in tutti gli uomini, salvo lievissime differenze, e allo stesso modo noi percepiamo le cose in modo molto simile. Se noi non ammettiamo questo terreno comune, dobbiamo abbracciare un scetticismo che rende vana ogni ricerca, persino quella dello scettico stesso. Naturalmente, infatti, siamo portati a concordare sulla dolcezza e sull’asprezza di certi alimenti, e anche sulla loro bontà. Siamo tutti d’accordo nel dire che qualcosa di dolce è buono mentre qualcosa di aspro è cattivo, e questo si riflette nel nostro linguaggio (una persona dolce/una persona acida). Semmai successivamente per abitudine arriviamo ad abituarci a sapori diversi, come quelli dell’aceto e del tabacco, e apprezzarli di più di quelli che apprezziamo per inclinazione naturale (in sostanza bisogna distinguere tra inclinazione naturale e inclinazione acquisita). Se invece trovassimo un uomo che afferma che zucchero e tabacco hanno lo stesso sapore, non esiteremmo a dire che i suoi organi sono in disordine. Tali eccezioni dunque non confutano la nostra regola; siamo d’accordo nel dire che il gusto non può essere discusso in quanto ciascun uomo prova piaceri diversi; ma possiamo invece discutere, e con chiarezza, su cosa sia naturalmente piacevole o spiacevole al senso. Per effettuare tale analisi, dobbiamo conoscere le abitudini, alterazioni e pregiudizi di ciascun uomo in modo da distinguere le inclinazioni peculiari e acquisite. Nella vista le inclinazioni naturali sono evidenti, in quanto i piaceri della vista sono di per sé. Invece quelli del palato sono più segnati dalle abitudini in quanto i cibi sono associati a proprietà di vario genere (ad esempio, l’alcool piace anche in quanto è associato all’ubriachezza). L’associazione a un effetto positivo ha migliorato addirittura il gusto. Però, ad esempio, se facessimo assaggiare a un appassionato di oppio una droga dal sapore amaro che non conosce, sicuramente non dirà che è più dolce del miele, perché non associa ancora il sapore della sostanza all’effetto. Dunque il piacere dei sensi è uguale naturalmente per tutti. 2: L’immaginazione. La mente umana ha il potere di combinare le idee e immagini offerte dal senso per creare idee nuove. A questa facoltà appartengono l’ingegno (wit), la fantasia e l’inventiva. Questa facoltà non crea mai qualcosa di completamente nuovo, bensì varia soltanto la disposizione di ciò che riceve dai sensi. L’immaginazione è il campo più esteso di piaceri e dolori, perché è connesso a paure, speranze e alle passioni ad esse connesse. Dal momento in cui l’immaginazione non è altro che la deputazione dei sensi, dobbiamo concordare che avrà effetti simili su tutti gli uomini. Oltre al piacere e al dolore causato dalle proprietà dell’oggetto naturale, vi è però anche il piacere della rassomiglianza dell’imitazione con l’originale. Queste due cause (proprietà dell’oggetto e rassomiglianza) sono basate su principi naturali, e dunque hanno effetti simili su tutti gli uomini. L’immaginazione, secondo Locke, è versata nel tracciare somiglianze, e il giudizio invece è versato nel trovare differenze. Apparentemente dunque ingegno e giudizio sono entrambi facoltà del confronto, ma in realtà hanno delle differenze sostanziali, tanto che è difficile trovare un essere umano in cui giudizio e ingegno sono unite in modo perfetto. Quando troviamo due oggetti che non si somigliano, non siamo stupiti. Quando invece troviamo due oggetti distinti che presentano somiglianze, ne siamo colpiti, prestiamo attenzione e proviamo piacere. La nostra mente ha una alacrità maggiore nel cercare somiglianze piuttosto che nel trovare differenze; rilevando somiglianze, produciamo nuove immagini, coordiniamo, creiamo e allarghiamo la nostra esperienza. Invece il fare distinzione è un compito più noioso, e il piacere che ne proviamo è di natura negativa e indiretta. Del resto gli uomini sono più inclini alla fede che alla incredulità. Le nazioni più retrograde infatti hanno facilità nelle similitudini, e così Omero e gli scrittori orientali ne inventano molte, anche ammirevoli, senza curarsi che siano esatte. Insomma, sono attratti da una rassomiglianza generale, e non osservano le differenze tra le cose paragonate. Gli uomini sono dunque attratti dalla somiglianza, che lusinga la nostra immaginazione; le cosiddette differenze di gusto derivano, più che da una facoltà più o meno sviluppata, dal fatto che esperiamo e vediamo cose diverse. Il gusto si evolve infatti per esperienza: l’uomo che vide per la prima volta un’imitazione, sotto forma ad esempio di statua, si sarà stupito senza fare caso ai dettagli, e semmai dopo avrà notato che c’erano alcuni difetti. Per dimostrare questo fatto possiamo fare l’esempio del calzolaio, che osservano il bel quadro di un pittore, dice che però le scarpe sono fatte in modo inesatto; questo non deriva da un difetto del gusto del pittore, bensì da una diversa esperienza di osservazione. Altri esempi dimostrano che la capacità di del dolore; anzi, i dolori sono temuti specialmente in quanto “emissari della morte” (in quanto pochissimi dolori sono così intensi da far sì che la morte sia meglio). Quando un pericolo o un dolore sono incalzanti non sentiamo alcun diletto; però da una certa distanza e con certe modificazioni possono essere dilettevoli. 8: Le passioni che appartengono alla società L’altro punto sotto le quali sono classificate le passioni è la società, che è divisa in società dei sessi e società generale. La prima ha lo scopo di propagare la specie, la seconda unisce gli uomini tra di loro, con gli animali e anche con le cose inanimate. Se le passioni della preservazione si riferiscono a dolore e pericolo, quelle della generazione hanno la loro origine in appagamento e piacere. Il fatto che l’amore causi sofferenza non invalida la nostra tesi, in quanto è la sua perdita a causare dolore. L’amore non ha dunque connessione con il dolore positivo. 9: La causa ultima della differenza fra le passioni che riguardo l’autopreservazione e quelle che riguardano la società dei sessi L’adempimento dei nostri doveri dipende dalla vita, e l’adempirli con efficacia dipende dalla salute. Per questo siamo fortemente impressionati da ciò che minaccia queste due cose. Ma queste due cose da sole non ci bastano: non traiamo nessun piacere dal semplice fatto di essere vivi e in salute (e infatti non ci abbandoniamo ad indolenza a inazione). La generazione della razza umana è un grande scopo, e per questo noi proviamo un grande piacere nel generare; tuttavia non soffriamo molto per la sua mancanza. E qui si vede la grande differenza fra uomo e animale: l’uomo, dotato di ragione, ha la stessa tensione verso i piaceri dell’amore in ogni momento della sua vita, perché attraverso la ragione può decidere quando e come accoppiarsi. Invece gli animali hanno periodi stagionali dove se non si accoppiano soffrono molto, e non decidono dunque quando e come accoppiarsi. 10: La bellezza La passione che riguarda la generazione, in sé, è pura concupiscenza. Gli animali però non si accoppiano fra di loro perché vedono il partner come bello: infatti non fanno alcuna differenza, finché si tratta di membri della stessa specie. Gli umani invece, che sono caratterizzati da relazioni sociali variegate e complesse, connettono la passione a qualità sociali, che guidano e rendono più acuto l’istinto dell’uomo nel scegliersi il partner. Il criterio in base al quale l’uomo sceglie, ossia l’oggetto di questa passione complessa che chiamiamo amore, è la bellezza del sesso. Dunque gli uomini, come gli animali, sono attratti da membri della stessa specie per legge di natura, ma sono attratti dai singoli individui dalla bellezza. La bellezza è una qualità sociale perché vedendo qualcosa di bello proviamo sentimenti di tenerezza e siamo spinti a rapportarci con esso. 11: Società e solitudine Il secondo aspetto delle qualità sociali è quello che si riferisce alla società in generale. In sé, la compagnia dei nostri simili non ci dà piacere; deve essere legata a qualche interesse particolari. Tuttavia la solitudine è un dolore positivo intensissimo. Possiamo dunque dire che una solitudine continua è contraria alla nostra natura, e le nostre sensazione circa una particolare società siano positive. 12: Simpatia, imitazione e ambizione Sotto questa denominazione rientrano queste tre passioni di genere complicato, che si suddividono in varie forme adatte a quella varietà di fini a cui devono servire nella lunga catena della società. 13: La simpatia La simpatia ci spinge a interessarci agli altri ed essere toccati da ciò che gli tocca. È da intendersi come una specie di sostituzione, che ci permette di sentire sentimenti di autopreservazione (come il sublime) o di piacere. Con questo principio la poesia e la pittura riescono a trasmetterci la passionalità, e aggiungere diletto a disgrazia, morte e miseria. È stato osservato che molte cose che ci turberebbero ci danno piacere se osservate. Non è però vero che questo piacere viene dal non subire quelle cose che leggiamo, né dal fatto che ci liberiamo dalle sensazioni negative che vediamo rappresentate. Non bisogna infatti sopravvalutare l’influsso della ragione nelle passioni. 14: Gli effetti della simpatia nelle disgrazie altrui La simpatia è causa del diletto che proviamo nel sentire le sventure altrui, sia quotidiane che storiche. Il nostro diletto, non piccolo, viene accresciuto se la vittima di sventura è nobile e fortunata. Questo diletto, che non è puro bensì unito a una certa inquietudine, ci vieta di fuggire scene di miseria, e ci induce a consolare chi soffre; si tratta di un nostro riflesso istintivo, che sfugge alla nostra adesione razionale. 15: Gli effetti della tragedia Nelle tragedie, ossia calamità immaginarie, noi percepiamo immediatamente che si tratta di un artificio e ne traiamo un certo piacere, che però non è la causa principale della soddisfazione che ci procura la tragedia. Una tragedia è tanto più forte tanto più si avvicina alla realtà, ma non la raggiunge mai; possiamo anche scrivere la tragedia migliore del mondo, ma se si diffonde la notizia che nella piazza di fianco stanno decapitando un politico, di certo il teatro si svuoterà. Ci dilettiamo nel vedere cose che non desideriamo, ma bensì alle quali desidereremmo porre rimedio. È un sofisma pensare che il piacere derivi da una condizione di immunità: la condizione di immunità è necessario perché si provi diletto, ma non per questo è una causa del diletto. 16: L’imitazione Lo stesso principio che ci porta ad avere a cuore gli altri esseri umani ci porta a imitarne le azioni. L’imitazione ci permette di apprendere e forma le nostre abitudini e opinioni. Insomma, è uno dei vincoli più forti della nostra società. L’imitazione è anche alla base delle arti quali la pittura. Bisogna tuttavia distinguere tra quando un quadro ci piace perché imitativo (ad esempio, una natura morta fascinosa perché dipinta con realismo fotografico) o perché il soggetto è fascinoso. 17: L’ambizione Se noi ci limitassimo a imitare, non ci sarebbe progresso. Abbiamo però il sentimento dell’ambizione, che fa sì che siamo soddisfatti quando superiamo gli altri, o anche solo quando ci distinguiamo. Questo principio è alla base dell’adulazione (che crea un senso di superiorità inesistente) e anche della contemplazione di cose terribili: infatti l’anima trattiene con sé parte della dignità di ciò che contempla, e ammirando spettacoli grandiosi siamo anche noi presi da un senso di trionfo. Proviamo qualcosa di simile leggendo poeti e oratori sublimi. Parte II 1: La passione causata dal sublime La passione causata dal sublime naturale è lo stupore, ossia lo stato d’animo in cui regna un certo grado di orrore, e che assorbe così tanto la mente che essa non può pensare ad altro, e dunque neppure ragionare sull’oggetto stesso. Lo stupore è il grado più alto; di livello inferiore sono ammirazione, riverenza e rispetto. 2: Il terrore Ogni oggetto terribile e pericoloso non può essere insignificante, ed è dunque sublime. 3: L’oscurità L’oscurità fa sfumare i contorni delle cose e rende tutto minaccioso. Per questo molti riti di antiche religioni si svolgono in ambienti oscuri. 4: Differenza fra chiarezza e oscurità riguardo alle passioni Se io disegnassi un edificio antico, il disegno sarebbe meno emozionante di dei versi suggestivi che lo descrivono. La chiarezza non influisce sulle emozioni, anzi, l’oscurità ha una presa molto più forte su di esse; e infatti il linguaggio musicale, il meno chiaro in assoluto, è molto emozionante. Non c’è modo migliore di trasmettere le affezioni che la parola. La pittura, a differenza di quanto dice Dubos, è meno in grado della poesia di generare passioni; la poesia infatti unendo immagini grandiose in modo confuso crea un fascino che si perderebbe separando le varie immagini. Dunque solo la poesia è in grado di comunicare l’oscuro e il mostruoso. 5: La potenza che tende al sublime, dovrebbe dunque limitarsi a colori scuri e cupi. In generale, ciò che è luminoso e ridente scema ogni effetto sublime, dunque bisogna essere molto prudenti nell’utilizzare colori brillanti. 17: Il suono e lo strepito I suoni hanno un grande potere emozionale; il fragore, specialmente, getta immediatamente l’anima nel terrore. I cannoni e i tuoni danno una sensazione grandiosa senza avere arte o piacevolezza, e la voce della folle travolge ogni razionalità per lo sgomento che produce. 18: La subitaneità L’inizio o la conclusione improvvise di un suono intenso hanno lo stesso potere; l’attenzione è eccitata e le facoltà si tendono a loro difesa. La gradualità o facilità tra un passaggio e l’altro non crea apprensione e terrore, e di conseguenza non può essere motivo di grandiosità. Anche la ripetizione di un suono intenso ha un effetto potente: pensiamo al tamburo o a un orologio, quando di notte nulla svia la nostra attenzione altrove. 19: L’intermittenza Un suono basso, tremulo e intermittente può terrorizzarci, in quanto siamo in dubbio sulle sue cause; una luce che appare e scompare è più terribile di un buio silenzioso 20: Gli urli degli animali I suoni inarticolati o simili a quelli umani di animali che soffrono o sono in pericolo evocano grandi idee, come del resto i ruggiti di bestie selvagge. In realtà, i suoni in grado di causare sublime sono quasi infiniti. 21: L’odorato e il gusto. L’amore e il maleodorante Gusto e odorato partecipano di grandezza, anche se in misura minore che rispetto agli altri sensi. Può essere sublime un sapore molto amaro (come dimostra l’utilizzo del termine “amaro” nel linguaggio comune) o un odore molto sgradevole. In sé sembra ridicolo, ma associato a immagini quali foreste buie o luoghi infernali come l’Acheronte, contribuisce alla grandezza. 22: La sensibilità. Il dolore Il dolore fisico, come già detto in abbondanza, è causa di sublime, in quanto tormentoso. Anzi, si può dire che tutto il sublime sia prodotto dal dolore, o dalla paura di esso. Alla conclusione di questo percorso, possiamo affermare che il sublime è un’idea che riguarda la preservazione di sé stessi, una delle cose che ci riguarda di più. L’angoscia è la sua emozione più forte, e non contiene alcun piacere derivante da una causa positiva. Parte III 1: La bellezza Per bellezza intendiamo quella o quelle qualità dei corpi per cui essi destano amore o qualche passione simile. Limitiamo questa definizione alle qualità puramente sensibili delle cose. Allo stesso modo distinguiamo l’amore, che è la soddisfazione che deriva all’animo dal contemplare qualcosa di bello, dal desiderio o dalla lussuria, che ci spinge a possedere certi oggetti con mezzi del tutto diversi. Desiderio e bellezza sono dunque diversi, benché possano operare l’uno accanto all’altra; ma dobbiamo tenere a mente che gli sconvolgimenti che attribuiamo all’amore sono causati dal desiderio, non dalla bellezza in sé. 2: La proporzione non è la causa della bellezza nei vegetali Molti sostengono che alla base della bellezza di un oggetto vi sia una certa proporzione di parti. La proporzione, come ogni idea di ordine, si riferisce alla convenienza, e perciò fa parte dell’intelletto più che dei sensi e dell’immaginazione. Non è in seguito a ricerca e analisi che troviamo la bellezza in un oggetto; la bellezza non ha bisogno della nostra ragione. La proporzione è la misura di una quantità relativa; ogni parte di un oggetto è in relazione con le altre parti e con il tutto. Sono studiate dalla matematica, e infatti non colpiscono l’immaginazione (altrimenti non potremmo speculare su di esse con la freddezza e la calma che ci impongono le scienze esatte). Di certo il bello non riguarda la misurazione, altrimenti basterebbe fissare alcune misure definite per scoprire cosa è bello e cosa non lo è. Non disponendo di tale metodo cercheremo di vedere se la proporzione è causa di bellezza analizzando animali e vegetali belli per vedere se rispettano una qualche disposizione. In questa ricerca di affideremo a quattro regole: 1. Se due corpi producono lo stesso effetto sulla mente, l’effetto comune deve essere attribuito a qualcosa che hanno in comune. 2. Non spiegare l’effetto di un oggetto naturale in base all’effetto di un oggetto artificiale. 3. Non spiegare l’effetto di un oggetto naturale in base alla nostra concezione di utilità, se gli si può dare una causa naturale. 4. Non ammettere una determinata quantità o relazione di quantità come causa di un certo effetto, se l’effetto è prodotto da misure e da relazioni differenti e opposte. Nel mondo vegetale nulla è più bello dei fiori. Eppure sono tutti di forme diversissimi, e i più belli, come le rose, sono sghembi, si reggono su fusti sottili o così via. La proporzione è addirittura dannosa all’ordine. 3: La proporzione non è causa di bellezza negli animali Pavone e cigno sono animali con proporzioni quasi opposte, eppure sono umanamente riconosciuti come belli, così ogni specie animale, nonostante le innumerevoli differenze, presenta individui belli. 4: La proporzione non è causa di bellezza nella specie umana Gli umani presentano molte proporzioni, ma non è ad essere che bisogna attribuire la causa della bellezza; anzi, talvolta individui brutti presentano proporzioni perfette, e individui belli no. In generale, se il bello deriva da un principio di natura, non ha senso che diverse proporzioni vengano considerate belle. I difensori del bello proporzionale sostengono che vi siano proporzioni perfette che variano a seconda della specie, ma ancora, ci sono molte varietà di proporzioni in ogni specie, e molte diverse sono belle. Se il bello non deriva dalla proporzione in virtù di un principio naturale, allora deve derivare da essa in virtù di utilità o abitudine. 5: Altre considerazioni sulla proporzione La bellezza come proporzione nasce forse in contrapposizione alla deformità. Ma dovremmo piuttosto dire che il contrario di deforme non è bello, bensì forma completa e comune. Del resto, la bellezza è lontanissima dall’abitudine: ci affascina ciò che è nuovo (come, del resto, nel caso della deformità). È vero che l’abitudine ha un potere forte sull’uomo, ma la bellezza, qualità positiva, non può venire da essa. Infatti le cose abituali ci impressionano poco per la loro presenza, e moltissimo per la loro assenza (ad esempio, un tabagista fuma senza quasi accorgersene, mentre soffre molto quando non può farlo). Così la sproporzione ci disgusta molto, mentre un corpo proporzionato non produce nessun effetto su di noi. Il contrario di bellezza non è sproporzione, bensì bruttezza. 6: La convenienza non è causa di bellezza La teoria del bello come proporzione non avrebbe avuto tanto successo se non fosse stata sostenuta dalla teoria che voleva che tali proporzioni fosse utile all’uomo, ossia che le parti siano conveniente ai loro scopi. Ma se così fosse, elementi utilissimi come il grugno del maiale o la proboscide dell’elefante sarebbero bellissimi; la gamba equina sarebbe più bella di quella umana, e la donna sarebbe meno bella dell’uomo, che è più forte. Il pavone non sa volare, ma le sue inutili ali sono più belle di quelle di molti abili volatili. Questa equivalenza tra bello e utile deriva dal fatto che spesso le parti del corpo belle sono anche utili, ma non dobbiamo confondere le due cose. 7: I veri effetti della convenienza Il creatore ci ha dotati di facoltà che precedono la nostra debole ragione nell’essere impressionati da qualcosa; facoltà che dominano i sensi e l’immaginazione prima che volontà e intelletto possano opporsi ad esse. Tuttavia la proporzione e la convenienza non sono spregevoli, e neppure del tutto slegate al bello: l’analisi delle proporzioni di Siamo attirati da suoni dolci e delicati, e specialmente dalla musica. La musica bella deve essere priva di suoni troppo alti e intensi, e non deve essere troppo variegata o cambiare troppo velocemente. Infatti la musica bella crea una sorta di malinconia, non gaiezza e allegria, che di solito vengono causate da cambi repentini. 26: Il gusto e l’odorato Rimanderemo la spiegazione al capitolo dove si parlerà dalla causa efficiente della bellezza in relazione a tutti i sensi. 27: Confronto fra sublime e bello Il bello è fondato sul piacere, il sublime sul dolore: il primo non tiene la linea retta, ma non devia sensibilmente da essa, ed è dolce, delicato, chiaro e piccolo; il secondo ama le rette oppure devia moltissimo da esse, ed è oscuro, grande e ruvido. Benché si trovino talvolta unite, sono qualità estremamente diverse. Parte IV 1: La causa efficiente del sublime e del bello Ricercando la causa efficiente di queste due cose non stiamo affermando di poter giungere a una causa ultima. Non siamo in grado di spiegare perché certe affezioni del corpo producono una certa affezione. Ma se scopriamo quali affezioni dell’animo producano certe emozioni del corpo, e quali sensazioni e qualità del corpo producano sentimenti nell’animo, siamo già a un buon punto. Non dobbiamo andare oltre alle qualità sensibili delle cose, come fece Newton che ipotizzò spiegazioni incaute dei fenomeni fisici abbandonando la sua solita prudenza. 2: L’associazione Un problema che dobbiamo affrontare in questa ricerca deriva dal fatto che verso molte cose abbiamo associazioni indistinguibili da effetti naturali. Ad esempio, in origine un precipizio per noi non meno terribile di una pianura: abbiamo sviluppato questa “antipatia” in seguito ad ammonimenti altrui ed esperienze, di cui non abbiamo memoria: le abbiamo acquisite in circostanze che ora non ricordiamo. Dobbiamo ricercare la causa delle passioni nelle proprietà naturali e non nell’associazione. 3: La causa del dolore e della paura Se il sublime dipende dal terrore, ciò che produce piacere è bello. Bisogna dunque analizzare dolore e piacere. Un uomo che soffre di dolore mostra gli stessi sintomi di quando è terrorizzato: da ciò deduciamo che dolore e terrore (che altro non è che apprensione del dolore stesso o della morte) producono gli stessi effetti, sebbene a intensità differenti, sulle medesime parti del corpo (nel caso del dolore, specialmente i nervi). La differenza tra le due è che il terrore agisce sulla mente, il dolore sul corpo. Infatti quando il corpo è disposto a ricevere emozioni che riceverebbe da una certa passione, susciterà nell’animo qualcosa di assai simile a quella passione. 4: Continuazione Come dimostra la storia di Campanella, imitando i gesti e le espressioni di una persona, ne assumeva anche lo stato d’animo. Questo dimostro che mente e corpo sono legati in maniera indissolubile, ed è difficile separare manifestazioni esteriori e sentimenti. Allo stesso modo, se mentre soffriamo pensiamo ad altro, il dolore risulta come sospeso. 5: Come si produce il sublime Il sublime viene dunque da una tensione anormale, che produce una passione simile al terrore, pur non essendo connesso ad una idea di pericolo. Dunque bisogna analizzare come il diletto possa sorgere da questo genere di passione. 6: Come il dolore può essere causa di diletto La natura ci ha disposti in modo tale che rifuggiamo l’ozio e l’indolenza; questi due stati ci gettano in uno stato sgradevole. Il rimedio contro i mali dell’ozio è il lavoro, che consiste nel superamento di difficoltà; è caratterizzato dunque da una contrazione muscolare simile a quella del dolore. Ma il lavoro deve tenere in esercizio non solo gli organi meno delicati, ma anche quelli molto delicati, come quelli che sono alla base del nostro intelletto. 7: L’esercizio è necessario per gli organi più delicati Il terrore è l’esercizio delle parti delicate: quando non è tale da metterci in pericoloso o essere nocivo, toglie un grande ingombro alle parti sia delicate che robuste, generando un piacevole diletto, che assomiglia a una tranquillità tinta di terrore, che essendo legata all’istinto di autoconservazione, è una delle sue passioni più forti. Il suo oggetto è il sublime, e il suo grado più alto è lo stupore. I gradi inferiori sono timore, reverenza e rispetto; tutte cose che sono lontane dall’effettivo piacere. 8: Perché cose non pericolose producono una passione simile al terrore 9: Perché gli oggetti visivi di grandi dimensioni sono sublimi Gli oggetti grandi impongono una grande sollecitazione ai muscoli oculari, che in virtù della loro delicatezza sono molto impressionati da questo sforzo. 10: Perché l’unità è necessaria alla vastità Una cosa di grande dimensioni deve essere necessariamente una e intera. Se fosse composta di molte cose variegate la mente non la potrebbe cogliere in tutta sua vastità venendo continuamente distratta. 11: L’infinito artificiale La successione uniforme di grandi parti fa nascere una specie di grandezza, e ha un potere simile nei suoni. Un rumore forte causa una tensione; se ripetuto, dopo poco, l’orecchio attenderà la ripetizione del suono. L’attesa determina essa stessa una ulteriore tensione. Non potendo tuttavia prevedere l’arrivo dei rumori che aspettiamo, siamo colti continuamente da una nuova sorpresa. Questo crea una tensione quasi dolorosa. Quando questi suoni cessano, gli organi dell’udito lo fanno vibrare molto più a lungo, contribuendo alla grandezza dell’effetto. 12: Le vibrazioni devono essere simili 13: L’effetto della successione negli oggetti visivi Una successione di parti uniformi, nella stessa linea retta è sublime. Una quantità di materia piccola, disposta in questo modo, produce un effetto molto maggiore di una quantità di materia enorme ma disposta in modo diverso. Immaginiamo una serie di colonne: l’impressione della prima colonna che vedo è rafforzata dalla seconda, e così via. Questo continuo accrescimento crea agitazione, offrendo alla mente un’idea grande e sublime. Se immaginiamo di vedere un colonnato costituito da colonne rotonde quadrate alternate, la continua interruzione di immagini, spezzando la continuità. La variazione crea un rilassamento degli organi di vista, impedendo il sorgere di un sentimento sublime. Perché un colonnato è dunque più sublime di una parete, che è molto più uniforme? Perché la parete è un'unica idea, e può impressionare solo in virtù della sua estensione; invece il colonnato ripete continuamente la stessa idea, creando un effetto di infinità oltre che di vastità; senza ripetizione non si genera aspettativa, tensione e riverbero. 14: L’opinione di Locke riguardo all’oscurità Locke sostiene che l’oscurità non sia di per sé terribile, e lo sia diventata solo in seguito alle superstizioni degli uomini, che l’hanno riempita di demoni e pericoli; avendo assorbito, tramite i racconti di nutrici, fin da infanti tale associazione, ci rimane per tutta la vita. Tuttavia l’oscurità è sempre pericolosa, perché rende inutile la forza e ci rende indifesi di fronte a tutto, potendo ospitare ogni sorta di pericolo invisibile; i racconti successivi non hanno fatto altro che rappresentare una paura già presente. Ciò è dimostrato dal fatto che in tutte le culture l’oscurità sia terribile. 15: L’oscurità è terribile per propria natura Il colore nero e l’oscurità quasi si identificano (il primo è solo un’idea più limitata), e sono penosi per azione naturale, indipendentemente da qualsiasi associazione. Cheselden racconta di un ragazzo cieco che riacquistò la vista: vedendo per la prima volta il colore nero provò un grande turbamento. Dal momento che non poteva ancora associare il nero a nulla, dobbiamo concludere che sia l’effetto naturale di questo colore. 16: Perché l’oscurità è terribile 2: L’effetto comune della poesia non in quanto suscita le idee delle cose Una nozione comune di poesia (così come di comune conversazione) vuole che le parole impressionano la mente, suscitando in essa idee di quelle cose che esse indicano per abitudine. Per analizzare la verità di questa opinione, osserviamo che le parole possono essere divise in tre tipi. 1. Parole aggregate: idee semplici unite per natura a formare una determinata idea composta, come uomo, cavallo, albero ecc. 2. Parole astratte semplici: parole che esprimono una idea singola di tali composti, e nulla di più, come rosso, azzurro, cerchio ecc. 3. Parole astratte composte: parole frutto di un’unione arbitraria tra parole dei primi due tipi, e di varie relazioni fra essi in gradi di maggiore o minore complessità. Ad esempio, onore, virtù, persuasione. Le parole astratte composte non derivano il loro potere da cose concrete alle quali si riferiscono. In quanto composte non sono reali e non determinano idee reali. Quando sentiamo queste parole come “virtù” od “onore”, non concepiamo subito una nozione precisa di modi di agire e pensare riferibili a questi termini, ne possediamo un’idea generale. Analizzando questi termini scopriamo infatti che sono un aggregato di parole; scomponendole, dopo un lungo e laborioso processo, esce un’idea che non assomiglia per niente a quella che originaria. Insomma, queste parole sono puri suoni, usate in situazioni in cui riceviamo bene o suoniamo male e associate a situazioni simili. Col tempo perdono la loro connessione con gli eventi che li hanno generate, ma la parola lavora come prima pur senza essere collegata ad alcuna nozione. 3: Le parole generiche precedono le idee Locke ha osservato che la maggior parte delle parole generiche, specialmente quelle che riguardano virtù e vizio, bene e male, vengono insegnate prima che i modi di agire che ad esse si riferiscono. Infatti la mente infantile è duttile, e mostrandoci dispiaciuti o felici per una cosa o un atteggiamento, trasmettiamo al bambino una determinata inclinazione dell’animo. Spesso a cose gradevoli viene associato il male, e viceversa; questo causa una notevole confusione morale nelle persone. Molti che amano la virtù e odiano il vizio spesso agiscono male o con malvagità, ma non le avrebbero fatto se fossero stati sotto l’effetto delle passioni causate da queste parole grandiose, che anche fuori contesto hanno un certo effetto. L’utilizzo di simili parole senza una necessità logica generano quello stile che viene chiamato ampolloso. 4: L’effetto delle parole Quando le parole hanno la pienezza del potere, tre sono gli effetti che nascono nella mente dell’ascoltatore. Il primo è il suono, il secondo l’immagine o rappresentazione della cosa indicata dal suono; terzo, il sentimento dell’animo composto da una o da entrambe le precedenti. Le parole astratte composte producono il primo e il terzo effetto, ma non il secondo. Le altre due categorie di parole possono raggiungere tutti e tre gli effetti, ma l’effetto più generale di queste parole non nasce dalle rappresentazioni formali degli oggetti che vorrebbero richiamare. Le parole agiscono piuttosto come le astratte composte, non col presentare un’immagine, bensì col suscitare lo stesso effetto che suscita l’originale. Se infatti leggiamo una descrizione rapida, è impossibile che si formino sia le idee del suono che della parola. 5: Esempi in cui le parole possono colpire senza suscitare immagini Essendo difficile far riflettere le persone su quello che vedono e sentono, ci avvaliamo di esempi. Il primo è il poeta, cieco dalla nascita, Blacklock, che descriveva con eleganza cose che non poteva vedere; Spencer, nella prefazione alle sue poesie, scrive che alcune improprietà di linguaggio e pensiero siano sorte dal concetto imperfetto degli oggetti visivi che aveva questo poeta. Simili improprietà però si trovano anche in altri poeti buoni quanto lui ma vedenti. Il professore Saunderson, allo stesso modo, faceva conferenze sulla luce e sul colore, spiegando idee che lui non aveva. Faceva la stessa cosa che facciamo noi ogni giorno quando conversiamo: quando io dico “Andrò in Italia la prossima estate”, nessun si figura con la mente l’immagine di io che mi dirigo a cavallo in Italia, e nemmeno può figurarsi la “prossima estate”. Insomma, parliamo senza vedere anche di cose non astratte. Del resto la poesia non ha il suo potere solo nel suscitare immagini sensibili; anzi, se potesse suscitare solo quelle, perderebbe molto del suo potere. Ci sono spesso poesia che dal punto di vista dell’immagine presentano scene assurde, ma perché in realtà non si richiede una connessione di immagini visive perché la descrizione abbia effetto; basta che le parole, corrispondenti a molte idee nobili, siano connesse con circostanze di tempo e spazio, relazioni di causa-effetto ed associazioni. Descrivere Elena come “più bella delle dee immortali” ci impressiona più che descriverne accuratamente le caratteristiche fisiche. Poesia e retorica non impressionano con l’imitazione, ma con la simpatia, spiegando l’effetto delle cose sulla mente di autore e spettatori. 6: La poesia non è un’arte strettamente imitativa La poesia è imitazione finché descrive gli atteggiamenti e le passioni degli uomini, che le parole possono esprimere. La poesia drammatica è di questo genere. Ma la poesia descrittiva opera soprattutto per sostituzione per mezzo di suoni che per abitudine producono l’effetto di realtà. Dal momento che le parole non hanno somiglianza con l’idea alla quale si riferiscono, non vi può essere imitazione, visto che l’imitazione si dà solo in virtù della somiglianza. 7: Come le parole influiscono sulle passioni Se non è la capacità di evocare immagini, cosa rende la poesia e la retorica tanto potenti, spesso più della pittura? Ci sono tre ragioni: 1. Prendiamo vivamente parte alle passioni degli altri e facilmente siamo colpiti e tratti alla simpatia da un indizio che ce le riveli; con la parola, una persona può indicare non solo un soggetto ma anche l’impressione che ne ha. L’influsso delle cose sulle nostre passioni non deriva tanto dalle cose quanto delle opinioni che ne abbiamo, che possono dipendere da altri uomini. 2. Vi sono cose impressionanti che ricorrono raramente nella realtà, mentre ricorrono molto nel linguaggio; così esse hanno la possibilità di radicarsi nella nostra mente. Molte idee le apprendiamo solo tramite parole, come Dio, inferno, angeli e così via; eppure hanno una forte presa su di noi. 3. Con le parole possiamo ottenere combinazioni altrimenti irraggiungibili. La pittura può rappresentare forme a piacimento, ma non può dare la vitalità che danno le parole. Le impressioni delle parole, in poesia, si accumulano le une sulle altre creando un grandissimo grado di sublime. Ciò può causare confusione la distinzione fra espressioni chiare ed espressioni forti: le prime riguardano l’intelletto, le seconde le passioni. Le prime descrivono una cosa per come è, le seconde per come è sentita. Dunque ci sono parole e disposizioni di parole che essendo usate spesso da colore che sono sotto l’influsso di passioni, ci appassionano a nostra volta, e molto di più di parole che descriverebbero un dato oggetto con precisione; le descrizioni fatte con parole di per sé darebbero una idea poverissima di un oggetto se chi parla non chiamasse in aiuto quei modo del discorso che rivelano in lui un sentimento forte e appassionato; siamo contagiati come da una fiamma. Noi concediamo alla simpatia ciò che neghiamo alla descrizione. Per questo le lingue più evolute, sottili e chiare mancano di forza, mentre le lingue degli orientali, osservatori meno fini che si stupiscono per ogni cosa, siano invece fortemente espressive.
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