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INCHIOSTRO DELLA MALINCONIA, Appunti di Filosofia morale

In questa storia del trattamento della malinconia, troviamo una storia dei trattamenti delle malinconie, che hanno come costante: lo stato di isolamento dell’individuo. Nello studio della malinconia, vi è stata un’oscillazione tra l’ambito del normale e quello del patologico: era considerata malinconia, sia uno stato di alterazione organico, sia il carattere di alcuni individui meditativi, che si ritiravano in sé per riflettere sul mondo (carattere del filosofo).

Tipologia: Appunti

2019/2020

In vendita dal 13/06/2022

Mariachiara05
Mariachiara05 🇮🇹

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Scarica INCHIOSTRO DELLA MALINCONIA e più Appunti in PDF di Filosofia morale solo su Docsity! FILOSOFIA MORALE Concetto centrale del corso: melanconia, intesa come crisi della presenza, cioè come perdita di contatto con la realtà. Gli ambiti che hanno trattato il tema della malinconia sono: filosofia, psichiatria, antropologia. Dal punto di vista della psichiatria, la malinconia era considerata una malattia di carattere fisiologico. Ippocrate (Padre della medicina) è il fondatore della “teoria umorale”, secondo cui la salute, consiste in un equilibrio dato dai 4 umori contenuti nel nostro organismo: il sangue, la bile gialla, la bile nera e il flegma. Se c’è uno scompenso tra questi liquidi corporei, nascono delle patologie. Per esempio, la bile nera (liquido contenuto nella milza), secondo Ippocrate, è responsabile della paura e della tristezza che durano a lungo, nonchè della malinconia. Sin dall’antichità medici, filosofi e antropologi si sono chiesti se la natura di questo stato melanconico, dipenda da fattori solo fisiologici o anche caratteriali, psicologici o sociali. Si parte dall’antichità per arrivare al ‘900, secolo in cui la filosofia e la psichiatria, hanno collaborato per definire la soggettività, cioè che cos’è l’uomo a partire dalle sue condizioni patologiche, dal suo stato di alterazione per curare il soggetto e superare, allo stesso tempo, la dicotomia tra sani e malati, normali e patologici, dal punto di vista filosofico. L’idea è che la malattia e la salute siano due forme di esistenza entrambe legittime: il malato mentale non è qualcosa di diverso, di altro, ma la malattia, al pari della salute, è una possibilità di esistenza umana e come tale, va studiata! Si introduce così il secondo aspetto del corso: studiando la storia della malinconia, si supera la rigida distinzione tra normalità e patologia a cui siamo abituati. Nelle diverse concezioni di malinconia, elaborate dalle diverse discipline nel corso dei secoli, si delinea la ricorrenza di un tratto comune: l’uomo malinconico si isola volontariamente dalla vita in comune, si ritrae dalla vita sociale ed è proprio a questa idea di isolamento che gli autori che studieremo hanno dato il nome di crisi della presenza. Per il melanconico, la realtà è vuota, il mondo non ha senso, è inattivo perchè le azioni gli sembrano insensate e troppo faticose e anche gli altri non esistono, sono tutti uguali, danno fastidio e lo disturbano. Non c’è distinzione tra sano e malato, ma ognuno di noi, è malinconico, non perchè necessariamente depresso, ma perchè viviamo in un’epoca storica di crisi della presenza, in cui le vite vite virtuali ci allontanano dagli altri. Siamo in un’epoca malinconica in cui gli altri sono sempre più sfocati, più lontani: c’è indifferenza nei confronti della sorte di altri individui, come se fosse qualcosa distante da noi che non ci riguarda (es.gente che muore in mare). Il terzo ambito in cui ci muoveremo è: che cos’é oggi per noi il concetto di crisi della presenza, rispetto al passato? A questo proposito un famoso filosofo francese, Guy Debord, nel libro “La società dello spettacolo”, ha mostrato che l’uomo nella società contemporanea è alienato perchè è spettatore e non soggetto agente. Agiamo con gesti che non sono i nostri, ma che ci vengono suggeriti da altri. La vita malinconica è distaccata dalla realtà, dall’altro, dall’azione. Nei testi trattati bisogna tener conto che, il concetto di malinconia, si colloca a ridosso dei conflitti mondiali, quindi la crisi della presenza è stata studiata in virtù di un’urgenza politica ed è stata intesa come crisi dell’uomo rispetto alla minaccia di una distruzione. Nella nostra società contemporanea, si riferisce, invece, alla crisi umanitaria, al distacco di fronte guerre che avvengono al di là dei nostri confini europei. LIBRO: “L’INCHIOSTRO DELLA MELANCONIA”- STAROBINSKI. La storia del trattamento della malinconia è scritta nel 1960. Starobinski è stato il più grande critico letterario, storico delle idee della nostra epoca, cioè della storia delle espressioni umane. E’ nato e cresciuto a Ginevra da famiglia ebrea. Si è laureato prima in medicina con una tesi sulla storia del trattamento della malinconia e, poi, in letteratura con una tesi che diventerà anch’essa un suo libro, intitolato “Rosseau, la trasparenza e l’ostacolo”. Un tema costante dell’opera di S. è quello della maschera, cioè come gli uomini tendono a nascondersi, a dissimulare e si è avvicinato a questa tematica assistendo da ragazzo alle sfilate fasciste, nelle quali ha rintracciato delle analogie con le feste in maschera delle popolazioni primitive. Per S. il malinconico è colui che si sente tradito dalla società, è ossessionato dalle maschere: gli altri sono visti come traditori, nemici, complottisti e queste convinzioni lo spingono ad isolarsi. L’autore studia la malinconia dal punto di vista medico e parte dall’antichità per capire che rapporto ha avuto l’uomo con questo stato di tristezza, di solitudine, di distacco dagli altri e dal mondo, quindi dimostra come la psichiatria e la filosofia si sono interessate entrambe a questa tematica. Infatti, già nell’antichità il problema della malinconia viene trattato dal punto di vista medico con Ippocrite, ma anche filosofico con Democrito, un filosofo considerato folle perchè viveva ritratto dalla polis, alle porte della città e rideva di tutto. L’ironia è segno di forte distacco, di mancanza di forte coinvolgimento. Ippocrate venne inviato dai cittadini di Abdera a visitare Democratico, perchè si pensa sia affetto da melanconia, che abbia uno squilibrio della bile nera e che debba essere curata con l’ellebo. Ippocrate si rende conto che non è malato, ma è un filosofo che si ritira in forma contemplativa, non è tormentato dallo squilibrio della bile nera. Il risultato in apparenza è lo stesso, perchè c’è un forte distacco, isolamento, disinteresse nei confronti dell’altro, ma l’origine della solitudine è diversa. Democrito è un saggio che ride degli uomini, perchè li considera folli interessati a qualcosa di vano, di inutile, mentre l’unica vera occupazione degna dell’uomo è quella della contemplazione, dello studio delle cause nascoste, cioè dell’origine delle cose. LIBRO: “IL TEMPO VISSUTO”- MIKOWSKI. Opera del 1933. E’ stato un grande psichiatra, che all’inizio si dedicò allo studio della filosofia, ma poi l’esperienza della guerra lo portò a maturare l’idea di dedicarsi alla sofferenza e al dolore umano, intraprendendo così gli studi di medicina. I suoi scritti di carattere filosofico trattano concetti, ispirati alla filosofia di Bergoson, Husserl ed Heidegger che verranno poi utilizzati in medicina: usa i concetti filosofici per curare e aiutare il paziente a superare i suoi stati di sofferenza. In quest’opera, non si parla direttamente della malinconia, ma si parla di uno stato di schizofrenia, caratterizzato da una separazione dell’uomo dal suo mondo, a partire dal rapporto che l’uomo intrattiene col tempo, nell’epoca moderna: lo stato di isolamento, di separazione, in cui si trova l’uomo moderno, è legato ad un alterato rapporto che abbiamo col tempo a causa dell’epoca tecnicizzata in cui ci troviamo a vivere: è un tempo alienante, veloce, stressante. Obiettivo dell’opera: recuperare un rapporto diverso con il tempo. Il tempo vissuto, è proprio il tempo dove l’uomo riconquista se stesso, il rapporto con gli altri, con la politica, con la storia. successivo riesce ad ottenere la cattedra di storia delle idee, cioè storie del modo in cui l’uomo ha pensato se stesso e ha definito il proprio mondo culturale. È importante notare come ci sia una costante tra il mondo medico e letterario, perché in fondo quello che Star. studia è il modo in cui l’uomo ha inventato se stesso nel corso delle epoche, cioè la cultura è un’immagine che l’uomo crea di sé stesso, che le varie epoche creano dell’uomo e a cui gli uomini si adattano: gli uomini vivono e pensano così come la propria epoca li definisce. Ed è per questo che, nelle sue opere, emerge il concetto di “maschera”: il mondo culturale è un mondo di maschere, l’uomo produce delle immagini e si identifica in esse. La malinconia, è da vedere come un modo di vita in cui l’uomo ha pensato se stesso, si è rappresentato, una chiave per interpretare l’umanità in certi momenti storici, Nell’introduzione scrive: “sia dalla prospettiva del malato che da quella del medico, la malattia è un fatto culturale e muta al mutare delle condizioni culturali”, è un modo in cui gli uomini pensano le loro forme di vita. La malattia è una forma culturale e, a seconda delle epoche, viene pensata in maniera diversa. Se cambia la malattia, vuol dire che mutano i modi in cui l’uomo esprime se stesso e il proprio disagio in un certo periodo storico. Dunque, cambia sia la percezione che si ha della malattia che la malattia in sè: ciò che adesso è un sintomo, potrà non essere considerato tale in un altro momento storico. Il cambiamento culturale agisce (trasforma) l’oggetto del suo studio, perché a seconda di come viene percepita, viene curata in maniera differente, per cui cambia. (?) In questa storia del trattamento della malinconia, troviamo una storia dei trattamenti delle malinconie, che hanno come costante: lo stato di isolamento dell’individuo. Nello studio della malinconia, vi è stata un’oscillazione tra l’ambito del normale e quello del patologico: era considerata malinconia, sia uno stato di alterazione organico, sia il carattere di alcuni individui meditativi, che si ritiravano in sé per riflettere sul mondo (carattere del filosofo). La storia del trattamento medico della malinconia, inizia con un personaggio dell’Iliade, di nome BELLEROFONTE. Starobinski vede in questo personaggio dei tratti melanconici, perché si ritrae dalla vita della comunità. A quel tempo la malinconia non era stata definita come malattia, verrà scoperto dopo, per cui Omero, dice che Bellerofonte, non è malato ma è stato dimenticato dagli dei, quindi è sventurato ed infelice. Starobiski dice: “ma quando lo presero in odio gli dei, andava errando per la pianura alea solo, il cuore divorato dalla pena, fuggendo ogni traccia umana”: Bellerofonte va errando solo, il suo cuore è triste, è in fuga dagli uomini. Questa condizione è quella del malinconico, ma la sua condizione non è sempre stata questa, prima di suscitare la collera degli dei, era un eroe, un combattente che vinse molte sfide: uccise il mostro Achimera, divenne padrone del regno della sua amata, sposando una regina, ma ad un certo punto della vita, secondo Omero, diventa antipatico agli dei che decidono di renderlo triste e solo. Nel mondo greco, il pazzo è colto da mania, è più degli altri perché c’è qualcosa di sovrannaturale (gli dei) che interviene nella sua anima, ma in Bellerofonte si nota il contrario: non solo non è posseduto dalla mania, ma è addirittura abbandonato dagli dei. Già qui, Starobinski nota un mutamento culturale che avverrà un po' di tempo dopo: chi è solo, assente, abbandonato verrà considerato malato. Mentre, Omero attribuisce la sofferenza umana all’abbandono inspiegabile degli dei, St. sostiene che la malinconia è ingiustificata, non ha cause: il malinconico è triste e non sa il perché. Perché quando tutto va bene, Bellerofonte viene travolto da questo stato di tristezza e di solitudine? Forse perché nella lotta ha esaurito le sue energie vitali? forse in mancanza di avversari ha rivolto verso se stesso il proprio furore? Starobinski azzarda delle interpretazioni psicologiche, utilizzando la lente dell’uomo contemporaneo, per cercare di giustificare qualcosa che agli occhi di un moderno, risulta essere inspiegabile. Starobinski ci fa vedere che quella che noi oggi chiamiamo depressione, è stata un modo dell’espressione dell’esistenza umana fin dalle dall’antichità che non sempre si è configurata come malattia. I due tratti fondamentali della malinconia: 1) Solitudine, isolamento dalla vita di comunità 2) Assenza di cause, assenza di vero dolore, cioè assenza di vita attiva. La malinconia corrisponde ad una mancanza di azione. Bellerofonte diventa malinconico quando non agisce più. Il seme della malinconia è nell’ozio. STORIA MEDICA DELLA MALINCONIA. La storia medica della malinconia, inizia con la “teoria degli umori” di Ippocrate, una teoria secondo la quale la salute dipende dai quattro umori che scorrono nel nostro organismo: sangue, bile nera, bile gialla e il flegma. Se vi è un equilibrio tra questi fluidi allora l’uomo è in salute, se paura e tristezza durano a lungo ciò significa malinconia. Essa dipende dall’alterazione della bile nera, cioè un liquido scuro, acre, freddo, spesso, irritante, prodotto dalla milza. Perché la medicina attribuisce alla milza la produzione di bile nera? Perché la milza è un organo di colore scuro. A questi 4 umori corrispondo 4 elementi dell’universo: acqua, aria, terra, fuoco: 1)bile nera (atrabile) corrisponde alla terra; 2) bile gialla corrisponde al fuoco, ha sede nel fegato e lo scompenso di questo umore produce collera, attacco di nervi. 3) il flegma (muco) corrisponde all’acqua e ha sede nella testa; 4) il sangue corrisponde all’aria, la cui sede è il cuore. La condizione melanconica, in ambito medico, si rivela da subito ambigua: così come la bile nera non è un agente patogeno di per sè, ma è una parte del nostro organismo e come tale ha un’utilità, così la malinconia non è necessariamente uno stato patologico, ma rappresenta anche una condizione che coincide con i privilegi dello spirito: essa denota anche la spiritualità, la meditazione infatti, Aristotele definisce il malinconico come “genio poetico o filosofico”. Quali sono le cause organiche che producono uno scompenso della bile nera? la cattiva alimentazione per cui dovrà adottare una dieta sana, l’irregolarità dei ritmi della vita quotidianità, la sedentarietà per cui il malinconico per uscire da questa condizione deve iniziare a fare esercizio fisico. La cura risiede nella modifica dei comportamenti, delle abitudini, però se la condizione del malato è più grave o non riesce a seguire queste dritte, si ricorre ai metodi farmaceutici: le due erbe che vengono utilizzate per curare la malattia sono l’ellebero e la mandragora che hanno potere revulsivo. L’ellebero aveva una funzione di purga e irritante, allora somministrarlo significava produrre vomito e feci nere che portavano con sé un liquido nero che pensavano fosse la bile nera, ma in realtà era sangue. Questo metodo di espulsione si chiama “revulsivo” e sarà utilizzato come metodo di cura della malinconia, anche nell’800 per espellere non più qualcosa di organico, ma di psicologico. La mandràgora è una pianta che ha un potere sedativo, ma se viene somministrata in dose elevata può produrre delirio o un effetto afrodisiaco. Negli scritti ippocratici, si legge che la mandragora bisognava somministrarla a chi voleva togliersi la vita. I medici, citati da Star., che si ispirano alla teoria di Ippocrate, sono: Celso, Areteo di Cappadocia e Sorano di Efeso che introducono però delle variazioni di natura psicologica rispetto alla teoria ippocratica. AULO CORNELIO CELSO è un medico romano, che accanto alla terapia organica delle droghe, introduce una “psicoterapia di incoraggiamento”, cioè il medico deve rallegrare lo spirito del malato attraverso giochi, racconti, lodare le sue opere, fargli vedere quelli che sono i suoi successi ottenuti prima di diventare malinconico. È una terapia che ricorre alla parola per sostenere, rallegrare. Con i pazienti affetti da tristezza bisogna adottare metodi delicati, dolci, mentre con coloro che soffrono di una malinconia di carattere più ansioso, più agitato, vanno trattati con rudezza secondo il principio per cui “il contrario deve essere curato con il contrario”, cioè la malinconia introspettiva va trattata con delicatezza e attenzione, mentre bisogna scuotere chi soffre di una malinconia agitata. Con Celso, per la prima volta viene introdotto il viaggio, come terapia per curare la malinconia. SORANO DI EFESO è stato un medico greco (prima metà del 2º sec. d. C.), vissuto ad Alessandria e a Roma che fondò la ginecologia e la ostetricia scientifica. Egli, fa ricorso alla terapia attiva, cioè cura i pazienti affetti da malinconia, con il ricorso al teatro, per cui abbiamo una cura della malinconia dettata dal “principio dell’antidotismo affettivo”: i malinconici sono persone tristi che bisogna curarli scuotendoli attraverso commedie divertenti, allegre, mentre i folli (gli agitati) devono essere curati attraverso spettacoli tragici, drammatici. Altra terapia è quella di fargli scrivere dei discorsi e leggerli davanti agli amici che dovranno ascoltarli e lodarli. Si dà importanza all’azione, intesa come far compiere ai pazienti opere di spirito che rallegrano l’animo stesso. ARETEO DI CAPPADOCIA è stato un medico greco (fine del 2° sec. d. C.) che, accanto alla terapia ippocratica, apre una riflessione sulle cause della malattia. Innanzitutto, sostiene che la malinconia non si può curare in ogni circostanza e opera una distinzione di carattere diagnostico tra uno stato di malinconia causata dallo scompenso della bile nera (malattia endogena, cioè dipendente da fattori interni) e uno stato di sofferenza causato da fattori esterni all’organismo (malattia reattiva, causata da fattori esterni) quali un amore non corrisposto e dunque questa distinzione ci spinge a credere che esista una cura diversa per ognuna dei due tipi malinconia. In realtà non è così, perché secondo Areteo, entrambe le malinconie sono strettamente connesse tra di loro: è l’amore non corrisposto ad influenzare l’organismo e a provocare lo scompenso della bile nera, quindi comunque va somministrata la mandragora. Le disposizioni psichiche hanno una manifestazione a livello organico. cura attraverso le sostanze somministrate, muova qualcosa sia a livello organico che a livello simbolico. (Pag. 50-51) dice: “l’atrabile è la condensazione immaginosa dell’esperienza diretta che possiamo fare della malinconia”. L’atrabile, che è una sostanza organica viene caricata di un valore simbolico sul piano dell’immaginazione. “Finchè la scienza non si doterà di metodi anatomici e chimici precisi che dimostrano che l’atrabile è un’idea dello spirito, l’umore nero, restava la rappresentazione più soddisfacente e sintetica di un’esistenza povera di iniziative…”, cioè finchè non arriveranno studi scientifici che smentiscono empiricamente l’inesistenza dell’umore nero, questo umore nero restava l’unica giustificazione più soddisfacente per spiegare la causa della malinconia. La teoria della bile nera, non può ancora essere smentita, tuttavia si proiettava sulle sostanze di cura sia una funzione organica che astratta. “Oggi non possiamo rifiutare di ammettere la pertinenza simbolica ed espressiva della bile nera” , cioè oggi dobbiamo ammettere che questo liquido nero ha un impatto sul piano immaginario molto forte. Staronbiski dice che la medicina si attiene alle conoscenze empiriche che ha in quel momento, dunque gli studi condotti sino ad allora, non riescono a smentire l’esistenza dell’atrabile, ma si proiettava su di essa una serie di significati simbolici. In ambito medico, si pensa ancora, nel Rinascimento, che la malinconia sia causata da questa sostanza scura, spessa, fredda, pesante, però mentre noi contemporanei oggi sappiamo che l’effetto dei veleni è un effetto placebo, frutto della suggestione del soggetto, nel Rinascimento si pensava che questo effetto simbolico, fosse reale, cioè il medico rinascimentale non pensa di ingannare, di convincere il paziente attraverso il farmaco, ma pensa che il farmaco abbia un efficacia concreta sul piano spirituale. Il medico crede veramente che somministrarlo farà star bene il paziente. (Pag.51) “l’atrabile è una metafora che ignora se stessa”, cioè il medico rinascimentale non somministra una sostanza revulsiva, di cui conosce anche il valore simbolico, con l’idea di ingannare il soggetto, ma con l’idea che funziona realmente sul piano astratto: espellere l’atrabile fa star meglio il soggetto, non solo sul piano organico, ma anche sul piano psicologico (doppio effetto). … “l’atrabile pretende di imporsi come un fatto di esperienza, perché l’immaginazione vuole credere a una materia malinconica…. figurato” cioè la materia malinconica (l’atrabile) non è soltanto una sostanza organica, ma ha anche un carattere spirituale, perché è il suo colore scuro ad incupire e rendere triste il soggetto. Le terapie evacuative sono state utilizzate a lungo, perché danno l’idea della liberazione dalla condizione di sofferenza, di tristezza. Ci si concentra sulla cura delle attitudini del melanconico: i rimedi confortativi (stimolanti) uniti alle sostanze evacuative vengono somministrate per liberare il soggetto non solo dall’atrabile (piano organico) ma dallo sconforto, le frizioni sul corpo vengono effettuate per liberarlo dalle rigidità (piano astratto, noi oggi lo definiamo psicologico, ma i medici di allora non sapevano come chiamarlo). “ Non c’è nessuna di queste operazioni (si riferisce alla terapia evacuativa, confortativa), che non abbia il suo equivalente psichico, un valore simbolico. Le psicoterapie moderne, pretendono di realizzare a livello dell’io, effetti simili a quelli che i terapeuti del passato, cercavano di ottenere a livello organico, a livello del corpo”, cioè Freud utilizzava la terapia della parola, per liberare il soggetto malinconico dall’esser muto (livello psichico), Starobinski dice che i medici del passato facevano la stessa cosa, solo che non avendo scoperto la psiche, somministravano sostanze a livello organico che avessero il compito di sostenere, di lenire le sofferenze psichiche del malinconico sul piano astratto. “pensando di agire sulla causa materiale della malattia, praticavano senza saperlo, un trattamento psicologico, nel quale l’affettività del malato era costantemente sollecitata, benchè fosse questione solo del suo corpo”, cioè la sostanza somministrata agisce a livello fisico e questo ha un effetto sul modo di comportarsi del soggetto. “In effetti, la messa in opera degli evacuativi, dei diluenti, obbligava il paziente a somatizzare la propria rappresentazione della malattia e animare col proprio corpo il processo della catarsi e della ricostruzione psichica. Il metodo doveva, indubbiamente, contare qualche successo per trasmettersi tanto regolarmente da una generazione all’altra”, quindi l’efficacia si è registrata non sul piano organico, sul piano simbolico, cioè se gli evacuativi funzionavo è perché vi era una risposta psichica. I medici rinascimentali proiettano sul corpo un apparato simbolico, cioè riconoscono alla malinconia e alla sua cura un valore spirituale, sono i precursori della psico-terapia moderna. Grande scoperta del Rinascimento = La dimensione simbolica ha un’ efficacia nella cura. Il 700 è un secolo in cui le cure della malinconia iniziano ad interessarsi ad altre parti del corpo, ossia si inizia a pensare che altre parti del corpo possano essere responsabili della malinconia (anche se vi era ancora la teoria degli umori). Si inizia ad andare verso una scientificità più acuta e di conseguenza l’interpretazione astratta caratterizzata dalla magia (profumi, vapori, talismani) inizia ad assolversi e a venir meno. I medici che assumeranno importanza in questo passaggio verso la medicina moderna saranno: Thomas Sydenham (Saidenam) È un medico che cura l’isteria e l’ipocondria agendo sul sangue. Il sangue è contaminato dai vapori, dalle emanazioni degli umori degenerati (malati), tra cui l’atrabile, che ne modificano la consistenza. Lo scopo è quello di far recuperare al paziente le forze che il sangue indebolito e languido gli fa perdere: dunque vuole rendere più forte il sangue con soluzioni come: - far bere l’acqua con tanto ferro, così da contrastare i vapori nocivi che provengono dalla bile nera. - la dieta del latte che rende il sangue più sano e leggero contrastando l’effetto nocivo della bile nera. Siamo ancora un contesto in cui vale la teoria degli umori e quindi la causa della malinconia è sempre la bile nera perché è essa ad influire negativamente sul sangue rendendolo cattivo, fragile e debole, ma l’innovazione consiste nel non agire direttamente sulla bile nera ma sull’antagonista dell’umor nero: il sangue che è una sostanza energetica del nostro corpo. Friedrich Hoffmann Con Hoffmann viene abbandonata la teoria degli umori: non è l’atrabile a causare lo stato melanconico, ma direttamente il sangue. Il sangue è spesso, lento e pigro e questo ha una spiegazione neurologica: La contrazione della duramadre (membrana che avvolge l’encefalo), non permette al sangue di fluire liberamente, lo ispessisce e dunque la malinconia si spiega con l’ostruzione della circolazione del sangue nella testa. Anne- Charles Lorry Il 18° secolo mostra un grande interesse per i fenomeni convulsivi, perché gli studi anatomici permettono di scoprire delle strutture nervose e si tende ad attribuire ai nervi buona parte dei sintomi della malinconia. La vera novità del 700 è introdotta dal medico Anne- Charles Lorry che davvero chiude l’epoca del trattamento tradizionale della malinconia, perché distingue due tipi di malinconia: Malinconia umorale : prodotta dalla bile nera Malinconia nervosa: “senza materia”, anch’essa fisiologica, ma che non dipende dalla produzione di liquido nero, ma da un tessuto nervoso. In essa prevalgono i fenomeni convulsivi. La malinconia nervosa è una malattia che viene prodotta dalla contrazione delle fibre nervose del nostro organismo: uno spasmo eccessivo le contrae e ad esso seguono degli spasmi più calmi. In sostanza abbiamo alternanze di parossismi (contrazioni troppo forti) e stati di eccessiva debolezza, rilassamento. La cura sarà quella di rafforzare l’organismo, dare un giusto tono alle fibre, creare tra di esse un equilibrio armonico per evitare eccessivi spasmi o cedimenti. Gli spasmi eccessivi devono essere curati con dei calmanti, mentre l’atonia (la perdita di tono muscolare) deve essere combattuta con corraborativi e analettici (stimolanti del sistema nervoso centrale). Per fortificare i nervi Lorry, prescrive giochi, esercizi, bagni, cibi leggeri come la frutta e la verdura, ma soprattutto dice che bisogna evitare purghe e salassi perché non c’è nulla da espellere, dal momento che ammette l’inesistenza della bile nera. È il sistema nervoso che deve essere conservato in uno stato di “omotonia”: tono armonico, regolare. Il benessere, la felicità consiste in una tensione media dell’organismo senza eccessi e senza difetti. La cura per la malinconia nervosa consiste nello stimolare dolcemente, armonizzare l’energia dell’organismo. Lorry fu importante perché con lui la vecchia teoria convive con quella nuova, infatti nella sua teoria vi è sia la malinconia umorale che quella nervosa. L’autore segna il limite tra due momenti del pensiero psichiatrico, cioè tra la teoria umorale e la teoria del sistema nervoso che porterà alla nascita della psiche. CAPITOLO IV: L’EPOCA MODERNA Epoca moderna: la melanconia viene attribuita all’alterazione del sistema nervoso. Cervello e nervi sono responsabili della nostra condizione di salute e di malattia. Melanconia = è un’affezione dell’essere sensibile, cioè una malattia del sistema nervoso che è provocata dall’ alternanza di iperestesia (eccessiva eccitazione nervosa) ed ebetudine (stato di assenza di eccitazione). La melanconia viene considerata come un’alterazione del tono del sistema nervoso e, nello stesso tempo, si afferma una prospettiva intellettuale, propriamente psichiatrica, che vede nella malinconia la condizione in cui nella mente dell’individuo domina un’idea fissa, un’ossessione. Successivamente, la teoria nervosa, lascerà spazio a quella intellettuale. 800: nasce la psichiatria, che cura la malattia mentale e quindi anche la melanconia come un’ossessione, ossia un’idea fissa che l’individuo pensa in modo ossessivo. I fondatori della psichiatria sono: Cabanis , Esquirol , Pinel che modificano il nome della malinconia in ambito medico, staccandosi così dalla tradizione e sostituendolo con: monomania triste o lipemania ( lipe = dolore). CABANìS: non abbandona completamente la teoria degli umori, ma passa in secondo piano a favore di una teoria del temperamento malinconico: è una costituzione del carattere nel quale domina il sistema epatico, ossia quello del fegato. L’idea è che vi sia un modo d’essere (temperamento) governato da un organo. Quando c’è un’alterazione del sistema epatico, allora si ha un temperamento melanconico, il che non vuol dire avere la vera e propria patologia della melanconia. Non è monomonia triste, ma è una tendenza del carattere che ha delle ragioni organiche. “Il
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