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Lo sviluppo della società di massa e della borghesia nel XIX secolo, Sintesi del corso di Storia

Il processo di sviluppo della società di massa e della borghesia nel xix secolo in europa. Vengono analizzati i nuovi settori, i consumi di massa e i processi di razionalizzazione produttiva che caratterizzano questo periodo, nonché la nascita di nuovi ceti sociali come la classe operaia e il ceto medio. Vengono inoltre esaminate le politiche protezionistiche adottate dagli stati europei, la nazionalizzazione delle masse attraverso la scuola, l'esercito e il suffragio universale, e la nascita di partiti e sindacati. Inoltre, viene discusso dell'influenza della chiesa e della società di massa sulle nuove tendenze politiche del xix secolo.

Tipologia: Sintesi del corso

2023/2024

Caricato il 29/02/2024

annalando
annalando 🇮🇹

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Scarica Lo sviluppo della società di massa e della borghesia nel XIX secolo e più Sintesi del corso in PDF di Storia solo su Docsity! 1. Crisi e protezionismo Tra il 1870 e il 1914 l'economia capitalistica subì una serie di trasformazioni. Questo periodo viene definito Belle Époque o Seconda Rivoluzione Industriale: un periodo di grande progresso, benessere, ottimismo e fiducia nel futuro. Nonostante le potenze europee tentassero di conquistare sempre più territori extraeuropei (imperialismo), il 1800 viene chiamato “il secolo delle meraviglie” poiché le guerre furono rare. Durante questi anni si creò a livello politico una tensione che culminerà poi nella prima guerra mondiale. Questa nuova fase dell'economia ebbe inizio con un’improvvisa crisi di sovrapproduzione che, scoppiata nel 1873, continuò poi nei due decenni successivi con una caduta dei prezzi permessi da una serie di innovazioni che ridussero i costi di produzione. Il volume degli scambi commerciali continuò a crescere ovunque. Il tenore di vita della popolazione nelle aree urbane non subì riduzioni: al contrario, i lavoratori salariati si giovarono della diminuzione dei prezzi e riuscirono a difendere il livello reale delle loro retribuzioni. Il settore dell'economia europea in cui la caduta dei prezzi si fece sentire con maggiore intensità e con effetti più drammatici fu senza dubbio quello agricolo. Ci furono molti progressi nella navigazione a vapore che determinarono un notevole abbassamento dei costi di trasporto e consentirono ai prodotti dell'agricoltura nordamericana (che avevano prezzi competitivi) di raggiungere i mercati europei, svantaggiando così tutta l'agricoltura europea, in particolare quella più arretrata. A partire dagli anni '79-80, i prezzi dei prodotti agricoli calarono bruscamente. Questo ribasso avvantaggiò i consumatori delle città, ma provocò la rovina di molte aziende agricole piccole e grandi soprattutto in quelle dove le tecniche produttive erano rimaste più arretrate. Nell'Europa centro-settentrionale in cui erano state introdotte nuove tecniche di coltivazione tra cui l'uso di concimi chimici, l'impiego di mietitrici e trebbiatrici a trazione animale, l'estensione delle opere di bonifica e di irrigazione; l'introduzione di nuove, colture (come la barbabietola da zucchero) e di nuovi sistemi di rotazione. Conseguenza immediata della crisi fu l'intensificarsi dell'emigrazione verso le aree industriali e verso i paesi d'oltreoceano, soprattutto l'America del Nord. Il flusso degli emigranti dall'Europa raggiunse un milione nei primi anni del 900. I governi europei finirono per imboccare la strada del protezionismo. Le nuove tariffe adottate dai vari Stati stabilivano dazi elevati per numerosi prodotti agricoli, in particolare per i cereali. Si afferma la pratica del dumping che consiste nel vendere prodotti nel mercato coloniale a prezzi molto bassi facendo così concorrenza alle altre aziende. Le politiche protezionistiche ebbero anche come obiettivo la tutela delle produzioni industriali dalla concorrenza estera: tutti gli Stati europei adottarono nuove misure protezionistiche, a cominciare dalla Germania nel 1879, seguita dalla Russia (1881-82), dall'Italia (1887) e dalla Francia (1892). In Italia il protezionismo favorisce il nord del centro in cui si affermano le grandi industrie, il sud invece svantaggiato perché si concentrava sull'agricoltura. Accanto a questa politica gli Stati diedero avvio a varie forme di sostegno diretto alla grande industria, attraverso le commesse per l'esercito e la marina militare. Nacquero consorzi, cartelli o pools fra aziende dello stesso settore che si accordavano sulla produzione e sui prezzi e trusts, imprese indipendenti diventano proprietarie di tutte le altre che producevano lo stesso prodotto fino a determinare in qualche caso situazioni di monopolio. Vengono emanate anche delle leggi antiprusy contro la Rockfeller company che aveva il monopolio sul petrolio. Queste leggi permettono di dividere l’azienda in aziende piu piccole per evitare i monopoli. Per il loro sviluppo le imprese iniziano a dipendere sempre di più dalle banche. Quest’ultime erano le uniche a poter assicurare loro i flussi di denaro necessari alla loro crescita e legavano in misura crescente le loro fortune a quelle delle imprese. Le banche possedevano quote rilevanti dei pacchetti azionari delle industrie. Questo intreccio fra industria e finanza fu definito dagli economisti marxisti "capitalismo finanziario". 2. La seconda rivoluzione industriale Durante la seconda metà dell'800 e nei primi anni del '900 si affermò in Europa e in Nord America la seconda rivoluzione industriale, un processo che fece mutare le abitudini, i consumi e i comportamenti di milioni di individui. Tre sono le fasi che caratterizzano questo processo: lo sviluppo di nuovi settori, la diffusione dei consumi di massa e i processi di razionalizzazione produttiva. Se il cotone, il ferro, il carbone e la macchina a vapore erano stati i fattori trainanti della prima rivoluzione industriale, nella seconda si affermarono l'acciaio, la chimica, il motore a scoppio e l'elettricità. Con le nuove tecniche di fabbricazione messe a punto negli anni '60 e '70 fu possibile produrre grandi quantità di acciaio a costi modesti. Venne utilizzato per le rotaie delle ferrovie al posto della ghisa, per le corazze delle navi da guerra, per gli utensili domestici e per le macchine industriali, che divennero più leggere e precise. Nel 1892 venne introdotto il cemento armato e in occasione dell'Esposizione universale di Parigi (1900), l'ingegnere francese Gustave-Alexandre Eiffel costruì la Torre Eiffel, il simbolo più celebre dell'età dell'acciaio. Grazie ad un processo chimico nel 1886 si poté ricavare dalla bauxite l'alluminio. In Gran Bretagna e in Germania, fu sperimentata la produzione dei coloranti artificiali. Nel 1875 il chimico svedese, Alfred Nobel, depositò il brevetto della dinamite. Nel 1888 fu importante per l’avvio dell’industria della gomma l'invenzione dello pneumatico da parte dello scozzese John Boyd Dunlop. In Francia e in Gran Bretagna furono realizzate le prime fibre tessili artificiali, derivate dalla cellulosa. Nel settore alimentare furono inventati nuovi metodi per la sterilizzazione,la conservazione e la refrigerazione del cibo. Si diffusero gli alimenti in scatola e la costruzione delle celle e dei vagoni frigoriferi. Ci si libera definitivamente dal rischio delle carestie. Nikolaus Otto costruì un motore a combustione interna nel 1876, il motore a quattro tempi. Successivamente due ingegneri tedeschi, Gottlieb Daimler e Carl Friedrich Benz, riuscirono a montare dei motori a scoppio su autoveicoli a ruote, realizzando così, nel 1885, le prime automobili. La prima automobile fu il modello T della fabbrica Ford. Nel 1908 cistava mille dollari poi il prezzo si abbassó a 350 cosí chiunque poteva permettersela. Il combustibile usato era un distillato del petrolio che prese poi il nome di benzina, mentre, nel 1897, un altro ingegnere tedesco, Rudolf Diesel, inventò il motore a gasolio. Nel Nord America alla fine dell'800 era concentrata la metà della produzione mondiale di petrolio. Il prezzo del petrolio era molto più alto di quello del carbone, che rimaneva il combustibile di gran lunga più diffuso. L’elettricità, in seguito all’invenzione della pila di Alessandro Volta, divenne una nuova fonte di energia tra il 1860 e il 1880. L'invenzione decisiva per lo sviluppo dell'industria elettrica fu la lampadina a filamento incandescente, ideata dallo statunitense Thomas Alva Edison nel 1879. Nacquero così, all'inizio degli anni '80 le prime centrali termiche (azionate cioè da motori a vapore), capaci di fornire energia elettrica soprattutto all'illuminazione privata. Per quanto riguarda l’illuminazione pubblica ai primi del '900 era garantita ancora da lampade a gas. L’energia elettrica cominciò a essere usata anche per i mezzi di trasporto - come le tramvie - e per gli usi industriali come forza motrice. Per produrre elettricità si inizia a ricorrere anziché alle macchine a vapore all’energia idraulica che sfrutta la caduta dei corsi d'acqua. Iniziarono ad essere costruite centrali idroelettriche soprattutto in quei paesi poveri di carbone ma ricchi di bacini idrici (Italia del nord). Attraverso l’energia divenne possibile l’invenzione del telefono nel 1871 dall’italiano Antonio Meucci che poi venne perfezionato da Alexander Graham Bell, l’invenzione del grammofono, ideato da Edison nel 1876 e infine del cinematografo nel 1895 dai fratelli Lumière. 3. Consumi di massa e razionalizzazione produttiva Gli anni 1896-1913 furono segnati da uno sviluppo della produzione che interessò quasi tutti i settori e toccò anche paesi come la Russia e l'Italia. 1. I prezzi crebbero costantemente dopo il 1896. 2. Crebbe anche il livello medio dei salari, e il reddito pro capite dei paesi industrializzati aumentò nonostante l’aumento della popolazione. Il reddito pro capite si calcola dividendo il reddito complessivo di un determinato gruppo per il numero di individuo che ne fanno parte. 3. La crescita dei redditi determinò a sua volta l'ampliamento del mercato. 4. Le industrie produttrici di beni di consumo si trovarono per la prima volta a dover soddisfare una domanda che assumeva sempre più dimensioni di massa. Beni la cui produzione era stata fino allora assicurata solo dal piccolo artigianato o dall'industria domestica - abiti e calzature, utensili e mobili - cominciarono a essere prodotti in fabbrica. 5. Nasce la produzione in serie: quantità elevate dello stesso modello venivano realizzate grazie a una produzione ordinata e continuativa. Taylor, Un ingegnere americano, scrive “Organizzazione scientifica del lavoro”, pubblicato nel 1911 In cui sostiene che l'operaio debba svolgere gesti semplici e programmati. Era necessario infatti ottimizzare i tempi del lavoro, evitare pause o rallentamenti, Il lavoro doveva essere efficiente, razionale e tempizzato. Con la produzione in serie e la successiva catena di montaggio l'operaio diventava parte dell'ingranaggio perdendo la sua umanità. Un operaio in queste condizioni Veniva definito alienato. Questo lavoro non permetteva una crescita personale in quanto si trattava di un compito molto semplice. 6. Pronti per il mercato, i prodotti in serie erano venduti attraverso una rete commerciale sempre più estesa e ramificata: si moltiplicarono i negozi e i grandi magazzini. Si aprirono nuovi canali di vendita con forme di pagamento rateale che rendevano gli acquisti più accessibili. I muri dei palazzi e le pagine dei giornali si riempirono di cartelloni pubblicitari. Nel 1913, nella fabbrica d'automobili Ford di Detroit, fu introdotta la prima catena di montaggio che consentiva di ridurre notevolmente i tempi di lavoro ma, frammentando il lavoro in una serie di piccole operazioni affidate ciascuna a un singolo operaio, lo rendeva ripetitivo e spersonalizzato. Viene attuato un controllo e uno sfruttamento più razionale del lavoro umano. 4. Igiene, medicina e demografia Negli ultimi decenni dell'800 la medicina diventò una disciplina scientifica grazie a quattro principi: 1. la diffusione di pratiche igieniste e di strategie di prevenzione e contenimento delle malattie epidemiche; 2. lo sviluppo della microscopia permise di individuare i microrganismi che causano delle malattie infettive; 3. i progressi della farmacologia permisero di scovare sostanze in grado di modificare il corso naturale delle malattie; 4. la costruzione dei grandi "policlinici" che si basavano su un'organizzazione razionale dello spazio, su padiglioni con ampie stanze ventilate, sulla suddivisione dei pazienti in reparti specializzati per tipi di malattie e sul rispetto delle norme igieniche Gli igienisti diffusero alcune pratiche preventive e il rispetto dell'igiene si diffuse gradualmente anche negli ospedali, luoghi spesso di contagio e di infezione più che di cura, con l'adozione di alcune pratiche come quella di lavarsi le mani tra una visita e l'altra. La Seconda Internazionale ebbe il marxismo, nella versione di Engels e Karl Kautsky, come dottrina ufficiale. Si distinsero poi all’interno della Seconda Internazionale tre diverse ideologie:  la destra revisionista (revisione delle teorie di Marx), con Edward Bernstein: mette da parte l'idea di rivoluzione e si concentra più sulla partecipazione politica e il riformismo. In alcuni scritti pubblicati nel 1899, Bernstein scrive che il proletariato avrebbe migliorato lentamente la sua condizione e il capitalismo non sarebbe mai entrato in crisi perché ha una notevole capacità di modificarsi e trasformarsi.  il centro ortodosso (che segue la linea di pensiero originale di Marx) con Karl Kautsky: quest’ultimo scrive il quarto libro del capitale di Marx e sostiene che sia necessaria una lotta quotidiana per il miglioramento della condizione operaia. Riteneva che bisognasse aspettare che il sistema capitalistico andasse in crisi per poi attuare il progetto della rivoluzione operaia.  la sinistra massimalista: in Germania una minoranza di sinistra si formò attorno a Karl Liebknecht e a Rosa Luxemburg, una giovane polacca. Nell’ambito socialdemocratico russo il protagonista fu Nikolaj Lenin Ehi che contestava il modello socialdemocratico tedesco i contrapponeva al progetto di un partito volto alla lotta. Riteneva che questo partito dovesse essere formato da militanti scelti e guidato da rivoluzionari di professione. Questa concezione si adattava al partito russo che era clandestino. A Londra nel 1903 ad un Congresso socialdemocratico russo Lenin ottenne la maggioranza. Il partito si Spacca così nella parte bolscevica (la maggioranza) il la parte menscevica (minoritaria). Lenin scrive il libro “Stato e rivoluzione” in cui dice che deve interrompere la stesura del libro perché la rivoluzione è immanente e anche “L’imperialismo come fase suprema del capitalismo”. Un importante dibattito fu suscitato anche dalla sinistra francese, sindacalismo rivoluzionario. Ritenevano che lo sciopero fosse fondamentale per l'azione operaia poiché rendeva i lavoratori consapevoli della loro forza e li preparava al grande sciopero rivoluzionario che avrebbe segnato la fine del sistema borghese. Il più grande esponente di questi ideali era Georges Sorel che nel libro “Considerazioni sulla violenza” del insiste sull'importanza della violenza proletaria e dello sciopero. Il sindacalismo rivoluzionario non riuscì a trovare consensi nei principali partiti socialisti, ma nei paesi latini si legò alla tradizione anarchica Ehi contribuì allo sconto sociale che si verificò In Europa subito prima della prima guerra mondiale. 9. Il primo femminismo Negli anni fra ottocento e novecento cominciò a emergere la questione della subalternità femminile. John Stuart Mill era stato uno dei pochi intellettuali a richiamare l'attenzione sulla condizione femminile in un libro intitolato “La servitù delle donne”, pubblicato nel 1869. Del resto, i primi movimenti di emancipazione femminile, nati alla fine del '700 nella Francia rivoluzionaria, avevano avuto scarsissimo seguito. Così, alla fine dell'800, le donne erano ancora escluse dall'elettorato attivo e passivo e, in molti paesi, anche dalla possibilità di accedere agli studi universitari e alle professioni e, se sposate, di disporre liberamente dei loro beni. Quando lavoravano, ricevevano un trattamento economico nettamente inferiore a quello degli uomini. Tuttavia i maggiori contatti col mondo esterno, le esperienze collettive, la partecipazione alle agitazioni sociali portarono le donne lavoratrici alla consapevolezza dei loro diritti. In tutti i paesi industrializzati la manodopera femminile fu protagonista nella lotta sindacale e questa mobilitazione contribuì a consolidare i legami tra le donne, ad accrescere la consapevolezza dell'esistenza di questo problema. Il movimento per le emancipazione femminile rimase a lungo ristretto a minoranze operaie e intellettuali. Solo in Gran Bretagna il movimento femminile, sotto la guida di Emmeline Pankhurst - fondatrice nel 1902 della Women's Social and Political Union - riuscì a imporsi per il diritto al suffragio, da cui il movimento prende il nome di "suffragette". Le suffragette ricorrono a dimostrazioni in piazza, marce sul Parlamento, scioperi della fame e anche attentati a edifici pubblici. La lotta delle suffragette trova un appoggio nei parlamentari laburisti. Nel 1918 La Gran Bretagna concede il diritto di voto alle donne. Il movimento operaio in generale non si mostrò molto sensibile nei confronti del movimento femminile, molti guardavano con sospetto il voto femminile perché si temeva che ciò fosse un vantaggio per i partiti cristiani. Allo scoppio della prima guerra mondiale solo in Norvegia e in Finlandia non erano escluse dal diritto di voto e in tutto il mondo continuavano ad essere pesantemente discriminate sui luoghi di lavoro. 10. La Chiesa e la società di massa La Chiesa fu disorientata dai nuovi processi sociali che sconvolgevano la società tradizionale; fu anche l'unica a rimediare a fenomeni di disgregazione sociale e di perdita di identità dovuti dall'urbanizzazione. Metteva infatti a disposizione parrocchie, associazioni caritative e i movimenti di azione cattolica. L'esistenza di queste strutture permise ai cattolici di porsi in concorrenza con i partiti socialisti. Già con Pio IX e poi successivamente con Leone XIII i cattolici si avvicinarono alle classi dirigenti di quei paesi in cui c'era maggiore tensione fra stato e chiesa. Nacquero nuovi partiti cattolici in Belgio (1884) e in Austria (1887). Leone XIII emanò l'enciclica Rerum novarum nel maggio 1891 Che riguarda i problemi della condizione operaia. L'enciclica ribadiva la condanna del socialismo e la concordia fra le classi. Indicava come condizioni di questa concordia il rispetto dei doveri delle diverse parti sociali: agli operai spettavano la laboriosità, la frugalità e il rispetto delle gerarchie, il dovere degli imprenditori stava nel retribuire i lavoratori nel modo giusto, nel rispettarne la dignità umana. Nell’enciclica veniva incoraggiata la creazione di società operaie e artigiane ispirate ai principi cristiani e tutti i cattolici erano invitati a impegnarsi in questo. La Rerum novarum vedeva nelle associazioni cattoliche uno strumento di collaborazione fra le classi, come lo erano state le corporazioni di arti e mestieri. Nella pratica, però, questi ideali si rivelarono di difficile attuazione: i sindacati cattolici si svilupparono raccogliendo solo i lavoratori dipendenti e in seguito adottarono metodi di lotta simili a quelli dei sindacati socialisti. Negli ultimi anni dell'800, venne emergendo in Francia e in Italia, una nuova tendenza politica che fu definita democrazia cristiana. La nascita dei movimenti democratico-cristiani coincise col modernismo, una corrente di riforma religiosa che si proponeva di reinterpretare la dottrina cattolica in chiave appunto "moderna". Anche il modernismo - che ebbe tra i suoi maggiori teorici il francese Alfred Loisy e l'italiano Ernesto Buonaiuti - aspirava sul piano dottrinario a uno scopo simile a quello perseguito sul piano politico dalla democrazia cristiana: conciliare l'insegnamento della Chiesa col progresso filosofico e scientifico e, più in generale, con la civiltà moderna. Dopo una fase di relativa tolleranza, il nuovo pontefice Pio X proibì ai democratici-cristiani ogni azione politica indipendente dalle gerarchie ecclesiastiche e, nel 1907, scomunicò i modernisti. 11. Nazionalismo, razzismo e antisemitismo Fra il 1815 e il 1870 il nazionalismo si era collegato all'idea di sovranità popolare e si era alleato col liberalismo e con la democrazia. Dopo l'unificazione tedesca del 1871 realizzata da Bismark e in seguito all'imperialismo coloniale la grandezza nazionale si lega alle guerre di conquista a danno di altri popoli inferiori. Inoltre la nascita di movimenti socialisti di ideali internazionalisti e pacifisti suscitò per reazione la diffusione spiriti patriottici e i guerrieri tra i ceti conservatori. Il nazionalismo si collegava alle teorie razziste che stabilivano una gerarchia fra "razze superiori" e "razze inferiori" e di affermare la superiorità di un popolo su tutti gli altri. Il precursore di queste teorie era il francese Arthur de Gobineau (autore nel 1855 di un Saggio sull'ineguaglianza delle razze umane) che si collegava ad antichi pregiudizi (la tradizionale diffidenza per l'estraneo e per il "diverso") e utilizzava strumenti tipici della società di massa (stampa popolare, comizi, manifestazioni di piazza). Proprio per questo aveva successo fra le classi popolari. Il più noto gruppo di nazionalisti francesi è sicuramente quello che si raccolse intorno alla rivista “Action francaise”, fondata nel 1889. Il nazionalismo divenne un punto di incontro fra movimenti diversi uniti contro la classe dirigente repubblicano-moderata considerata corrotta, contro la Germania in seguito alla sconfitta subita nel 1870 (Prussia con Bismark vs Francia) e contro i nemici interni della Francia ovvero protestanti, immigrati e ebrei, considerati affaristi e speculatori bancari. L'antisemitismo si diffonde anche in Germania alla fine del 1800 grazie agli ideali espressi nel libro “I fondamenti del XIX secolo”, uscito nel 1899, dello scrittore inglese Houston Stewart Chamberlain che riprende il mito della razza ariana da Gobineau (scrittore francese scrive un saggio sulla disuguaglianza delle razze umane) e riferisce questa espressione al popolo tedesco. Il nazionalismo tedesco cercava le sue basi nel mito del popolo che era derivava dalla cultura romantica, dalle opere di Richard Wagner ed era concepito come legame con la terra d'origine. Dal mito del popolo nacquero i movimenti pangermanisti, che auspicavano il ricongiungimento in un unico Stato di tutte le popolazioni tedesche, comprese quelle che erano rimaste escluse dall'unificazione del 1871. Un movimento contrapposto al pangermanismo fu il panslavismo, che nacque in Russia alla fine dell'800 e si diffuse nei paesi slavi dell'Europa orientale. Il panslavismo si basava su ideologie tradizionaliste e antisemite. Nell'Impero russo era sancito da leggi discriminatorie che gli ebrei potessero essere utilizzati come diversivo per lasciar sfogare il malcontento delle classi subalterne. Da qui nasce anche la pratica del pogrom (in russo devastazione, saccheggio), ovvero periodiche violenze contro gli ebrei e le loro proprietà. All'inizio del 900 la polizia segreta zarista confezionò un falso, i Protocolli dei Savi anziani di Sion, in cui un immaginario consiglio ebraico mondiale avrebbe esposto i suoi progetti di dominio. Una reazione all'antisemitismo fu la nascita del sionismo, il movimento, fondato nel 1897 a Basilea dall’ebreo ungherese Theodor Herzi, che voleva restituire un'identità nazionale alle popolazioni israelite sparse per il mondo e di promuovere la costituzione di uno Stato ebraico in Palestina (di qui il nome sionismo, dalla collina di Sion su cui sorge Gerusalemme). Il sionismo stentò all'inizio ad affermarsi, perché l'alta e media borghesia ebraica era prevalentemente "assimilazionista", tendeva cioè a integrarsi nelle società dei paesi d'appartenenza.
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