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Inferni Artificiali - Bishop, Dispense di Storia dell'arte contemporanea

Sintesi del libro per esame integrato di Forme e Funzioni dell'Arte Contemporanea a.a. 2021/2022

Tipologia: Dispense

2020/2021

Caricato il 24/01/2023

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valeria-gabriele-3 🇮🇹

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Scarica Inferni Artificiali - Bishop e più Dispense in PDF di Storia dell'arte contemporanea solo su Docsity! 1 INFERNI ARTIFICIALI LA POLITICA DELLA SPETTATORIALITA’ NELL’ARTE PARTECIPATIVA Claire Bishop L’arte partecipativa si afferma intorno agli anni ’90 quando si assiste ad un crescente interesse per la partecipazione e la collaborazione nell’ambito artistico a livello globale. Per convenzione ci si riferisce a tale tendenza con il termine arte partecipativa, poiché tale espressione connota il coinvolgimento di molte persone ed evita le ambiguità dell’“impegno sociale”. Anche se, dal momento che l’arte risponde sempre al suo ambiente, inevitabilmente ogni artista è impegnato anche socialmente. Nell’arte partecipativa, le persone costituiscono sia il medium che il materiale artistico fondamentale, da intendersi nel senso che hanno nel teatro e nella performance. L’elemento caratteristico dell’interesse artistico per il sociale negli anni Novanta è stato il desiderio di rovesciare il rapporto tradizionale tra l’oggetto d’arte, l’artista e il pubblico: ▪ L’artista è visto meno come produttore singolo di oggetti specifici e più come collaboratore e produttore di situazioni; ▪ L’opera d’arte da prodotto finito, trasportabile, commerciabile è ripensata come progetto in corso; ▪ Il pubblico, precedentemente concepito come “spettatore” o “osservatore”, diventa co-produttore o partecipante. Da una prospettiva europea occidentale, la svolta sociale nell’arte contemporanea può essere contestualizzata all’interno di tre eventi storici antecedenti, sintomi di sconvolgimenti politici e di movimenti per il cambiamento sociale: 1. Le avanguardie storiche europee che si sviluppano intorno al 1910; 2. La neo-avanguardia che conduce al 1968; 3. La caduta del comunismo nel 1989. Essendo impegnata socialmente, tale arte richiede, almeno in parte, una lettura metodologia sociologica e nuovi modi di analizzare l’arte che non siano legati esclusivamente alla visualità. CAP. 1 – Introduzione teorica e termini chiave dell’arte partecipativa • Pensiero di Guy Debord → riferimento teorico citato frequentemente per il suo atto d’accusa contro gli effetti alienanti e separatori del capitalismo e per aver teorizzato la produzione collettiva di “situazioni”. La critica di Debord centra perfettamente il motivo per cui la partecipazione è importante in quanto progetto che ri-umanizza una società resa inebetita e frammentata dagli strumenti repressivi della produzione capitalista. Per questa ragione, la pratica artistica non può più ruotare intorno alla costruzione di oggetti che vengono consumati da uno spettatore passivo. Deve esserci, al contrario, un’arte dell’azione che si interfaccia con la realtà e si muove per ricostruire un legame sociale. • New Labour → arte come progetto di inclusione sociale atto ad eliminare elementi di disturbo dalla società; → enfatizzò la creatività e la cultura del commercio e investì nelle industrie creative e spinse allo sviluppo della creatività, non per far diventare tutti artisti ma per promuovere l’individualizzazione e le capacità imprenditoriali del singolo. • Oda Projesi → gruppo di tre artiste turche che, tra il 1997 e il 2005, hanno realizzato le loro attività in un appartamento di tre stanze nel quartiere Galata a Istanbul. Oda projesi in turco significa “stanza 2 dei progetti” e infatti nell’appartamento veniva fornita una piattaforma per progetti prodotti dal gruppo in collaborazione con i loro vicini → non per sanare o migliorare una situazione ma per rendere possibile scambio e dialogo per integrarsi con l’ambiente e produrre un tessuto sociale più creativo e partecipativo attraverso la creazione di “spazi vuoti” e “buchi” a fronte di una società super organizzata e burocratica, nonché di fare mediatrici tra gruppi di persone che normalmente non hanno contatti tra loro. I loro indicatori di successo erano le relazioni dinamiche e prolungate più che le considerazioni di tipo estetico. Possiamo affermare dunque che il collettivo Oda projesi vuole usare l’arte come mezzo per creare e ricreare nuove relazioni tra le persone. L’autorialità del singolo è soppressa per facilitare la creatività degli altri. • Jacques Rancière → ha elaborato un resoconto della relazione tra estetica e politica. Egli sostiene che il sistema dell’arte così come noi lo conosciamo a partire dall’Illuminismo – un sistema che egli chiama “regime estetico dell’arte” – implica una tensione e una confusione tra autonomia (il desiderio che l’arte ha di essere estranea a relazioni finalizzate a uno scopo) ed eteronomia (cioè la confusione tra arte e vita). Secondo il filosofo, l’esperienza estetica, per il suo interrogarsi su come è organizzato il mondo e sulla possibilità di cambiarlo e ridistribuirlo, si sovrappone alla politica. Questo però porta all’inconveniente di considerare tutta l’arte come politica. Per quanto riguarda l’etica, non è contrario ad essa ma solo alla sua strumentalizzazione come zona strategica in cui si appiattisce il conflitto tra politica ed estetica. L’etica costituisce un territorio che, secondo lui, ha poco a che fare con l’estetica, poiché appartiene a un modello precedente di interpretazione dell’arte. • La battaglia di Orgreave di Jeremy Deller → lavoro che è diventato probabilmente l’emblema dell’arte partecipativa con il quale Deller mise in scena una ricostruzione del violento scontro avvenuto tra minatori e poliziotti nel 1984 ad Orgreave nel sud dello Yorkshire. Per la ricostruzione Deller riunì ex minatori e poliziotti (i quali avevano partecipato allo scontro reale) e residenti del luogo insieme ad alcune compagnie di rievocazione storica che provarono e poi rimisero in scena il conflitto di fronte al pubblico, sul luogo originario dell’ostilità. La performance correva due rischi: da una parte, che la rimessa in scena dello scontro si smorzasse in una coreografia super organizzata, mentre dall’altra che l’ordine sfuggisse del tutto di mano e l’evento diventasse uno scompiglio indecifrabile. La performance però venne gestita bene grazie al fatto di avere un nucleo concettuale ben saldo, nonostante la libertà formale e di improvvisazione, e alle “condizioni di partecipazione” imposte gli attori che erano piuttosto severe. La ricostruzione dal vivo fu accompagnata da altre tre produzioni: 1. Un lungometraggio di Mike Figgis (“The Battle of Orgreave”) che mostra le interviste cariche di emotività agli ex minatori alternate a brevi sequenze della ricostruzione della battaglia. Questo prodotto venne poi sia trasmesso in televisione che venduto in DVD; 2. Una pubblicazione di una storia orale: “The English Civil War Part II: Personal Accounts of the 1984- 85 Miners’ Strike”; 3. Un archivio: The Battle of Orgreave Archive (2004), oggi conservato alla Tate Modern di Londra, che funzionava sia come una testimonianza della rivolta del 1984 e dello sciopero che l’ha scatenata, ma anche una testimonianza della reinterpretazione di questi eventi da parte di Deller in una performance avvenuta diciassette anni più tardi. A differenza, soprattutto, del lungometraggio e del libro, la performance però risultò ambigua perché sebbene Deller riunisse la gente per ricordare e ripete un evento carico e disastroso, esso si svolse in circostanze che somigliavano più che altro a una festa di paese, con banda di ottoni, bambini che correvano intorno a bancarelle che vendevano torte e piante; c’era persino un intervallo tra i due “atti” durante il quale vennero suonate le canzoni di successo della metà degli anni Ottanta. 5 • Debolezza della recitazione dovuta all’uso di dilettanti; • A causa presenza di troppa gente l’azione teatrale risultava confusa e lenta; • Ripetitività delle trame → necessaria però per non mettere a rischio l’accuratezza storica e il messaggio ideologico dello spettacolo. Nonostante i diversi problemi, lo spettacolo di massa aveva un’elevata forza seduttiva. • Dada a Parigi → Usando le tecniche mediatiche della provocazione e della pubblicità perfezionate dai futuristi e le innovazioni del Cabaret Voltaire di Dada a Zurigo (1915-17, Dada a Parigi organizzò programmi misti di performance, musica e poesie in sale da concerto. Gli eventi sperimentali della Stagione Dada danno forma a un forte contrasto con i contemporanei esperimenti russi. Entrambi cercavano di coinvolgere il pubblico e usare lo spazio pubblico, ma con fini completamente differenti; se lo spettacolo di massa russo era palesemente ideologico e propositivo, il gruppo Dada era (almeno nella sua fase iniziale) totalmente negativo, anti-ideologico e anarchico. Inizialmente le performance e gli eventi Dada erano volte a provocare il pubblico mentre successivamente, su volere soprattutto di Breton, il gruppo realizzò eventi e situazioni basate sulla collaborazione non aggressiva con il pubblico. Breton sostanzialmente era ansioso di sviluppare aree più precise di ricerca sociale rifiutando l’anarchismo caotico tipico del movimento. Un esempio della prima tipologia di eventi sono le “escursioni e visite”, pubblicizzate attraverso la pubblicazione di volantini sui quotidiani, che si basavano sulla visita di luoghi che non hanno ragione di esistere: invece di portare l’attenzione su siti pittoreschi o luoghi di interesse storico o valore sentimentale, l’obiettivo era di trasformare in non-senso la forma sociale della visita guidata. Questa prima iniziativa fu un successo perché vi presero parte diverse persone. La nuova direzione, invece, propendeva verso forme di esperienza partecipativa più accurate e significative. Un esempio di questo ri-orientamento è Il processo Barrès che consisteva in un’udienza all’omonimo scrittore politico, processato per il fatto di aver cambiato orientamento politico a un certo punto della sua carriera. Tale evento avvenne in un vero tribunale in cui il gruppo Dada era vestito con veri abiti da cerimonia del palazzo di giustizia e il pubblico, coinvolto con ruolo più attivo rispetto all’esperienza precedente, era stato invitato a far parte della giuria. Venne invitato anche lo stesso Barrès che però declinò l’invito e così venne sostituito dal gruppo con un manichino fatto su misura. Il processo Barrès marca un punto di svolta nella performance Dada e un passo verso il Surrealismo, con il predominio dell’approccio intellettualistico di Breton sulle provocazioni anarchiche degli altri componenti del gruppo, come per esempio Tzara. Viste le divergenze artistiche, nel 1922 il gruppo dada di Parigi si sciolse. CAP. 3 – Arte partecipativa nella Parigi degli anni ‘60 • Internazionale Situazionista → nasce nel 1957 quando i membri dell’Internazionale Letterista, ovvero Guy Debord e Gil Wolman, si unirono ai membri di altri gruppi artistici europei. Le loro attività principali si diffusero nelle città di Parigi, Amsterdam e Copenhagen, con sezioni in Germania, Italia e Regno Unito e presero la forma di film, collage, discussioni e una gran quantità di scritti pubblicati nei dodici numeri della loro rivista “Internationale Situationniste”, pubblicata dal 1958 al 1972. 6 Essendo nato come gruppo principalmente interessato alla letteratura e all’attualità, nella produzione dell’Internazionale Situazionista c’è davvero poco in merito all’arte. Di fatto, il rapporto dell’I.S. con l’arte visiva fu paradossale e denso di contraddizioni, tanto che all’interno della storia del gruppo possiamo distinguere due fasi del rapporto con l’arte: una prima fase, dal 1957 al 1961, in cui fecero parte del gruppo alcuni artisti che esposero in quanto componenti dell’I.S.; e una seconda fase, dal 1961 in poi, caratterizzata dall’espulsione di alcuni artisti e dal ritiro volontario di altri. Di fatto da quell’anno, l’arte non fu più inclusa nel programma delle conferenze tenute dell’I.S. Il rapporto dell’IS con l’arte sostanzialmente si fonda su un paradosso: per l’I.S. al fine di superare la schiacciante mediocrità dell’alienazione bisognava rinunciare all’arte ma imitarla per avere una vita ricca ed entusiasmante. Dunque negare l’arte a prenderla come esempio. Nonostante comunque questi problemi, possiamo individuare nella produzione dell’I.S. tre pratiche basate su delle pratiche artistiche: 1. Dérive → affonda le sue radici nell’escursioni Dada e nelle passeggiate notturne surrealiste e consiste nel “muoversi senza meta” in una città al fine di prendere coscienza dell’ambiente circostante. In tal senso, costituiva uno strumento di ricerca fondamentale nella para- disciplina situazionista della “psicogeografia”, cioè lo studio degli effetti che un determinato ambiente ha sul comportamento affettivo degli individui; 2. Détournement → pratica figurativa che affonda le sue radici nel fotomontaggio dadaista e sull’assemblaggio surrealista che consiste nell’appropriazione sovversiva di immagini esistenti al fine di rovesciare il loro significato stabilito. Per l’I.S. un buon détournement doveva capovolgere la funzione ideologica della cultura dello spettacolo; 3. Situazione costruita → pratica collettiva fondata su una struttura partecipativa ben definita, e fortemente politicizzata, ideata in intenzionale opposizione alla nozione di “non intervento” dello spettacolo e all’alienazione e in opposizione al capitalismo. Per questo erano basate sulla libera attività del gioco in quanto attività umana non alienante a disposizione di tutti. • GRAV →il Gruppo di ricerca d’arte visiva, venne fondato a Parigi nel 1960, e comprendeva artisti internazionali che lavoravano con l’arte cinetica e optical. Il teorico principale del gruppo era Julio La Parc. → La produzione del GRAV comprendeva installazioni ottiche e cinetiche bi e tridimensionali che indagavano le risposte psicologiche e fisiologiche al movimento, al colore e alla luce. Per questo la loro attenzione era posta sugli ambienti polisensoriali e sulla scultura cinetica come mezzi capaci di stimolare gli effetti sulla percezione dell’osservatore, su un ripensamento del rapporto opera-occhio volto a trasformare l’esperienza abituale del tempo, e sulla costruzione di “nuovi strumenti per il contatto diretto tra il pubblico e i lavori prodotti”. Inoltre, includeva anche opere che coinvolgevano più direttamente il pubblico generico e i passanti: questionari sottoposti ai visitatori e giochi organizzati. Malgrado le dichiarazioni in merito alla centralità del pubblico, le esperienze prodotte dalle installazioni del GRAV sono più individuali che sociali, e oggi sarebbe più corretto definirle interattive. → Es. Une journée dans la rue, un itinerario di azioni pubbliche in giro per Parigi, realizzato nel 1966, volto alla ricerca di una coesione sociale. Nonostante la volontà di coinvolgere il pubblico e cambiare la sua quotidianità, lo stesso gruppo confessò apertamente di non essere in grado di spezzare la routine di una giornata qualunque a Parigi. A maggior ragione per il fatto che, con tale evento, il GRAV finì per replicare il controllo sistematizzato esercitato sui cittadini all’interno della società dello spettacolo, che organizza la partecipazione, in questo caso, chiedendo all’osservatore di completare uno scenario preesistente di opzioni ideate dall’artista. 7 • Happening di Lebel → prendendo spunto dal Dadaismo, dal Surrealismo e da Artaud (più che da John Cage e Pollock, come gli statunitensi) diede vita ai primi happening europei. Gli happening europei e quelli statunitensi avevano in comune la preoccupazione di “ridare all’attività artistica ciò che le era stato strappato: l’intensificazione delle emozioni, il gioco degli istinti, un senso di festosità e agitazione sociale”. Nonostante ciò, c’erano forti differenze tra gli happening in stile statunitense e quelli che Lebel promosse in Francia. → Gli happening statunitensi, il cui emblema è l’opera 18 happening in 6 parti di Kaprow, rifiutavano deliberatamente la trama, i personaggi, la struttura narrativa e la divisione tra pubblico e performer, in favore di eventi solo parzialmente preparati. → Gli happening di Lebel non erano organizzati ma si svolgevano a partire da contingenze intorno a un grappolo di scene o episodi, a cui si arrivava attraverso una discussione di gruppo. Con il suo aperto riferimento alla società dei consumi e ai tabù sessuali e politici, il lavoro di Lebel, però, non era tanto diverso dalla maggior parte degli happening degli artisti statunitensi di questo periodo. ES. Per esorcizzare lo spirito dalla catastrofe (1962) → happening che si componeva sul flusso di azioni accompagnate da un gruppo jazz la cui musica improvvisata appariva essere in diretta analogia con l’assenza di struttura compositiva degli eventi che avvenivano intorno al pubblico. CAP. 4 – Arte partecipativa nel sud-America tra gli anni ’60 e ‘70 • ARGENTINA → influenza dello scrittore e intellettuale Oscar Masotta ↓ Nel 1966 organizzò un gruppo di lettura per giovani artisti che leggeva e applicava la linguistica strutturale e la teoria della comunicazione alle opere d’arte, all’immaginario visivo e alla vita quotidiana. ↓ Contemporaneamente ad esso venne formato Il Gruppo delle Arti Mediali che sotto la guida di Masotta organizzò una serie di “anti-happening” il cui scopo era decostruire l’insistenza degli happening sull’immediatezza e sulla presenza, sfidare il loro esagerato status mediatico e prendersi gioco delle persone che partecipavano a quegli eventi con l’aspettativa di esserne divertiti. ↓ ASPETTI IN COMUNE TRA DEBORD E LEBEL • Influenza iniziale del Surreliasmo, poi rifiutato; • Erano contro l’idea di museo come mausoleo; • Diffidavano dalla mediazione e dalla commercializzazione; • Cercavano un’esperienza vissuta in maniera autentica per elevare e liberare il quotidiano attraverso il gioco. Tuttavia differivano nel fatto che Debord intendeva l’esperienza di liberazione in termini marxisti mentre Lebel la basava su un modello anarchico. ES. Happening per un cinghiale defunto → happening che non avvenne mai e che esisteva solo in quanto pura informazione e circolazione dematerializzata di fatti. Come tale, cancellava la problematica linea divisoria tra partecipante e spettatore. ← 10 → Gran parte delle sue azioni avevano luogo all’aperto, in strada e nei cortili e non duravano più di venti minuti, al fine di ridurre al minimo le interruzioni della polizia. ES. Una dimostrazione per tutti i sensi (1964) → poneva l’enfasi sul gioco, sull’esperienza condivisa e sull’annullamento del confine tra la quotidianità e l’evento artistico. L’opera mirava a cambiare la mentalità dei partecipanti. → Tra il 1963 e il 1971 diede vita a Komunita A, un’organizzazione sociale che esplorava musica, performance, arte postale la cui preoccupazione principale era quella di cambiare la vita in arte piuttosto che cambiare il sistema sotto il quale si vive. Per il gruppo era più importante la libertà di percezione del singolo e la sua esperienza del mondo. → Stati Uniti, 1969 → conobbe Maciunas (teorico di Fluxus), tenne delle conferenze e produsse due nuove azioni che ponevano l’attenzione sulla solitudine e sul silenzio meditativo. ES. ⎯ *Cerimonia da sdraiati (1967-68) → invitò i partecipanti a sdraiarsi sul pavimento di una stanza, con gli occhi bendati; ⎯ Cerimonia difficile (1966-69) → invitò i partecipanti a stare insieme per 24 ore senza fare nulla né parlare. Questi lavori posero le basi per i suoi lavori deli anni ’70 in cui la partecipazione diventò sempre più silenziosa e ritualistica. ES. Cerimonia con pietre (1971) → i partecipanti crearono piccoli cerchi di pietre intorno a se e se ne stavano al centro in piedi e in silenzio. *nonostante queste opere sembrino privilegiare l’esperienza soggettiva, il termine “cerimonia” conserva un’allusione all’azione collettiva. o Anni ’70 → periodo buio: censura sui media; delle restrizioni sui viaggi privati; polizia segreta sempre più attenta. Riunirsi in pubblico era vietato. Nel 1972 il Congresso dell’Unione degli Artisti Socialisti Sovietici approvò una risoluzione che denunciava le attività sperimentali degli anni Sessanta. L’effetto immediato sull’arte alternativa fu quello di costringerla a un maggiore isolamento: le azioni si realizzavano solo per una cerchia ristretta di amici fidati. Gli artisti associati a questo periodo dell’arte ceca, come Jan Mlcoch (svolgeva la sua attività artistica in interni domestici – Fuga classica, 1977 – o in periferia) e Jiri Kovanda (usava Praga e i suoi abitanti come sfondo delle sue impercettibili azioni sociali – Senza titolo, 1997), non fanno arte partecipativa con un pubblico generico, ma opere fortemente minimali che testimoniano la natura ristretta dello spazio pubblico e dell’interazione sociale in questi anni. • BRATISLAVA – manifestazioni permanenti Alex Mlynarcik (pronuncia: “mlinarzik”) → interessato a forme consensuali e ottimistiche di attività collettiva che fossero radicate nella tradizione rurale. Anni ’60 → nella sua opera, in particolare sviluppo delle sue “manifestazioni permanenti” (dal 1965 in poi), assemblaggi tridimensionali ricoperti di graffiti fatti dal pubblico si può percepire la sua affinità con il Nouveau Réalisme. Influenza che però si può vedere anche in Happsoc I (neologismo di happenings, happy, society e socialism), realizzata con altri artisti, che consisteva in un’azione artistica volta a trasformare per una settimana – dal 2 al 9 maggio 1965 – la città di Bratislava e la sua comunità in materiali per una mostra, cioè in opere d’arte. Lo scopo era quello di rivendicare il possesso temporaneo (della città e della sua comunità) come mezzo per espandere gli orizzonti di ciò che si poteva considerare arte e del concetto di autorialità. Questa dispersione dell’opera d’arte 11 nella vita quotidiana portò inevitabilmente alla perdita del significato intrinseco dell’arte e alla dispersione dell’autorialità nell’immaginazione collettiva. Anni ’70 → opere più esplicitamente fisiche, visive e collettive che spesso prevedevano la partecipazione di persone che non sapevano di far parte di un’opera d’arte e che si svolsero in campagna (conseguenza alle restrizioni politiche). Queste azioni alludono alla storia dell’arte – Primo festival della neve (1970), evento non ufficiale parallelo ai campionati mondiali di sci sulle montagne tra Slovacchia e Polonia in cui gli artisti dovevano ricreare dei lavori del XIX utilizzando la neve – e alla tradizione rurale (matrimoni e feste di paese) - Il matrimonio di Eva (1972), opera in cui l’artista i offrì di organizzare l’intera cerimonia come un evento teatrale. Il matrimonio era organizzato in due atti e otto scene con prologo ed epilogo; l’evento che ne risultò fu un mix tra matrimonio e happening, realtà e gioco, vestito da matrimonio e costume teatrale, foto di matrimonio e documentazione storica. L’opera venne aspramente criticata poiché ritenuta offensiva tanto che venne cacciato dall’Unione degli Artisti Socialisti Sovietici. • MOSCA – zone di indistinguibilità Anni ’60 → l’Unione deli Artisti Moscoviti portò, con le sue considerazioni, l’arte non ufficiale a un crescente isolamento degli artisti indipendenti e al divieto del diritto di esporre le loro opere in pubblico. Nonostante ciò l’arte non ufficiale proseguì fino alla metà degli anni Settanta, quando furono organizzate le prime esibizioni legalizzate e fu costituita un’associazione-ombra per gli artisti non ufficiali. Anni ’70 → nel 1974, le autorità culturali decisero di regolamentare e legalizzare i loro rapporti con l’arte “underground” che per lo più ebbe luogo all’interno di appartamenti (fenomeno dell’apt-art). Ilya Kabakov → illustratore di libri per bambini che si riuniva nel suo appartamento con piccoli gruppi amici per i quali “recitava”, con tono neutro e inespressivo, i suoi Album, storie illustrate su personaggi inventati ai margini della società. L’esperienza, da alcuni dei partecipanti, venne definita estremamente noiosa ma dal carattere spirituale per il gesto di girare le pagine che scandiva il tempo, il linguaggio e per il fatto di porre in esame condizioni di esistenza e sopravvivenza inventate di individui isolati. Andrey Monastyrsky → teorico più importante del gruppo Azioni collettive (CAG) che prese vita nel 1976. Il gruppo eseguiva delle azioni in formato standard, cioè dava delle istruzioni a u gruppo di persone che sarebbe poi stato partecipe, testimone, di un evento minimale, misterioso e poco appariscente a livello visivo di cui poi dovevano scrivere una relazione, da mandare al gruppo, che avrebbe costituito materiale di riflessione e dibattiti per gli artisti del gruppo. Monastyrsky complicò poi questo paradigma mirando a produrre situazioni in cui i partecipanti non avevano idea di cosa stava per accadere, fino al punto in cui, talvolta, gli era difficile capire se avevano realmente fatto esperienza di qualcosa oppure no. Ogni evento era un’“azione vuota”, ideata per evitare che l’interpretazione avvenisse durante la performance e fosse, quindi, utile a sollecitare una gamma il più possibile vasta di reazioni individuali ma condivise all’interno del gruppo. Es. Apparizione, 1976 → azione eseguita in un campo isolato in cui si invitò i partecipanti ad aspettare finché qualcosa non apparisse. Alla fine, apparì una coppia di organizzatori che alla fine diede una certificato di partecipazione all’evento. Lo scopo dell’opera era quella di ricontestualizzare l’attesa non come preludio a un’azione più precisa, ma come evento principale. L’utilizzo del campo come sfondo delle loro opere è importante perché il campo rappresenta uno spazio meno occupato di altri, libero da affiliazioni. 12 L’arte partecipativa ai tempi del socialismo degli anni Sessanta e Settanta fornisce un importante contro- modello ai contemporanei esempi europei e nordamericani: gli artisti che cercavano di lavorare in modo collaborativo sotto il socialismo cercarono di fornire uno spazio in cui coltivare l’individualismo contro una sfera culturale oppressivamente monolitica. CAP. 6 – Ripensare il ruolo dell’artista nella società. Inghilterra dopo il 1968. • Artist Placement Group (APG) Fondato nel 1966 dall’artista John Lathan e dalla sua compagna di allora Barbara Steveni. L’organizzazione era basata sull’idea che l’arte ha un contributo utile da dare al mondo, e che gli artisti possono servire alla società – non facendo opere d’arte ma attraverso i loro scambi verbali nel contesto delle istituzioni e organizzazioni. Con questo fine, Steveni e Latham organizzarono inserimenti o residenze per artisti britannici all’interno di un’ampia gamma di aziende ed enti pubblici. Nel 1969 i primi inserimenti erano ormai una realtà. Molti degli artisti coinvolti (tutti maschi) sono nomi noti nel contesto artistico britannico degli anni Sessanta e Settanta che vennero indirizzati verso l’industria pesante e le società nazionalizzate. Nel 1971 Steveni organizzò la mostra Inno70, conosciuta anche come Art and Economics, con lo scopo di esporre i risultati raggiunti nei due anni precedenti, indipendentemente dagli sviluppi a cui gli inserimenti fossero effettivamente arrivati. All’interno si potevano distinguere tre diversi tipi di spazio espositivo: • Diverse sale furono riempite di ingrandimenti fotografici, videointerviste e discussioni registrate che mostravano le associazioni tra artisti e aziende; • Una sala venne occupata dallo scultore Garth Evans che presentò campioni di componenti d’acciaio provenienti da tutte le acciaierie del Regno Unito e invitò gli altri artisti a ridisporre tali oggetti durante il corso della mostra, avendo come sottofondo sonoro il processo di produzione dell’acciaio della durata di otto ore. • Il terzo tipo di spazio era The Sculpture, una sala riunioni che ospitava incontri quotidiani tra l’APG e i membri delle organizzazioni invitate. Al pubblico non era permesso parteciparvi; infatti lo spazio era separato dal resto dello spazio da una tenda di plastica trasparente. L’esposizione ricevette parecchie lamentele sull’impenetrabilità della mostra e sul suo forte aspetto aziendale. Dopo Inno70 Steveni re-indirizzò la sua attenzione verso inserimenti all’interno di uffici governativi, e quindi collocando gli artisti accanto ai dipendenti pubblici. → ES. Storia all’interno della memoria vivente di Stuart Brisley. Progetto per il quale l’artista cercò di scrivere la storia di Peterlee Newtown, una città senza storia appartenente alle otto “nuove città” pianificate dopo la Seconda Guerra Mondiale per affrontare il problema della scarsità di alloggi in aree degradate. Nonostante questo cambio, Inno70 portò l’Arts Council della Gran Bretagna a ritirare i finanziamenti destinati all’APG e si assunse direttamente la responsabilità degli inserimenti artistici. • Arti di comunità Antagonista dell’APG, il movimento britannico delle arti di comunità spingeva l’artista individuale ad assumere il ruolo di facilitatore nella creatività della gente “comune”. Posero l’attenzione verso gli emarginati, che cercavano di emancipare attraverso una pratica creativa di tipo partecipativo in opposizione alle gerarchie culturali elitarie. Nel Regno Unito i primi gruppi di arte della comunità si formarono alla fine degli anni Sessanta quando artisti professionisti assunsero ruoli paritari con membri della comunità nella produzione 15 La stazione da campo intendeva funzionare come “un’installazione artistica, un laboratorio e un centro di informazione ecologica attivo per tutta l’estate” dove ogni settimana venivano proposte anche delle conferenze su diversi argomenti. Le tre mostre, i tre progetti, mostrano dunque che il “sociale”, in questo momento, possiede quindi una molteplicità di connotazioni: il dialogo, la collaborazione, il processo, la diversificazione dei pubblici, la partecipazione democratica. La questione di come valutare la riuscita di questi progetti rimane tuttora oggetto di dibattito. All’epoca, essi furono quasi percepiti come dei fallimenti. Eppure il compito che queste mostre cominciarono a svolgere era importante: ri-concepire il pubblico come pluralità, una combinazione di partecipanti e osservatori provenienti da vari strati della società. Mostre performative • No Man’s Time, 1991 (Nizza, Francia) → in questo contesto di sperimentazione sulla spettatorialità e sulla partecipazione è da prendere in considerazione anche la mostra No Man’s Time di Eric Troncy, dove si evidenzia una riconfigurazione dell’interesse verso la mostra come progetto aperto, con un accento posto sulla collaborazione e sull’idea di presentare il lavoro nel suo farsi. La mostra pone le basi delle sperimentazioni di una generazione di giovani artisti, in cui figurano per esempio Pierre Huyghe, Philippe Parreno e Dominique Gonzalez Foster, che insoddisfatti dell’approccio convenzionale, ereditato dagli anni Ottanta, di realizzare mostre basate sulla presentazione di oggetti destinati a essere consumati dal mercato, cominciarono a sperimentare con il formato stesso della mostra, vista come un medium creativo in sé. Così, prolungarono la durata della mostra, inclusero lavori che però non erano presenti nella sede principale, cambiarono l’allestimento nel corso della mostra, interferivano con l’organizzazione di comunicazione della mostra e proposero altri formati di presentazione – musica, riviste, cucina, cinema, giornalismo, televisione, nuove tecnologie – letti attraverso la lente della mostra. Le loro sperimentazioni ben si accordavano con Eric Troncy, il quale sminuiva “la mostra come nulla di più di uno spettacolo sociale, una convenzione” e poco dopo lamentava che gli anni Ottanta avevano ridotto la mostra a un mero showroom; e dunque preferiva pensare la mostra come un progetto artistico a priori. Tornando alla mostra, No Man’s Time, come molte delle mostre di Troncy, proponeva non tanto una tesi sulla società o sulla cultura popolare, quanto un’affermazione degli interessi culturali comuni a una particolare costellazione di artisti. L’elusività autoriflessiva di Troncy, insieme all’esclusione del pubblico dalla preparazione della mostra, rese un’esperienza incompleta all’osservatore che il più delle volte reputò la mostra noiosa. • Rikrit Tiravanija → nonostante fosse stato incluso nella mostra No Man’s Time, le sue installazioni e i suoi eventi hanno, più che quelli di ogni altro artista, spinto l’ambito conviviale e la partecipazione aperta verso il mainstream artistico e istituzionale. Molti dei suoi lavori dei primi anni 90 erano contributi che partecipavano al prolungato periodo di gestazione collettiva che precedeva l’inaugurazione di una mostra, come per esempio Untitled nel 1993 realizzata per la mostra Backstage tenutasi ad Amburgo. L’opera comprendeva un tavolo, due panche e della scaffalature industriali di metallo accanto all’ingresso di servizio del museo, con sopra degli utensili da cucina. La cosa funzionò per due settimane, prima dell’inizio della mostra, e non durante la mostra stessa. Uno dei paradossi della pratica dell’artista è che, nel momento in cui si intensificano le relazioni conviviali con le persone di un piccolo gruppo (in questo caso gli artisti partecipanti), si produce al contempo una condizione di maggiore esclusione verso il pubblico in generale; • Interpol (1996) – Svezia → mostra realizzata a Stoccolma, nata dalla collaborazione tra il curatore russo Misiano e lo svedese Aman e offre un importante e decisivo caso di studio per evidenziare le 16 differenze tra gli artisti occidentali e quelli provenienti dall’ex Europa dell’est, che si stavano da poco affacciando sulla scena dell’arte. Questa collaborazione tra artisti provenienti da due ideologie diverse però, finì per sfociare in divergenze sociali e culturali che portarono al disaccordo totale e poco dopo a una completa interruzione dei rapporti di comunicazione tra gli artisti, tant’è che alcuni dei partecipanti si ritirarono prima che la mostra fosse realizzata. Per la sua non riuscita, la mostra offre un documento vivido di un attrito tra culture che sta dietro alle varie riproposizione di idee e sperimentazione artistica. CAP. 8 – Performance per DELEGA • Definizione: nuovo genere di performance basata sull’atto di ingaggiare non professionisti o specialisti di altri campi per intraprendere un lavoro che comprenda la presenza e l’azione in un tempo e in un luogo particolari per conto dell’artista e sulla base delle sue istruzioni. Per la sua natura ripetibile e per il modo in cui viene organizzata, la performance per delega è un prodotto che sia dal vivo che in video è può essere acquista e venduta dalle istituzioni e dagli individui, nonché messa e rimessa in scena in molte sedi. Questo, insieme al fatto che si è appropriata dei termini in uno nell’economia manageriale, come “appaltare a terzi”, ci fa capire come l’arte, in particolare quella legata alle performance, sia stata influenzata dai cambiamenti economici e di come questo cambiamento abbia influenzato la recezione che ne abbiamo. • Tipologie: 1. Installazione dal vivo per azioni appaltate a non professionisti che mettono in scena un aspetto della loro identità; ESEMPI: ▪ Southern Suppliers FC (1991) di Maurizio Cattelan → squadra di calcio formata da immigrati nord africani che furono schierati per giocare delle partite di calcio locale in italia. Duplice significato: riflettere sul contrasto di due tipi di lavoro straniero, quello di star del calcio e di operaio immigrato che stanno agli antipodi; provocazione atta a far emergere la paura europea, mai esplicitata, degli immigrati; ▪ Linea de 250 cm tatuada sobre 6 personas remuneradas (1999) di Santiago Serra → pagò 6 persone, appartenenti a realtà disagiate, per farsi tatuare una linea sulla schiena. Opera criticata per aver replicato le ingiustizie del capitalismo e della globalizzazione → SBAGLIATO poiché l’artista cerca, invece, di mettere in luce la situazione in cui vive la maggior parte della popolazione dell’America Latina, costretta ad accettare qualsiasi lavoro pur di guadagnare qualche soldo. 2. Installazione dal vivo per azioni con l’uso di professionisti di altre sfere di competenza; ESEMPI: ▪ This Objective of That Object (2004) di Tino Sehgal → performance che colloca lo spettatore in una situazione ad alto controllo: appena entrano in galleria, gli spettatori si trovano davanti un gruppo di cinque performer di spalle che discutono sulla soggettività e l’oggettività. Generalmente questi performer sono studenti di filosofia che seguono un dialogo semi abbozzato su un copione che trasmettono in maniera spersonalizzato e meccanico caratteristica che di fatto rende impossibile l’intrusione degli spettatori che però devono in un qualche modo riuscire a penetrare l’opera perché senno i performer si accasciano per terra finché non entra un nuovo spettatore. 3. Situazioni costruite per video e film. ESEMPI: 17 ▪ They Shoot Horses (2004) di Phil Collins → che ha selezionato e pagato nove teenager palestinesi per intraprendere una maratona di disco-dancing della durata di otto ore, di fronte a un muro rosa sgargiante al suono di una compilation scadente di successi pop degli ultimi quarant’anni. Il video è poi stato proiettato a grandezza naturale per permettere un effetto di equivalenza tra spettatori e performer. Il significato dell’opera è duplice: da una parte rendere “generici” i suoi partecipanti attraverso il riferimento a generi multipli di esperienza artistica e popolare: il ritratto, la body art basata sulla resistenza, il reality televisivo; dall’altro presentare i teenager palestinesi non ricorrendo alla solita rappresentazione mediatica della vittima o del fondamentalista, ma come semplici adolescenti genericamente globalizzati. ▪ Them (2007) di Artur Zmijewski → video che documenta lo sviluppo e le conseguenze dei laboratori di pittura, organizzati a Varsavia, per quattro diversi gruppi: donne cattoliche, giovani socialisti, giovani ebrei e nazionalisti polacchi. Ogni gruppo ha prodotto un ritratto simbolico dei propri valori, che sono stati stampati su t-shirt indossate da ciascun membro del gruppo nei laboratori successivi. In seguito l’artista ha incoraggiato i gruppi a reagire ai dipinti l’uno dell’altro, alterando e modificando le immagini a proprio piacimento. I gesti iniziali furono cortesi ma poi divennero più violenti. Lo scopo era quello di costruire una narrazione fondata sì sulla realtà ma capace di comunicare un più ampio spettro di significati introno al conflitto sociale. Them offre una meditazione emozionante sull’identificazione collettiva, sul ruolo delle immagini nel forgiare tali identificazioni, ma anche una parabola rigorosa sull’antagonismo sociale • La Monnaie Vivante di Pierre Bal Blanc → performance che ha affrontato l’incrocio tra performance ed economia, esibendo contemporaneamente diverse performance per delega, eseguite da diverse fasce generazionali nello stesso spazio espositivo. Lo scopo è quello di mostrare il modo in cui gli impulsi individuali sono sottomessi ai rapporti economici e sociali, e come queste regole sono analizzate nelle leggi di trasmissione e di ricezione dell’industria dello spettacolo. CAP. 9 – PROGETTI PEDAGOGICI • Tania Bruguera: Arte de Conducta e l’arte utile Arte de Conducta fu il primo progetto pedagogico degli anni Duemila, e forse quello durato più a lungo (dal 2002 al 2009) realizzato dall’artista cubana Tania Bruguera. Il progetto consisteva nella realizzazione di una scuola pensata come opera d’arte che in realtà va intesa meglio come corso di due anni che come scuola d’arte vera e propria. Questo perché gli studenti non ricevevano crediti per la frequenza e l’iscrizione era necessaria piu che altro affinché Bruguera potesse assicurarsi i visti per i professori e artisti esterni. Durante i primi anni, molti di questi professori furono finanziati dalla stessa artista, attraverso il suo incarico di docente all’Università di Chicago. La classe era composta da otto studenti più uno storico dell’arte, a cui veniva chiesto di fare arte e nello stesso tempo di scrivere una relazione del progetto per tutto l’anno, garantendo in questo modo che Arte de Conducta elaborasse dall’interno una propria autovalutazione storica. Al di là delle iscrizioni ufficiali, i laboratori erano aperti anche a chiunque fosse interessato. L’insegnamento, appunto, era strutturato attorno a laboratori dalla durata di una settimana e includono sempre una presentazione pubblica e discussioni del lavoro degli studenti.
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