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INFERNO PARAFRASI CANTO 1- Divina Commedia, Appunti di Italiano

Parafrasi completa primo canto dell'Inferno

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 23/03/2021

Reb180
Reb180 🇮🇹

4.7

(10)

8 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica INFERNO PARAFRASI CANTO 1- Divina Commedia e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! CANTO 1 A trentacinque anni (a metà della strada cui può essere assimilata la vita umana della durata media di 70 anni) mi ritrovai in una selva buia, poiché la via della rettitudine/del bene era smarrita. Ahi quanto è penoso/difficile descrivere com’era questa orrida, intricata e difficile a percorrersi, tanto che il solo ripensarci rinnova in me la paura! Tanto la selva è piena di angoscia che l’esperienza della morte è di poco più angosciante/tormentosa; ma per parlare anche del bene che vi trovai, racconterò anche delle altre cose che vi ho visto. Io non so ben riferire come vi entrai, tanto ero assonnato nel momento in cui abbandonai la retta via. Ma quando fui giunto ai piedi di un colle, là dove terminava la valle che mi aveva trafitto il cuore con la paura suscitami, guardai in alto e vidi il versante opposto già colpito dai raggi del sole (il pianeta che guida gli uomini nella giusta direzione lungo ogni sentiero). A quella vista diminuì un poco la paura, che a lungo aveva abitato/agitato il profondo del mio cuore nella notte che trascorsi con tanta angoscia. E come colui che con respiro affannato, una volta uscito dal mare sulla riva, si volge verso l’acqua pericolosa e la osserva con terrore, così io, nell’intimo ancora dominato dalla paura, mi volsi indietro a guardare il sentiero (selva) che non lasciò mai nessuna persona viva. Dopo che ebbi fatto riposare un po’ il corpo stanco ripresi il cammino per il solitario pendio fra la selva ed il colle, salendo così che il piede su cui poggiavo il peso era sempre quello più in basso (il piede che si protrae in avanti per primo è incerto e malfermo). Ed ecco, quasi all’inizio della salita, una lonza (felino) snella e molto agile, dal pelo maculato; e non si spostava da davanti a me, anzi ostacolava tanto il mio cammino che fui più volte tentato di tornare indietro. Mi apparve all’alba, quando il sole sorgeva con la costellazione (dell’ariete) che era con lui quando Dio con un atto d’amore impresse agli astri il primo moto (originò la vita=creazione); cosicché vista l’alba e la primavera (l’ora del giorno e la stagione dolce) per me c’era motivo di ben sperare per quella belva dal manto maculato; speranza sì ma non a tal punto da superare la paura causatami dall’aspetto del leone che apparve. Questo sembrava procedere verso di me a testa alta (sicuro) e con rabbiosa fame (atteggiamento minaccioso), tanto che l’aria pareva ne tremasse. Ed una lupa, che sembrava carica di ogni bramosia vista la sua magrezza e che fece vivere infelici/afflitte già molti uomini, mi portò tanto affanno con la paura che il suo aspetto generò in me, che io perdei ogni speranza di raggiungere la sommità del colle. E come colui che volentieri acquista (=l’avaro/il giocatore) se giunge il momento che gli fa perdere tutto ciò che aveva accumulato nei suoi pensieri si rattrista e piange, tale mi rese la belva irrequieta che venendomi incontro a poco a poco mi respingeva verso la selva buia (dove il sole non arriva). Mentre io precipitavo verso il fondo, mi apparve dinanzi una figura che per il prolungato silenzio pareva dai contorni indefiniti/muta. Quando vidi la figura in quel luogo solitario gli gridai “miserere me (abbi pietà), chiunque tu sia, ombra o uomo vero!”. Egli mi rispose “non sono un uomo, ma lo sono stato, i miei genitori erano lombardi, ambedue mantovani d’origine. Nacqui sotto il principato di Giulio Cesare, anche se troppo
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