Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Insegnare storia. Il laboratorio storico e altre pratiche attive. F. Monducci, Dispense di Storia

Storia e didattica della Storia 2 Scienze della formazione primaria Mancano dal cap. 12 al cap. 15

Tipologia: Dispense

2021/2022
In offerta
30 Punti
Discount

Offerta a tempo limitato


Caricato il 10/10/2022

gemma908
gemma908 🇮🇹

4.6

(31)

6 documenti

1 / 43

Toggle sidebar
Discount

In offerta

Spesso scaricati insieme


Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Insegnare storia. Il laboratorio storico e altre pratiche attive. F. Monducci e più Dispense in PDF di Storia solo su Docsity! 1 INSEGNARE STORIA 1. Le questioni dell’insegnare storia 1.1. “Perché” e “Come” Distinguiamo due questioni: “perché insegnare storia” riferendoci alla formazione culturale che si intende impartire e “come insegnare storia” cioè alla didattica ossia pensando agli strumenti e alle procedure. È una questione complicata, legata ai processi d’apprendimento e ai metodi della ricerca storica, cioè evitare gli inconvenienti che sorgono quando pedagogisti e storici fanno da sé. Le due questioni sono da distinguere perché presentano sì un grado di autonomia ma sono complementari. 1.2. Finalità politiche ed etiche e regole del mestiere storico 1.2.1. La storia ha le sue regole Nella tradizione umanistica, l’insegnamento è stato connesso a finalità etico – politiche e alla formazione del carattere, con gli ammaestramenti forniti da personaggi ed eventi esemplari; poi, la storia ha avuto il compito di rafforzare il senso di appartenenza alla propria patria – nazione; ai tempi nostri è subordinata alla contingenza politica o a scopi governativi o partitici. Es. nel 2005 in Francia in una legge sui francesi rimpatriati c’era la richiesta di valorizzazione del ruolo positivo del colonialismo francese per far coltivare l’orgoglio nazionale. Articolo contestato e poi soppresso. In Italia ha destato stesso scetticismo la legge che poneva “reato” la negazione dei crimini del genocidio. La storia è una disciplina costituita di propri statuti, metodi, regole, che possiede una sua professionalità e dignità. Tre dati di fatto vanno ammessi: non tutti gli storici sentono l’esigenza di fondarsi su una metodologia rigorosa; non esiste un accordo totale sulle metodologie raccomandate; pur convergendo sugli stessi canoni di ricerca, gli storici possono arrivare a conclusioni divergenti. È illegittimo però pensare che chiunque possa arrivare a una propria conclusione partendo dalla stessa base documentaria, né si può essere convinti che nella storia bisogna sentire anche l’altra campana e che la verità poi venga scelta. 1.2.2. Paradosso numero uno: buone finalità che possono anche fare a meno della storia Quando si vuole definire istituire un “perché” studiare storia senza il “come” si sta proponendo di insegnare la storia senza considerare i tratti specifici della disciplina cioè senza tener conto di quello che gli storici hanno da dire sul loro mestiere e sulle questioni di loro competenza. Le grandi finalità da privilegiare sono elevate: formazione di atteggiamenti personali, etici e politici orientati verso la pace, la libertà e la tolleranza; queste finalità si possono perseguire senza dare all’educazione storica una parte essenziale. Ciò conduce a un paradosso perché si loda il valore educativo della storia sottintendendo che si sceglieranno solo i fatti edificanti. 1.2.3. Paradosso numero due: competenze prive di sensibilità La storia si insegna per far sorgere negli studenti un “senso storico”, ovvero per condurli a pensare e sentire storicamente e a percepire nella realtà che ci circonda un modo peculiare di esistenza oggettiva, indipendente da noi: la dimensione della storicità. A questo scopo l’insegnamento non si limita alla storia contemporanea ma si estende anche a quel che è più o meno “altro” da noi e che dobbiamo sforzarci di comprendere nella sua storicità. La storia si insegna per far sorgere la “coscienza storica”: un’applicazione al presente del senso storico stesso e una precondizione di ogni agire razionale nel presente e sul presente. L’insistenza sul solo “come” separato dal “perché” conduce a un paradosso: un insegnamento che produce studenti capaci di compiere operazioni complesse sui documenti ma privi di sensibilità storica 1.3. I manuali in discussione 1.3.1. Il metodo della denuncia Da anni la discussione e la sperimentazione in fatto di insegnamento della storia si sono svolte in Italia con consapevolezza di tutta la problematicità sulle finalità e i metodi e sui loro rapporti. Dopo l’epoca delle denunce condotta “da sinistra”, nel 2011, la contestazione è venuta “da destra”, quando un gruppo di deputati ha chiesto la creazione di una commissione parlamentare d’inchiesta. 2 Gli autori di manuali non hanno saputo resistere alla tentazione di pronunciare giudizi legati all’attualità. Meno accettabile è che i critici chiedano riabilitazioni o riscritture che hanno poco a che fare con l’avanzamento storiografico. La cosa più interessante è che gli insegnanti rimangono poco coinvolti in questo genere di polemiche. 1.3.2. Venire a sapere e imparare Questa evidenza si può vedere esaminando l’evoluzione avvenuta nei manuali scolastici e nei requisiti che vengono ad essi richiesti per figurare come autorevoli strumenti didattici. In primo luogo, essi non devono presentare giudizi di parte. Devono dimostrare di essere ben radicati nel lavoro scientifico; il loro compito è rendere conto dello stato attuale delle conoscenze. La stesura di un manuale deve guardarsi da due tentazioni opposte. Nel primo caso, il manuale diventa un repertorio – compendio con la presenza di tutto ciò che ci si aspetta. C’è poi un livello con implicazioni più vincolanti: il puro atto di presenza della storia generale con i suoi titoli e le sue ordinate successioni. Nel secondo caso, il canone viene maltrattato con il ridimensionamento di temi consolidati e l’apertura su universi avventurosi, illimitato e informi di nuovi temi e problemi. La via di mezzo promette di tentare una via positiva, che diventa una terza direzione e porta a distinguere il modesto “venire a sapere” dal senso proprio di “imparare”. 1.4. La storia che vale la penda di insegnare 1.4.1. Questioni preliminari Le polemiche più futili di storia hanno la funzione di ricordarci che, accanto al “perché” e al “come”, c’è anche il “che cosa” insegnare. Cosa vale la pena di imparare? La storia scolastica è sempre sottoposta a forti sollecitazioni in proposito. I temi che vanno trattati sembrano imporsi per la loro importanza. Se pensiamo a come sono mutati nel tempo i programmi in Italia vediamo che la questione è più complessa. Una buona risposta, perciò, è la seguente: ciò che contribuisce davvero a costituire il senso della storia in unione con il possesso dei buoni metodi. 1.4.2. Il “che cosa” alla luce del “perché” Perché? Fra i possibili contenuti meritano di essere preferiti quelli che meglio si prestano alla formazione della storia nonché della coscienza storica. Esso presenta il rischio di essere distorto invitando a preferire i contenuti più “educativi” e riaprendo la porta a visioni sospette. Ciò che si ricava è costituito da centri di focalizzazione che non hanno un ordine evolutivo ma la peculiarità di svilupparsi su cronologie e intorno a un numero di temi gestibili. 1.4.3. Considerazioni su passato e presente L’idea di senso storico: è la capacità di percepire la “circostanza” non solo come datità naturale e non solo secondo categorie assiologiche ma con la loro imperiosità. Affermare che tutto è storia è cadere nel relativismo storicista. Induce a pericolose vie di fuga l’essere privi del senso della storia. Del passato non ci riguarda solo quanto giunge con i suoi effetti. Ci sono dei “passati” con scarsi o nulli rapporti con il presente e che pure contribuiscono al senso storico. È vero che gli adolescenti non hanno più il senso della prospettiva storico – temporale? Alla fine del “secolo breve” gli adolescenti si trovavano immersi in una realtà che per essere compresa costringeva a guardare anche molto indietro. Di fronte a cambiamenti rapidi diminuisce la propensione a cercare la continuità del passato storico e a considerare la storia come uno strumento per prendere atteggiamenti di fronte al presente. 1.4.4. Oggetti sfuggenti Rapporto tra il “che cosa” e il “come”. La storia appare più esposta al pericolo del verbalismo. La realtà del passato è molto peculiare: non è un oggetto che si possa esibire. Per evitare all’insegnamento di diventare manualistico dobbiamo valorizzare al massimo la capacità di leggere le tracce del mondo: un insieme più ampio delle fonti scritte, che include quelle iconiche, quelle materiali. La lettura di un documento scritto per mostrare che esso fa da fondamento a quanto il 5 Ciò vuol dire che, se la comunicazione didattica si è tradizionalmente fondata sul rapporto uno – a – uno e uno – a – molti, ora deve trasformarsi accogliendo il rapporto molti – a – molti. Sull’apprendimento cooperativo esistono diverse impostazioni teoriche. In ogni caso “ricerca” e “gruppo” sono un binomio inseparabile che rivoluziona i processi di apprendimento. La conoscenza è un obiettivo che si raggiunge nel tempo, ma è sempre poca cosa se non dà la coscienza di poter superare limiti e difficoltà. Gestire i propri processi e saperli valutare è il cuore dell’apprendimento che rinforza i diversi stili di conoscenza e aiuta a misurarsi con i problemi relazionali quando si accetta la necessità di raggiungere un accordo per svolgere collettivamente un compito effettivo. 2.2.3. … e quella storiografica La storiografia attuale non offre un ottimo terreno entro cui la storia scolastica possa muoversi in sicurezza. A scuola è entrato in crisi il canone della “storia universale”. Una storia che non è mai riuscita a rendere conto del rapporto tra il passato e il presente, e si è resa dunque incapace di toccare le “questioni socialmente vive” su cui si costruiscono le relazioni umane delle nuove generazioni. La storiografia ha mutato il suo oggetto, passando dalla dimensione “universale” a una molteplicità di punti di vista. Ciò si riflette nell’estensione dei manuali e nell’arricchimento dei loro apparato documentari e iconografici. La funzione della scuola non è quella di prestarsi alla costruzione di religioni e riti laici, ma di percorrere il tempo e gli spazi con gli occhi ben aperti per rintracciare i segni del passato nel presente e su di essi costruire progetto per il futuro. Ed è importante questo compito in un tempo in cui i metodi ed epistemologia sono rivoluzionati dalla “storiografia digitale”. Ciò che rende difficile muoversi in tale molteplicità di punti di vista è l’assenza di qualunque idea sui processi di costruzione della storia. Va rivisto l’impianto concettuale, il tempo, lo spazio, i soggetti, le tracce, le fonti, i documenti: cos’è che rende attendibile una ricostruzione storica? Occorre che ci sia un’idea della scansione delle fasi necessarie nel tempo formativo, che si promuova un apprendimento che si accresca per potenziamenti successivi dei livelli di comprensione; occorre che si ragioni secondo un curricolo e occorre una forte dose di capacità laboratoriale che tenga insieme le ragioni della didattica, quella della pedagogia e quella della storiografia. 2.3. Laboratorio – laboratori Per costruire la storia, la metafora dell’officina come modello di apprendimento diventa realtà concreta. È necessario offrire agli studenti un ambiente adatto alle sue possibilità e le istruzioni storiografiche per sperare. Nel rapporto docente/allievo le relazioni consentono un doppio livello di operazioni: il maestro, media tra le possibilità e le difficoltà e facendo ciò promuove lo sviluppo delle potenzialità dell’allievo; l’apprendista amplia le sue reti cognitive e crea scambi con i suoi pari e con il mondo adulto. Ogni esperienza di laboratorio può essere valutata tenendo conto di vari elementi: a) l’ambito scolastico in cui si inserisce; b) il contesto educativo; c) la motivazione; d) l’organizzazione; e) la consegna del compito; f) strumenti e materiali; g) prodotti; h) la valutazione. Le scelte sembrano muoversi in due direzioni: una, più attenta agli obiettivi di conoscenza, prevede un ruolo direttivo del docente; l’altra, mirata allo sviluppo delle competenze e alla formazione del pensiero storico, richiede che la presenza adulta sia di guida. 2.3.1. Prima attenzione: la rilevanza delle risposte Quando prevale la necessità di rompere la barriera fra gli studenti e la storia potenziando il modo di affrontare la disciplina, l’oggetto da conoscere viene assunto in quanto tale e si opera sull’approccio dello studente ad esso. Una prima modifica può essere l’uso critico del manuale. Le prime abilità consistono nell’autonomia nel reperire le informazioni. Questo significa capacità di sfogliare un libro, cercando da soli le notizie utili per risolvere determinati problemi. Un passo successivo può offrire ai ragazzi documenti trattati come testimoni della verità oppure come materiale su cui compiere operazioni di controllo della comprensione. Se gli esercizi non 6 conducono a un apprendimento di qualità si tratta di semplici ridondanze. Se si indicano operazioni anche in parte autonome si stimola un processo di avvicinamento alla storiografia. 2.3.2. Seconda attenzione: la rilevanza della ricerca delle risposte La storia si impara affinando le proprie capacità di pensare il passato. Per le classi inferiori l’obiettivo può privilegiare l’autonomia dell’esplorazione e dell’interpretazione, incentrando il lavoro sulla discussione, negoziando il sapere comune. Per un’immersione simpatetica nel passato, sono utili i giochi didattici dalla forte struttura storiografica. Nelle classi superiori si possono analizzare testi storiografici osservando quali fonti siano state scelte e come siano state trattate, interpretate, individuando le categorie secondo cui sono state organizzate, i modelli di riferimento. La via principale per apprendere le regole e le procedure resta il lavoro di analisi su materiali, tracce che diventeranno fonti solo se si saprà interrogarle e documenti quando si saprà connetterli in un contesto significativo. Gli archivi non sono dappertutto e non sono attrezzati per ricevere scolaresche numerose. Si possono costituire archivi simulati in cui i documenti sono fotocopiati e corredati da indicazioni e trasposizioni linguistiche secondo le necessità e consentono operazioni coerenti con quelle che si compiono nell’ambiente reale. Il web è un inesauribile giacimento perché gran parte di esse nascono già digitali. La rete però è un giacimento senza limiti, non controllato e ciò pone il problema dell’esattezza e dell’attendibilità dei documenti. Possono poi essere usati come tracce/fonti/documenti le immagini, le fotografie, i film, le opere d’arte, la letteratura… è il doppio lavoro che si compie in laboratorio: la costruzione delle conoscenze e la formazione delle competenze. Tutto ciò viene riassunto nella metafora della grammatica dei documenti che può essere appresa dal livello più semplice al più complesso, attraverso le operazioni che si possono compiere: scegliere, interrogare, interpretare e scrivere. 2.3.3. Ricerche aperte Il processo di costruzione della storia inizia con il reperimento delle fonti. Trovare o costruire le fonti aiuta a comprendere che la storia non è tutta e solo nei libri e che può essere un’esperienza formativa intensa se si acquista fiducia nelle proprie capacità di leggere il passato e si ricorre all’appoggio delle produzioni esperte. Il lavoro sul campo chiama in causa molti modi di guardare la realtà e spesso diverse discipline. La ricerca storico – didattica privilegia alcuni campi. Krzysztof Pomian segnala un cambiamento degli statuti storiografici da quando la memoria, da strumento della storia è diventata problema e oggetto di cui la storia si occupa. Si lavora a scuola sulla memoria e per la memoria per creare ponti diversi fra passato e presente. C’è un desiderio di stabilire una comunicazione affettiva fra le generazioni e di costruire le basi di una memoria sociale, di passare dalla storia come scenario esterno alla storia come esperienza interiore. Un secondo campo ha a che fare con la soggettività, quando si vuole comprendere che dentro gli scenari si muovono uomini e donne e la loro presenza modifica anche i punti di vista della storia. La soggettività può essere colta nelle varie aggregazioni collettive. Un terzo campo è lo spazio locale di cui si riconosce il valore formativo, conoscitivo e metodologico. Nella ricerca locale si imparano a riconoscere le tracce della storia nell’ambiente; si possono compiere operazioni di periodizzazione, di sintesi storiografica fra diverse discipline. Un quarto campo si apre negli archivi scolastici, consentendo l’accesso a documenti di prima mano. 2.3.4. Terza attenzione: la rilevanza della domanda Prima dell’elaborazione dei contenuti c’è la domanda che si rivolge dal presente al passato mentre la risposta giunge dal passato al presente. Nella messa a fuoco delle domande significative si collegano le ragioni dell’insegnante e quelle dei ragazzi. La guida dell’insegnante evita tentennamenti vani nel formulare ipotesi, costruire mappe di orientamento, definire griglie 7 d’attenzione. Si divide il lavoro nelle sue fasi, si verifica il percorso, si valuta il senso stesso della domanda iniziale. Esistono domande di vario tipo. Si fa chiarezza nelle questioni sull’oggettività e la neutralità della ricerca storica: porsi di fronte al passato in atteggiamento di domanda significa entrare in laboratorio con ciò che si è; significa tentare le risposte con tutti i mezzi a disposizione. 2.4. Mezzi e messaggi Il laboratorio è un campo in cui s’incontrano vari linguaggi. L’irruzione dell’informatica tra antichi e nuovi strumenti comunicativi ha avuto un effetto dirompente sul terreno stesso della pedagogia e della didattica. Per la storia, ha contribuito a ridimensionare la trasmissione narrativa, invitando a percorrere una rete interconnessa di elementi all’interno di una struttura che consente molte direzioni. Negli anni 40 iniziò un dibattito acceso sulla natura della spiegazione storica. Per Carl Gustav Hempel essa dipendeva dal raccordo logico fra gli eventi e le leggi di copertura derivate da enunciazioni teoriche generali tali da consentire anche nella storia un ragionamento di tipo deduttivo. La critica più radicale a questa tesi fu avanzata da William H. Dray che riteneva fondamentale nelle spiegazioni storiche l’accertamento induttivo delle condizioni per cui un fatto nella sua singolarità è stato possibile e non la sua appartenenza a classi generali di eventi. La prima deduzione è che si può riprodurre anche online la navigazione dello storico. Tale modello conduce ad un punto problematico. Le diverse teorie sull’uso del pc nel campo dell’insegnamento/apprendimento si collocano fra due poli pedagogici: l’istruzionismo e il costruttivismo. Una prima stagione fu quella per cui l’apprendimento era il risultato dell’acquisizione di comportamenti cognitivi razionali; si studiavano programmi di sostegno all’azione del docente e per gli studenti supporti con feedback di rinforzo su obiettivi scanditi nell’ordine gerarchico di tassonomie e infine test di controllo. La svolta si ebbe quando si affermò il costruttivismo poiché esso pone al centro della riflessione pedagogica l’elaborazione soggettiva della conoscenza. La pedagogia supera i limiti di un processo cognitivo con la teoria del costruttivismo sociale, collocando il soggetto in un ambiente in cui si formano abilità relazionali non competitive. È un ambiente collaborativo, costruttivo, dialogico, in cui si è coinvolti nelle comunità di pratica verso il raggiungimento di obiettivi condivisi e significativi. Ciò che caratterizza in modo evidente tale posizione è la possibilità di cooperare in presenza e a distanza n una pluralità di ambienti e di muoversi in un habitat cognitivo plurale. Il laboratorio di storia dovrebbe comprendere l’ambiente concreto che circonda la scuola e lo spazio infinito del web. L’avvento delle nuove tecnologie si propone a fondamento delle nuove opportunità didattiche. 3. La didattica per competenze nell’insegnamento della storia 3.1. Introduzione 20 anni fa la Commissione dei Saggi fu incaricata di individuare le conoscenze fondamentali per i prossimi decenni. Il documento finale parlò di “conoscenze e competenze irrinunciabili per tutti coloro che fossero usciti dalla formazione scolastica”. Nei mesi successivi il documento fu discusso da tutti i collegi dei docenti. A due decenni di distanza regna ancora il disorientamento e a tutt’oggi è ancora diffusa la domanda su che cosa si debba intendere per competenze. Vari soggetti esterni al mondo scolastico e vicini al mondo del lavoro (Confindustria, associazioni di categoria, sindacati…) si impegnarono a precisare cosa fossero e quali dovessero essere le competenze disegnandole in funzione del mercato del lavoro. Una grande influenza fu esercitata dalle prese di posizione dell’ISFOL. 3.2. Le competenze: un concetto dalla plurima stratificazione semantica 3.2.1. Le competenze nella prospettiva dell’inserimento nel mondo del lavoro 10 essi si pongono in “antagonismo” con il mondo “formale” dell’Istruzione e con gli standard del modo di essere della scuola e degli insegnanti. Lavorare con gli stranieri consente un ricco confronto di valori culturali diversi e l’opportunità di forme di laboratorialità altamente innovative. 3.4. Verso la scuola delle competenze La scuola italiana degli anni 70 ha avviato un processo di riorganizzazione, non ancora concluso, lento, sospinto più dalla forza degli eventi. In cinquant’anni il progetto ha potuto contare solo raramente sulla necessaria volontà politica per essere condotto in avanti con più slancio e in così ampio periodo sono mutati i contesti in cui quegli sforzi riformatori si sono collocati. I Decreti Delegati del 74 (introduzione delle rappresentanze studentesche e genitoriali, trasferimento poteri didattici ai collegi e incoraggiamento di nuove sperimentazioni) si sono realizzati grazie ad una forte volontà politica. Frutto di quel clima furono i provvedimenti che avviarono l’inserimento a pieno titolo dei disabili e la riforma dei programmi delle medie. Venuta meno la convergenza tra Democrazia Cristiana e Partito Comunista, il processo riformatore procedette più lentamente. Nell’85 furono riformati i programmi delle elementari, con i quali si voleva incoraggiare una maggiore operatività cognitiva, furono istituite sperimentazioni ministeriali che portarono a nuovi licei e tanti istituti tecnici. Dagli anni 80 il tempo dedicato ad attività extracurricolari prese a contendere sempre più tempo alle istanze curricolari. Negli anni 90 ci fu una ripresa della volontà politica riformatrice, segnata dall’intento di riorganizzare le funzioni statali. Nel 96 Luigi Berlinguer iniziò un progetto di riforma che intendeva dare alla scuola italiana l’autonomia amministrativa e didattica, cambiò gli esami di maturità ma non riuscì a portare a termine il suo programma e gli anni dal 2001 al 2013 furono ancora di rallentamento. Ad alimentare il rinnovamento della scuola italiana fu l’azione dell’Unione Europea con la decisione di avviare un processo integratore. Nel 2006 la Commissione e il Parlamento europei formularono le 8 competenze chiave di cittadinanza che sarebbero dovute diventare la bussola per formare il futuro cittadino europeo. 1) comunicazione nella madre lingua; 2) comunicazione nelle lingue stranierei; 3) competenza matematica a competenze di base in scienza e tecnologia; 4) competenza digitale; 5) imparare a imparare; 6) competenze sociali e civiche; 7) spirito di iniziativa e di imprenditorialità; 8) consapevolezza ed espressione culturale. Nell’agosto del 2007 le Linee guida di Giuseppe Fioroni furono la prima applicazione della raccomandazione europea ma di esse non si parlava. Furono anzi definiti quattro assi culturali, declinati in diversi traguardi, affiancati da otto competenze metodologiche: acquisire e interpretare l’informazione, avere un atteggiamento autonomo e responsabile, collaborare e partecipare, comunicare, imparare a imparare, individuare collegamenti e relazioni, progettare, risolvere problemi. Le Indicazioni nazionali del 2010 riproposero la versione del 2007. Nel 2012 le Indicazioni Nazionali ritornarono alla lettera della raccomandazione della Commissione europea del 2006. L’ultima accelerazione del rinnovamento della scuola italiana lo si deve alla legge 107 del 2015→ alternanza scuola – lavoro anche per il triennio dei licei assicurando un forte valore formativo e orientativo. Istituzione di organico di potenziamento, che realizza il progetto di organico funzionale voluto dalla legge 440 del 1997 che istituiva l’autonomia scolastica. Dall’anno scolastico 2016 – 17 ogni scuola ha a disposizione un numero di docenti superiore a quelli necessari per coprire il monte orario curricolare. In tal modo potranno essere realizzate azioni necessarie a far sì che la didattica delle competenze diventi pratica effettiva. La legge 107 ha accelerato la richiesta di una didattica inclusiva in cui si moltiplicheranno i percorsi individualizzati. Si richiede di individualizzare i piani educativi per alunni certificati a vario titolo o cui si riconoscono bisogni educativi speciali (BES). Sono incoraggiati anni di studio all’estero e sono in corso sperimentazioni che non prevedono più compiti a casa, altre che sopprimono i voti. 11 3.5. Competenze e saperi disciplinari Affinché la didattica delle competenze diventi la pratica quotidiana e condivisa dalla scuola italiana è indispensabile che dimostri di poter garantire l’apprendimento dei saperi meglio della prassi tradizionale. Un simile compito induce a interrogare la struttura dei saperi odierni, comprenderla nei suoi fondamenti epistemologici. L’idea di saperi rigidi e codificati che la scuola persiste a trasmettere è inadeguata. Oggi siamo consapevoli che i contenuti dei saperi sono mobili e spesso sottoposti a condizionamenti sociali nella scelta della loro rilevanza, nella loro interpretazione. L’enciclopedismo è impossibile ed è inutile. I sostenitori della didattica delle competenze devono porsi una domanda radicale: la didattica delle competenze è in grado di far apprendere l’essenziale dei saperi, far capire che i loro contenuti sono mobili e spesso sottoposti a condizionamenti sociali non solo nella scelta della loro rilevanza ma anche nella loro interpretazione? Nel 1997 è stato costituito il Forum delle associazioni disciplinari. Il suo scopo principale fu di dimostrare la preferibilità della didattica delle competenze come mezzo per l’apprendimento dei saperi. Lo fece cercando una definizione generale del concetto di competenza. La competenza è ciò che in un contesto si sa fare sulla base di un sapere; è la disposizione a scegliere, utilizzare e padroneggiare le conoscenze, capacità e abilità idonee, in un contesto determinato, per impostare e/o risolvere un problema dato. Il passo successivo fu quello di individuare delle competenze comuni a tutte le discipline: comunicare, generalizzare, leggere, progettare, selezionare, strutturare. Ci sono dei limiti in quelle convinzioni: alcune competenze si sovrapponevano in parte e non è stato rigoroso distinguerle. Molto più precisa è la formulazione accolta nelle Indicazioni nazionali delle secondarie superiori. Un altro limite fu la mancanza di attenzione alla condizione collettiva dell’operare scientifico e della responsabilità dello scienziato nel rendere conto di ciò che fa alla comunità a cui appartiene. Fu scarsa l’attenzione alla valenza che l’intelligenza emotiva svolge nella formazione del sapere e che deve avere nell’apprendimento. 3.6. Insegnare storia secondo le competenze Gli studenti mostrano grandi difficoltà a pensare storicamente. A cosa va imputato il declino della capacità di pensare storicamente? Sicuramente tale declino è riconducibile sia a diversi fattori di ordine generale sia a fattori strettamente inerenti al modo corrente di insegnare la storia. Dei fattori generali che influiscono sull’apprendimento riguardano l’affermarsi della società dell’informazione, il diffuso malessere giovanile, la lontananza della scuola dalle prospettive occupazionali. Fino agli anni ’70 il paradigma dello stato – nazione ha saputo spiegare la realtà, ma da quarant’anni in qua non è più in grado di farlo. Il concetto generale di società di massa si articola nelle categorie di NAZIONE, CULTURA NAZIONALE, NAZIONALIZZAZIONE DELLE MASSE, PARTITO NAZIONALE DI MASSA, POLITICA ECONOMICA. I luoghi dove narrare questo sistema categoriale sono stati la radio di stato, la televisione di stato, ma anche la scuola di stato. Oggi, però, questi luoghi non sono più in grado di farlo, poiché stanno evaporando sotto l’infuriare della mondializzazione. Bisogna cercare un’altra strada, ma occorre evitare il rischio di sostituire il vecchio paradigma con la rincorsa a ciò che si impone nell’istante per durare un istante, cioè un mondo che non ha consistenza. Il 900 che si deve far conoscere deve far capire cosa nel fluire del tempo presente c’è di caratterizzante, di duraturo. Individuare questo duraturo e vedere nel presente la vitalità di un passato che ancora è. L’insegnante selle materie storiche dovrà darsi come compito l’acquisizione di una nozione chiara delle caratteristiche strutturali, del tempo presente e ricordarsi che la rivitalizzazione del passato dipende dalla capacità di interrogarlo alla luce della struttura esistente. 12 Le domande che ci impone il tempo che viviamo saranno domande che appariranno agli studenti domande sensate. È qui che didatticamente si gioca la possibilità di indurli a voler cercare. Solo a questo punto diventerà giustificato dare inizio all’indagine vera e propria → tra le fonti bisognerà dare un grande rilievo alle fonti audiovisive, alle fonti musicali, alle fonti materiali, a quelle fonti che maggiormente consentono di inoltrarsi in un presente sempre più immerso nelle immagini in movimento e nel movimento delle immagini. Individuare i collegamenti e relazioni è la competenza di saper tessere le connessioni intratestuali, intertestuali e extratestuali. La proposta didattica è un laboratorio di storia. Nel laboratorio si lavora in condizioni semplificate, libere da tutte le variabili accidentali, affinché gli apprendimenti da conseguire siano esercitati nella loro pienezza. Vuol dire che il livello di padronanza delle competenze da apprendere deve essere adattato di volta in volta alle possibilità cognitive, alle condizioni emotive, alle situazioni relazionali della classe e di ogni componente. 3.7. Proposta di una scheda di valutazione delle competenze di storia VEDI LIBRO → tabelle “progettare”; “acquisire e interpretare l’informazione”; “individuare collegamenti e relazioni”; “comunicare”; “collaborare e partecipare”; “risolvere problemi”; “imparare a imparare” 3.8. Il contributo delle competenze di storia per la certificazione delle competenze in uscita dalla secondaria inferiore 3.8.1. Comunicazione nella lingua madre Utilizzare il PATRIMONIO LESSICALE ED ESPRESSIVO della lingua italiana secondo le ESIGENZE COMUNICATIVE nei vari contesti: sociali, culturali, scientifici, economici, tecnologici. Redigere relazioni tecniche e documentare le attività individuali e di GRUPPO relative a SITUAZIONI PROFESSIONALI. La pratica della consultazione delle fonti scritte è decisiva per la capacità di lettura. La comunicazione riceve dal lessico professionale della storiografia una varietà e ricchezza direttamente proporzionali alla vastità dei campi che descrive. La divulgazione del sapere deve sapersi rassicurare, incoraggiare, persuadere, stimolare, condividere. 3.8.2. Comunicazione nelle lingue straniere Padroneggiare la lingua inglese e un’altra lingua comunitaria per scopi comunicativi utilizzando anche i linguaggi settoriali previsti dai percorsi di studio, per interagire in diversi ambiti e contesti di studio e di lavoro, al livello B2 di padronanza del quadro europeo di riferimento per le lingue (QCER). Il livello di padronanza richiesto è inferiore alla lingua madre. Questa competenza trarrà un forte stimolo dalla ricerca delle informazioni nelle pagine web e dalla consultazione di fonti scritte in altre lingue. 3.8.3. Competenze matematiche Utilizzare il linguaggio e i metodi propri della matematica per organizzare e valutare adeguatamente INFORMAZIONI qualitative e QUANTITATIVE. Utilizzare le STRATEGIE DEL PENSIERO RAZIONALE negli aspetti dialettici e algoritmici per affrontare situazioni problematiche, elaborando opportune soluzioni. Il ricorso al linguaggio matematico è d’obbligo per la conoscenza storica. Questo linguaggio offre rappresentazioni efficaci per far intuire la relazione quantitativa tra fenomeni dalla grandezza così vasta da essere difficilmente immaginabile. La matematica può descrivere l’andamento tendenziale di più variabili relative a fenomeni misurabili e i loro intrecci. 3.8.4. Competenza digitale Utilizzare e produrre strumenti di comunicazione visiva e multimediale, anche con riferimento alle STRATEGIE ESPRESSIVE e agli strumenti tecnici della comunicazione di rete. Utilizzare le reti e gli strumenti informatici nelle ATTIVITA’ DI STUDIO, RICERCA E APPROFONDIMENTO DISCIPLINARE. La conoscenza storica può solo giovarsi della competenza digitale. Il digitale può essere messo al servizio della divulgazione storica. Esso sarebbe la leva per moltiplicare l’interesse di tutti ma bisogna realizzare un messaggio con l’obiettivo consapevole che farlo comprendere, richiede la massima consapevolezza del contenuto da trasmettere. 3.8.5. Imparare a imparare Partecipare attivamente alle attività portando il proprio contributo personale. Reperire, organizzare, utilizzare informazioni da fonti diverse per assolvere un determinato compito; organizzare il proprio apprendimento; acquisire abilità di studio. 15 Tre raccomandazioni per il lavoro dell'insegnante: in primo luogo, è bene che l'insegnante svolga lui stesso gli esercizi che intende proporre, per valutarne difficoltà e validità perché è l'unico vero modo per comprendere se il lavoro ha senso. Secondariamente è importante coinvolgere gli studenti nel progetto: esplicitare il senso e le finalità degli esercizi che proponiamo perché possano fornire un contributo consapevole all'attività di apprendimento; terzo: evitare prove troppo facili. Inizialmente bisognerebbe evitare le domande a risposte aperte: possono risultare più efficaci esercizi strutturati o semi strutturati (usare obbligatoriamente dei termini, seguire una certa scaletta). I questionari a scelta multipla se ben congeniati, possono essere applicati non solo alla verifica delle conoscenze, ma anche all'analisi e all'interpretazione dei documenti, e comportare l'uso di capacità complesse, come la capacità di sintesi o di inferenza. Il manuale è uno strumento prezioso per l'acquisizione di abilità sia trasversali sia disciplinari. È fondamentale perché presenta agli studenti conoscenze che sono alla base delle costruzioni del senso storico. Una componente mnemonica nello studio della storia c'è sempre: ma acquista altro senso, se acquisita non passivamente. 4.4. Le estensioni digitali Oggi tutte le case editrici sono obbligate per legge a fornire un'estensione online dei manuali scolastici. La cosa importante è verificare la loro effettiva utilità ed efficacia didattica, cioè le opportunità d'apprendimento che essi offrono. Prima i PDF erano un'estensione del libro cartaceo adesso invece troviamo i documenti sonori e i documenti filmati. Le risorse documentarie sono presentate in dossier organici, che permettono all'insegnante di approfondire e problematizzare i contenuti del manuale, allestendo piccoli moduli o studi di caso. Per quanto riguarda l'aspetto dell'interattività, bisogna constatare progressi soprattutto per l'analisi delle carte e per la costruzione di percorsi ipertestuali a partire da link presenti nei testi, mentre gli esercizi proposti sono ancora troppo spesso volti a una semplice verifica delle conoscenze acquisite. Attualmente i libri di testo offerti dalla maggioranza delle case editrici offrono una grande varietà di apparati integrativi, sia in formato digitale sia in formato cartaceo, per venire incontro ai diversi bisogni dei docenti e degli studenti. Molti manuali sono accompagnati da fascicoli con mappe compensative illustrati e spiegate, linee del tempo per favorire la contestualizzazione, testi semplificati, stampati con font ad alta leggibilità, proposte di attività di coppia e di gruppo, applicando quindi misure sia compensativi sia dispensative per venire incontro alle esigenze dei BES e dei DSA, nonché degli studenti stranieri da poco in Italia. Agli studenti non vedenti o ipovedenti, disabili motori o con DSA sono offerti file con il contenuto del manuale destinati alla rielaborazione con software compensativi. Sono molto spesso proposti anche moduli CLIL (in inglese) per le esigenze della scuola secondaria di secondo grado. 5. Insegnare storia con il web 5.1. Introduzione Dopo aver evidenziato le potenzialità, ma anche rischi di un'attività di ricerca storica in rete, abbiamo concentrato la nostra attenzione su alcuni ambiti: realtà virtuale e realtà aumentata, digital storytelling, ebook. 5.2. Una riflessione sullo stato dell’arte Fino a qualche anno fa c'era una dicotomia tra “apocalittici” e “integrati”. Recentemente questa dicotomia è stata superata, dato che l'uso delle ICT (italianizzato in TIC) a scuola e largamente incoraggiato dallo stesso MIUR. Ne è una prova il PNSD, un documento divulgato dallo stesso ministero che promuove l'uso delle tecnologie a supporto delle lezioni scolastiche. Prima del PNSD del ministero, era stato l'Indire, con il portale Scuola Valore e il suo progetto DIDATEC, a mettere a disposizione dei docenti una serie di risorse. Il progetto dell'Indire è precedente: che sia da togliere? 16 Un'altra diatriba riguarda il digital divide che separerebbe nativi e migranti digitali. Il dibattito appare superato. Le teorie che attribuiscono ai primi nuove capacità cognitive assenti nei secondi sono state confutate. Quello che si può affermare con certezza è l'immersione di giovani studenti nelle tecnologie digitali. Le ICT sono una parte talmente centrale nella loro vita che è impossibile pensare di ignorarne la validità come strumento didattico. Il loro utilizzo in un ambiente mediato e per certi versi protetto (come la classe), può aiutare a favorirne una fruizione più critica e consapevole. 5.2.1. Nessuna nuova, buona nuova? Si è assistito ha un consolidamento dei wiki, dei social network, delle piattaforme di blogging e dei CMS per costruire veri siti web. Il maggior balzo in avanti si è registrato negli strumenti per navigare in Internet (hardware): prima i tablet e poi gli smartphone che hanno progressivamente influenzato il metodo di fruizione dei contenuti. I software hanno seguito un'evoluzione analoga, che ha seguito due strade. Da un lato hanno avuto diffusione i webware, software accessibili direttamente online via browser senza necessità di download e installazione, e per questo accessibili da qualsiasi device. Dall'altra si è verificato lo sviluppo esponenziale delle app da scaricare e installare. Entrambi si presentano come strumenti leggeri e pertanto perfetti per gli apparati hardware dei dispositivi mobili. 5.2.2. Devices e miniaturizzazione Anche il web ha iniziato un processo di “miniaturizzazione”, divenuto poi obbligatorio con la nascita e l'evoluzione degli smartphone. Siti web e social network hanno dovuto adattarsi al nuovo formato, predisponendo interfacce più semplici e compatte. La diffusione degli smartphone ha prodotto la dilatazione dei tempi di connessione e di permanenza online degli utenti. Questo porta gli studenti ad avere un rapporto spesso bulimico e frenetico con il proprio smartphone. Dall'altra parte emerge il grande vantaggio di poter usare questi strumenti per scopi formativi didattici. 5.3. Apprendere in Rete In questi anni le istituzioni scolastiche si stanno attrezzando per rispondere alla svolta che il digitale ha determinato. L'installazione delle LIM o l'acquisto di tablet non costituiscono innovazione se non sono accompagnati da un ripensamento delle prassi di insegnamento e dei processi di apprendimento. L'introduzione della tecnologia nella scuola corrisponde sempre ad una precisa visione della pedagogia e della didattica. Negli anni 60, si diffuse l'istruzione programmata, secondo la quale il processo educativo si basava sullo schema stimolo-risposta-rinforzo (approccio comportamentista). Il cognitivismo mise in luce gli elementi di criticità del comportamentismo, tra i quali la visione della mente umana come tabula rasa: in realtà nella mente umana avviene a un'interazione tra percezioni esterne e schemi mentali interni che è possibile studiare scientificamente. A questa nuova fase corrispose un nuovo prodotto tecnologico, ossia l'ipertesto. Dagli anni 80 l'ipertesto da ambito di ricerca divenne un prodotto commerciale, ma emerse ben presto che la sua applicazione didattica si rivelava più efficace se erano gli studenti a progettarlo e realizzarlo→ il paradigma teorico è il socio-costruttivismo che pone lo studente al centro del processo di apprendimento. La tecnologia offre l'opportunità di far creare agli studenti i contenuti, potenziando la dimensione collaborativa. Il rafforzamento delle connessioni tra persone garantito dalla rete fa progredire, secondo la tesi di Pierre Levy, l'intelligenza collettiva. Giuseppe Riva individua tre livelli di apprendimento a cui corrispondono contributi diversi della tecnologia. Nel primo livello, il soggetto può apprendere da solo: egli utilizza uno schema già appreso oppure modifica lo schema posseduto per risolvere una situazione nuova; a questo livello corrispondono i “serious game”, giochi pensati per la didattica. Il secondo livello di apprendimento presuppone l'interazione con un tutor e si riferisce ad esperienze didattiche digitali e formazione a distanza. Il tutor mette in atto lo scaffolding che prevede tre fasi: l'acquisizione di competenze da 17 parte dello studente avviene attraverso l'osservazione dell'agire esperto, le prove ripetute e il sostegno in progressiva dissolvenza del tutor. Nel terzo livello, centrato sugli ambienti virtuali collaborativi, l'apprendimento si fa cooperativo. Condizione essenziale è che l'attività avvenga nella zona di sviluppo prossimale dello studente, come teorizzato da Vygotskij. Emerge come l'utilizzo didattico della rete favorisca in particolare il terzo livello al punto che si tratta di una dimensione che ha inglobato le altre due. Le comunità virtuali rendono possibile una socializzazione del sapere e richiedono agli studenti l'acquisizione di capacità specifiche, come il comunicare e di imparare ad imparare in gruppo. Fare attività in Internet significa apprendere due volte, significa imparare dal proprio apprendimento. Il ruolo del docente subisce una trasformazione: egli diventa un facilitatore, un tutor, mediatore di un sapere che viene costruito dagli studenti stessi. 5.4. Lavorare (non solo) in classe LIM: lavagna interattiva multimediale. Monitor touch screen connesso a pc con la possibilità di proiettare contenuti multimediali e far interagire gli studenti con uno strumento digitale. Ciò ha stimolato un diverso tipo di insegnamento ma non ha superato il problema di fondo: la partecipazione vera e autentica da parte dello studente. E-learning: un primo passo avanti deciso verso una didattica partecipata/collaborativa c'è stato con la diffusione delle piattaforme di e-learning. La predisposizione di una struttura del genere può rivelarsi complicata per un docente con scarsa dimestichezza in materia, a partire dal momento della scelta del learning management system. Come criterio fondamentale di selezione, occorre valutare la qualità del software, ma anche il fatto che sia open source e con alle spalle una comunità di utenti che lavora per condividere le conoscenze e migliorarlo. Tra i più rinomati figura Moodle, uno dei più complessi da usare con elevatissima possibilità di personalizzazione. ATutor: più semplice e per questo meno modificabile. Eliademy fa dell'immediatezza il proprio pregio, con la possibilità di installare anche un'app dedicata sullo smartphone. OLAT è completamente open source. Esse sono tutti basate sul concetto di una collaborazione attiva da parte del discente, spesso confinata fuori dalla classe. Questo in realtà colloca l’e-learning non troppo distante dalla logica del compito a casa. Smartphone: il definitivo balzo in avanti potrebbe essere fatto grazie all'uso degli smartphone in classe che supererebbe il limite dell'unico pc connesso alla rete consentendo una fruizione e un'interazione immediata e capillare a tutti gli alunni. L'uso di applicativi per il Direct messaging quali Facebook WhatsApp o Snapchat amplierebbe di molto il concetto di cooperative learning tramutandolo in un vero social learning. 5.5. Ricerca delle informazioni e uso delle fonti Un aspetto determinante eliminare nell'attività dell'insegnante è la ricerca delle informazioni e l'uso corretto delle fonti. I contenuti on line possiedono una ricchezza e una varietà tale da permettere la costruzione di percorsi e lezioni diversissime tra loro però tutto questo può disorientare. Un altro rischio è l'assenza di una validazione scientifica che può favorire il consolidamento di teorie storiografiche tendenziose, revisioniste e negazioniste. Il ruolo di Wikipedia è uno dei più interessanti e problematici. Si tratta di una fonte largamente usata pertanto occorre intervenire per renderlo sempre più sicuro e affidabili per gli studenti, possibilmente attraverso il lavoro degli studenti stessi. In questo modo Wikipedia cessa di essere una fonte e diventa un mezzo di esercitazione attraverso pratiche di cooperative learning e learning by doing. Un problema analogo si verifica con le fonti iconografiche. Le immagini hanno avuto una vastissima diffusione dovuta alla loro efficacia comunicativa. Anche con le immagini storiche si corre il rischio di incappare in usi impropri e distorti. Da ciò si evince come il compito dell'insegnante sia divenuto più delicato e impegnativo che in passato dovendo ampliarsi all'insegnamento di un metodo utile agli alunni per effettuare questa operazione critica in sempre maggiore autonomia. 20 e una sorta di bacheca sulla quale raccogliere materiali e link cliccando sullo sfondo. Mindomo è adatta per la gestione di numerosi contenuti. Popplet è uno strumento più essenziale ma efficace sul piano grafico. • Presentazioni. Prezi ha introdotto funzionalità ma a pagamento. Powtoon permette di realizzare delle presentazioni che sono veri e propri cartoni animati, Zeetings, uno strumento versatile che rende la presentazione interattiva. Questi tools richiedono una certa disponibilità di tempo se si vogliono ottenere risultati convincenti. 5.10. Conclusioni Visione pedagogica e scelte didattiche devono legarsi ad un uso consapevole delle tecnologie per riuscire a farle diventare strumento di effettiva innovazione. Ruben Puentedura ha elaborato un modello teorico che individua quattro livelli di implementazione delle tecnologie nella didattica. I primi due livelli rientrano nel miglioramento, gli altri due nella trasformazione. - Sostituzione: viene effettuata una sostituzione delle tecnologie tradizionali e con quelle digitali. - Sviluppo: in questo caso lo strumento digitale viene utilizzato all'interno di un contesto di apprendimento uguale a quello delle pratiche tradizionali ma offre funzionalità diverse. - Modifica: consente al docente di modificare il significativamente la progettazione delle attività. - Ridefinizione: con il quarto livello si identificano attività che senza l'utilizzo della tecnologia non sarebbero possibili e che modificano profondamente i contenuti, le attività, i processi di apprendimento e il ruolo di docenti e studenti. Questo schema indica le modalità attraverso cui la tecnologia può entrare nella didattica. Sta alla capacità e all'esperienza del docente valutare le potenzialità del digitale e scegliere. 6. Le fonti, dalla storiografia al laboratorio di didattica 6.1. Introduzione Previsto già dai programmi del 1979 ed il 1985, l'utilizzo delle fonti si configura come una delle competenze fondamentali a cui deve tendere la formazione storica dello studente. Anche se molti insegnanti riconoscono la necessità di sperimentare con gli alunni un primo approccio alle fonti storiche, solo una percentuale minore lo fa effettivamente e spesso ci si limita a utilizzarle come letture di approfondimento. 6.2. Storia, concetto e polivalenza della fonte Ogni ricostruzione della storiografia ha nella fonte la sua base di appoggio: la storia si fa con i documenti. Come diceva Lucien Fevbre, “fonte” può essere un oggetto qualunque (parole, segni, paesaggi e tegole, forme del campo, eclissi di luna, perizie fatte dai geologi sulle pietre); ma fonte diventa tale per l'azione che su di essa esercita lo storico. Ivo Mattozzi distingue tre termini: traccia, fonte, documento. Traccia è qualunque segno lasciato dagli uomini nel loro passaggio nel tempo. L'utilizzo da parte dello storico della traccia per estrarre informazioni trasforma la traccia in fonte dell'informazione. Poi lo storico effettua la sua ricostruzione del passato e produce la sua narrazione storica. A quel punto la fonte utilizzata diventa documento, ovvero prova delle asserzioni dello storico stesso, base d'appoggio e argomentazione a favore della propria ricostruzione. Lo stesso oggetto cambia il proprio statuto disciplinare durante la ricerca: nasce come traccia, diventa fonte nel momento in cui viene interrogato dallo storico e documento quando entra come prova nella ricostruzione finale. Esistono fonti classiche a lungo privilegiate dagli storici, ma nel corso del XX secolo le discipline storiche hanno allargato i propri ambiti di ricerca e oggi fonte può essere ogni cosa su cui costruiamo la documentazione della nostra ricerca e basiamo la nostra interpretazione/ricostruzione del fatto storico. Il moderno concetto di fonte è l'esito di un processo avviato negli anni 30 dalla scuola degli Annales, proseguito con la “rivoluzione documentaria del XX secolo” e approdato alla concezione dinamica delle fonti. La storiografia tradizionale classificava le fonti storiche sulla base 21 dell'intenzionalità (criterio per valutarne l'affidabilità). Solo ai documenti andava il favore dello storico, in quanto testimonianze autentiche perché inconsapevoli. Questa classica distinzione cade sotto la “rivoluzione documentaria del XX secolo” che allargò l'oggetto di indagine dello storico ampliando le fonti al di là del documento scritto. Tale evoluzione con Marc Bloch e Lucien Fevbre, sfociò nella “nuova storia” che aumentò le fonti. Jerzy Topolsky parlando di “concezione dinamica delle fonti” ha ribaltato il concetto positivista e ha compreso che è lo storico a innalzare la traccia a livello di fonte storica e che è la relazione tra fonte e oggetto della ricerca che determina le caratteristiche della fonte stessa. La concezione dinamica rompe con l'idea che la fonte abbia delle proprietà in sé insieme classificabile in modo rigido e rivede lo stesso concetto di autentico/falso. Ciò significa che la classificazione della fonte è una chiarificazione della ricerca in atto e una dichiarazione dello storico dell'uso che intende fare della fonte. 6.2.1. Dalla storiografia alla didattica Alle trasformazioni della storiografia non è rimasta immune la didattica della storia, che si è resa conto che le operazioni sulle fonti sono uno dei perni centrali della formazione storica dello studente e anche un importante contributo delle discipline storiche alle finalità generali della formazione quali l'autonomia, l'approccio critico e consapevole alle informazioni, la flessibilità cognitiva. Grazie al contributo degli istituti storici e di esperti di didattica già partire dagli anni 70 ha iniziato a essere elaborata l'idea del laboratorio storico e sono state introdotte pratiche di didattica attiva. 6.3. L’uso delle fonti nella didattica della storia Nella pratica didattica le fonti vengono utilizzate con motivazioni e modalità molto diverse. Nella maggioranza dei casi il loro utilizzo è sporadico tanto da risultare inutile. Varie ragioni sono alla base di questo: il fattore tempo, certe convinzioni pedagogiche o il fatto che raramente gli insegnanti sono stati formati a un uso didattico delle fonti. 6.3.1. Perché usarle? Valenza epistemologica Non può mancare la consapevolezza di che cos'è la disciplina storia, attraverso quali procedimenti essa scopre le proprie informazioni, come costruisce le sue narrazioni. Si chiede allo studente di avviarsi a una comprensione dei concetti e degli strumenti fondamentali della disciplina, acquisendo quell'approccio storico-critico ai problemi. L'utilizzo delle fonti è un tassello indispensabile per la familiarizzazione dell'allievo con lo statuto della disciplina; esso mostra il lavoro dello storico e rende consapevoli che il discorso storico è ri-costruzione e interpretazione documentata. Secondo Ivo Mattozzi l'uso delle fonti ha tre obiettivi generali: 1. far concepire che la conoscenza del passato è possibile solo grazie all'uso delle fonti; 2. far rendere conto che anche le conoscenze organizzate nei libri scolastici sono stati prodotti mediante il lavoro sulle fonti; 3. sollecitare le attività mentali in direzione della formazione di quello stile cognitivo richiesti per la costruzione delle fonti e la produzione delle informazioni. Hilda Girardet ritiene che il lavoro didattico sulle fonti costituisca un contesto per imparare a ragionare e acquisire conoscenze. Inoltre, si tratta di conoscenze molto meno caduche di quelli acquisite nelle lezioni frontali perché acquisite in un contesto attivo. Valenza didattica Le ragioni didattiche a favore dell'uso delle fonti sono legate all'utilizzo di una didattica attiva. Centrale è come utilizziamo le fonti, il loro utilizzo come strumento per la ricerca-scoperta delle informazioni da parte dello studente e come occasione per lo sviluppo delle competenze storiche. L'apprendimento maggiormente significativo è quello alla cui co-costruzione partecipa lo studente stesso. Questo avviene nelle didattiche attive, nelle didattiche per scoperta, basate sulla metodologia di ricerca. Nel caso della storia, queste pratiche didattiche sono facilitate dal lavoro sulle fonti, il quale permette di conseguire fondamentali abilità disciplinari: - consapevolezza del rapporto tra fonti e conoscenza del passato; 22 - consapevolezza delle funzioni documentarie delle fonti nei testi storiografici - capacità di individuare le strutture informative di una fonte; - capacità di criticare e controllare l'affidabilità di una fonte. Gli obiettivi formativi sono: - Educazione ai beni culturali - Educazione al patrimonio Mostrare agli studenti che anche un monumento, una lapide o una strada sono fonti, significa educare al territorio, educare a un'attenzione verso le cose. Valenza formativa La terza ragione sta nelle finalità formative generali. Ci limiteremo a evidenziarne due, una classica è una legata ai bisogni formativi. Finalità classica è l'autonomia dello studente, che al termine del suo percorso deve avere acquisito competenze di individuazione dei problemi, di ricerca di strumenti e informazioni utili, di strutturazione delle soluzioni. Il lavoro sulle fonti abitua alla ricerca come metodo, alla critica della fonte, alla verifica delle informazioni, al loro collegamento. È un percorso formativo complesso che va impostato presto e sviluppato in una logica curricolare verticale. La seconda finalità formativa scaturisce dal fatto che la società contemporanea è sempre più attraversata da un flusso di informazioni incontrollato. Questo cambiamento ha coinvolto anche la scuola perché, se fino agli anni 80 i problemi riguardavano il come e dove reperire le informazioni, oggi la grande questione è come orientarsi, distinguere e valutare le informazioni che rischia di sommergere non solo noi adulti, ma anche i nostri alunni. La storia aggiunge un altro problema: l'informazione storica è sempre più extrascolastica. Per un'insegnante di storia diventa ancora più importante insegnare gradualmente a gestire l'informazione. Proprio mediante metodi di analisi delle fonti però, la storia può fornire gli strumenti metodologici necessari a formare soggetti consapevoli, critici e autonomi. Spirito critico: capacità di valutare lo statuto delle conoscenze. Una conoscenza storica è tale in quanto sa rendere conto sia rispetto alla massa documentaria da cui è stata ricavata, sia rispetto ai metodi di utilizzazione, sia rispetto alla valutazione delle conoscenze che ho ottenuto spremendo quei documenti. 6.4. Quando usarle? Non è mai troppo presto Le indicazioni nazionali per i piani di studio introducono le fonti già nella scuola dell'infanzia: ricordare e ricostruire attraverso forme di documentazione quello che si è visto, fatto, sentito, e scoprire che il ricordo e dalla ricostruzione possono anche differenziarsi. L'insegnante dovrà graduare le difficoltà sia in ordine alle diverse tipologie di fonte sia in ordine alla complessità interna della fonte. Effettuando scelte accorte, ogni operazione sulle fonti può essere affrontata a qualunque età, comprese le operazioni di attendibilità della fonte o di lettura di informazioni indirette. All'inizio è importante avviare un lavoro mirato alle competenze di base, alla formazione di un corretto concetto di fonte e a rilevare il ruolo della fonte all'interno della formazione del sapere storico. Fase pre-disciplinare: chiediamo di portare tracce che ci aiutino a ricostruire la storia della sua vita o della classe e vedremo arrivare certificati, fotografie, quaderni, biglietti di trasporto, meno della mensa e anche testimonianze orali. A partire da questo, il bambino imparerà a collegare la fonte con la ricostruzione storica, comprendendo che la storia non è racconto, ma il racconto è la forma con cui le fonti vengono collegate tra loro in una storia. 6.5. Come usarle? Avvertenze generali per l’uso didattico delle fonti L'utilizzo delle fonti a scuola deve restare un utilizzo didattico, funzionale a obiettivi formativi. Pur avendo rispetto per quanto dicono gli storici, il docente deve mediare con le esigenze della formazione e la gradualità dell'apprendimento e quindi operare semplificazioni pratiche. Fondamentale sarà far distinguere agli studenti tra fonte originale nella forma e nel contenuto e fonte riprodotta e il livello di perdita dell'informazione: avremo fonti riprodotte autentiche nel 25 titolazione, individuazione delle tematizzazioni primarie e secondarie, delle parole chiave, ecc., operazioni possibili tanto su una fonte scritta, quanto su qualunque altra fonte. È necessario rilevare le informazioni base per la schedatura della fonte: - Data→ quando - Luogo→ dove - Temi principali→ cosa - Autore (Ed eventualmente committente)→ chi - Destinatario e scopo (o contesto/occasione di produzione)→ a chi e perché: solo per fonti esplicitamente intenzionali è facile individuare perché la fonte sia stata originariamente prodotta. A volte il contesto, l'occasione che ha dato origine alla sua produzione, è il miglior indicatore. Quasi mai tutte queste informazioni potranno essere ricavate dalla fonte stessa; quindi, andranno completate dall'insegnante o dal contesto da cui è tratta la fonte o da ricerche. È bene presentare alla classe le fonti precedute da una loro contestualizzazione, a volte può essere utile completare la schedatura ricercando sui testi o su altre fonti le informazioni storiche mancanti. La presentazione delle fonti dipende dagli obiettivi. Rilevare le informazioni utili alla classificazione della fonte è un'operazione comune, e siccome i criteri di classificazione sono molti, i criteri più utilizzati possono rappresentare una seconda serie di indicatori. La lettura secondo questi indicatori consente inoltre di consolidare negli studenti alcuni concetti base della storiografia delle fonti. - Codice (verbale scritto o orale, iconico eccetera) - Supporto (materiale)→ esso acquista oggi un valore particolare per le caratteristiche della società in cui viviamo e per le finalità formative generali che essa richiede. È importante che gli alunni imparino a classificare sia il materiale della fonte originaria, sia a quello reale con cui sono venuti in contatto e anche il grado di alterazione formale a cui la sua riproduzione tecnica l'ha sottoposta. - Intenzionalità della fonte (fonte intenzionale o preterintenzionale, testimonianza o resto, ovvero fonte nata per dare notizia dei fatti oppure sopravvivenza involontaria) →la moderna critica rileva che si tratta di classificazioni funzionali alla ricerca in atto e non descrittive della fonte in sé: ogni fonte è volontaria per qualche aspetto perché nasce sempre con un’intenzionalità e ne fornisce sempre involontariamente altre. - livello di mediazione rispetto alle informazioni che contiene (fonte diretta o indiretta, originale o derivata) è bene precisare alcune cose: - ordine logico non significa ordine cronologico di esecuzione delle operazioni - Nella pratica didattica la raccolta delle informazioni per le diverse operazioni spesso è contestuale e non comporta diversi momenti di lettura e di analisi - Acquisita familiarità con queste operazioni, le più semplici saranno via via eliminate per far posto per azioni di analisi più complesse A questo punto inizia il lavoro di analisi dello storico, per il quale non è più possibile predisporre una scheda di lettura universale, perché l'interrogazione della fonte è dipendente dal problema. Proposte di due autori che maggiormente si sono occupati del problema dell'uso didattico delle fonti: Antonio Brusa e Ivo Mattozzi. Nei diversi ordini scolari, barriera soprattutto la complessità delle fonti utilizzate, la loro leggibilità diretta e indiretta, il lavoro collaborativo tra insegnanti e alunni e le aspettative. Le fasi di lavoro sui documenti proposte da Antonio Brusa Il modello di Antonio Brusa adegua a un utilizzo moderno e didattico delle fonti storiche il metodo classico elaborato da Droysen che suddivideva il lavoro sulla fonte in tre fasi: euristica, critica e interpretazione. Questo modello prevede una sequenza logica in quattro fasi. 26 Selezionare. La fonte diventa tale sulla base dell'interesse dello storico e del tipo di ricerca che egli conduce. Selezionare significa assumere un determinato punto di vista, una prospettiva di indagine e scegliere i documenti pertinenti a quel tipo di ricerca. O viceversa, su un documento dato, selezionare le possibili prospettive di indagini per le quali quel documento è pertinente. Per questa operazione sarà sufficiente una lettura globale. Interrogare. Mediante una lettura selettiva si interroga il documento per scoprire quali informazioni racchiude, cioè quali risposte può dare alle domande che gli vengono rivolte. La capacità di interrogare dipenderà dalla formazione storica precedente dell'allievo e dovrà essere graduata: potrà essere svolta con domande ampie, per parole chiave o con una griglia di domande più dettagliate e strutturate predisposta dall'insegnante. È opportuno che l'interrogazione sia corredata da strumenti. Interpretare. Significa porsi delle domande sulle informazioni raccolte, problematizzare e formulare ipotesi di soluzione a questi problemi. Chi ha creato questo documento? Per quale scopo? in quale contesto questo testo si inserisce? Perché quel documento è giunto fino a noi? Non sono operazioni facili, ma è importante rendere consapevole l'alunno che sono problemi tipici della ricostruzione storica. Alcuni documenti rendono semplice rispondere a queste domande: sono i documenti che permettono la creazione di coppie favorevole-contrario e in generale quelli valutativi. Sia all'interrogazione sia l'interpretazione possono essere rivolte a una sola fonte o a una pluralità di fonti omogenee per tema e per tipologia. Scrivere. Quando uno storico conclude il suo lavoro di analisi dei documenti, comunica i dati. È nella scrittura che si attua un'operazione che consiste, da un lato, nel rimanere aderente ai dati forniti dalla documentazione, ma dall'altro consente di operare generalizzazioni. È un'operazione utilissima che consente di rispondere a una delle domande cruciali inerenti il lavoro sulle fonti: da dove si ricava la conclusione che qui viene tratta? Le operazioni sulla fonte nella proposta di Ivo Mattozzi La forte attenzione verso l'epistemologia della disciplina e la formazione degli strumenti cognitivi alla base della conoscenza storica portano Mattozzi a proporre un modello didattico di analisi delle fonti articolato. Il lavoro sulla fonte deve essere preceduto: - dalla tematizzazione, in cui si mette a fuoco l'oggetto della ricerca - Dalla problematizzazione, che guida la costruzione del set di domande da porre alla fonte - Dalla individuazione delle fonti pertinenti La sequenza di operazioni si compone di due fasi: 1. la prima rivolta ad attribuire valori e significati alle informazioni sulla base della funzione, degli scopi, del contesto, del modo di acquisizione delle informazioni nel tempo a cui la fonte appartiene 2. la seconda, basata sull’incrocio tra le fonti, deve stabilire il livello di probabilità per ogni informazione Mattozzi propone una scheda di lettura completa, che è opportuno introdurre in classe gradualmente, partendo dalle voci più semplici per arrivare alle più complesse. Questa scheda permette di affrontare il documento e di rilevare i bisogni informativi aggiuntivi utile a integrare il lavoro diretto con la fonte. Entrambe le proposte chiudono con il confronto tra le fonti che è una rilevanza disciplinare e formativa centrale. Il confronto dovrebbe essere sempre praticato in diversi modi: tra fonti omogenei, per educare al confronto e alla verifica delle informazioni, ma anche tra fonti di diversa tipologia per educare alla complementarietà e integrazione tra i linguaggi. La proposta di Brusa-Grazioli prevede un'ulteriore fase: quella produttiva ovvero di utilizzazione delle informazioni acquisite. Valorizzare le specificità delle diverse tipologie di fonti 27 Ogni tipologia presenta caratteristiche proprie che in sede didattica vanno sottolineate a valorizzate. 6.7. Fonti…per le fonti: manuali, reti, archivi e musei Oggi le fonti sono reperibili con una certa facilità in ogni manuale e in varie raccolte per uso scolastico nonché negli archivi digitali presenti su Internet. Un ottimo metodo per abituare gli studenti alla ricerca via Internet e il webquest. Un'ulteriore risorsa per reperire percorsi di fonti sono gli archivi e musei pubblici che dispongono di specifiche sezioni didattiche e possono fornire alle scuole ottimi materiali. 6.8. Alcune piste di ricerca per l’uso delle fonti 6.8.1. Fare ricerca a scuola? Fare ricerca originale a scuola è utile, possibile e anche facile, purché ci si intenda sul concetto. Sono due gli obiettivi di assoluto valore formativo motivanti per gli alunni ma anche per gli insegnanti: - lavorare con fonti seriali e povere rende consapevoli gli allievi dell'appartenenza di ciascuno, piccolo e grande, alla dimensione della storia - Dimostrano che ciascuno può dare il proprio contributo alla costruzione del sapere sociale, se non altro facendo emergere fonti sommerse. 6.8.2. Gli archivi scolastici: una risorsa importante per la didattica gli archivi scolastici sono una ricca fonte per ricerche originali (ricostruzione delle condizioni socioeconomiche di un determinato ambito spaziale in un preciso tempo, a studi sul costume, sulle abitudini, sul lavoro minorile, ecc.). Per fare ricerca storica si può attingere a fonti meno immediate, ma comunque fruibili: le fonti orali e materiali per la storia locale e gli archivi parrocchiali. È importante che la ricerca abbia visibilità e che le fonti utilizzate o prodotte siano rese disponibili. Questo oggi è possibile mediante la rete Internet. L'importanza di dare adeguata visibilità alla ricerca degli allievi è evidente. 6.9. Alcuni suggerimenti bibliografici essenziali Il mondo contemporaneo della nuova Italia dedicata agli strumenti della ricerca storica fornisce un'ampia rassegna degli approcci storiografici alle fonti stesse. Il testo che ha influito nella formazione dell'attuale concezione delle fonti è quello che Topolsky ha dedicato alla storiografia contemporanea. Vi viene presentata la concezione dinamica delle fonti e un'ipotesi per nuovi criteri di classificazione. Lezioni di metodo storico Di Federico Chabod dedica attenzione alle fonti scritte documentarie e narrative. Il testo di Giovanni De Luna l'occhio l'orecchio dello storico è una raccolta di saggi per insegnanti, ricco di riflessioni ed esempi sul concetto di fonte in generale e sull'uso didattico delle fonti in particolare. Antonio Brusa nel suo testo dedicato al laboratorio storico propone il suo modello di analisi delle fonti corredandolo con moltissimi suggerimenti pratici. I saggi di Ivo Mattozzi, relativi agli obiettivi della formazione storica primaria, ai concetti e ai metodi fondamentali, sono contenuti in una pubblicazione del 92 edita da Nicola Milano. Curato dallo stesso Mattozzi e dall'associazione Clio 92 è il corso ipermediali in CD-rom insegnare storia realizzato con Giuseppe Di Tonto. Un recente libro di Hilda Girardet valorizza le specificità delle diverse tipologie di fonti Venendo ad esempio alle applicazioni pratiche un libro a cura di Nardelli e Giuntella raccoglie inquadramenti teorici, riflessioni pratiche e strumenti operativi e può essere richiesto a isuc@cumbria.it è stato prodotto dall'Istituto provinciale per la storia del movimento di liberazione di Ascoli Piceno un pacchetto completo per la didattica della storia composta da quattro agili volumi più un CD-rom. Sul tema degli archivi scolastici come risorsa per l'insegnamento della storia, segnaliamo un testo curato da Maria Teresa Sega che riporta gli atti di un convegno dedicato al tema. Il testo dispone anche di esercitazioni archivi simulati per le scuole di ogni ordine. Una recentissima raccolta di esperienze laboratoriali è rappresentata dagli atti di un convegno regionale su storie didattica tenuto in Piemonte nel 2003, stampati a cura del liceo convitto Umberto I di Torino. 7. La mente laboratoriale 7.1. Tesi Non ci possono essere metodi e didattiche laboratoriali efficaci senza mente laboratoriale. 7.2. Premessa: riassunto delle puntate precedenti L'idea di laboratorio ha incoraggiato una certa dose di discorsi di esaltazione retorica delle virtù dei laboratori. L'allestimento di laboratori e i tentativi di animare l'apprendimento attivo possono generare modi meno noiosi di studiare la storia, ma benefici scarsi sul piano della formazione della cultura storica. Elaborare idee sulla mediazione didattica laboratoriale: 1. Il primo passo è prendere le distanze dalla concezione panlaboratoriale dell'insegnamento 30 5. il docente diminuisce gradualmente il supporto, in modo da dare progressivamente a chi apprende maggiore autonomia e responsabilità 6. Il docente stimola la riflessione metacognitiva e gli alunni diventano consapevoli della funzione degli strumenti e delle procedure messe in atto. La mente laboratoriale si convince che la pratica e il saper fare conducano al sapere, al pensiero astratto e alla formalizzazione. 8. Tre modi di fare storia nella scuola primaria 8.1. La storia nella scuola primaria A partire dalla fine degli anni ‘90 hanno preso forza le istanze per una verticalizzazione del curricolo elementare-medie che sono state formalizzate dapprima nelle Indicazioni della ministra Moratti, poi mutate nell'articolazione dei contenuti, ma confermate durante i dicasteri di Fioroni, Gelmini e Profumo. Per le prime due classi viene proposta all'esplorazione dei requisiti di spazio e tempo nelle accezioni consuete alla vita dei bambini, invitando alla ricostruzione delle storie personali; per le terze i contenuti della storia naturale e della comparsa dell'uomo, per gli ultimi due anni periodo della preistoria fino alla caduta dell'Impero Romano d'Occidente. Le tematiche collegate alla storia recente vengono proposte come finestre o percorsi limitati collegati alle ricorrenze civili quindi nell'ambito dell'educazione alla cittadinanza e alla costituzione. 8.2. Tre modi 8.2.1. Didattica delle fonti: Caccia alla traccia [è un'attività laboratoriale relativa all'uso delle fonti per le prime classi della scuola primaria ma anticipabile agli anni della scuola dell'infanzia e replicabile con ulteriori articolazioni anche negli anni successivi] Nei libri di testo la sezione di storia è introdotta da una classificazione delle fonti: prima ti spiego il principio generale, poi te lo faccio applicare. Ma i bambini solo dopo avere operato con le fonti più varie possono apprestarsi a riflettere sulla loro natura e a comprendere la classificazione tipologica quindi ogni riflessione e classificazione delle fonti deve seguire il loro concreto utilizzo nell'ambito delle esperienze laboratoriali. Caccia a tesoro, prima elementare. Lo scopo è allestire una situazione di caccia al tesoro in cui i bambini possano trovare oggetti da interpretare nel loro contenuto di passato. Il tesoro sono oggetti di qualsiasi tipologia, semplici, la cui fenomenologia d'uso o di vita sia approssimativamente conosciuta dai bambini (es. Una matita rotta, uno stuzzicadenti, un pezzo di giocattolo rotto…). La scelta degli oggetti-traccia va fatta dagli insegnanti. Anche il campo di ricerca va allestito dagli insegnanti; per mantenere il carattere di avventura e di scoperta conviene spargere gli oggetti in una porzione limitata di giardino ed è possibile anche equipaggiare i bambini con strumenti adatti a incoraggiarne lo spirito avventuroso indagatore (es. lente d'ingrandimento, guanti di lattice, sacchettino per la raccolta). La seconda fase si svolge in classe: i gruppi si riuniscono era turno presentano alla classe gli oggetti trovati provando a descriverli, incollandoli su grandi schede di cartone, in modo che in seguito gli oggetti possono essere conservati ripresi quando occorre. L'insegnante può aiutare formulando quesiti mentre avviene la presentazione dell'oggetto; se il gioco viene ripetuto, possono essere gli stessi alunni a preparare griglie per standardizzare questa prima schedatura dell'oggetto. Fase di trasformazione delle tracce in fonti. il primo obiettivo è far comprendere che quell'oggetto ci può suggerire le ipotesi sul suo passato che possono essere sia reali che fantastiche. L'indicazione è lavorare ancora gruppi, scegliendo una delle tracce dallo schedario e preparando due brevi ipotesi sul passato che suggerisce, una realistica, l'altra fantastica (es. Lo stecchino può essere o lo stecchino di un gelato e si ipotizza su che tipo di gelato fosse e perché si trovi lì; oppure può essere il ponte di un villaggio di mini-esseri viventi…). L'elaborazione di un disegno e il racconto orale come restituzione pubblica a tutta la classe sono pratiche importanti per fissare il proprio lavoro di interpretazione e di invenzione e per far funzionare le idee degli uni come matrici ed esempio per gli altri. Il pensare storicamente è un modo di guardare la realtà; quindi, è nella riproposizione del gioco che si può verificare se l'atteggiamento diviene progressivamente abitudine. Riproporlo significa mutare gli stimoli, ma anche l'occasione per costituire un archivio del giardino, uno schedario che si arricchisca di oggetti e di interpretazioni nel tempo. Lo schedario, quindi, rimane attivo e in costante evoluzione, le fonti vengono rianalizzate e reinterpretato saltuariamente e dato che cambiano gli interessi degli allievi e quindi gli sguardi che proiettano sulle cose, aumentano l'esperienza e le conoscenze, mutano anche le domande che si porgono alle fonti. Si può riproporre le attività anche negli anni successivi elevando gli obiettivi e la densità di informazioni presenti nelle fonti. Già in seconda si può far scrivere le inferenze e le ipotesi e incollarle o allegarle alle schede di cartone. Nelle classi più alte si possono sperimentare attività collegate ai temi di 31 storia antica: si possono invitare i ragazzi a costruire fonti inventate ma storicamente coerenti che possano giustificare le affermazioni dei paragrafi del sussidiario di storia che stanno studiando. Una variante prevede di concentrare l'attenzione sulla vita degli oggetti prima del loro smarrimento in giardino, svelandone la biografia e la genealogia (es. Cos'erano stecchino prima di essere il sostegno di un gelato?). Giocare in questo modo aiuta a ricomporre la complessità della storia e le molteplici dimensioni che vi sono sottese; inoltre suggerisce che ogni ricerca storica deve focalizzare un tema e individuare dei confini, in modo da muoversi e dispiegare la ricerca delle causalità e della relazione all'interno di questo campo prescelto, poiché in caso contrario si perderebbe in un groviglio infinito. L'insegnante deve fare attenzione affinché la catena delle biografie genealogia degli oggetti non lasci mai passare inosservato la storia delle donne degli uomini che stanno dietro a quegli oggetti e le pratiche sociali in cui si inserivano. 8.2.2. L’antico Egitto: la ricostruzione di un quadro storico sociale [propone un'attività di base della cosiddetta storia generale, destinata alla classe quarta] Proponiamo la conoscenza dell'antico Egitto nella successione adottata dalla gran parte dei manuali, mostrando questo percorso come una delle matrici che è possibile seguire anche per gli altri nuclei della “storia generale”. Il primo passo consiste nel situare nello spazio e nel tempo gli uomini le donne di cui andremo a studiare il passato. È fondamentale disporre di ausili che aiutino a vivere queste dislocazioni. La striscia del tempo prende forma attraverso la raccolta di immagini e rappresentazioni del passato. In questa fase è utile staccare la striscia così prodotta dell'aula e permettere ai bambini di andarci sopra, spostandosi in avanti e indietro nel tempo. Anche il planisfero permette azioni analoghe: trovare l'Egitto, andarci sopra, constatare la distanza dall'Italia, dal mare, dagli altri luoghi conosciuti. Il secondo passo consiste nel prendere contatto con l'Egitto di oggi come vivono. È importante scoprire con video e immagini gli aspetti antropici e naturali che caratterizzano quei territori. Soffermarsi sui caratteri moderni dell'urbanizzazione e delle campagne, sulle immagini in cui le presenze archeologiche sono riprodotte all'interno di un contesto contemporaneo, richiamando la stessa convivenza di reperti antichi in un contesto contemporaneo relativa ad altri luoghi ad esempio Roma. Uno degli ostacoli della comprensione dei popoli e la loro modellizzazione esotica che se possibile va evitata. Come terzo passo, poiché l'elemento cruciale dello sviluppo della civiltà egizia è il Nilo con il suo regime di piene, occorre spiegare come ciò avveniva in maniera concreta: attraverso bottigliette di acqua e terra che agitate simulino l'acqua del fiume in piena, mentre lasciate riposare mostrino come quei detriti sedimentano nei luoghi ove è avvenuta l'inondazione. La stessa piena annuale può essere provata con un innaffiatoio su una collinetta, aumentando il flusso dell'acqua fino a farla uscire dagli argini. Poiché questo è il fenomeno che ha reso coltivabili terreni sulle rive del Nilo è importante che i bambini lo conoscano bene, sporcandosi le mani in questo fango che nel sussidiario troveranno citato come Limo. A questo punto ci si può immergere nell’Egitto antico costruendo una prima versione del quadro storico sociale o di civiltà (descrizione integrata delle diverse dimensioni sociali, economiche e culturali che caratterizzano una popolazione in un periodo della sua esistenza). Il quadro può essere semplice e schematico: dove, quando, cosa si mangia, da dove arrivano gli alimenti, chi li produce; quale idea di divinità è presente e come condiziona la vita quotidiana; come sono ripartiti il potere e la ricchezza e quali gruppi sociali possiamo individuare. Oppure puoi includere categorie che permettano di entrare più nel dettaglio: i trasporti, i commerci, gli eserciti. L'uso di tabelle semplici aiuta a rendere evidente la cornice al cui interno se andranno a estrarre i temi che si sceglierà di approfondire durante la didattica, le uscite, le occasioni di studio che si presenteranno. Studiare un popolo partendo da un quadro di questo tipo significa anche escludere la conoscenza delle trasformazioni intervenute nel tempo. Ma è solamente quando si comincia ad avere un'idea abbastanza strutturata di una società che si può intraprendere un percorso di conoscenza dei cambiamenti interni avvenuti nel tempo. È conveniente lavorare a gruppi: ad ogni gruppo viene affidato un indicatore e con la lettura dei brani dovrà scegliere i contenuti da trascrivere le immagini da riprodurre nello schema generale. Il lavoro di sintesi va sostenuto dall'insegnante. La stessa attività può prendere una forma più aperta con il poster. Costruire un poster di questo quadro storico sociale aiuta a vedere in una unità gli aspetti che progressivamente vengono appresi, compresi e memorizzati. Il poster diventa la mappa concettuale della civiltà tematizzata che consente di porre in evidenza le connessioni. A questo punto si può entrare più propriamente nel laboratorio dello storico, scegliendo uno dei temi abbozzati su cui si possa disporre di una serie di fonti utilizzabili dai bambini, e iniziare il lavoro a gruppi di interpretazione. È consigliabile usare dapprima le fonti iconografiche. La loro decodificazione richiede sicuramente un apprendistato alla lettura visiva che va fatto nel tempo anche al di fuori dell'uso storiografico. Il mezzo cruciale da utilizzare in queste azioni e sempre la discussione in piccoli gruppi e poi con la classe intera. A questo punto si può passare alle fonti scritte di cui va comunicato ai bambini d'autore e la finalità poiché ciò risulta particolarmente importante per la loro interpretazione. Incaricare i gruppi di bambini di discutere fonti di questa tipologia significa porre di fronte a problemi di diversa natura e complessità. Le fonti vanno lette a due livelli: al primo livello si traggono le informazioni esplicite, al secondo livello ci si deve porre nei panni di chi ha prodotto il documento e ci si interroga sulla sua funzione. Avviarsi a comprendere la prospettiva da cui sono prodotti i documenti significa cercare di mettersi nei panni di chi li ha prodotti, porsi il problema dell'intenzionalità. 32 Lavorare a gruppi in questo modo, permette di produrre e poi di mettere a confronto documenti diversi, ma scritti da soggetti diversi e con diverse finalità. Un ultimo accenno ai musei e al grande patrimonio di risorse che conservano ed espongono. Il caso dell’Egitto è emblematico perché non esiste in Italia una città che non abbia qualche reperto egiziano nella sua raccolta. Questa ricchezza non può essere ignorata ed è importante che durante gli anni della scuola primaria si impari ad apprezzarla. Importante per gli insegnanti avere abbastanza chiara la composizione generale delle collezioni per pensare a un collegamento della visita al museo con il percorso preparato in classe. Il consiglio è di programmare la visita dopo una prima parte di studio generale, preparando i bambini a scoprire una storia di reperti che si possono collocare nel percorso già computo in classe. La visita diventa l'occasione per vedere dal vero la materialità di oggetti, nonché occasione per riflettere sulla ragione di una tale ricchezza di testimonianze qui in Italia. 8.2.3. Per una memoria che non dimentica la storia [è un percorso di conoscenza di una ricorrenza civile importante, cercando di suggerirne una declinazione anche storica] La verticalizzazione del curriculo di storia ha fatto sì che venissero tolte alcune tematiche dalla scuola primaria perché svolte negli anni successivi. Per affrontare questa situazione si può pensare di giocare uno spazio autonomo alla storia recente, trasformando i momenti di didattica le ricorrenze che il calendario civile propone. Trasformando queste riflessioni e proposte didattiche, si può si può fin dalla terza, creare una linea del tempo dedicata al 900 dove i bambini possono visualizzare le rappresentazioni di loro stessi e dei loro familiari insegnanti, incrociando questi dati con alcuni fatti storici periodizzanti. È utile far scaturire la scelta di questi eventi da una discussione con la regia dell'insegnante che faccia emergere gli avvenimenti storici che molti bambini già conoscono e che poi aiuti a collocarli nella corretta relazione temporale. Questa linea del tempo non ha bisogno di unità di misure precise e le immagini possono dare sostanze iconografica ai titoli aggiungendo caratteristiche concrete. In questo modo la linea diventa una cartografia del tempo cui fare riferimento man mano che i temi della storia recente affiorano nelle discussioni all'interno della classe o quando una ricorrenza chiama la classe a un approfondimento. Si tratta di una mappa da riempire nel corso degli anni e alla quale appoggiarsi quando si cerca di ricostruire il retroterra storici degli avvenimenti degli ultimi 120 anni. Alessandro Portelli ha curato un volume, calendario civile, in cui viene presentato una serie di dati importanti per la memoria laica, popolare e democratica degli italiani. Per ognuna di queste date affidata a un esperto la stesura di un riassunto commentato e la presentazione di una testimonianza. Queste pagine possono essere un utile repertorio per trasformare la memoria in occasione per un'educazione civica fondata sulla storia contemporanea (es. 3 ottobre 2016 giornata in memoria delle vittime dell'immigrazione). 9. Geostoria. Studiare lo spazio e il tempo 9.1. Storia di una parola Geostoria: disciplina che studia l'evoluzione delle caratteristiche di un territorio in relazione alla storia delle popolazioni che lo hanno abitato. Fernand Braudel nel suo libro, storia, misura del mondo, inventò la parola geostoria. La geostoria è la storia che l'ambiente impone agli uomini condizionandoli con le sue costanti ma è anche la storia dell'uomo alle prese con il suo spazio. La geostoria è lo studio di una duplice relazione che va dalla natura all'uomo e dall'uomo alla natura. Paul Vidal de la Blache afferma che la storia di un popolo è inseparabile dalla contrada in cui esso abita. La storiografia della prima metà del 900 si era posta un duplice obiettivo: la geografia umana e la geostoria. L'oggetto della geografia umana avrebbe dovuto essere lo studio della società attraverso lo spazio. Il termine geostoria nacque come approccio metodologico che permettesse di analizzare e dare conto dei fattori fisici e biologici che plasmano la vita sociale, culturale, economica e che consentono di problematizzarla e di spiegarla in modo più ampio e complesso. La ricerca di Braudel appare articolarsi intorno a tre parole cruciali: modello, struttura e durata. Egli introdusse un nuovo approccio della periodizzazione storica suggerendo una “storia quasi immobile” che riguarda le relazioni tra l'uomo e l'ambiente; “storia lievemente più mossa”, ovvero la storia sociale e, infine, la “storia degli avvenimenti”, quella dell'agitazione di superficie, degli eventi politici e bellici. Braudel teorizzava l'esistenza di due geostorie: una degli uomini, l'altra della natura. Come ha fatto notare Ivo Mattozzi, la geostoria assumeva la sfumatura di un concetto basato su 5 capisaldi: storia profonda, conoscenze significative e utilizzabili per comprendere il mondo, importanza della descrizione, importanza dei fattori geografici nella spiegazione storica, complicità fra storia e geografia. Lo studio del ruolo della società nella costruzione del paesaggio è sollecitato 35 itinerari: strade romane, itinerari di pellegrinaggio, strade di collegamento tra i luoghi di fiere e commerci, luoghi del Grand tour, rete delle autostrade. Attività 4: popolamento e dati quantitativi Ricostruire la distribuzione diacronica degli insediamenti in rapporto alla totalità dei loci censiti. Osservando le tabelle proposte, accosta i dati dello stesso periodo, richiamandoli in modo sintetico. Prova a esplicitare oralmente i possibili collegamenti fra contesto politico-sociale e curva degli insediamenti. Rifletti sul presente La diminuzione dei centri urbani un indicatore attendibile per descrivere l'entità della trasformazione avvenuta nel passaggio dalla tarda antichità all'alto medioevo. Quali potrebbero essere gli indicatori utili a descrivere i caratteri e a rilevare i problemi ecologici ambientali del paesaggio contemporaneo? L'età dei boschi Le foreste cominciarono nuovamente a espandersi, forse anche per i cambiamenti del clima. Crebbe la loro importanza nell'economia: nei boschi si praticava l'allevamento; si cacciavano gli animali selvatici; si raccoglievano i frutti spontanei; si ricavava il legname. Parallelamente diminuirono le estensioni di campi a coltivo. L'abbandono delle terre coltivate e la crescita dell'incolto furono una delle conseguenze del declino demografico non imputabile però alla scarsità di cibo. Attività 5: il paesaggio altomedievale. La parola agli storici Dopo aver letto i brani di due storici, riflettere sui testi dando il titolo e facendo un suo riassunto al primo e rispondendo alle domande relative al secondo. Rifletti sul presente I boschi di pianura esistono ancora? Ricostruisci la loro persistenza nel paesaggio attuale. Procedi a mappare e georeferenziare la situazione generale in Italia. 9.4.3. Lo sfruttamento economico dell’incolto Le parole di Massimo Montanari ci fanno comprendere come gli spazi incolti non fossero giudicati inutili dagli uomini dell'epoca. Per descrivere questa attività svolte dagli uomini gli storici hanno coniato l'espressione economia agro-silvo-pastorale. Leggi con attenzione le due fonti proposte. Si tratta di un testo legislativo di età longobarda, il famoso editto di re Rotari e di un inventario altomedievale. Sottolinea dei brani sono le parti che ti sembrano maggiormente significative per comprendere l'importanza dello sfruttamento dell’incolto nell'economia altomedievale. Costruisci un glossario per i termini più desueti. Infine, elabora oralmente alcune considerazioni conclusive su ciò che hai appreso. Attività 7: boschi e paludi nelle fonti narrative Per esemplificare ulteriormente l'importanza della selva nel paesaggio si può proporre in classe anche l'analisi guidata di alcune fonti di carattere narrativo. Può servire allo scopo anche una selezione di brani dalla vita sancti Columbani, che mostra l'importanza del bosco nella vita dei monasteri. Allo stesso modo è utile costruire un dossier di brani selezionati dalla regola di San Benedetto. Molte delle attività di caccia raccolta e numerosi aspetti dell'economia altomedievale sono rappresentati anche nelle immagini dell'epoca, che possono essere utilizzate come fonti. La fonte iconografica presente un'attrattiva didattica immediata e una minore difficoltà di approccio. Attività 8: il lavoro dell'uomo nei cicli dei mesi I cosiddetti cicli dei mesi, ossia la rappresentazione del calendario annuale, mediante scene a tema agricolo, costituiscono una fonte iconografica. Soltanto a partire dall'alto medioevo alla rappresentazione allegorica delle quattro stagioni si sostituirono i 12 mesi dell'anno, con le relative attività agricole. Il tema ebbe grande successo nell'arte europea per tutto il periodo tardo medievale. Si propongono alla classe alcuni cicli dei mesi prodotti tra il IX e il XIII sec: si tratta di una miniatura di ambiente carolingio. Altri cicli dei mesi potrebbero servire altrettanto bene allo scopo. Gli alunni sono divisi in quattro gruppi, a ciascuno dei quali sono assegnate le riproduzioni degli stessi tre mesi in ciascuna dei quattro cicli e una scheda di osservazione per ogni immagine. Si osservino i gesti, le attrezzature, le attività rappresentate e si cerchi di individuare quale mese intende rappresentare l'artista. Si compili la tabella indicando per ogni figura l'attività, l'ambiente in cui è svolta e un'ipotesi ragionata circa il mese rappresentato. In un secondo tempo si proceda a un primo confronto con le ipotesi degli altri gruppi. 9.4.4 Il sistema curtense e il paesaggio Fra il VII e VIII secolo nacque una domanda economica diversa da quella dell'antichità, scaturita dai medi e grandi proprietari fondiari. In età carolingia cominciò a diffondersi la Curtis caratterizzata dal legame organico fra parte dominica e parte massaricia attraverso le prestazioni d'opera dei contadini sul dominico. Gli studi più recenti dimostrano che la Curtis attecchì solo in alcune aree di Europa e anche laddove era più diffusa costituiva solo una delle forme di gestione della terra. Esistevano Curtes piccolissime; alcune si presentavano come un complesso policentrico di più curtes. Pierre Toubert hai individuato tre tipologie di curtes nel territorio italico: quelle dedicate alla produzione di cereali, diffuse in area padana; quelle a vocazione specialistica; quelle pioniere, caratterizzate da ampie zone incolte, sfruttate attraverso attività silvo-pastorali. Fra la messe di documentazioni utile per descrivere il sistema curtense si è scelto di proporre un patto agrario del 784 punto il documento è accompagnato da una griglia di analisi composta da più voci, con la quale è possibile ricavare gli elementi principali. Attività 9: la Curtis nei contratti di livello Individua e sottolinea nel documento con colori diversi i seguenti elementi: località dove si trova la terra, proprietario del terreno, lavoratore, bene concesso, durata del contratto, affitto, donativi, obblighi di lavoro, investimenti del proprietario. Quale immagine del paesaggio agrario dell'VIII secolo è possibile ricostruire attraverso il dettato del documento? Quali sono i punti del documento che ritieni significativi a questo proposito e perché? Scrivi un breve testo su questi aspetti. 36 Rifletti sul presente Chi lavora oggi nelle campagne italiane? Conosci la parola caporalato? Fai una ricerca in rete per ricostruire le caratteristiche del fenomeno, la sua diffusione storica e geografica, le azioni di contrasto attivati sino alla promulgazione della legge sul caporalato in Italia. Stendi un breve testo a carattere informativo-argomentativo. 9.4.5. Fra coste, fiumi e paludi: i commerci nell’alto Medioevo Nessuno pensa più a regolamentare il corso dei fiumi, che nella pianura si ramificavano ed esondavano, formando ampie paludi nella pianura padana. Nei secoli dell'alto medioevo la statura principale delle vie di comunicazione nella zona padana restò la stessa tracciata e utilizzata in epoca romana: la via Emilia per il traffico terrestre e il Po per il traffico fluviale. Il Po costituiva la principale arteria del Regno longobardo e, più tardi, del Regno d'Italia. Oltre che per la pesca, le zone lacustri di pianura furono ampiamente utilizzate anche come vie di comunicazione per lo spostamento di persone e merci. Attività 10: vie d'acqua e scambi. Una pagina di storiografia Leggi il brano tratto da un famoso saggio di Cinzio Violante, dedicato all'analisi delle trasformazioni economiche dei secoli IX-X e al contemporaneo sviluppo dei ceti cittadini nell’Italia centro-settentrionale. Sulla base di quanto hai imparato elabora un test con domande a risposta chiusa per verificare la comprensione del brano da parte di un ipotetico lettore. Gli studi di Cinzio Violante hanno messo in evidenza come alcune forme di commercio fossero attive In Italia anche in età longobarda. I grandi proprietari producevano nelle loro aziende agrarie prodotti in eccedenza, che entravano ben presto nella circolazione degli scambi. La precoce vitalità commerciale della valle padana fa ritenere che anche l'affermazione del sistema curtense abbia contribuito alla ripresa economica di queste zone. Rifletti sul presente In quali luoghi d’Europa le vie d'acqua sono ancora una rete di comunicazione utilizzate in epoca contemporanea? 9.4.6. Castelli e incastellamento A partire dal X secolo, re e principi avevano difficoltà crescenti nel governo del territorio. Conti, Marchesi, vescovi, abati, e in genere grandi proprietari acquistavano maggiore autonomia. Conseguenza visibile nel paesaggio di questi scontri per il potere fu la nascita dei castelli, che i potenti si costruivano per difendersi dai signori vicini e per affermare il loro predominio su un territorio. Attività 11: castelli e signori. Lavorare con numeri e tabelle Nella tabella qui proposta sono riportati il numero delle fortificazioni di nuova costruzione fra il IX e l’XI sec, e il numero delle invasioni ungare subite da questo territorio nel medesimo arco cronologico. Rifletti su dati contenuti nella tabella e decidi se ciascuna delle affermazioni che seguono è vera o falsa; avvia qualche riflessione utilizzando la categoria cognitiva di causa-effetto. Componi poi un breve testo in cui tenti di ricostruire la posizione storiografica di Settia sulle cause dell'incastellamento. Il processo di incastellamento In Italia subì una rapida accelerazione in seguito alle incursioni ungare. Esso però era già iniziato prima che il pericolo delle incursioni si manifestasse in tutta la sua gravità e proseguì dopo che quel pericolo era già ampiamente cessato. Nl corso del X sec si avvia dunque un cambiamento fondamentale nel paesaggio rurale italiano, che è dominato da borghi fortificati di origine medievale. I primi castelli erano solitamente strutture molto semplici. I castelli visibili oggi sono in gran parte costruzioni più recenti ed elaborate. Rifletti sul presente Il castello è stato spesso ripensato e modificato dall'immaginario collettivo soprattutto tra 800 e 900, quando sei diffusa la moda del revival medievale. Cerca nel territorio in cui vivi una costruzione neomedievale e schedane la storia e le caratteristiche più salienti. 9.4.7. Sviluppo tecnologico, crescita demografica e mutamenti nel paesaggio La crescita demografica nell’Europa medievale inizia almeno dal secolo VIII e dura fino a tutto il XIII. All'inizio l'aumento è lento, ma a partire dal secolo XI diventa più rapido ed evidente. Una conseguenza dell'aumento demografico e l'espandersi di superfici coltivate su aree prima ricoperte da pascoli, boschi e paludi. Per nutrire una popolazione in aumento, la produzione agricola deve aumentare; una più abbondante produzione di cibo favorisce l'aumento della popolazione. Anche gli strumenti le tecniche agricole migliorano. Si sfrutta meglio la forza dei cavalli e si diffonde la rotazione triennale: i campi vengono divisi in tre parti anziché due: la prima è coltivata a cereali, la seconda a legumi, la terza è lasciata a prato: i terreni si impoveriscono più lentamente perché i legumi rilasciano nel terreno sostanze molto utili per i cereali. Un importante cambiamento nel lavoro è lo sfruttamento della forza dell'acqua e del vento. Si moltiplicano i mulini ad acqua sui fiumi e sui canali. Dal XII secolo si diffondono anche i mulini a vento. Attività 12: le tecniche agricole fra X e XI secolo nelle fonti iconografiche Costruisci un dossier iconografico che rappresenti le novità delle tecniche agricole nell'agricoltura medievale. Rifletti sul presente Il mondo rurale il lavoro contadino in Italia e in Europa sono cambiati dagli anni 60 in poi. Approfondisci il tema della meccanizzazione agricola e rifletti sulle conseguenze che ciò ha impresso sul lavoro dell'uomo e sull'intero settore primario dell'economia. 10. Le fonti letterarie 10.1. Introduzione George Duby ha scritto come provocazione che la storia è un genere letterario, una forma di racconto in cui lo storico narra vicende vere, in seguito a un'opera di raccolta di informazioni tratte dalle fonti più diverse. 37 L'epos e poi il romanzo sono stati per secoli forme di rappresentazione del passato attraverso cui le comunità hanno elaborato le fattezze della propria identità spirituale. La narrazione storica ha per obiettivo la verità mentre quella letteraria non esige autenticità; eppure, tendono a comunicare tra loro. La narrazione è uno dei mezzi attraverso cui diamo forma alla memoria e ai fatti del passato, disponendoli in una successione temporale coerente. A ciò si aggiunga come il termine storia tenda essere collegato alla funzione del raccontare. La dimensione narrativa nel suo duplice aspetto di scrittura e lettura sembra essere una valida alleata nell'avvicinare gli studenti alla materia, favorendone un coinvolgimento più immediato e diretto. La storia è qualcosa che si conosce per sentito dire, attraverso social, web, cinema senza che se ne sia sviluppata una comprensione autentica. Si tratta di un'esposizione a stimoli che rende difficile distinguere il piano reale da quello immaginario. Assunto che la storia non vada identificata con la finzione occorre che l'impiego delle due dimensioni – storica e letteraria – sia gestito con accuratezza. 10.2. Alcune coordinate per un utilizzo della narrativa come fonte storica Un approccio laboratoriale che si avvalga delle fonti letterarie permette di mostrare punti di vista diversi relativi a un fatto storico, di fare riflettere gli studenti su come le tracce del passato vadano trattate e di veicolare l'idea che l'interpretazione del messaggio non sia univoca. Mediante la narrativa è possibile costruire, distruggere e ricostruire. La finzione letteraria crea mondi possibili ma estrapolati all'interno di quello che conosciamo. La narrativa va considerata come uno strumento per avvicinare gli studenti alla storia in quanto conoscenza razionale del passato, indagata secondo metodi e tecniche storiografiche, senza che l'elemento passionale si sovrapponga al fatto e trasformi la narrazione in un indistinto storytelling. Maurizio Gusso ha spiegato come i testi letterari possano trovare in ambito didattico tre possibili usi: uno di tipo soggettivo-proiettivo-esistenziale, ossia la narrativa come stimolo per catturare l'attenzione, fare emergere conoscenze e rappresentazioni pregresse; uno illustrativo, che motivi o confermi informazioni ricavate da altre fonti; uno parzialmente illustrativo e almeno in parte documentario, laddove il testo funga da fonte storica. Chiaro è come il docente che si avvale della narrativa per l'insegnamento della storia debba muoversi seguendo alcune coordinate che lo aiutino a maneggiare meglio gli strumenti. Va ricordato come la testimonianza che il testo letterario fornisce sia indiretta e filtrata dall'intento comunicativo dell'autore; è da considerare come la narrativa obbedisca delle regole stilistiche proprie che può porla in conflitto con l'esigenza di autenticità della storia. Occorre non perdere di vista il rapporto tra verità e finzione di cui la stessa si nutre, provvedendo a distinguere tra un piano narrativo e uno storico-informativo, senza tralasciare l'analisi del messaggio in esso contenuto. È importante offrire agli alunni un quadro del contesto in cui si inserisce l'opera e che fornisca notizie relative all'autore, favorendo un approccio al testo interdisciplinare e permetta di intrecciare dimensione storica, linguistico-comunicativa ed estetico-letteraria. Potrebbe essere anche utile ricostruire le vicende relative alla ricezione del testo; allo stesso modo il processo stesso di diffusione può essere considerato una macro-fonte storico-sociale di rilievo. Vale la pena di considerare il successo o, al contrario, il fallimento di un testo per individuare i gusti o ideologie dominanti in un dato contesto. Se l'intento è quello di coinvolgere chi sia davanti è necessario che l'insegnante attivi i meccanismi creativi che veicolino il ragionamento su cui è costruita la spiegazione, affinché questo possa essere trasferiti e facilmente compreso da chi ascolta che sarà messo in grado di poter rielaborare quanto ha sentito e visto, dando avvio a un processo di apprendimento. 10.3. Narrativa e Resistenza: due proposte di lavoro I due progetti sono parte dell'offerta didattica dell'Istituto Storico Toscano della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Firenze. La resistenza è un argomento efficace per ripensare in modo critico al rapporto storia-fiction. Tale esperienza è stato oggetto di riflessione da parte di intellettuali, registi e scrittori risultando 40 si condensi in essa la memoria di un popolo di una comunità. I luoghi della memoria intesi in senso fisico si prestano bene alle esigenze di una didattica che intenda uscire dalle aule scolastiche per stabilire contatti col territorio. Tra le attività che un laboratorio di storia propone, crediamo non possa mancare la visita a un luogo della memoria. Quando si parla di luogo fisico della memoria, si fa riferimento a un comune sentire europeo che rinvia principalmente a luoghi che sono stati teatro di eventi legati alla Seconda guerra mondiale e che in anni recenti si sono dotati di strutture didattico-educative di vario genere; la metodologia fornisce spunti anche per l'organizzazione di laboratori in luoghi significativi di altri periodi ed eventi storici. Un percorso didattico che preveda la visita a un luogo della memoria si può collocare all'interno di una programmazione disciplinare di storia ma anche di cittadinanza e costituzione; nel primo caso si tratterà di porre l'accento sul luogo come fonte storica impostando un lavoro che colleghi l'evento locale a un contesto più generale, mentre nel secondo si dovrà insistere sulla dimensione esperienziale del luogo come contenitore di memorie. Attraversare un luogo ha senso se innesca processi di riflessione e approfondimento che riguardano il presente e le sue dinamiche, al fine di rafforzare un atteggiamento responsabile di fronte alle sfide che la realtà contemporanea ci pone. La progettazione di un percorso (ricostruire il passato attraverso la riscoperta delle tracce che si possono riconoscere nel presente e di ripercorrerle a ritroso, con la consapevolezza che i paesaggi umani sono da riscoprire attraverso una sorta di approfondimento che faccia emergere le stratificazioni successive) attraverso il luogo è un buon modo per misurarsi con quei luoghi rappresentati da alcune ricorrenze, le giornate della memoria, facendone occasioni di apprendimento e di formazione. Un'attività didattica di questo tipo si può considerare ben progettata soltanto qualora riesca a tenere uniti il rigore storiografico e il coinvolgimento attivo degli studenti in quanto soggettività che si mette in gioco. Non si intende trasformare gli studenti in testimoni di ciò che non hanno vissuto ma di chiedere che quel passato sia condiviso. Si tratta anche di portare gli allievi a comprendere quanto labile sia la linea che separa la strada che conduce a diventare carnefici da quella che porta al rifiuto di collaborare con regimi criminali. La nozione di luogo della memoria è problematica; possiamo distinguere diverse tipologie: 1. il luogo-evento, ossia il luogo autentico dell'accadimento; 2. il luogo-rappresentazioni, cioè il monumento; 3. il luogo-raccolta di materiali o museo di Storia. Il primo è quello che possiamo considerare il luogo della memoria in senso stretto, mentre gli altri rappresentano piuttosto luoghi per la memoria. L'ultimo ambisce ad essere luogo per la storia e per la didattica. Questa tipologia presenta peculiarità tali da richiedere una trattazione specifica. Per l'interpretazione di un determinato luogo c'è un segno di memoria col quale dobbiamo misurarci. Un luogo di memoria può rappresentare un ponte tra presente e passato ed è questa sua caratteristica che ne rende significativa l'assunzione nella pratica didattica; è vero che i luoghi sono di per sé testimoni muti ma devono assumere un significato per chi li esperisce. 11.2. La decostruzione del luogo Un luogo va affrontato come fonte di memoria e va sottoposto a critica. Nessun luogo si può considerare intatto; lo stato in cui lo si trova non è più quello originario, ma è frutto di scelte. I luoghi che ospitano molti monumenti possono essere letti secondo la chiave dell'incrocio di memorie, che se ne contendono lo spazio: una memoria ufficiale contrapposta alla memoria della comunità locale oppure la rappresentazione di diverse fasi della memoria pubblica. Quest'ultimo caso offre ricchezza dal punto di vista didattico educativo ma alcuni paesi sembrano voler mettere nuove esposizioni accanto a quelle vecchie, altri invece sostituiscono quelle vecchie e usurate con quelle nuove (e pertanto diverse) ritenute più fruibili a livello didattico. Sono questi i casi in cui appare che tra storia e memoria va mantenuta una distinzione. L'esigenza di tenere concettualmente distinte le due istanze si fa cogente quando si ricorre a un testimone, che va sottoposto alla medesima critica cui lo storico sottopone ogni fonte orale. Perché la memoria di cui il testimone è portatore tende a singolarizzare la storia, mentre l'operazione da fare è l'esatto contrario: l'insegnante deve inserire quelle esperienze individuali in un contesto più 41 ampio. Di fronte a ogni testimonianza occorre trasmettere la consapevolezza che si tratta di qualcosa di costruito nel tempo, che perciò ha spesso più a che vedere con l'oggi, cioè con la cultura politica e i paradigmi storiografici della società in cui il testimone vive, piuttosto che con l'evento passato di cui parla. Le fonti della memoria, il nuovo il testimone sono di estrema utilità qualora si vuole ragionare dell'odierno uso pubblico della storia, un tema capace di stimolare riflessioni significative negli studenti la cui attenzione è risvegliata da ciò che è loro più vicino; affrontare in chiave critica al racconto di un testimone è una strada per rafforzare la motivazione allo studio del passato e per far comprendere i meccanismi che presiedono all'elaborazione della memoria collettiva e del racconto dello storico. 11.3. La mediazione dell’insegnante La mediazione dell'insegnante assume un ruolo centrale in quanto deve lavorare sull’intreccio di tre poli distinti: - il contesto: il tempo e la storia che il luogo ricorda o celebra - il momento: il tempo o la cultura che lo hanno prodotto - il presente del visitatore Un luogo è segnato da un evento particolare ma anche un prima e un dopo che non devono essere trascurati; è bene cercare di realizzare un percorso di continuità che evidenzi la legittimità dell'intervento nel presente. La visita al luogo si deve configurare come esperienza. Occorre perciò trovare il modo di colmare la distanza tra il luogo e il fruitore. Crediamo sia importante che prima della visita vada restituito il contesto dell'evento che segna il luogo, mentre il racconto fondato dell'evento può avvenire durante o dopo la visita. La visita a un luogo della memoria non deve essere condotta da testimoni; essi si utilizzati come guide tendono a travalicare il proprio ruolo e ad assumere quello di storici. Il testimone è spesso molto efficace nel contribuire all'immedesimazione del visitatore nella vicenda narrata, ma si deve limitare a narrare ciò che realmente ha vissuto, ciò a cui effettivamente ha assistito. Contesto racconto possono essere integrati dalla presentazione di varie tipologie di fonti e strumenti, attraverso cui mettere a confronto il presente e il passato. Nel pianificare una visita è bene che ci sia un accordo tra insegnanti e operatori per evitare sorprese. Un'ultima raccomandazione: la visita un luogo richiede tempo e piccoli gruppi soprattutto se si tratta di attraversare quelli che Aleida Assmann chiama “luoghi del trauma”. 11.4. La progettazione della visita Anche la visita un luogo della memoria deve essere progettata con attenzione dall'insegnante. 11.4.1. Prerequisiti La visita un luogo ha senso si si inserisce in un discorso già avviato in classe. È importante che gli studenti conoscano il contesto in cui il luogo da visitare si inserisce, ma che non conoscano dettagliatamente l'evento di cui il luogo si è fatto memoria, né implicazioni che esso comporta. 11.4.2. Finalità e obiettivi Tre sono le finalità di una visita a un luogo, che possono essere declinate secondo i seguenti obiettivi. 1. prevenire l'abuso del passato: 1.1. cogliere il luogo e la narrazione storica dell'evento ad esso collegato come interpretazioni stratificate con cui misurarsi criticamente 42 1.2. decostruire miti storiografici e stereotipi 1.3. riconoscere la legittimità di opinioni differenti e confrontarle sul terreno scientifico 1.4. affrontare in maniera responsabile temi storici sensibili e controversi 1.5. Promuovere la riconciliazione, accogliendo tutte le interpretazioni e imparando a gestire dialetticamente il disaccordo 2. promuovere un approccio inclusivo allo studio del passato: 2.1. cogliere nel luogo una via d'accesso al passato 2.2. maturare la convinzione del nesso tra lo studio del passato e lo sviluppo di una coscienza civile e politica 2.3. acquisire consapevolezza della differenza e del conflitto tra etica e legalità 3. promuovere l'innovazione educativa: 3.1. promuovere una formazione basata su competenze, che includano componenti cognitive, funzionali, personali ed etiche 3.2. Contribuire allo sviluppo delle competenze chiave civiche e sociali e di quelle trasversali come il pensiero critico è la capacità di prendere decisioni 3.3. sviluppare fondamentali concetti storiografici e le abilità che consentono di pensare storicamente 3.4. Sviluppare l'abilità di comprendere e analizzare questioni ed eventi 3.5. utilizzare le strategie didattiche che accrescano gli apprendimenti indipendenti, la motivazione e l'impegno, incoraggino il senso di responsabilità, stimolino la comunicazione e la cooperazione, lo sviluppo di una mentalità aperta, di uno spirito indagatore, della capacità di pensare in modo indipendente e resistere alle manipolazioni. 11.4.3. Competenze 11.5. Un esempio di visita a un luogo della memoria: Monte Sole La scelta di Monte Sole - teatro del massacro noto come strage di Marzabotto del 1944 nell'appennino bolognese - dipende dal fatto che la metodologia illustrata è stata inizialmente lavorata proprio in riferimento a questo luogo. Quando, creato il parco storico di Monte sole si cominciò a pensare di collocare una scuola di pace, si formò un gruppo di lavoro coordinato da Nadia Baiesi e, nell'arco di una decina d'anni, sviluppammo un peculiare modello di visita. Tale modello è stato poi ulteriormente articolato e messo a punto dallo staff della scuola, che gli ha impresso una più spiccata curvatura di educazione alla pace. 11.5.1. L’evento Nell'area di Monte Sole, tra il 29 settembre è il 5 ottobre del 1944, trovarono la morte per mano delle SS e della Wermacht almeno 770 persone. La visita si può snodare lungo la zona del memoriale che comprende le rovine di tre borgate teatro di uccisioni di massa e evidenti segni di monumentalizzazione tra i quali spiccano le sculture di Luciano Nenzioni, ispirate a un'iconografia cristologica. 11.5.2. Il contesto storico Prima della visita, e indispensabile fornire le coordinate storiche essenziali: la caduta del fascismo, l'armistizio, l'occupazione tedesca e la lenta risalita del fronte, che nell'estate del 1944 si attesta sulla linea gotica vicino all'area che ci interessa. Sul posto ci si può soffermare su aspetti più specifici, come l'illustrazione della manovra di accerchiamento o dell'importanza strategica del luogo come cerniera nelle comunicazioni tra il nord e il sud della penisola. Si può poi avviare una riflessione sulla volontà di annientamento espressa dal massacro e inserirlo nel contesto della conduzione della guerra da parte della Germania nazista. 11.5.3. L’uso delle testimonianze
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved