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"Introduzione all'Archeologia" - Bandinelli - Appunti, Appunti di Archeologia

Appunti efficaci per lo studio dell'esame di Archeologia e storia dell'arte classica, con riferimento al libro "Introduzione all'Archeologia" di Bianchi-Bandinelli

Tipologia: Appunti

2018/2019

Caricato il 12/09/2019

Jojojovanna
Jojojovanna 🇮🇹

4.6

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24 documenti

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Scarica "Introduzione all'Archeologia" - Bandinelli - Appunti e più Appunti in PDF di Archeologia solo su Docsity! INTRODUZIONE ALL’ ARCHEOLOGIA I: PREMESSA L’archeologia per molto tempo non è esistita come disciplina autonoma. Il termine “archeologia” si trova nelle fonti antiche, ma con significato generico di notizie passate (Dionigi di Alicarnasso) e non nel senso moderno. Essa ha mutato volto negli ultimi cinquant’anni: • Archeologia Ottocentesca (fino alla I guerra mondiale) = Archeologia Filologica. • Periodo tra le due guerre = Archeologia Storico-artistica. • Dalla II guerra mondiale in poi = Archeologia Storica. Nel Rinascimento si ebbe una ricerca appassionata del mondo antico: i maggiori artisti si recavano a Roma per studiare i monumenti. Questa non è archeologia (aveva un valore attuale, non storico), ma può essere considerata il punto di partenza. Accanto ad esso sorge uno studio “antiquario”. Lo scopo degli antiquari era di interpretare i monumenti figurati e di ricostruire gli usi e i costumi degli antichi (studi fatti con poco senso critico, nessun metodo e molta fantasia). Questi studiosi eruditi si persero sempre di più in questioni secondarie, finirono per cercare nei monumenti una conferma a determinate ipotesi, cosi che ne nacquero dispute puramente accademiche. Il loro merito è solo di averci conservato nelle loro opere disegni e descrizioni di monumenti oggi scomparsi. Il Classicismo della fine del XVIII- inizi del XIX sec. segnò l’inizio dell’ archeologia. Nonostante l’idealizzazione dell’Antico, e il principio dell’imitazione dell’arte antica insito nel Neoclassicismo, questo periodo fu importante per le basi della conoscenza storica dell’antichità. II: WINCKELMANN La nascita dell’Archeologia può essere attribuita a Winckelmann, che venne a Roma nel 1755 dalla Prussia con una conoscenza molto vasta della letteratura antica. Cercò di costruire per la prima volta una vera storia dell’arte, col titolo “Storia delle arti del disegno presso gli antichi”. Oggi quest’opera è superata dal punto di vista scientifico, ma resta a Winckelmann il merito di aver trasportato lo studio dell’arte antica dalla mera erudizione verso concetti generali, che fossero di guida alla ricostruzione della cronologia dell’arte antica, alla comprensione dell’opera d’arte in se stessa. Il suo fine era soprattutto la ricerca di un’Estetica Assoluta (Basata sulla supposta perfezione delle opere antiche). La comprensione dell’opera d’arte comincia proprio attraverso la fissazione della cronologia. Al tempo di Winckelmann l’arte antica si presentava come un ammasso di sculture in un blocco unico senza prospettiva storica e distinzione tra i secoli della Grecia e di Roma. Il compito di stabilire una cronologia veniva anche complicato dal fatto che quasi tutte le opere greche che troviamo a Roma sono copie Neoattiche fatte per scopi commerciali. Il criterio dell’analisi stilistica ancora non esisteva. Fu proprio Winckelmann ad adottarlo per la prima volta, distinguendo quattro periodi: Stile Antico; Stile Sublime (o del periodo aureo, Fidia e successori V-IV secolo); Stile Bello (da Prassitele a Lisippo, ma anche opere del periodo Ellenistico); Periodo della Decadenza (Ultimo secolo a.C. e scultura romana). Per lungo tempo ha avuto valore la suddivisione winckelmanniana dell’arte antica in periodi collegati tra loro da una linea parabolica. L’immagine che si fece la critica dell’arte greca non corrispondeva affatto alla realtà (Es. I marmi del Partenone di Fidia da molti archeologi furono ritenuti rifacimenti di età romana, se non fosse stato per Canova che fece l’attribuzione). Ciononostante Winckelmann può giustamente considerarsi il padre dell’Archeologia intesa come storia dell’arte antica anche se con i dovuti limiti e le non del tutto positive influenze che ebbe. III: L’ ARCHEOLOGIA FILOLOGICA La Filologia era sorta nel periodo del tardo ellenismo; nel mondo moderno nasce quando Friedrich August Wolf, nel 1777, venne immatricolato, a 18 anni, sotto richiesta, all’università di Gottinga come studiosus philologiae e non come studiosus theologiae. Essa si affermò in Germania. Dal 1830 l archeologia divenne una scienza essenzialmente diretta dalle scuole tedesche tanto da portare la Germania a credere di essere l’erede diretta della civiltà della Grecia. Comincia così dopo il periodo del Winckelmann, il periodo dell’Archeologia Filologica. La quale per prima scoprì che Winckelmann non aveva mai visto originali greci, ma solo copie romane perché a Roma vi erano per la maggior parte copie romane di sculture antiche greche. Attraverso il metodo della critica dei testi si cerca di mettere d’accordo le varie fonti e si cerca di correggere i testi corrotti. Inizia il lavoro di Identificazione delle opere menzionate dalle fonti. L’indagine adesso avviene per uso sia dei testi antichi e sia delle copie romane, cercando di mettere d’accordo monumenti e fonti. La prima identificazione fu quella dell’Apoxyomenos di Lisippo. Questa identificazione insegno che il bronzo poteva venire copiato in marmo, anche se la statua in bronzo si regge anche fuori dal suo equilibrio statico, mentre quella in marmo esige dei puntelli d’appoggio. Il risultato deteriore fu quello di studiare più le copie di età romana che gli stessi originali che nello stesso tempo venivamo man mano alla luce tramite le grandi campagne di scavo. Inoltre studiando le copie romane si poteva stabilire l’iconografia (ovvero l’aspetto esteriore dell’originale greco, ma ciò non serve per studiare il linguaggio formale dei singoli artisti, che possiamo vedere solo negli originali). Con ciò non si vuole sminuire l’importanza dell’Archeologia Filologica: essa costituì una prima base di chiarimento e di ordinamento del materiale monumentale superstite, ma scadde quando diventò un mero gioco attribuzionistico, senza più il fine di concreta ricerca storica. Questi studi incentrati sulle copie romane perpetuarono una visione falsata dell’arte greca, una visione fredda, distaccata, non un rapporto vivo come quello che avevano Winckelmann e i suoi contemporanei. Anche noi dovremmo avere un rapporto vivo con l’arte (non nel senso di utilizzarla come spunto per una certa maniera): dobbiamo sentire come viva la problematica che portò alla creazione della stessa opera d’arte, problematica stilistica (novità rispetto alle sculture precedenti, rapporto con le sculture contemporanee) e problematica storica (inquadrare l’opera d’arte nel suo tempo: le dinamiche che hanno portato in quel determinato periodo all’emergere di quel tipo d’opera d’arte). Winckelmann credeva che i greci facessero un’arte idealistica, che rifugge la realtà: Sbagliato, l’arte greca ha invece come caratteristica essenziale il rapporto col dato naturale, scoprendo norme che saranno fondamentali nell’evoluzione dell’arte (in pittura ad es. Apelle: scorcio, prospettiva, effetti luministici, chiaroscuro). IV: LE FONTI LETTERARIE Emanuel Loewy. La sua opera è importante perché è forse il primo archeologo che cerca di riprendere quello che rese grande Winckelmann, ovvero la ricerca intorno all’essenza dell’arte, attorno a questioni fondamentali che presiedono allo svolgimento dell’arte in genere. Tocca temi come il rapporto tra arte greca e il vero di natura e la persistenza iconografica. L’Iconografia è importante perché nell’arte greca l’Artista è Artigiano; e in quanto tale si forma in un patrimonio di tradizioni tecniche e iconografiche. Si lavora come si è imparato a lavorare in bottega, ma ogni talentuoso aggiunge piccole varianti che a loro volta faranno scuola fino a giungere a innovazioni rilevanti. Mettendo in evidenza la persistenza degli schemi figurativi, si trassero fuori gli studi di Archeologia dalla tradizionale base filologica, per cui storia dell’arte = storia naturale per cui ogni stile nasce dall’altro meccanicamente. Per quanto riguarda la rappresentazione della realtà nella civiltà greca Loewy, al contrario di Winckelmann, afferma che la civiltà greca è quella in cui è più presente il realismo, l’imitazione del reale. Tutto ciò lo si poté provare grazie alla scoperta dei prodotti artistici delle civiltà precedenti a quella greca (molto più “idealistiche” e “fantastiche” nelle rappresentazioni). La pausa della I guerra mondiale indusse a riflettere sul materiale già esistente: si ha una storicizzazione dei materiali in precedenza ritrovati e una presa in considerazione degli originali a discapito delle copie romane. Un’influenza diretta sugli studi Archeologici ebbero le teorie formulate dalla cosiddetta “scuola viennese”, formatasi intorno al 1895 a Vienna da Alois Riegl e da Wickhoff, storici dell’arte medievale e moderna che si occuparono di arte antica per risolvere problemi di arte medievale (nel suo rapporto con l’arte romana). Riegl aveva scritto un’opera, “Problemi di stile” nella quale aveva cercato di chiarire le leggi generali che presiedono alla creazione di motivi ornamentali. Egli liberò la storia dell’arte dal concetto di decadenza, introducendo la “teoria del gusto”. Secondo tale teoria ogni epoca ha un proprio gusto e lo esprime in un certo modo, non è lecito confrontare due epoche diverse. La critica che si muove a questa concezione è che Riegl trascurò del tutto il rapporto tra arte e società e pose il “gusto” come “deus ex machina” senza chiedersi come si formi. [Ad Es. l’entrata sempre più forte di motivi iconografici legati non più al naturalismo ma alle concezioni misticheggianti nell’arte Antonina deriva da una generale deriva di una società in crisi verso forme irrazionalistiche legate anche a culti millenaristici e mistici]. Importante è capire come si crea il nuovo gusto. Wickhoff si occupò soprattutto di dare un valore autonomo all’arte romana. I Romani secondo lui sono stati sì gli eredi del patrimonio ellenistico, ma hanno prodotto anche elementi artistici nuovi e originali. L’originalità dei romani si manifesta secondo lui in tre punti: Ritratto realistico; Prospettiva; “Narrazione continuata”. Riconosciamo la forza di rottura che operò il Wickhoff, ma nemmeno una delle sue tesi ci sembra valida: Wickhoff parte da presupposti erronei perché è rimasto ad una visione Pliniana, ovvero classicistica dell’arte greca, ignorando gli apporti dell’arte ellenistica. Tutti i tre punti sono derivazioni dall’Ellenismo. Con la scuola di Vienna si entra in una nuova fase della storia dell’arte antica: ci si comincia a persuadere che attraverso la lettura della forma artistica si può arrivare a stabilire la cronologia delle opere più esattamente che tramite i documenti. La scuola di Vienna fu un avvicinarsi alle esigenze che lo storicismo aveva introdotto nella cultura europea: Archeologi come Storici dell’Arte Antica. VII: PROBLEMI DI METODO Nel quadro della cultura europea della prima metà del secolo XX, l’Italia ha dato alla storia dell’arte un suo contributo in rapporto all’Estetica Crociana. Bianchi Bandinelli partendo dal pensiero crociano ha affermato e sviluppato una sua concezione teoretica nel campo estetico e storico, rinnovando profondamente gli studi dell’arte classica. In Italia l’archeologia era rimasta alla fase filologica, Bandinelli aggiorna la posizione teorica degli studi di storia dell’arte antica, inserendola nella corrente storiografica crociana. Egli è spinto da una forte esigenza di dare sostanza storica alle opere d’arte. La metodologia storica di Croce è la più utile ai nostri studi e la meno dannosa perché ci ha insegnato a superare alcuni pregiudizi e ad evitare certi fraintendimenti, soprattutto a non cadere in certe interpretazioni “mitologiche” e irrazionali, antistoriche (quello che è successo all’archeologia tedesca). Ad esempio Buschor, professore dell’Università di Monaco presentava il cammino dell’arte diviso in sei cicli che si ripetono infinitamente, anche se sembra impossibile che nel XX secolo una persona colta possa figurarsi la storia e il mondo così schematici. La storia dell’arte consiste nel definire le singole opere nella loro storicità individuale e nel legarle con la storia della cultura definendo il rapporto dell’opera d’arte con il suo “ambiente”. Riassumendo: Abbiamo una tradizione di fonti letterarie meramente casuale e limitata nella loro impostazione classicista, ciononostante questa tradizione è indispensabile; non abbiamo quasi nessun originale dei grandi maestri. Detto questo quali sono i lineamenti di una storia dell’arte? - Classificazione e inquadramento cronologico dell’opera d’arte, da ottenersi tramite una ricerca filologica, con l’ausilio di testi e ritrovamenti archeologici - Indagine storica: sulla base del materiale classificato si giunge alla ricostruzione delle forze motrici che portano allo svolgimento della produzione artistica. La lettura formale dell’opera d’arte serve a circoscrivere tendenze e a individuare le personalità importanti; ma per giungere alla storicizzazione della storia dell’arte bisogna ricordare che l’arte è sempre espressione della libertà dei gruppi socialmente attivi in quel tempo. Gruppi socialmente attivi perché a volte capita che vi siano in uno stesso tempo più correnti artistiche (ad esempio nell’impero romano “arte plebea” e “arte colta”) ognuna delle quali fa capo ad un gruppo sociale. Però una cosa è voler fare storia dell’arte tenendo conto dei rapporti sociali sui quali si basa la nascita dell’opera d’arte e un’altra è usare le opere d’arte per creare una storia sociale dell’epoca (nel primo caso è Storia dell’Arte, nel secondo Sociologia). La Storia dell’Arte ha come fine la storia della forma artistica nel suo concretarsi e nella sua sopravvivenza: il momento in cui l’artista “inventa” una forma, un motivo e lo realizza connettendolo con la cultura figurativa che lo circonda. Ogni opera d’arte è il prodotto di una particolare individualità, ma è anche prodotto storico di una civiltà.
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