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Introduzione all'archeologia - Bianchi Bandinelli, Dispense di Archeologia

Riassunto ben schematizzato del libro "Introduzione all'archeologia" di Bianchi Bandinelli , fondamentale per chi si approccia per la prima volta allo studio dell'archeologia classica. Essendo appunto un riassunto, può servire per un ripasso e non per lo studio diretto del libro...

Tipologia: Dispense

2019/2020

Caricato il 18/04/2020

Aria_Tria
Aria_Tria 🇮🇹

4.5

(77)

19 documenti

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Scarica Introduzione all'archeologia - Bianchi Bandinelli e più Dispense in PDF di Archeologia solo su Docsity! INTRODUZIONE – BIANCHI BANDINELLI In questo libro egli cerca di dare dei chiarimenti sulla cosiddetta “archeologia winckelmanniana” intesa come storia dell’arte greca e romana, incentrata sul problema storico-artistico. La parola “archeologia” esisteva già negli autori antichi ed il suo significato era di “indagine sulle cose del passato”, dunque sulle cose antiche. Noi troviamo un preciso esempio di deduzione storica attraverso un dato archeologico arrivatoci da Tucidide: egli sostiene che i Fenici ed i Cari erano i pirati che abitavano le isole del Mar Egeo; può provare ciò poiché quando gli Ateniesi purificarono Delo dalle tombe li riconobbero attraverso il metodo di sepoltura ( l’armatura e le suppelletici usate nel rito funebre). Questa unità di ricerca storica però si frantumò quando il termine archeologia fu applicato alla studio delle antichità escludendole dal contesto storico che le aveva prodotte e che poi degenerò nell’archeologia antiquaria. WINCKELAMANN Nella metà del ‘700 un gruppo di uomini si da allo studio dell’antiquaria ed essi furono favoriti da mecenati ecclesiastici che amavano raccogliere oggetti di scavo e considerarono l’arte antica solo come un documento per studiare gli usi ed i costumi; ma senza metodo e senso critico. Fu Winckelmann (1717/68) che andare contro questa archeologia. Bibliotecario, storico dell’arte ed archeologo al quale si deve la nascita dell’archeologia che studia i monumenti come opere d’arte e documento di critica e cultura. Si trasferì a Roma nel 1755 e cercò di ricostruire per la prima volta una vera storia dell’arte in un libro che pubblicò nel 1764 (qualche anno prima di morire) intitolato “Storia delle arti del disegno presso gli antichi”, considerato una sorta di atto di nascita dell’archeologia moderna  Secondo Winckelmann era indispensabile fare una ricostruzione cronologica e ricercare le leggi che hanno portato alla bellezza assoluta dell’arte. Al tempo di Winckelmann l’arte antica si presentava come un ammasso di opere di scultura senza un criterio cronologico e senza sapere che il 98% delle statue trovate a Roma non erano originali. Winckelmann dunque adotta per la prima volta il criterio stilistico e l’indagine formale dell’opera d’arte, distinguendo quattro fasi: 1. Lo stile antico 2. Lo stile sublime (da Fidia in poi) 3. Lo stile bello (da Prassitele a Lisippo) 4. Il periodo della decadenza Non trascurò neanche di cercare notizie delle opere d’arte sulle fonti letterarie. Però il suo criterio estetico fu anche il suo limite perché quando cambiò il criterio estetico cambiò anche la valutazione dell’opera d’arte. Federico Schlegel lo accusa di misticismo estetico, ovvero di idealizzare l’arte (cosa che aveva portato a considerare il periodo successivo all’arte classica come decadente. Infatti con l’inizio dell’800 ci sono le prime campagne di scavo che poi porteranno nel 1870 alla luce una grande quantità di opere greche originali. Nel frattempo si sviluppa anche la fase filologica dell’archeologia, ma nessun studioso tiene conto del fatto che il criterio estetico del Winckelmann coincideva con quello delle fonti letterarie di Pausania e Plinio, fonti del tardo ellenismo, che non tenevano conto della scultura ellenistica ma che guardavano solo al passato, cioè all’arte del V e VI sec. Così si viene a creare una visione parabolica dell’arte antica che tocca il suo culmine con Fidia ,per poi decadere (una visione sbagliata). Quando si volle ricostruire criticamente la storia dell’arte greca attraverso lo studio degli originali, liberandola dalla visione che si era venuta a creare attraverso lo studio delle copie romane, si dovette rivalutare la posizione del Winckelmann. Istruttivo è l’esempio dei marmi del Partenone, quelli che Lord Elgin aveva staccato e portato in Inghilterra. In un primo momento gli archeologi negarono che potesse trattarsi di quelli fidiaci. Fu Canova nel 1819, con la sua sensibilità artistica a capire che si trattava di capolavori degni di Fidia. (o come il complesso scultoreo del santuario di Olimpia). Questo dimostra che la critica archeologica aveva una visione dell’arte greca che non corrispondeva alla realtà perchè non corrispondeva all’idea del sublime. L’ARCHEOLOGIA FILOLOGICA Dopo Winckelamann inizia l’archeologia filologica diretta dal 1830 dagli studiosi tedeschi che sono i primi a scoprire che Winckelmann non aveva mai visto originali greci ma solo copie romane. Ricordiamo della scuola filologica Johannes Overbeck, Heinrich Brunn e Friedrich Wolf. - Brunn basandosi sulle fonti letterarie, tracciò la prima vera storia dell’arte greca. - Overbeck raccolse e classificò il materiale iconografico-mitologico e pubblicò i testi letterari basandosi sulle citazioni fatte nell’opera di Brunn (raccolta che è ancora oggi valida nonostante le lacune) - Friedrich Wolf identificò in una serie di copie il Doriforo di Policleto la statua considera il canone della formazione classica. Gli studiosi tedeschi fanno uno studio critico dei testi antichi tirando fuori tutte le notizie relative agli artisti e cercando di mettere d’accordo le fonti e di correggere i testi corrotti (per svariati motivi). Da questo doppio processo si arriva a distinguere che da una parte c’erano le opere dei grandi artisti greci descritte nelle fonti, dall’altra le copie romane di originali greci, sculture che dovevano essere le più famose dell’antichità Essi supposero che le due cose dovessero coincidere perciò il problema adesso era quello di ricostruire l’originale attraverso la copia: fu il metodo portato al successo dal suo più grande rappresentante Furtwaengler (1853-1907). La prima identificazione fu quella dell’Apoxyomenos di Lisippo (che costituisce un caso isolato per il fatto che si ha un’unica copia) la cui identificazione però fu resa più facile per l’atto compiuto dalla figura ,che si pulisce con lo strigile, perché corrisponde alla descrizione delle fonti. Questa archeologia di derivazione winckelmanniana fu superata da due fattori: - L’affermazione dello storicismo di fine 800. - La crescente importanza dello scavo archeologico. L’affermazione dello storicismo si deve a Riegel, massimo esponente della scuola viennese che nel 1901, cui si oppose agli studiosi d’arte che ritenevano l’arte successiva agli antonini un fenomeno di decadenza dimostrando invece che quell’arte andava considerata espressione di un gusto diverso, senza avere però un pregiudizio estetico (per accettare queste impostazioni della scuola viennese ci volle del tempo). Intanto assunse un ruolo molto importante l’archeologia intesa come documentazione ottenuta per mezzo dello scavo nel terreno, che si perfezionò grazie gli studiosi di preistoria essendo essi costretti a basarsi su dati oggettivi  Non avendo fonti scritte, riuscirono a sviluppare tecniche e metodi molto precisi sul recupero dei reperti, coscienti del fatto che ogni scavo distrugge una documentazione accumulatasi nei millenni, dunque andava affrontata con molta cautela e precisione in modo tale da poterla ricostruire a tavolino in qualsiasi momento e luogo. (è implicito il fatto che ogni scavo clandestino distrugge una documentazione importante). - L’archeologia preistorica ci ha insegnato che la produzione di manufatti da parte dell’uomo ha una continuità pur nel variare nel corso del tempo e che le interruzioni avvengono solo per cause gravi come invasioni o cataclismi. - L’identificazione dell’Apoximoenos insegnò che le statue in bronzo potevano essere copiate in marmo e che l’elemento più evidente erano i puntelli che serviano a dare stabilità alla statua, mentre quelle in bronzo avevano un proprio equilibrio statico. Riegel però non si chiese come si formava quel gusto all’interno della società. Wickoff si trovò invece ad affrontare il problema di pubblicare un famoso manoscritto purpureo: la genesi adorno di miniature ritenute del IV sec d.C. e di fattura campana. Così affrontò il problema di come si fosse arrivati a quel genere di pittura che mostrava una continuità con la tradizione ellenistica (attraverso la pittura pompeiana). Si arrivò alla conclusione che è vero che i romani sono gli eredi della tradizione ellenistica ma che hanno prodotto elementi nuovi, come quello coloristico. A questo si legò anche il problema del “rendimento dello spazio”, cioè delle vedute prospettiche e paesaggistiche che la pittura pompeiana aveva messo in risalto e sbagliando ritenne che si trattava di innovazioni romane, essendo legato ad una visione pliniana e winckelmanniana che ignorava l’arte ellenistica; mentre come sappiamo gli elementi di spazialità sono di derivazione ellenistica. Winckoff infatti si accorse del suo errore solo quando si trovò davanti ad apporti vivi dell’ellenismo. LE SCOPERTE E LE GRANDI IMPRESE DI SCAVO Lo studio dell’arte antica è composto dunque da: - La conoscenza delle fonti scritte - La conoscenza dei reperti - Un criterio metodologico per portare alla giusta conclusione le varie nozioni Winckelmann tentò di trovare un criterio per ordinare quel caos di opere trovate a Roma e non ancora classificate scrivendo una storia del’arte greca avendo visto però solo copie (come sappiamo dopo ci furono le scoperte della Grecia e degli originali). Nel 1733 a Londra fu fondata la società dei dilettanti (amatori) che cominciarono a finanziare viaggi per poi accodarsi alle spedizioni di scoperta e di scavo. Dal 1738 al 1776 furono intrapresi gli scavi di Ercolano e dal 1748 quelli di Pompei che portarono alla luce tesori della pittura definita “stile pompeiano”. Gli scavi di Ercolano furono abbandonati per le difficoltà di scavo, visto che era stata coperta da una colata di fango che si era indurito a differenza di Pompei che era seppellita da uno strato di cenere. I lavori ripresero dopo il 1860. Una delle prime acquisizioni fu quella dei marmi del Partenone legati per tradizione al nome di Fidia, portati in Inghilterra per opera di Lord Elgin nel 1811. Sappiamo che nonostante si tratti di un’azione lesiva, senza questi trasferimenti (come l’ara Pergamo a Berlino) la cultura di oggi sarebbe meno ricca perché, come nel caso del Partenone era stato soggetto a manomissioni dovute al fatto che fu trasformato prima in chiesa cristiana e poi in moschea, poi distrutto dai bombardamenti ed i suoi marmi usati dai turchi per fare calce per imbiancare. Dunque erano stati abbandonati ed esposti ad ogni tipo di pericolo, umano e naturale. Canova ,riconoscendone il valore artistico, si restaurò di restaurarli. Nel 1809 iniziarono gli scavi nel foro romano. Nel 1811 fu fatta la spedizione nell’isola di Egina dove furono scoperti i resti di un tempio le cui sculture furono vendute a Luigi di Baviera  Si tratta dei primi marmi del periodo arcaico. Essi furono restaurati senza riguardo, restauri poi tolti nel 1867; contemporaneamente iniziarono gli scavi di Selinunte. Mentre, dopo il 1860, come detto prima, ripresero gli scavi a Pompei con sempre più ritrovamenti di sculture e soprattutto resti di pittura antica originale con sfondi prospettici. Nacque però una questione: secondo Wickoff l’arte greca non conosceva il problema dello spazio perciò gli sfondi dovevano essere delle aggiunte di artisti romani, dunque delle innovazioni rispetto a quella greca. Oggi però sappiamo che nell’arte ellenistica esistevano degli sfondi prospettici e di paesaggi che poi l’arte romana fece propri. Quindi, la pittura illusionistica di Pompei deve essere considerata come la continuazione e lo svolgimento in età romana della pittura ellenistica. Nella seconda metà dell’800 ci furono le grandi spedizioni di scavo, di inglesi, tedeschi e francesi. I primi furono gli scavi di Samotracia con il ritrovamento della Nike di Samotracia (pag. 397 Louvre) trovata nel 1867 spezzata in più frammenti. Contemporaneamente ci furono gli scavi ad Atene ed al Dyailon dove vennero alla luce i vasi di stile geometrico. Gli scavi di Olimpia nel 1875 e contemporaneamente gli scavi di Efeso in cui fu identificato il sito del tempio di Artemide di cui si sapeva già che era stato ricostruito con più magnificenza dopo l’incendio. I tedeschi iniziarono l’esplorazione di Pergamo dove fu scoperta la scultura ellenistica in una fase particolare che Winckoff definì “barocco-ellenistico”. Nel 1871 un’altra figura importante fu quella di Schliemann che, credendo alle parole di Omero, iniziò gli scavi nella troade dove scoprì i resti di Troia ed anche che fu distrutta da un incendio. Scavò anche a Micene dove scoprì il tesoro di Atreo e la tomba di Clitemnestra. Si scavò anche a Creta con la collaborazione di inglesi ed italiani dove furono messi in lue diversi palazzi. Ci fu anche la decifrazione della scrittura linfare b nel 1953. Verso la fine dell’800 fu approfondita la conoscenza dell’Acropoli di Atene con la demolizione delle fortificazioni fatte nel Medioevo e la scoperta della colmata persiana. SCUOLA VIENNESE Alla fine del periodo filologico, tra la fine dell’800 e gli inizi del 900, iniziò un nuova fase di studi archeologici. Gli studiosi cominciarono a riflettere sul materiale raccolto e compresero che bisognava prendere in considerazione gli originali e farne una storicizzazione. Da questo punto di vista fu importante l’influenza della scuola viennese affermatasi alla fine dell’800 con Wickfoff e Riegel, due storici dell’arte medievale e moderna che si occuparono di storia dell’arte antica per chiarirne i rapporti con quella dei secoli successivi. Riegel, massimo esponente della scuola viennese che nel 1901 si oppose agli studiosi che ritenevano l’arte successiva degli antonini di decadenza, per riordinare il materiale archeologico del museo di Vienna studiò l’artigianato dell’ultimo periodo imperiale (1501), studi che lo portarono a fare una revisione della scultura e dell’architettura e della pittura a partire dal II sec a.C. fino all’arte romana del tardo impero, III-V sec. d.C. che venivano considerati in decadenza, liberando la storia dell’arte dal concetto di decadenza ed introducendo il concetto di teoria del gusto. Secondo questa teoria ogni epoca determina un proprio gusto che esprime con determinate manifestazioni artistiche, per cui non è corretto confrontare il gusto di un’epoca con quella di un’altra (come si faceva con l’arte dell’età classica, considerata a priori esemplare). Si deve dunque partire dagli artisti e dai singoli periodi per vedere cosa sono stati in grado di realizzare: articolò l’arte dell’antichità in tre periodi  - Tattile ravvicinato (o miope) per l’arte egiziana - Tattile a vista normale per l’arte classica - Ottico illusionistico per l’arte romana del tardo impero Egli però trascurò lo stretto rapporto tra arte e società ponendo il “gusto” alla base di tutto, senza chiedersi come si forma quel gusto. Winckoff che era in stretto contatto con Riegel si trovò ad affrontare il problema di pubblicare un famoso manoscritto purpureo, ovvero la Genesi, adorno di miniature ritenute del IV sec d.C. di fattura campana con una supposta parentela con la pittura pompeiana. Egli affrontò il problema di come si fosse arrivati a quel genere di pittura (del codice). Queste illustrazioni mostravano un contatto con la tradizione ellenistica (nota attraverso la pittura pompeiana) ma anche una diversità resa ancora più sorprendente datando il codice ai primi tempi del cristianesimo in connessione con l’arte bizantina. Secondo Wickoff è vero che i romani erano gli eredi del patrimonio artistico ellenistico, ma è anche vero che hanno prodotto elementi nuovi come quello coloristico nella pittura. A questo si legò anche il problema del “rendimento della spazio”, delle vedute prospettiche del paesaggio. Questi elementi messi in risalto nella pittura pompeiana, nella scultura e nel rilievo storico a partire dall’età dei Flavi e di Traiano egli notò che si accentuavano mano a mano che si allontanava dal classicismo augusteo. Egli ritenne che questo gusto pittorico fosse prettamente romano, sbagliando ovviamente, perché Winckoff era legato ad una visione pliniana e winckelmanniana, ovvero una visione che ignorava l’arte di età ellenistica; ma come sappiamo gli elementi di spazialità nella pittura pompeiana e del rilievo traianeo sono di derivazione ellenistica. Egli si accorse del suo errore solo quando si trovò davanti apporti vivi dell’ellenismo. Per quanto riguarda il ritratto romano si basa su premesse sociali del tutto diverse da quelle che hanno visto nascere il ritratto greco, per cui non si trattava di imitazione ma era probabile che maestranze greche avessero lavorato al servizio del patriziato romano contribuendo alla nascita della ritrattistica repubblicana, tipica romana, parallelamente al ritratto di tipo ellenistico che si produceva anche a Roma. Inoltre la storia dell’arte antica comincia a far attenzione ai fatti formali perché attraverso la forma artistica si può arrivare a stabilire la cronologia , anche meglio dei documenti poiché ogni artista ha una specie di cifrario in modo sempre uguale che vengono chiamati “elementi mocelliani”. PROBLEMI DI METODO Rannuccio Bianchi Bandinelli, partendo dalla posizione teorica degli studi di Benedetto Croce, segna un profondo rinnovamento negli studi dell’arte classica. Egli riteiene che una ricerca di storia dell’arte debba articolarsi così  classificare ed inquadrare cronologicamente l’opera d’arte con l’aiuto di testi letterari ed epigrafici con materiale archeologico e confermarla anche attraverso il riconoscimento delle qualità stilistiche esteriori e dagli elementi morelliani. Sulla base del materiale classificato si fa poi una indagine storica per ricostruire lo svolgimento della produzione artistica e capire il motivo che ha determinato quello svolgimento che ha le se radici nella società. Secondo lui infatti l’espressione artistica è la manifestazione di gruppi sociali attivi in un determinato periodo storico: egli fa rientrare così la storia dell’arte tra le scienze storiche.
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