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Introduzione all'archeologia. Bianchi Bandinelli Riassunto, Appunti di Storia Antica

Riassunto del libro. Storia dell'arte greca

Tipologia: Appunti

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Scarica Introduzione all'archeologia. Bianchi Bandinelli Riassunto e più Appunti in PDF di Storia Antica solo su Docsity! INTRODUZIONE ALL'ARCHEOLOGIA – Ranuccio Bianchi Bandinelli INTRODUZIONE FILOLOGIA: Amore per lo studio (discorso, inteso come testi) Disciplina relativa alla ricostruzione e corretta interpretazione dei documenti letterari di una determinata cultura STORICISMO: Orientamento di pensiero che mira a comprendere ogni manifestazione umana riportandola (riconducendola) al concreto momento storico e all'ambiente in cui è emersa COMPITO DELL'ARCHEOLOGIA (oggi): ricostruzione integrale della storia di un'età e di un luogo sulla base di elementi materiali (es. reperti) da porre a confronto con le tradizioni scritte o da analizzarsi per se stessi. Archailoghia discorso, indagine su cose del passato, antiche (studio dell'antico, arcaico – oggetti). Il campo dell'archeologia in passato era ristretto alle civiltà greco-romane, oggi si è aperto anche alle civiltà pre-elleniche e in particolare a quelle dell'area anatolica (Turchia). Si applicò il termine archeologia allo studio degli oggetti antichi riferiti alla ANTICHITA' CLASSICA senza tener conto del contesto storico in cui erano stati prodotti. L'archeologia classica era un ramo della “Scienza dell'Antichità” formatasi ne XIX secolo in Germania e presentava valore culturale e politco; il suo valore culturale stava nella tendenza a formare nella scienza dell'antichità, unità e sintesi di tutto ciò che riguardava l'antichità classica. Oggi questo tipo di archeologia sopravvive raramente perchè la specializzazione della materia ha rotto quella unità che possedeva. Attualmente la ricerca archeologica ed etnologica si estende ad ogni età (epoca) e ad ogni luogo: di fatto, l'antichità classica è solo uno degli argomenti trattati e ha solo INTERESSE STORICO. PREFAZIONE: L'ARCHEOLOGIA COME SCIENZA STORICA L'archeologia ha subito negli ultimi anni profonde trasformazioni nel metodo e nel fine. Nell'opera di Tucidide intitolata archaiologhia, lo storico sostiene che i Fenici e i Cari erano pirati che abitavano in età remota la maggior parte delle isole egee. Nel 1764 Winckelmann pubblica la Storia delle arti del disegno presso gli antichi è l'inizio della moderna archeologia che avrà come tema principale lo studio dell'arte classica. WINCKELMANN: archeologia antiquaria settecentesca, tema principale STUDIO DELL'ARTE CLASSICA, l'antichità cessa di essere considerata omogenea, ma si introducono due esigenze di ricerca e distinzione cronologica in varie fasi del mondo antico e delle leggi per raggiungere la Bellezza assoluta nell'Arte. – RICERCA/ESIGENZA STORICISTICA – RICERCA/ESIGENZA ESTETICA prevale fino all'800, facendo avanzare lo studio dell'arte antica lungo un solco di accademica incomprensione che non corrispondeva ai canoni del neoclassicismo. Archeologia Winckelmanniana intesa essenzialmente come storia dell'arte greca basata su fonti letterarie, quindi direttamente derivante dalla filologia; mentre lo scavo archeologico era inteso principalmente come recupero di pezzi da collezione. Archeologia Winckelmanniana messa in crisi e superata da: 1 Storicismo 2 Crescita di importanza di scavi/indagini archeologici 1 - Lo storicismo appare per la prima volta negli scritti di Alois Riegl (massimo rappresentante della SCUOLA VIENNESE), nel 1901 (Industria artistica tardo romana); si oppone all'opinione comune che vede l'arte successiva agli anni 80 del II secolo d.C. (dopo imperatori Antonini) come decadente; Riegl sostiene che – al contrario – debba essere considerata come espressione di una diversa volontà artistica e di un diverso gusto, che doveva essere valutata di per sé e non a confronto con l'arte greca (aspetto idealistico, arte come espressione di volontà). Ci vollero due generazioni perchè ci si accorgesse che questa impostazione idealistica proposta da Riegl non bastava a spiegare la rottura nella tradizione artistica ellenica. Sorgono nuove correnti di storicismo: una di queste vede “la Storia come opera degli uomini” (come afferma Max Weber) e quindi bisogna sforzarsi di ricondurre la ricerca storica a quella che poteva apparire come processo concreto. La crisi dell'arte antica viene qui vista come inserita nella crisi generale che conduce il mondo antico alla società medievale; la stessa arte greca non appare più come un modello immutabile ma viene storicizzata e se ne avvia una più razionale comprensione. La storicizzazione della ricerca artistica apre la via alla comprensione delle civiltà estranee al mondo classico (mesopotamica, egiziana, iraniana, dei popoli delle steppe). Questo avviene quando si dissolve l'organizzazione imperiale romana e i popoli già sottomessi diventano autonomi e danno vita (o riportano in auge) a forme culturali proprie e più rozze di quella che era la civiltà ellenistica. La ricerca storico artistica può avere alto valore di indagine storica; infatti vediamo che l'arte figurativa non compie mai salti improvvisi, è sempre collegata, quindi se riusciamo ad interpretare correttamente i fenomeni artistici, questi avranno valore di documento storico- Accanto ad essa sorge il gusto per le raccolte di oggetti antichi, artistici o curiosi e uno studio “antiquario”. Gli antiquari erano gli studiosi degli usi, dei costumi e soprattutto della mitografia, il loro scopo era da un lato di interpretare i monumenti figurati e dall'altro di ricostruire gli usi e i costumi degli antichi. In epoca moderna gli studi di antichità erano fondati principalmente sull'epigrafia e sulla ricostruzione delle norme e delle leggi che regolavano la vita civile e religiosa, e la prosopografia ossia la definizione delle personalità storiche. Gli studi di antiquaria sono favoriti dai mecenati (ecclesiastici o meno) che amavano raccogliere oggetti di scavo. Gli antiquari perdono di vista molto presto il vero scopo del loro studio perdendosi in questioni secondarie finendo per cercare nei monumenti una conferma a determinare ipotesi contrapposte ad altre ipotesi, così che ne nacquero dispute puramente accademiche che resero non del tutto ingiustificata l'abitudine di porre in ridicolo tali studi, divenuti ormai un puro passatempo. Il Classicismo della fine del XVIII° - inizi del XIX° secolo segna l'inizio dell'archeologia. Nonostante l'idealizzazione dell'Antico e il principio dell'imitazione dell'arte antica insita nel neoclassicismo, è in questo periodo che vengono poste le prime basi per una conoscenza storica dell'antichità che fa anche da modello politico della borghesia. II.WINCKELMANN Lo studio delle “antichità greco-romane” discende dalla ricerca antiquaria. La nascita dell'archeologia è attribuita a Johann Joachim Winckelmann, che viaggia a Roma nel 1755 con una conoscenza molto vasta della letteratura antica e una notevole erudizione grazie agli studi di antiquaria. Egli nel 1764 cerca di costruire la prima vera storia dell'arte intitolata Storia delle arti del disegno presso gli antichi. Winckelmann voleva cercare di scoprire l'essenza dell'arte attraverso lo studio degli antichi, il suo fine era quello di rintracciare le supposte leggi che regolano la perfezione di un'opera d'arte e ne fanno un esempio di bellezza; questa era la ricerca di un'estetica assoluta. La ricostruzione della cronologia è uno dei problemi principali; considerando l'archeologia come uno degli strumenti fondamentali per l'indagine storica, è evidente che il riconoscere, attraverso i dati esteriori, indizi cronologici diviene essenziale. La comprensione dell'opera ha inizio attraverso la fissazione della cronologia, la quale nella storia dell'arte medievale e moderna raramente offre problemi altrettanto gravi, trattandosi per lo più di questioni cronologiche interne nell'ambito della vita di un singolo artista, mentre in campo antico si tratta a volte di oscillazioni di secoli. Al tempo del Winckelmann l'arte antica era un ammasso di opere di scultura, di statue frammentarie, di sarcofagi ornati di rilievi, trovati casualmente ed in particolare a Roma, senza che ci fosse un criterio cronologico. Il mondo dell'arte antica appariva come un blocco unico senza prospettiva storica; quelle opere d'arte erano creazione “degli Antichi” senza distinzione tra i secoli della Grecia e i secoli di Roma. Occorreva dunque trovare un criterio per stabilire una cronologia. Le fonti antiche, in particolare PLINIO, riferivano la cronologia dei maggiori artisti, ma occorreva trovare un criterio per identificare le opere di questi artisti con attribuzioni meno casuali. Complicato era il problema delle statue trovate a Roma, che non erano originali greche, ma copie fatte in età romana da originali greche (ciò che Winckelmann non sapeva). Il copista romano è un copista commerciale: ad Atene e a Roma si era formata una specie di industria delle copie, ma tali copie avevano una funzione puramente decorativa. È Winckelmann ad adottare per la prima volta il criterio stilistico e a soffermarsi sull'indagine formale delle opere d'arte. Egli distinse quattro grandi divisioni: – Stile Antico – Stile Sublime, massima fioritura, in particolare Fidia e successori del V-IV sec. a.c. – Stile Bello, inizia da Prassitele, culmina con Lisippo, seconda metà del IV secolo e periodo ellenistico – Stile della Decadenza, ultimo secolo a.c. ed età imperiale romana Winckelmann segue anche il criterio di ricerca e coordinazione delle notizie sulle opere d'arte tratte dalle fonti letterarie, il cui valore per la ricostruzione dell'arte antica è innegabile non solo in quegli autori che hanno descritto ex professo (intenzionalmente) opere d'arte come Plinio e Pausania, ma anche in quelli che all'arte fanno solo riferimenti casuali. L'elemento più nuovo e importante nella ricerca di Winckelmann è un principio fondamentale: quello che deve importare allo studioso è di capire l'intima essenza dell'opera d'arte. Winckelmann poneva alla storia dell'arte non solo un fondamentale criterio estetico di selezione, ma il fine della acquisizione di una estetica. Contribuisce a determinare una corrente del gusto; il gusto neoclassico ha come uno dei fondamentali punti di partenza l'opera di Winckelmann, accanto a precedenti scritti di Bellori e a quelli contemporanei di Mengs e di Milizia; ma rispetto a questi, l'opera di Winckelmann univa la teoria alla pratica, l'esposizione alla dimostrazione, e sembra risolvere il mistero della Bellezza Antica. Il suo stile inoltre era vibrante ed elegante. Questo criterio estetico di Winckelmann lo aiuta ad uscire dall'antiquaria e a superarla, è la molla che dà la spinta ai suoi studi, ma rappresenta anche il limite di essi, perchè, mutato il criterio estetico, muta tutta l'impostazione e la valutazione dell'opera d'arte. Questo mutamento avviene lentamente in archeologia rispetto alla storia dell'arte moderna. Con l'inizio dell'800 si hanno le prime campagne di scavo; questa fascia culmina nei decenni successivi al 1870 e darà alla luce un ampio numero di opere greche originali. Intanto si sviluppa attraverso la critica delle copie romane la fase “FILOLOGICA” dell'archeologia. Il giudizio estetico di Winckelmann coincideva con i giudizi delle fonti letterarie antiche. La corrente denominata NEOCLASSICA cerca di rievocare l'età del V e del IV secolo a.c.: questa corrente non teneva conto della scultura ellenistica (per ellenistico si intende il periodo successivo alla morte di Alessandro Magno). La storia dell'arte antica secondo Winckelmann ha il suo culmine nel periodo aureo con Fidia, per poi iniziare a decadere. Di Fidia non si conosceva praticamente niente, era un'entità astratta magnificata dalle fonti letterarie; le uniche opere note erano lo Zeus di Olimpia e la Athena del Partenone. L'equivoco fondamentale del criterio winckelmanniano è quello che l'arte greca sia un'arte solamente volta all'idealizzazione del vero; mentre oggi sappiamo che l'arte greca è stata più di ogni altra arte del mondo antico rivolta alla ricerca di un REALISMO. È l'unica che abbandona la ripetizione di schemi figurativi fissi e simbolici, inventa lo scorcio e la prospettiva e il colore locale; pone precocemente sulla via del NATURALISMO. Per lungo tempo ha avuto valore la suddivisione winckelmanniana dell'arte antica in periodi collegati tra loro da una linea parabolica di svolgimento. L'errore di questa costruzione sta nell'identificazione di un determinato periodo dell'arte greca con l'assoluto dell'Arte, che finisce per sottrarre l'arte greca al suo processo storico e sostituirvi un “mito”. Winckelmann ha visto l'arte greca attraverso un processo di idealizzazione dell'arte stessa, quasi volta a creare, soprattutto nella scultura, con dei “modelli di astratta perfezione”, qualcosa di analogo al mondo delle idee di Platone. Si volle far corrispondere l'arte greca al mondo delle idee di Platone: da qui discendeva la conseguenza che solo quelle opere d'arte che rispecchiavano questo ideale di bellezza assoluta, fossero da considerarsi CERTE OPERE D'ARTE GRECA. Tutte le altre, che si differenziavano da questo ideale, erano considerate o una Germania e si divide in due rami: grammatica comparata e critica dei testi. Ha inizio così il periodo filologico. È la scuola filologica a scoprire che Winckelmann aveva visto solo copie romane. Tra i primi studiosi ci sono Overbeck (classifica materiale e pubblica testi), Friederichs (identifica in una serie di copie il Doriforo di Policleto, considerato come il canone della formazione classica) e Brünn (traccia la prima storia dell'arte greca). In questo periodo si studiano con metodo critico i testi antichi. Il problema che si pone agli studiosi è di identificare le copie romane e gli originali greci accordando monumenti e fonti; è questo il tema fondamentale della SCUOLA FILOLOGICA. La prima identificazione effettuata è quella dell'Apoxymenos di Lisippo in una copia romana scoperta nel 1849 e conservata in Vaticano. Questa identificazione fa capire che le statue di bronzo potevano essere copiate in marmo. Mentre la statua in bronzo si regge su se stessa, quella in marmo ha bisogno di punti di appoggio, di solito tronchi d'albero o colonnette. Un'altra identificazione molto importante è quella del Doriforo di Policleto effettuata da una replica del Museo di Napoli. L'identificazione del Dorifolo è molto importante per riconoscere una norma fondamentale dell'arte greca, e fu grazie a Friederichs. Del Doriforo ci sono varie repliche, attraverso uno studio attendo della capigliatura si arriva alla conclusione che l'originale fosse in bronzo. Altri studiosi, in seguito, sono riusciti a identificare numerose copie attraverso gli originali descritti dalle fonti. Il metodo filologico è servito a porre le basi della ricostruzione di quanto era possibile ricavare in fatto di documentazioni, e ha avuto due effetti: – quello di concentrarsi sulla ricerca su questo problema a tal punto da trascurare gli originali greci – quello di perdere di vista lo studio della qualità artistica dell'opera d'arte a favore dell'iconografia artistica. Nel 1514 erano state scoperte a Roma figure di combattimenti scolpite a grandezza ridotta e interpretate come Orazi e Curiazi. Queste sculture si erano poi disperse tra i vari musei e ricollegate da Brunn, che le aveva riconosciute, come parti di un unico complesso, grazie ad alcuni passi di Pausania che descriveva quattro gruppi di figure rappresentanti l'amazzonomachia, la gigantomachia, la battaglia di Maratona e la vittoria di Attalo sui Galati. Sono riconoscibili due Giganti, un'Amazzone, tre Persiani e quattro Galati. In altri casi alcune attribuzioni che erano state date per certe sono poi state confutate e messe in dubbio da altri studiosi. È questo il caso della cosiddetta “Eirene e Ploutos” di Kephisodotos che raffigura una donna che regge un bambino con il braccio sinistro. Questa statua venne ritrovata intorno al 1760 a Roma e Winckelmann la interpretò come Giunone Lucina, sucessivamente riconobbe nel bambino il piccolo Bacco. Il restauratore pose quindi tra le altre cose una brocca in mano al fanciullo. Venne poi attribuita all'epoca di Fidia e poi al IV secolo e riconosciuta come Gea. Brunn infine interviene affermando che si trattava di una copia romana di un originale greco che raffigurava Eirene, cioè la Pace, e Ploutos, cioè la ricchezza e la data 375 a.c. Lo stesso problema si pose con la pittura: la scuola filologica riconobbe in una serie di quadri delle riproduzioni di originali greci, ma venne trascurato il fatto che le pitture sono testimonianze dell'epoca in cui sono state eseguite. Brunn va posto in evidenza per quanto riguarda i fondatori della scuola filologica perchè anche se basa le sue indagini su fonti letterarie e la ricostruzione di originali attraverso copie, ha un fine intuito artistico. Intitola la sua opera principale “Storia degli artisti greci” e si propone di raccogliere e coordinare notizie e opere artista per artista e solo dal complesso di questa raccolta sarebbe risultata la base per scrivere una storia dell'arte. Furtwaengler porta al massimo successo questo metodo di ricostruzione degli originali attraverso le copie di inquadramento in una determinata scuola artistica. Egli riunì nella sua opera “Capolavori della scultura greca” le sue principali indagini. La sua opera tratta solo di copie romane. Questi studi rivolti solo alle copie romane hanno contribuito a perpetuare una visione falsata dell'arte greca. IV: FONTI LETTERARIE Grazie alla scuola filologica, gli studi di archeologia come storia dell'arte antica fecero progressi decisivi. Questa scuola parte dalle fonti letterarie e ricerca nel patrimonio monumentale la conferma a ciò che è descritto nelle fonti letterarie antiche, ma non si pone mai il problema sul valore critico di tali fonti. Le fonti potevano essere dirette e indirette. Le fonti dirette sono costituite dagli scrittori che si sono occupati di cose d'arte, mentre quelle indirette sono costituite dalle opere letterarie nelle quali incidentalmente è citata un'opera o notizie su un determinato artista, o sono espressi giudizi critici. Le fonti più importanti sono la Naturalis Historia di Plinio e la Periegesi della Grecia di Pausania. Nel 1868 Overbeck raccoglie tutte le altre fonti e le pubblica in un volume intitolato Le fonti letterarie antiche per la storia dell'arte greca. PLINIO (fonte DIRETTA) Nella Naturalis Historia di Plinio si raccoglie un insieme di dati relativi al mondo della natura. Nei libri 33-37 tratta di pietre, marmi, scultura, metalli, bronzo, mettallotecnica, terre colorate e pittura; quindi raccoglie in questi libri tutto ciò che al suo tempo si conosceva sulle arti figurative. Plinio ha attinto a scritti tardo ellenistici di carattere retorico. Plinio esalta Fidia e Prassitele e afferma che dopo Lisippo inizia la decadenza. Secondo Plinio l'arte muore dopo il 296-293 a.c. con l'ellenismo e rinasce tra il 156 e il 143 a.c. cioè con il classicismo. PAUSANIA (fonte DIRETTA) Pausania visse nel II secolo a.c. e la sua opera rientra in un genere di scritti del tardo ellenismo i cui autori erano chiamati “periegeti”, cioè descrittori di viaggi. Dell'opera di Pausania ci restano circa 10 libri scritti probabilmente tra il 143 e il 175 a.c. Parte parlando dell'Attica, poi passa al promontorio del Laurion, al Peloponneso, all'Arcadia e alla Boezia, alla Focide, alla Locride e infine alla zona Naupaktos. Pausania voleva scrivere un libro di lettura che fornisse la conoscenza dei luoghi e dei monumenti. Pausania descrive i luoghi in maniera dettagliata e per questo spesso si serve di testi già redatti anche da lui stesso. Un esempio fra tutti è la sua descrizione di un Hermes di Prassitele di cui solo Pausania stesso ci da notizie; scavando nei luoghi indicati dall'autore venne trovata la statua. Tuttavia si accertò poi la realizzazione in epoca romana. LUCIANO (fonte INDIRETTA) Luciano è uno scrittore fornito di cultura che parla di opere d'arte che egli ha visto e che descrive esprimendo le proprie sensazioni e il proprio giudizio. ATENEO (fonte INDIRETTA) Ateneo compone un'opera erudita intitolata “i Dotti a convitto” dove i convitati intrecciano colloqui che danno modo all'autore di raccogliere un ampio numero di notizie di carattere nomi sul fregio. Il fatto che siano segnati i nomi degli artisti sul fregio indica che essi avevano una propria autonomia e che ognuno di essi era a capo di un'equipè. A Pergamo fu messa in luce tutta la città che si erge sul fianco di un colle con forte dislivello. I sovrani della città favorivano la cultura e le arti e le scuole di età classica. Dal 1877 partirono gli scavi a Delo e dal 1879 a Delfi. Delo era un'isola interamente dedicata al culto di Apollo quindi inabitata, mentre in età romana vi si formò un villaggio. A Delo sono stati trovati i precedenti della decorazione pompeiana del primo stile. Gli scavi eseguiti a Delfi portarono risultati che vennero pubblicati in fascicoli a partire dal 1902. Delfi era il più grande santuario dopo quello di Olimpia, ma a differenza sua, Delfi divenne un paese insediato in mezzo alle rovine del santuario. In Asia Minore una spedizione trovò un HEROON (area sepolcrale sontuosa). Fino al IV secolo nei paesi asiatico-ellenistici i grandi sepolcri monumentali erano a forma di piccolo tempio. Esempio principale è il Mausoleo di Alicarnasso le cui rovine sono state identificate a Burdun; lo scavo venne condotto dagli inglesi e il materiale scultoreo si trova al British Museum. Le sculture del Mausoleo sono da attribuire agli scultori Skopas, Bryaxis, Loeochares e Timotheos. Nel 1871 iniziarono gli scavi nella Troade dove si scoprirono Troia, Micene, il tesoro di Atreo e la tomba di Clitennestra. Gli studiosi italiani avviarono degli scavi a Creta e gli inglesi si concentrarono sullo scavo e sul restauro del palazzo di Knossos (Cnosso). Gli italiani avviarono scavi nella località di Phaistos e portarono alla luce un palazzo. Nel 1593 con la decifrazione dell'alfabeto cretese LINEARE B venne compiuto un importantissimo passo per conoscere la storia della civiltà cretese. La scoperta del mondo pre-ellenico va posta a fianco della scoperta del mondo mesopotamico: vennero scoperte le civiltà di Elam e di Sumer tra le altre. Gli scavi nel vicino Oriente hanno esteso le nostre conoscenze della civiltà umana fino al 6000 a.c. Intorno alla fine dell'Ottocento si approfondì la conoscenza delle città greche, soprattutto dell'Acropoli di Atene che dopo lo spoglio di Lord Elgin era tornata a mostrare il proprio aspetto con la demolizione delle costruzioni che l'avevano trasformata in fortezza medievale. I reperti trovati nell'Acropoli vennero catalogati e pubblicati. Possiamo conoscere il “tessuto connettivo” che univa le varie personalità artistiche greche e le varie maestranze artigiane. Questa continuità tra i vari artisti ci dimostra una continuità di concetto e di forma innovatrice in tutta la decorazione del Partenone. Dopo la prima guerra mondiale, lo studio dell'arte antica entrò in una nuova fase, in quanto a seguito della sosta provocata all'attività di scavo dalla guerra, gli studiosi si rivolgono all'approfondimento dei problemi messi dalle opere già rinvenute. VI: RICERCHE TEORICHE E STORICISMO AGLI ALBORI DEL NOVECENTO Emanuel Loewy fu il primo archeologo che cercò di riprendere la ricerca attorno all'essenza stessa dell'arte, cioè attorno alle questioni fondamentali che presiedono allo svolgimento dell'arte in genere e in particolare dell'arte greca. I suoi due studi fondamentali sono “La natura nell'arte greca più antica” e “Migrazioni tipologiche”. Questi studi sono importantissimi perchè affrontano i due punti essenziali della storia degli studi dell'arte greca: il rapporto tra l'arte greca e il vero di natura e la persistenza iconografica. Il fondamento della produzione greca è prettamente artigiano non siamo davanti a personalità isolate; nell'antichità, l'artista è un artigiano e le stesse fonti antiche lo considerano come tale. Si formò un patrimonio di tradizioni tecniche e iconografiche che permetteva agli artigiani di raggiungere una qualità elevata. Si lavorava come si era imparato in bottega, ma ogni artigiano talentuoso aggiungeva piccole varianti personali che sarebbero state riprese dai successori. Nell'arte arcaica del Kourus che va dalla metà del VII secolo alla fine del Vi secolo, non si riscontrano particolari mutamenti; tuttavia non esiste un Kourus uguale ad un altro. Della persistenza iconografica si hanno ancora esempi ben noti nell'arte cristiana (ad es. la Natività). Loewy riscontra due punti fondamentali: – finchè esiste nell'arte una forte tradizione artigiana, come succede nell'arte antica, la persistenza degli schemi iconografici è fortissima. Quando si studia una determinata rappresentazione bisogna esaminare la provenienza dello schema iconografico e cercarne i precedenti. Dopo tale ricerca si può stabilire la posizione storica dell'opera e valutare il contributo personale dell'artista; – rappresentazione della realtà, del vero e della natura, cioè del modo in cui l'immagine naturale viene trasformata in immagine artistica. Sorse quindi la distinzione in una serie di “tipi ideali” che oggi riconosciamo come tipologie iconografiche. Alla fine dell'Ottocento, la formula winckelmanniana ha subito una prima revisione in base alle tendenze positivistiche. Julius Lange si occupò del problema del rapporto tra l'arte greca e la forma di natura, in seguito lo stesso studio venne ripreso da Alessandro Della Seta. Lange è stato il primo ad osservare e a definire alcune delle “leggi” della concezione artistica del periodo più arcaico dell'arte greca. La prima di queste leggi è la frontalità che si manifesta nel fatto che qualsiasi immagine riprodotta dall'artista subisce una specie di schiacciamento. Da queste leggi, Lange desume le conseguenze del cosiddetto stile arcaico. Egli notò però che questa legge di frontalità dominava qualsiasi arte primitiva e si ritrovava in tutte le civiltà antiche. L'arte, nell'antichità era vista come qualcosa di completamente distaccato dalla personalità dell'artista. Loewy nel suo volume sulla Naturwiedergobe capì che la frontalità arcaica non era dovuta ad incapacità, ma ad un processo di concezione dell'atto artistico. Con una serie di esempi e di confronti dimostra che l'artista primitivo non opera imitando un oggetto della natura, ma crea seguendo un ricordo, che gli presenta l'oggetto sotto l'aspetto più semplice e più chiaramente leggibile. Questo aspetto è quello per cui l'oggetto si presenta nella sua massima estensione e non nella sua forma più caratteristica. La concezione dell'arte arcaica era dovuta al linguaggio dell'artista ed era legata ad un determinato mondo e ad un determinato tempo e poteva cambiare solo se ne fossero cambiate le premesse. Questo fu l'avvio allo staccamento della concezione che considerava l'arte arcaica come preparazione all'arte classica. Della Seta si occupò del problema del superamento della legge della frontalità nell'arte greca che noi identifichiamo con il passaggio dall'arte arcaica a quella classica. Egli trovava che la frontalità fu superata per una maggiore conoscenza dell'anatomia ed impostò sulla conoscenza anatomica tutto lo sviluppo dell'arte greca. Si concentrò per molti anni e partorì il volume “Il nudo nell'arte” dove passa in rivista tutta la scultura della ricerca anatomica. Agli inizi del Novecento si entra in una nuova fase degli studi di archeologia che si costituiscono. Comunemente per la storia dell'arte antica si ripetevano i giudizi di Winckelmann che a loro volta erano quelli di Plinio. Bandinelli cerca di dimostrare come non si potessero più accettare senza critiche i giudizi precedentemente emessi e che bisognasse fare una storia dell'arte antica in base ai propri giudizi. Dall'indagine critica è sorto un affinamento nelle capacità degli archeologi di intendere, ma sono nate anche nuove possibilità di errore che devono ancora essere intese per poter procedere. Durante il periodo della scuola filologica, l'archeologia tedesca, nel passare dalla raccolta e dalla catalogazione dei fatti all'interpretazione dell'opera d'arte, non è stata più sorretta da una metodologia che le permettesse di approfondire meglio il fatto storico. Buschor è stato uno degli studiosi più in vista per preparazione specialistica e per sensibilità verso la forma artistica; i suoi scavi a Samos lo resero famoso. In quello scritto egli presentava il cammino dell'arte diviso in sei cicli rigorosamente successivi nell'ordine prestabilito e chiusi ciascuno in sé; comprendere storicamente l'opera d'arte significa in questo caso incasellarla nel ciclo ad essa pertinente, da cui le derivano forma e contenuto. Le sei categorie, con la cronologia relativa al mondo classico: • Mondo della prescienza (fino a tutto il VIII secolo a.c.) • Mondo della realtà esistente (secoli VII – VI a.c.) • Mondo della eccelsa determinatezza (secoli V-IV a.c. fino ada Alessandro Magno) • Mondo dell'immagine e dell'apparenza (fine secolo IV a.c.) • Mondo dell'artifizio (secoli I – III d.C.) • Mondo dei segni o simboli (secoli III – V d.C.) Secondo questa costruzione pseudo storica ogni civiltà passa necessariamente attraverso questi sei cicli ed in uno di essi trova la sua più compiuta espressione. Dopo il sesto stadio il ciclo ricomincia daccapo; e come nel primo ciclo la più compiuta espressione viene raggiunta al primo stadio, nel seconda è la seconda categoria che prevale e così in seguito. Tutte le osservazioni di Buschor sono dovute alla sua diretta intelligenza dell'opera d'arte, tuttavia sono diventate storicamente inefficaci quando si prese il fatto di appartenere a quel determinato ciclo. I sei cicli si ripetono all'infinito e ogni civiltà che si sussegue trova la propria migliore espressione artistica nel ciclo successivo. Il merito maggiore che rimane all'archeologia germanica, oltre agli scavi, è quello di aver dato ordine sistematico ai materiali sui quali si basano gli studi odiernil. Dopo il periodo della scuola filologica, si cercò di superare i limiti di tale metodo, ma in questa ricerca mancò agli studiosi tedeschi il sussidio di un pensiero critico sulla metodologia della storia e di una estetica non accademica, per cui gli studiosi avventuratisi nella storia dello spirito hanno raggiunto grandi risultati. Tuttavia il difetto principale di questi studi è stato quello di voler incasellare i fatti fondamentali della storia entro sistemi rigidi e svolgimenti preordinati e di accusare in conseguenza di asistemicità tutti coloro che non avevano accettato gli schemi. La storia dell'arte invece, consiste nel definire le singole opere nella loro storicità individuale e nel legarle con la storia della cultura, definendo il rapporto dell'opera d'arte con il suo determinato ambiente. Per definire le personalità artistiche occorre giungere ad un giudizio qualitativo di valore universale, che è possibile solo attraverso l'analisi dell'opera d'arte in relazione alle categorie dell'estetica. Occorre poi storicizzare questo giudizio, inserendolo nella serie delle altre opere coeve (dello stesso tempo/periodo), precedenti e successive. H. Rose nella sua opera “La classicità come estrinsecazione del pensiero artistico occidentale” concludeva che non si possono trovare identità assolute di linguaggio tra l'antico e il moderno, ma posizioni omologhe nel corso dello svolgimento storico. Per i periodi più storicamente noti è facile identificare le singole personalità artistiche nella quale si è assistito ad un progressivo frantumarsi delle prime supposte personalità di primo piano: man mano che si è affinata la nostra conoscenza di un determinato periodo, si sono potute attribuire seguaci opere che un tempo si ritenevano di un solo Maestro, riconoscendo come sue opere che non gli venivano attribuite. Anche la ricerca della definizione di “Maestri” ha degenerato appiattendosi in un facile schematismo privo di qualsiasi valore critico, quando viene attribuito un nome di comodo ad ogni singola opera, senza distinzione di qualità e senza che sia possibile raggruppare attorno a tale singola opera un gruppo di altre opere affini. Quali possono essere i lineamenti di una ricerca storica dell'arte? Il lavoro che possiamo affrontare si articola in vari gradi: – Classificazione ed inquadramento cronologico dell'opera d'arte, da ottenere tramite una ricerca filologica e con l'aiuto di testi letterari ed epigrafici e del materiale archeologico di ogni specie, condotta insieme e confermata da un riconoscimento delle qualità stilistiche esteriori e “morelliane” dell'opera d'arte. – Indagine più propriamente storica, quando, sulla base del materiale classificato, si cerchi di giungere alla ricostruzione dello svolgimento della produzione artistica e a individuarne le forze motrici che ne determinano quello svolgimento. Una cosa è voler fare storia dell'arte tenendo conto dei rapporti sociali sui quali si basa la nascita dell'opera d'arte e altra cosa è voler usare le opere d'arte come documento per la ricostruzione della storia sociale di un'epoca. In un caso si fa storia dell'arte, nell'altro si fa storia o sociologia. Il ritenere che il modo di produzione della vita materiale condizioni il processo della vita sociale e spirituale non significa affatto ridurre tutta la storia al semplice fattore economico.
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