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INTRODUZIONE ALL'ARCHEOLOGIA- BIANCHI BANDINELLI RIASSUNTO, Sintesi del corso di Archeologia

sintesi del libro Introduzione all'archeologia

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

Caricato il 21/10/2019

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Scarica INTRODUZIONE ALL'ARCHEOLOGIA- BIANCHI BANDINELLI RIASSUNTO e più Sintesi del corso in PDF di Archeologia solo su Docsity! Introduzione all'archeologia (Bianchi Bandinelli) • L'ARCHEOLOGIA COME SCIENZA STORICA L'archeologia ha perso lo scopo iniziale che gli studiosi le davano, cioè quello di pura contemplazione della vita an�ca cui solo in pochi potevano accostarsi. Il termine archaiologhia significa discorso, indagine, sulle cose del passato, an�che; si occupa quindi di tu� gli aspe� delle età che ci hanno preceduto. Essa prevede la deduzione storica da da� archeologici, non ha quindi solo una imposizione edonis�ca, ma piu�osto una funzione pra�ca. L'idea di ricerca storica, che già con Tucidide si aveva, si perde quando il termine di archeologia viene applicato allo studio delle an�chità in sé e per se stesse, senza prendere in considerazione il contesto storico in cui si erano formate. Si perde dunque il senso storico e ci si occupa solo di an�chità greche e romane. Sorta di archeologia an�quaria senza metodo che non porta a nulla di concreto. La moderna archeologia nasce con la pubblicazione di Winckelmann della Storia delle ar� e del disegno presso gli an�chi del 1764; da ora il tema principale preso in considerazione è quello dell'arte classica. Questa opera vede il passaggio dall'erudizione degli an�quari ad una prima ricerca e dis�nzione cronologica di varie fasi dell'arte del mondo an�co. L'an�chità cessa d essere un tu�o omogeneo e si introducono due esigenze di studio: una storicis�ca e una este�ca. Purtroppo gli archeologi che seguono Winckelmann si occupa sopra�u�o della seconda dire�va che si lega al neoclassicismo e si con�nua a studiare l'arte greca sulle copie di età ellenis�ca e romana che si era deciso di riprodurre, togliendo tu�o ciò che non raggiungeva cer� canoni. L'archeologia veniva intesa come storia dell'arte greca basata sulle fon� le�erarie, era dunque fortemente legata alla filologia; il recupero di ogge� tramite scavo era inteso solo con scopo di collezionismo. Questo �po di archeologia viene superata con l'imposizione di due fa�ori: lo storicismo che si afferma negli ul�mi decenni dell'800 e dall'accresciuta importanza dello scavo archeologico. Lo storicismo fa una prima comparsa nelle opere di Riegl (rappresentante della scuola viennese); egli si oppone all'idea che vedeva l'arte dopo gli Antonini come decadente e la mostra come rappresenta�va di un diverso gusto della società (evitando di prendere come metro di paragone l'este�smo winckelmanniano). Ci vogliono comunque mol� anni prima che la teoria viennese venga ben capita ed applicata. Anche Riegl non comprende a fondo il mutamento del gusto che in realtà dipendeva da un mutamento della società, dell'economia, della poli�ca. Un altro filone dello storicismo, pensando che l'arte è opera degli uomini, cerca di allontanare la ricerca storica dalle astrazioni dei principi universali e di portarla ai concre� processi dei fa�. Con la liberazione dalle idee dell'arte neoclassica, l'arte greca non è più apparsa come un modello fisso e immutabile, ma è stata storicizzata. E da ciò si arriva anche ad una riconsiderazione dell'arte romana, liberata dai pregiudizi classicis�ci. La storicizzazione aveva anche aperto la via allo studio delle civiltà estranee al mondo classico (spesso come elemento costru�vo della stessa civiltà ar�s�ca europea). Da tu� ques� mutamen� prende spunto il ripensamento di tu�o il periodo storico tardo-an�co; questo significa che se la ricerca storico-ar�s�ca viene re�amente condo�a quale interpretazione di un fa�o sociale può avere un valore di indagine storica. Infa�, se il fenomeno ar�s�co viene giustamente interpretato, esso prenderà l'importanza di un vero documento sociale e storico. Superato il pregiudizio della cri�ca idealis�ca anche la storia dell'arte rientra tra le scienze storiche, riavvicinandosi al mondo pra�co. L'archeologia non è più dunque solo storia dell'arte, dato che essa ora si inserisce in un più ampio quadro storico. L'archeologia poi può essere anche documentazione per mezzo della ricerca di scavo sul terreno; prendono rilievo di archeologi di preistoria e protostoria che non si erano mai basa� su fon� scri�e a differenza degli altri archeologi “d'arte”. Sono proprio loro, costre� a lavorare su poche fon�, a sperimentare un metodo di scavo più occulato, facendo in modo di mantenere esa�amente uguale tu�o quello che veniva estra�o. Si ha così un perfezionamento dello scavo stra�grafico che perme�e, a�raverso lo studio degli ogge� estra� di stabilire mutamen� storici, mentre l'impiego del radiocarbonio C/14 perme�e anche di datare in maniera piu�osto precisa i vari reper�. Si scopre che la culla della nostra civiltà è l'Anatolia e non la Mesopotamia e l'Egi�o come si pensava. L'archeologia è diventata così vera e propria scienza storica e non più ausiliaria; essa si basa, anziché sulle fon� scri�e, sui da� materiali prodo� dalle civiltà. Il dato archeologico poi, a differenza di quello le�erario, è imparziale, sempre ovviamente se si è in grado di interpretarlo. Si è venuta a creare una stre�a collaborazione tra storici dell'an�chità ed archeologi. INTRODUZIONE ALL'ARCHEOLOGIA CLASSICA COME STORIA DELL'ARTE ANTICA • PREMESSA L'archeologia per molto tempo non è esis�ta come scienza autonoma e in passato, nonostante il termine venisse usato, esso aveva altra valenza, spesso di no�zie generiche sul mondo an�co. La disciplina ha poi cambiato considerevolmente volto negli ul�mi decenni; nell'O�ocento si ha un'archeologia filologica che si protrae fino alla prima guerra mondiale, tra le due guerre si forma un'archeologia storico-ar�s�ca e dopo la seconda guerra mondiale si ha un'archeologia essenzialmente storica. L'archeologia adesso no viene più intesa, come in precedenza, solo allo studio di an�chità greche e romane, ma si espande e si basa sopra�u�o sullo studio dell'Oriente, culla della civiltà. Ma in questo volume si prende in considerazione l'archeologia �pica, quella classica. Durante il Rinascimento si ebbe un'appassionata ricerca del mondo an�co, una sua riscoperta ed imitazione. Questa però non è archeologia, anche se ne può cos�tuire un punto di partenza. Essa aveva come fine il ritrovamento e il raggiungimento della grandezza del passato, un fine a�uale quindi, lontano da quello storico. Con ciò nascono le collezioni e l'an�quaria (studio di usi e costumi e di mitografia), ma siccome non si basava su criteri scien�fici essa cade nel ridicolo e in disuso. In epoca moderna ques� studi si concentrano sulla ricostruzione delle norme e delle leggi che regolavano la vita civile e religiosa (anche prosopografia). Questo genere di studi d'an�quaria si differenziavano dall'archeologia di allora che si occupava solo del fa�o ar�s�co, perdendo tu�o il lavoro di ricostruzione cri�ca e storico-ar�s�ca (scavo, interpretazioni le�erarie, epigrafiche, ecc.). Nel '700 l'opera d'arte assume, per gli studiosi di “an�quaria”, il solo valore di documento, si perde la valenza di opera d'arte e porta soltanto a dispute accademiche sulle varie teorie montate sui documen�. L'unico contributo u�le di tali studiosi, per noi oggi, è quello di aver conservato tes�monianza e documentazione grafica di monumen� ormai scomparsi, dato che non si ha un tenta�vo di reale ricerca storica. Il classicismo della fine del XVIII – inizi del XIX secolo segnò l'inizio dell'archeologia . Si può già trovare una cosciena del fenomeno storico del classicismo in Germania, in personaggi come Goethe. Nonostante il permanere di un'idealizzazione del passato e dell'imitazione dell'arte an�ca insita nel neoclassicismo, fu in questo periodo che vennero poste le basi per una conoscenza storica dell'an�chità. • WINCKELMANN (1717-1768) L'archeologia dell'arte si distacca dagli studi delle "an�chità greco-romane" e osserva i monumen� non più come documen� illustra�vi, ma come opere d'arte in se stesse e come documento di civiltà e cultura. La nascita dell'archeologia in questo senso è da a�ribuire a Winckelmann, il quale cercò per la prima volta di costruire una vera storia dell'arte nell'opera Storia delle ar� del disegno presso gli an�chi (1764). Winckelmann ha il merito di aver trasportato lo studio dell'arte dalla mera erudizione ad un campo più vasto, alla ricostruzione del tessuto cronologico dell'arte, alla comprensione dell'opera d'arte in se stessa e al ricavarne elemen� di vitale interesse per il proprio tempo. Egli voleva infa� cercare di scoprire "l'essenza dell'arte" a�raverso lo studio degli an�chi, e ciò rintracciando le supposte regole della perfezione che rendono un'opera un esempio di Bellezza: ricerca di un'Este�ca assoluta. La ricostruzione cronologica è sempre stato uno dei problemi più complessi, diventa quindi essenziale riconoscere indizi cronologici a�raverso i da� esteriori. La comprensione stessa dell'opera d'arte ha inizio proprio a�raverso la fissazione della cronologia. Ai tempi di Winckelman l'arte an�ca si presentava come un ammasso di sculture sopra�u�o ritrovate per caso e senza che presentassero un criterio di cronologia. (statua di Marco Aurelio) Dunque all'epoca l'arte an�ca appariva come un blocco unico senza prospe�va storica, senza dis�nzione tra opere greche e romane. Occorreva dunque stabilire un criterio cronologico, ma il problema, ancora ignorato al periodo di Winckelmann, era che la maggior parte delle statue erano copie romane di originali greci anda� perdu�. Solitamente il copista di età romana aveva fini commerciali, mo�vo per cui le copie avevano solo una funzione decora�va, erano perciò dozzinali e simili ad altre. Il principio che si potesse usare il criterio dell'analisi s�lis�ca per fondare la cronologia non era ancora sorto, esso prese spunto proprio dalle teorie di Winckelmann; ma solo più di un secolo dopo si riesce a "leggere" a dovere il linguaggio delle forme (creazione di un metodo per la le�ura s�lis�ca). Fu Winckelmann per primo ad ado�are il criterio s�lis�co e a soffermarsi sull'indagine formale delle opere d'arte e ne dis�ngue 4 divisioni temporali: - "s�le an�co"; - "s�le sublime" (periodo aureo, V-IV sec a.C.) - "s�le bello" (seconda metà del IV sec a.C. e periodo ellenis�co) - periodo "della decadenza" (ul�mo secolo a.C ed età imperiale romana) Winckelmann poi non trascurò neanche il criterio di ricercare no�zie sulle opere tramite le fon� le�erarie. Ma il principio fondamentale stabilito da Winckelmann dice che quello che deve importare allo studioso è di capire l'in�ma essenza dell'opera d'arte. Egli vedeva come belle le opere e per questo mo�vo concede alla storia dell'arte un fondamentale criterio este�co di selezione. Proprio grazie a questo mo�vo la sua opera le�eraria diventa importante e cos�tuisce uno dei fondamen� del gusto neoclassico; a�raverso dell'unione della teoria alla pra�ca, l'esposizione storica alla dimostrazione. E' proprio il criterio este�co a perme�ere a Winckelmann di uscire dall'an�quaria e di superarla; è la molla che dà la spinta ai suoi studi, ma allo stesso tempo li limita, infa� mutando criterio este�co cambia anche l'impostazione e la valutazione dell'opera d'arte e si comprende che non si era costruita la storia bensì un mito del proprio tempo. Gli archeologici sono sempre rimas� un po' an�quari, sempre impaccia� dallo sforzo di dover ricostruire una cronologia a�endibile e di procedere a giuste interpretazioni. Con l'800 si hanno le prime campagne di scavo il che porterà alla luce molte opere greche originali. Intanto, sulla cri�ca delle copie romane, si sviluppava la fase "filologica" dell'archeologia; ma nessuno si preoccupa di rivedere il criterio este�co di Wincelmann. Lo spirito informatore della storia dell'arte classica rimane come immutato fino al XX secolo, e ciò avvenne perché il giudizio este�co coincideva con quello proveniente dalle fon� le�erarie an�che, che a loro volta riprendono tes� di epoca ellenis�ca che tende a glorificare il passato, anche come risca�o morale (epoca del dominio romano sulla Grecia), con ciò il gusto per l'arte passata si riconne�eva anche alla finita libertà e indipendenza: l'età che si cerca di rievocare è quella del V e del IV secolo a.C. (prima di Alessandro Magno). Sorge allora una sorta di cultura neoclassica che non �ene in conto l'arte contemporanea, quella ellenis�ca e quindi non viene essa non viene presa in considerazione nemmeno dagli autori successivi e poi dal Winckelmann. Tu�o ciò sos�ene l'idea di Winckelmann secondo la quale l'arte greca abbia seguito una traie�oria parabolica, che vedeva l'apice con Fidia, figura di cui non si conoscevano opere, ma si avevano grandi descrizioni nelle opere le�erarie (Zeus di Olimpia e Athena Parthenos). Solo il lavoro cri�co dei primi decenni del secolo XX mostrano che tale giudizio non è né storico né assoluto, ma solo rela�vo all'età in cui si forma. Purtroppo però i radicamento della teoria di Winckelmann ha portato a degli equivoci, mol� dei quali difficili da es�rpare, come l'idea che l'arte greca tenda alla idealizzazione del vero, in realtà essa era volta alla ricerca del realismo. Essa abbandona infa� la ripe�zione di schemi figura�vi fissi e simbolici, inventando lo scorcio e la prospe�va, ponendosi sulla via del naturalismo, compiendo però sempre un'interpretazione in parte culturale e in parte sogge�va del dato reale facendone uno strumento di espressione. Alla suddivisione winckelmanniana dell'arte an�ca in periodi si contrappone ora la coscienza storicis�ca, si supera quindi la costruzione del "mito" al posto del processo storico. Il primo ad avver�re che la costruzione era errata fu Schlegel, uno degli iniziatori del movimento che porterà allo storicismo. Egli cri�ca il processo di idealizzazione a�raverso cui Winckelmann vedeva l'arte, volta secondo lui a creare modelli di astra�a perfezione. L'arte greca, fin dal passato, si volle farla corrispondere al mondo delle idee di Platone, la conseguenza vuole che solo le opere che rispecchiano questo ideale di bellezza siano considerate vere opere d'arte greca; restava quindi preclusa una La scuola filologica prende come punto di partenza le fonti letterarie, cercando nel patrimonio monumentale la conferma alle notizie e alle valutazioni dalle fonti letterarie antiche. Anche le campagne di scavo imponevano la necessità di una buona conoscenza delle fonti scritte. Le fonti sono molteplici, dirette (scrittori che si sono occupati di cose d'arte) ed indirette (in cui incidentalmente è contenuta la menzione di un'opera o di un artista). Le fonti più importanti sono la Naturalis Historia di Plinio il Vecchio e la Periegesi della Grecia di Pausania. Le altre fonti sono state raccolte da Overbeck in un volume unico, Le fonti letterarie antiche per la storia dell'arte greca e romana, che raccoglie passi di diverse opere. Plinio Plinio il Vecchio rimane la fonte più completa e preziosa. Descrivendo la sua opera a Vespasiano, Plinio mette in evidenza il suo carattere si novità, raccogliendo essa una congerie di notizie (raccolta di dati di fatto). Plinio si posiziona tra una mentalità scientifica e un'impostazione dillettantistica in quanto riconosce di non essere uno studioso di professione e si limita a raccogliere le curiosità. L'opera nasce attraverso la lettura di molti altri scritti da cui Plinio estrapola ciò che più gli sembra interessante. PAUSANIA L'altra fonte fondamentale è Pausania, vissuto nel II sec d.C. La sua opera rientra nel quadro della “periegesi”, ossia della descrizione di viaggi, guida per il forestiero che visitava antichi santuari. Nell'età del tardo ellenismo la Periegetica dieventa un genere molto sviluppato, anche perchè permetteva di raccogliere e volgere a uso di erudizione il patrimonio del passato. La sua opera è da datarsi tra il 143 e 175 d.C. Ordine geografico seguito: passa dall'Attica al Peloponneso, passando poi per l'Arcadia, alla Beozia, alla Focide, alla Locride. L'intento di Pausania era di fare un libro di lettura, fornendo la conoscenza dei luoghi e dei monumenti, pretesto per ricapitolare la storia della Grecia. Probabilmente Pausania sfrutta opere di altri periegeti, di storici e poeti. Per alcune località è sorto il dubbio se egli le abbia visitate davvero; è certo però che alcune zone di maggior importanza le abbia visitate, come l'Acropoli di Atene e i santuari di Olimpia e di Delfi. Per esempio la descrizione del santuario di Olimpio comincia con la narrazione dell'antica Elide e delle città comprese, solo in seguito passa alla descrizione, cominciando dal tempio di Zeus per passare poi agli altri. Dell'Heraion descrive l'arca di Kypselos, basandosi probabilmente su opere precedenti. Descrive poi anche i monumenti prossimi al tempio. Dal suo interno riprende un Hermes di Prassitele di cui Pausania è l'unico scrittore antico a scrivere, motivo per cui si dubitava della veridicità della notizia. Scavando l'Heraion si è invece trovata la suddetta statua, il che conferma l'attendibilità di Pausania come fonte. Si pensava inizialmente che l'opera fosse un originale di Prassitele, ma poi un archeologo tedesco, negli anni '20 del '900, nota alcune inconguenze: la parte dorsale della statua non era completa e nella stessa zona si notavano segni di ferri, com uno scalpello, non utilizzati prima del tardo ellenismo e dell'età romana. Si propone infine come artista uno, dei tanti, Prassitele del II secolo a.C. In ogni caso spesso si nota in Pausania la sua non sempre esatta informazione storico- artistica, motivo per cui non bisogna mai abbandonare l'aspetto critico nei confronti della sua opera. Sempre ad Olimpia Pausania si sofferma nel descrivere i due frontoni del tempio di Zeus, descrivendo i vari rilievi. Il problema più grave è l'attribuzione che egli ha fatto, suggerisce infatti come opera di Paionios il frontone principale a est e l'altro ad uno scolare di Fidia, Alkamenes. La critica moderna ha decretato che i due fronti appartengono alla stessa mano e pure che i due artisti proporsii sono da escludersi. Per quando riguarda Paionios l'errore si Pausania può essere dovuto alla presenza di una Nike scolpita da tale artista presso il santuario di Zeus e dall'iscrizione sulla base. Alcune statue del frontone attribuito ad Alkamenes risultano di un marmo diverso e anche di altra fattura, probabilmente queste ultime furono affidate ad Alkamenes quando il frontone era rimasto incompiuto. Non si sa di preciso come Pausania venne in contatto con tale notizia, ma molto spesso egli si affidava a quanto gli raccontava i custodi dei santuari. Dal punto di vista critico Pausania non offre nulla di nuovo, si limita a riportare gli apprezzamenti del suo tempo (giudizi stereotipati nati nel periodo ellenico e presenti anche in Plinio). LUCIANO Luciano di Samosata, vissuto all'epoca degli Antonini, è uno degli ultimi scrittori a presentare una sensibilità artistica. Egli non è un semplice compilatore, è fornito di cultura e parla di opere d'arte che ha visto e che descrivere esprendo le proprie emozioni al riguardo. Le precisazioni sulle opere fanno capire che la sua documentazione è degna di fede. Ma anche lui cade nel cliché della grandezza dell'epoca classica. ATENEO Ateneo, grammarico e sofista egiziano, visse durante la metà del III sec a.C. E e scrisse l'opera "I dotti a convito", in cui i convitati intrecciano discorsi che permettono all'autore di riprendere molte notizie di carattere enciclopedico. Si ricordano due lunghe descrioni: una sul corteo festivo di Tolomeo II Philadelphos e una sulla processione trionfale di Antioco IV Epiphahes. Numerose sono anche le fonti di età bizantina, ma esse non contribuiscono a dare valutazioni utili sull'arte greca. Bisogna ricordare poi anche le iscrizioni, che spesso riportano il nome degli artisti. • LE SCOPERTE E LE GRANDI IMPRESE DI SCAVO E' importante, oltre ricostruzione della storia dell'arte dell'antichità, lo studio dei materiali monumentali e del loro ritrovamento. Lo studio dell'arte antica prevede infatti: la conoscenza delle fonti scritte, la conoscenza dei materiali reperiti dallo scavo, il criterio metodologico per portare quelle nozione a giuste conclusioni storiche. Winckelmann, nella sua epoca, si ritovò in un caos di opere uscite dal suolo di Roma, la gran parte non classificate, motivo per cui scrisse la sua opera d'arte senza potersi rifare ad originali. Bisogna ora vedere come la nostra conoscenza dell'arte ha fatto progressi grazie l'acquisizione di materiale da nuomerosi scavi. Nel Settecento sorse a Londra la "Società dei dilettanti" ("amatori d'arte"), essi cominciarono presto a finanziare spedizioni e ad accodarsi a quelle indette dall'Inghilterra. Dal 1738 al 1766 si intraprendono in Italia gli scavi di Ercolano e dal 1748 quelli di Pompei. Una delle prime acquisizioni di sculture greche sono i marmi del Partenone e del tempio di Nike Apteros, legati al nome di Fidia e di Lord Elgin. Probabilmente l'intento di Elgin era quello di eseguire disegni e calchi dei marmi del Partenone e l'idea della spogliazione sarebbe da attribuire al cappellano dell'ambascieria, che distorse il generico permesso ottenuto dal governo di Costantinopoli (primi anni dell'800). Non tutti i marmi furono staccati, alcuni furono recuperati nella demolizione di una casa vicina al tempio. Le ultime ceste del carico totale di 200 giunsero a Londra nel 1812; intanto era nato uno scontro tra chi ammirava entusiasta le sculture e gli studiosi "antiquari", di formazione winckelmanniana, che non li accettavano come opere di Fidia e proponevano addirittura un rifacimento di epoca romana (decadente imitazione). Infine vinsero le ragioni dei primi e i marmi furono acquistati e posti nel British museum. Sicuramente il fatto di staccare i marmi è lesivo, ma il lasciarli sul Partenone avrebbe potuto portare alla loro completa rovina. Bisogna poi tenere in conto il buon senso di Canova che allora rifiutò di restaurare i marmi; poi Visconti fu tra i primi a riconoscere quei marmi come degni di Fidia. Con l'apporto di tali marmi si accentua anche l'interesse per l'arte greca. Tra le scoperte più importanti c'è da ricordare quella del 1811 ad Egina che recupera i primi marmi che si conobbero del periodo arcaico, fatto che aiutò la cultura a distaccarsi dal gusto neoclassico. I marmi di Egina furono restaurati senza riguardo dal danese Thorwaldsen. Tra il 1822-1823 e il 1831 vengono intrapreisi gli scavi di Selinunte, essi portarono alla luce resti di templi ed alcune metope tra i più antichi che si conoscano. Dopo 1860 vengo ripresi gli scavi a Pompei ad opera di Fiorelli, questi sono fondamentali per la documentazione sempre più sicura su vita e costumi del mondo romano, ma ci riportano anche numerosi mosaici e pitture senza i quali non avremmo alcuna conocenza riguardo alla pittura antica (casa dei Vettii, villa di Boscoreale, via dell'Abbondanza con il tentativo di ripristino in situ). A Pompei sono anche state ritrovate numerose statue, copie dii originali greci, di originali ellenistici si hanno solo dei mosaici. Fondamentali sono però le pitture trovate a Pompei ed Ercolano. Per Wickhoff, secondo cui la pittura greca non conosceva il problema dello spazio, tutti gli sfondi paesistici presenti nelle pitture ritrovate erano delle interpolazioni romane. Della fioritura artistica di Alessandria rimangono pochissimi resti, ciononostante gli scavi di una necropoli riportano diretti precedenti della pittura illusionistica di Pompei, che non è altro che una continuazione delle premesse ellenistiche. La penetrazione di una mentalità storicistica nell'archeologia è stata molto lenta tanto che la problematica della forma aristica ontinuava a sfuggire. Nel 1809 vengono eseguiti i primi scavi nel Foro romano, adibito a luogo di pascolo. Qui furono ritrovati elementi importanti per la storia di Roma più che monumenti. Acquistano importanza, dalla seconda metà dell'Ottocento, le scoprte fatte in Grecia, con la maggior importanza degli originali sulle copie romane. È nella seconda metà dell'8oo che vengono organizzate le prime grandi spedizioni di scavo da parte di inglesi, francesi, tedeschi. Al 1863 risalgono gli scavi in Samotracia; nel contempo furono iniziati gli scavi ad Atene, nel Dipylon, dove apparvero per la prima volta i vasi in stile geometrico, scoperta fondamentale in quanto non si può capire la formazione e lo sviluppo della statuaria del VI secolo senza tener conto delle pitture ceramiche. Questa creazione sta alla basedi tutto lo sviluppo dell'arte greca, risultato di una lunga attività artigiana. Si hanno poi gli scavi di Olimpia, iniziati nel 1875, poco prima i francesi, dopo aver identificato il sito della città, avevano fatto qualche saggio di scavo al tempio di Zeus. Questi scavi furono molto fortunati, portarono alla scoperta di grandi sculture (Hermes di Prassitele, Nike di Paionios), di numerose basi firmate: aprendo così una nuova fase della conoscenza dell'arte greca di età classica. Furono poi iniziati gli scavi anche ad Efeso dopo che fu identificato il sito del tempio di Artemide. Sempre anni '70 fu iniziata l'esplorazione di Pergamo. Olimpia : dal periodo arcaico al periodo romano; Efeso : dal VII secolo all'età tardo antica e bizantina; Pergamo : dal periodo post-alessandrino al periodo romano. Grazie alla ricostruzione dell'Altare di Pergano, a Berlino, si sono conosciuti i nomi di alcuni scultori che lavorarono collaborando indipendentemente alla creazione dei vari marmi. Tutte le tipologie usate sembrno riprendere opere del V e del IV sec, si nota già la mentalità retrospettiva con l'accentuazione del rilievo e l'uso del chiaroscuro, con introduzione patetica. A Pergamo fu poi messa in luce l'intera città, il che ci permette di studiare anche l'eubanistica del centro abitato e i suoi problemi (la città si era costituita sull'erto fianco di un colle). Dal 1877 partono gli scavi di Delo e dal 1879 quelli di Delfi. La cronologia di Delo è ricostruibile grazie anche al fatto che fino all'età romana non vi esistevano villaggi; qui sono stati ritrovati i precedenti immediati delle decorazione pompeiane di primo stile. A Delfi in epoca medievale era sorto un piccolo villaggio che per la propria costituzione non aveva badato ad impiegare i materiali reperibili nel grande santuario, questo rende meno fruttiferi gli scavi; con lo spostamento del villaggio moderno si è comunque riusciti a ricostruire la pianta dal tempio (ritrovamento di Kleobis e Byton). Si hanno scavi anche anche in Asia Minore, a Trysa, dove viene trovato un heroon, un'area sepolcrare sontuosa. Fino all'epoca di Alessandro si trovano in queste aree grandi sepolcri monumentali a forma di piccoli templi costruiti spessa da artisti greci: l'esempio più lampante è il Mausoleo di Alicarnasso (alcuni pezzi si sono ritrovati in un palazzo veneziano). Le sculture del mausoleo sono di grande importanza anche perchè attribuite a scultori come Skopas, Bryaxis, Leochares e Timotheos; a causa dei vari rimaneggiamenti è difficile quale marmo sia stato decorato da chi. Tra gli "archeologi" più noti di questi periodo bisogna ricordare Schliemann, grande appassionato di Omero, cui credeva ciecamente. Ed è grazie a questa passione che nel 1871 iniziò gli scavi nella Troade, dove scoprì la stessa Troia e di cui confermò la reale distruzione dovuta ad un incendio. Scavò poi anche a Micene mettendo in luce la civiltà pre-ellenica di cui si ignorava l'esistenza. Schliemann ha sicuramente aiutato l'ampliamento delle conoscenze, ma come scavatore innesperto ha anche sottolineato come ogni scavo tendo a distruggere le testimonianze, soprattutto se si persegue l'obiettivo di far combaciare un'idea con quello che si vuole trovare. Schliemann ebbe come compagno di scavo Dorpfeld, egli continò gli scavi anche in altre località tra cui Atene e Olimpia. Il suo errore però fu quello di giungere a conclusioni più romantiche che scientifiche. Le sue ricerche ad ogni modo servirono a mettere in luce la vita di età elladica e micenea, dimostrando che corrispondeva alle civiltà riprese da Omero. queste linee dagli egiziani in cui sono molto più marcate. Lange nota invece che questa legge della frontalità si trova in tutta l'arte primitiva e in tutte le civiltà antiche: l'arte greca fu l'unica a superarla scoprendo lo scorcio. Nell'opera Problemi di stili Riegl cerca di chiarire le leggi generali che sermbravano presiedere alla creazione di motivi ornamentali. La sua teoria è imporante perchè riesce a liberare la storia dell'arte dal concetto biologico di decadenza. Superò il concetto di "decadenza" introducendo la teoria del "gusto", secondo cui ogni epoca della storia determina un proprio gusto e lo esprime con certe manifestazioni artistiche; non bisogna quindi confrontare le epoche tra loro, ma riostruire la problematica degli artisti nei singoli tempi. Con Riegl si esaurisce quindi la valutazione dell'arte data da Winckelmann: egli apre le porte alla concezione idealistica dell'arte. Rimane anche legato ad un'idea antistorica, inquadrando la storia dell'arte in una linea evolutiva predeterminata. Rietene da ciò di poter suddividere l'arte antica in tre periodi: • "tattile-ravvicinato" (come l'arte egiziana); • "tattile a vista normale" (come l'arte greca classica); • "ottico-illusionistico" (come l'arte romana del tardo impero). Si tendeva a vedere uno scadimento nel rozzo nel passaggio dall'arte classico-ellenistica a quella romana, in realtà vi si sviluppano le premesse per la fioritura dell'arte bizantina (visione spaziale più libera di quella classica): si tratta quindi di uno sviluppo e non di una decadenza. Si rischia di abolire ogni giudizio di qualità (non valutare l'opera in base al gusto del tempo che vige ma in base a quello dell'artista). Un'altra obiezione sarebbe riguardo il concetto che ogni periodo produce un'arte diversa che trova giustificazione nel mutamento della società e quindi per giudicarla storicamente bisosgna rifarsi ai contemporanei, Riegl trascura però lo stretto legame tra arte e società perchè per lui tutto è regolato dal "gusto". Si assiste per esempio all'epoca di Traino ad un tentativo di svincolamento dal classicismo, nel periodo degli Antonini si nota addirittura uno slittamento verso concezioni misticheggianti; l'abbandono del razionalismo conduce sempre ad un disfacimento della forma plastica. Quindi il fenomeno analizzato da Riegl ha spiegazioni più profonde della concezione ottica; il vero problema è capire cosa spinge un artista in una determinata epoca a seguire certe caratteristiche, cosa porta quindi alla creazione del gusto. Le teorie di Riegl quando uscirono ebbero grande successo, anche perchè riescono a portare dello storicismo nel campo della storia antica. Oggi questo puro formalismo è superato. La teoria del Wickhoff nasce dal suo problema di pubblicare un manoscritto della Genesi corredato da miniature camapane che si riteneravano del IV secolo; egli affrontò quindi il dilemma di come si fosse giunti al genere di pittura delle sue miniature. Queste mostravano un contatto con la tradizione ellenistica, ma al contempo anche una sostanziale diversità. Allora Wickhoff, non archeologo, tracciò di getto una sintesi dello svolgimento dell'arte romana, in reazione anche al poco peso che gli archeologi riservavano all'arte romana. Nel mondo greco è raro trovare delle rappresentazioni continuate di fregi, se hanno alcune solo nell'altare di Pergamo. Wickhoff vede le implicazioni di novità stilistiche nella rappresentazione del paesaggio che non è più simbolico. In epoca classica non si rappresenta mai una scena in un paesaggio, come presa dal vero. Alla fine dell'età classica però si cominciano ad avere i primi accenni naturalistici e in età ellenica si hanno esempi di "paesaggi bucolici". Si può dire che la "rappresentazione continuata" ha radici in età ellenistica, ma si sviluppa in età romana; Wickhoff sbaglia vedendoci un elemento completamente nuovo. Nel mondo greco lo spettatore è estraneo alla scena e infatti il rilievo è piatto, nel mondo romano egli si trova nello spazio delle figure (a volte le figure possono essere più in rilievo al centro che ai lati per creare l'illusione). Wickhoff definisce questo aspetto come "illusionismo ottico", ma già in alcune espressioni di epoca ellenistica si nota simili note, come pure nella stessa Ara pacis. Nella Roma augustea si possono trovare due tipi di rilievi, uno classico e uno illusionistico. Mentre l'arte greca ha tentenze plastiche e disegnative, secondo Wickhoff quella romana ha tendenze illusionistiche ed impressionistiche. Wickhoff non si accorge che l'illusione spaziale prosegue nell'arte pompeiana finchè questa riceve apporti vivi dall'arte ellenistica e non si accorge che, cessato questo rapporto, la pittura romana presenta due nuove tendenze: rinuncia a collocare le immagini in uno sfrondo oggettivo e definito spazialmente e poi l'esasperazione di una tecnica a macchia che porta ad una distruzione della forma plastica, avvicinamento all'astrazione e al simbolismo. Dopo Wickhoff si comincia a parlare di categorie dell'arte, definite poi da Wolfflin. La storia dell'arte antica continua a persuadersi che attraverso la lettura della forma artistica si può stabilire la cronologia delle opere; si ha quindi uno stacco netto dall'archeologia che si proponeva l'interpretazione e del mito, sempre basandosi sulle opere letterarie. Si giunge alla formazione di un lessico specialistico e si rischia di rendere troppo rigide le categorie formate, soprattutto quando non si cerca più la connessione con la realtà storica. Ora lo storico crede di poter limitare la propria attività a definire le categorie artistiche. • PROBLEMI DI METODO LA STORIA DELL'ARTE COME INTERPRETAZIONE STORICA DELLA FORMA Lo studio filologico e lo scavo hanno fatto in modo che la nostra conoscenza oggettiva dell'arte greca si ampliasse in modo notevole. L'indagine, iniziata con Rielg, Wickhoff e proseguita da Wolfflin, esamina l'opera d'arte nella sua qualità artistica e ne fissa le caratteristiche formali (il che permette di determinare anche una cronologia). In ogni artista si può notare un certo svolgimento, ma lo stesso si nota anche con il passare delle generazioni. Attravero lo studio formale dei caratteri stilistici, la storia dell'arte antica ha fatto progressi notevoli.
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