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Introduzione all'archeologia bizantina, Sintesi del corso di Archeologia

Riassunto del libro Introduzione all'archeologia bizantina di Enrico Zanini

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

Caricato il 23/05/2023

giu81468
giu81468 🇮🇹

4.7

(3)

10 documenti

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Scarica Introduzione all'archeologia bizantina e più Sintesi del corso in PDF di Archeologia solo su Docsity! lOMoARcPSD|114 449 69 INTRODUZIONE ALL’ARCHEOLOGIA BIZANTINA ENRICO ZANINI LE FONTI. Il rapporto tra indagini sul campo e l’utilizzo delle fonti antiche per la ricostruzione storica è sempre stato uno dei problemi primari dell’archeologia bizantina. Il “Corpus Criptorium Historiae Bizantinae” del 1828 aveva messo a disposizione degli storici gran parte della tradizione storiografica bizantina: -il “De Aedificis” di Procopio di Cesarea (guida archeologica perché contemporaneo ai monumenti che descrive): -il “De Caerimonis” di Costantino VIII Porfirogenito. lOMoARcPSD|114 449 69 Questi testi fornivano spunti di notevole interesse per lo sviluppo di un’archeologia filologica dell’impero cristiano-orientale. Tra le fonti a disposizione prevalgono quelle letterarie, mentre i documenti d’archivio sull’amministrazione centrale e periferica dello stato sono rarissimi; inesistenti quelli che riguardano i rapporti tra privati cittadini. Per lo studio dell’ “Instrumentum Domesticum” sono essenziali gli atti di fondazione di monasteri e inventari di beni a questi connessi, utili anche per comprendere la produzione e la circolazione delle merci. Le fonti scritte bizantine hanno un valore importante anche per la copertura geografica e cronologica che offrono; quindi, dal punto di vista quantitativo, sono assai articolate perché offrono un panorama di tutte le regioni dell’impero, anche se quelle delle età medio e tardo-bizantine si riferiscono in particolare solo alla capitale imperiale. Dal punto di vista tipologico, in conclusione, si possono dividere 3 grandi categorie: 1. Documenti→ la loro produzione seguì precise norme stabilite nel Corpus Iuris civilis di Giustiniano. Disponiamo, in particolare, di una certa quantità di atti trascritti su papiri per l’Egitto e l’Esarcato di Ravenna fino alla metà dell’VIII secolo. Contengono informazioni circa la vita quotidiana in quelle regioni, elenchi dei beni mobili e immobili. Per i secoli successivi possediamo solo documenti provenienti da archivi di monasteri come quello del Monte Athos. I documenti legislativi sono divisi tra atti ufficiali della corte e disposizioni sulla ripartizione amministrativa dell’impero. Le “Novelle” del Corpus Iuris Civilis consentono di ricavare informazioni importanti sulla suddivisione territoriale, sulla consistenza delle città e sull’organizzazione delle diverse province. La “Notitia Dignitatum in Partibus Orientis et Occidentis” fornisce una sorta di elenco che riporta in maniera sistematica la ripartizione amministrativa, provincia per provincia, di tutti i territori imperiali in vigore per tutta l’epoca giustinianea. Per quanto riguarda le informazioni di tipo Prosopografo sono essenziali gli atti dei sinodi episcopali e dei concili regionali ed ecumenici perché contengono lunghe liste di prelati e di sedi episcopali. Importanti anche le epistole dei pontefici, come quelle di Gregorio Magno, che inquadrano la situazione dell’Italia del VII secolo. 2. OPERE STORIOGRAFICHE→ sono importanti perché forniscono una ricca documentazione dell’intero arco cronologico della vita dell’impero. I più importanti sono: -”Res Gestae” di Amiano Marcellino: molte informazioni sulle città delle regioni orientali nel terzo quarto del IV secolo; -”Storia Nuova” i Zosimo: arriva fino al 410, è di grande importanza per le regioni balcaniche; -”Guerre” di Procopio di Cesarea: quadro completo delle regioni dell’impero. Per quanto riguarda le cronache spiccano Anna Comnena, Giovanni Cinnamo, Niceta Coniate perché offrono uno spunto per l’indagine su particolari aspetti della Costantinopoli precedente all’occupazione latina. Il “De Signis Costantinopolitanis” fornisce un elenco attendibile delle opere d’arte e delle statue andate distrutte nel saccheggio crociato. Eusebio di Cesarea, Evagrio, Giovanni da Efeso coprono un arco cronologico che va dal 324 al 593, un periodo in cui le gerarchie ecclesiastiche erano a capo dell’amministrazione pubblica. 3. TRATTATISTICA→ importate perché tratta argomenti molto variegati: -”De Aedificis” di Procopio di Cesarea: fonte antica di maggiore interesse; esalta la grandezza di Giustiniano attraverso la descrizione di opere da lui commissionate. È organizzato attraverso la divisione dei libri per regione da Costantinopoli all’Africa settentrionale. Manca però la descrizione dell’Italia. Seppure qualitativamente importante, lOMoARcPSD|114 449 69 regione scossa da forti fermenti religiosi) pose la Siria al centro degli interessi e dell’attività energetica (di appoggio finanziario), soprattutto di Giustiniano. Gli indicatori della prosperità economica della regione travalicano l’ambito strettamente urbano per riflettersi anche alle campagne: il VI secolo segna una fase di significativo sviluppo dei centri produttivi agricoli sia della Siria settentrionale sia della Palestina meridionale. I villaggi agricoli del Massiccio Calcareo costituiscono un contesto archeologico del tutto eccezionale in cui la conservazione in elevato di interi agglomerati permette di studiare nel dettaglio i modelli insediativi e l’organizzazione produttiva del territorio. Fondati quasi tutti tra il II secolo a.C. e il I secolo d.C. da una popolazione dedita alla policultura arbustiva e dei legumi con predominanza dell’olivocultura, questi villaggi conservano i loro caratteri fondamentali: assenza di impianto urbano, mancanza di mura, addossarsi disorganizzato di unità abitative e produttive intorno all’unico edificio pubblico della chiesa. Nel corso del VI secolo l’affermarsi dell’olivocultura come attività esclusiva e con l’impianto in diversi centri di oleifici testimonia un passaggio da una Microeconomia agricola policulturale a un’Economia a carattere produttivo-commerciale basata sulla distribuzione a largo raggio di un notevole surplus. Anche la regione palestinese visse un processo di sviluppo analogo. Oltre alla città di Gaza, per la quale tanto le fonti quanto i materiali archeologici testimoniano un importante sviluppo della produzione vinaria, le ricognizioni territoriali e le indagini archeologiche condotte negli ultimi decenni a opera di studiosi israeliani hanno rivelato come l’epoca proto-bizantina fu caratterizzata da un notevole incremento del numero degli insediamenti rurali. Infine, abbiamo il grande tema legato alla nascita e allo sviluppo di grandi centri di pellegrinaggio e di importanti insediamenti monastici che ebbero un riflesso sul popolamento di alcune aree della regione→ caso più eclatante Qal‘at Sim‘an, nella Siria nordoccidentale, sorto sul luogo dell’ascesi di Simeone lo Stilita, vissuto su di una colonna per 40 anni. Subito dopo la morte del santo, avvenuta nel 459, si cominciò a erigere un grandioso martyrion cruciforme con al centro un ottagono che ospitava la colonna del santo. Completato con l’erezione di un battistero, il complesso di Qal‘at Sim‘an fu subito oggetto di venerazione, che determinò alla base della collina lo sviluppo di una serie di insediamenti monastici, di strutture residenziali e di servizio per i pellegrini, che finirono per assumere i connotati di una vera città. Sorte analoga subirono almeno altri due centri religiosi della Siria: 1. Refasa→ dove sul luogo del martirio di San Sergio si sviluppò un insediamento urbano che in età giustinianea fu trasformato in uno dei centri direzionali del sistema difensivo orientale dell’impero; 2. Monastero di Santa Caterina al Monte Sinai→ il prototipo dell’insediamento monastico fortificato sorto su di un sito sacro (Roveto Ardente di Mosè) inteso come un importante punto di controllo su si una regione poco popolata ma di vitale interesse strategico nella difesa dei confini imperiali dalle incursioni dei popoli nomadi del sud. L’ASIA MINORE. La regione che nelle successive fasi di sviluppo del mondo bizantino avrebbe costituito il nucleo fondamentale dell’impero, ricoprì in età proto-bizantina un ruolo più marginale, accentuato dal permanere della divisione tra provincie costiere più ricche e le provincie dell’altopiano anatolico. In conseguenza di ciò l’evergetismo degli imperatori della prima metà del VI secolo assunse caratteri ben distinti nelle due aree territoriali: lOMoARcPSD|114 449 69 -città costiere di tradizione ellenistica→ sviluppo dei loro apparati monumentali, attraverso l’erezione di grandi complessi religiosi, come nel caso del santuario di San Giovanni a Efeso; -regioni interne→ oggetto di complessi interventi urbanistici di riassetto territoriale, legati alla realizzazione e al rafforzamento egli impianti difensivi, ridefinizione dei grandi assi viari che collegavano le zone di frontiera direttamente con la capitale, risistemazione delle infrastrutture di servizio (che Procopio da cesarea elenca). Anche in questa regione gli insediamenti monastici giocarono un ruolo di grande rilievo nel popolamento di alcune aree interne. AREA BALCANICA. La riconquista dell’Illirico (→ vasta regione tra il Danubio e la penisola greca) fu un impegno prioritario per Giustiniano: ristabilimento del Limes sul Danubio; riorganizzazione amministrativa di un’intera regione intorno a un nuovo centro direzionale, ovvero Justiniana Prima, costruito sul sito del villaggio natale di Giustiniano; desiderio di ricondurre sotto il controllo bizantino le importanti risorse minerarie dei Balcani occidentali } le principali motivazioni che spinsero Giustiniano a impegnare risorse notevoli nella risistemazione dell’aera. Sulla base di queste premesse l’impatto avuto dalla dominazione bizantina sull’intera regione balcanica non poteva che essere rilevante e forse in nessun’altra area dell’impero l’epoca proto-bizantina rappresentò una fase così profonda di cesura e trasformazione, di cui sono testimonianza almeno tre fenomeni principali: 1. lo spostamento del baricentro della regione dalle sue province sudorientali a quelle nordoccidentali; 2. connesso col precedente è il fenomeno di un sensibile rinnovamento del quadro urbano con centri di antica tradizione che subiscono profonde involuzioni; 3. progressiva militarizzazione di una vasta area, concepita nel suo insieme come regione di confine, destinata a fungere da cuscinetto e da filtro nei confronti della crescente pressione slava e per la quale si apportarono i necessari strumenti sia difensivi, sia amministrativi. Coronata da un successo nel campo amministrativo e difensivo, la riorganizzazione dell’area balcanica voluta da Giustiniano non ebbe effetti felici in campo economico. Il VI secolo non fu in nessuna misura un’epoca di prosperità economica per la regione: in particolare le provincie occidentali non si ripresero mai dalla grave crisi causata dalle invasioni del V secolo. Ad un analogo quadro di sensibile e progressiva decadenza economica e demografica rimanda l’esame degli insediamenti, tutti di dimensioni medio-piccole, con edifici pubblici di non grande rilievo monumentale e decorativo, con un’edilizia residenziale dai caratteri assai modesti. AFRICA. Analogamente a quanto è successo per l’Illirico, anche alla riconquista dei territori dell’Africa settentrionale, avvenuta con una rapida campagna militare tra il 533 e il 534, e ala loro risistemazione amministrativa, sancita da una legge del 534 con cui Giustiniano ribadiva l’antica suddivisione del territorio in sette province, l’impero bizantino annetteva certamente un’importanza tutta particolare per i motivi sia di ordine economico sia di ordine politico militare, legati al controllo di un territorio chiave nell’economia strategica del Mediterraneo. Questo dato emerge dalle fonti, in primo luogo il “De Aedificis” di Procopio. L’aspetto che maggiormente caratterizza le regioni nordafricane nel VI secolo è certamente quello legato all’impianto di una rete di centri fortificati destinati ad assicurare un efficace controllo militare e amministrativo di una delle grandi frontiere imperiali. L’imponente lOMoARcPSD|114 449 69 attività edilizia che caratterizza l’età giustinianea e volta alla ricostruzione dei centri urbani, ma anche alla risistemazione delle infrastrutture sembra testimoniare una fase di forte espressione economica e anche una specifica attenzione al ristabilimento delle principali attività produttive della regione; a un quadro simile sembra rimandare anche la quantità delle esportazioni di ceramiche fini da mensa2 verso Costantinopoli. ITALIA. Fu riconquistata definitivamente nel 554, a seguito di una guerra ventennale contro gli Ostrogoti (535-554), che lasciò la penisola in preda a una gravissima crisi demografica e con un’eredità di città distrutte e in parte abbandonate, di strade interrotte e di campi incolti. Altrettanto rapidamente l’unità territoriale della penisola andò frantumandosi sotto l’invasione longobarda del 568 (Italia non più unificata fino al 1860). 2. L’IMPERO MEDIO-BIZANTINO. Dopo il lungo periodo, definito “secoli bui”, segnato all’esterno da un’accanita lotto contro Arabi e Slavi per assicurare la sopravvivenza stessa dell’impero e all’interno dalla lunga crisi politico-religiosa della crisi iconoclastia, l’età medio-bizantina, che si fa convenzionalmente iniziare con la fine della controversia iconoclasta (843) e terminare con l’occupazione latina di Costantinopoli nel corso della quarta crociata (1204), segna una nuova fase di sviluppo dell’impero da un periodo di espansione, culminata sotto Basilio II con la riconquista di una porzione significativa della penisola balcanica e con il consolidamento delle frontiere orientali. 3. IMPERO TARDO-BIZANTINO. L’occupazione latina di Costantinopoli (1204-1261) segna un altro spartiacque fondamentale nell’assetto territoriale dell’impero bizantino: in seguito alla “devastazione” della quarta crociata, l’impero vide sottrarre al suo controllo l’intera regione ellenica, la Tracia e le coste dell’Asia Minore affacciata sul Mar di Marmara. All’amministrazione imperiale, che trasferì la sua sede a Nicea, rimasero la sola regione nordoccidentale dell’Anatolia, comprese le coste dell’Egeo e di parte del Mar Nero; mentre sulla costa meridionale di quest’ultimo bacino e nella Grecia occidentale prendevano vita due entità statali indipendenti:il principato di Trebisonda e il Despotato dell’Epiro. L’effettiva frammentazione dell’impero bizantino durò poco più di due decenni: la dinastia regnante a Nicea riconquistò rapidamente prima Tessalonica e gran parte della Grecia continentale, poi, nel 1261, riprese il controllo dell’antica capitale imperiale. Con la riconquista di Costantinopoli l’impero riacquistò la sua unità territoriale, anche se i decenni dell’occupazione latina avevano determinato una frattura tra le componendi anatolica ed ellenica del mondo bizantino. Dai primi decenni del XIV secolo la pressione dei Serbi e dei Bulgari nell’area balcanica e quella dei Turchi in Anatolia si rivelò insostenibile per le forze imperiali e alla metà del secolo l’intera Asia Minore era già nelle mani dei turchi, mentre a Occidente la Grecia continentale e centrale passavano sotto il controllo dei Serbi. Cinquanta anni più tardi, dopo la definitiva caduta di Tessalonica in mano turca (1387), l’impero vero e proprio era ridotto all’estrema propaggine della penisola di Tracia e ad alcune isole dell’Egeo, mentre nel Peloponneso il despotato di Morea si affermava come caposaldo bizantino in grado di sopravvivere per alcuni anni anche alla crisi definita dell’impero, culminata con la presa di Costantinopoli da parte dei Turchi Ottomani del 1453. lOMoARcPSD|114 449 69 di Marmara. Verso Nordovest confinava con l’ippodromo e le terme di Zuxippo; verso Nordest con la piazza dell’Augusteion e, al di là di questa, con Santa Sofia; verso Sudovest con il palazzo del Boucoléon e il quartiere di Hormisdas; verso Est e Sud i terrazzamenti si affacciavano direttamente sul mare. Sul lato settentrionale del palazzo si apriva l’ingresso monumentale (rivolto verso l’Augusteion) chiamato Chalké→ edificio di impianto quadrangolare ricostruito da Giustiniano che prendeva il nome dalla grande porta bronzea destinata a mettere in comunicazione il palazzo con lo psazio antistante la chiesa di Santa Sofia e che ospitava nella sua sala centrale cupolata una vera e propria collezione di opere d’arte fatte giungere dalle diverse regioni dell’impero. Attraversata la Chalké. La zona nordorientale del Grande Palazzo era occupata dal complesso detto della Magnaura, utilizzato come luogo di ricevimento degli ambasciatori stranieri, il cui nucleo centrale era costituito da un edificio di impianto basilicale a tre arcate. 2. l’ippodromo→ iniziato già iniziato sotto Settimio Severo e completato in età costantiniana, fu oggetto di molti restauri nei secoli e ospitava ancora tornei cavallereschi nel XIV secolo (mode dei latini). Le fonti iconografiche e letterarie permettono di ricostruire l’impianto tradizionale a doppia corsia separata dalla Spina. 3. la chiesa di Santa Sofia→ avvio dei lavori di un grande tempio cristiano dedicato alla sapienza divina già a Costantino, anche se la prima chiesa (dalle fonti: impianto basilicale a 3/5 navate coperto a tetto ligneo e forse con gallerie) venne consacrata solo nel febbraio del 360 sotto Costanzo II. Le fonti e gli scarsi dati archeologici non ci dicono quanto andò distrutto nell’incendio del 404 (causati dalla deposizione di Giovanni Crisostomo dalla carica patriarcale) e quindi non sappiamo se l’intervento di Teodosio II, finito nel 415, sia consistito in un semplice restauro o in una riedificazione. Ai decenni centrali del V secolo si datano inoltre una serie di chiese in diversi quartieri della città che costituiscono il punto di partenza dei successivi sviluppi dell’architettura della prima età bizantina: -estremo quartiere sudorientale della città→ San Giovanni di Studio, costruita intono al 450: il tradizionale schema basilicale appare aggiornato attraverso una serie di soluzioni peculiari: adozione di un impianto rettangolare quasi quadrato, con la navata centrale fortemente dilatata in larghezza; presenza di un’abside semicircolare all’interno e poligonale all’esterno (debutto di una tipologia che ebbe molta fortuna in seguito nell’architettura bizantina); muratura a fasce alterne di pietra e mattoni che ricorda quella delle mura teodosiane; creazione di un sistema di accessi assai articolato. Le soluzioni adottate in San Giovanni di Studio si trovano pressoché identiche nella contemporanea chiesa della Theotokos di Chalkoprateia. Ancora all’età tardo antica e proto-bizantina risale l’allestimento delle principali infrastrutture di approvvigionamento della città: dalla seconda metà del IV secolo si assiste ad un moltiplicarsi sulla costa della Propontide di installazioni portuali destinate a ricevere le derrate alimentari dalle zone periferiche dell’impero. Ancora alla seconda metà del IV secolo risale l’impianto di un nuovo sistema di acquedotti→ il vecchio e insufficiente acquedotto della Bisanzio romana venne sostituito da quello di Valente del 373. Procopio testimonia che Giustiniano fece costruire trentatré chiese, questo processo di rapida cristianizzazione degli spazi pubblici appare evidente anche su scala urbanistica→ lungo la parte settentrionale della Mese sorgeva la chiesa di San Polieucto, edificata tra il 524 e il 527 su commissione di Anicia Giuliana, andò totalmente distrutta verso la fine del XII secolo, ad eccezione dell’alta piattaforma di sostruzione e dei livelli di fondazione che sono stati indagati archeologicamente negli anni ‘60. lOMoARcPSD|114 449 69 Nell’ambito del VI secolo sono datati due edifici di culto di minori dimensioni venuti alla luce lungo le indagini archeologiche: -Sant’Eufemia: edificio di culto all’interno delle strutture del cosiddetto palazzo di Antioco, eretto agli inizi del V secolo nelle immediate vicinanze dell’ippodromo; -Basilica A del quartiere di Beyazit: edificio di impianto basilicale. Nessuna traccia (al 1994) archeologica della grande chiesa dei SS. Apostoli, che sorgeva sul sito dell’omonimo complesso di epoca costantiniana e che la precisa descrizione di Procopio consente di ricostruire come vasto impianto a croce libera, con tutti i bracci scanditi in tre navate con gallerie e con un articolato sistema di coperture che prevedeva una grande cupola centrale e 4 cupole minori sui bracci della croce. Edilizia civile→ impiego del restauro e della costruzione di importanti edifici pubblici: ristrutturazione e annessione al Grande Palazzo Imperiale del complesso del palazzo Boucoléon, posto lungo le mura marittime della Propontide. La fonte principale per i secoli VII-XI, le “Parastaseis Syntomoi Chronikaia”, benché non possa essere intesa come un catalogo sistematico degli edifici ancora esistenti nella captale bizantina, restituisce l’immagine di una città in decadenza, in cui l’osservatore si muove ancora nei grandi spazi della capitale di Teodosio II e di Giustiniano che appaiono però svuotati del loro significato e costituiscono poco più di quinte isolate in vaste aree deserte. La ripresa della committenza imperiale sembra interessare solo una zona piuttosto ristretta della città, quella del Grande Palazzo e degli immediati dintorni: soprattutto attività di Teofilo, ultimo degli imperatori iconoclasti, cui si deve il restauro di una parte delle mura marittime testimoniato da iscrizioni. Sembra più ricca l’ora di Basilio I, cui possono essere riferiti ben trentuno interventi, tra restauri e nuove costruzioni, su edifici di culto come la Nea Ekklesia dedicata all Vergine (880), nella zona meridionale del palazzo imperiale, e che le fonti permettono di ipotizzare con pianta a croce greca coperta da 5 cupole. Solo agli inizi del X secolo, durante la Rinascenza Macedone, si datano i primi due edifici religiosi entrambi legati alla cerchia imperiale: -chiesa settentrionale del monastero di Costantino Lips (Fener-i Isa Cami), dedicata nel 907; -chiesa del Martyrion, costruita nel 920 dall’imperatore Romano I Lecapeno. Il complesso voluto da Costantino Lips, alto ufficiale al servizio di Leone VI, ubicato nel settore centroccidentale della città, segna il definitivo consolidarsi della pratica di costruire monasteri urbani legati alla committenza di personaggi di altissimo rango, fenomeno che diventa usuale in età medio e tardo-bizantina. I cento anni di regno dei tre grandi imperatori della dinastia Comnena, Alessio I, Giovanni II e Manuele II, coincisero con un periodo di notevoli trasformazioni del tessuto urbano di Costantinopoli, resi evidenti da due fenomeni tra loro strettamente legati: il progressivo abbandono del Grande Palazzo in favore della nuova residenza imperiale fatta costruire nel quartiere delle Blacherne e il contemporaneo sviluppo dell’insediamento nei quartieri settentrionali della città prospicienti il Corno d’Oro a scapito di quelli meridionali affacciati sul Mar di Marmara. L’ “Alessiade” della storiografa Anna Comnena testimonia che subito dopo la conquista del potere, Alessio I fece erigere alle Blacherne un nuovo palazzo che utilizzò per ricevere i comandanti latini della prima crociata. Il nipote di Alessio I, Manuele I Comneno fece restaurare e ampliare il palazzo e commissionò la costruzione di un secondo edificio lungo il pendio che si affaccia al Corno d’Oro. Le fonti non chiariscono le motivazioni che spinsero gli esponenti della dinastia comnena ad abbandonare il Grande Palazzo. Questo spostamento della sede imperiale all’estremità nordoccidentale della città non fu certamente estraneo alla grande rivitalizzazione che vissero in quest’epoca i quartieri lOMoARcPSD|114 449 69 settentrionali della città e che è dimostrata dall’ubicazione delle chiese direttamente riferibili alla dinastia comnena: a fronte del caso del cristo Philanthopos, che costituisce l’unica attestazione si intervento nei quartieri occidentali e meridionali, tutte le altre chiese di quest’epoca appaiono infatti concentrate sulle alture che dominano il Corno d’Oro. L’affermarsi di nuovi assi viari sulla direttrice che collegava il Grande Palazzo alle Blacherne, uno dei quali sembrerebbe poter essere indicato dal disporsi lungo un asse sud- nordovest di almeno quattro importanti chiese. Oltre alle 4 chiese l’esame dei caratteri costruttivi e soprattutto lo studio delle tecniche edilizie permettono di completare il corpus degli edifici religiosi costantinopolitani di età comnena con tre edifici: le due chiese di dedicazione ignota conosciute con i nomi turchi di Gul Cami e di Kalenderhane Cami e il nucleo originario del Salvatore di Chora (distrutto in epoca paleologa). Il sessantennio della dominazione latina di Costantinopoli non lasciò sul piano monumentale alcun traccia se non quelle legate alla sistematica asportazione di opere d’arte da mandare nei centri dell’Occidente medievale. Per contro, sul piano demografico e urbanistico la prima metà del XIII secolo si colloca al centro di una fase importante, caratterizzata dal definitivo compiersi del processo di insediamento di gruppi di popolazione diversi, la cui crescente consistenza numerica finì per condizionare in misura sensibile anche l’articolazione spaziale della città. La ripresa dei traffici mercantili nel Mediterraneo e con il Vicino ed Estremo Oriente nei secoli centrali del Medioevo trasformò costaninopoli da rande centro di consumo a importantissimo nodo commerciale n cui operavano colonie sempre più numerose di mercanti russi, tedeschi, francesi e italiani, i cui insediamenti mutarono spesso i caratteri urbanistici di interi quartieri della città. Tra gli italiani i primi furono gli Amalfitani, Pisani, Veneziani e Genovesi, che si contesero il predominio mercantile. Dei numerosi edifici di culto documentati dalle fonti come annessi alle colonie latine o appartenenti ai diversi ordini religiosi che stabilirono proprie sedi a Costantinopoli all’epoca della dominazione latina (francescani, domenicani, templari) non rimane oggi alcuna traccia archeologica, al di là di un ciclo di affreschi di ispirazione francescana, databile intorno alla metà del XIII secolo, rinvenuto nella cappella meridionale della Kalenderhane Cami, che testimonia un interessante caso di destinazione al culto cattolico occidentale di una parte di un edificio religioso preesistente. La rapida e inattesa riconquista della capitale di Michele VIII nel 1261, primo esponente della dinastia dei Paleologhi, che avrebbe regnato fino alla caduta di Costantinopoli nelle mani dei Turchi, diedero il via a una nuova fase dell’evoluzione urbana della città. A questa stessa epoca risale infine la riorganizzazione urbana dei sobborghi di Pera e Galata, posti sulla riva settentrionale del Corno d’Oro e destinati a divenire la sede della colonia mercantile genovese assurta al ruolo di interlocutore commerciale privilegiato della nuova dinastia imperiale, con diritto di occupare una vasta area in quella regione, di edificarvi case e magazzini e infine, dal 1335. di erigere una vera e propria cinta di mura. Il primo insediamento genovese occupava un’area grosso modo rettangolare della superficie di circa 12 ettari ed era delimitato da una cerchia difensiva di cui restano oggi piche tracce; nel 1348 una nuova concessione permise ai Genovesi di espandere verso nord il loro insediamento, costruendo due nuovi tratti di mura facenti perno su un grande torrione cilindrico, la cosiddetta Torre del Cristo, il cui profilo, risultante di diversi interventi successivi, domina ancor oggi il panorama della sponda settentrionale del Corno d’Oro. All’interno del perimetro del nuovo nucleo urbano, accanto a case, botteghe e magazzini, le fonti testimoniano l’esistenza di diverse chiese, oggi pressoché perdute, nonché di un palazzo comunale il cui aspetto è noto attraverso alcuni disegni della fine del 1800.
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