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Introduzione all'archeologia - R. Bianchi Bandinelli, Sintesi del corso di Archeologia

Riassunto Introduzione all'archeologia di R. Bianchi Bandinelli

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

Caricato il 22/11/2019

giuluzi
giuluzi 🇮🇹

4.6

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Scarica Introduzione all'archeologia - R. Bianchi Bandinelli e più Sintesi del corso in PDF di Archeologia solo su Docsity! Introduzione all’archeologia di R. Bianchi Bandinelli L’archeologia per molto tempo non è esistita come disciplina autonoma, né come parola corrente. Il termine archeologia si trova sì nelle fonti antiche, ma come significato generico di notizie sui tempi antichi. Vi è: • un’archeologia ottocentesca essenzialmente filologica, che giunge sino alla prima guerra mondiale; • un’archeologia esclusivamente storico-artistica nel periodo intermedio; • un’archeologia essenzialmente storica affermatasi dopo la fine della seconda guerra mondiale. E se in periodi precedenti il termine archeologia si riferiva implicitamente alle antichità greche e romane, oggi lo si intende generale, e i più grandi progressi della nostra conoscenza del passato sono dovuti alle ricerche nel campo delle antiche civiltà orientali. L’archeologia dell’arte che studia i monumenti non più come documenti illustrativi, ma come opere d’arte in se stesse e come documento di civiltà e di cultura, si distacca da quello studio delle antichità “greco-romane” che caratterizzava la ricerca degli antiquari. La nascita dell’archeologia in questo senso possiamo attribuirla a Winckelmann. Ad egli rimane il merito di aver trasportato lo studio dell’arte antica dalla mera erudizione, verso concetti generali che fossero di guida alla ricostruzione del tessuto cronologico dell’arte antica, alla comprensione dell’opera d’arte in se stessa. Winckelmann scriveva infatti di cercare di scoprire “l’essenza dell’arte” attraverso lo studio degli antichi. Il suo fine era dunque di rintracciare le supposte leggi che regolano la perfezione di un’opera d’arte e ne fanno un esempio di Bellezza: era cioè la ricerca di una Estetica assoluta, basata sulla supposta perfezione assoluta delle opere antiche. Occorre tener presente che la cronologia è sempre stato uno dei più grandi problemi a causa dell’incertezza della tradizione, ma considerando l’archeologia uno degli strumenti fondamentali dell’indagine storica, proprio gli indizi cronologici diventano essenziali per dare un giudizio storico e non empirico. La comprensione dell’opera d’arte ha inizio proprio attraverso la fissazione della cronologia. Al tempo di Winckelmann l’arte antica si presentava come un ammasso di opere di scultura, di statue frammentarie, trovate per caso specialmente a Roma, senza che ci fosse un criterio di cronologia (tranne che per alcune opere di età imperiale romana rimaste in vista e databili). Il mondo dell’arte antica appariva come un blocco unico senza prospettiva storica; quelle opere erano creazione “degli Antichi” senza distinzione fra i secoli della Grecia e i secoli di Roma. Fu proprio Winkelmann ad adottare per la prima volta il criterio stilistico e a soffermarsi sull’indagine formale delle opere d’arte. Egli distinse quattro grandi divisioni: • Stile antico • Stile sublime (Fidia e successori, V-IV secolo a.C.) • Stile bello (inizia da Prassitele e culmina in Lisippo, seconda metà del IV secolo) • Periodo della decadenza (ultimo secolo a.C. ed età imperiale romana) Ma l’elemento più nuovo ed importante nella ricerca di Winckelmann rimane il principio del capire l’intima essenza dell’opera d’arte → in che cosa consiste la sua essenza artistica e quindi la sua bellezza. Con l’inizio dell’Ottocento si hanno le prime campagne di scavo, ed intanto si sviluppava attraverso la critica delle copie di età romana la fase filologica dell’archeologia. Nessuno però si preoccupava di rivedere il criterio estetico di Winckelmann: l’unico obiettivo era quello di raccogliere materiale da costruzione per un futuro edificio storico. Questo avvenne anche perché il suo giudizio estetico coincideva coi giudizi trasmessici dalle fonti letterarie antiche. Ma le fonti classiche (Plinio e Pausania) sono tarde e si riconnettono a tutta una serie di scritti retorici del tardo ellenismo, quando nella Grecia in declino economico si era formato un medio ceto e una media cultura conservatrice e rivolta al passato → il dominio romano sulla Macedonia (197 a.C.) e poi sulla Grecia (146 a.C.) dettero a quella visione retrospettiva, con la glorificazione dell’antica grandezza, anche un significato di riscatto morale. Molti equivoci sono nati rispetto all’arte greca proprio dal persistere di una tale concezione. Fondamentale equivoco quello che l’arte greca sia un’arte essenzialmente volta all’idealizzazione del vero, mentre da tempo, secondo Bandinelli, sembra evidente che si debba riconoscere come l’arte greca sia stata più di ogni altra arte del mondo antico rivolta alla ricerca di un sostanziale realismo. Essa è l’unica infatti che abbandona la ripetizione di schemi figurativi fissi e simbolici; l’unica che inventa lo scorcio e la prospettiva e il colore locale, per afferrare l’aspetto realistico delle cose. Per lungo tempo ha avuto valore la suddivisione winkelmanniana dell’arte antica in periodi collegati tra loro da una linea parabolica di svolgimento, ma a questo schema si oppose l’affiorante coscienza storicistica. Winckelmann intendeva ricavare una norma estetica universalmente valida, e quando si volle ricostruire criticamente la storia dell’arte greca attraverso lo studio degli originali, liberandola dalla visione formatasi esclusivamente attraverso le copie romane, si dovette riscoprire questa posizione vitale di Winkelamann. La prima edizione dell’opera fondamentale di Winckelmann fu pubblicata a Dresda nel 1763: • Il primo libro parla delle origini delle arti e delle loro differenze presso le varie nazioni. • Il secondo libro alle arti del disegno presso gli Egizi, i Fenici ed i Persiani • Il terzo sulle arte del disegno presso gli Etruschi ed i popoli confinanti • Il quarto studia le arti del disegno presso i Greci e l’idea del Bello da esso rappresentato • Il quinto sul Bello considerato nelle varie figure dell’arte greca • Il sesto tratta del panneggio • Il settimo è dedicato alla parte tecnica: meccanismo della scultura presso i Greci e la loro pittura • L’ottavo offre una sintesi dei progressi e della decadenza dell’arte presso i Greci e i Romani • Il nono traccia il percorso della storia dell’arte presso i Greci dai suoi presunti inizi fino ad Alessandro il Macedone • Il decimo la storia delle arti del disegno da Alessandro fino al dominio dei Romani in Grecia • L’undicesimo e il dodicesimo considerano la storia dell’arte greca presso i Romani dai tempi della Repubblica fino all’intero decadimento Nell’Ottocento ci si volge con metodo critico allo studio dei testi antichi e se ne traggono fuori tutte le notizie relative agli artisti, cercando di mettere d’accordo le varie fonti e di correggere filologicamente i testi corrotti. Da una parte abbiamo una serie di copie romane di originali greci che dovevano essere le più famose ed apprezzate dell’antichità; dall’altra una serie di menzioni di opere di grandi artisti greci, descritte dalle fonti antiche. Il problema che si pone agli studiosi è pertanto di identificare le une nelle altre, mettendo d’accordo monumenti e fonti. La prima identificazione fu quella dell’Apoxyomenos di Lisippo in una copia in marmo scoperta nel 1849, la o la pittura antiche, manca l’architettura e sono in ordine cronologico secondo le Olimpiadi (ogni quattro anni, la prima nel 776 a.C., così come i greci dividevano il loro tempo). Un esempio è quello di Prassitele, di cui sono citate le fonti riferite all’artista. Segue l’elenco delle opere in lingua originale. Lo studio dell’arte antica è composto da tre elementi diversi: la conoscenza delle fonti scritte, la conoscenza dei materiali reperiti dallo scavo, il criterio metodologico per portare quelle nozioni a giuste conclusioni storiche. • 1733 nasce a Londra un gruppo di uomini di diversa provenienza e preparazione, dotati di mezzi di fortuna, i quali fondarono la “Società dei dilettanti”. Questi cominciarono più tardi a finanziare viaggi, e poi ad accodarsi a spedizioni che venivano fatte dal governo inglese, specialmente in Asia Minore, con intenti colonialistici. Non era ancora un’attività di scavo, ma di scoperta. • 1738 iniziano in Italia gli scavi di Ercolano e nel 1748 quelli a Pompei, che portarono alla luce importantissimi tesori di pittura. • 1799 Lord Elgin manda pezzi del Partenone a Londra (80 ceste su 200) che andarono al British Museum. Le sculture del Partenone, comunque già manomesse per la trasformazione del tempio in chiesa cristiana, poi in moschea, schiantata dal bombardamento nel 1678 che fece esplodere il deposito di polveri e munizioni installatovi dai Turchi, dovevano apparire al tempo di Elgin non soltanto abbandonate, ma esposte ad ogni pericolo: la guarnigione turca dell’acropoli usava i marmi per farne calce per imbiancare le pareti. Grazie ad Ennio Quirino Visconti quei marmi furono dichiarati effettivamente degni del nome di Fidia. • 1809 eseguiti i primi scavi nel Foro Romano, dove vennero rinvenuti elementi importanti per la storia di Roma più che monumenti artistici. • 1811 una spedizione all’isola di Egina scoprì i resti di un tempio. Furono i primi marmi del periodo arcaico rinvenuti, e questa nuova esperienza aiutò la cultura del tempo a distaccarsi dal gusto neoclassico. I marmi di Egina furono restaurati e completati senza riguardo, senza alcun rispetto per il documento. • 1822 vengono intrapresi gli scavi di Selinunte, i quali misero in luce i resti dei templi ed alcune delle metope che sono tra le più antiche che si conoscano. • 1850 si organizzarono le prime grandi spedizioni di scavo da parte di Inglesi, Tedeschi e Francesi. I primi sono gli scavi in Samotracia, spedizione a carattere internazionale, tanto che la famosa Nike andò al Louvre. Contemporaneamente iniziarono anche gli scavi ad Atene, al Dipylon, dove apparvero per la prima volta i vasi di stile geometrico, ponendo in luce i primordi dell’arte greca, fino ad allora sconosciuti. Scoperta fondamentale in quanto non possiamo infatti capire la formazione e lo sviluppo della statuaria del VI secolo senza tener conto della lunga tradizione dello stile geometrico. Questo stile geometrico si ricollega al primitivo geometrico che si trova nel vasellame preistorico della regione danubiana; ma le popolazioni greche ne fanno una creazione artistica, un vero stile coscientemente sottoposto a regole. • 1875 iniziano i grandi scavi ad Olimpia. Le grandi sculture del tempio di Zeus, l’Hermes di Prassitele, la Nike di Paionios, le numerose basi con firme di artisti famosi, aprirono una nuova fase alla conoscenza dell’arte greca di età classica. Alla fine del periodo filologico, Loewy fu il primo archeologo che cerca di riprendere quello che era stato uno dei motivi della effettiva grandezza di Winckelmann, cioè la ricerca attorno all'essenza stessa dell'arte. Toccò infatti due punti essenziali della storia degli studi di arte dell'antichità greca: quello del rapporto tra l'arte greca e il vero di natura e quello della persistenza iconografica. Di quest'ultimo bisogna tener presente che fondamento di quella produzione è prettamente artigiano. Si lavora fondamentalmente come si è imparato nella bottega, ma ogni artigiano di talento aggiungerà piccole varianti, che sono espressione della sua personale genialità e che verranno riprese dai suoi successori. Finché esiste nell'arte una forte tradizione artigiana, come nell'arte antica, la persistenza degli schemi iconografici è fortissima. Quando si studia una determinata rappresentazione bisogna esaminare da dove proviene lo schema iconografico e cercarne i precedenti: solo dopo tale ricerca si può stabilire la posizione storica dell'opera e valutare il contributo personale dell'artista. Al tempo stesso bisogna tener presente che altro è parlare di schemi iconografici, altro di forma, di contenuto artistico. Molti equivoci sono dovuti al fatto di non aver tenuti distinti i due momenti. L'altro punto fondamentale esaminato da Loewy è quello della rappresentazione della realtà, del vero; cioè del modo nel quale l'immagine naturale viene trasformata in immagine artistica. Oggi l’opporre il realismo dell’arte greca, come un elemento fondamentale della sua struttura, al concetto di idealizzazione che prima si era ritenuto adeguato, è in stretta connessione da un lato con il raggiungimento di posizioni storicistiche più precise, che tengono conto del confronto fra la civiltà artistica greca e quella degli altri paesi che produssero arte prima e attorno ad essa. E dall’altro un approfondimento della natura stessa dell’espressione artistica, maturatosi sia attraverso l’indagine estetica e critica, e anche attraverso le esperienze stesse dell’arte contemporanea, che hanno svincolato del tutto l’espressione artistica dal dato di fatto della natura. Alla fine dell’800 la formula winkelmanniana subì una prima revisione da Lange, che si occupò del problema del rapporto fra l’arte greca e la forma di natura. Lange fu il primo a osservare e a definire alcune delle leggi della concezione artistica del periodo più arcaico dell’arte greca: la prima di queste leggi è quella della frontalità, che si manifesta nel fatto che qualsiasi immagine riprodotta dall’artista subisce una specie di schiacciamento, perdendo volume e profondità. Queste convenzioni sono particolarmente evidenti nell’arte egizia, dove hanno perdurato per millenni, ma Lange notò che questa “legge della frontalità” domina qualsiasi arte primitiva si ritrova in tutte le civiltà antiche. Ritenne che la frontalità fosse diretta conseguenza della “incapacità” di avvicinarsi al vero: di qui la necessità di tipizzare la varietà, in modo che l’artista abbia una guida e l’artigiano possa formarsi un repertorio che lo aiuti nel suo lavoro. Ma Loewy si stacca dalla visione di Lange, e capì che la frontalità arcaica non era dovuta ad incapacità, ma ad un determinato processo di concezione dell’atto artistico. Dimostrò con una serie di esempi che l’artista primitivo non opera affatto imitando un determinato affetto dalla natura, ma crea seguendo un ricordo che gli presenta l’oggetto sotto l’aspetto più semplice. Con questi studiosi si supera in parte il filologismo tedesco. Agli inizi del ’900 si entra in una nuova fase degli studi di archeologia, il cui processo si accelererà dopo la prima guerra mondiale, che anche a questa disciplina impose una forzata stasi. Furono interrotti gli scavi e chiusi i musei. Fu una pausa che indusse a riflettere sul materiale già esistente per costruire quell’edificio per il quale si erano venuti raccogliendo i materiali. Se la storia di Winckelmann era stata concepita in base alla conoscenza di sole copie, si arriva ora a studi che prendono in considerazioni solo gli originali.
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